Ginevra Bottini: intervista all’autrice di “Ritorno a quale origine – Homing”
Aveva 19 anni quando ha iniziato a scrivere i primi racconti, ma fino ad oggi le era sempre mancato il coraggio di farli leggere a qualcuno. Ad accompagnare Ginevra Bottini c’è stata sin da piccola una fervida immaginazione, che l’ha sempre trasportata nella scrittura. Le piace immaginare mondi diversi, dove il surrealismo e l’inconscio si fondono.
Venticinque anni appena, giovane autrice romana, dopo gli studi classici e un corso di sceneggiatura alla Scuola Nazionale di Cinema a Cinecittà, Ginevra Bottini cede definitivamente al fascino della scrittura e firma il suo romanzo d’esordio: “Ritorno a quale origine – Homing” (2015, Parallelo45, ISBN 978-88-98440-55-9).
Di seguito l’intervista a Ginevra Bottini.
Quando hai deciso di fare la scrittrice?
Non mi definisco una scrittrice, sarebbe troppo presuntuoso! Ci ho provato: penso che alla base della decisione ci sia più un bisogno di esprimere pensieri piuttosto che una scelta ragionata.
E come sei arrivata al tuo primo romanzo?
Ho avuto la fortuna di avere al liceo classico una professoressa di italiano che mi ha totalmente conquistata e fatta innamorare della scrittura come mezzo per mettere nero su bianco sensazioni, curiosità, paure e desideri nascosti che affiorano nella mia mente.
Da quanto tempo ci pensavi?
Ho sempre scritto per me stessa facendo leggere le prime prove a familiari e amici. Con il passare del tempo, una mia carissima amica mi ha spinto a farlo leggere e si è presentata l’occasione di poterlo pubblicare.
Cosa ti ha spinto a scriverlo?
L’idea è nata da una serie di incubi che ho fatto. Erano talmente intensi e reali che non ho potuto fare a meno di portarli su “carta”. Da quel momento la mia fantasia si è liberata
A chi lo hai fatto leggere per primo?
A mia sorella di 16 anni che è una divoratrice di libri!
Il romanzo si muove tra la dimensione onirica e il viaggio intimo, un thriller psicologico sui generis. Come lo definiresti se dovessi usare tre aggettivi?
Angoscioso, metamorfico e disorientante.
A chi si rivolge?
Penso che si rivolga molto ad un pubblico giovane: in America lo definirebbero un “Young Adult”. In ogni caso, un libro può essere letto da tutti.
A chi lo dedichi?
Ad una persona che ha sempre creduto in me, mio nonno.
Gli autori che ami di più? I tuoi modelli?
Sebastian Fitzek è in assoluto il mio preferito: la dimensione tesa che riesce a creare nelle sue pagine, mi ha molto ispirata.
C’è qualche riferimento autobiografico?
Fortunatamente no! La protagonista con i suoi sogni-visioni si trova a fare i conti con la follia. Però penso che sia normale attingere dal proprio vissuto. Specialmente con il rapporto con il nonno che è una figura fondamentale.
Cosa ti piace e cosa odi dell’essere scrittrice?
L’attesa. Ho imparato ad essere paziente, ma all’inizio è stata dura, aspettare mesi e mesi risposte dalle case editrici è stato snervante. Il piacere quindi viene dopo!
Cosa vuol dire essere uno scrittore esordiente in Italia?
E’ difficile perché non hai molte possibilità, molto spesso i manoscritti di un esordiente vengono cestinati o rifiutati: l’editoria punta di più sulle vendite sicure di uno scrittore affermato. Io non mi arrendo e così dovrebbero fare tutti coloro che esordiscono adesso.
Cosa rappresenta per te la scrittura?
Un modo per evadere dalla quotidianità. Quando scrivo vengo completamente rapita dalla mia immaginazione.
Cosa ci sarà dopo questo libro? Hai già qualche altra storia su cui lavorare?
Ci sarà un altro romanzo! Ne sto scrivendo un altro sullo stesso genere e non vedo l’ora di finirlo!
Di cosa non puoi fare a meno?
Del sostegno delle persone che amo. Purtroppo sono una pessimista di natura e senza la loro presenza molti obbiettivi non li avrei mai raggiunti.
Cosa vuoi fare da grande?
Spero di avere la possibilità di poter lavorare sfruttando la mia passione per il cinema: riuscire a scrivere sceneggiature e naturalmente continuare a scrivere romanzi.