romanticismo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 01 Dec 2023 16:15:21 +0000 it-IT hourly 1 La valorosa Temérairé, celebre quadro di William Turner: descrizione e storia https://cultura.biografieonline.it/turner-valorosa-temeraire/ https://cultura.biografieonline.it/turner-valorosa-temeraire/#comments Fri, 01 Dec 2023 15:11:23 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13171 Uno dei più grandi pittori del Romanticismo è William Turner, pittore della luce. Una luce che abbaglia, che sembra quasi sovrannaturale e travolge in una dimensione emotiva fortissima, in cui chi osserva le sue opere si sente trascinato in un’altra dimensione. Turner è il pittore della luce immaginata e rappresentata come un mezzo per rivelare, mostrare e far vedere un’altra dimensione della realtà, anche se i suoi quadri sono straordinariamente realistici.

La valorosa Téméraire
La valorosa Téméraire (The Fighting Temeraire) – olio su tela (90,7×102,6 cm) – William Turner. Databile al 1838-1839 il quadro è conservato nella National Gallery di Londra.

Un esempio è il magnifico dipinto “La valorosa Temérairé” realizzato nel 1839, quando Turner già cominciava ad intraprendere il tratto finale della sua carriera e della sua vita; eppure il quadro è un capolavoro, proprio perché esprime una scena triste ma piena di splendore.

La valorosa Temérairé: breve storia e analisi del quadro

La Temérairé era stata la nave più importante della flotta britannica nella battaglia di Trafalgar, in cui l’ammiraglio Nelson perse la vita. E fu proprio la Temérairé a difendere la Victory, nave ammiraglia da cui Nelson, prima di morire, comandò la vittoria contro gli spagnoli.

Malgrado questo illustre passato, nel 1830 la nave fu trasportata verso la demolizione e le fu rifiutata la possibilità di issare la bandiera inglese, dimenticata verso un triste declino. Turner assistette alla scena e ne memorizzò il momento, trasformandolo in un tripudio di oro e rosso.

William Turner
Un autoritratto di William Turner (1798)

La scena: come una fotografia

È un saluto commosso alla vecchia nave che, come un fantasma, viene trascinata da un pachiderma nero, una delle navi moderne, il rimorchiatore a vapore, che proprio a causa del vapore aveva decretato la vetustà dell’eroico veliero.

E, mentre il rimorchio trascina la nave fantasma, assistiamo ad una scena in movimento. Possiamo immaginare il percorso che il rimorchiatore farà insieme al suo triste carico, fino al luogo dello smaltimento.

William Turner con il suo dipinto “La valorosa Temérairé” ci regala una fotografia impareggiabile, in cui la luce accompagna l’emozione di osservare la nave scivolare verso il suo ultimo viaggio.

I colori

Il bianco del veliero, il nero del rimorchiatore e l’oro e il giallo del cielo mescolati al rosso del tramonto che si riflettono sull’acqua, suscitano una scena epica e tragica che commuove e affascina allo stesso tempo. Turner è totalmente immerso nella realizzazione di quest’opera, che rappresenta il declino di un’esistenza, il suo precipitare, malgrado il passato glorioso, nel nulla dell’oblio.

Una curiosità: è il quadro davanti al quale, nel film “Skyfall” (2012), James Bond incontra Q, il nuovo addetto all’approvvigionamento.

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Il bacio, di Hayez: storia e descrizione del celebre quadro https://cultura.biografieonline.it/hayez-il-bacio/ https://cultura.biografieonline.it/hayez-il-bacio/#comments Sat, 03 Jun 2023 22:26:10 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5045 Il bacio, un celebre quadro

Il bacio è stato dipinto da Francesco Hayez nel 1859. Si tratta di un olio su tela che misura 112 x 88 cm. Il dipinto è attualmente conservato nella Pinacoteca dell’Accademia di Brera, a Milano. Il quadro fu commissionato dal conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto ed ebbe altre tre versioni, attualmente di proprietà di collezionisti privati.  Le repliche sono uguali all’originale in tutto, tranne in una, dove il vestito della ragazza è bianco.

Francesco Hayez, Il Bacio (1859)
Il Bacio (1859, Francesco Hayez)

Il vero titolo del quadro

Il suo titolo esteso è: Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV oppure Il bacio del volontario. Ma per tutti è noto semplicemente come Il Bacio, di Hayez.

Un simbolo del Romanticismo

E’ uno dei quadri più famosi del Romanticismo italiano ma soprattutto è un’icona della sensualità romantica. I due amanti, stretti in un abbraccio che culmina con il bacio, coinvolgono lo spettatore nella loro intimità raccolta, facendo trascurare alcuni importanti dettagli del quadro.

In questo abbraccio e in questo bacio, l’osservatore presagisce il dolore per una partenza imminente e inevitabile: dopo l’addio struggente, la fanciulla resterà sola, carica di nostalgia, a cullarsi nella sua attesa malinconica, affranta per il timore di non rivedere mai più il suo amato. (Giuseppe Nifosì)

Hayez, dettaglio de Il Bacio
Hayez, dettaglio de Il Bacio

L’incontro fra i due ragazzi sembra furtivo oppure potrebbe essere un addio, questo elemento di ambiguità ha aiutato ad accrescere il successo del dipinto. Tuttavia anche i colori hanno favorito l’esito del quadro, dandogli una valenza politica: l’incontro fra il celeste dell’abito della ragazza, che rappresenta la Francia e i colori della bandiera italiana, il verde e il rosso dell’abito del ragazzo, ricordano l’alleanza francese e italiana del 1859.

Ma più di tutto questo dipinto ha un significato storico importante perché è la prima rappresentazione pittorica di un atto così comune eppure così poco rappresentato, almeno fino alla fine dell’Ottocento. Non è un’effusione d’amore casta, bensì sensuale, coinvolgente e travolgente che racconta in un atto l’attrazione dei due ragazzi.

=> Il bacio di Hayez su tela <=

Un video

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Il parasole, storia e analisi del celebre quadro di Francisco Goya https://cultura.biografieonline.it/il-parasole-goya/ https://cultura.biografieonline.it/il-parasole-goya/#respond Tue, 25 Jul 2017 08:17:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22857 La scena del quadro “Il parasole” si svolge in un’atmosfera da villaggio, dove Francisco Goya dipinge due figure. Una ragazza ben vestita, secondo i canoni della moda francese, e un servo o forse uno spasimante della giovane, dipinto con i capelli raccolti con una piccola rete e con una cintura di seta colorata. Si tratta di uno dei dipinti più importanti della produzione artistica di Goya.

Il parasole - Goya - El quitasol - The Parasol - 1777
Il parasole (El quitasol, 1777)

Il parasole: analisi del dipinto

La giovane donna è distesa sull’erba con un cagnolino che dorme sulle sue gambe, mentre il corteggiatore la ripara dal Sole con un parasole verde. L’uomo e la donna sono rappresentati come una piramide, proprio al centro del cartone. La figura prospettica invece è bloccata sulla sinistra della rappresentazione con il muro. La scena si sposta infatti sul paesaggio di destra.

È un dipinto caratterizzato dalla luce dei colori accostati. La sottana è di colore arancio e spicca a contrasto con l’azzurro del corpetto, facendo vivificare entrambi i colori, rendendoli sgargianti. Il volto della fanciulla è caratterizzato dalla luce: in un gioco tra luci e ombre, viene evidenziato. Mentre il volto del ragazzo è illuminato dal sole.

Il dipinto è un olio su tela realizzato nel 1777, di centimetri 104 x 152, custodito a Madrid, presso il Museo del Prado. È un’opera che il pittore spagnolo ha eseguito tra il 3 marzo e il 12 agosto 1777, quindi consegnata alla Real Fabrica di Santa Barbara. Pare che all’artista sia stata data una bassa retribuzione. L’opera Il parasole (in spagnolo: El quitasol), infatti, è stata sottostimata, si presume a causa del numero ridotto dei soggetti dipinti.

Il parasole - Goya - dettaglio
Il parasole: i volti in dettaglio

Il significato

Il cartone rappresenta la maja, cioè la ragazza del popolo, e il ragazzo, intenti ad un innocente gioco amoroso. È un tema che è presente in molte opere, questo del parasole, dai romanzi ai quadri, proprio della cultura del tempo. Tanto che per i critici è stato vano rintracciare una fonte, sia figurativa sia letteraria.

Il quadro di Francisco Goya è un’opera ricca di dettagli e di colore, piena di joie de vivre, tipica allusione al regno di Carlo III di Spagna. Tra i colori utilizzati, ce n’è uno che spicca in assoluto: il rosso puro. Insomma, Goya utilizza un colore primario direttamente sulla tela, preludendo gli sviluppi di una pittura romantica o addirittura impressionista.

Breve storia

Goya ha dipinto quest’opera in un momento particolare della sua vita: quando cioè sposa Josefa, sorella di Francisco Bayeu, che faceva parte dell’Accademia Reale delle Belle Arti. Un matrimonio, con la sorella di Bayeu, che assicurò all’artista nuovi contratti di lavoro. Grazie a lui, Goya arriva alla Corte reale, realizzando, tra le altre opere, un ritratto di Carlo IV e dei suoi parenti. Una pittura in cui l’artista spagnolo ritrae tutti i membri della famiglia, che abbiamo già analizzato nell’articolo dal titolo “La famiglia di Carlo IV”.

L’artista spagnolo ha una grande passione per il colore e il gioco delle ombre, come dimostrano le sue opere. Quest’opera fa parte di una collezione e rappresenta uno dei suoi primi lavori: i cartoni per arazzi eseguiti appunto per dei Reali di Santa Barbara. Si tratta di quadri che ritraggono scene campestri, feste e costumi popolari spagnoli. Tra queste opere realizza anche “Il parasole“, dove sviluppa il tema dell’amore. Il dipinto è inoltre considerato un preludio agli sviluppi futuri della pittura romantica.

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Il Romanticismo nella letteratura italiana https://cultura.biografieonline.it/romanticismo-letterario-italiano/ https://cultura.biografieonline.it/romanticismo-letterario-italiano/#comments Thu, 16 Mar 2017 14:18:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21740 Con il termine Romanticismo italiano si indicano il pensiero e le opere di una serie di autori attivi in Italia nel periodo tra il Congresso di Vienna e l’Unità d’Italia. Questo movimento nasce in piena continuità con il Romanticismo europeo, esaltandone in particolare i caratteri patriottici e politici. La corrente romantica europea era una reazione all’arida poetica illuminista per proporre un ritorno ai valori religiosi, sentimentali e patriottici.

Romanticismo in Italia - Romanticismo italiano
Frontespizio di “Storia della letteratura italiana”, di Francesco de Sanctis

Il Romanticismo, infatti, si diffonde in tutta Europa a partire dall’inizio dell’Ottocento e propone il recupero del passato medievale e dell’identità linguistica e culturale dei popoli. Il termine Romanticismo deriva proprio dall’aggettivo romance e roman che, nel francese antico e nello spagnolo, designavano le opere scritte nelle lingue romanze. L’aggettivo romantico ha poi assunto il significato di “incline al sentimentalismo” proprio collegandosi al movimento che nacque nella prima metà dell’Ottocento.

Il Romanticismo italiano è stato un momento letterario fondamentale per la storia culturale del paese. Ha dato spunti importanti a due grandi autori della letteratura come Leopardi e Manzoni ed ha contribuito alla nascita di un’ideologia politica improntata sulla coscienza di appartenere ad un unico popolo.

Il Romanticismo in Italia

Le caratteristiche principali del Romanticismo europeo si diffondono anche in Italia ma in maniera più velata, come era accaduto per quasi tutti i movimenti letterari. In Italia, infatti, lo slancio sentimentale dei grandi romanzieri tedeschi e inglesi era decisamente attenuato. Ciò perché i letterati che si avvicinavano al Romanticismo sceglievano la sua vena realistica e storica.

Alcuni letterati italiani possono quindi definirsi preromantici. Una figura che bisogna ricordare è quella di Ugo Foscolo, certamente affine a questo movimento. Tra i preromantici si annovera inoltre Vittorio Alfieri. Le sue opere sono imperniate su alcuni elementi romantici come l’individualismo e la concezione tragica dell’esistenza.

La nascita del Romanticismo italiano

La data convenzionale della nascita del Romanticismo italiano è il 1816. Nel gennaio di quest’anno, infatti, venne fondata la rivista «Biblioteca italiana» dove comparve l’articolo di Madame de Staël “Sulla maniera e la utilità delle traduzioni“.

Foto di Madame de Staël
Madame de Staël

Lo scritto avviò la discussione tra sostenitori del Romanticismo e sostenitori del Classicismo. La pubblicazione di questo articolo diede il via alla polemica tra letterati italiani classicisti e romantici. Tale polemica si protrasse fino al 1825.

In Italia il Classicismo era una realtà molto presente perché lo studio degli autori classici non era mai caduto in disuso. Esso era anzi una colonna portante da un punto di vista culturale. Quando la ventata del Romanticismo iniziò a diffondersi nei circoli letterari, venne a crearsi molto scompiglio.

Dal Classicismo al Romanticismo nella letteratura italiana

Madame de Staël, nel suo articolo che apriva la pista a tutte le altre polemiche, affermava che la letteratura italiana non doveva soltanto guardare ai modelli del passato ma doveva svecchiarsi e orientarsi verso i nuovi modelli letterari contemporanei europei.

I poeti non uscivano dalle parole né dalle dizioni de’ classici: e l’Italia, udendo tuttavia sulle rive del Tevere e dell’Arno e del Sebeto e dell’Adige la favella de’ Romani, ebbe scrittori che furono stimati vicini allo stile di Virgilio e di Orazio […] dei quali però se non è oggidì spenta la fama, giacciono abbandonate le opere, che dai soli molto eruditi si leggono: tanto è scarsa e breve la gloria fondata sulla imitazione. E questi poeti di rinnovata latinità furono rifatti Italiani dai lor concittadini: perocché è opera di natura che la favella, che è compagna e parte continua di nostra vita, sia anteposta a quella che da’ libri s’impara, e si trova solamente ne’ libri. (Madame de Staël)

Nonostante le polemiche dei classicisti, molti letterati accettarono le critiche della Staël e cercarono di comprendere il fenomeno romantico per interiorizzarlo. Tra essi si ricorda Giovanni Berchet, autore del manifesto del Romanticismo milanese Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo.

La polemica assunse quindi anche caratteri politici. I classicisti sostenevano la dominazione austriaca mentre i romantici professavano gli ideali della libertà e dell’indipendenza della nazione.

Il Romanticismo italiano e la poesia

Per quanto riguarda la poesia, venne rifiutata la tradizione classica. Venne altresì espressa una maggiore esigenza di verità, senza l’utilizzo di troppi artifici retorici. Si ritornò anche alla poesia dialettale. Importanti autori del periodo furono il romano Giuseppe Gioachino Belli e il milanese Carlo Porta.

Come non citare la sensibilità romantica di Giacomo Leopardi e di Alessandro Manzoni. Il primo non fu un romantico vero e proprio, ma la sua poesia lirica e intimistica certamente fu molto vicina ai temi del Romanticismo europeo.

Leopardi con la sua lirica espresse proprio i conflitti dell’animo, la tendenza all’infinito, il difficile rapporto con la realtà e il pessimismo.

Alessandro Manzoni
Alessandro Manzoni

Manzoni con la sua poetica invece aderì in maniera convinta al nuovo modello letterario. Nelle sue opere si nota la sua religiosità cattolica e soprattutto il suo storicismo. Tutte le sue opere, oltre al suo capolavoro I promessi sposi, sono immerse nel contesto storico per esprimere il suo desiderio profondo: dare all’Italia una lingua nazionale. Per un approfondimento, si legga Manzoni e la questione della lingua.

Un altro esponente del Romanticismo italiano che bisogna ricordare fu Francesco de Sanctis. Egli fu autore della Storia della letteratura italiana, uscita in due volumi tra il 1870 e il 1871. Critico letterario e storico, volle dedicarsi alla stesura di quest’opera proprio per formare l’identità letteraria e civile degli italiani. In essa sono annoverati tutti gli autori più importanti della nostra tradizione.

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Romanticismo nell’arte https://cultura.biografieonline.it/romanticismo-arte/ https://cultura.biografieonline.it/romanticismo-arte/#comments Tue, 27 Sep 2016 08:46:28 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19969 Il Romanticismo, affermatosi all’inizio dell’Ottocento, si espanse in tutti i campi della cultura e influenzò profondamente la pittura e l’arte. In questo articolo riassumiamo brevemente l’evoluzione del Romanticismo nell’arte. In realtà, un primo accenno dell’avvento del movimento in campo artistico si era avuto già a partire dalla fine del Settecento con l’affermarsi del pre-romanticismo. Anche l’arte romantica si diffuse a partire dalla Germania, che si rivelò la culla del movimento, per poi arrivare in tutta l’Europa, con Francia, Inghilterra, Spagna e Italia. L’arte romantica fu quella che anticipò direttamente l’arte moderna ed è quindi fondamentale tener presente tutte le sue caratteristiche.

Romanticismo nell'arte: Viandante sul mare di nebbia (1818)
Viandante sul mare di nebbia” (1818). Questo quadro di Caspar David Friedrich, rappresenta il manifesto del Romanticismo nell’arte

All’inizio dell’Ottocento imperversò la polemica tra classici e romantici: il Romanticismo voleva rompere gli schemi fissati dal severo Neoclassicismo per rappresentare il sentimento, la passione in tutte le arti.

Le conseguenze di questa polemica si notarono sia nella pittura che nella scultura, dove il nuovo movimento portò un rinnovamento radicale e una nuova concezione della natura e della realtà.

Le caratteristiche del Romanticismo nell’arte

Il concetto chiave della sensibilità romantica espresso nell’arte fu quello della centralità dell’individuo e l’affermazione dell’assoluto. Tali teorie furono riprese dai filosofi romantici Fichte e Schelling. Questa tensione si espresse in una importante ricerca dell’infinito e soprattutto nell’esaltazione delle qualità dell’artista, che venne inquadrato come una sorta di genio o, addirittura, mago.

Cambiò così anche il rapporto sia con la natura, che vide lo svilupparsi di una nuova pittura di paesaggio, sia con la storia, che venne vista come l’alternanza di vicende per l’affermazione dell’identità nazionale. La pittura storica acquisì infatti un nuovo vigore. I soggetti preferiti erano storici, letterati, religiosi. La ritrattistica e il paesaggio divennero, però, i più amati dai pittori romantici.

La pittura di paesaggio

Proprio in pittura si assistette in modo più visibile ai grandi cambiamenti avviati dal Romanticismo. La pittura di paesaggio, che fino a quel momento aveva subito l’influenza del paesaggio classico, si ispirò ai modelli del sublime e del pittoresco. Non si seguirono più le rigide regole accademiche ma si cercò di rappresentare la luminosità attraverso l’acquerello (tecnica introdotta proprio in questo periodo per rendere su tela la trasparenza dell’atmosfera).

Il carro da fieno (The Hay Wain, John Constable, 1821)
Il carro da fieno (The Hay Wain, John Constable, 1821)

I pittori romantici inglesi

I più importanti pittori paesaggisti del Romanticismo furono gli artisti inglesi. Tra questi, John Constable, autore di composizioni molto espressive quali Il carro da fieno (1821). Ma soprattutto William Turner, autore della composizione che rappresenta per eccellenza il periodo romantico ovvero Pioggia, vapore e velocità (1844). L’opera è un’esplosione di colori che rende il passaggio del treno davvero realistico e suggestivo.

Pioggia, vapore e velocità (Rain Steam and Speed the Great Western Railway) - 1844
Pioggia, vapore e velocità (Rain Steam and Speed). Realizzato da William Turner nel 1844, il quadro è conservato presso la National Gallery di Londra.

I pittori romantici francesi

In Francia, invece, la pittura paesaggistica si rinnovò con ritardo perché più legata alle regole accademiche. Qui furono il ritratto e la pittura storica a trovare grande espressione. I protagonisti della pittura romantica francese furono Theodore Gericault ed Eugene Delacroix.

La zattera della Medusa (Le Radeau de la Méduse, 1818-1819) • Théodore Géricault • Louvre
La zattera della Medusa (Le Radeau de la Méduse, 1818-1819). Questo quadro di Théodore Géricault è conservato presso il Louvre di Parigi.

Essi espressero a pieno la nuova sensibilità romantica. Il primo fu autore de La zattera della Medusa (1818), pittura ispirata ad un avvenimento di cronaca. Il secondo dell’altrettanto famoso La libertà che guida il popolo (1830), dal soggetto politico e profondamente reale.

La Libertà che guida il popolo - La Liberté guidant le peuple - Eugène Delacroix - 1830
La Libertà che guida il popolo (La Liberté guidant le peuple). Eugène Delacroix (1830, Louvre).

In Germania si distinse Caspar David Friedrich, che incarnò l’essenza della pittura romantica. Nelle sue opere si enuncia la preferenza per oggetti rotti, rovine, atmosfere rarefatte e malinconiche. Il suo Viandante sul mare di nebbia (1818) può considerarsi il simbolo e il manifesto della pittura romantica. Nel quadro, un uomo ritratto di spalle, guarda con intensità la nebbia che gli si prospetta davanti e la osserva meditando.

Francesco Hayez, Il Bacio (1859)
Il Romanticismo nell’arte italiana trova la sua massima rappresentatività in questo quadro: “Il Bacio” (1859, Francesco Hayez)

In Italia

In Italia gli artisti rimasero più fedeli alle regole Neoclassiche. Da ricordare, però, la figura del pittore Francesco Hayez, che incarnò il passaggio dalla pittura neoclassica a quella romantica. Egli predilesse i ritratti realisti e i soggetti melodrammatici, tra cui il famoso Bacio del volontario (1859), noto anche semplicemente come Bacio di Hayez.

In generale, quindi, il Romanticismo nell’arte fu in grado di cambiare profondamente l’orizzonte artistico del tempo, mettendo in luce la passione, il sentimento, i soggetti realistici che erano stati accantonati dal rigido e perfetto Neoclassicismo. Grazie all’opera degli artisti romantici si assistette pian piano al cambiamento che avrebbe portato alla nascita dell’Arte Moderna.

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Romanticismo in Letteratura https://cultura.biografieonline.it/romanticismo-letteratura/ https://cultura.biografieonline.it/romanticismo-letteratura/#comments Tue, 20 Sep 2016 11:35:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19890 Al termine dell’età napoleonica, in Europa iniziò a diffondersi un nuovo movimento culturale e sociale: il Romanticismo. Esso si trovò a contrapporsi nettamente al Neoclassicismo, che fino ad allora aveva dominato la scena culturale del periodo. Il Romanticismo portò un nuovo spiritualismo e soprattutto una nuova sensibilità religiosa.

Novalis fu uno dei più importanti poeti del Romanticismo tedesco
Il poeta Novalis, fu uno dei più importanti esponenti del Romanticismo tedesco

L’origine del termine

L’aggettivo romantico venne utilizzato per la prima volta dai fratelli Friedrich e Wilhelm August von Schlegel proprio per definire la nuova sensibilità artistica che si stava sviluppando alla fine del Settecento in Germania.

La parola romanticismo, infatti, deriva da roman e romance, rispettivamente francese antico e spagnolo, che designavano le opere scritte nelle lingue romanze e, successivamente, narrazioni di argomento amoroso.

La nascita del Romanticismo

Tutto ebbe inizio in Germania. Il paese infatti divenne il centro propulsore del movimento romantico grazie allo sviluppo della cultura nelle università tedesche. Qui, gli intellettuali erano liberi di confrontarsi. In particolare si cercò di favorire lo studio della lingua tedesca da parte dei fratelli Von Schlegel, fondatori della rivista Athenaeum. L’anno di nascita della rivista (il 1798) venne indicato proprio come la data di nascita del Romanticismo. La rivista fu fondamentale in quanto in essa si svilupparono dibattiti intorno alla nascita del nuovo movimento letterario. Altro grande esponente della rivista, oltre ai fratelli Schlegel, fu il poeta Novalis.

Da un punto di vista filosofico, il Romanticismo si pose come reazione all’Illuminismo: esso rifiutò ogni concezione materialistica della vita. L’uomo romantico, infatti, non era costituito dalla sola ragione ma possedeva facoltà come il sentimento e la fantasia. Ed esse influivano sulla sua vita. Il Romanticismo sorse anche come reazione alle delusioni prodotte dalla Rivoluzione Francese, che era degenerata nel dispotismo e nella violenza.

Il concetto di nazione

In tutti i campi, il Romanticismo oppose alla razionalità illuminista il sentimento, la religiosità, l’originalità. Questo lo si poteva notare facilmente in campo artistico e letterario. Nel primo si rifiutarono le rigide regole delle Accademie, nel secondo si assistette al recupero della creatività. Anche in politica ci furono molti cambiamenti: nacque il concetto di nazione, ovvero un’unità di ideali, lingua e storia. Di lì a poco si sarebbero avviate, infatti, le guerre per l’indipendenza e quel lungo processo che portò anche l’Italia all’unità, che culminò il 17 marzo 1861.

La poetica e la nascita del romanzo

Dal punto di vista della poetica, secondo i romantici l’arte non doveva imitare i classici ma rifiutare tutti i modelli precostituiti, le regole. La realtà oggettiva e soggettiva divenne così l’oggetto di qualsiasi forma di arte. I generi letterari divennero più liberi e meno schematizzati, la lirica in poesia divenne la più utilizzata. Dal Romanticismo nacque così il romanzo, che divenne con gli anni il  genere più diffuso.

La diffusione in Europa

Il romanticismo si diffuse in modo capillare in tutta l’Europa, oltre che in Germania con la rivista Athenaeum. In Inghilterra ebbe come punti di riferimento William Wordsworth e Samuel Taylor Coleridge, che pubblicarono un vero e proprio manifesto del movimento: le Lirical Ballads.

In Francia venne tradotta l’opera di Schlegel Corso di letteratura drammatica nel 1810. Le idee romantiche si diffusero soprattutto grazie alla figura di Madame de Staël, che divenne scrittrice e animatrice del dibattito tra Classici e Romantici.

Madame de Staël
Una foto di Madame de Staël

Suddetto dibattito divenne fervente anche in Italia, a partire dal 1816, dopo la pubblicazione sula rivista Biblioteca italiana, dell’articolo di Madame de Stael in cui essa attaccava l’amore per la mitologia.

Il dibattito in Italia

I letterati italiani si divisero tra sostenitori dei classicisti (Pietro Giordani e Giacomo Leopardi) e coloro che invece appoggiarono le nuove idee (Giovanni Berchet, Ermes Visconti).

Tutti i letterati che operarono all’inizio dell’Ottocento entrarono in contatto col nuovo modo di fare poetica. Si mise in campo l’esigenza di verità, la poesia dialettale ed espressione del proprio mondo soggettivo. Due furono i grandi autori che maggiormente si affermarono in questi anni e risentirono della poetica romantica: Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni. Grazie ad essi si avviò il Romanticismo letterario italiano e, in generale, la letteratura italiana cambiò per sempre.

Il Romanticismo ebbe quindi il merito di restituire un volto umano ad ogni espressione artistica. Diede maggiormente risalto alla passione e allo slancio vitale, lontano dall’arido materialismo illuminista.

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Lucia di Lammermoor https://cultura.biografieonline.it/lucia-di-lammermoor/ https://cultura.biografieonline.it/lucia-di-lammermoor/#respond Tue, 14 Jul 2015 23:38:59 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14703 L’opera in tre atti “Lucia di Lammermoor” fu composta da Gaetano Donizetti (1797-1848) su libretto di Salvatore Cammarano (1801–1852). La storia è tratta da “The Bride of Lammermoor” (La sposa di Lammermoor) dello scrittore scozzese Walter Scott (1771-1832). Tra le opere serie di Donizetti è la più celebre. La prima assoluta ebbe luogo al Real teatro di San Carlo di Napoli il 26 settembre 1835, e riscosse grande successo. Nei ruoli dei protagonisti ricordiamo Fanny Tacchinardi (Lucia), Gilbert Duprez (Edgardo) e Domenico Cosselli (Enrico).

L’analisi e il riassunto che seguono sono stati redatti dal Maestro Pietro Busolini, di Trieste.

Lucia di Lammermoor - una scena
Lucia di Lammermoor – una scena

Personaggi dell’opera

  • Sir Edgardo di Ravenswood (Tenore);
  • Lucia di Lammermoor (Soprano);
  • Lord Enrico Ashton (Baritono);
  • Lord Arturo Bucklaw (Tenore);
  • Raimondo Bidebend, educatore ed amico di Lucia (Baritono);
  • Alisa, damigiella di Lucia (Mezzosoprano);
  • Normanno, capo degli armigeri di Ravenswood (Tenore);
  • Dame e cavalieri, congiunti di Ashton, abitanti di Lammermoor, paggi e armigeri e domestici di Ashton.

La storia dell’opera di Donizetti

Il soggetto della Lucia di Lammermoor fu desunto dal celebre romanzo “The bride of Lammermoor“, in cui Walter Scott adombrò le vicende della famiglia Stair, gli Ashton, e di lord Rutherford, Edgardo di Ravenswood. Gli avvenimenti ai quali Scott si ispirò ebbero luogo nel 1689, all’epoca delle lotte fra i seguaci di Guglielmo III d’Orange e quelli dell’ex re Giacomo II.

Nel libretto dell’epoca di Donizetti, invece, i fatti sono retrodatati alla fine del Cinquecento. Non si conoscono le ragioni che indussero Donizzeti a scegliere come soggetto il romanzo di Scott. “The Bride of Lammermoor” ad ogni modo aveva proprio in quegli anni colpito la fantasia di diversi operisti: Michele Carafa in La flancèe de Lammermoor, Parigi 1829; Luigi Riesck in La fidanzata di Lammermoor, Trieste 1831; Ivar Frederik Bredal in Bruden fra Lammermoor, Copenaghen 1832; Alberto Mazzuccato in la fidanzata di Lammermoor, Padova 1834, ebbe il maggior successo prima di quello di Donizetti.

Già nel novembre 1834 Gaetano Donizetti si era impegnato a far rappresentare un’opera al San Carlo per l’estate del 1835. è presumibile che egli non avesse, a quell’epoca, ancora scelto il soggetto ed è soltanto in una lettera del 18 maggio 1835, destinata a Luigi Spadaro del Bosch, che si parla per la prima volta della “Sposa di Lammermor” di Walter Scott.

L’opera venne ultimata il 6 luglio – data che figura sulla partitura – e pare che Donizetti abbia cominciato a comporla tra la fine del mese di maggio e gli inizi del mese di giugno del 1835. Lucia di Lammermoor costituì la consacrazione di Donizetti a grande compositore di opere serie.

Nei confronti dei precedenti lavori la caratterizzano due elementi fondamentali: la continuità dell’ispirazione ed un contesto vocale che non indulge mai, o quasi, a facilonerie e convenzionalismi. Giovò indubbiamente a Donizetti la collaborazione del Cammarano, ben provvisto di quelle capacità di sintesi che furono la migliore dote dei grandi librettisti della prima metà dell’Ottocento.

Il romanzo di Scott acquista nella riduzione del libretto un singolare dinamismo ed un taglio prettamente melodrammatico. Il Cammarano seppe togliere i punti più violenti e le passioni esasperate; per rispettare certe scelte tradizionali del teatro musicale, non ci pensò due volte a rimanipolarli. Cammarano fece tutto questo sopprimendo il personaggio della madre di Lucia, avversa ad Edgargo, con il capovolgimento della storia, elminando alcune scene cruente e selvagge a tutto vantaggio dell’effetto teatrale.

Salvatore Cammarano scelse di suddividere il libretto in due parti, “La partenza” e “Il contratto nuziale”, la seconda delle quali suddivisa a sua volta in altre due. Nell’autografo Gaetano Donizetti fece corrispondere la prima parte dell’opera al primo atto – La partenza – e altre due sezioni della seconda parte a due atti successivi: in conclusione, la suddivisione è quella tipica in tre atti.

Lucia di Lammermoor: prima parte

Odio, odio, odio, l’atavico odio, ha sempre separato le loro famiglie, ma i giovani Edgardo di Ravenswood e Lucia di Lammermoor si amano soavemente d’un amore infinito e s’incontrano furtivamente fuori dalle mura del castello.

Ma Edgardo deve partire per la Francia, chiamato altrove a causa dalle vicende politiche nella quale è impegnato con la sua fazione e ricorderà a Lucia prima di partire che, Enrico Ashton gli ha ucciso il padre.

Lo perdonerà, tuttavia, se potrà sposarla. Lucia lo prega di tenere ancora segreto il loro amore, intonando il duetto: “Verranno a te sull’aure“, scambiandosi un’anello, e contemporaneamente: “giurandosi eterna fedeltà“.

Seconda parte

Lord Enrico Ashton, sentendo vicina la sconfitta, in quanto la sua fazione è perdente, inganna Lucia facendole credere che Edgardo s’è legato a un’altra donna e la costringe a sposare il potente Lord Arturo Bucklaw.

Durante la cerimonia di nozze Edgardo irrompe nel castello degli Ashton, rimprovera Lucia per l’infedeltà di cui s’è macchiata e maledice lei e la sua stirpe. Nella seconda parte del secondo atto – Edgardo trascorrere la notte nel disadorno salone della torre nella quale risiede.

Sopraggiunge Enrico, venuto a sfidare colui che ha osato turbare la cerimonia delle, nozze. Edgardo accetta la sfida, che avverrà all’alba.

Nella terza scena del secondo atto, nel castello di Enrico gli invitati festeggiano ancora le nozze di Lucia con Arturo, ma sopraggiunge Raimondo sconvolto. Egli narra che Lucia ha ucciso il marito trafiggendolo con la spada.

Gli invitati alle nozze sono ancor piu preoccupati per la scomparsa di Lucia che, in preda alla follia, immagina prima che si stiano celebrando le sue nozze con Edgardo e poi, con una sorta di ritorno alla realtà, di rivelare all’amato di essere stata costretta a sposare Arturo. A questo punto cade a terra svenuta.

L’ultima scena

Nell’ultima scena, che si svolge all’esterno della torre di Edgardo, questi, affranto per essere stato tradito da Lucia, immagina di rivolgersi a lei e di annunciarle che tra poco egli morrà.

Medita evidentemente – anche se il libretto non lo precisa – di lasciarsi uccidere da Enrico.
Sopraggiungono Raimondo e gli invitati alle nozze ed Edgardo da loro apprende ciò che è accaduto, e che, la sua Lucia è agonizzante.
Vorrebbe rivederla, ma quando i rintocchi d’una campana annunciano che Lucia è morta, disperato per la fine di quell’amore finito, si dà la morte.

Lucia di Lammermoor
Lucia di Lammermoor

Analisi musicale

Questo equilibrio tra sentimenti sconvolgenti e melodie soavi ed ornate, caratterizza sopratutto la figura della protagonista, ma si estende, almeno a tratti, agli altri personaggi dell’opera e investe anche la parte corale. La squillante introduzione orchestrale al coro dei cacciatori che Normanno invia sulle tracce di Lucia e di Edgardo, e subito dopo la risposta degli abitanti del castello, non perdono: “pur nella evidente faziosità e ipocrisia dei seguaci degli Asthon“, il lirismo di un mondo idilliaco.

Semmai è l’entrata in scena di Enrico Asthon che determina, con un recitativo scarno e vigoroso, un’atmosfera di asprezza e di violenza, correlata, d’altronde, alla dialettica del melodramma romantico, che nello scontro tra il bene ed il male scorgeva nel baritono il simbolo della perversità. E tuttavia l’ampio e largo andamento del larghetto: “Cruda, funesta smania”, non è privo di nobiltà, nella parte iniziale; non solo, ma svela nel furore di Enrico, anche un turbarbamento ed un sincero dolore.

A questo punto, il ritorno dei cacciatori, con l’ingenua melopea del coro: “Come vinti da stanchezza“, tipico esempio post-rossiniano di concezioni melodiche ristabilisce per qualche attimo il lirismo. Lucia di Lammermoor come già accennato, è il personaggio dell’opera in cui la passione meglio si distende in melodie di celestiale soavità.

Sin dal suo apparire preannunciato dai languidi arabeschi di un’arpa, Lucia evoca la fanciulla angelica del melodramma romantico. Il larghetto “Regnava nel silenzio” narra l’apparizione del fantasma con la melodia che prende l’avvio da un’ampio intervallo ascendente per poi ricadere lentamente per gradi congiuntti, a trati di carattere cromatico.

Di qui la dolcezza, ma anche il tono misterioso e dolente del brano, mentre nei momenti in cui il racconto si fa più concitato, Donizetti ricorre a fiorettature ed arpeggi e trilli che da un lato rispecchiano la cosiddetta ornamentazione espressiva rilanciata da Rossini, dall’altro mantengono Lucia sul piano di sentimenti sublimati, per cui non configurati e nemmeno percepibili attraverso un linguaggio realistico.

Gaetano Donizetti
Gaetano Donizetti

Con un energico recitativo di entrata, Edgardo lascia intuire che è molto più cavalleresco di Enrico, ma ugualmente fiero ed aggressivo nelle sue passioni. Lucia ha il potere di condurlo musicalmente negli spazi delle melodie eteree e sublimate; il motivo al commiato “Verranno a te sull’aure“, è, nella sua scoperta semplicità il più nostalgico e lancinante messaggio di tutto il teatro musicale romantico.

All’inizio della seconda parte una cupa introduzione orchestrale sembra alludere all’inganno ordito da Enrico, mentre l’arrivo di Lucia è proceduto da una querula frase dell’oboe. Nel duetto che segue la frase di Lucia: “Il pallor funesto orrendo“, ed il suo svolgimento, sembrano preludere ad una rivolta contro la durezza di Enrico. Ma l’accorato lamento: “Soffriva nel pianto“, con il quale Lucia accoglie la falsa notizia del tradimento di Edgardo, sancisce il crollo psicologico della vittima.

E’ notevole in questo duetto la risposta del baritono: “Un folle t’accese, un perfido amore“, giacchè l’ambiguità e la simulata sofferenza di Enrico vi trovano un eloquente tratteggio melodico.

Incastonata in un coro festoso l’arietta di Arturo è seguita da un recitativo melodico con il quale Donizetti, facendo intervenire a turno il tenore ed il baritono su un nitido motivo orchestrale, risolve con molta abilità lo scambio di convenevoli dei due futuri cognati.

L’ingresso di Lucia è accompagnato da una patetica melodia degli archi che funge da filo conduttore durante la cerimonia della firma del contratto nuziale. Poi, l’irruzione di Edgardo dà luogo a quel sestetto che è universalmente considerato come uno dei momenti fondamentali dell’opera. Il tema enunciato da Edgardo e da Enrico e ripreso da Lucia – con il sostegno della voce del basso – frena con la sua solenne ampiezza le passioni dei contendenti e le orienta verso la pietà per la vittima.

L’intervento di Alisa di Arturo e del coro, insieme alla sofferenza, questa volta autentica di Enrico, dilagano in un imponente finale legato da Donizetti con grande efficacia teatrale per l’mprovviso riaccendersi delle contrastanti passioni dei personaggi.

La maledizione di Edgardo, in cui la melodia è tesa fino a sfiorare il canto declamatorio, seguita dalla violenta risposta di Enrico, di Arturo e del coro, ed infine l’appasionata replica all’unisono di Edgardo e di Lucia, sono squarci di una intensa drammaticità.

All’inizio del secondo atto-parte seconda, troviamo un concentrato di luoghi comuni melodrammatici già ampiamente sfruttati dal teatro settencentesco, dalla descrizione dell’uragano al duetto della sfida. Tuttavia, la musica di Donizetti investe in questo tema molto sentito una violenza ed una foga che lo tramutano in uno dei più caratteristici squarci di romanticismo operistico.

Ricordo il clangore dell’uragano con la cupa e corrusca tavolozza orchestrale, i ritmi minacciosi e solenni che accompagnano le esplosioni d’ira di Edgardo o di Enrico: “Qui del padre ancor respira“, ed infine il motivo della sfida: “O sole, più ratto a sorger t’appresta“, sfociando in una scena di notevole effetto teatrale.

La ripresa del coro festoso, nella dimora degli Asthon, ed il larghetto, con il quale Raimondo narra il folle gesto di Lucia, è improntato ad un melodismo non trascendentale; riprende il coro con: “Oh, qual funesto avvenimento“, e da alcune patetiche frasi di Raimondo: “Ah, quella destra di sangue impura“, creando quella atmosfera di sbigottimento e dolore che è uno degli elementi fondamentali della grande scena della follia di Lucia.

Nella prima parte della lunga scena della pazzia, udiamo attraverso la mutevolezza del ritmo, che dall’andante di: “Il dolce suono mi colpì di sua voce“, passa all’allegro: “Ohimè! Sorge il tremendo fantasma“, e quindi al larghetto: “Sparsa è di rose“, e di nuovo all’andante: “Ah, l’inno suona di nozze!“, per poi giungere ad un altro laghetto: “Ardon gli incensi“, attraverso rapide divagazioni di allegri e di maestosi.

In Lucia noi troviamo l’essenza più tipica di quel melodramma romantico italiano del 1830, sconvolgente, tragico, espresso attraverso la lancinante levità delle cantilene; quindi, analizzando, non vuole essere che un estatico linguaggio lirico con i suoi sfoghi e le sue espansioni che il romanticismo ha trattato in chiave disperata, e quindi di violento realismo.

Il recitativo di Edgardo con cui chiude l’opera, abbandonandosi al proprio dolore, è uno dei più ispirati e vari dell’Ottocento operistico e il carattere arioso porta a sé l’immediata saldatura, per carattere e stile, con il larghetto: “Fra poco a me ricovero“. Da questo punto fino al suicidio di Edgardo, trionfa nuovamente l’elegiaca, quasi pastorale melodia delle cantilene. Il coro: “Fur le nozze a lui funeste“, le implorazioni di Edgardo: “Di chi mai, di chi piangete“, e: “Questo dì che sta sorgendo“, ed infine la cabaletta: “Tu che a Dio spiegasti l’ali“, si intrecciano in questa scena di morte, in una commozione che si risolve tutta in purezza e linearità di canto.

Ancora una volta la suggestione della donna angelicata ha elevato l’irriducibile Edgardo, al clima sublimato dalla melodia traboccante di soavità.

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Il pensiero di Alessandro Manzoni https://cultura.biografieonline.it/manzoni-pensiero/ https://cultura.biografieonline.it/manzoni-pensiero/#comments Wed, 15 Jan 2014 20:23:45 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9330 Affrontiamo in questo articolo il pensiero di Alessandro Manzoni e l’importanza che ebbe la sua opera. Manzoni ebbe una concezione dolorosa della vita, come Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi. Tuttavia il suo pessimismo non è di natura filosofica, come quello degli altri due celebri autori citati.

Alessandro Manzoni
Il pensiero di Alessandro Manzoni

Il pessimismo del Foscolo e del Leopardi, infatti, si evidenzia dal contrapporsi tra la concezione della realtà da un punto di vista materiale e la reazione del sentimento, che si sente frustrato nella sua ansia di assoluto di eterno e di infinito.

Quando essi cercano di scoprire la causa del dolore e dell’infelicità umana, eludono la responsabilità indivi­duale ed incolpano la natura, che ha creato l’uomo bramoso di felicità, pur sapendo che essa non verrà mai soddisfatta.

Il pessimismo del Manzoni invece è di natura morale, perché coinvolge la responsabilità individuale dell’uomo, il quale, pur comprendendo la malvagità del dolore e del male, ama causarne agli altri per egoismo, nella speranza di allontanarli da sé.

Perciò, secondo il Manzoni, la storia è una rassegna interminabile di oppressioni, soprusi, violenze ed ingiustizie, che generano nell’animo del poeta un profondo pessimismo, espresso nelle tragedie, i cui protagonisti, il Conte di Carmagnola, Adelchi ed Ermengarda, inorriditi dalla malvagità del mondo, trovano conforto nella fede e pace nella morte. Le parole che pronuncia Adelchi morente, “sulla terra non resta che far torto o patirlo, perché una forza feroce governa il mondo“, rivelano l’essenza del pessimismo manzoniano nella fase più acuta.

Ma il pessimismo non dura a lungo, perché il Manzoni sì libera gradatamente da esso aiutato dalla concezione cristiana della vita, secondo la quale il bene e il male coesistono nell’animo umano. La natura umana, pura e perfétta al momento della creazione, in seguito al peccato originale divenne fragile e debole, esposta alle passioni, ma anche ansiosa, per il senso innato della propria dignità, di ristabilire dentro di sé l’armonia perduta a purezza originaria, che si può raggiungere con i frutti della redenzione. La redenzione dal peccato, ottenuta da Cristo col sacrificio della Croce, dall’istante in cui si attuò sul Calvario, continua ad operare nella vita e nella storia. Perciò di tutti i misteri della Chiesa, Alessandro Manzoni diede importanza fondamentale soprattutto alla redenzione, da lui considerata come il momento fondamentale della storia umana, nel quale il divino discende e si confonde con l’uomo, illuminandolo, purificandolo e fortificandolo.

Prima della redenzione il mondo era in balia dei malvagi e dei violenti, oppressori degli umili e dei deboli, i quali vivevano senza conforto, senza libertà e senza pace. Dopo la redenzione, rimangono sempre i malvagi e i violenti, ma intanto gli umili e i deboli hanno la consolazione della fede, la certezza della giustizia di Dio e la speranza del suo premio. Quanto poi ai malvagi e ai violenti, anche per essi c’è la possibilità di ascoltare la voce di Dio, di convertirsi e di salvarsi. Perciò la vita dell’uomo sulla terra è una milizia, un impegno a combattere e vincere il male che si annida in noi, e il male che opprime il mondo.

Da questo impegno deriva il carattere particolare del cristianesimo manzoniano, un cristianesimo attivo, agonistico, intransigente caratterizzato da un grande rigore morale, che, mentre prepara alla beatitudine nell’altra vita, impegna il credente, sul piano morale, nella scelta continua fra il bene e il male, e, sul piano politico, nella lotta per la libertà e la giustizia su questa terra.

Questo cristianesimo militante o cristianesimo-azione è rappresentato ideal­mente nei Promessi Sposi da padre Cristoforo, dal cardinale Federigo e dall’Innominato dopo la conversione, mentre nello stesso romanzo è fatto oggetto di condanna il cristianesimo quietistico di don Abbondio, che rinunzia alla lotta per egoismo o apatia, o il cristianesimo accomodante e politicizzato del padre provinciale. Pertanto anche per la concezione drammatica della vita, intesa come contrasto e superamento del pessimismo per mezzo della fede religiosa, il Manzoni rientra pienamente nel Romanticismo. Tuttavia anche se Alessandro Manzoni fu uno scrittore italiano romantico, la sua formazione di base fu di natura classica, di cui si sente l’influenza nel pensiero e nell’opera.

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La poetica di Leopardi https://cultura.biografieonline.it/leopardi-poetica/ https://cultura.biografieonline.it/leopardi-poetica/#comments Sun, 10 Nov 2013 17:20:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8496 La poetica di Leopardi è in sintesi la concezione della poesia, che ebbe il poeta italiano. Si distinguono due momenti nella poetica di Giacomo Leopardi: il momento classicistico e il momento romantico.

Leopardi Giacomo
Giacomo Leopardi

Il momento classicistico

Negli anni della polemica in Italia tra classicisti e romantici (1816) Leopardi prende le difese del classicismo. Lo fa con una lettera inviata alla Biblioteca italiana. Con la lettera il poeta difende il classicismo. Ma la sua difesa in fondo si trasforma in una prima adesione al romanticismo. Infatti il poeta non difende tutto il classicismo ma solo quello primitivo. Ovvero quello dei poeti più antichi, tra i quali Omero. Poeti che osservano e imitano la natura.

Una concezione diversa dal classicismo di tipo rinascimentale ed arcadico, che si fonda sull’imitazione dei modelli ed è per questo motivo falso e artificioso. Difendendo il classicismo primitivo, il Leopardi si accostava alla teoria vichiana del poeta primitivo e al Romanticismo per il quale la poesia è espressione del sentimento. E ancora quando riconosce nella poesia del Romanticismo l’importanza del “patetico”, sentimento del dolore universale.

Giacomo Leopardi però toglie il merito della scoperta del patetico ai romantici in quanto si trovava già nei classici, in Omero, Catullo, Virgilio, Petrarca, Tasso, che lo esprimevano con misura, al contrario dei romantici che lo esprimevano con esagerazione, esasperandolo con sospiri e lacrime.

Il momento romantico della poetica di Leopardi

La poesia del Leopardi vede il momento romantico quando il poeta fa sua la distinzione dei romantici tedeschi: poesia di immigrazione e di sentimento.

La poesia di immigrazione è considerata la poesia vera, perfetta e inimitabile fatta di miti e di fantasie. Come la poesia di Omero e degli antichi, che credevano nei miti che cantavano. La poesia di sentimento è quella dei tempi moderni e si nutre di affetti e idee filosofiche, morali e sociali.

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La poetica di Alessandro Manzoni https://cultura.biografieonline.it/manzoni-poetica/ https://cultura.biografieonline.it/manzoni-poetica/#comments Tue, 22 Oct 2013 16:36:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8106 La poetica di Alessandro Manzoni è incentrata sul principio romantico dell’arte come rappresentazione del vero ed è alla base della corrente realistico-oggettiva del romanticismo italiano. Essa, anche se trattata in scritti sparsi e occasionali, è organica e coerente con la concezione cristiana della vita che egli ebbe.

Nella prefazione all’opera Il Conte di Carmagnola il Manzoni rifiuta le unità pseudoaristoteliche di luogo e di tempo della tragedia, ammette solo l’unità di azione, ma la intende non nel senso di “unicità”, ossia come rappresentazione di un fatto unico e isolato, ma nel senso di un complesso organico di avvenimenti, di un pezzo di storia, come dice il Sansone, in sé concluso.

Poetica di Alessandro Manzoni
Alessandro Manzoni

Manzoni accenna poi al carattere particolare dei cori da lui introdotti nella tragedia. A differenza dei cori del teatro greco, che erano parte integrante dell’azione, Manzoni considera i cori come squarci lirici, un cantuccio, come egli dice, in cui egli esprime il suo sentimento in un momento culminante dell’azione. Essi si possono quindi eliminare senza che l’azione ne risenta.

Infine, la poetica di Alessandro Manzoni affronta il problema della moralità dell’arte drammatica, respingendo le accuse dei padri della Chiesa e di tanti scrittori cattolici, i quali condannavano il teatro e il romanzo come causa di corruzione dei costumi. Egli invece ritiene che l’arte in genere, e quindi anche la poesia drammatica e il romanzo, se hanno un contenuto umano, religioso e morale, lungi dal corrompere, possono essere strumenti di educazione e di elevazione morale per il popolo.

Nella lettera a Monsieur Chauvet (un critico classicista francese che aveva criticato il Manzoni perché non aveva rispettato nella tragedia le tre unità pseudoaristoteliche di tempo, di luogo e di azione), l’autore italiano risponde che le tre unità, oltre ad essere un impaccio dannoso all’ispirazione del poeta, sono contrarie alla verità dei fatti, che il poeta deve rispettare.

Il Manzoni prende lo spunto da questo dovere del poeta di rispettare la verità dei fatti, per parlare del rapporto tra storia e poesia. Egli dice che storia e poesia hanno un comune oggetto di osservazione e di rappresentazione: il vero, cioè il reale accadimento dei fatti, ma lo trattano in modo diverso. La storia indaga criticamente i fatti, studiandone le cause, lo svolgimento e gli effetti, e non si cura dei sentimenti con cui i protagonisti e i popoli hanno vissuto quei fatti. La poesia allora integra la storia, cercando di interpretare, sullo sfondo del vero storico, il verosimile psicologico e sociale, ossia i sentimenti con cui gli individui e i popoli hanno vissuto i fatti storici. Ma la poesia integra la storia anche dal punto di vista religioso e morale, perché mette in evidenza il divino, la Provvidenza che opera nella coscienza individuale e nella storia.

In questa fase della poetica manzoniana il vero della storia e il verosimile (o l’invenzione) della poesia, hanno pari dignità e sono tra loro in rapporto di reciproca integrazione. Alla luce di questa poetica Manzoni compose i suoi capolavori: gli Inni sacri, le tragedie, i Promessi Sposi, che segnano una vera e propria svolta nella tradizione culturale italiana.

La poesia del Manzoni, infatti, non è di tipo petrarchesco, egocentrica, aristocratica, idillica, elegiaca, come quasi è tutta la poesia italiana dal Petrarca al Leopardi, ma è una poesia oggettiva, positiva, democratica, nel senso che al centro di essa non c’è l’io lirico solitario e individualistico del poeta, ma gli uomini colti nella realtà concreta degli avvenimenti storici, nella loro condizione di miseria e di grandezza, di dolore e di consolazione, di peccato e di redenzione.

La poetica del Manzoni si precisa ancora di più nella lettera “Sul Romanticismo” scritta al Marchese Cesare D’Azeglio (padre di Massimo D’Azeglio), che, pur dichiaran­dosi ammiratore della poesia del Manzoni, aveva dichiarato di non condividere le teorie romantiche seguite dal poeta. Il Manzoni risponde prendendo le difese del Romanti­cismo italiano.

Nella prima parte elenca ciò che il Romanticismo rifiuta della vecchia poetica classicistica, e cioè l’uso della mitologia, le regole della retorica e dei generi letterari, l’imitazione servile dei classici, tutti elementi nocivi alla sincerità dei sentimenti. Al rifiuto della mitologia il Manzoni perviene anche attraverso una motivazione morale. La mitologia classica, egli dice, è tutta imbevuta della morale edonistica pagana, la quale esaltava i beni terreni, le passioni e i piaceri, che la morale cristiana invece svaluta e rifiuta. Continuare ad usare la mitologia nelle opere letterarie significa mantenere vive le idee della morale pagana.

Nella seconda parte il Manzoni formula il principio fondamentale della sua poetica, che è questo: “la poesia e la letteratura in genere deve proporsi l’utile per scopo, il vero per soggetto, l’interessante per mezzo“.

L’utile per scopo significa che la poesia deve mirare ad educare e ad elevare spiritualmente l’uomo singolo e il popolo. Essa raggiunge questo scopo specialmente quando evidenzia la presenza vigile e operosa della Provvidenza nella storia.

Il vero per soggetto significa che la poesia deve trattare il vero storico, ma non nella crudezza cronachistica e critica degli avvenimenti, il che è compito della storia, bensì il vero storico integrato e arricchito dal vero psicologico, sociale e religioso. Essa insomma deve essere una meditazione, fatta alla luce della visione cristiana della vita, sugli avvenimenti e sui riflessi che essi hanno sugli individui e sulle moltitudini.

L’interessante per mezzo significa che l’argomento della poesia deve essere attuale, moderno, popolare, dì largo interesse generale, non individuale o personale, come nelle liriche di tipo petrarchesco. Nell’edizione del 1870 il Manzoni ridusse il principio formulato in precedenza al solo “vero per soggetto”, perché tutto ciò che è vero, è anche utile e interessante.

Nel Discorso sul romanzo storico (1830), pubblicato dopo i Promessi Sposi, Manzoni torna a meditare sul rapporto tra storia e poesia e conclude che il vero autentico è quello storico, al quale nulla può aggiungere la fantasia del poeta, che anzi rischia col suo intervento di deformare la verità dei fatti.

Quindi quello che prima era un rapporto di reciproca integrazione tra storia e poesia, ora gli appare un rapporto di opposizione e incompatibilità. Perciò il romanzo storico è un’opera fallita, un ibrido, che si risolve in un tentativo, goffo e presuntuoso, di darci, mediante un’assurda mescolanza di storia e di invenzione, una rappresentazione della realtà più completa di quella offerta dalla storia. Giunto a questa fase involutiva della sua poetica, il Manzoni rinunciò alla poesia e si dedicò alla composizione di opere storiche e dottrinali.

Separando il vero storico dall’invenzione fantastica o dal verosimile, la storia quindi dalla poesia, egli intuì la diversità della poesia, ma non la portò alle estreme conseguenze fino a intuire l’autonomia della poesia, il cui vero fantastico, se è radicato profondamente nell’umanità del poeta e nella sua cultura, non è meno vero del vero positivo della storia.

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