Ulisse Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 08 May 2023 08:56:50 +0000 it-IT hourly 1 Ulisse, poesia di Saba: spiegazione, testo e commento https://cultura.biografieonline.it/ulisse-saba/ https://cultura.biografieonline.it/ulisse-saba/#comments Mon, 08 May 2023 08:33:21 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20414 La poesia Ulisse è l’ultima della sezione Mediterranee, presente nel Canzoniere, la raccolta completa di liriche di Umberto SabaUlisse è stata composta tra il 1945 e il 1946 e pubblicata nel 1948. Con essa, Saba si ricollega al tema del viaggio, rivisto in chiave unica e personale, lasciando ai lettori una sorta di testamento spirituale.

Ulisse Saba poesia - Nella mia giovinezza ho navigato

Con il Canzoniere Saba decise di unificare tutta la sua produzione per lasciare ai lettori una sua autobiografia in versi. Un esperimento lontano dalla nuova poetica ermetica, che si collega invece direttamente alla tradizione letteraria italiana. Il Canzoniere è stato pubblicato per la prima volta nel 1921, per un totale di cinque edizioni. L’ultima, quella postuma, è del 1961.

È diviso in tre volumi di 26 sezioni: la poesia Ulisse si trova nel terzo volume, che comprende i testi dell’edizione postuma scritti tra il 1933 e il 1954 ed è divisa in quattro sezioni (Parole, Ultime cose, Mediterranee, Quasi un racconto). Il Canzoniere include sia tematiche familiari sia soprattutto l’analisi del proprio io rappresentata nel rapporto del poeta con la realtà. Inoltre, il poeta ritorna all’utilizzo di una metrica tradizionale, rifiutando le sperimentazioni e scegliendo di pubblicare una poesia onesta.

Umberto Saba - Il canzoniere
Umberto Saba – Il canzoniere

Ulisse: analisi della poesia

La lirica in esame è formata da una strofa di 13 endecasillabi sciolti. È intitolata all’eroe dell’Odissea, Ulisse. Il personaggio della mitologia greca diventa l’espediente per raccontare la giovinezza del poeta, trascorsa sugli isolotti delle coste dalmate, lavorando come mozzo in un mercantile.  L’elemento autobiografico viene subito trasfigurato e diventa il simbolo di considerazioni più generali riferite alla vita.

Nei primi nove versi il poeta racconta della sua navigazione per le coste della Dalmazia (regione della Croazia). Gli isolotti vengono descritti con molti dettagli. Su di essi sostavano gli uccelli, erano coperti di alghe e scivolosi al tatto, il verde conferiva loro il colore degli smeraldi. Quando erano coperti dalla marea, le navi si muovevano dalla parte opposta proprio per sfuggire dal pericolo di urtarci contro.

Dal verso nove in poi la narrazione si sposta al periodo della vecchiaia del poeta. Il suo regno non è più quello del mare ma è una terra dove nessuno osa avventurarsi perché piena di pericoli.

Ulisse: il testo della poesia

Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

I temi e lo stile della poesia

Come si è potuto notare, la lirica può essere divisa in due parti, che si riconoscono anche dall’utilizzo dei tempi verbali. Il passato per la prima parte; il presente per la seconda.

Nella prima parte il poeta paragona le sue avventure giovanili a quelle di Ulisse, eroe mitologico protagonista dell’Odissea che però non viene mai nominato apertamente.

Nella seconda parte, introdotta dall’avverbio “oggi” al verso 9, il poeta è ormai vecchio e non si accontenta più di raggiungere il porto ma vorrebbe viaggiare ancora. Vorrebbe spingersi al largo proprio come fa l’Ulisse dantesco (nel XXVI canto dell’Inferno) che parte per l’ultimo viaggio senza fare più ritorno.

Umberto Saba con la moglie Lina
Umberto Saba con la moglie Lina

Il tema dominante della poesia è quello del viaggio come metafora della vita. Gli isolotti verde smeraldo rappresentano anche delle insidie di notte: sono i pericoli della vita. L’arrivo al porto rappresenta una quiete che però non interessa al poeta. Egli invece vorrebbe spingersi a conoscere nuove sponde. Si ricollega quindi sia alla tradizionale visione dell’Ulisse omerico, che ritorna ad Itaca alla fine del travagliato viaggio di ritorno a casa, sia all’Ulisse dantesco che decide di sfidare gli dei per oltrepassare le colonne d’Ercole senza fare mai più ritorno.

Si può notare anche un altro rimando letterario al verso 12 con l’accenno al “non domato spirito”. Esso richiama alcuni versi di Ugo Foscolo (Alla sera e A Zacinto).

Lo stile della poesia è classico. Sono presenti molti enjambements (v. 2, v. 5, v. 6, v. 7, v. 9, v. 10, v. 11) ma vi sono poche rime, bilanciate con le molte assonanze e rime interne. Il lessico è quotidiano, fatta eccezione per alcuni arcaismi, come il termine “giovanezza” al v. 1.

Nel complesso la lirica Ulisse è l’espressione dello spirito vitale del poeta Umberto Saba che, sebbene sia ormai anziano, continua a provare un grande amore per la vita, nonostante tutte le sofferenze che ha vissuto nel corso della sua esistenza.

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Il cane Argo: riassunto, testo, parafrasi e analisi https://cultura.biografieonline.it/cane-argo-riassunto-testo-parafrasi-analisi/ https://cultura.biografieonline.it/cane-argo-riassunto-testo-parafrasi-analisi/#respond Thu, 14 Apr 2022 09:20:38 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39717 L’episodio del cane Argo, qui in esame, è uno dei più toccanti dell’intera Odissea di Omero. Il protagonista Ulisse giunge finalmente a casa, dopo aver terminato il racconto di tutte le sue avventure al re Alcinoo, che lo aiuta a ritornare ad Itaca.

Per volere della dea Atena, Ulisse viene trasformato in un vecchio mendicante affinché nessuno lo possa riconoscere.

Egli rivela il suo arrivo soltanto a suo figlio Telemaco, insieme al quale organizza un piano per vendicarsi dei Proci che hanno usurpato il suo trono.

Quando arriva nella reggia nessuno lo riconosce ad eccezione del suo fidato cane Argo, ormai anziano: per la forte emozione dovuto all’incontro con il suo padrone, Argo muore.

Il cane Argo e Ulisse (Argos and Ulysses)
Il cane Argo e Ulisse

Il contesto nell’Odissea: riassunto

Il canto fa parte dell’ultima parte dell’Odissea (Canti XIII-XXIV): qui si narra come finalmente Ulisse (Odisseo) riesca a tornare ad Itaca. Per prima cosa l’eroe si reca da Eumeo, il porcaro della reggia, per ottenere informazioni.

Insieme a suo figlio Telemaco, preparano un piano per vendicarsi dei Proci: Ulisse rientra al palazzo sotto le spoglie di un mendicante. Viene deriso dai Proci, mentre viene accolto benevolmente da Penelope, che però non lo riconosce ancora.

Sulla figura di Penelope, leggi anche => Le donne di Ulisse: analisi delle figure femminili dell’Odissea

Intanto la donna, sotto consiglio della dea Atena, propone ai Proci una gara: chi riuscirà a tendere l’arco di Ulisse e a far passare la freccia attraverso degli ostacoli, sarà il suo sposo.

Penelope con l'arco di Ulisse e il cane Argo
Penelope con l’arco di Ulisse e il cane Argo: scultura di Richard James Wyatt (1799-1850) • The Royal Collection Trust, Inghilterra

Tutti i pretendenti si mettono alla prova, ma solo Ulisse – nei panni di mendicante – riesce a superarla: è qui che viene finalmente riconosciuto. L’eroe riprende così il suo aspetto.

Inizia a questo punto una sanguinosa ribellione, che viene da lui repressa. Ulisse può finalmente riconciliarsi con la sua famiglia, la sua Itaca e i suoi sudditi.

Ulisse uccide i proci con il suo arco
Ulisse uccide i proci con il suo arco

Testo e parafrasi: versi 290-327 del canto XVII dell’Odissea

Testo tradotto da Rosa Calzecchi Onesti nel 1963

Così essi tali parole fra loro dicevano:
e un cane, sdraiato là, rizzò muso e orecchie,
Argo, il cane del costante Odisseo, che un giorno
lo nutrì di suo mano (ma non doveva goderne), prima che per Ilio sacra partisse; e in passato lo conducevano i giovani

a caccia di capre selvatiche, di cervi, di lepri;
ma ora giaceva là, trascurato, partito il padrone,
sul molto letame di muli e buoi, che davanti alle porte ammucchiavano, perché poi lo portassero
i servi a concimare il grande terreno d’Odisseo;

là giaceva il cane Argo, pieno di zecche.
E allora, come sentì vicino Odisseo,
mosse la coda, abbassò le due orecchie, ma non poté correre incontro al padrone.
E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima,

facilmente sfuggendo a Eumeo; e subito con parole chiedeva:
“Eumeo, che meraviglia quel cane là sul letame!
Bello di corpo, ma non posso capire
se fu anche rapido a correre con questa bellezza, oppure se fu soltanto come i cani da mensa dei principi,

per splendidezza i padroni li allevano”.
E tu rispondendogli, Eumeo porcaio, dicevi:
“Purtroppo è il cane d’un uomo morto lontano. Se per bellezza e vigore fosse rimasto
come partendo per Troia lo lasciava Odisseo,

t’incanteresti a vederne la snellezza e la forza.
Non gli sfuggiva, anche nel cupo di folta boscaglia,
qualunque animale vedesse, era bravissimo all’usta.
Ora è malconcio, sfinito: il suo padrone è morto lontano dalla patria e le ancelle, infingarde, non se ne curano.

Perché i servi, quando i padroni non li governano,
non hanno voglia di far le cose a dovere;
metà del valore d’un uomo distrugge il tonante Zeus, allorché schiavo giorno lo afferra”.
Così detto, entrò nella comoda casa,

diritto andò per la sala fra i nobili pretendenti.
E Argo la Moira di nera morte afferrò
appena rivisto Odisseo, dopo vent’anni.

Parafrasi

Mentre parlavano tra di loro, un cane che si trovava lì disteso alzo la testa e tese le orecchie. Era Argo, il cane di Odisseo, che fu allevato proprio da lui ma non portò mai a caccia perché Ulisse partì per la conquista di Troia.

I giovani lo portavano con loro a caccia di cervi, lepri e cani selvatici, ma ora, lontano dal suo padrone, era solo e abbandonato sul letame di buoi e muli raccolto vicino le porte della reggia affinché venisse portato dai servi per essere sparso sui campi vasti di Odisseo. E Argo si trovava lì pieno di zecche.

E quando Odisseo si avvicinò, agitò la coda e lasciò cadere le orecchie ma non era in grado di avvicinarsi di più al suo padrone perché era vecchio e malato.

Così Odisseo spostò altrove lo sguardo e si asciugò una lacrima senza farsi vedere da Eumeo (fedele guardiano dei porci) e disse:

«Eumeo, è curioso vedere un cane così bello sul letame. Ha un corpo splendido, non so se una volta oltre che ad essere bello era anche veloce nella corsa o era un cane da banchetto, di quelli che i padroni allevano solo per bellezza».

E così gli rispose Eumeo, guardiano dei porci:

«Purtroppo è il cane di un uomo che è morto lontano dalla patria. Se questo cane fosse rimasto, per forme e bellezza, come lo lasciò Odisseo, rimarresti incantato a guardarlo per la sua forza e la sua velocità. Mai una bestia selvatica è riuscita a scappare quando egli la cacciava, seguendone le orme.  Ora è malridotto e soffre. Il suo padrone Odisseo è morto lontano dalla patria e le ancelle pigre non si interessano a lui. I servi che non sono comandati da un padrone non lavorano bene, poiché Zeus toglie ad un uomo metà delle sue virtù quando questi diventa schiavo».

Disse ciò ed entrò nella reggia nella sala tra i Proci.

E Argo, che aveva visto il suo padrone Odisseo dopo venti anni, fu afferrato dal destino della morte (morì).

Il cane Argo: analisi, spiegazione e commento del brano

Per la prima volta da quando ritorna a casa, l’eroe si commuove. Cerca di nascondere la sua lacrima quando rivede il cane Argo dopo vent’anni.

Inoltre il cane diventa un vero simbolo di fedeltà: non corre incontro ad Ulisse scodinzolando e rischiando di farlo riconoscere, ma lo osserva da lontano. E’ contento di ciò (Giuseppe Aurelio Privitera).

Ulisse e Argo si comprendono a vicenda: questa scena diventa l’emblema della fedeltà e del rapporto tra il padrone e il cane, un vero sentimento d’amore e rispetto reciproco. Ulisse infatti nota come il povero animale è stato trattato dai servi, che non si sono più curati di lui dopo la sua partenza.

Questo episodio, classico e storico, è il primo di tanti altri presenti nella Letteratura che riguardano il rapporto tra gli uomini e gli animali: è una testimonianza di quanto questo legame sia sempre stato profondo, sin dall’antichità.

Leggi anche => Odissea: trama dell’opera e parafrasi del proemio

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Ulisse e Polifemo: riassunto e parafrasi https://cultura.biografieonline.it/ulisse-polifemo/ https://cultura.biografieonline.it/ulisse-polifemo/#respond Tue, 25 Jan 2022 16:27:41 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=38488 Lo scontro tra Ulisse e Polifemo è uno tra gli episodi più famosi ed emblematici di tutta l’Odissea. Riassumiamo di seguito la vicenda approfondendo la spiegazione dal punto di vista letterario e la parafrasi del testo omerico.

Ulisse e Polifemo
Ulisse e Polifemo

Riassunto

Ulisse, in seguito all’incontro con Nausicaa, viene accolto con grande ospitalità nella splendida reggia del padre Alcinoo. Qui racconta le sue avventure, dalla partenza da Troia, dopo la guerra fino all’arrivo sull’isola di Ogigia, presso la ninfa Calipso.

Dopo essere approdati alle terre dei Ciconi e dei Lotofagi, Ulisse e i suoi compagni sbarcano su un’isola disabitata: l’isola delle capre. Dopo un giorno di permanenza, Ulisse decide di esplorare la terra vicina, quella dei Ciclopi: i giganti che avevano un solo occhio (Ciclope significa infatti occhio rotondo) posto al centro della fronte.

Qui avviene l’incontro di Ulisse con il Ciclope Polifemo, figlio di Poseidone, dio del mare.

Questo incontro è divenuto celebre proprio perché Ulisse viene consacrato come eroe astuto e intelligente: è proprio grazie a queste sue doti, infatti, che riesce a sfuggire e salvarsi la vita.

I ciclopi secondo Omero e nella mitologia

Secondo Omero i Ciclopi erano esseri mostruosi, simili a giganti che vivevano nelle caverne. Erano pastori che si cibavano anche di esseri umani.

Secondo altre fonti della mitologia greca, erano alleati degli dei dell’Olimpo ed abilissimi artigiani, tanto da essere coloro che forgiavano i fulmini di Zeus.

Ulisse e Polifemo: l’incontro

L’episodio dell’incontro con Polifemo è presente nel canto IX dell’Odissea. Il capitolo è tutto volto a dimostrare le caratteristiche dell’animo dell’eroe: egli riesce ancora una volta a trovare un modo per scappare da una situazione spiacevole; Ulisse salva la sua vita e quella dei suoi compagni.

Insieme a dodici dei suoi compagni, Ulisse si avventura ad esplorare l’isola e incontra il più terribile dei Ciclopi: Polifemo. Il gigante divora immediatamente sei dei suoi uomini. L’eroe e gli altri vengono tenuti prigionieri da Polifemo nella sua grotta, chiusa da un grosso masso.

Ulisse allora pensa ad uno stratagemma per poter scappare da lì: ordina ai compagni di levigare un grosso ramo d’ulivo, trovato nella grotta. Ne rende aguzza l’estremità in modo che possa servire per accecare il ciclope.

Arriva la sera e Ulisse offre a Polifemo un vino molto forte per farlo cadere nel sonno: Polifemo ne beve molto, poi chiede all’eroe di rivelargli il suo nome.

Ulisse risponde che il suo nome è Nessuno.

A questo punto Ulisse e i compagni attaccano il gigante: fanno diventare rovente il palo grazie al fuoco, poi lo conficcano nell’occhio di Polifemo, accecandolo.

Ulisse acceca Polifemo
Ulisse acceca Polifemo

Parafrasi

Di seguito la parafrasi dei versi 390-412.

Poi si tolse dall’occhio il palo imbevuto di sangue e lo scagliò lontano,
folle agitando le mani e con urla chiamava a gran voce i Ciclopi che si trovavano nelle grotte sulle montagne ventose.

Tutti accorsero al richiamo e appena arrivati chiedevano fuori dalla grotta:
«Di che ti lamenti? Da quale male sei stato colpito, o Polifemo, che urli così tanto e ci togli il sonno? Forse qualche nemico ti sta rubando il suo gregge con l’inganno o con la forza, forse qualcuno ti uccide?»

E così rispondeva il forte Polifemo dalla sua grotta:
«O amici, mi ha ucciso Nessuno con l’inganno e non con la forza».

E i Ciclopi risposero ad alta voce:
«Se dunque nessuno ti ha usato violenza e sei solo, questo male ti arriva da Zeus e non puoi sfuggirlo; e allora puoi solo pregare tuo padre, il dio Poseidone».

Così dissero e si allontanarono, e il mio cuore rise di ciò.

Quel nome li aveva ingannati con un’astuzia sottile!

E, minaccioso, lamentandosi per il dolore, il Ciclope, a tentoni,  tolse dalla porta il masso e si sedette sulla soglia con le mani distese, pronto a catturare qualcuno se fuggiva con le sue pecore: mi credeva tanto ingenuo, certo, nel suo cuore!

A questo punto, Ulisse adotta una nuova astuzia per fuggire: assieme ai suoi compagni si lega posizionandosi sotto il petto dei montoni. In questo modo il Ciclope non può scoprirli.

Ulisse legato sotto la pancia di un montone
Ulisse legato sotto la pancia di un montone

All’esterno, poco lontano dalla grotta, si slegano.

In questo modo riescono ad arrivare sani e salvi alla loro nave, piangendo i loro compagni scomparsi.

Curiosità

Nell’antichità i greci pensavano che il paese dei Ciclopi fosse in Sicilia, esattamente ai piedi dell’Etna. Di fronte ad Aci Trezza vi è il piccolo arcipelago detto Isole dei Ciclopi, oggi area marina protetta.

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Le donne di Ulisse: analisi delle figure femminili dell’Odissea https://cultura.biografieonline.it/donne-di-ulisse-penelope-calipso-circe-nausicaa/ https://cultura.biografieonline.it/donne-di-ulisse-penelope-calipso-circe-nausicaa/#comments Wed, 22 Dec 2021 08:09:28 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=37531 Ulisse è il coraggioso viaggiatore protagonista dell’Odissea di Omero, poema della favolosa avventura del suo rientro in patria, Itaca. Ma è anche un uomo molto amato, che ha intrecciato legami con diverse donne incontrate nel corso del suo lungo viaggio attraverso il Mediterraneo. Il suo carattere astuto, tenace, coraggioso lo spinge ad avere un continuo bisogno di avventura e desiderio di conoscenza, lo rende anche più attraente agli occhi delle donne che lo incontrano. Egli, però, nonostante le numerose avventure, alla fine decide di ritornare ad Itaca, da sua moglie Penelope. In questo articolo ci focalizziamo e riassumiamo la storia delle donne di Ulisse.

Le donne di Ulisse: le protagoniste dell’Odissea

Le protagoniste dell’Odissea sono tutte donne forti ed indipendenti. Nonostante la cultura greca ai tempi di Omero fosse piuttosto misogina.

  • Penelope resiste valorosamente ai Proci per molti anni;
  • Circe e Calipso sono figure divine che vivono da sole, in maniera libera ed indipendente;
  • Nausicaa è una ragazza dolce e allo stesso tempo anche tenace.

Analizziamo nel dettaglio la storia di ognuna di loro.

Penelope

E’ la moglie dell’eroe, Ulisse. E’ regina di Itaca ed è madre di Telemaco. Secondo la leggenda, il suo nome deriverebbe proprio dall’astuzia usata dalla donna per attendere il marito. Ella aspettò il ritorno di Ulisse per venti lunghi anni, rimanendogli sempre fedele e sopportando con coraggio le insidie dei Proci, i rivali del marito che volevano usurpare il trono.

Per temporeggiare, Penelope aveva promesso ai Proci che avrebbe sposato uno di loro, solo al termine del lavoro che stava compiendo: stava tessendo il sudario per Laerte, il padre di Ulisse. Lo tesseva furbamente di giorno e lo disfaceva di notte.

L’inganno riuscì per quattro anni, al termine dei quali fu scoperta da una serva che riferì tutto ai Proci. Per fortuna Ulisse tornò in tempo, li uccise e finalmente si ricongiunse con la moglie.

Penelope, per la sua attesa e la sua tenacia è diventata il simbolo della fedeltà coniugale.

Calipso

Calipso è la bellissima ninfa abitante dell’isola di Ogigia (localizzata intorno a Gibilterra). Qui tiene prigioniero Ulisse. La ninfa, figlia di Atlante, era stata punita dagli dei e costretta a vivere su quest’isola, dove approdavano solo eroi o guerrieri costretti a ripartire.

Ulisse arrivò sull’isola dopo essere sopravvissuto al vortice di Cariddi. La ninfa lo accolse nella sua casa, che era composta da una grotta molto profonda con tante sale; in questo luogo dove lei e le sue ancelle trascorrevano le giornate tessendo e cantando. Calipso si innamorò dell’eroe e, secondo la tradizione, lo tenne prigioniero per sette lunghi anni.

Per costringerlo a restare lì con lei, gli offrì addirittura l’immortalità, ma Ulisse rifiutò ogni volta; il desiderio di tornare ad Itaca era più forte.

Atena, la dea che proteggeva l’eroe, ascoltò i lamenti di quest’ultimo e ne parlò con Zeus, che costrinse la ninfa a lasciarlo partire.

Ulisse sulla nave fa ritorno a Itaca
Ulisse sulla nave fa ritorno a Itaca

Circe

La storia di Circe è molto simile a quella di Calipso. Anche la maga era infatti tenuta prigioniera sull’isola di Eea, dove approdò l’eroe. I due vissero una bella storia d’amore che durò circa un anno; ma anche qui Ulisse non volle fermarsi perché sentiva di voler tornare nella sua terra natia.

Secondo la leggenda tra i due sarebbe nato anche un figlio, Telegono.

Circe, maga e dea
Circe, maga e dea

Nausicaa

E’ la figlia di Alcinoo, re dei Feaci. Ella accolse Ulisse, naufrago sulle sponde della sua terra, in seguito ad una tempesta scatenata dal dio Poseidone. La fanciulla si recò con le sue ancelle a giocare a palla sulla spiaggia, quando ad un tratto vide l’eroe completamente nudo uscire da un cespuglio.

Nausicaa ascoltò Ulisse con cortesia e lo invitò a recarsi presso il palazzo di suo padre per poter ricevere assistenza. Ulisse venne accolto dai Feaci e iniziò a raccontare al re e alla sua corte, la storia del suo viaggio e tutte le sue straordinarie avventure in un lungo flashback.

Nausicaa quasi si innamorò dell’eroe; egli la elogiava paragonandola ad Artemide. Il re Alcinoo gli propose la mano della figlia, ma Ulisse era desideroso di tornare nella sua terra.

Ulisse e Nausicaa
L’incontro tra Ulisse e Nausicaa (Illustrazione: Tommaso Chiarolini)

L’importanza delle figure femminili

Le donne conosciute da Ulisse nel suo viaggio di ritorno a casa, non rimasero un segreto. Ulisse raccontò alla moglie Penelope di tutti i suoi incontri.

Alla fine ogni donna incontrata lo aiutò a percorrere una parte del suo cammino, e a ritrovare la strada per il ritorno definitivo a casa.

L’Odissea, pur essendo un poema interamente dedicato ad un uomo, fa emergere una serie importante di figure femminili: sono donne forti ed indipendenti, protagoniste parimenti anch’esse di questa storia che resterà per sempre impressa nell’immaginario di tutti i lettori.

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Odissea: trama dell’opera e parafrasi del proemio https://cultura.biografieonline.it/odissea-riassunto-parafrasi-proemio/ https://cultura.biografieonline.it/odissea-riassunto-parafrasi-proemio/#comments Tue, 16 Nov 2021 12:11:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=36771 L’Odissea, insieme a l’Iliade, è una delle opere più importanti dell’antichità e di tutta la cultura occidentale. I due poemi, secondo la tradizione entrambi scritti da Omero, hanno però alcune sostanziali differenze: mentre l’Iliade è il poema delle battaglie e della ferocia, l’Odissea ha tutt’altra atmosfera. È divisa in 24 canti e costituita da 12.000 versi; ha come protagonista Odisseo (Ulisse, re di Itaca) e il suo avventuroso viaggio di ritorno in patria dopo la caduta della città di Troia.

Ulisse sulla nave salpa dalla città di Troia per fare ritorno a Itaca
Il viaggio di Ulisse: dalla città di Troia parte per fare ritorno a Itaca. (Illustrazione: Tommaso Chiarolini)

La trama dell’Odissea

Il poema si può suddividere in tre grandi nuclei fondamentali:

  1. Telemachia;
  2. le avventure di Ulisse;
  3. Il ritorno di Ulisse e la vendetta.

Telemachia

Dal canto I al canto IV, Omero racconta dei viaggi compiuti da Telemaco, figlio di Ulisse, alla ricerca del padre.

Sono ormai trascorsi 10 anni dalla fine della guerra di Troia ma l’eroe non è ancora tornato a casa. Ad Itaca i Proci vogliono impossessarsi del trono e sposare Penelope, la moglie di Ulisse, che lo sta aspettando. Telemaco viene però a sapere che il padre è ancora vivo e si trova prigioniero dalla ninfa Calipso.

Odissea: Ulisse dà l'addio a Calipso
La partenza di Ulisse dall’isola di Calipso (o Addio a Calipso) – opera di Samuel Palmer (1848-1849)

Le avventure di Ulisse

Questa parte è narrata nei canti dal V al XII. E’ il centro dell’opera. E’ il racconto che Ulisse fa di tutte le sue peregrinazioni in mare in questi lunghi anni; è una sorta di lungo flashback. Ulisse si trova presso Alcinoo, re dei Feaci: con lui si confida e inizia a narrare le sue avventure.

Tra gli episodi più noti e famosi ci sono:

Polifemo e Ulisse
Illustrazione: Polifemo accecato scaglia una roccia contro la nave di Ulisse, che fugge

Il ritorno di Ulisse e la vendetta

L’ultima parte dell’Odissea comprende i canti dal XIII al XXIV.

Il protagonista, Ulisse, riesce a tornare ad Itaca. Lo fa però in incognito, nelle vesti di mendicante. Il primo a riconoscerlo è il cane Argo.

Ulisse riesce a riprendersi il trono usurpato dai Proci e si riconcilia finalmente con i sudditi.

Il proemio dell’Odissea

Così come nel proemio dell’Iliade, anche in quello dell’Odissea è contenuta sia l’invocazione alla Musa della poesia epica, Calliope ispiratrice del canto, sia la protasi, cioè la spiegazione dell’argomento ed esposizione rapida di ciò che sarà trattato all’interno del poema.

Ecco il testo:

Narrami, o Musa, l’uomo dall’agile mente
che a lungo andò vagando, poi che cadde Troia,
la forte città, e di molte genti vide le terre
e conobbe la natura dell’anima, e molti dolori
patì nel suo cuore lungo le vie del mare,
lottando per tornare in patria coi compagni.
Ma per loro follia (come simili a fanciulli!),
non li poté sottrarre alla morte,
poi che mangiarono i buoi del Sole, figlio del cielo,
che tolse loro il tempo del ritorno.
Questo narrami, o dea, figlia di Zeus,
e comincia di dove tu vuoi.

Odissea, libro I, versi 1-12, traduzione di Salvatore Quasimodo, Mondadori, Milano, 1951

Parafrasi

O Musa (Calliope), raccontami dell’uomo dalla mente vivace (Ulisse)
che a lungo vagò dopo che Troia,
la forte città, cadde, e vide le terre di molti popoli
e conobbe le caratteristiche dell’animo umano, sopportò molti dolori
nel cuore attraverso il mare,
lottando per tornare in salvo nella sua patria insieme ai suoi compagni.
Ma per il loro comportamento irresponsabile, simile a quella dei bambini,
non riuscirono a sottrarsi alla morte
poiché mangiarono i buoi sacri al dio Sole (Elios – figlio del titano Iperione),
il quale impedì loro di tornare facendoli morire.
O dea figlia di Zeus (Calliope), raccontami questo
e inizia pure da dove vuoi.

Curiosità sull’Odissea

L’Odissea è ricca di perifrasi: una figura retorica detta anche “giri di parole“. Grazie a tali figure retoriche si può indicare una persona o una cosa, con una serie di espressioni anziché un solo termine: nel proemio infatti Ulisse viene chiamato:

l’uomo dall’agile mente.

Questa caratteristica sottolinea uno dei suoi tratti più importanti.

Inoltre l’Odissea è ricca di riferimenti al viaggio: a differenza dell’Iliade che si svolge interamente a Troia, qui si può tracciare una vera e propria mappa dei luoghi visitati dal protagonista.

Nel Mar Mediterraneo Odisseo si sposta tra la Spagna (isola di Ogigia), la Sardegna (i Lestrigoni), la Sicilia (i Ciclopi), lo stretto di Messina (Scilla e Cariddi), il promontorio del Circeo (maga Circe), l’Asia Minore e l’Africa settentrionale.

La figura di Ulisse è stata ripresa molteplici volte nella storia della letteratura mondiale. Citiamo solo due esempi:

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Polifemo e i Ciclopi https://cultura.biografieonline.it/polifemo-ciclopi/ https://cultura.biografieonline.it/polifemo-ciclopi/#comments Wed, 17 Jun 2015 10:14:49 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14518 Nella mitologia greca, tra gli altri personaggi, emerge quella dei “figli terreni del dio del mare Poseidone”. Si tratta di creature dall’indole selvaggia e indomita, dotate di ferocia e violenza inaudita, che vivono senza alcun rispetto per le leggi divine e umane. Tali figure, che non sono da considerare uomini e neppure eroi, sono anzi nemici della razza umana ed infatti si cibano della loro carne.

Polifemo e Ulisse
Illustrazione: Polifemo accecato scaglia una roccia contro la nave di Ulisse, che fugge

Tra i figli giganti di Poseidone il più noto è sicuramente il ciclope Polifemo, nato dall’unione del dio del mare con la ninfa marina Toosa. La leggenda narrata nell’Odissea si riferisce a questa creatura selvaggia che abita all’interno di una grotta e divora i malcapitati forestieri che si trovano nei paraggi. Nella mitologia antica Polifemo appartiene alla categoria dei Ciclopi, giganti aventi un solo occhio in mezzo alla fronte (dalla parola greca “kuklops”, dall’occhio rotondo).

Anticamente si era soliti distinguere i Ciclopi in tre stirpi: la prima generazione divina dei Giganti, costituita dai figli di Urano e Gaia (il Cielo e la Terra), i Ciclopi “siciliani”, nonché compagni di Polifemo, e i Ciclopi “costruttori”, che, secondo la tradizione, costruirono la maggior parte dei monumenti preistorici presenti in Grecia e in Sicilia.

Nella Grecia più antica con il termine “Ciclopi” si intende un’associazione di fabbri ferrai la cui caratteristica è di avere tatuati sulla fronte alcuni cerchi concentrici che alludono alla potenza del sole, fonte di quel fuoco che alimenta le fucine in cui essi lavorano.

Si narra che Polifemo fosse il primogenito di sette giganteschi fratelli che abitavano nei dintorni del vulcano Etna. La storia di questo mostruoso gigante si intreccia strettamente con quella di Ulisse, re di Itaca, l’eroe che al ritorno da Troia arriva nella grotta del Ciclope. Questi chiede a Polifemo di trattarlo come un ospite di riguardo sacro a Zeus, ma per tutta risposta il gigante uccide due compagni di viaggio dell’eroe e si ciba di loro.

Polifemo
Polifemo viene accecato

Ulisse ha la possibilità di uccidere il gigante mentre dorme, ma il problema è riuscire a spostare l’enorme masso di pietra che Polifemo ha posizionato davanti alla caverna. Il giorno dopo il Ciclope divora altri uomini dell’equipaggio. Intanto Ulisse, che è molto astuto, sgrossa un tronco di olivo e ne arroventa la punta con il fuoco. Poi nasconde l’arma aspettando il momento giusto per utilizzarla. L’eroe offre al gigante del vino molto forte, e lui lo beve tutto.

Quando Polifemo chiede il nome ad Ulisse, questi risponde di chiamarsi “Nessuno”. Nel momento in cui il Ciclope, ormai ubriaco, cade in un sonno profondo, Ulisse e i suoi uomini lo accecano conficcandogli la punta rovente del tronco nell’unico occhio. Polifemo chiama aiuto, e alle sue grida disperate accorrono i suoi fratelli Ciclopi che gli chiedono chi sia stato. Alla risposta di Polifemo: “E’ stato Nessuno” , questi si defilano con la convinzione di essere stati presi in giro.

Il giorno dopo Ulisse escogita un modo per fuggire dalla grotta insieme ai suoi, legandosi sotto il ventre delle pecore da condurre al pascolo. Aggrappato al manto di un montone di Polifemo, Ulisse riesce ad eludere il controllo. Una volta raggiunta la nave per salpare, Ulisse rivela al Ciclope il suo vero nome.

Polifemo - ciclopi - scultura
Polifemo (una scultura)

A Polifemo giunge il ricordo di una profezia che prediceva quanto sarebbe accaduto. Adirato, scaglia la punta di una montagna contro la nave, ma non la colpisce. Poi chiede a suo padre il dio  Poseidone di non far tornare Ulisse in patria, o di permetterglielo soltanto dopo grandi sofferenze e patimenti.

Sicuramente l’eroe dovette affrontare tante altre avventure e vicissitudini prima di approdare in Grecia, ma una delle più pericolose fu senz’altro quella in cui riuscì a sfuggire dalle grinfie del terribile Ciclope ad un occhio solo.

L’episodio della fuga da Polifemo di Ulisse e dei suoi uomini viene raccontata dai due maggiori poeti epici dell’antichità, il latino Virgilio (libro III dell’Eneide) e il greco Omero (canto IX del poema epico “Odissea”) Entrambi, con grande maestria e abilità narrativa, fanno rivivere ai lettori i terribili momenti trascorsi da Ulisse e i suoi in balia del Ciclope Polifemo.

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La guerra di Troia (riassunto) https://cultura.biografieonline.it/guerra-di-troia/ https://cultura.biografieonline.it/guerra-di-troia/#comments Mon, 02 Mar 2015 16:03:45 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13483 Secondo la tradizione gli antichi greci entrarono a Troia servendosi di un finto cavallo e la conquistarono definitivamente dopo ben 9 anni di guerra. Non si può parlare di una data precisa per queste notizie che appartengono ad un’epoca così lontana dalla nostra, ma quella che sembrerebbe essere più attendibile è la data del 24 aprile 1184 a.C.

Cavallo di Troia
Il cavallo di Troia è il simbolo della Guerra di Troia, ed è uno tra i più conosciuti dell’intera mitologia. Anche ai giorni nostri viene usato il termine “trojan horse” (o più semplicemente trojan) per identificare i virus informatici che appaiono come programmi innocui, ma che in realtà contengono un codice nascosto malevolo.

La guerra di Troia nella tradizione

Secondo la tradizione infatti, la guerra di Troia fu combattuta tra gli Achei (Greci) e la città di Troia, collocabile nell’odierna Turchia. Il conflitto si svolse probabilmente o dal 1250 o dal 1194. La guerra di Troia è la più conosciuta del mondo occidentale perché narrata da Omero nelle sue due opere più importanti: l’Iliade, che racconta i fatti avvenuti durante l’ultimo anno di guerra, e l’Odissea, che narra la conquista della città e le avventure di Ulisse per tornare a casa, l’isola di Itaca.

Omero

Tutta la letteratura greca e latina vede Omero come modello a cui ispirarsi ma nulla si sa di certo circa la sua vita. A partire dalla seconda metà del Seicento si iniziò a dubitare della sua esistenza e nacque la cosiddetta “questione omerica“. Erodoto e Plutarco scrissero la sua biografia ma secondo la tradizione esisterebbero almeno 7 versioni di essa, quasi tutte diverse.

Omero
Omero e la cecità: nell’immagine un dettaglio del quadro “Omero e la Sua Guida“, del pittore francese William-Adolphe Bouguereau (1825–1905).

L’etimologia del nome risalirebbe al greco ὁ μὴ ὁρῶν (o mè oròn) “colui che non vede“; la cecità era infatti una delle caratteristiche delle divinità e simbolo di profonda saggezza. Altre possibilità sono offerte dall’etimologia ὀμηρεῖν (“omerèin”) “incontrarsi“, che starebbe ad indicare dei circoli di cultura detti omerici che nelle loro riunioni leggevano i canti delle opere.

Anche letterati e filosofi italiani come Giambattista Vico si occuparono della questione della paternità delle opere omeriche. Egli infatti affermava che Omero non fu un poeta vero e proprio, ma rappresentò la personificazione della facoltà poetica del popolo greco. Qualunque sia la verità, Omero resta la figura più importante della letteratura occidentale.

La guerra di Troia: le cause del conflitto

Secondo l’Iliade la guerra di Troia cominciò a causa del rapimento di Elena, donna bellissima e moglie di Menelao, (re di Lacedemone, futura Sparta) da parte di Paride, figlio di Priamo il re di Troia.

Non erano rari nell’antichità i casi di rapimenti di donne, basti pensare a Medea, Ifigenia e tante altre che soccombevano senza potersi ribellare. Elena era ritenuta a quel tempo la donna più bella del mondo e Paride se ne invaghì perdutamente rischiando tutto pur di averla con sé. Menelao però radunò un esercito insieme al fratello Agamennone per andare a Troia a riprendersi la sua sposa e saccheggiare le terre nemiche.

Secondo la mitologia però la storia del conflitto comincia molto prima, precisamente al matrimonio tra Peleo e Teti. Tutte le dee furono invitate eccetto Eris, la dea della discordia che per vendicarsi gettò al centro del banchetto una mela d’oro con su scritto “alla più bella”.

Così Afrodite, Era e Atena cominciarono a litigare per stabilire a chi dovesse spettare questo premio. Zeus per evitare di scegliere e alimentare la polemica decise che sarebbe toccato al giovane Paride, principe troiano ignaro della sua discendenza reale, prendere l’incresciosa decisione. Egli però non seppe dare un giudizio quindi le dee gli offrirono un dono ciascuno per convincerlo: Era il potere politico, Atena la saggezza e Afrodite l’amore della donna più bella del mondo, Elena di Sparta. Egli allora scelse Afrodite, scatenando le ire delle altre due.

Elena era figlia di Tindaro e Leda, originaria di Lacedemone, la futura Sparta. Famosa da sempre per la sua bellezza, quando fu in età da marito il padre si trovò difronte a così tanti pretendenti da non sapere quale scegliere per non offendere gli altri. Forse fu lei stessa a scegliere il marito o forse lo fece per lei suo padre, tant’è che si decise di farle sposare Menelao, che ereditò anche il trono di Sparta.

Durante un periodo di assenza del marito, giunse a Sparta Paride in missione e, sotto l’influsso di Afrodite, riuscì a sedurre Elena e a portarla a Troia. Menelao, scoperto il rapimento, decise di radunare una flotta di navi greche per partire alla conquista della città e riprendersi la moglie. Cominciò così ufficialmente il conflitto che perdurò per circa 9 anni.

Troy (film)
Tra i film di epoca moderna più riusciti sulle vicende della Guerra di Troia, ricordiamo “Troy” (2004, di Wolfgang Petersen). Nel film Brad Pitt è Achille, Eric Bana è Ettore e Orlando Bloom è Paride.

Gli eroi e i protagonisti

Molti furono gli eroi che si contraddistinsero nel conflitto, che si svolse con esiti alterni per 9 lunghi anni. Ulisse e Achille da parte greca, Paride, Ettore, Enea da parte troiana furono solo alcuni dei più importanti e valorosi guerrieri.

Achille fece strage di troiani e gli dei si infuriarono per questo decisero che dovesse arrivare anche il suo turno. Fu ucciso da una freccia scagliata da Paride ma guidata da Apollo che lo andò a colpire proprio nel suo unico punto debole, il tallone. Dopo la sua morte ci fu una contesa per stabilire chi dovesse ereditare le sue armi tra Aiace ed Ulisse.

Si decise per quest’ultimo ed il giovane Aiace impazzì per la sconfitta, decidendo poi di suicidarsi. Ettore, uno dei più valorosi combattenti troiani e figlio di Priamo re di Troia, venne ucciso in un conflitto a tu per tu con Achille, che dopo la morte ne profanò il corpo. Paride, altro figlio di Priamo, affrontò Menelao in un duello e uccise Achille scoccando la freccia. Enea, figlio di Anchise e di Afrodite, si distinse per il valore in battaglia e riuscì a scappare dalle rovine di Troia, diventando così il protagonista dell’Eneide di Virgilio che narra le vicende del suo peregrinare nel Mediterraneo e della fondazione di Roma.

Ulisse fu l’eroe più astuto della guerra troiana, a lui infatti si deve l’invenzione dell’espediente del cavallo di Troia per riuscire a penetrare nelle mura della città ed espugnarla definitivamente. I Greci infatti, nel corso dell’ultimo periodo del conflitto, fecero credere ai Troiani che erano salpati verso casa.

Avevano però lasciato sulla spiaggia un cavallo di legno nel quale avevano nascosto 40 tra gli uomini più valorosi dell’esercito. I Troiani, credendo si trattasse di un segno degli dei, fecero entrare il cavallo in città e si diedero ai banchetti per festeggiare la fine della guerra. Durante la notte dal ventre del cavallo uscirono così gli uomini che misero a ferro e fuoco la città e sfondarono le mura.

Troia venne distrutta e l’esercito acheo si diede a rapine e ai saccheggi. La fine della guerra quindi venne decretata dall’ astuzia di Ulisse, che seppe sfruttare la semplicità d’animo dei Troiani a proprio vantaggio.

La conclusione

I Greci tentarono di tornare a casa ma incontrarono l’opposizione degli dei. Questi ultimi infatti si erano molto adirati per le violenze commesse dai guerrieri in città e soprattutto per la profanazione dei templi. Nessuno quindi riuscì facilmente a tornare nella terra d’origine. Basti pensare alla storia di Ulisse, narrata nell’Odissea, che vagabondò per dieci anni nel mare prima di toccare di nuovo le sponde della sua Itaca.

Menelao giunse prima a Creta e poi in Egitto, dal quale non riuscì a ripartire a causa dell’assenza di vento favorevole. Nestore fu l’unico che ebbe un ritorno rapido ed indolore perché premiato dagli dei per la sua buona condotta sul campo di battaglia, nel rispetto dei valori tradizionali.

La verità storica su Troia

Quanto ci sia di vero in questa storia certo probabilmente non lo sapremo mai. Nel 1870 l’archeologo Heinrich Schliemann scoprì proprio la città di Troia in Asia minore e quella di Micene in Grecia. Egli nei suoi scavi trovò ben 9 strati sepolti, e il settimo probabilmente corrispondeva proprio al periodo della guerra di Troia (1220 a.C.).

Foto di Heinrich Schliemann
Una foto dell’archeologo tedesco Heinrich Schliemann (1822-1890)

La città era  un importante polo commerciale del tempo, cinta da mura  e venne poi distrutta da un terremoto che la rase al suolo. Da qui nasce forse la leggenda del cavallo, che era il simbolo di Poseidone, dio dei terremoti. Gli storici che indagano sulla questione si dividono: secondo alcuni ci fu sicuramente un conflitto tra la Grecia e Troia.

Secondo altri si tratta solo di leggende miste alla poesia omerica. Gli storici greci antichi come Tucidide affermarono che sicuramente ci fu un conflitto ma i Greci stessi gli diedero un’importanza troppo grande a causa del loro forte nazionalismo. Il mistero è sempre più oscuro ma chissà che un giorno la verità non verrà finalmente a galla o forse il bello della storia è proprio quello di credere a queste leggende, nonostante tutto.

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Ulisse, di James Joyce: analisi e riassunto https://cultura.biografieonline.it/riassunto-ulisse-joyce/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-ulisse-joyce/#comments Tue, 06 May 2014 17:12:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10753 Nel 1922 viene pubblicato il capolavoro dello scrittore James Joyce, intitolato “Ulisse” (titolo originale “Ulysses“). Il romanzo – di cui trovate di seguito una breve analisi e riassunto – narra le vicende di un uomo moderno alle prese con i problemi e le vicissitudini quotidiane, non il destino di un eroe.

Ulisse, di James Joyce (1922)
James Joyce, Ulisse (Ulysses, 1922)

Si tratta di un’odissea che racconta in modo minuzioso la realtà di ogni giorno, stravolgendo il canone epico della tradizione. Per raccontare il dramma del moderno Ulisse, l’autore utilizza una prospettiva realistica, descrivendo in modo minuzioso il caotico paesaggio dublinese e i mille personaggi che si ispirano a figure realmente esistite.

Ulisse, di James Joyce: analisi

James Joyce utilizza la tecnica del flusso di coscienza, già utilizzato dalla scrittrice Virginia Woolf, per dare voce ai suoi personaggi e ai loro pensieri più profondi. È proprio il disordinato fluire dei pensieri dei protagonisti, che saltano da un ricordo o un pensiero ad un altro, senza logica, senza rispetto delle regole temporali, a rendere interessante ma anche complessa la trama. Perfino la punteggiatura è soggetta al libero accavallarsi e susseguirsi dei pensieri. I personaggi del romanzo di James Joyce, come Stephen Dedalus, assomigliano in qualche modo a quelli dell’Odissea di Omero.

(Stephen Dedalus è anche il protagonista di un’altra celebre opera di Joyce: “Ritratto dell’artista da giovane“.

Stephen assomiglia alla figura di Telemaco, il figlio di Ulisse; Leopold Bloom, si identifica con Ulisse stesso e sua moglie, Molly, ci riporta alla figura di Penelope. Il lettore viene attratto dalle figure e dalle vicende vissute di tutti i personaggi ma soprattutto viene colpito dalla figura di Leopold, agente pubblicitario di origini ebree che girovaga per la città di Dublino, proprio come il leggendario Ulisse vagava per il Mediterraneo. Il lettore ne segue le vicende e si avvicina a questo uomo moderno che vive le sue numerose peregrinazioni quotidiane. Si passa così dalla figura dell’eroe greco antico, coraggioso e mai domo, a quella dell’eroe moderno, prevalentemente un inetto con il suo Io frammentato, confuso, debole ed irrisolto.

Il romanzo è caratterizzato da ben diciotto episodi divisi in tre sezioni: la prima denominata Telemachia, che riguarda le avventure di Stephen-Telemaco; la seconda sezione riguarda le avventure di Ulisse, ossia di Leopold Bloom e nella terza si descrive il ritorno del personaggio principale Bloom, che ritorna alla sua normale quotidianità, come fece Ulisse intraprendendo il suo Nostos, verso Itaca. L’autore nel suo libro si evidenzia come un Omero dei tempi moderni, stravolgendo la struttura classica del poema greco. Il suo eroe, Bloom, è in effetti un antieroe; il suo viaggio nella vita non porta né ad alcuna meta né ad alcun risultato. Il suo percorso è segnato da continui insuccessi e sconfitte. Tra di essi, per esempio, la mancata sintonia con il giovane Stephen ed il tradimento subito da parte di sua moglie Molly.

Ulisse - James Joyce

Riassunto

Il romanzo è ambientato a Dublino, in Irlanda. Vengono narrate le vicissitudini di tre personaggi: Leopold Bloom, la moglie Molly ed il giovane Stephen Dedalus (una sorta di figlio spirituale di Bloom). Nei primi episodi del romanzo, vengono narrate le giornate di Stephen, un giovane letterato in crisi che viene identificato come il figlio spirituale di Leopold Bloom. Alle vicende di vita quotidiana di Stephen, si affiancano quelle di Leopold Bloom, un impiegato che lavora come procacciatore di pubblicità. Nel romanzo, viene analizzata la giornata di Bloom: il suo risveglio, gli appuntamenti della giornata più o meno piacevoli, la partecipazione al funerale di un amico, la sua mattina in ufficio e l’evolversi degli impegni della sua agenda. Man mano che passano le ore, Bloom incontra diversi personaggi, che diventano descrizioni singole facenti riferimento ai personaggi classici dell’Odissea di Omero, per l’autore. I cammini dei due personaggi, Leopold e Stephen, si sfiorano sovente ma non vengono mai in contatto.

Arriva il pomeriggio e Bloom riprende il suo girovagare per Dublino, tra negozi, persone e monumenti, mantenendo questo suo incedere disattento e svogliato. D’altro canto, Stephen, che si trova presso la Biblioteca Nazionale, intavola un’animata discussione su William Shakespeare. Poi i due finalmente si incontrano durante una visita ad una sua amica comune, Mina Purefoy, che ha da poco dato alla luce il suo bambino. Da lì, Leopold, Stephen ed i suoi amici partono alla volta di un pub. Dopo aver bevuto, la comitiva si dirige verso uno dei quartieri malfamati di Dublino per recarsi in un bordello, dove il giovane Stephen, visto il suo stato di ubriachezza, fomenta una rissa. Qui interviene Leopold che si adopera per cercare di difendere l’immagine e la reputazione dell’amico, convincendolo a seguirlo a casa sua. Qui i due iniziano una lunga conversazione che tratta delle diverse vicissitudini che i due hanno vissuto nella loro vita fino a quel momento.

Foto di James Joyce
L’autore James Joyce

Finale

Stephen illustra a Leopold i suoi progetti letterari per il futuro, il tempo passa e Leopold invita Stephen a fermarsi a dormire da lui ma il giovane rifiuta e decide di andarsene. A questo punto Mr. Bloom, ripensa a tutto l’evolversi della giornata passata e, stanco, decide di recarsi a dormire. Arriva in camera da letto. Il libro si chiude con la moglie di Leopold, Molly, che nel dormiveglia sussurra degli episodi della sua vita.

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