Gloria Scott, Autore presso Cultura https://cultura.biografieonline.it/author/gloria-scott/ Canale del sito Biografieonline.it Fri, 26 Apr 2024 15:46:52 +0000 it-IT hourly 1 Canta che ti passa: da dove deriva il modo di dire? https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-canta-che-ti-passa/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-canta-che-ti-passa/#respond Fri, 26 Apr 2024 15:05:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1740 Il modo di dire “canta che ti passa” pare che derivi da un incisione fatta su una trincea durante la Prima Guerra Mondiale da un soldato sconosciuto.

Piero Jahier

Piero Jahier, scrittore e poeta italiano nato nel 1884 e arruolato nel 1916 come volontario negli Alpini con il grado di sottotenente, lo cita nell’epigrafe della sua raccolta di Canti di soldato pubblicata nel 1919, che si ispira al periodo passato in trincea.

Nella raccolta, firmata con lo pseudonimo di Pietro Barba, Jahier parla del “buon consiglio che un fante compagno aveva graffiato nella parete della dolina: canta che ti passa”. Un modo di dire ai giorni nostri molto diffuso per invitare a superare con il canto le preoccupazioni che la vita quotidianamente presenta.

Tra l’altro è noto che nel Corpo militare degli Alpini vi sia una lunga tradizione di canti.

Il canto nell’antichità

La forza del canto è nota sin dall’antichità: Orfeo, figura della mitologia greca, con il suono della sua lira e del suo canto, ammansiva le bestie feroci, dava vita alle rocce e agli elementi della natura, resisteva alla forza seduttrice delle sirene.

Canta che ti passa
Incisione dell’artista Virgilius Solis raffigurante Orfeo – 16° secolo

Anche un verso del poeta e scrittore italiano Francesco Petrarca cita:

Perché cantando il duol si disacerba
(Canzoniere, XXIII, 4)

Cosa dice la scienza

Oggi, la scienza conferma quanto già intuito in passato: il canto ha effetti positivi sul corpo e sulla mente.

Riduce lo stress, l’ansia e la tensione, abbassa la pressione sanguigna e rinforza il sistema immunitario.

Inoltre, stimola la produzione di endorfine, le “molecole della felicità”, migliorando l’umore e il senso di benessere.

cantare in cucina - canta che ti passa

Quindi, la prossima volta che ti senti giù, prova a cantare! Potresti sorprenderti di quanto ti faccia bene.

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Perché si dice: “Carpe Diem”? https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-carpe-diem/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-carpe-diem/#comments Thu, 25 Apr 2024 19:44:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2310 Carpe diem” è una locuzione tratta dalle Odi del poeta latino Quinto Orazio Flacco, noto comunemente come Orazio (Odi I, 11, 8). Letteralmente “Cogli il giorno” ma tradotta generalmente con “Cogli l’attimo”, oltre ad essere una delle più celebri citazioni latine, è anche una delle filosofie di vita più conosciute nella storia.

Quinto Orazio Flacco
Quinto Orazio Flacco

Il verso di Orazio

Il verso oraziano completo cita:

Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero

tradotto:

Mentre parliamo il tempo invidioso sarà già fuggito. Cogli il giorno, confidando il meno possibile nel domani”.

Una filosofia in due parole

Questa filosofia si basa sul fondamento che all’uomo non è concesso di conoscere il futuro, né di predeterminarlo. Potendo agire solo sul presente, l’uomo deve concentrarsi sull’oggi, cogliendo le opportunità e le gioie di ogni giorno, senza essere condizionato da pensieri verso il futuro.

Questo pensiero è stato egregiamente proposto nel film del 1989, “L’attimo fuggente”, interpretato da Robin Williams.

È un invito a vivere il presente con intensità e ad apprezzare ciò che si ha, perché il futuro è incerto e il tempo passa inesorabilmente.

Il concetto espresso da “carpe diem” non si limita a un semplice invito all’edonismo o alla spensieratezza.

Si tratta piuttosto, come dicevamo, di una filosofia di vita che ci incoraggia a vivere ogni giorno al massimo delle nostre possibilità, perseguendo i nostri sogni e obiettivi senza lasciarci sopraffare dai timori o dalle incertezze del futuro.

Carpe Diem
Carpe Diem

Perché “carpe diem” è ancora oggi un motto attuale

  • Ci ricorda la brevità della vita
    Il tempo è un bene prezioso e non rinnovabile, e dobbiamo imparare ad apprezzarlo al meglio. Non possiamo tornare indietro nel passato e non possiamo sapere cosa ci riserva il futuro, quindi è importante vivere il presente con intensità.
  • Ci incoraggia a non rimandare
    Spesso tendiamo a rimandare le cose che ci piacerebbe fare o che sappiamo di dover fare, per paura o per pigrizia. Ma rimandare non fa che peggiorare le cose e ci fa perdere tempo prezioso. “Carpe diem” ci spinge ad agire e a non sprecare le nostre occasioni.
  • Aiuta a concentrarci sul positivo
    La vita è piena di sfide e difficoltà, ma è importante non perdersi d’animo e concentrarsi sugli aspetti positivi. “Carpe diem” ci ricorda che ci sono sempre motivi per essere felici e grati, anche nei momenti più bui.
  • Ci incoraggia a vivere con autenticità
    Non dovremmo vivere la nostra vita cercando di accontentare gli altri o di conformarci alle aspettative sociali. “Carpe diem” ci spinge ad essere fedeli a noi stessi e a vivere la nostra vita in modo autentico.

In definitiva, “carpe diem” è un invito a vivere la vita al massimo e a non sprecare neanche un attimo.

È un messaggio di speranza e di positività che può aiutarci a superare le difficoltà e a raggiungere i nostri obiettivi.

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Mayday: perché per segnalare un’avaria si usa questa parola https://cultura.biografieonline.it/mayday/ https://cultura.biografieonline.it/mayday/#comments Wed, 27 Mar 2024 07:49:28 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=684 La parola Mayday non ha nulla a che vedere con la traduzione di Primo Maggio, Festa dei Lavoratori che si festeggia nella maggior parte dei paesi del mondo. Il segnale internazionale di richiesta di aiuto deriva dal francese venez m’aider!” (venite ad aiutarmi).

Mayday
Mayday Mayday

L’utilizzo di questo termine è attribuito a Frederick Stanley Mockford, addetto alle comunicazioni radio impiegato nell’aeroporto di Croydon (Londra) che nel 1923 riceve l’incarico di trovare una parola facile e riconoscibile da ogni nazione, da utilizzare in caso di richiesta d’aiuto.

In quegli anni la maggior parte del traffico aereo avviene tra Croydon e l’aeroporto parigino Le Bourget; propone quindi l’espressione mayday che è una deformazione anglofona dell’espressione francese “m’aider”.

Tale espressione è ufficialmente utilizzata dal 1927.

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L’anno bisestile: storie e curiosità https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/ https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/#comments Thu, 29 Feb 2024 07:44:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16106 L’anno bisestile è quello composto di 366 giorni, anziché i soliti 365. Nella riforma giuliana del calendario, poi mantenuta in quella gregoriana, il mese a cui viene aggiunto il giorno in più è febbraio, che negli anni bisestili avrà quindi 29 giorni. È bisestile un anno ogni quattro, esclusi però gli anni secolari (divisibili per 100) il cui numero non sia divisibile per 400: il 1600 fu bisestile, il 1700, il 1800 e il 1900 no, il 2000 sì.

anno bisestile
Il 29 febbraio è il 60° giorno del calendario negli anni bisestili

Etimologia del termine

Il termine bisestile deriva dal latino tardo bisextus, ovvero “due volte sesto”, secondo l’uso romano di contare due volte, negli anni bisestili, il 6° giorno antecedente le calende di marzo, cioè il 24 febbraio. Doppio giorno sesto, ovvero bisesto. Più avanti, quando si incominciò a contare i giorni del mese partendo dal primo e continuando con i numeri successivi, il giorno “bis sexto” di febbraio divenne il 29.

Storia dell’anno bisestile

Nel 46 a. C. Giulio Cesare, seguendo le indicazioni dell’astronomo alessandrino Sosigene, introdusse il calendario giuliano, con l’anno composto da 365 giorni e, ogni quattro anni, un anno di 366 giorni. Questo per riuscire a recuperare le ore di scarto rispetto all’anno solare, che dura 365 giorni e 6 ore circa. Infatti, per ragioni pratiche, l’anno del calendario è composto da un numero intero di giorni.

L’aggiunta di un giorno agli anni bisestili serve appunto per sincronizzare il calendario con l’anno solare. Se il calendario non andasse di pari passo con l’anno solare, si avrebbe, nel corso degli anni, uno spostamento delle stagioni nell’arco dell’anno. L’equinozio d’autunno, per esempio, potrebbe slittare, con il passare del tempo, da settembre a ottobre, poi a novembre e così via.

Questo accorgimento introdotto da Giulio Cesare non riuscì però a far procedere di pari passo il calendario con l’anno solare. Nel 1582, papa Gregorio XIII introdusse il calendario gregoriano, quello che usiamo tuttora.

Con questa riforma, stabilì che gli anni bisestili fossero tutti gli anni non terminanti con due zeri e divisibili per 4, e quelli terminanti con due zeri, ma divisibili per 400. In altre parole, gli anni bisestili sono quelli divisibili per 4, eccetto gli anni secolari che sono bisestili solo se divisibili per 400 (come anticipato all’inizio dell’articolo).

gregorio XIII e la riforma del calendario
La tavola della biccherna, n. 72. Archivio di Stato Siena. Tempera su tavola, cm 52,4 × 67,8. Il dipinto, di autore sconosciuto, rappresenta Gregorio XIII che presiede la commissione per la riforma del calendario

Calcolo degli anni bisestili

Per determinare se un anno è bisestile, bisogna procedere con questo semplice calcolo: controllare che l’anno sia interamente divisibile per 4; se così non fosse, l’anno non è bisestile.

  • Se è divisibile per 4, verificare che sia interamente divisibile per 100: se l’anno è divisibile per 4 ma non per 100, è un anno bisestile.
  • Se invece è divisibile sia per 4 che per 100 (come per esempio il 2000), bisogna verificare che sia interamente divisibile per 400.
  • Quando l’anno è divisibile per 4 e per 100, ma non per 400, non si tratta di un anno bisestile.
  • Se è divisibile anche per 400, è un anno bisestile.

Anno bisesto anno funesto?

A tutti è capitato di pronunciare il proverbio “Anno bisesto, anno funesto“. Ovviamente, le avversità non si verificano soltanto negli anni bisestili. La cattiva reputazione degli anni bisestili, deriva probabilmente dal fatto che febbraio era per antichi romani il mese dei morti, il Mensis Feralis, dedicato a riti per i defunti e a cerimonie di purificazione.

A febbraio si celebravano le Terminalia, dedicate a Termine, dio dei Confini, e le Equirie, gare di corsa di cavalli che trainavano carri; l’arena in cui si svolgevano queste ultime simboleggiava la Terra, i sette giri compiuti dai cavalli rappresentavano le orbite percorse dai sette pianeti antichi e le dodici porte delle rimesse rappresentavano le costellazioni dello Zodiaco. Quindi, un rito di rappresentazione astronomica, simbolo della conclusione di un ciclo cosmico e quindi simbolo di morte e di fine.

Un altra motivazione per la quale l’anno bisestile è visto come portatore di sventure è di natura psicologica e superstiziosa: poiché le cose anomale o poco frequenti sono a volte percepite come diverse e strane, possono causare paure immotivate e irrazionali, come accadde in passato, per esempio, con le eclissi.

Secondo una antica leggenda irlandese, l’unico giorno in cui una donna avrebbe la possibilità di chiedere in sposo l’uomo dei propri sogni è il 29 febbraio, il cosiddetto Leap Day.

Se la proposta veniva rifiutata, l’uomo era tenuto a comprare alla donna 12 paia di guanti, in modo che potesse nascondere il disagio di non aver ricevuto un anello di fidanzamento. Questa bizzarra tradizione ha ispirato perfino il film “Una proposta per dire sì”, del regista Anand Tucker, interpretato da Matthew Goode ed Amy Adams.

Leap Year film
Locandina del film “Una proposta per dire sì”

Curiosità giornalistiche

Dal 1980, in Francia, solo il 29 febbraio, esce in edicola il periodico umoristico “La Bougie du Sapeur” (La candela del pompiere), con una tiratura di 200.000 copie.

Notizie del giorno: riassunto degli ultimi quattro anni!

Se scrivete alla posta dei lettori avrete risposta dopo quattro anni; stesso tempo bisognerà aspettare per sapere la soluzione di sudoku e parole crociate.

30 febbraio

Nel corso della storia, sono esistiti casi isolati di calendari che hanno adottato la data del 30 febbraio.

In Svezia, nel 1712, il re Carlo XII decise di eliminare gli anni bisestili, dal 1700 fino al 1740, per far coincidere il calendario giuliano con quello gregoriano. Ma, ahimè, dimenticò di promulgare i relativi editti.

Per rimediare, tralasciò la decisione presa ritornando al calendario giuliano e, per recuperare il giorno saltato nel 1700, stabilì che venisse aggiunto, al febbraio 1712, bisestile, un “secondo giorno bisestile”.

Il calendario svedese ebbe così, nel 1712, un febbraio con 30 giorni.

Febbraio 1712 Svezia
Il mese di febbraio 1712 in un almanacco svedese: si nota la data del 30 febbraio

Il 1° ottobre 1929 l’Unione Sovietica iniziò ad utilizzare il “calendario rivoluzionario sovietico“, nel quale ogni mese aveva 30 giorni; i rimanenti 5 o 6 giorni erano considerate “feste senza mese”. Per esempio, dopo il 30 gennaio, veniva inserita una giornata chiamata la “festa di Lenin”, per poi passare al 1° febbraio. Quindi, nel 1930 e nel 1931 ci fu un 30 febbraio. Nel 1932, venne reintrodotto il vecchio calendario.

Nati il 29 febbraio

Rimandiamo alla lettura di una pagina di questo sito per scoprire i personaggi famosi nati il 29 febbraio. Festeggiare il compleanno ogni 4 anni li aiuterà a rimanere più giovani?

29 febbraio

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Valentina: la prima donna nello spazio https://cultura.biografieonline.it/la-prima-donna-nello-spazio/ https://cultura.biografieonline.it/la-prima-donna-nello-spazio/#comments Sat, 03 Feb 2024 10:33:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1088 La prima donna ad essere stata lanciata nello spazio è la russa Valentina Tereshkova. Il seguente articolo racconta un po’ della sua vita, di quanto fosse grande la sua passione per il volo, ma soprattutto dell’importanza dell’evento che l’ha portata in orbita il giorno 16 giugno dell’anno 1963.

Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova, la prima donna nello spazio
Valentina Tereshkova

Programma Vostok

Programma Vostok è il nome del progetto sovietico di missioni spaziali che porta per la prima volta nella storia un essere umano nello spazio: il 12 aprile 1961 Jurij Gagarin è il primo uomo ad orbitare intorno alla Terra a bordo della capsula Vostok 1. Poco dopo questo storico successo, viene lanciata l’idea di un progetto per l’addestramento di donne cosmonauta (termine sovietico per indicare astronauta).

Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova, prima donna nello spazio

Essendo esiguo il numero di donne pilota, si decide di estendere la ricerca delle candidate prendendo in considerazione anche le paracadutiste. Il 16 febbraio 1962 viene reso noto l’elenco ufficiale delle cinque donne russe scelte per formare il “gruppo donne cosmonauta” e tra loro compare Valentina Tereshkova, appassionata paracadutista e ammiratrice di Jurij Gagarin.

Valentina Tereshkova, prima donna nello spazio

Nata il 6 marzo 1937 a Maslennikowo, cittadina della Russia sul fiume Volga, da giovane lavora in una fabbrica produttrice di pneumatici e successivamente in una produttrice di fili, come sarta e stiratrice.

Consegue il diploma tecnico nel 1960 e il suo sogno si avvera nel 1962 quando riesce a superare l’esame per l’accesso al programma di addestramento per aspiranti cosmonauti. Successivamente al volo della Vostok 1, sono lanciate nello spazio anche la Vostok 2, 3, 4 e 5.

Intanto, delle cinque candidate del “gruppo donne cosmonauta”, una non supera l’esame teorico per l’addestramento, una rinuncia per motivi di salute, due vengono nominate riserve; il 4 giugno 1963 viene nominata ufficialmente Valentina Tereshkova, all’epoca 26enne, quale equipaggio per la missione Vostok 6.

Il lancio della Vostok 6

Il Cosmodromo di Baikonur è la base di lancio più datata ed utilizzata al mondo e pur trovandosi in Kazakistan è sotto l’amministrazione russa; da qui, il 16 giugno 1963, alle ore 12.29 di Mosca, viene lanciata la missione Vostok 6 con a bordo Valentina Tereshkova.

Raggiunta la traiettoria dell’orbita terrestre, riesce ad avvicinarsi alla Vostok 5 (già in orbita, lanciata due giorni prima) fino a 5 km circa ed a mantenere con essa il diretto contatto radio per l’intero primo giorno di missione. Nome in codice della Tereshkova per i collegamenti radio: Čajka, cioè “gabbiano“.

Le capsule Vostok non possono modificare la propria traiettoria di volo, quindi questo “incontro spaziale” è programmato prima del lancio con precisi calcoli.

La cosmonauta riesce a scattare diverse fotografie della Terra e registrare alcuni filmati, durante le 49 orbite terrestri effettuate.

Dopo quasi tre giorni di missione spaziale, il 19 giugno 1963 la Vostok 6 atterra alle ore 8.20 GMT a circa 620 Km a nord-est di Karaganda, in Kazakistan.

La prima donna a volare nello spazio si catapulta dall’abitacolo della capsula attraverso un seggiolino eiettabile ed atterra appesa ad un paracadute.

Valentina TereshkovaQuesta impresa spaziale dà alla Tereshkova grande popolarità: nel 1963 le viene dedicato un francobollo ed una linea di strumentazione fotografica viene chiamata Čajka in onore del nomignolo con cui è nota.

A novembre del 1963 sposa Andrijan Grigor’evič Nikolaev, terzo uomo nello spazio nella missione Vostok 3, da cui divorzia nel 1982, per poi sposarsi con Jurij Šapošnikov, del quale rimane vedova nel 1999.

Onorificenze

La prima donna nello spazio, riceve varie onorificenze tra cui il titolo di Pilota-cosmonauta dell’Unione Sovietica, Eroe dell’Unione Sovietica, Ordine di Lenin, Ordine della Rivoluzione d’Ottobre, Medaglia “Stella d’oro”, Medaglia d’oro Joliot-Curie, World Connection Award consegnato ad Amburgo nell’anno 2004 dal premio nobel per la pace Mikhail Gorbaciov. Una valle lunare viene nominata in suo onore “valle Tereshkova”.

Retroscena della missione

All’età di 70 anni, nel 2007, rilascia un intervista, nella quale racconta per la prima volta alcuni retroscena che hanno caratterizzato lo storico volo, fino ad allora rimasti ignoti.

Con la mente all’evento storico, racconta come i problemi siano sopraggiunti dopo 30 giri orbitali intorno alla Terra, quando i tecnici si sono accorti di un grave errore: la navicella, ad ogni orbita effettuata, non si avvicina alla Terra ma bensì se ne allontana.

Una volta uscita dall’attrazione della gravità terrestre il suo destino sarebbe stato quello di perdersi verso l’infinito. I tecnici prontamente correggono ed impostano i nuovi calcoli per evitare questo disastro.

Preoccupanti problemi vive anche all’interno della navicella in quanto per tutte le 70 ore e 50 minuti del volo rimane legata al sedile, con il pesante malessere causato dall’assenza di peso, con insopportabili dolori alle gambe, nausea e costrizione causata dalla tuta e dal casco sempre indosso.

Valentina Tereshkova
Una foto di Valentina Tereshkova in anni recenti

Inoltre, una volta raggiunto il suolo terrestre, sbatte il viso contro il casco provocandosi lividi e la quasi perdita di coscienza. Viene portata immediatamente all’ospedale. Una volta ripresa e guarita dai traumi, viene riportata nella zona di atterraggio per rifare le fotografie e le riprese, senza ferite e in un clima di maggior tranquillità.

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I giorni della merla https://cultura.biografieonline.it/merla-giorni/ https://cultura.biografieonline.it/merla-giorni/#comments Mon, 29 Jan 2024 05:03:59 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5863 La leggenda dei Giorni della Merla

I Giorni della Merla sono tradizionalmente riconosciuti come gli ultimi tre giorni del mese di gennaio, 29, 30 e 31. Secondo la leggenda, sono i giorni più freddi dell’anno.

Si racconta che una merla dalle piume di un bianco candido come la neve, era stanca di essere perseguitata dal grande gelo del mese di gennaio. Allora gennaio aveva soltanto 28 giorni. Decise così, astutamente, di fare provviste per l’intero mese, per poi rifugiarsi al riparo nel suo nido.

Un merlo maschio
I giorni della Merla

Il 28 gennaio, la merla uscì ed iniziò a fischiare allegramente burlandosi di gennaio che, offeso, chiese a febbraio tre giorni, il 29, 30 e 31, durante i quali imperversò il freddo più gelido.

La merla fu costretta a trovar rifugio in un comignolo e, una volta uscita, il 1° febbraio, scoprì che il colore delle sue piume era cambiato, diventando nero a causa della fuliggine.

Per questo motivo, narra la tradizione, da allora i merli sono neri.

La credenza popolare

Sempre secondo le tradizioni e le credenze popolari che coinvolgono le previsioni meteorologiche, se i giorni della merla sono freddi, la primavera che si appresta ad arrivare sarà molto bella; se al contrario sono caldi, la primavera tarderà ad arrivare.

Detto popolare relativo ai giorni della merla
Detto popolare relativo ai giorni della merla: “Se sono freddi, la Primavera sarà bella. Se sono caldi, la Primavera arriverà tardi.”

In provincia di Cremona

Nella regione lombarda, in provincia di Cremona c’è una tradizione: si ripropongono i canti popolari della merla proprio nei giorni di fine gennaio per rivivere l’antica atmosfera contadina.

In tanti territori comunali si è soliti riunirsi vicino a un falò oppure sul sagrato di una chiesa, o ancora in riva al fiume.

Tutti insieme si intonano i canti, si degusta vino e si assaggiano cibi tradizionali.

Chi vuole può vestire abiti contadini: le donne usano gonna e scialle, gli uomini invece tabarro e cappello.

I testi delle canzoni popolari possono differire da un paese all’altro, tuttavia i temi che ricorrono sono quelli dell’inverno e dell’amore.

Versioni differenti della leggenda dei giorni della merla

Se conoscete versioni diverse di questa leggenda segnalatecelo nei commenti. Oppure scriveteci.

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Ragù: da dove deriva il termine? https://cultura.biografieonline.it/da-dove-deriva-il-termine-ragu/ https://cultura.biografieonline.it/da-dove-deriva-il-termine-ragu/#comments Mon, 18 Dec 2023 09:48:05 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5153 Cos’è il ragù

Il ragù è un condimento a base di carne a cui si aggiungono vari ingredienti nella preparazione. Saporito e profumato, è il condimento per eccellenza ed è utilizzato principalmente per condire la pasta e le lasagne al forno. Numerose sono le ricette di ragù, preparate secondo le tradizioni dei vari luoghi.

Ragù
Ragù alla bolognese

Etimologia della parola

Il termine ragù deriva dal francese ragôut, derivante a sua volta dal verbo ragôuter, che in italiano può essere tradotto con “dare più gusto a qualcosa” oppure “risvegliare l’appetito”. Ragôut indicava lo stufato di carne che veniva cucinato come secondo piatto e successivamente utilizzato come condimento da spalmare sulle fette di pane. Più tardi, divenne il condimento per la pasta.

Ragù napoletano
Ragù alla napoletana

A Bologna e a Napoli

Vi sono due tipologie: il ragù di carne tritata e quello con carne intera. Del primo tipo fa parte il ragù alla bolognese, servito con tagliatelle all’uovo o come condimento di lasagne al forno, abbinato alla besciamella. Del secondo tipo fa parte il ragù alla napoletana, cucinato con diversi tipi di carne in grossi pezzi, insaporiti con vari ingredienti, cotti per lungo tempo con salsa di pomodoro.

Entrambi sono inclusi nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.)

Eduardo De Filippo e il ragù

A dimostrazione dell’importanza culturale del ragù in Italia e nella tradizione napoletana in particolare, riportiamo due brani da opere di Eduardo De Filippo.

Dalla celebre opera Sabatodomenica e lunedì, commedia in tre atti scritta e interpretata dallo stesso De Filippo nel 1959:

Rosa – Adesso mi vuoi insegnare come si fa il ragù? Più ce ne metti di cipolla più aromatico e sostanzioso viene il sugo. Tutto il segreto sta nel farla soffriggere a fuoco lento. Quando soffrigge lentamente, la cipolla si consuma fino a creare intorno al pezzo di carne una specie di crosta nera; via via che ci si versa sopra il quantitativo necessario di vino bianco, la crosta si scioglie e si ottiene così quella sostanza dorata e caramellosa che si amalgama con la conserva di pomodoro e si ottiene quella salsa densa e compatta che diventa di un colore palissandro scuro quando il vero ragù è riuscito alla perfezione.

La poesia ‘O rraù, di Eduardo De Filippo, tratta da “Le poesie”, introduzione di Roberto De Simone, Einaudi, Torino, 2016 – citato in Rosamaria Di Frenna, Otto pezzi facili: cibo e pasicoanalisi, Celid, Torino, 2018.

O rraù ca me piace a me
m’ ‘o ffaceva sulo mammà.
A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun songo difficultuso;
ma luvammel’ ‘a miezo st’uso.

Sì, va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avéssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’è rraù?
E io m’ ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià…
M’ ‘a faje dicere na parola?…
Chesta è carne c’ ‘a pummarola.

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Testa o croce: da dove deriva, come si dice in inglese, è veramente imparziale? https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-testa-o-croce/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-testa-o-croce/#comments Fri, 27 Oct 2023 15:11:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2011 Da dove deriva il termine testa o croce
1 lira del 1863
1 lira del 1863: faccia raffigurante “testa”
1 lira del 1863
1 lira del 1863: faccia raffigurante “croce”

Il termine testa o croce è molto comune e si utilizza quando si deve effettuare una scelta tra due possibilità, utilizzando la tecnica del lancio di una moneta.

Associando la propria scelta alla testa o alla croce, decretiamo quella ottenuta a seconda di quale faccia della moneta sarà mostrata dopo averla lanciata in aria (o averla presa al volo tra le mani).

Questa tecnica cambia il suo nome in base alle raffigurazioni presenti sulle facce delle monete utilizzate.

Il nome che attribuiamo comunemente in Italia deriva dalle monete raffiguranti il volto del re e il simbolo cristiano della croce.

Nell’antica Roma si chiamava “navis aut caput” (nave o testa), in quanto su alcune monete romane era raffigurata una nave su un lato e la testa dell’imperatore dall’altro.

Testa o croce

Come si dice testa o croce in inglese

  • In inglese “head or tail” (testa o coda), testa del monarca e coda del leone araldico;

Come si dice negli altri paesi

  • in Germania, “Kopf oder Zahl” (testa o numero), dato che su di un lato della moneta era indicato il valore della stessa;
  • in Irlanda, “heads or harps” (teste o arpe), in quanto questo strumento musicale è raffigurato sulle monete molto spesso;
  • in Brasile, “cara ou coroa” (faccia o corona);
  • in Messico “águila o sol” (aquila o sole);
  • in Russia “орёл или ре́шка” (aquila o l’altro simbolo);
  • ad Hong Kong testa o parola, dato che sulle monete il valore è scritto per esteso.

È veramente imparziale?

La logica farebbe pensare – e prevedere – che il lancio di una moneta porti al 50% di possibilità che esca Testa, e al 50% di possibilità che esca Croce.

Una ricerca del 2023 dimostra che la pratica del lancio della monetina non è imparziale.

Quando gettiamo in aria una monetina, il lato che guarda verso l’alto prima del lancio, vince nel 50,8% dei casi.

La ricerca sperimentale è stata condotta dall’università di Amsterdam, sotto la guida professor Eric-Jan Wagenmakers.

Il prof ha arruolato prima 5 studenti, che hanno compiuto 15mila lanci ciascuno, registrando i risultati. Poi ha accolto altri volontari, per un totale di 48. Questi hanno gettato in aria 46 dischi di valute diverse: i test registrati sono stati 350.757.

L’imparzialità del lancio della moneta era già stata messa in discussione e smontata matematicamente nel 2007. Allora, Persi Diaconis, Susan Holmes e Richard Montgomery della Stanford University (due matematici e uno statistico) elaborarono un loro modello.

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Galileo e il suo telescopio https://cultura.biografieonline.it/galileo-e-il-suo-telescopio/ https://cultura.biografieonline.it/galileo-e-il-suo-telescopio/#comments Fri, 20 Oct 2023 14:30:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=365 Galileo GalileiIl 21 agosto 1609 Galileo Galilei rivoluzionò il mondo dell’astronomia: presentò al governo veneziano il suo cannocchiale. Ebbe il merito del perfezionamento e del primo uso astronomico delle lenti, che furono costruite nel 1607 da occhialai olandesi.

Lenti rivoluzionarie

Per la costruzione del suo telescopio, Galileo usò le sue mani: levigò le lenti, le combinò in modo congeniale, assemblò i vari pezzi. Costruì un tubo in legno, con due lenti di vetro alle estremità, una concava e l’altra convessa, il tutto accorpato con vari accessori. Unì quindi la consapevolezza del legame tra i suoi strumenti e il metodo scientifico, alla sua eccezionale abilità nel progettarli e costruirli. Con il risultato di riuscire a moltiplicare il potere d’ingrandimento del suo telescopio da 3x (tre ingrandimenti), fino a 8x, raggiungendo poi i 20-30 ingrandimenti.

Le lenti olandesi si trasformarono a tutti gli effetti nel telescopio galileiano.

Tramite il suo genio, fu possibile quindi osservare per la prima volta il cosmo, con uno strumento ben più potente e “scientifico” dell’occhio nudo.

Diresse il suo strumento verso il cielo e la prima cosa che osservò fu la Luna, che non si rivelò liscia come si riteneva fosse fino ad allora, ma individuò le sue montagne e crateri.

Notò le regioni chiare e quelle scure, e ottenne le prime informazioni sui moti lunari. Osservò le fasi di Venere e le macchie solari, osservò Saturno ma senza distinguere gli anelli, che scambiò per rigonfiamenti del pianeta stesso, pensando quindi che fosse un pianeta “tricorporeo”.

Scoprì la costituzione stellare della Via Lattea, con i suoi ammassi di stelle e corpi celesti, individuò i quattro maggiori satelliti di Giove (Io, Europa, Ganimede, Callisto) che chiamò “satelliti medicei”, per rendere omaggio alla famiglia dei Medici.

La scoperta di questi elementi confutavano la tesi che tutti i pianeti girassero intorno alla Terra, confermando invece la teoria eliocentrica di Niccolò Copernico, a discapito di quella geocentrica di Aristotele, che sosteneva erroneamente l’esistenza di un universo con la Terra posta al centro.

Un cannocchiale di nome Telescopio

Galileo battezzò il suo cannocchiale “Telescopio” (dal greco tele = “lontano” e skopeo = “osservo”) e le sue scoperte furono pubblicate il 12 marzo 1610 nel Sidereus Nuncius.

Telescopio di Galileo GalileiUnì scienza e tecnica, mostrando la prima applicazione del telescopio rifrattore, in cui l’immagine viene focalizzata attraverso l’utilizzo di lenti magistralmente assemblate.

Grazie a Galileo, in 400 anni la visione dell’universo si è completamente rivoluzionata.

Dove sono oggi i telescopi di Galileo

I due soli telescopi di Galileo esistenti al mondo sono attualmente conservati presso il Museo Galileo – Museo di Storia delle Scienze di Firenze.

Disse Galileo:

Io stimo più il trovar un vero, benché di cosa leggiera, che ‘l disputar lungamente delle massime questioni senza conseguir verità nissuna”.

Galileo
Galileo

Un altro esempio nella storia dell’umanità di un uomo alla ricerca della verità, che cerca una spiegazione a ciò che osserviamo, senza credere ciecamente alle teorie di chi, per ignoranza, nega qualsiasi verità che non sia “conforme” ad alcuni preconcetti.

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Da dove derivano i nomi delle stagioni? https://cultura.biografieonline.it/nomi-stagioni/ https://cultura.biografieonline.it/nomi-stagioni/#comments Wed, 27 Sep 2023 11:07:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8054 Il termine “stagione” ha due possibili derivazioni:

  • dalla parola latina sationem, ovvero “l’atto di seminare”,
  • oppure da stationem, ovvero “l’atto di stare”, inteso come “fermata”.

Oggi le stagioni indicano i quattro periodi in cui è suddiviso l’anno solare:

  1. primavera,
  2. estate,
  3. autunno,
  4. inverno.
Immagine che simboleggia le stagioni (I nomi delle stagioni)
I nomi delle stagioni: una bella immagine che rappresenta le quattro stagioni

Determinazione delle stagioni

In campo astronomico, ogni stagione costituisce il tempo intercorrente tra un equinozio ed un solstizio.

Ognuna delle quattro stagioni ha una durata di tre mesi e sono determinate dall’inclinazione dell’asse di rotazione della Terra rispetto al piano dell’orbita, chiamato “eclittica”. Questa inclinazione è mediamente di 23° 27’ e resta immutata durante il moto di rivoluzione della Terra, ovvero il viaggio che percorre attorno al Sole ogni anno.

L’inclinazione dell’asse di rotazione della Terra determina la variazione dell’angolo di incidenza dei raggi solari che la raggiungono. Infatti, un emisfero si trova in inverno quando i raggi solari colpiscono con maggiore inclinazione la superficie della Terra, che riceverà quindi meno calore, poiché vi è un minor grado di irraggiamento. Viceversa, un emisfero si trova in estate quando i raggi solari colpiscono la superficie della Terra con minore inclinazione e il calore ricevuto è maggiore.

inclinazione asse terrestre
Inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto al piano dell’orbita, detto “eclittica”

Il ciclo delle stagioni di un emisfero è opposto di quello dell’altro. Se, per esempio, nell’emisfero boreale è estate, in quello australe sarà inverno, e viceversa.

Ciclo delle stagioni
Ciclo delle stagioni

Esiste anche la suddivisione meteorologica per definire una stagione, che tiene conto delle caratteristiche climatiche e ambientali e dei cambiamenti che avvengono in un determinato luogo durante il corso dell’anno. Questa suddivisione non coincide quasi mai con quella astronomica.

Etimologia dei nomi delle stagioni

Il termine primavera deriva dalle parole primus, cioè primo e ver, che deriva dalla radice sanscrita vas, che significa “splendere, illuminare, ardere”. E’ la stagione in cui la natura rinasce e sboccia dopo il torpore ed il freddo invernale, il clima è più mite, gemme e nuovi fiori si schiudono, l’erba si infoltisce; ha inizio con l’equinozio di primavera e finisce con il solstizio d’estate.

“Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera” (Pablo Neruda – tratta da Frasi sulla primavera)

Estate deriva dalla parola latina aestatem, ovvero “calore”, che deriva a sua volta dalla radice indoeuropea aidh che significa “ardere, bruciare”. E’ infatti la stagione in cui il calore prodotto dal Sole è massimo, poiché esso raggiunge il suo punto più alto sull’orizzonte. Le temperature sono più elevate, l’aria è più calda e le precipitazioni sono spesso a carattere temporalesco; inizia con il solstizio d’estate e termina con l’equinozio d’autunno.

“Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla” (Ennio Flaiano – tratta da Frasi sull’estate)

Autunno ha origine dalla parola latina auctumnus, che deriva a sua volta dalla radice del verbo augere, ovvero “aumentare, arricchire”. In questa stagione il clima diventa fresco, le foglie degli alberi decidui si colorano di giallo ed iniziano a cadere, nei boschi spuntano i funghi ed è il periodo della vendemmia; inizia con l’equinozio d’autunno e finisce con il solstizio d’inverno.

“In autunno, il rumore di una foglia che cade è assordante perché con lei precipita un anno” (Tonino Guerra – tratta da Frasi sull’autunno)

Inverno deriva dal latino hibernum, ovvero “invernale”, che ha origine dalla radice sanscrita himas, ovvero “freddo, neve”. In questo periodo dell’anno il freddo prevale, poiché il Sole raggiunge il suo punto più basso sull’orizzonte; il clima è rigido e le precipitazioni sono spesso nevose, gli alberi decidui rimangono senza chioma; inizia con il solstizio d’inverno e termina con l’equinozio di primavera.

“Inverno. Come un seme il mio animo ha bisogno del lavoro nascosto di questa stagione”  (Giuseppe Ungaretti – tratta da Frasi sull’inverno)

Stagioni ai poli e ai tropici

Nella regione del circolo polare artico (Polo Nord) e in quella dell’antartico (Polo Sud), si distinguono generalmente soltanto due stagioni della durata di sei mesi ognuna: quella estiva e quella invernale. La prima è caratterizzata dal sole di mezzanotte, la seconda dalla notte polare o buio di mezzogiorno.

Nelle zone comprese tra i due tropici, quello del Cancro e quello del Capricorno, esistono la stagione secca e quella delle piogge.

Le stagioni nell’arte

La primavera di Botticelli, 1482
La primavera di Botticelli, 1482

Continuiamo l’articolo sui nomi delle stagioni, entrando nel mondo dell’arte.

L’opera La primavera è uno dei quadri più famosi e importanti del pittore italiano Sandro Botticelli.

È stato dipinto nel 1482 e attualmente si trova nella Galleria degli Uffizi di Firenze.

Estate, opera di Giuseppe Arcimboldo, 1563
Estate, opera di Giuseppe Arcimboldo, 1563

Il pittore italiano Giuseppe Arcimboldo realizzò, nel 1563, l’opera Estate che appartiene alla serie de Le Stagioni, una produzione artistica formata da quattro dipinti: Inverno, Primavera, Estate e Autunno; ne fece poi dono nel 1569 all’imperatore Massimiliano II d’Asburgo.

Inverno, opera di Giuseppe Arcimboldo, 1563
Inverno, opera di Giuseppe Arcimboldo, 1563
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