Curiosità Archivi - Cultura https://cultura.biografieonline.it/argomento/curiosita/ Canale del sito Biografieonline.it Fri, 26 Apr 2024 15:46:52 +0000 it-IT hourly 1 Canta che ti passa: da dove deriva il modo di dire? https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-canta-che-ti-passa/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-canta-che-ti-passa/#respond Fri, 26 Apr 2024 15:05:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1740 Il modo di dire “canta che ti passa” pare che derivi da un incisione fatta su una trincea durante la Prima Guerra Mondiale da un soldato sconosciuto.

Piero Jahier

Piero Jahier, scrittore e poeta italiano nato nel 1884 e arruolato nel 1916 come volontario negli Alpini con il grado di sottotenente, lo cita nell’epigrafe della sua raccolta di Canti di soldato pubblicata nel 1919, che si ispira al periodo passato in trincea.

Nella raccolta, firmata con lo pseudonimo di Pietro Barba, Jahier parla del “buon consiglio che un fante compagno aveva graffiato nella parete della dolina: canta che ti passa”. Un modo di dire ai giorni nostri molto diffuso per invitare a superare con il canto le preoccupazioni che la vita quotidianamente presenta.

Tra l’altro è noto che nel Corpo militare degli Alpini vi sia una lunga tradizione di canti.

Il canto nell’antichità

La forza del canto è nota sin dall’antichità: Orfeo, figura della mitologia greca, con il suono della sua lira e del suo canto, ammansiva le bestie feroci, dava vita alle rocce e agli elementi della natura, resisteva alla forza seduttrice delle sirene.

Canta che ti passa
Incisione dell’artista Virgilius Solis raffigurante Orfeo – 16° secolo

Anche un verso del poeta e scrittore italiano Francesco Petrarca cita:

Perché cantando il duol si disacerba
(Canzoniere, XXIII, 4)

Cosa dice la scienza

Oggi, la scienza conferma quanto già intuito in passato: il canto ha effetti positivi sul corpo e sulla mente.

Riduce lo stress, l’ansia e la tensione, abbassa la pressione sanguigna e rinforza il sistema immunitario.

Inoltre, stimola la produzione di endorfine, le “molecole della felicità”, migliorando l’umore e il senso di benessere.

cantare in cucina - canta che ti passa

Quindi, la prossima volta che ti senti giù, prova a cantare! Potresti sorprenderti di quanto ti faccia bene.

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Perché si dice: “Carpe Diem”? https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-carpe-diem/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-carpe-diem/#comments Thu, 25 Apr 2024 19:44:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2310 Carpe diem” è una locuzione tratta dalle Odi del poeta latino Quinto Orazio Flacco, noto comunemente come Orazio (Odi I, 11, 8). Letteralmente “Cogli il giorno” ma tradotta generalmente con “Cogli l’attimo”, oltre ad essere una delle più celebri citazioni latine, è anche una delle filosofie di vita più conosciute nella storia.

Quinto Orazio Flacco
Quinto Orazio Flacco

Il verso di Orazio

Il verso oraziano completo cita:

Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero

tradotto:

Mentre parliamo il tempo invidioso sarà già fuggito. Cogli il giorno, confidando il meno possibile nel domani”.

Una filosofia in due parole

Questa filosofia si basa sul fondamento che all’uomo non è concesso di conoscere il futuro, né di predeterminarlo. Potendo agire solo sul presente, l’uomo deve concentrarsi sull’oggi, cogliendo le opportunità e le gioie di ogni giorno, senza essere condizionato da pensieri verso il futuro.

Questo pensiero è stato egregiamente proposto nel film del 1989, “L’attimo fuggente”, interpretato da Robin Williams.

È un invito a vivere il presente con intensità e ad apprezzare ciò che si ha, perché il futuro è incerto e il tempo passa inesorabilmente.

Il concetto espresso da “carpe diem” non si limita a un semplice invito all’edonismo o alla spensieratezza.

Si tratta piuttosto, come dicevamo, di una filosofia di vita che ci incoraggia a vivere ogni giorno al massimo delle nostre possibilità, perseguendo i nostri sogni e obiettivi senza lasciarci sopraffare dai timori o dalle incertezze del futuro.

Carpe Diem
Carpe Diem

Perché “carpe diem” è ancora oggi un motto attuale

  • Ci ricorda la brevità della vita
    Il tempo è un bene prezioso e non rinnovabile, e dobbiamo imparare ad apprezzarlo al meglio. Non possiamo tornare indietro nel passato e non possiamo sapere cosa ci riserva il futuro, quindi è importante vivere il presente con intensità.
  • Ci incoraggia a non rimandare
    Spesso tendiamo a rimandare le cose che ci piacerebbe fare o che sappiamo di dover fare, per paura o per pigrizia. Ma rimandare non fa che peggiorare le cose e ci fa perdere tempo prezioso. “Carpe diem” ci spinge ad agire e a non sprecare le nostre occasioni.
  • Aiuta a concentrarci sul positivo
    La vita è piena di sfide e difficoltà, ma è importante non perdersi d’animo e concentrarsi sugli aspetti positivi. “Carpe diem” ci ricorda che ci sono sempre motivi per essere felici e grati, anche nei momenti più bui.
  • Ci incoraggia a vivere con autenticità
    Non dovremmo vivere la nostra vita cercando di accontentare gli altri o di conformarci alle aspettative sociali. “Carpe diem” ci spinge ad essere fedeli a noi stessi e a vivere la nostra vita in modo autentico.

In definitiva, “carpe diem” è un invito a vivere la vita al massimo e a non sprecare neanche un attimo.

È un messaggio di speranza e di positività che può aiutarci a superare le difficoltà e a raggiungere i nostri obiettivi.

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Mayday: perché per segnalare un’avaria si usa questa parola https://cultura.biografieonline.it/mayday/ https://cultura.biografieonline.it/mayday/#comments Wed, 27 Mar 2024 07:49:28 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=684 La parola Mayday non ha nulla a che vedere con la traduzione di Primo Maggio, Festa dei Lavoratori che si festeggia nella maggior parte dei paesi del mondo. Il segnale internazionale di richiesta di aiuto deriva dal francese venez m’aider!” (venite ad aiutarmi).

Mayday
Mayday Mayday

L’utilizzo di questo termine è attribuito a Frederick Stanley Mockford, addetto alle comunicazioni radio impiegato nell’aeroporto di Croydon (Londra) che nel 1923 riceve l’incarico di trovare una parola facile e riconoscibile da ogni nazione, da utilizzare in caso di richiesta d’aiuto.

In quegli anni la maggior parte del traffico aereo avviene tra Croydon e l’aeroporto parigino Le Bourget; propone quindi l’espressione mayday che è una deformazione anglofona dell’espressione francese “m’aider”.

Tale espressione è ufficialmente utilizzata dal 1927.

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Differenza tra atomo e molecola https://cultura.biografieonline.it/atomo-molecola-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/atomo-molecola-differenze/#comments Sat, 16 Mar 2024 17:47:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11189 Quali sono le differenze tra i due termini, atomo e molecola? L’atomo è considerato l’unità più piccola e indivisibile della materia.

Atomo
Lo schema di una struttura di un atomo

L’atomo

Gli atomi sono formati da costituenti subatomici quali protoni, elettricamente positivi, neutroni, elettricamente neutri, ed elettroni, elettricamente negativi.

In un atomo, inoltre, il numero di protoni è uguale al numero di elettroni; protoni ed elettroni hanno carica uguale in valore assoluto, ma di segno opposto.

Il termine atomo deriva dal greco e significa “indivisibile”, ciò sta ad indicare che non può essere né creato né distrutto. Il primo che ipotizzò l’esistenza di queste piccole particelle fu John Dalton che ne parlò nella sua teoria atomica.

Verso la fine dell’Ottocento – con la scoperta dell’elettrone – venne dimostrato che l’atomo era in realtà divisibile, essendo a sua volta composto da particelle più piccole, definite particelle subatomiche, ma questa teoria non venne considerata attendibile anche se dimostrava la “vera” composizione della particella.

Molecola
Una struttua molecolare

La molecola

Il termine molecola, invece, deriva da moles che significa mole, piccola quantità. Per molecola si intende un insieme di atomi – dello stesso elemento o di elementi diversi – uniti da un legame chimico.

Una molecola può essere caratterizzata da più atomi di un solo elemento chimico o da atomi di elementi diversi.

Esistono le molecole semplici e le molecole complesse.

Una porzione di materia costituita da molecole tutte facente parte dello stesso elemento, viene denominata sostanza o composto chimico.

I composti

I composti più semplici sono quelli alla cui formula molecolare partecipano gli atomi di un solo elemento; questi sono i composti elementari e sono in numero di poco superiore a quello degli elementi stessi, perché ogni elemento ha almeno uno stato elementare ma alcuni ne possono avere due o più.

Di poco più complicati sono i composti binari, alla cui molecola partecipano atomi di due tipi di elementi diversi, e alquanto più complicati sono i composti ternari o di ordine superiore che vedono la loro composizione fatta da tre o più elementi.

La rappresentazione delle molecole viene denominata formula di struttura. Essa indica solo come gli atomi sono legati tra di loro, ma non contiene informazioni sulla geometria delle molecole.

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Perché rompere uno specchio porta sfortuna? https://cultura.biografieonline.it/sfortuna-specchi-rotti/ https://cultura.biografieonline.it/sfortuna-specchi-rotti/#comments Sun, 03 Mar 2024 08:22:09 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9549 Secondo un’antica credenza che risale ai tempi degli antichi Romani, rompere uno specchio porta decisamente sfortuna. E causa ben sette anni di disgrazie. Secondo gli antichi Romani, infatti, rompere uno specchio era sinonimo di salute spezzata. Ci volevano ben setti anni prima di tornare sani come si era quando lo specchio era intatto.

Uno specchio rotto
Si dice che quando si rompono gli specchi si devono attendere sette anni di guai

Storicamente, già ai tempi dell’uomo preistorico, era in voga specchiarsi. L’uomo vedeva la propria immagine riflessa nell’acqua di un lago o di uno stagno e credeva che quel riflesso rappresentasse un’altra persona come lui.

Prima dell’invenzione dello specchio infatti, si presumeva che ogni superficie riflettente fosse caratterizzata da proprietà magiche. Qualsiasi disturbo o interruzione del riflesso poteva portare o causare un imminente pericolo per la propria salute o disgrazia.

La nascita degli specchi

Con la nascita dello specchio poi, tale credenza venne maggiormente rafforzata. Poiché si pensava che nel caso la propria immagine venisse distorta e spezzata nei frammenti di uno specchio rotto, era molto più probabile avere conseguenze e ricadute negative che avrebbero colpito la persona maldestra.

Inoltre, secondo la credenza di quel tempo, i riflessi erano intesi e visti come una propagazione della nostra anima.

Quindi rompere la propria anima sarebbe stato decisamente segno di sventura.

Specchi, oggetti preziosi

Oltre alle varie credenze, c’era da considerare il fatto che lo specchio era un oggetto molto prezioso e costoso, per cui rimpiazzarlo voleva dire affrontare una grande spesa economica. Secondo alcune fonti antiche di quei tempi, nella Repubblica Veneziana furono emesse delle sanzioni pecuniarie a carico del proprietario che rompeva oggetti preziosi come gli specchi, questo per obbligare a recuperare lo strato argenteo e consegnarlo prontamente alle fonderie del Doge.

Specchi rotti - rompere uno specchio
Uno specchio rotto

In ultimo non bisogna dimenticare che lo specchio era spesso legato alla superbia, uno dei sette peccati capitali.

La superbia è sinonimo di malvagità e nella rottura dello specchio era visto il trasferirsi di tale condizione in colui che lo rompeva.

Rompere uno specchio e riparare lo sventurato danno

Per scongiurare i guai, causati dalla rottura di uno specchio, esistevano diversi modi.

Tra questi: mettere i frammenti dello specchio in una bacinella con una pietra trasparente per sette giorni. Dopodiché buttare il tutto, tranne le pietre preziose.

Oppure immergere i frammenti dello specchio in un corso d’acqua dolce corrente. Meglio se una sorgente.

Se il tema ti ispira, puoi leggere un nutrito elenco di frasi sui guai.

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L’anno bisestile: storie e curiosità https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/ https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/#comments Thu, 29 Feb 2024 07:44:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16106 L’anno bisestile è quello composto di 366 giorni, anziché i soliti 365. Nella riforma giuliana del calendario, poi mantenuta in quella gregoriana, il mese a cui viene aggiunto il giorno in più è febbraio, che negli anni bisestili avrà quindi 29 giorni. È bisestile un anno ogni quattro, esclusi però gli anni secolari (divisibili per 100) il cui numero non sia divisibile per 400: il 1600 fu bisestile, il 1700, il 1800 e il 1900 no, il 2000 sì.

anno bisestile
Il 29 febbraio è il 60° giorno del calendario negli anni bisestili

Etimologia del termine

Il termine bisestile deriva dal latino tardo bisextus, ovvero “due volte sesto”, secondo l’uso romano di contare due volte, negli anni bisestili, il 6° giorno antecedente le calende di marzo, cioè il 24 febbraio. Doppio giorno sesto, ovvero bisesto. Più avanti, quando si incominciò a contare i giorni del mese partendo dal primo e continuando con i numeri successivi, il giorno “bis sexto” di febbraio divenne il 29.

Storia dell’anno bisestile

Nel 46 a. C. Giulio Cesare, seguendo le indicazioni dell’astronomo alessandrino Sosigene, introdusse il calendario giuliano, con l’anno composto da 365 giorni e, ogni quattro anni, un anno di 366 giorni. Questo per riuscire a recuperare le ore di scarto rispetto all’anno solare, che dura 365 giorni e 6 ore circa. Infatti, per ragioni pratiche, l’anno del calendario è composto da un numero intero di giorni.

L’aggiunta di un giorno agli anni bisestili serve appunto per sincronizzare il calendario con l’anno solare. Se il calendario non andasse di pari passo con l’anno solare, si avrebbe, nel corso degli anni, uno spostamento delle stagioni nell’arco dell’anno. L’equinozio d’autunno, per esempio, potrebbe slittare, con il passare del tempo, da settembre a ottobre, poi a novembre e così via.

Questo accorgimento introdotto da Giulio Cesare non riuscì però a far procedere di pari passo il calendario con l’anno solare. Nel 1582, papa Gregorio XIII introdusse il calendario gregoriano, quello che usiamo tuttora.

Con questa riforma, stabilì che gli anni bisestili fossero tutti gli anni non terminanti con due zeri e divisibili per 4, e quelli terminanti con due zeri, ma divisibili per 400. In altre parole, gli anni bisestili sono quelli divisibili per 4, eccetto gli anni secolari che sono bisestili solo se divisibili per 400 (come anticipato all’inizio dell’articolo).

gregorio XIII e la riforma del calendario
La tavola della biccherna, n. 72. Archivio di Stato Siena. Tempera su tavola, cm 52,4 × 67,8. Il dipinto, di autore sconosciuto, rappresenta Gregorio XIII che presiede la commissione per la riforma del calendario

Calcolo degli anni bisestili

Per determinare se un anno è bisestile, bisogna procedere con questo semplice calcolo: controllare che l’anno sia interamente divisibile per 4; se così non fosse, l’anno non è bisestile.

  • Se è divisibile per 4, verificare che sia interamente divisibile per 100: se l’anno è divisibile per 4 ma non per 100, è un anno bisestile.
  • Se invece è divisibile sia per 4 che per 100 (come per esempio il 2000), bisogna verificare che sia interamente divisibile per 400.
  • Quando l’anno è divisibile per 4 e per 100, ma non per 400, non si tratta di un anno bisestile.
  • Se è divisibile anche per 400, è un anno bisestile.

Anno bisesto anno funesto?

A tutti è capitato di pronunciare il proverbio “Anno bisesto, anno funesto“. Ovviamente, le avversità non si verificano soltanto negli anni bisestili. La cattiva reputazione degli anni bisestili, deriva probabilmente dal fatto che febbraio era per antichi romani il mese dei morti, il Mensis Feralis, dedicato a riti per i defunti e a cerimonie di purificazione.

A febbraio si celebravano le Terminalia, dedicate a Termine, dio dei Confini, e le Equirie, gare di corsa di cavalli che trainavano carri; l’arena in cui si svolgevano queste ultime simboleggiava la Terra, i sette giri compiuti dai cavalli rappresentavano le orbite percorse dai sette pianeti antichi e le dodici porte delle rimesse rappresentavano le costellazioni dello Zodiaco. Quindi, un rito di rappresentazione astronomica, simbolo della conclusione di un ciclo cosmico e quindi simbolo di morte e di fine.

Un altra motivazione per la quale l’anno bisestile è visto come portatore di sventure è di natura psicologica e superstiziosa: poiché le cose anomale o poco frequenti sono a volte percepite come diverse e strane, possono causare paure immotivate e irrazionali, come accadde in passato, per esempio, con le eclissi.

Secondo una antica leggenda irlandese, l’unico giorno in cui una donna avrebbe la possibilità di chiedere in sposo l’uomo dei propri sogni è il 29 febbraio, il cosiddetto Leap Day.

Se la proposta veniva rifiutata, l’uomo era tenuto a comprare alla donna 12 paia di guanti, in modo che potesse nascondere il disagio di non aver ricevuto un anello di fidanzamento. Questa bizzarra tradizione ha ispirato perfino il film “Una proposta per dire sì”, del regista Anand Tucker, interpretato da Matthew Goode ed Amy Adams.

Leap Year film
Locandina del film “Una proposta per dire sì”

Curiosità giornalistiche

Dal 1980, in Francia, solo il 29 febbraio, esce in edicola il periodico umoristico “La Bougie du Sapeur” (La candela del pompiere), con una tiratura di 200.000 copie.

Notizie del giorno: riassunto degli ultimi quattro anni!

Se scrivete alla posta dei lettori avrete risposta dopo quattro anni; stesso tempo bisognerà aspettare per sapere la soluzione di sudoku e parole crociate.

30 febbraio

Nel corso della storia, sono esistiti casi isolati di calendari che hanno adottato la data del 30 febbraio.

In Svezia, nel 1712, il re Carlo XII decise di eliminare gli anni bisestili, dal 1700 fino al 1740, per far coincidere il calendario giuliano con quello gregoriano. Ma, ahimè, dimenticò di promulgare i relativi editti.

Per rimediare, tralasciò la decisione presa ritornando al calendario giuliano e, per recuperare il giorno saltato nel 1700, stabilì che venisse aggiunto, al febbraio 1712, bisestile, un “secondo giorno bisestile”.

Il calendario svedese ebbe così, nel 1712, un febbraio con 30 giorni.

Febbraio 1712 Svezia
Il mese di febbraio 1712 in un almanacco svedese: si nota la data del 30 febbraio

Il 1° ottobre 1929 l’Unione Sovietica iniziò ad utilizzare il “calendario rivoluzionario sovietico“, nel quale ogni mese aveva 30 giorni; i rimanenti 5 o 6 giorni erano considerate “feste senza mese”. Per esempio, dopo il 30 gennaio, veniva inserita una giornata chiamata la “festa di Lenin”, per poi passare al 1° febbraio. Quindi, nel 1930 e nel 1931 ci fu un 30 febbraio. Nel 1932, venne reintrodotto il vecchio calendario.

Nati il 29 febbraio

Rimandiamo alla lettura di una pagina di questo sito per scoprire i personaggi famosi nati il 29 febbraio. Festeggiare il compleanno ogni 4 anni li aiuterà a rimanere più giovani?

29 febbraio

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Fede e fedina, differenze tra i due tipi di anelli https://cultura.biografieonline.it/fede-fedina-differenza/ https://cultura.biografieonline.it/fede-fedina-differenza/#comments Tue, 27 Feb 2024 08:55:55 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23856 Un gioiello regalato è per sempre. Molto spesso quando parliamo di gioielli ci confondiamo usando erroneamente i due termini fede e fedina. In questo articolo, vediamo quali sono le differenze sostanziali tra i due tipi di anelli.

Fede – Fedi nuziali in oro giallo
Fedi nuziali in oro giallo

Fede

Le fede è un gioiello che viene scambiato dai due futuri sposi davanti a tutti, durante il giorno più importante della loro vita, il matrimonio. E’ indice di amore, unione – data la sua forma circolare, di reciproco rispetto e fedeltà. Solitamente la fede viene posizionata al dito anulare della mano sinistra ma in alcuni paesi del Nord Europa, viene invece posizionata al dito anulare della mano destra.

Fede sull'anulare
Fede sull’anulare

Secondo la credenza di questi paesi del Nord Europa, la fede deve essere posizionata a destra poiché la parte sinistra è direttamente collegata al cuore. La fede presenta uno spessore più significativo rispetto alla fedina, che invece si presenta con finissime dimensioni.

Durante il matrimonio le fedi nuziali vengano portate all’altare dal testimone oppure da un paggetto (bambino) . Le fedi vengono posizionate su di un cuscino di pizzo prima di essere scambiate dai due futuri coniugi. Il prete prima le benedice, poi avviene lo scambio delle fedi tra i due sposi.

Le fedi vengono solitamente fabbricate in oro giallo ma si possono anche realizzare in oro bianco, rosso o platino. Oppure integrarle con l’aggiunta di altri metalli. In ogni caso, spetta agli sposi decidere di quale materiale realizzare la propria fede.

Fedina

La fedina è invece un gioiello che viene regalato da fidanzato o fidanzata per suggellare il loro amore facendolo diventare un “fidanzamento ufficiale”. Si tratta di un anello che anche in questo caso simboleggia l’unione e l’amore tra due persone. Tuttavia la fedina è meno impegnativa rispetto alla fede nuziale.

In ogni caso, la fedina anche se meno vincolante della fede nuziale, resta comunque un bel gesto che può sancire in prospettiva futura un matrimonio. La fedina come la fede viene posizionata sempre al dito anulare della mano sinistra e mai a destra. La fedina, come detto poco sopra, presenta uno spessore più fine rispetto alla fede nuziale.

Fedina: Fedi e fedine dal design semplice - differenza
Fedine dal design semplice

In commercio troviamo diversi tipi di fedine: da quelle sottilissime a quelle meno sottili; vi sono quelle che presentano incisioni, e quelle più sofisticate realizzate con diamanti o pietre preziose incastonate. Quelle più classiche sono quelle dal design più semplice. Le fedine vengono fabbricate solitamente in argento, ma le si può trovare anche in oro giallo, bianco, rosa. Si possono inoltre integrare con una combinazione di più tipi di ori.

Sia la fede che la fedina sono dei gioielli che permettono di ricordare alla persona amata la presenza e l’amore. Di fatto sono come un diamante… durano per sempre!

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I giorni della merla https://cultura.biografieonline.it/merla-giorni/ https://cultura.biografieonline.it/merla-giorni/#comments Mon, 29 Jan 2024 05:03:59 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5863 La leggenda dei Giorni della Merla

I Giorni della Merla sono tradizionalmente riconosciuti come gli ultimi tre giorni del mese di gennaio, 29, 30 e 31. Secondo la leggenda, sono i giorni più freddi dell’anno.

Si racconta che una merla dalle piume di un bianco candido come la neve, era stanca di essere perseguitata dal grande gelo del mese di gennaio. Allora gennaio aveva soltanto 28 giorni. Decise così, astutamente, di fare provviste per l’intero mese, per poi rifugiarsi al riparo nel suo nido.

Un merlo maschio
I giorni della Merla

Il 28 gennaio, la merla uscì ed iniziò a fischiare allegramente burlandosi di gennaio che, offeso, chiese a febbraio tre giorni, il 29, 30 e 31, durante i quali imperversò il freddo più gelido.

La merla fu costretta a trovar rifugio in un comignolo e, una volta uscita, il 1° febbraio, scoprì che il colore delle sue piume era cambiato, diventando nero a causa della fuliggine.

Per questo motivo, narra la tradizione, da allora i merli sono neri.

La credenza popolare

Sempre secondo le tradizioni e le credenze popolari che coinvolgono le previsioni meteorologiche, se i giorni della merla sono freddi, la primavera che si appresta ad arrivare sarà molto bella; se al contrario sono caldi, la primavera tarderà ad arrivare.

Detto popolare relativo ai giorni della merla
Detto popolare relativo ai giorni della merla: “Se sono freddi, la Primavera sarà bella. Se sono caldi, la Primavera arriverà tardi.”

In provincia di Cremona

Nella regione lombarda, in provincia di Cremona c’è una tradizione: si ripropongono i canti popolari della merla proprio nei giorni di fine gennaio per rivivere l’antica atmosfera contadina.

In tanti territori comunali si è soliti riunirsi vicino a un falò oppure sul sagrato di una chiesa, o ancora in riva al fiume.

Tutti insieme si intonano i canti, si degusta vino e si assaggiano cibi tradizionali.

Chi vuole può vestire abiti contadini: le donne usano gonna e scialle, gli uomini invece tabarro e cappello.

I testi delle canzoni popolari possono differire da un paese all’altro, tuttavia i temi che ricorrono sono quelli dell’inverno e dell’amore.

Versioni differenti della leggenda dei giorni della merla

Se conoscete versioni diverse di questa leggenda segnalatecelo nei commenti. Oppure scriveteci.

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Fare le cose alla carlona: cosa vuol dire e perché si dice? https://cultura.biografieonline.it/fare-le-cose-alla-carlona/ https://cultura.biografieonline.it/fare-le-cose-alla-carlona/#comments Mon, 15 Jan 2024 14:36:23 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9310 Con il detto fare le cose alla carlona, usato soprattutto nell’area lombarda, si indica l’affrontare le cose in modo superficiale, alla buona, senza cura, in modo trasandato e grossolano.

Le origini del detto

L’origine di tale modo di dire risale al periodo degli anni in cui regnava l’Imperatore Carlo Magno (742-814), denominato appunto Carlone.

Egli viene rappresentato nei vari poemi cavallereschi come un uomo goffo, malaccorto nelle sue azioni e semplice, che ama indossare abiti non pregiati ma caratterizzati da stoffa rozza.

Carlo Magno - fare le cose alla carlona
Carlo Magno : il modo di dire “fare le cose alla carlona” deriva dal suo nome

Lo stile dell’Imperatore

Si racconta che anche quando l’Imperatore Carlo Magno doveva essere ritratto, indossava sempre vestiti non alla portata del suo rango, usando uno stile non consono ad un Imperatore, bensì uno stile più vicino a quello di un plebeo.

Leggenda: la battuta di caccia

La leggenda narra che ad una battuta di caccia, l’Imperatore Carlo Magno, si presentò tra lo stupore generale dei partecipanti, che indossavano per l’occasione abiti da caccia e sfarzosi, con un abito dimesso, fatto di ruvida stoffa indossata solitamente dai contadini.

L’Imperatore, accortosi dello stupore dei presenti, disse a quel punto che il suo abbigliamento un po’ rozzo non era casuale, serviva alla bisogna.

Di lì a poco, si scatenò un violento temporale e Carlo Magno fu l’unico a passare indenne alla tempesta. Gli eleganti cacciatori si inzupparono, rovinando i loro abiti preziosi, ridotti alla fine in un pessimo stato.

A questo punto l’Imperatore fece notare ai partecipanti alla battuta di caccia, di essere totalmente asciutto grazie ai suoi abiti umili e di stoffa grezza.

Da quel giorno in poi, si cominciò ad usare il modo di dire: essere vestiti alla carlona.

Il significato oggi

Il termine indica inoltre altri concetti simili:

  • fare le cose in modo veloce, sbrigativo e alla meno peggio possibile;
  • fare qualcosa senza curarne i dettagli;
  • essere una persona alla buona (“quello è un tipo alla carlona”)

Ed infine può significare anche essere troppo ingenui.

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Perché per scaramanzia si usa incrociare le dita? https://cultura.biografieonline.it/incrociare-le-dita/ https://cultura.biografieonline.it/incrociare-le-dita/#comments Sat, 13 Jan 2024 08:47:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8676 Tra i gesti più diffusi e usati almeno una volta nella vita da ognuno di noi, come rituale scaramantico, troviamo quello di incrociare le dita. Ai giorni nostri, questo gesto viene usato, per augurarsi o augurare buona fortuna e per difendersi dalla mala sorte quando raccontiamo un fatto “non vero” o una “bugia”.

Il gesto di incrociare le dita
Incrociare le dita è un gesto scaramantico che ha origini religiose

Un gesto diffuso

Il classico “croiser les doigts”, incrociare le dita, è uno dei gesti maggiormente usati in tutto il mondo occidentale per allontanare la negatività e portare energia “buona” prima di compiere un qualsiasi gesto o azione propizia.

Si tratta di un gesto scaramantico che porta fortuna.

Le origini religiose

Il gesto di incrociare le dita ha in realtà origini religiose: già nel Medioevo tale gesto era in voga, per tenere lontano il diavolo, il malocchio e la sfortuna.

In quel periodo, si riteneva che il diavolo potesse raggiungere le anime passando attraverso le dita e da lì in poi, l’usanza di incrociare le dita per richiedere una protezione divina, è sempre stata messa in atto da tutti.

In realtà, si tratterebbe di un altro modo per fare il segno della croce.

La posizione pantea

Infatti nella iconografia cristiana, troviamo spesso l’immagine di Cristo che tiene la mano destra in posizione pantea, dove il dito indice, medio e pollice sono tesi, a raffigurare la Trinità, mentre il mignolo e l’anulare li vediamo ripiegati.

Si tratta di un tipico segno usato nella tradizione cristiana ortodossa.

mano pantea gesu cristo
La mano pantea di Gesù raffigurata in un mosaico (Ravenna, Basilica di Sant’Apollinare Nuovo)

Gesti analoghi all’estero

Il rito scaramantico dell’incrocio delle dita è usato anche in altri paesi stranieri.

  • In Gran Bretagna, l’espressione “to keep the fingers crossed”, viene utilizzata per scongiurare il malocchio.
  • In Germania i tedeschi abitualmente premono i pollici di un amico per augurargli un auspicio di buona fortuna: il gesto, proviene dalle antiche tribù germaniche, per le quali il pollice era considerato il dito più importante.

I gesti rituali con le dita propiziano sempre una difesa contro le avversità del fato.

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