Fotografie famose Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 27 Feb 2024 10:48:47 +0000 it-IT hourly 1 Martin Parr, una mostra dolce e crudele a Milano https://cultura.biografieonline.it/martin-parr-una-mostra-dolce-e-crudele-a-milano/ https://cultura.biografieonline.it/martin-parr-una-mostra-dolce-e-crudele-a-milano/#respond Tue, 27 Feb 2024 06:48:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41910 Martin Parr è uno dei più grandi fotografi contemporanei. Potremmo definire il suo lavoro lo sguardo di un antropologo che osserva la società mentre cambia. Ma non è solo un antropologo che documenta è anche un filosofo che pone dei dubbi sul nostro modo di vivere, sul nostro desiderio di omologarci, sulle nostre contraddizioni e sulla inesorabile ricerca del brutto. Le foto di Martin Parr sono una sintesi crudele e ironica degli ultimi cinquant’anni di evoluzione sociale.

La mostra a Milano, fino al 30 giugno 2024

Al Mudec di Milano si può assistere ad una mostra sorprendente per colori, immagini, idee, intelligenza, ironia e crudeltà. La mostra si chiama “Martin Parr, short & sweet” ed è realizzata in collaborazione con Magnum Photos.

Si potrà visitare fino al 30 giugno 2024.

La comunicazione visiva di Martin Parr

Martin Parr è un fotografo e documentarista fra i più celebri e celebrati. Le sue immagini sono ironiche, crudeli, tenere, spietate, divertenti e soprattutto il suo lavoro si può definire antropologico, perché attraverso una serie di periodi presentati in mostra che iniziano negli anni ’70 e terminano agli inizi del duemila.

La mostra si apre con la serie “The non-conformists”, una serie di fotografie in bianco e nero che un giovane Parr scatta nello Yorkshire documentando le vite di operai, agricoltori, guardiacaccia e un’associazione di mariti “presi per il naso”.

Molto interessante è il primo progetto a colori di Parr: “The last resort” in cui il fotografo ritrae dal 1982 al 1985 le vacanze di famiglie a basso reddito in un sobborgo balneare di Liverpool. L’impatto è scioccante, perché Parr mette a nudo le contraddizioni di una società consumistica fintamente approdata ad una condizione migliore. E tuttavia le immagini mostrano un contesto sociale che non ha nulla a che vedere con le vacanze ma assomiglia ad una zona industriale in decadenza, dove le persone cercano di realizzare una parvenza di vacanza.

Un altro capitolo della mostra si intitola “Common sense” ed è un pannello formato da 200 foto in A3, una sorta di collage del cattivo gusto, del consumismo, del kitsch e della deriva immaginifica. Anche il turismo di massa viene preso di mira dall’obiettivo di questo strano antropologo che riesce con la luce e la prospettiva a mostrarci aspetti aberranti del vivere comune.

La torre di Pisa, 1990 - Martin Parr
La torre di Pisa, 1990 – Martin Parr

C’è una delicatezza nel suo modo di vedere la realtà, nel cercare di comunicare le impressioni che ricava viaggiando o unendo i fili comune dell’evoluzione sociale della sua Inghilterra.

In un’intervista in cui spiega il suo lavoro e che è proiettata durante la mostra Parr spiega il suo lavoro, le sue passioni, i suoi interessi. Ma la verità è che il suo lavoro non può essere spiegato al di là di questa straordinaria funzione documentaristica in cui ogni scatto diventa un pezzo di noi.

Martin Parr Short and Sweet
Martin Parr Short & Sweet

Il catalogo della mostra

Il catalogo della mostra “Martin Parr. Short & Sweet”, edito da 24 ORE Cultura, è disponibile presso il bookshop della mostra, nelle librerie e online.

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Vivian Maier: The Color Work. Poetessa delle fotografie a colori https://cultura.biografieonline.it/vivian-maier-fotografa-libro/ https://cultura.biografieonline.it/vivian-maier-fotografa-libro/#respond Fri, 01 Nov 2019 16:19:06 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=27340 Vivian Maier era una tata di professione, ma anche fotografa: come artista fotografa venne scoperta soltanto nel 2007. Il suo successo è stato postumo. La storia e la biografia di Vivian Maier sono molto curiose: il suo materiale venne acquistato all’asta da un regista che le dedicò poi un film documentario. Oggetto delle foto di Vivian sono: le strade di Chicago, New York e Los Angeles, per circa quattro decenni. E’ nota soprattutto per le sue fotografie in bianco e nero. Nel 2018 è stato pubblicato un volume dal titolo “Vivian Maier: The Color Work” (di Colin Westerbeck). Si tratta di una raccolta con le più belle foto a colori fatte dall’artista. Si sa che le foto in bianco e nero furono scattate con la fedelissima Rolleiflex, mentre le 40.000 fotografie a colori provengono da una Ektachrome, e sono state impresse su di un rullino da 35 millimetri.

Vivian Maier
Vivian Maier

“Ho fotografato i momenti della vostra eternità, perché non andassero perduti”.

Vivian Maier: The Color Work

La prefazione del libro Vivian Maier: The Color Work è a cura di Joel Meyerowitz, che scrive:

“Vivian Maier fu una delle prime poetesse della fotografia a colori. Nelle sue fotografie si può osservare un rapido studio del comportamento umano, del momento in cui si svolgeva, del lampo di un gesto o dell’umore di un’espressione facciale. Brevi eventi che trasformavano la vita quotidiana della strada in una rivelazione per il suo occhio sensibilissimo”.

Il libro, che è stato pubblicato da Harper Collins, è disponibile in Italia soltanto su Amazon.

Vivian Maier: The Color Work – Foto dalla copertina del libro
Foto dalla copertina del libro

Oltre 150 immagini di Vivian Maier quasi inedite

Il libro presenta circa 150 immagini a colori, quasi tutte mai pubblicate. Nel corso della sua vita Vivian Maier ha realizzato oltre 150.000 immagini. Fotografie che sono rimaste segrete: ha scelto di non mostrarle a nessuno. Maier è stata un modello per la fotografia di strada (Street photography).

Foto di Vivian Maier: era solita fotografarsi allo specchio.
Una foto a colori di V. Maier: la fotografa era solita fotografarsi allo specchio.

Dagli anni Settanta sino alla morte dell’artista

La maggior parte degli scatti di questo libro contiene foto che sono state trovate nelle diapositive Kodak Ektachrome. La maggior parte dei suoi lavori a colori – che risalgono dagli anni Settanta sino alla sua morte – è stata caratterizzata da uno stile più astratto rispetto alle immagini in bianco e nero.

Il suo lavoro a colori si concentrava più sugli oggetti, come, ad esempio, giornali o immagini fisse di eventi che si svolgevano per strada.

Le foto sono sorprendenti: in esse si legge l’umorismo, la commozione, la bellezza e ancora: tutte le sfaccettature della vita quotidiana cittadina nell’età d’oro del dopoguerra in America.

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Heaven to Hell di David LaChapelle, il glam applicato alla storia dell’arte https://cultura.biografieonline.it/heaven-to-hell-lachapelle/ https://cultura.biografieonline.it/heaven-to-hell-lachapelle/#respond Tue, 16 Oct 2018 16:34:58 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25314 Nel 2006, il visionario fotografo e regista statunitense David LaChapelle pubblica il libro fotografico “Heaven to hell”. La copertina passerà alla storia come la rivisitazione della Pietà di Michelangelo più glamour di sempre.

Pietà - David LaChapelle (Heaven to Hell)
La Pietà, di David LaChapelle (2006) è rappresenta sulla copertina del suo libro fotografico “Heaven to hell”.

La Pietà, versione 2006

Ci viene regalato il paradiso e lo trasformiamo nell’inferno.

Sono le parole dell’eclettico David LaChapelle, non nuovo ai ritratti di artisti lanciati extra-contesto. Il concept della foto è La pietà di Michelangelo, opera che il fotografo ha dichiarato di amare moltissimo. La rivisita lasciando ovviamente intatta la posizione, simbolo nei secoli del commiato post morte e, nel particolare, facendo sua la geometria perfetta della madre che tiene fra le sue braccia il corpo del figlio ormai spirato.

Ciò che muta sono gli interpreti. La Madonna è una rock star bionda platino che ha fatto dello scandalo il suo metro di espressione, l’ex leader delle Hole, Courtney Love. Il Cristo è un sosia del marito di lei, Kurt Cobain, morto suicida nel 1994. Eppure il fotografo ha spiegato che non era sua primaria intenzione che il Cristo fosse incarnato dall’immagine di Cobain.

Heaven to Hell: il Cristo si chiama Brett

Lo stesso David LaChapelle ha rilasciato una lunga dichiarazione in cui racconta la storia del perduto Brett, un fattorino che l’artista conobbe a New York e col quale visse una storia d’amore. Idillio che subisce un forte arresto quando LaChapelle scopre che Brett è dipendente da eroina. Da lì i due si perdono, finché tempo dopo LaChapelle riceve una telefonata in cui una donna, presunta amante di Brett, disperata chiede aiuto per l’avvenuta morte del ragazzo a causa di una implacabile overdose.

[…] stavo pensando a Brett che muore in questo appartamento solitario. Stavo pensando a tutte le piccole morti che accadono ogni giorno […]; persone che muoiono da sole o con una sola persona lì per loro. Tutti i piccoli pietas che accadono in tutto il mondo, sul campo di battaglia, appartamenti solitari e case di riposo.

Il Cristo di “Heaven to hell”, infatti, non mostra solo le stimmate o meglio i fori della crocifissione. Sul corpo senza vita di Kurt-Brett ci sono i morsi dell’eroina, lungo tutto l’arto che pende dall’abbraccio della Madonna-Courtney.

Abbiamo notato tutti la somiglianza di Walker (il modello, ndr) con Kurt sul set, ma quella roba tende a succedere ai miei scatti. È qualcosa con cui sto bene. È qualcosa che aggiunge strati, profondità alle fotografie. Ho adorato Kurt, adoro Courtney e adoro questa foto. Questa è una delle mie foto preferite che abbia mai fatto. In effetti è il mio preferito, ma per me sarà sempre l’immagine di Brett che vedo nella mia Pietà.

Con la Madonna e il Cristo, anche il Cherubino

La terza figura che si staglia all’interno di questo racconto iperrealista di LaChapelle è il Cherubino, in basso fra i cubi sul pavimento. La raffigurazione è quella tipica degli angioletti, come da tradizione pittorica cristiana e non solo. Abito color del cielo, come, presumibilmente, gli occhi, casco di ricci color dell’oro in testa.

Quello che distingue questo Cherubino da molti altri è il dettaglio del legame con la rappresentazione di LaChapelle. O meglio, questo angioletto poggia la sua candida manina sul cubo con la lettera “T”.

Due le interpretazioni in circolazione. Da una parte si pensa che sottolineando il “To” il fotografo abbia voluto indicare la direzione verso la quale, da Paradiso a Inferno, si sia direzionato Kurt. Dall’altra, invece, forse in maniera meno indispettita, si vede questo posizionamento come intermedia fra Paradiso e Inferno, una sorta di Limbo in cui l’autore si è sentito di mettere il puttino.

La pitto-fotografia: qualche dettaglio sulla tecnica

Quello che colpisce e sempre colpirà il fruitore di David LaChapelle è il senso di presenza e abbraccio che l’opera offre. Porsi davanti a “Heaven to hell”, come a molte altre stupende fotografie di LaChapelle, ci fa sentire molto piccoli e, contestualmente, irrimediabilmente dentro il dramma. Una possibilità ereditata dai grandi maestri della pittura che LaChapelle ha fatto propria nella fotografia.

In particolare, anche “Heaven to hell” è stata realizzata con la tecnica dell’High Dynamic Rang o Hdr. La definizione si può tradurre con “Gamma dinamica elevata”. Sostanzialmente, a differenza dell’occhio umano, il sensore della fotocamera non riuscirebbe a registrare livelli di luminosità molto distanti fra loro. L’hdr lavora in questo senso lavorando una serie di scatti ad esposizioni diverse per poi metterli in relazione in un’unica immagine ad elevata gamma dinamica. Come dire, facendo una sorta di media grafica fra uno scatto sovraesposto e uno sottoesposto.

Questa tecnica in LaChapelle, e in particolare anche in “Heaven to hell”, diventa la totale eliminazione delle ombre e quindi la diminuzione drastica della tridimensionalità. LaChapelle, praticamente, fa la magia di rendere dipinto una foto.

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Il funerale di Kennedy (foto famosa) https://cultura.biografieonline.it/il-funerale-di-kennedy-foto-famosa/ https://cultura.biografieonline.it/il-funerale-di-kennedy-foto-famosa/#comments Mon, 30 Oct 2017 19:48:41 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23528 È il 25 novembre 1963 quando il silenzio della città all’improvviso avvolge il feretro di John Fitzgerald Kennedy per l’ultimo saluto. È il giorno del funerale di Kennedy: tutti commemorano JFK. Presidenti, primi ministri e reali sono presenti per questa giornata di lutto nazionale. Ci sono la vedova Jacqueline Bouvier e i due piccoli figli del presidente Kennedy. Così il saluto militare del piccolo John Kennedy Jr. al passaggio della bara del padre diviene memorabile. Saluto ripreso dallo scatto di un fotografo. È un giorno terribile per la famiglia americana perché perde per sempre l’abbraccio di quell’uomo dai grandi gesti e significati, ma è anche il giorno del compleanno, il terzo, proprio quel giorno, del piccolo John.

JFK - Funerale di John Fitzgerald Kennedy - JFK Funeral - 1963 - Black White
La celebre foto in bianco e nero.

Nella foto in bianco e nero si vede il bambino alla sinistra della madre, mentre avvolto nel suo cappottino a doppio petto, alza la mano alla testa, per rivolgere il saluto militare al padre, attorno a lui ci sono le autorità, uomini in divisa che fanno altrettanto.

Funerale di Kennedy - JFK Funeral - 25 novembre 1963
Un’altra foto, a colori. Il funerale di Kennedy avvenne il 25 novembre 1963 a Washington, nella cattedrale di St. Matthew

Il primo presidente cattolico

Kennedy nasce a Brookline, Massachusetts, da una famiglia ricca di origini irlandesi. L’8 novembre 1960, nelle elezioni generali per la presidenza degli Stati Uniti d’America, Kennedy, all’età di 43 anni, diventa il primo presidente cattolico e anche il più giovane presidente eletto, battendo il suo concorrente Richard Nixon, vicepresidente dell’amministrazione uscente. Al centro di critiche severe c’è la sua politica estera. Ciò dopo il fallito tentativo di invasione alla Baia dei porci e a seguire la crisi dei missili di Cuba.

Al centro della foto compare anche il fratello del Presidente, Robert Kennedy
Al centro della foto compare anche il fratello del Presidente, Robert Kennedy. Anch’egli morirà assassinato solo cinque anni dopo.

L’assassinio di Kennedy

Sono in duecentomila, tra neri e bianchi, a marciare su Washington per rivendicare i diritti legislativi e soprattutto per appoggiare le decisioni del presidente Kennedy quel giorno. Le parole pronunciate dal presidente erano un invito al rispetto e alla tolleranza tra bianchi e neri. Così Kennedy decide di partire per Dallas. È il 22 novembre 1963. È il suo ultimo viaggio perché è qui, nella Dealey Plaza, a Dallas, mentre saluta la folla a bordo della sua limousine presidenziale, alle 12.30 ora locale, che trova la morte per mano dell’esecutore Lee Harvey Oswald. Questi dalla distanza gli spara con colpi di fucile, ferendolo mortalmente alla testa. Secondo i testimoni, gli spari furono tre. Oswald era un operaio, attivista ed ex militare.

Una morte misteriosa

Kennedy è un presidente molto discusso e anche molto amato, sia in vita sia dopo la sua morte terribile e misteriosa che lo trasforma in mito. È del 21 ottobre 2017, la notizia che il presidente americano Donald Trump declassificherà gli ultimi documenti riservati sull’omicidio Kennedy. Trump ha dichiarato alla stampa:

«Pur essendo soggetto a ricevere ulteriori informazioni consentirò, come presidente, la divulgazione dei documenti su JFK, a lungo bloccati e classificati»

Il 26 ottobre è stato il giorno in cui è scaduto il termine di 25 anni, fissato dal Congresso con legge del 1992, che porta la firma dell’allora presidente George H.W. Bush. Documenti questi custoditi negli Archivi nazionali, oltre tremila file creati negli anni Sessanta e Settanta. Alcuni, una decina, invece, risalgono agli anni Novanta e sarebbero stati scritti da agenzie governative, in particolare dalla CIA, proprio dopo l’uscita nelle sale cinematografiche del film di Oliver Stone, che ha contribuito ad alimentare le teorie del complotto sulla morte del trentacinquesimo presidente americano. Film che ha acceso il dibattito sull’abolizione del segreto di stato al dossier sull’omicidio di Dallas.

La pellicola su Kennedy

Il film è del 1991 ed è intitolato «JFK – Un caso ancora aperto». Narra dei fatti immediatamente precedenti all’assassinio del presidente americano e poi le successive indagini del procuratore di New Orleans, Jim Garrison, che contrastava la versione della tesi ufficiale della commissione Warren, istituita dopo l’assassinio di Dallas, secondo cui il solo responsabile ed esecutore dell’omicidio del presidente americano è stato Lee Harvey Oswald.

Kennedy e Lincoln, una storia di strane coincidenze

Le coincidenze tra Kennedy e il presidente Abraham Lincoln – ucciso nel 1865 – sono davvero tante. A partire dalle modalità dell’assassinio: entrambi uccisi da un colpo alla testa da dietro, di venerdì, entrambi seduti accanto alle rispettive mogli (illese dall’agguato), e tutti e due i presidenti erano in compagnia, oltre che delle rispettive mogli, di un’altra coppia, di cui l’uomo è stato ferito dall’esecutore.

Discorso di Gettysburg - Lincoln
Lincoln durante il celebre Discorso di Gettysburg

Tra le altre coincidenze: entrambi i presidenti si sono sposati all’età di 30 anni e le rispettive mogli avevano 24 anni. Entrambi sono diventati presidenti negli anni Sessanta. E poi: entrambi hanno perso una sorella prima delle elezioni. Entrambi con nomi composti da sette lettere.

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Frida Kahlo fotografata da Nickolas Muray https://cultura.biografieonline.it/frida-kahlo-nickolas-muray/ https://cultura.biografieonline.it/frida-kahlo-nickolas-muray/#respond Mon, 02 Oct 2017 22:05:46 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23405 Frida Kahlo on White Bench” (Frida Kahlo sul bancone bianco) è il titolo di una foto famosa che ritrae Frida Kahlo, scattata a New York da Nickolas Muray, suo amante, nel 1939. E’ tra le foto più famose che ritraggono l’artista messicana.

Frida Kahlo on White Bench - by Nickolas Muray - 1939
Frida Kahlo on White Bench. La celebre fotografia del 1939 di Nickolas Muray

Descrizione della foto

Frida ha in testa una corona di fiori. Sullo sfondo verde prato con fiori bianchi. Lei ha lo sguardo seducente che punta e “sprofonda” oltre lo sguardo della macchina. Ha labbra carnose rosse e orecchini pendenti. E ancora: una grossa collana color oro le circonda il collo pendendo tra i seni sulla maglia nera e gialla a girocollo con ricami rossi. Spalle coperte da uno scialle nero coi lembi pendenti, pelle rosa, delicata, capelli raccolti.

E’ seduta su un bancone bianco con la gonna ampia, anch’essa a fiori. Le mani sono sovrapposte l’una contro l’altra, unghie smaltate di rosa perlato e anello con la pietra in tinta con lo smalto. Questo ritratto è un regalo di Nickolas Muray.

Chi era Nickolas Muray

Le scriveva lettere appassionate e struggenti, amico fidato e sempre disponibile per lei. E non solo: amante, premuroso infermiere nei lunghi periodi in cui Frida era ricoverata e durante le lunghe convalescenze. Frida Kahlo per lui, Nickolas Muray, grande fotografo ungherese, con in tasca un diploma da incisore e 25 dollari, quando sbarcò – nel 1913 a Ellis Island.

La sua forza era il sorriso e la passione per la fotografia. Iniziò a fotografare il suo mondo, riuscendo a mettere a proprio agio chiunque, anche il vecchio e schivo Claude Monet. Non a caso resta celebre il suo servizio all’artista. Le sue capacità presto emersero dal Village, tanto che negli anni Muray riuscì ad immortalare il mito delle dive, delle artiste di Hollywood. Ma il personaggio centrale, da lui idealizzato, dal quale diventò imprescindibile, era proprio a pittrice messicana Frida Kahlo. Fece ritratti su ritratti della bella pittrice.

Dalla fotografia all’amore per Frida Kahlo

Si erano conosciuti negli anni Trenta a Città del Messico. Se ne era innamorato perdutamente. Pendeva dalle sue labbra, da ogni parola da lei pronunciata, perdonando ogni sua bugia, le sue cattiverie, i suoi capricci. Perdonò persino l’amore che lei nutriva nei confronti di un altro uomo. Non si tirò indietro neppure quando lei gli chiese di fotografarla insieme al suo Diego.

Da qui nacquero i ritratti della pittrice messicana: Frida fiorata, dallo splendore indescrivibile, donna fiera ed elegante. Frida che sbarcò, grazie ai suoi ritratti resi famosi, anche sulla copertina di Vogue. Catturò l’anima della regina del surrealismo.

Frida Kahlo on White Bench - Vogue
La foto di Frida Kahlo sulla copertina di Vogue

Un ritratto di Frida Kahlo

Frida era un’artista versatile, affascinante, dalla bellezza esotica e conosciuta e apprezzata per il suo stile mistico e irreale. Era un’artista ribelle, soggetto preferito di oltre 20 fotografi tra i più influenti del XX secolo. Foto che la ritraevano senza mostrare i traumi fisici e psicologici che avevano segnato la sua esistenza. Frida, a soli 18 anni, era stata vittima di un incidente stradale, avvenuto il 17 settembre del 1925. Un incidente tra un autobus su cui si trovava a bordo e un tram. Era rimasta intrappolata tra le aste meccaniche del tram e un pezzo di corrimano che le trapassava da una parte all’altra. Poi il susseguirsi di ricoveri, costretta a letto di casa, con il busto ingessato.

Da qui Frida iniziò a dedicarsi alla pittura: iniziando proprio col dipingere il suo busto di gesso. Il suo corpo era la sua ossessione:

Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio.

I suoi dipinti sono conservati in musei e gallerie come il MoMA di New York. Le piaceva mettere in evidenza la bellezza mentale.

Infine una curiosità: Frida è stata la prima donna latinoamericana ad essere ritratta su un francobollo degli Stati Uniti. Esso fu emesso il 21 giugno del 2001. Il francobollo mostra l’immagine di un autoritratto dell’artista dipinto nel 1933.

Frida Kahlo - Francobollo - stamp - USA - June 2001
Il francobollo del 21 giugno 2001

È stata anche il soggetto di due pellicole: “Frida, Naturaleza Viva”, film del 1986, diretto da Paul Leduc con l’attrice Ofelia Medina che ha interpretato l’artista messicana; poi “Frida” del 2002, film tratto dalla biografia scritta da Hayden Herrera, diretto da Julie Taymor, dove la protagonista è interpretata dall’attrice Salma Hayek. Tanti, almeno undici, anche i documentari a lei dedicati. Per approfondire la sua storia, vi invitiamo a leggere la biografia di Frida Kahlo.

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Foto famose: August Landmesser che rifiuta di fare il saluto al Führer https://cultura.biografieonline.it/foto-famosa-august-landmesser/ https://cultura.biografieonline.it/foto-famosa-august-landmesser/#respond Fri, 04 Aug 2017 15:34:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23058 Per la serie di articoli dedicati ad alcune foto famose ne abbiamo scelta una molto simbolica. Si tratta di August Landmesser che rifiuta di fare il saluto al Führer, Adolf Hitler. Nella foto si vede l’operaio impassibile e a braccia conserte che nel 1936 non fece il saluto al reich durante il corteo nazista, il partito a cui lui stesso aveva aderito solo per ottenere un lavoro, ma dal quale fu cacciato dopo aver sposato la moglie ebrea.

Foto famosa August Landmesser - photo famous picture
13 giugno 1936nella foto August Landmesser appare evidenziato nel cerchio

Landmesser lavorava come operaio presso l’arsenale navale Blom + Voss di Amburgo e fu l’unico tra centinaia di operai e autorità a non fare il saluto nazista nel corso del corteo per l’inaugurazione del varo della nave scuola, la Horst Wessel, della marina militare tedesca.

Era il 13 giugno 1936. Questa foto è stata ritrovata solo in tempi recenti, nel 1991, pubblicata dal quotidiano Die Zeit. La foto si trova esposta al centro di documentazione “Topografia del terrore” a Berlino, proprio presso i luoghi della vecchia sede della Gestapo. È stato allora che le figlie hanno riconosciuto il padre, in quel gesto di protesta nei confronti del partito nazista.

Vi rimandiamo al sito principale Biografieonline.it, per approfondire la biografia di August Landmesser e nel contempo la storia di questa foto famosa.

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London Calling (The Clash): la celebre foto di Pennie Smith https://cultura.biografieonline.it/foto-london-calling-clash-pennie-smith/ https://cultura.biografieonline.it/foto-london-calling-clash-pennie-smith/#respond Thu, 03 Aug 2017 12:59:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22928 Il disco London Calling fu pubblicato il 14 dicembre 1979. E’ il terzo lavoro della punk rock band The Clash. L’album passato alla storia non solo perché contiene moltissimi generi musicali, ma proprio grazie alla sua copertina, ancora oggi molto riconoscibile. La grafica riprende il primo lavoro discografico di Elvis Presley.

The Clash - London Calling - Famous rock photo - Pennie Smith
La celebre foto di Pennie Smith scattata il 21 settembre 1979

Come nasce la celebre foto della copertina

Pare infatti che alla fine del concerto, tenuto a New York il 21 settembre 1979, Paul Simonon (bassista), insoddisfatto della performance decide di spaccare il proprio basso sul palco. Da qui lo scatto della fotografa inglese Pennie Smith, che si trova sul bordo del palco. Lo scatto è destinato a fare il giro del mondo. La fotografa cattura la scena senza staccare le mani dalla camera. Utilizza una Pentax ESII con una pellicola TRIX400 ASA. Compie tre scatti mentre il musicista si sfoga distruggendo il suo strumento. Oggi il basso elettrico esposto al Rock and Roll Hall Of Fame and Museum.

Si tratta di una delle fotografie più famose della storia del rockSi vede il bassista colto in modo naturale durante lo spettacolo al Palladium, a New York. La foto si è aggiudicata il riconoscimento di migliore fotografia rock and roll di tutti i tempi.

The Clash - London Calling - Cover album
The Clash, “London Calling”: la copertina del disco del 1979

Chi è Pennie Smith

La fotografia di Pennie Smith influenza una giovane generazione di fotografi. Lei è specializzata in bianco e nero. Il suo primo incarico è per la rivista NME: ci sono i Led Zeppelin in tour. Ma vediamo un aneddoto sulla foto scelta dalla band per la copertina del vinile.

La fotografa inglese sconsiglia al gruppo di utilizzarla perché sfuocata e troppo vicino al soggetto che lei fotografa, cioè il bassista intento a rompere il basso. Mentre i Clash ritengono opportuno utilizzarlo proprio per questo “difetto” che, secondo loro, ben ritrae la loro musica.

Pennie Smith
Pennie Smith

La Smith ha lavorato per le più importanti riviste musicali inglesi, ha pubblicato diversi libri, ha esposto i suoi lavori in molte gallerie in giro per il mondo, e ha continuato la sua carriera da freelance.

La band londinese

I The Clash sono nati a Londra, nel 1976, e sono stati attivi sino al 1986.  Senza neppure aver pubblicato un disco, sono riusciti a entrare nel giro delle punk band di Londra e ad esibirsi in numerosi concerti con altri gruppi famosi, quali, ad esempio, Sex Pistols, Buzzcocks e Damned. Un anno dopo dalla formazione, la band viene messa sotto contratto dalla Columbia, all’epoca una delle etichette più importanti.

Nasce così, dopo soli tre mesi, The Clash, un disco (omonimo) punk, vario e leggero. I membri storici della band sono: il cantante Joe Strummer (stroncato nel 2002 da un infarto), il chitarrista Mick Jones e il già citato bassista Paul Simonon.

Il successo per loro arriva nel 1978. Un anno dopo, nel 1979, viene registrato London Calling, un disco che esce come doppio al prezzo di uno. Esso contiene 19 brani. Inizialmente doveva essere intitolato The New Testament, titolo poi abbandonato a favore dell’altro. Il lavoro della band vende oltre due milioni di copie nel mondo, certificato disco di platino e disco d’oro negli Stati Uniti, nonché disco d’oro e d’argento nel Regno Unito.

Il doppio disco si apre con il brano omonimo.

London Calling, la canzone

La canzone recita:

The ice age is coming…the sun is zooming in
Engines stop running and the wheat is growing thin
A nuclear error… but I have no fear
London is drowning… and I…
I live by the river!”

che tradotta significa:

Sta arrivando l’era glaciale…il sole sta precipitando
I motori si fermano e il frumento avvizzisce
Un errore nucleare…ma io non ho paura
Londra sta annegando… ed io…
Io vivo vicino al fiume!

Il significato della canzone

Insomma non si tratta di una canzone felice, in quanto richiama tensioni sociali e la paura causata dall’incidente nucleare di Three Mile Island, avvenuto proprio nel 1979. Eppure è stata proposta come “jingle” per il countdown verso le Olimpiadi londinesi del 2012.

La canzone comincia con le parole: “London calling to the faraway towns, now that war is declared and battle come down. (“Londra sta chiamando le città lontane, ora che la guerra è dichiarata e la battaglia è arrivata”).

In pratica “Londra sta chiamando” è la traduzione letterale del titolo e allude al messaggio che trasmetteva la BBC in radio nel corso della Seconda Guerra Mondiale nei paesi occupati. La frase era pronunciata dall’annunciatore radiofonico Edward R. Murrow.

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Migrant Mother, celebre fotografia di Dorothea Lange https://cultura.biografieonline.it/migrant-mother-foto-famosa/ https://cultura.biografieonline.it/migrant-mother-foto-famosa/#comments Thu, 27 Jul 2017 10:12:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22926 The Migrant Mother (titolo originale Destitute Pea Picker – indigente raccoglitrice di piselli) è un ritratto scattato dalla fotografa statunitense Dorothea Lange, nel 1936. È uno scatto in bianco e nero, che ritrae Florence Owens Thompson, insieme ai suoi figli.

Migrant Mother - Florence Owens Thompson - foto - photo - pic by Dorothea Lange
Migrant Mother – La famosa fotografia di Dorothea Lange

Migrant Mother: storia della celebre foto

Florence è una vedova, madre di sette figli e che da sola deve provvedere a mantenerli. La fotoreporter scatta sei immagini con la sua Grafex 4 x 5. Si ritrova per caso davanti a quella donna che con lo sguardo triste parla di fame e disperazione. Ma che, nello stesso tempo, riesce a trasmettere la sua forza. Il suo è uno sguardo che resta immortale, destinato a rimanere nella storia.

La vidi e mi avvicinai alla madre disperata e affamata nella tenda, come se fossi stata attratta da un magnete. Non ricordo come le spiegai la mia presenza o quella della fotocamera, ma ricordo che mi fece delle domande. Ho scattato sei foto, avvicinandomi sempre di più dalla stessa direzione. Non le chiesi il suo nome né la sua storia. Lei mi disse che aveva 32 anni.

Cossi scrive poi la fotografa Dorothea Lange, raccontando i particolari di questo scatto. È il mese di marzo, siamo nel 1936 e la fotografa, dopo aver finito un servizio, un’inchiesta fotografica sui braccianti agricoli della periferia di Los Angeles, commissionato dalla Rural Resettlement Administration (organismo federale di monitoraggio della crisi economica) sta rientrando. Attraversando la Highway 10, attratta da un cartello che segnala un campo di raccoglitori di piselli, decide di tornare indietro e andare nel campo.

Qui trova 2.500 persone tra baracche e tende che cercano di resistere alla fame. Per loro, attirati lì da un’inserzione su un giornale, non c’è nessun lavoro né una paga a causa di una gelata che colpisce il raccolto. Tra questa gente, c’è anche la giovane 32enne, protagonista dello scatto.

Florence Owens Thompson

La giovane donna costretta dalle circostanze, decide di vendere gli pneumatici della sua auto per comprare il cibo per i suoi sette figli. Tale episodio colpisce la fotografa che denuncia la situazione alle autorità competenti per segnalare appunto la situazione di emergenza nel campo per la raccolta dei piselli. Le autorità intervengono mandando 10.000 chili di cibo. Nasce così questo scatto, per caso.

Migrant Mother - Destitute Pea Picker - raccoglitrice di piselli
Un altro scatto che ritrae l’indigente raccoglitrice di piselli (Destitute Pea Picker)

La famosa foto The Migrant Mother in brevissimo tempo, diventa il simbolo della Grande Depressione, ma anche un’icona della forza di una madre che lotta per sopravvivere. La donna ritratta viene riconosciuta 40 anni dopo, nel 1978. La fotografa non le ha mai chiesto il nome. Da qui la donna riceve migliaia di lettere di sostegno, ammirazione, nonché offerte di cure mediche perché colpita dal cancro. E non solo: a raccogliere informazioni sull’identità della donna è l’Associated Press che con la pubblicazione della storia dello scatto, suscita l’ira di Florence che si sente “sfruttata”. E’ lei a scrivere una lettera per esprimere la sua contrarietà all’immagine scattata da Dorothea Lange.

La fotografa Dorothea Lange

Donna sensibile, la Lange, nata a Hoboken il 26 maggio 1895, il cui vero nome era Dorothea Margaretta Nutzhorn (ma che decide di prendere il cognome della madre), da bambina, colpita da poliomielite reagisce al suo handicap studiando fotografia a New York con Clarence White. Compie la sua gavetta in numerosi studi, tra cui quello di Arnold Genthe.

È il 1918 quando decide di girare il mondo, insieme alla sua compagna di viaggi: la macchina fotografica. Finiti i soldi, decise di aprire uno studio a San Francisco. Qui consolida il suo futuro. Si sposa con il pittore Maynard Dixon e diventa madre di due figli, Daniel e John. La sua attività fotografica è dedicata agli immigrati, ai braccianti e agli operai.

Il periodo propizio per lei è tra il 1935 e il 1939, quando fa grandi reportage. Divorzia dal marito, nel 1935, e sposa Paul Taylor, che contribuisce all’attività della moglie con interviste e raccolte di dati.

È il 1947 quando collabora alla nascita della celebre agenzia Magnum (che vede tra i fondatori da Robert Capa e Henri Cartier-Bresson). Poi, nel 1952, è tra i fondatori della rivista “Aperture”. Gli ultimi anni di vita della fotografa sono segnati da una brutta malattia che, di fatto, le impedisce di lavorare: muore a settant’anni a causa di un cancro all’esofago.

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Il bacio in Times Square (V-J Day in Times Square) https://cultura.biografieonline.it/bacio-in-times-square/ https://cultura.biografieonline.it/bacio-in-times-square/#respond Mon, 26 Sep 2016 16:17:11 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19948 E’ il 14 agosto 1945 quando Alfred Eisenstaedt, fotografo americano di adozione, ma di origine tedesca, scatta la foto “Il bacio in Times Square“. E’ una foto destinata a restare nel cuore della gente, la più famosa tra quelle dell’artista. E’ lo storico bacio di un marinaio americano ad un’infermiera. La foto fu scattata nel cuore di New York, a Times Square.

Il bacio in Times Square - V-J Day in Times Square - detail - dettaglio
Il dettaglio del bacio della celebre foto scattata da Alfred Eisenstaedt

Il bacio in Times Square: storia della fotografia

È il giorno in cui, alle sette di sera, il Presidente Truman annuncia la resa del Giappone, che sancisce la fine della Seconda Guerra Mondiale.

La gente scende in strada, invadendo le strade di New York. Così il fotografo, che allora lavorava per la rivista Life (dal 1936 al 1972), segue la folla e a Times Square ritrae questo momento destinato a diventare un simbolo della Seconda Guerra Mondiale.

La sigla del titolo originale in lingua inglese “V-J Day in Times Square” – indica il giorno della vittoria sul Giappone. Ovvero V-JVictory over Japan.

Il bacio in Times Square - V-J Day in Times Square
La famosa foto nella sua interezza

Chi sono l’uomo e la donna?

Per decenni si è dibattuta l’identità dei due protagonisti, sino a quando – nel 2012 – si arrivò ad una svolta. Secondo lo storico Lawrence Verria i due presunti protagonisti sarebbero George Mendonsa e Greta Zimmer Friedman, ignari di essere stati il soggetto dell’obiettivo del fotografo sino al 1960. Lawrence arriva a questa conclusione per via del tatuaggio sul braccio destro di George. Riconosce Greta invece per l’altezza, la pettinatura e anche l’uniforme, in perfetta armonia con le altre foto del tempo.

Coppia che si bacia in Times Square - V-J Day in Times Square a New York
Un’altra foto di George Mendonsa e Greta Zimmer Friedman, sia da giovani che in età avanzata

L’orario

Poi, nel 2015, si è scoperta un’altra novità. Secondo la scienza non si tratta di loro. Secondo alcuni studiosi dell’Università del Texas e dell’Iowa il momento del bacio è successivo all’ora dichiarata – ovvero le 17.51 – ma sarebbe da fissare dopo.

Nella foto di Alfred Eisenstaedt si vede un’insegna “Bond”. Proprio dentro la lettera “o”, c’è un orologio. Qui gli esperti fanno notare che la lancetta dei minuti, unica visibile, è sul dieci, mentre quella delle ore non si distingue. Dunque l’orario potrebbe essere: 16.50, 17.50 o 18.50.

Bond - dettaglio del bacio in Times Square
Bond: il dettaglio con l’orologio

Dopo attenti studi, utilizzando anche altre immagini, si è arrivati a stabilire che l’ora esatta è proprio alle 17.51. Di fatto, forse Greta e George si scambiarono veramente il bacio presi dall’euforia della vittoria e dalla fine della guerra, ma non sono loro i protagonisti di questo scatto famoso. E’ del 10 settembre 2016, la notizia che Greta Friedman è morta all’età di 92 anni, in Virginia.

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California Kiss, foto famosa di Elliott Erwitt https://cultura.biografieonline.it/california-kiss-erwitt/ https://cultura.biografieonline.it/california-kiss-erwitt/#respond Mon, 06 Jun 2016 11:54:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18612 Raccontare con semplicità e ironia le emozioni che conferiscono gioia alla nostra quotidianità. Un compito non facile, ma che sicuramente riesce ad esercitare nello spettatore il fotografo statunitense Elliott Erwitt. Il suo sguardo ironico fa pensare a un mondo quasi surreale. Tra le sue foto, quella che raccontiamo in questo articolo, è quella intitolata “California Kiss“: una coppia del 1955 che si bacia dentro un’automobile e in cui l’immagine viene riflessa dallo specchietto retrovisore.

California Kiss - fotografia famosa - Elliott Erwitt
California Kiss (1955): la celebre fotografia di Elliott Erwitt

California Kiss: la storia della fotografia

E’ un bacio dato in riva al mare, immortalato a Santa Monica. Foto originale, romantica e soprattutto spontanea. Dove si intravede sullo sfondo il mare. I suoi scatti “rubano” momenti della vita quotidiana, osservandola da vicino. Tra i soggetti preferiti dal maestro: bambini, cani, spiagge, celebrità, politica. Per lui era importante “cogliere la frazione di secondo perfetta”. La totalità dei suoi scatti sono in bianco e nero, concentrandosi quasi esclusivamente su persone e animali, in grado di suscitare empatia nello spettatore. Emergono così le emozioni degli esseri umani. “Uno dei risultati più importanti che puoi raggiungere, è far ridere la gente. Se poi riesci, come ha fatto Chaplin, ad alternare il riso con il pianto, hai ottenuto la conquista più importante in assoluto. Non miro necessariamente a tanto, ma riconosco che si tratta del traguardo supremo”, sostiene Elliott Erwitt.

Elliott Erwitt
Il fotografo statunitense Elliott Erwitt

Indispensabile nella poetica dell’artista ciò che rappresenta l’anima della fotografia: l’osservazione. Un’analisi attenta della realtà intorno a noi. Osserva Erwitt:

Chiunque può diventare un fotografo con l’acquisto di una macchina fotografica, così come chiunque può diventare uno scrittore con l’acquisto di una penna, ma essere un buon fotografo richiede più che la semplice perizia tecnica. Basta poco per capire se qualcuno è dotato di senso di stile, senso della composizione e una grande istintività. Tuttavia, tutte le tecniche del mondo non possono compensare l’impossibilità di notare le cose.

Inizia la sua carriera fotografica servendo l’esercito americano in Francia e Germania come assistente fotografo. Dopo aver lavorato come fotografo freelance, lavorando per alcune riviste, quali Collier’s, Look, Life e Holiday, entra a lavorare nella prestigiosa agenzia Magnum Photos.

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