Interviste Archivi - Cultura https://cultura.biografieonline.it/argomento/persone/interviste/ Canale del sito Biografieonline.it Wed, 14 Feb 2024 22:57:31 +0000 it-IT hourly 1 Simona Bianchera, artista poliedrica dalle mille idee: intervista https://cultura.biografieonline.it/simona-bianchera-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/simona-bianchera-intervista/#respond Wed, 14 Feb 2024 22:56:42 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41893 Simona Bianchera è un’artista e scrittrice italiana originaria di Chiavari (GE). Sul sito principale pubblichiamo da diversi anni la sua biografia. In questa intervista andiamo un po’ più a fondo sulla sua arte e le sue opere, che in modo eclettico spaziano in molti campi.

Simona Bianchera
Simona Bianchera

Scrittrice di romanzi, riflessioni e canzoni, cantante, fotografa, pittrice: hai tante passioni!

L’arte fa parte della mia vita. Amo tutto ciò che mi tocca il cuore, che mi emoziona. Vi capitano dei periodi che siete più legati, ricettivi con alcune persone? Amici, fratelli, colleghi, ecc… secondo me è perché si entra in sintonia con l’energia dell’altra persona.

Vibrano sullo stesso piano ed è emozionante. A me capita di provare queste sensazioni anche attraverso l’arte: quando leggo un libro, guardando un quadro, una statua, ascoltando una canzone, entro in contatto con qualcosa creato da un’artista.

Perché dentro ogni creazione arriva la sua energia. Ogni creazione contiene un pezzo della sua anima.

Il tuo primo romanzo si intitola Tu sei Musica, puoi parlarci un po’ di questa opera?

In questo romanzo c’è una parte della mia anima e vorrei donarla a tutti.

Tu sei Musica è un romanzo d’amore sotto ogni sua forma. Ho voluto parlare di più sentimenti: una conoscenza che pian piano si trasforma in un qualcosa di indefinito, di emozionante fino a sfociare nell’amore.

L’amicizia che aiuta in ogni momento, l’amica che c’è sempre, nel bene e nel male. L’importanza dell’unione della famiglia. Un amore forte e duraturo che si spezza facendo soffrire, ma che farà riflettere, guardare dentro di sé per capire i propri errori, per migliorarsi.

La maggior parte delle volte il problema nei rapporti è la mancanza di comunicazione, quella vera, spesso si tengono dentro i propri pensieri, si fanno congetture, arrivando ad immaginarsi chissà cosa, quando basterebbe sempre parlare, chiarirsi.

Ho voluto far conoscere i diversi punti di vista per arrivare a far capire che a volte si sbaglia, facendo dannatamente soffrire le persone attorno, anche se le intenzioni erano buone, giuste e come l’errore di una singola persona possa condizionare, anche drammaticamente, la vita di tutti. Non bisogna mai giudicare perché tutti noi possiamo essere Carlo, tutti noi Vanessa o Alaska.

Il perdono non è inteso solo come “perdono quella persona che mi ha fatto del male”, ma come perdono prima di tutto di sé stessi, e poi perdono quella persona perché il suo sbaglio non debba continuare a farmi soffrire per sempre, il perdono è una liberazione dell’anima.

Altrimenti ogni azione sbagliata, subita o fatta, ci dannerà per sempre. Invece dai propri errori bisogna imparare, siamo in questa terra per fare esperienze e migliorare il nostro spirito.

Nella nuova edizione del romanzo un capitolo extra farà scoprire un finale spumeggiante e tramite il qr code, si può ascoltare il brano Tu sei Musica (canzone per il romanzo) scritto da me in collaborazione con Stefal Damiani e Marco Di Pietro, interpretato da Marzia Giacomelli, che ha partecipato a Casa Sanremo 2021.

La canzone ripercorre ogni emozione che il lettore percepisce tra le pagine. Una lettura ricca di colpi di scena, tenerezza, dolore, sentimenti forti e ora con la canzone potrete sentire queste sensazioni anche attraverso le note musicali.

Con il romanzo ho anche aderito al progetto Una pulce nel disegno in ricordo di Roberta Repetto e di tutte le donne vittima di omicidio. Questo progetto è stato ideato per collegare il nome di Roberta anche alla bellezza della sua arte. A racchiudere tutto l’amore percepito nella lettura del romanzo, il lettore troverà uno splendido acquarello di Roberta, laureata in Conservazione dei Beni Culturali, amava disegnare, dipingere, colorare e leggere.

La sorella Rita Repetto ha fondato, con altre persone, l’associazione a promozione sociale La pulce nell’orecchio per divulgare i rischi concreti che si corrono quando si entra in contatto con un culto distruttivo. Diffondere i campanelli d’allarme che devono suonare quando si teme che qualcuno sia caduto ‘nella tela del ragno’. Lo scopo è essere una pulce nell’orecchio di qualcuno altro affinché quello che è successo a Roberta non accada più.

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Simona Bianchera libro Tu Sei Musica

Il titolo Tu sei Musica è una frase forte, d’effetto, una bella dichiarazione d’amore per chi la ama. Sono tanti i brani musicali contenuti nel romanzo. Quanto è importante per te la Musica?

Per me è linfa vitale. Quando dipingo, scrivo o lavoro sulle fotografie devo sempre avere uno sfondo musicale. Quindi mentre scrivevo il romanzo mi veniva naturale accostare le canzoni alle emozioni dei protagonisti. La musica è il fulcro di tutto. Grazie a lei Alaska & Daniel si conoscono, e altri personaggi la usano per spiegarsi, arrivando a capirsi.

Quando siamo tristi, o felici, nostalgici o euforici andiamo alla ricerca del brano per amplificare quella sensazione o per sentirci meglio, per darci la carica o per rilassarci. Perché la musica è un’emozione danzante. Il romanzo ha una vera e propria colonna sonora. Musica che va dal Rock al Classico. Tra cui i brani ‘La Via Regina’ una stupenda canzone scritta da mio marito Fabrizio Pasetti (anche lui personaggio del romanzo) e ‘Giorni’ una canzone scritta e interpretata da me.

Abbiamo avuto il piacere di ascoltare le canzoni che tu e tuo marito Fabrizio scrivete. Vi unisce una bella passione.

Amiamo la musica. Nei primi anni 2000 avevamo fondato, con il nostro amico chitarrista Diego (anche lui scrittore di testi) il gruppo musicale Pensieri Divergenti. Davamo vita alle nostre canzoni insieme a qualche cover. Pur non avendo più il gruppo sia io che mio marito abbiamo continuato a scrivere canzoni e le carichiamo su Youtube e Spotify. Stiamo collaborando con diversi musicisti, tra cui il grandioso Fabrizio Fortuna, chitarrista e bassista e compositore eccezionale.

Attraverso le canzoni, come per ogni altra forma d’arte, si ha la possibilità di trasmettere messaggi importanti. È questo il nostro intento: quello di riuscire a far fermare la persona che ascolta dalla frenesia del quotidiano (che è già un bel traguardo) e farla riflettere, andare oltre alla superficialità di cui siamo contornati.

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Riflessioni per Rinascere è un libro particolare, addirittura interattivo, le cui riflessioni hanno già vinto diversi premi. Ce ne vuoi parlare?

È un libro di riflessioni di stati d’animo che ho scritto in momenti particolari della mia vita. Alcune risalgono anche a vent’anni fa. Nascono dal bisogno di affrontare talune situazioni che stavo vivendo: quali il dolore, la sfiducia, la paura, da un diverso punto di vista, come se qualcuno mi parlasse per darmi coraggio, forza, fiducia, speranza. Altre sono un inno alla gioia di vivere, di scoprire, di viaggiare. È un libro interattivo: da leggere, da guardare e da ascoltare, che attiva tutti i sensi del lettore per vivere appieno le sensazioni che vuole trasmettere.

Da guardare con le splendide illustrazioni di Nina Arteflores (al secolo Veronica Buva) e da ascoltare, tramite il qr code, con le stupende e vivide letture di Lucia Caponetto che ci portano in un luogo fatto di sogni da realizzare e vivere, di viaggi reali e immaginari da fare, di felicità da carpire e da cui lasciarsi avvolgere.

Un libro che contiene tesori splendenti, quali la prefazione della grande scrittrice Valeria Corciolani e la commovente favola di Alessandro Ricci illustrata da Stefania Franchi. Letture adatte a tutti, ad ogni età, perché la vita è costellata da emozioni che vogliono solo farsi sentire. Lo scopo del libro è quello di trasmettere forza, amore, speranza ed energia positiva.

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Simona Bianchera libro Rilfessioni per rnascere

Hai altre novità artistiche che ci puoi anticipare?

Sì, molti, in diversi ambiti. Sia musicali (a breve usciranno nuovi brani) che letterari (sto revisionando il prossimo romanzo, terminato ormai da un paio d’anni) e qualche novità anche nella pittura.

Una mia opera è stata scelta e inserita nella collezione del Consolato Onorario della Moldova, a Roma, come mostra perenne e poi anche itinerante, legata a vari progetti che prenderanno vita, grazie al console Roberto Galanti.

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Intervista a Carlo Zannetti, cantautore, musicista e scrittore https://cultura.biografieonline.it/carlo-zannetti-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/carlo-zannetti-intervista/#comments Fri, 01 Sep 2023 10:04:02 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41429 Carlo Zannetti è cantautore, musicista e anche scrittore. Recentemente ha iniziato una collaborazione con Bobby Solo. Nell’intervista che segue abbiamo approfondito la conoscenza di Carlo scoprendo interessanti sfumature del suo background artistico di compositore e autore.

Carlo Zannetti
Di seguito l’intervista a Carlo Zannetti

Nel nostro incontro Carlo esordisce così:

“A scuola ero un disastro, stavo delle ore a guardare dalla finestra, mentre i professori si sbracciavano per spiegare le loro materie che a me non interessavano. I miei compagni di classe non mi erano simpatici e non sono mai andato alle gite scolastiche. Ero bravo in disegno, storia dell’arte e ovviamente musica, quando si faceva. Ho iniziato a studiare la chitarra a dodici anni. Suonavo sempre”.

Quale genere di musica ti piaceva?
CZ) Ho iniziato con la musica classica, poi sono passato alla musica dei cantautori che rincorrevo per le strade del centro di Bologna. Francesco Guccini, Claudio Lolli, Claudio Rocchi, Lucio Dalla ed Edoardo Bennato. Io abitavo in periferia e in bicicletta raggiungevo la piazza S. Petronio dove cercavo i miei idoli. Erano molto gentili con me, ero un ragazzino di dodici anni. Poi sono passato al rock inglese, ma la musica mi piace tutta. Tutti i miei pochi risparmi li ho sempre spesi per comprare la rivista “Ciao 2001” dove trovavo le tablature per chitarra.

Quando sei passato al professionismo?
CZ) Ero molto forte nelle sale di registrazione perché il contatto con il pubblico mi diventava un po’ difficile, per via di un problema di autostima che ho da sempre. Era il 1982 quando ho cominciato a frequentare alcuni famosi artisti e ho partecipato a parecchie sessioni di registrazioni soprattutto a Bologna, Padova e Milano. Purtroppo a quei tempi non tutti menzionavano i turnisti che suonavano nei loro dischi, ma per me erano ogni volta delle grandi soddisfazioni, di cui ancora adesso vado fiero.

I tuoi album come cantautore?
CZ) Quella volta incontrai un produttore discografico di Verona, in un locale di Padova dove mi esibivo negli anni ’90.
Si innamorò di alcune mie canzoni e mi propose di uscire con un album, un CD. Era il 1995. L’album s’intitolò “Carlo Zannetti”. Entrai in un mondo di fotografie, grafici per la copertina, presentazioni varie, programmi televisivi e tutto ciò che ne derivò. Non andò male e così pubblicammo anche un secondo album “L’Ulisse del 2000”. La canzone che dava il titolo all’album mi piaceva tantissimo. Quel testo mi fece conoscere molto nel panorama musicale nazionale in una nuova veste, quella di autore di testi.

=> Visita anche: la discografia di Carlo Zannetti <=

Hai suonato come chitarrista turnista con tanti artisti famosi, chi ti è rimasto più impresso?
CZ) Mi sono trovato molto bene con tutti. Ho incontrato dei colleghi bravissimi con i quali ho stretto grandi amicizie. Nel 2011 ho fatto una tournée con i Jalisse ai quali ho voluto veramente bene, perché sono persone molto gentili e soprattutto professionisti di alto livello. Poi Jimmy Fontana, anche lui un grande amico e straordinario maestro di vita. Ultimamente sto lavorando con Bobby Solo, un grande compositore, un amico. Insieme abbiamo scritto una serie di canzoni, tutte pubblicate dall’etichetta discografica “Videoradio e Videoradio Channel” diretta dal mio amico Giuseppe Aleo.
In tutti questi anni ho imparato che la vera nobiltà d’animo è l’umiltà. In merito a questo, devo dire che ricordo con affetto le belle parole fatte con Eugenio Finardi, Andrea Mirò e con il mio amico Marco Ferradini. Grandissimi artisti, molto umili e dotati di eccezionali capacità.

In questo periodo oltre a lavorare con Bobby Solo che progetti hai?
CZ) Ho una canzone che ho già pubblicato come singolo nel 2017 che vorrei sentire interpretata da una grande voce. Spero di trovare una grande interprete perché ci terrei molto. L’ho proposta a Fiordaliso e a Silvia Mezzanotte ma credo che in questo momento non se la sentano di affrontare un progetto di questo genere perché si tratta di una cover, oppure semplicemente perché non è il loro genere. È un brano molto particolare. Comunque la produzione è sempre pronta.
Oltre a questo, in ottobre inizieranno le riprese di un film basato su un mio racconto che s’intitola “La paura di vincere”, un cortometraggio per l’esattezza, di cui ho scritto anche la colonna sonora. Verrà girato a Ferrara, mia città natale. Alla regia c’è Roberta Pazi, alla sceneggiatura Lillo Venezia e tra gli attori ci sarà anche Bobby Solo. Sarà un girato molto interessante e molto originale.

Oltre alla musica sei anche uno scrittore. Hai scritto “Il tormento del talento” un libro che è andato bene. Cosa ci racconti?
CZ) “Il tormento del talento” è il mio quarto libro. È un insieme di racconti dedicati ai miei grandi miti musicali. In questa raccolta non ho volutamente scrivere della droga, dei fatti personali e quant’ altro, ma solo di quella strana “bilancia” che pende dalla parte del talento, ovvero degli scompensi che crea il fatto di nascere con una straordinaria predisposizione naturale al fare arte. Il libro è dedicato a Sinéad O’Connor, donna meravigliosa che ho avuto modo di conoscere nel 2017, e che purtroppo è recentemente scomparsa. Suonava molto bene la chitarra e aveva una capacità interpretativa unica. Mi è dispiaciuto moltissimo.

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Daniele Bartocci: intervista al fuoriclasse del giornalismo https://cultura.biografieonline.it/daniele-bartocci-intervista-fuoriclasse-giornalismo/ https://cultura.biografieonline.it/daniele-bartocci-intervista-fuoriclasse-giornalismo/#respond Thu, 01 Oct 2020 07:39:57 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30466 Un’estate di festa a Forte dei Marmi per Daniele Bartocci, pluripremiato giornalista marchigiano. Dopo aver registrato un importante triplete di premi in ambito giornalistico nel 2020 (Premio di migliore giornalista giovane al Premio Renato Cesarini 2020, Premio Inedito – Giovanni Arpino di Torino 2020 e Premio Myllennium Award 2020 a Villa Medici – Roma), il giornalista marchigiano Daniele Bartocci si è concesso meritatamente un po’ di svago e relax in Versilia, esattamente a Forte dei Marmi. Qui è stato invitato alla cena di gala delle Olimpiadi del Cuore organizzate da Paolo Brosio, tenuta ai Bagni Annetta di Forte dei Marmi alla presenza di Carlo Conti, Marcello Lippi, Leonardo Pieraccioni, Mara Santangelo, Giorgio Panariello e numerosi vip e sportivi.

Proprio in questa occasione lo abbiamo intercettato: al giovane Daniele Bartocci abbiamo posto alcune domande sulla sua gloriosa carriera da giornalista. Oggi Daniele Bartocci è ritenuto dagli addetti ai lavori un fuoriclasse del giornalismo, uno dei giornalisti più promettenti, rilevanti e credibili a livello nazionale, vincitore di oltre 10 premi nazionali tra cui il premio di miglior giornalista under 30 nel 2019 e il Premio Myllennium Award di Roma sia nel 2019 che nel 2020, premiato a luglio di quest’anno dal Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora e dal Comitato d’Onore composto dal Presidente Coni Giovanni Malagò.

Daniele Bartocci con la targa del Premio InediTO
Daniele Bartocci con la targa del Premio InediTO

Intervista a Daniele Bartocci

Myllennium Award, Premio Renato Cesarini e Premio Giovanni Arpino – Inedito di Torino, senza dimenticare gli altri premi vinti negli ultimi anni tra cui quello al Festival Nazionale del Racconto e del Giornalismo Sportivo. Per te Daniele è stato un anno ricco di premi, GUADAGNATI SUL CAMPO COME SEMPRE, SENZA CONOSCENZE O RACCOMANDAZIONI… Un Triplete che ti rende particolarmente orgoglioso e che ti stai gustando al meglio durante la tua estate in Versilia…

È stata un’annata che non dimenticherò, non tanto per il Covid-19 che ha complicato la vita di ognuno di noi, quanto per le soddisfazioni che mi sono tolto nel campo del giornalismo. La doppietta al MYllennium Award, premio da me già vinto a Roma nel 2019 in collaborazione con il Coni, ha rappresentato per il sottoscritto un riconoscimento prestigioso che ricorderò a lungo.

Mi fa davvero piacere che le mie opere, i miei scritti e i miei articoli siano spesso apprezzati, non solo in queste occasioni, ma anche durante i miei (oltre) 17 anni di attività giornalistica.

Il giovane jesino è risultato infatti anche nel 2020 tra i migliori millennials italiani in ambito giornalismo/saggistica sportiva, unico giovane a rappresentare per due anni consecutivi la regione Marche, premiato a Villa Medici a Roma (Accademia di Francia – Myllennium Award) dal Ministro Sport Vincenzo Spadafora, alla presenza del Presidente Coni Giovanni Malagò.

Laureato alla magistrale della Politecnica delle Marche (110 e lode), con all’attivo vari interventi e docenze in università e master giornalismo, sei ad oggi anche al primo posto in classifica nel Premio Blog dell’Anno 2020, lanciato da Superscommesse.it, primo comparatore in Italia per le scommesse sportive e nota piattaforma di notizie. Un premio riservato al miglior blog sportivo italiano. Sarà poker, e non triplete, a fine anno?

Spero di poter vincere questo importante riconoscimento di Blog dell’Anno. Ho lettori molto fedeli, che leggono con attenzione il mio blog www.danielebartocci.com e www.danielebartoccichannel.it, regalandomi senz’altro emozioni e motivazioni. Cerco sempre di inserire notizie interessanti e curiose nel mio blog, lo faccio a dire il vero dal 2013, anno in cui lanciai il blog, precisamente nel post-laurea, anche con l’obiettivo di mettere lo sport sotto la lente d’ingrandimento.

Focus, analisi e commenti di tipo sportivo qui sono all’ordine del giorno.. Se davvero riuscirò a vincere l’ambito premio di Blog dell’Anno, potrò arricchire il mio palmares, già composto da diversi premi quali quello di Overtime Festival 2018 (miglior articolo sport individuali), premio giornalistico Mimmo Ferrara 2019 (menzione speciale all’Ordine Giornalisti – Napoli), premio Overtime web Festival al Festival Nazionale del Giornalismo Sportivo 2019 insieme all’indimenticabile Gianni Mura.

Sicuramente la mia passione per il giornalismo mi dà ogni giorno nuovi stimoli, con la consapevolezza di avere le carte in regola per continuare a far bene la mia attività, con motivazione, rigore, sacrificio e soprattutto oggettività. I consigli? Sempre ben accetti, ma mai irreversibili lezioni di stile.

Daniele Bartocci
Daniele Bartocci

Ricordiamo che Bartocci, oltre ad aver rivestito l’incarico di responsabile comunicazione di una società calcistica e a collaborare per varie testate (negli anni anche Corriere Adriatico), vanta esperienze come radiocronista e telecronista. Bartocci risulta come giornalista tra i vincitori del concorso letterario (Historica – Centro Sportivo Italiano) di Racconti Sportivi edizione sia 2019 (a Torino, premiato dall’ex Juve Beppe Furino e Bologna al Teatro Arena Fico) che 2020. E ancora, Daniele Bartocci è stato premiato nel 2019 come miglior giornalista under 30 (Premio R.Cesarini) dal Segretario Nazionale Ordine Giornalisti Guido D’Ubaldo, nonché ad Ascoli Piceno, sempre in ambito giornalismo e saggistica per il Premio Città di Ascoli.

Bartocci si è inoltre classificato al terzo posto al premio internazionale giornalismo (organizzato ad Ischia) Otto Milioni 2019, oltre ad aver vinto in passato vari bandi, premi e progetti come Google Eccellenze Digitali per i migliori comunicatori digitali. Nel 2020 ha anche ricevuto l’attestato di benemerito della cultura da parte del Versilia Club, oltre ad essere tra i vincitori del Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea.

Sei stato l’ideatore del Premio Giornalistico Nazionale Giuseppe Luconi 2020, nato per onorare la memoria di tuo zio Giuseppe Luconi, decano del giornalismo marchigiano e corrispondente per oltre 60 anni di Rai, Corriere della Sera e altre testate nazionali e marchigiani. Come si è svolta questa iniziativa?

Un premio a tratti commovente, una giornata in cui si è registrato il tutto esaurito in platea, nel rispetto di tutte le disposizioni di sicurezza legate all’emergenza Covid-19. Hanno partecipato importanti giornalisti, tra questi Maurizio Compagnoni (Sky Sport), Dario Ricci (Sole 24 Ore), Laura Tangherlini (Rai), Beppe Cormio (campione del mondo per club con la Lube Volley Civitanova), Vincenzo Varagona (Vice Caporedattore TGR Marche) e tanti altri. Una mattinata davvero speciale durante la quale si è svolto un interessante talk-show sul giornalismo tradizionale e i nuovi modelli comunicativi online, fake-news e deontologia professionale. Non è stata semplice l’organizzazione, ma se tutto si è svolto alla perfezione significa che probabilmente io e tutto lo staff abbiamo avuto la massima cura di ogni dettaglio. E ciò non può che farci un immenso piacere.

Anche qui in Versilia sei sempre concentrato sul giornalismo. Recentemente hai svolto anche un coinvolgente master del Sole 24 Ore in Comunicazione e Marketing Sportivo. Come sta cambiando il pianeta del giornalismo secondo te?

L’argomento è variegato e complesso. I social stanno mettendo a dura prova l’attività di giornalista e la carta stampata che, in ogni modo, riuscirà credo a sopravvivere per lungo tempo. Vedo un aumento del copia e incolla da parte delle nuove generazioni del giornalismo e questo un po’ preoccupa. In linea generale, a livello di cultura, secondo sondaggi sta aumentando la percentuale di analfabeti funzionali e questo fa male alla nostra comunità. Vedo alcuni giovani spaesati, senza obiettivi ben precisi e senza cultura.

La cultura, anche quella del giornalista, a mio avviso deve essere sempre una risorsa fondamentale per il nostro paese e non un problema da risolvere o addirittura da sconfiggere. A tal punto i genitori oggi più che mai devono fare la loro parte per far crescere i propri figli nel modo giusto. I giornalisti? Oggi sono visti spesso come un personaggio scomodo, un tempo cronisti e addetti stampa viaggiavano con la squadra. Oggi alcuni giocatori evitano i giornalisti e preferiscono utilizzare la via della comunicazione diretta, quella dei social network. Ma essere giornalisti di se stessi talvolta finisce per generare conseguenze dannose per tutto l’ambiente, non soltanto sportivo.

Ti senti più un fuoriclasse o un top-player del giornalismo?

Ahah (scherza)… Nessuno dei due, non esageriamo. Sono un ragazzo umile che crede nelle cose che fa, credo che i risultati positivi che ho raggiunto nel campo del giornalismo sono frutto del sacrificio, del lavoro e dell’impegno che metto ogni giorno in ambito giornalistico.

Non conosciamo giovani più premiati di te… Ad oggi ci risulta che sei il giornalista giovane più premiato d’Italia… Questa etichetta ti pesa un po’ o è solo gossip?

Certamente sono contento delle vostre parole, ma sicuramente ci sono bravissimi giornalisti in Italia, sia giovani che ‘senior’. Da parte mia posso soltanto lavorare con umiltà e voglia di crescere giorno dopo giorno, partecipando anche a numerosi eventi sportivi in giro per l’Italia, come ho fatto in questi anni: tra questi il Gran Galà Calcio di Milano 2018 e 2019, il Gran Galà del Calcio della Serie B 2018 e 2019, lo Sport Digital Marketing Festival e tanti altri.

Però il Ministro dello Sport Spadafora, nel post Facebook da lui inserito a luglio 2020 nel post evento del Myllennium Award, ti dava dell’autentica eccellenza e recitava così:

I ragazzi premiati, soprattutto in ambito sportivo, sono senza dubbio delle vere eccellenze. A loro va non solo l’augurio per ulteriori e più alti successi, ma la promessa di un impegno costante per rendere il nostro Paese un luogo in cui poter mettere a frutto il proprio valore”. Ti rende orgoglioso le parole del nostro Ministro dello Sport?

Un po’ mi emozionano ancora, sono sincero. Fa indubbiamente piacere essere elogiato pubblicamente dal Ministro Spadafora che ringrazio per la sua professionalità e gentilezza.

Daniele Bartocci con il Ministro Spadafora e il Presidente del CONI Malagò

Quali sono i segreti del tuo successo in ambito giornalistico?

Grinta, motivazione e per così dire ‘cattiveria agonistica’ sono ingredienti importanti. Ma preferisco riportare tre punti che mi ripeteva ogni giorno il mio zio giornalista Giuseppe Luconi: “Il giornalista deve essere onesto con se stesso per poterlo essere con i lettori. Il giornalista deve avere le idee chiare per poter scrivere con chiarezza e farsi dunque capire da chi legge. Sforzarsi a comprendere che il giornalismo non è un privilegio ma un servizio da esercitare con sacrificio e umiltà. Questi due elementi sono indispensabili a mio parere se si vuole costruire qualcosa di rilevante.

Ti auguriamo le migliori fortune… Complimenti ancora per i tuoi eccellenti risultati e In bocca al lupo di cuore Daniele…

Grazie a voi per l’intervista. Un caro saluto.

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Daniele Bartocci: intervista a uno dei giornalisti più promettenti del panorama italiano https://cultura.biografieonline.it/daniele-bartocci-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/daniele-bartocci-intervista/#respond Fri, 22 May 2020 10:51:48 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=29278 Daniele Bartocci è un giornalista marchigiano. Nella sua giovane età risulta essere uno dei giornalisti più premiati nel panorama nazionale. Recentemente abbiamo pubblicato sul sito principale la biografia di Daniele Bartocci.

Daniele Bartocci

Daniele è nato a Jesi, in provincia di Ancona, nel 1989. Laureato con lode in Economia e Commercio, ha alle spalle un Master in marketing sportivo e una carriera ricca e densa di esperienze.

Nella breve intervista che segue ho avuto modo di conoscerlo meglio e approfondire alcuni temi legati al giornalismo e in modo particolare al giornalismo sportivo.

Intervista a Daniele Bartocci

Ciao Daniele. Quali sono le armi segrete di un giornalista secondo te?

Fondamentali a mio parere sono physique du rôle, motivazione e consapevolezza delle proprie qualità e dei propri mezzi. Tempestività, credibilità e oggettività possono fare allo stesso modo la differenza.

In particolar modo, da parte mia credo molto nel concetto di motivazione personale e professionale: forse ho preso da mio zio Alberto Santoni, grande motivatore e primo vice-allenatore italiano del profeta Julio Velasco nel 1983 a Jesi in serie A2 di volley. Julio Velasco è tra i numeri uno mondiali a mio avviso per motivazione e comunicazione.

Mentre per quanto riguarda un grande giornalista, questo deve saper svolgere a mio modo di vedere la propria attività in maniera oggettiva e puntuale, senza condizionamenti esterni. Deve essere consapevole dei danni che si possono arrecare a terze persone ma anche del bene, ovvero della credibilità e della fama che si può ottenere portando avanti con rigore la propria professione.

Il tuo curriculum pullula di premi vinti. Qual è il più prestigioso che hai ottenuto fino ad oggi nella tua carriera da giornalista?

Uno dei premi più emozionanti e importanti è stato certamente il premio ottenuto all’Accademia di Francia, a Roma, nel luglio 2019. Myllennium Award rappresenta il primo premio generazionale in Italia che vanta la Medaglia di bronzo del Senato, dedicato ai migliori millennials.

La serata, condotta da Pierluigi Pardo e Margherita Granbassi davanti a una platea fatta di blasonati nomi dello sport e dello spettacolo, ha visto premiare il talento di 30 giovani menti italiane in vari ambiti: sportivo, imprenditoriale, cinematografico, scientifico.

Daniele Bartocci riceve il premio Myllennium (2019). Con lui nella foto: la senatrice Mariarosaria Rossi
Daniele Bartocci riceve il premio Myllennium (2019). Con lui nella foto: la senatrice Mariarosaria Rossi

Il Comitato d’Onore, composto tra gli altri dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dal direttore generale Presidenza Consiglio dei Ministri Francesco Tufarelli, e il Comitato Tecnico del Premio formato da alte cariche dirigenziali e campionesse olimpiche come Giulia Quintavalle e Silvia Salis, mi ha voluto premiare nella Sezione Saggistica/Narrativa sportiva, grazie ad un elaborato inedito, di circa 40 pagine, di carattere storico, su Julio Velasco, la cui carriera partì proprio da Jesi nei primi anni Ottanta.

Velasco è un personaggio straordinario, non solo per i suoi meriti sportivi. Ho assistito in passato a un suo intervento dedicato a imprenditori e manager: è stato molto emozionante e di ispirazione.

L’elaborato che ho scritto su di lui è in continua espansione, oggetto di un mio studio approfondito, grazie anche a un ricco materiale storico ed esclusivo a mia disposizione sui cui lavorare.

Velasco è un personaggio tra i più vincenti della storia dello sport mondiale ed ex allenatore della Tre Valli Volley, club della mia città, in serie A2 dal 1983 al 1985. Essere rientrato tra i migliori 30 millennials d’Italia indubbiamente mi riempie di orgoglio e mi dà ancor più energia per proseguire con determinazione e motivazione il mio cammino personale e professionale.

Altri premi vinti?

Non voglio dimenticare nemmeno il prestigioso premio Renato Cesarini vinto nel 2019, il Premio Giornalistico Mimmo Ferrara (menzione speciale), il Premio Giornalismo Internazionale Otto Milioni organizzato ad Ischia (terzo posto), il premio letterario Città di Ascoli Piceno (menzione d’onore), Racconti Sportivi 2019 e 2020, l’ingresso ufficiale nei finalisti del Premio InediTO di Torino 2020 in ambito letteratura sportiva, la cui cerimonia è in fase di definizione.

Sono talmente tanti i premi e riconoscimenti ottenuti che forse ne hai dimenticati alcuni per strada… Mi risulta infatti che sei stato premiato per due anni consecutivi al Festival Nazionale del Giornalismo Sportivo

Esattamente. Sono stato premiato a ottobre 2018 all’Università di Macerata in qualità di giornalista, come miglior articolo di sport individuali, in occasione della cerimonia di premiazione del Festival Nazionale dell’Etica, Racconto e Giornalismo Sportivo, in compagnia di illustri giornalisti come Marino Bartoletti.

Inaspettatamente sono stato premiato anche a fine 2019, sempre in occasione di Overtime Festival del Giornalismo Sportivo, per la mia attività svolta con rigore, puntualità e passione.

Tra l’altro sono stato premiato in questa occasione insieme ad un giornalista incredibile come Gianni Mura, un angelo volato in cielo poco tempo fa. Lo voglio salutare calorosamente pur se, non lo nascondo, con un pizzico di commozione da parte mia.

L’intervista più divertente che hai fatto?

Ce ne sono tante, forse quella fatta a Pierluigi Pardo un paio di anni fa.

La testata del lusso, moda e lifestyle di Milano The Way ti ha recentemente definito un giornalista gentleman. Su quale base ti hanno etichettato con questo termine e stile per così dire eclettico?

Mi ha fatto sorridere quel titolo. Che devo dire… più che gentleman mi definisco un giornalista a cui piace fare le cose al meglio delle proprie possibilità, presentandosi ove possibile in maniera elegante e per certi versi con uno stile preciso e compliance.

Mi sono tra l’altro fatto personalizzare da un designer estero un orologio, con la denominazione del mio blog impressa sul quadrante.

Ovvio che non mi giudico da solo, sarebbe inopportuno e poco professionale.

Nel corso degli anni con quali testate hai collaborato?

All’età di 20 anni circa ho firmato un contratto con il Corriere Adriatico. Ma già all’età di 16 anni iniziai a fare molta gavetta in media sia locali che nazionali. Ho collaborato e sto collaborando con varie testate sportive e non: nel corso degli anni penso a OaSport (eletta miglior testata sportiva del 2019 a Overtime), Basketnet, Voce della Vallesina, Vivere e tante altre. Ho realizzato anche servizi, telecronache e radiocronache su emittenti nazionali, oltre a rivestire l’incarico di addetto stampa e speaker della squadra Jesina Calcio, città natale di Roberto Mancini e glorioso club che ha militato anche in serie C.

La mia fortuna, se così vogliamo definirla, è stata quella di saper leggere e scrivere sin da bimbo, simulando articoli, telecronache e tutto quanto potesse accadere in ambito media sportivi.

Sappiamo che in questi giorni hai anche bissato il successo al premio Racconti Sportivi…

Un importante concorso letterario organizzato da Historica con il patrocinio del Centro Sportivo Italiano. Sono stato premiato nella bellissima location del Centro Studi San Carlo di Torino a maggio 2019, dall’ex capitano della Juventus Beppe Furino. Il tutto grazie ad un racconto di carattere storico che ho realizzato relativamente al pianeta sportivo.

Il volume cartaceo della scorsa edizione, che contiene alcuni racconti vincitori tra cui il mio, è stato presentato in anteprima nazionale niente meno che al Salone Internazionale del Libro di Torino e successivamente durante la cerimonia di premiazione al Teatro Arena Fico di Bologna.

Mi sono ripetuto a Racconti Sportivi 2020 rientrando tra i vincitori del concorso anche quest’anno. Peccato che il Coronavirus impedisca l’organizzazione dell’evento in presenza a Torino, alla presenza di importanti ospiti.

Facciamo cronologicamente un passo indietro, tornando agli anni della tua formazione: nel tuo curriculum c’è anche un Master in Comunicazione e Marketing Sportivo…

Esattamente. Non mi piace buttar via del tempo prezioso, cerco di aggiornarmi in maniera costante su tutto quanto accade intorno a me. Ho avuto modo di conseguire nel 2019 un master (Sole 24 Ore) estremamente interessante grazie al quale ho potuto approfondire svariate tematiche quali l’organizzazione del mercato e la pianificazione degli eventi sportivi, il marketing branding e la governance nello sport, nuovi modelli di comunicazione applicati all’interno delle strategie sportive e così via.

A mio modo di vedere, riguardo al discorso dei social, questi dovrebbero essere utilizzati per utili motivi professionali; spesso invece vedo alcuni tizi delle nuove generazioni che sono distratti online tutto il giorno, anche a scuola.

I genitori poi non si lamentino se i propri figli diventano analfabeti funzionali, come riporta un recente articolo-studio di un quotidiano nazionale.

Per ciò che mi riguarda, la mia famiglia sin da piccolo ha saputo regalarmi ed insegnarmi i valori sani della vita. Mi ritengo fortunato ma sicuramente non un predestinato.

Tra l’altro poter lavorare nel marketing/sviluppo di nuovi progetti in un’azienda leader di settore della mia regione mi rende ancora più determinato a fare bene.

Sei stato premiato dal Segretario Nazionale Ordine dei Giornalisti Guido D’Ubaldo come miglior giornalista under 30 durante la cerimonia del prestigioso Premio Renato Cesarini 2019, dedicata al campione emblema del gol all’ultimo minuto. Che emozione hai provato salire su un palco del genere con grandi campioni?

E’ stata per me una grande soddisfazione essere premiato nell’ultima edizione del Premio Renato Cesarini da Guido D’Ubaldo, segretario nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e prestigiosa firma del Corriere dello Sport insieme a firme sportive del calibro di Sandro Sabatini di Mediaset, Luca Marchetti di Sky e Guido Vaciago di Tuttosport, a calciatori come Sebastiano Rossi, Daniel Ciofani, Marco Tardelli e a manager e allenatori come Pantaleo Corvino, Serse Cosmi e tanti altri ancora.

In oltre 16 anni di giornalismo (cronaca, attualità, sport) mi sono impegnato al massimo, con la solita grande motivazione, senza invidia né gelosia nei confronti del prossimo e con tanta umiltà, partendo da zero ex-novo e arrivando a scrivere sin da giovanissimo per testate locali e nazionali, magazine e quotidiani come il Corriere Adriatico, facendo telecronache, radiocronache e rivestendo l’incarico di responsabile ufficio stampa-comunicazione a livello sportivo.

Alcuni mi davano per matto in quanto a loro modo di vedere dedicare a quell’età del mio tempo libero per il giornalismo era quasi una follia. Io sinceramente l’ho sempre fatto con grande piacere, non mi pesava e ho sempre bilanciato il tutto in relazione agli altri impegni di vita personale.

Ho creato anche due blog www.danielebartocci.com www.danielebartoccichannel.it nel corso dei miei anni di studio e lavoro, arrivando a svolgere nel corso del tempo qualche docenza in giornalismo e comunicazione in università e master, maturando nello stesso tempo esperienza come conduttore, relatore, moderatore e ospite in palinsesti specie sportivi.

Bellissima la recente esperienza come ospite nello splendido programma sportivo girato nello studio di Telestense in Emilia Romagna.

Credo che in questi anni di intensa attività giornalistica siano state apprezzate la mia caparbietà, spontaneità e oggettività in ambito comunicato; un ruolo da me svolto negli anni con una grande passione senza condizionamenti esterni e in maniera qualificata e originale, con l’obiettivo di suscitare qualcosa nell’utente finale e di offrire la notizia in maniera veloce ma nel contempo efficace.

In questi giorni ti è arrivato anche il conferimento del titolo di Benemerito della Cultura, uno speciale attestato rilasciato dall’illustre Versilia Club, riguardo a un premio patrocinato anche dalla Regione Toscana. E anche la notizia del premio InediTO di Torino…

Esattamente, ma ancora è tutto Top Secret.

Ok, non lo dirò a nessuno! [Ridiamo entrambe]

Aspettiamo la cerimonia del Premio città di Massa in programma a fine anno per scoprire di più.

Daniele Bartocci premio InediTO Torino

Qual è la critica che ti hanno fatto e che non hai mai accettato?

Sicuramente quella di essere raccomandato. Ho sempre lavorato a testa bassa e con umiltà, raccogliendo i frutti del mio lavoro, consapevole che il lavoro paga sempre. In alcune circostanze ho accettato silenziosamente questa critica di raccomandato.

Le critiche fanno bene se sono costruttive, ma la gente spesso parla senza sapere come stanno i fatti. E poi non vedo perché dovrei essere raccomandato… Io ho sempre studiato molto nel mio cammino di studio, e ho iniziato per gioco a fare il giornalista sin da prima dei dieci anni di età, simulando articoli e servizi giornalistici. E l’età per così dire precoce ha giocato un ruolo estremamente positivo nei miei confronti.

Negli anni ho portato avanti l’attività giornalistica, conciliando anche gli altri impegni ludici e personali. Un’attività che mi ha fatto raccogliere buoni frutti anche in altri ambiti. Non capisco perché in Italia la gente brava od almeno sulla carta talentuosa e meritevole debba essere per forza etichettabile come raccomandata. Non vale soltanto per il giornalismo ma anche per molte altre circostanze professionali.

Il termine raccomandazione potrebbe essere ancor più enfatizzato in determinate circostanze, ma come dico sempre a me non piace giudicare gli altri. Tratto gli altri come io vorrei essere trattato, questo per me è un motto vincente.

Consigli alle nuove generazioni del giornalismo?

Evitate il copia e incolla! Portare avanti le proprie passioni senza rimpianti. Senza voli pindarici e ricordandosi sempre che c’è da fare molta gavetta. A tal proposito i giovani spesso pensano di più a divertirsi credendo di poter fare strada in maniera quasi automatica, invece non è proprio così. Bisognerebbe applicarsi in molti casi in maniera più virtuosa.

In bocca al lupo Daniele per la tua fruttifera attività giornalistica e grazie per averci concesso l’intervista.

Grazie a voi.

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Intervista a Gianluca Mantovani, importante imprenditore nel settore socio sanitario https://cultura.biografieonline.it/gianluca-mantovani-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/gianluca-mantovani-intervista/#respond Mon, 02 Mar 2020 12:36:57 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=27957 Imprenditore di origini ferraresi, Gianluca Mantovani ha dato vita e sviluppato centri nell’ambito del settore socio sanitario, capaci di creare lavoro per oltre un migliaio di dipendenti. Nell’intervista che segue scopriamo un po’ di più sul suo percorso imprenditoriale, la sua filosofia e il valore che ha portato in tanti anni di lavoro nel settore della sanità.

Gianluca Mantovani
Gianluca Mantovani

Come è iniziata la sua attività nella sanità?
GM: Nasco in una Casa di Cura privata di proprietà della mia famiglia nel 1963. Non me ne sono più andato. L’inizio di una carriera imprenditoriale che mi ha portato fuori dai confini della mia città natia, realizzando strutture sanitarie e sociosanitarie.

Quali sono stati gli ostacoli e le difficoltà più grandi che ha dovuto affrontare nel suo percorso professionale?

GM: Ho iniziato a lavorare molto giovane e concluso gli studi universitari vivendo i problemi aziendali ogni giorno. La realtà scolastica è profondamente diversa da quella lavorativa. Ho imparato sul campo a fare da solo dopo aver perso mio padre a 32 anni e non ho avuto più nessuno con cui condividere le problematiche di tutti i giorni. Sono cresciuto in un’epoca in cui ancora non esistevano i computer. Internet ha accelerato gli scambi relazionali, ma ha anche creato situazioni di confusione nelle persone. Fare l’imprenditore vuol dire sentirsi spesso soli e per questo è importante avvalersi di bravi collaboratori.

Oggi la sanità pubblica è costantemente in rosso ed i servizi sempre più carenti. Qual è stato il suo segreto per vincere la sfida con il sistema pubblico?

GM: Il modo di fare sanità nel privato è profondamente cambiato nel tempo. Oggi sono presenti le tecnologie più evolute e con i nuovi sistemi di accreditamento la qualità viene garantita da procedure di controllo molto severe. Vedo indispensabile una crescita dimensionale che porti i gruppi aziendali a dimensioni economiche tali da permettere gli investimenti necessari per seguire gli aggiornamenti strutturali e tecnologici.

Come sarebbe possibile a suo avviso migliorare oggi questo sistema Sanitario Italiano?

GM: La sanità privata fornisce più del 30% delle prestazioni necessarie con un impegno di spesa che non arriva al 10%. Va da sé quale potrebbe essere il risparmio su base 100. Sono convinto che non si spenda troppo in sanità rispetto agli altri paesi. Il nostro problema è che spendiamo male. Il divario tra Nord e Sud è ancora troppo evidente. I bilanci sociali delle Casa di Cure dimostrano che i finanziamenti ricevuti sono notevolmente inferiori ai ritorni che lo stato riceve nelle varie forme di imposte e contributi da parte delle società, dei professionisti che vi lavorano e di tutti i dipendenti a rapporto di impiego.

Si parla spesso di fuga di cervelli dall’Italia verso il mondo. Eppure moltissima eccellenza viene prodotta nelle nostre università. Il sistema sanitario privato potrebbe essere un mezzo per trattenere e valorizzare queste figure professionali?

GM: Il blocco delle assunzioni del settore pubblico, finalizzato ai risparmi, sta portando il sistema al collasso. Ripeto che il tema non è quanto spendiamo, ma come lo spendiamo, e ridurre i finanziamenti porterà gravi disagi sociali. La crisi economica perdurante non aiuta le famiglie a pagarsi da sole i servizi che lo stato disattende. Bisognerà trovare un equilibrio che salvaguardi il nostro sistema sanitario pubblico e privato che è certamente fra i migliori al mondo.

Qual è la frase che meglio la contraddistingue?
GM: Come dice Socrate, nonostante la volontà e la determinazione nel raggiungere gli obiettivi: io so di non sapere.

Un’ultima domanda. Ferrara è la città che l’ha vista nascere sotto tutti i punti di vista. Che pensiero le dedicherebbe?

GM: Una bellissima città che non ha saputo però inserirsi in un contesto più internazionale, mantenendo la propria economia basata sul sistema agricolo e non sull’industria. Le aziende del settore terziario di servizi sono prevalenti.

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Candyboy, intervista al chitarrista italiano celebre per le sue maschere https://cultura.biografieonline.it/candyboy-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/candyboy-intervista/#respond Wed, 22 May 2019 07:32:18 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26336 In Italia non è noto al grande pubblico quanto negli USA. Ha una tecnica sopraffina e una produzione artistica di tutto rispetto. Ma se chiedete a chi conosce la musica di Candyboy qual è la sua caratteristica principale, vi risponderà descrivendolo come il “chitarrista con le maschere horror“. Sul nostro sito potete trovare la storia e la biografia di Candyboy; qui facciamo la sua conoscenza un po’ più da vicino, con una breve intervista.

Candyboy maschera e chitarra
Candyboy: una delle sue maschere e una delle sue chitarre

Candyboy, perché non hai mai postato o non sono presenti le foto con il tuo vero volto?

Posto soltanto foto di quando sono bambino a volte, ma non amo mostrare la mia vera faccia.

Abbiamo visto delle foto in cui suoni on the road, perché questa scelta?

Sì, suono come busker, ce ne sono diverse postate nei miei social. Uno scatto che amo particolarmente è quello in bianco e nero nella downtown di Chicago con un padre e due bambini che mi guardano.

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I love this shot! Look at my audience. Kids and rocker dad. 🤡🎸 📸 @mattiibeatrice

Un post condiviso da CANDYBOY (@realcandyboy) in data:

La scelta di suonare on the road o nei teatri è dettata dal fatto che non amo i locali.Dentro si servono alcolici a fiumi e c’è un tipo di clientela diversa. Non mi sento a mio agio in quel contesto.

Tutto ciò che è mainstream è un detersivo mentale per la massa addormentata.

Chi dice che i live devono essere fatti solo nei locali? Io vado al rovescio. Sono l’antagonista dello status quo. E questo richiede una continua disciplina.

Quante chitarre hai?

Ho sei chitarre, la mia resofonica, una classica di liuteria, una telecaster, una semiacustica, la mitica doubleneck diavoletto rossa e una chitarra acustica. Ho una malattia per le chitarre costose.

Parliamo di maschere: quante ne hai?

Le maschere sono un mio problema, non ti saprei dire con esattezza il numero esatto, ma posso dirti che è una sana compulsione (meno per il portafogli). Il mio sogno è quello di crearmi una vera e propria collezione di maschere horror da tenere in vetrina.

Candyboy è sostanzialmente un clown?

No, tutt’altro. Il clown è solo uno dei personaggi che ho mostrato al pubblico per ora.

Cosa fa Candyboy nel tempo libero?

Guardo film horror o documentari sugli alieni e leggo libri.

Di cosa hai paura?

Di tornare ad agire secondo gli standard imposti dalla società e ho paura dell’alcol.

Dove abiti attualmente?

In un piccolo quartiere a West Hollywood ma torno spesso in Italia. Amo Chicago.

Nel tuo disco “Virtuoso” dimostri una spiccata abilità tecnica e una velocità formidabile; qual è il tuo segreto?

E’ chiaro! ho fatto un patto con il diavolo. (Ride)

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Intervista a Serena Marotta, editore responsabile della casa editrice Informazione libera https://cultura.biografieonline.it/intervista-serena-marotta/ https://cultura.biografieonline.it/intervista-serena-marotta/#respond Sat, 10 Feb 2018 13:24:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=24112 All’inizio del mese di febbraio 2018 è nata a Palermo la casa editrice Informazione libera. È un’iniziativa di un gruppo di professionisti palermitani, tra medici, insegnanti, creativi, artisti, giornalisti per dare spazio alla creatività, a chi ha voglia di esprimersi, di disegnare con le parole. Abbiamo intervistato uno degli editori dell’iniziativa, Serena Marotta, giornalista palermitana, classe 1976, laureata in Giornalismo.

Serena Marotta
Serena Marotta

Serena, che è direttore responsabile ed editore, ha collaborato in precedenza con il Giornale di Sicilia e La Repubblica. Ha curato diversi uffici stampa di una casa editrice, di due associazioni, una di salute e l’altra di musica. Scrive per diversi quotidiani online, collabora da tempo anche con Biografieonline, ed è direttore responsabile del giornale online radiooff.org. Appassionata di canto e di fotografia, è innamorata della sua città: Palermo.

Serena a chi si rivolge il progetto Informazione libera?

Il progetto è diretto a chi ha voglia di esprimersi, di disegnare con le parole. Chi ha voglia di raccontare, di raccogliere le proprie idee: inchieste, racconti, gialli e molto altro, tutto in un contenitore meraviglioso: il libro. Informazione libera è una casa editrice che non ha grandi pretese, se non quelle di dare voce a chi ha una passione e la vive forte sulla propria pelle.

Qual è lo spirito che anima questa vostra iniziativa editoriale?

Giorgio Gaber diceva: “Dove esistono una voglia, un amore, una passione, lì ci sono anch’io”. È da qui che siamo partiti, è questo lo spirito che anima la redazione di Radio Off, nata dall’idea e dalla passione per il giornalismo, per la cultura, per il sociale, per la legalità. Un progetto che è iniziato a partire dal 2013 ma che ha visto la sua attuazione solo nel 2016. Così a dicembre del 2015 è nata l’associazione, “Associazione informazione libera network” e a luglio del 2016 le prime trasmissioni radio e, in contemporanea, anche il giornale online “Radio Off”. Da allora Radio Off è sul web: www.radiooff.org e sui social.

Redazione Informazione Libera
La redazione di Informazione Libera

Serena, hai parlato di un gruppo di professionisti che hanno portato avanti questo progetto. Chi sono?

La redazione, neo casa editrice, è composta da diversi professionisti: Liborio Martorana Editore, presidente dell’associazione libera network, Fabio Gagliano, vice presidente dell’associazione libera network, medico, scrittore, editore. Fabrizio Vasile, scrittore e ideatore eventi culturali, Piero Melati, giornalista e scrittore, Mario Tralongo, fondatore e collaboratore. E ancora: Ivo De Gasperi, collaboratore, Salvo Ciulla, antropologo, fondatore e collaboratore, Fabrizio Tralongo collaboratore, Giandiego Marigo scrittore e collaboratore, Rossella Vilardi collaboratore, Nicoletta Dammone Sessa, collaboratore e Salvatore Mercadante fotografo.

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Vincenzo Di Michele: intervista all’autore di “Cefalonia, io e la mia storia” https://cultura.biografieonline.it/vincenzo-di-michele-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/vincenzo-di-michele-intervista/#respond Sat, 15 Apr 2017 10:58:19 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22570 Quella che pubblichiamo di seguito è una breve intervista allo scrittore e giornalista Vincenzo Di Michele. In passato ha scritto diversi saggi – per un approfondimento vi rimandiamo alla sua biografia; nel 2017 ha pubblicato invece un romanzo biografico “Cefalonia, io e la mia storia“. L’autore racconta in quest’opera i giorni del mese di settembre del 1943 a partire dalla strage di Cefalonia, con la tragedia che coinvolse i militari italiani che facevano parte della divisione Acqui. Il libro propone anche testimonianze su quei fatti e su ciò che avvenne dopo lo sterminio messo in atto dai tedeschi. L’intervista che segue approfondisce alcuni aspetti legati a questa storia e a questo libro.

Vincenzo Di Michele - intervista
Vincenzo Di Michele durante una presentazione del suo libro


Vincenzo Di Michele, nel suo ultimo romanzo storico, “Cefalonia, io e la mia storia”, si dà ampio risalto ad una vicenda della sua famiglia.

Dentro di me già sapevo che prima o poi avrei raccontato la storia di un mio zio che non è più tornato da Cefalonia. Sì! Già sapevo che l’avrei tramandata ai miei figli così come i miei bisnonni l’hanno tramandata ai miei nonni e via via a me. Ogni altra cosa che ho fatto è stata solo un opera di abbellimento di modo che tutti possano leggere al meglio questa mia storia biografica.

La pagina dell’Eccidio di Cefalonia è ancora da scrivere completamente?

L’intera vicenda storica deve essere affrontata nell’ottica di una diversa rivisitazione, a cominciare da una scomoda verità sulle debolezze del generale Gandin, che nei fatti consentì a quei pochi sovversivi di prevalere sulla massa dei deboli: “Dodicimila soldati italiani tutti obbedienti agli ordini”. E poi qualcosa di più a proposito del numero dei morti di cui non si ha ancora oggi un’idea precisa essendo i numeri molto diversi tra loro. Chi parla di duemila morti chi di quattromila chi di novemila. Non mi sembra che ci sia una trattazione esauriente a proposito dei disertori perché secondo me furono molti i soldati che disertarono a Cefalonia. Inoltre una rilettura a proposito degli eroi di Cefalonia che furono immolati in nome della Resistenza e consacrati nel corso degli anni come i salvatori della nuova Patria: “L’Italia antifascista”.

Si arrabbierebbe se qualcuno la definisse revisionista?

Se revisionismo significa ritornare indietro nell’analisi storica con nuovi elementi , con altre prove e soprattutto con ponderate riflessioni senza pregiudizi ideologici e/o di parte dico e affermo : “sono un revisionista”. Alla resa dei conti : “La storia non la fanno i vincitori” ; ecco perché sono un revisionista. .

Foto di Vincenzo Di Michele
Vincenzo Di Michele

Secondo lei, quanto accaduto oltre settant’anni fa ha contributi a creare una coscienza nazionale?

Non credo che l’eccidio di Cefalonia fu significativo in quei tempi nel senso della creazione di una coscienza nazionale. Con il tempo però divenne un simbolo effettivo tanto è che si è parlato anche degli eroi di Cefalonia che furono immolati in nome della Resistenza e quindi consacrati nel corso degli anni come i salvatori della nuova Patria: “L’Italia antifascista”. Senza alcuna influenza di parte, io credo come storico che oggettivamente si debba parlare dei martiri di Cefalonia e di una tragedia che si poteva e doveva evitare.

Un’ultima riflessione?

Per coloro che eventualmente mi criticassero per questa mia analisi sulle vicende di Cefalonia, nel senso di aver conferito giustificazioni e argomentazioni in favore dei soldati tedeschi , consiglio vivamente di leggersi un altro mio libro: “L’ultimo segreto di Mussolini” (peraltro anche in lingua inglese: The last secret of Mussolini) circa l’accordo sottobanco tra i tedeschi e il governo Badoglio. Dopodiché possono procedere in un giudizio definitivo circa la mia obiettività storica.

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Intervista a Stefano Labbia, autore del libro di poesie “Gli orari del cuore” https://cultura.biografieonline.it/stefano-labbia-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/stefano-labbia-intervista/#respond Wed, 28 Sep 2016 09:36:59 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20052 Stefano Labbia, giovane poeta classe 1984, da poco edito con il suo primo silloge poetico dal titolo “Gli orari del cuore” (Leonida Editrice), è un autore delicato e forte al tempo stesso. I suoi versi graffiano, amano, ruggiscono e colpiscono nel profondo di chi sa coglierli. La sua poesia non ha rime ma ha cuore. E questa sua prima raccolta porta il testimone del suo scrivere, regalando ai lettori momenti di riflessione e di consapevolezza con un’efficacia inaudita, impropria dei poeti contemporanei.

Gli Orari del Cuore - libro di poesie - Stefano Labbia
La copertina del libro “Gli orari del cuore”, raccolta di poesie di Stefano Labbia

Ecco una breve intervista in cui il giovane romano si apre, ci spiega il suo punto di vista sulla poesia e ci dedica un componimento originale sul finale.

Intervista a Stefano Labbia

Grazie per aver accettato questa intervista!

SL: Grazie a Voi!

Cos’è la poesia per Stefano Labbia?

SL: La poesia è vita. E la vita dovrebbe essere fatta tutta di poesia…. Per me è un mezzo, un modo immediato di condivisione, è varia e variabile. Percorre anima e corpo del lettore che la gusta, la assapora, la mormora o la legge in silenzio. Parla di vittorie e sconfitte, è dolce e amara, è seria e satirica. Dà uno schiaffo e porge l’altra guancia. Dà coraggio ed affossa. La poesia è tutto questo e molto altro.

In questo fine millennio, il poeta può dunque ancora avere un ruolo nella società? Ma che cos’è il poeta? Una voce discordante, un profeta del futuro?

SL: Il poeta è un pazzo in un mondo di savi. C’è una splendida battuta, in un vecchio film, densa e che colpisce al cuore perché vera: “Avete bisogno di un pazzo, che vi indichi la strada, che vi dica se state sbagliando!“. Ecco… I poeti sono chiamati a dire sempre la verità, a stimolare con i loro versi i lettori, a sollecitare le coscienze. Ad essere fuori dalla massa. Ad esser “pazzi”. E a metter di fronte alla cruda realtà l’uomo savio ed abituato a ciò che riceve come cibo. Noi siamo gli chef dell’anima, cultori del soul food. La poesia è rinata, dopo anni di buio totale. Buio che era da temere. C’è speranza.

Parlaci della raccolta “Gli Orari del Cuore”.

SL: “Gli Orari del Cuore” è un percorso di vita. Il mio percorso di vita: dall’adolescenza, periodo in cui ho iniziato a comporre e a scrivere liriche e la maturità. Trent’anni. Trent’anni di gioie, vittorie, battaglie, gioie, momenti di riflessione… di certo comuni a tutti. Ho voluto condividerli, ed ho trovato un’ Editore che ha creduto in me come poeta e come persona. Non è facile di questi tempi…

Quali progetti hai in questo momento?

SL: Sto cercando fondi per il mio primo lungometraggio ambientato tra Roma e Milano, una storia molto intima e delicata. C’è già interesse attivo di alcune case di produzione italiane e vorrei accelerare ed entrare in pre produzione entro fine anno. Nel frattempo sto dialogando con alcune produzioni inglesi per una serie tv che ho ideato, un teen drama ambientato a Londra. Ed il mio primo romanzo a breve vedrà la luce.

Ci regali un tuo componimento inedito?

SL: Volentieri!

Amore incondizionato

Se amassi ogni cosa di me,
assaggeresti ciò che ho da darti.
Ignoreresti le mie mancanze,
ameresti le mie incertezze,
adoreresti i miei dubbi.
Le insicurezze, poi,
dovresti solo accarezzarle.
Coccola la parte migliore di me,
bacia la parte peggiore.
Sei felice, nel tuo letto d’odio?
La trapunta di collera che hai tessuto,
ti tiene caldo d’estate e freddo d’inverno?
O il cuore nero
che tutte le nubi nel cielo
ha assorbito,
basta da solo
a far di te una strega?

Grazie per la disponibilità!
SL: Prego! Grazie a Voi!

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Intervista a Salvatore Mercadante su Robert Capa https://cultura.biografieonline.it/mercadante-su-robert-capa/ https://cultura.biografieonline.it/mercadante-su-robert-capa/#comments Thu, 08 Sep 2016 05:34:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19658 Ha vissuto gran parte della sua vita sui campi di battaglia, pur non essendo un soldato. La sua fama infatti è legata alla moltitudine di immagini di guerra da lui scattate in un periodo che va dal 1936 al 1954, ovvero dalla guerra civile spagnola al conflitto tra Cina e Giappone, dalle Seconda Guerra Mondiale al conflitto arabo-israeliano del 1948, infine alla prima guerra d’Indocina, dove lui, Robert Capa, è morto mettendo il piede su una mina antiuomo.

Death in the Making (Robert Capa)
Death in the Making (Robert Capa)

Immagini, le sue, dove si evince l’attimo per eccellenza, un momento unico, utilizzando la fotografia come importante mezzo di documentazione. Una delle sue frasi più note è questa:

Se le tue foto non sono abbastanza buone, significa che non eri abbastanza vicino.

Robert Capa

Capa è considerato il padre del fotogiornalismo moderno. Il suo vero nome era Endre Ernő Friedmann, nato a Budapest il 22 ottobre 1913. Lascia l’Ungheria nel 1931, trasferendosi a Berlino. In origine, egli avrebbe voluto fare il giornalista e lo scrittore, ma un impegno lavorativo come fattorino presso un’importante agenzia fotografica, la Dephot, lo instrada verso il mondo della fotografia.

Robert Capa
Robert Capa

È nel 1933 che – con l’avvento del nazismo – lascia la capitale tedesca e si trasferisce a Parigi, una città che sembra fatta ad hoc per lui. È qui che lavora come fotogiornalista e che si innamora della sua compagna, Gerda Taro, anche lei fotografa. È con lei che inventano lo pseudonimo Robert Capa. Uomo che odia la violenza e ama la pace, si definisce fotografo di guerra che sogna di diventare disoccupato.

Di seguito l’intervista al fotografo palermitano Salvatore Mercadante con cui abbiamo parlato di Robert Capa.

Salvatore Mercadante
Salvatore Mercadante

Intervista a Salvatore Mercadante

D: Capa, testimone dei fatti del mondo, viene inviato in Spagna per documentare la guerra civile, guerra che ha avuto una grande copertura mediatica… che possiamo dire degli scatti di questo periodo?

R: Parlare di Robert Capa non è mai semplice. Bisogna fare i conti con l’emozione che il padre del fotogiornalismo e la storia più romantica del mondo della fotografia possono suscitare. Il periodo trascorso in Spagna durante il conflitto segnò l’intera vita di Capa, fu proprio in quel periodo che fece i conti con la morte, non solo della sua amata Gerda ma anche di quella, (tanto discussa), del miliziano lealista, ripreso da capa proprio nel momento dell’uccisione.

Le foto di quel periodo mostrano la sua ferma posizione antifascista, posizione che rende i reportage di Capa e della sua compagna, particolarmente diretti e ricchi di dettagli e, grazie ai quali, la coppia otterrà grandi successi, tanto da portare Capa a fondare insieme ad altri grandi fotografi l’agenzia Magnum, una delle più prestigiose agenzie fotografiche del mondo. Un anno dopo la morte di Gerda Taro raccolse nel libro “Death In The Making” le immagini più toccanti di quel periodo e lo dedicò alla compagna scomparsa.

Morte di un miliziano lealista Cordoba Settembre 1936 - foto famosa di Robertt Capa
Morte di un miliziano lealista: la celeberrima foto di Robertt Capa

D: Tra i suoi scatti, molto famosi e discussi, troviamo quello intitolato “Morte di un miliziano lealista, Cordoba, Settembre 1936”, fotografia che è stata scattata vicino Cordoba, in Andalusia. Ci racconta la storia di questa foto?

R: È talmente ricca di significati da essere stata oggetto di critiche e studi e rappresenta ancora oggi la guerra in tutta la sua crudezza, il trapasso dalla vita alla morte e la concezione della morte da parte di quei combattenti per i quali era “meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”.

Della veridicità di questa foto si è molto parlato, nonostante il fedele racconto dello stesso Capa su come l’abbia fatta, ancora oggi non si è giunti ad una conclusione definitiva, arrivando perfino all’ipotesi che vorrebbe la foto costruita solo in parte.

Si dice infatti che Capa stesse fotografando dei miliziani in posa e che per questo siano diventati oggetto di un cecchino nemico. Ci sono numerosi studi legati ad altri ritrovamenti analoghi perfino sul formato fotografico della foto ma ritengo che la cosa che deve interessarci davvero non sia tanto il “come è stata fatta”, ma il “cosa rappresenta” e dunque la dimostrazione di un concetto che caratterizza la produzione di Capa, ovvero quello che i fatti vanno vissuti dall’interno per poterne parlare, questo modo di raccontare segnerà la nostra e la sua vita stessa.

A tal proposito mi permetto una digressione e invito i lettori a leggere le vicissitudini legate alla famosa “valigia messicana”. La “valigia messicana” è una scatola contenente spezzoni di pellicola, appunti e rullini di Capa, Gerda e Seymour (fotoreporter di grande spessore col quale Capa fonderà la Magnum, Nda) e dopo tanti anni in cui s’era persa, dal 2007 si trova all’International Center of Photography di New York e contiene circa 4000 immagini inedite di questi tre fotografi di origini ebraiche impegnati a raccontare dell’uomo e della sua guerra.

D: La compagna Gerda diventa una fotografa indipendente. Tuttavia la sua vita si spezza nel 1937, schiacciata da un carro armato repubblicano, durante una ritirata delle milizie lealiste da un mitragliamento aereo nazista. Al di là della tragica fine della donna, ci può raccontare la storia di questo amore tra Gerda e Capa fatto di complicità?

R: La storia d’amore della coppia rappresenta per me la storia più romantica della fotografia del Novecento. Accadde in Francia, a Parigi, a Settembre, in un cafè, forse il Cafè Capoulade. Chi li conobbe li descrive, belli e liberi, lui un fotografo capace ma poco conosciuto, lei una bellissima e impegnata comunista, già stata in galera per le sue idee politiche. Oltre l’indiscussa bellezza , il giovane fotografo viene rapito dall’energia che anima Gerta, questo il suo vero nome (Nda), quell’energia che durante i giorni di prigionia in Germania l’aveva resa l’idolo delle altre donne prigioniere, molti ricordano ancora quando, arrestata dalle truppe tedesche, in cella, chiese scusa alle altre detenute per l’abbigliamento troppo elegante: «scusatemi – dirà– mi hanno preso mentre andavo ad una festa».

A loro insegnò parole in inglese e francese ed a cantare le canzoni americane, rimarrà per sempre nel cuore e nelle immagini del giovane fotografo. La complicità tra i due li porterà ad inventare un espediente utile, a superare i pregiudizi razziali che iniziavano a serpeggiare tra la popolazione francese, i due ragazzi decideranno di cambiare i loro nomi per rendere meno riconoscibili le loro comuni idee politiche ed usare quel fascino che gli artisti del grande schermo riuscivano ad emanare in quegli anni. Si crede, ed io ci credo, che l’idea sia stata proprio di Gerta, la quale diede il nome di Robert Capa ad Endre, per farlo somigliare a quello del regista americano Frank Capra, e trasformando il suo in Gerda Taro, per l’assonanza con quello della famosa Greta Garbo.

Io voglio immaginarli tra le strade di Parigi sotto un cielo grigio di Settembre: lui al collo la sua macchina fotografica, lei in testa un mondo migliore ed un’idea che cambierà la loro vita. Lei darà al nuovo fotografo il nome e l’eleganza dei fotografi d’oltreoceano, lui alla nuova Gerda le basi della fotografia che la porterà a lasciare il suo lavoro come segretaria ed a diventare fotografa e compagna per sempre di Robert Capa.

Il sodalizio professionale e sentimentale tra i due fu grandissimo, li portò sul terreno di battaglia a raccontare l’umanità delle trincee e le atrocità della guerra, la morte di lei lascerà un vuoto in Capa che fino alla sua morte lo porterà a dire che lei era stata la donna della sua vita e che quel 26 Luglio era morto pure lui.

D: Può sembrare un controsenso, ma Capa testimoniava la sua simpatia per entrambe le parti del conflitto, anche se i soldati rappresentavano il nemico, per il fotografo erano sempre vittime delle strategie di guerra. È così?

R: Io credo che in Capa ci sia la voglia di documentare quello che gli uomini sono capaci di fare e vivere, del resto lo si evince nella sua frase a proposito della guerra che definisce «Un inferno che gli uomini si sono fabbricati da soli».

Robert Capa, libro

D: Abbiamo parlato della foto “Morte di un miliziano” tra quelle più famose. Ce ne sono tantissime, quali per lei sono le immagini più rappresentative di Capa e ne ricorda una in particolare che le è piaciuta maggiormente e perché?

R: Sono particolarmente legato a questo fotografo per le sue vicende umane e per la sua storia e trovo difficile scegliere una sola foto tra le migliaia che ho visto. Ricordo però che tempo fa andai ad una mostra dedicata proprio a lui, tenutasi a Troina, un paesino siciliano, davvero molto bello, luogo che vide Capa impegnato in uno dei suoi reportage più famosi e importanti.

Visitai il Salone che ospitava la mostra in assoluto silenzio soffermandomi davanti ad ogni foto, guardavo le immagini di quei giorni e riuscivo a percepire gli odori , i colori e i rumori della guerra, quel paesino tranquillo ed ospitale, nelle foto di Capa sembrava un inferno, di quelle stradine silenziose in cui trovai accoglienza, nelle foto di Capa c’erano solo macerie e dolore, il fotografo mi aveva appena dato un ulteriore lezione: le foto non solo narrano la storia e ne testimoniano gli eventi ma aiutano gli uomini a comprendere che possiamo perdere tutto in qualsiasi momento, perché siamo artefici di bellezza e orrore alla stessa maniera, amiamo e odiamo con la stessa intensità

Finora però l’amore ha sempre vinto, l’odio del nazismo non ha vinto sull’amore di Gerta e di Endre, l’odio gli ha poi tolto Gerta, lui ci ha donato la capacità di vedere con i suoi occhi, e sperare che quell’inferno fotografato ci faccia paura a tal punto da non farlo più tornare.

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