Maria Gaetana Agnesi – L’avversiera, edito da Morellini Editore nella collana Femminile Singolare, è il suo primo romanzo: ne abbiamo parlato con lui in questa intervista.
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Nel libro si racconta l’incontro fa Maria Gaetana Agnesi, brillante filosofa e matematica, e Giuseppe Parini, abate riluttante e poeta ormai al tramonto, formano una coppia sorprendente.
Negli ultimi mesi del Settecento, e anche delle loro vite, Agnesi invita Parini nella sua residenza di campagna a Montevecchia, con l’intento di collaborare alla stesura di un’ultima opera che dovrebbe unire l’abilità analitica della matematica alla forza narrativa della letteratura.
Il racconto si snoda tra le difficoltà di scrivere l’opera e le memorie della vita milanese del XVIII secolo, dove si incrociano i salotti dell’aristocrazia e le strade del popolo. Personaggi illustri come Mozart, Cagliostro, Maria Teresa d’Austria e Ugo Foscolo riaffiorano nei loro ricordi.
“L’Avversiera” offre uno sguardo intimo sulla vita di una donna straordinaria, dedita tanto alla carità quanto alla matematica, ma che, ironicamente, viene ricordata soprattutto per una curva matematica chiamata “strega” o “avversiera”.
Che cosa ti ha portato dalla pubblicità e dai social al settecento lombardo, dedicandoti a una figura come quella della matematica Maria Gaetana Agnesi?
L’incontro con Maria Gaetana Agnesi è nato proprio grazie alla pubblicità. Anni fa, per pura coincidenza, ho girato uno spot proprio a Villa Agnesi: arroccata sulla collina di Montevecchia, con la grande biblioteca e gli affreschi settecenteschi alle pareti, questa casa di grande fascino sembrava contenere ancora l’atmosfera dei vecchi salotti milanesi in cui la proprietaria si esibiva fin da bambina. Il fatto che poi, dopo aver pubblicato ad appena trent’anni un libro importante come “Istituzioni Analitiche a uso della gioventù italiana”, abbia deciso di ritirarsi dalla scena pubblica per dedicarsi alla carità, diventando la prima donna a dirigere il reparto femminile del neonato Pio Albergo Trivulzio mi ha fatto pensare, per contrasto, alla figura di quello che nel libro è il suo antagonista: Giuseppe Parini.
Un altro brianzolo: com’è che si sono incontrati?
Il loro incontro non è documentato, ma è molto più che probabile e non solo per il fatto che Milano all’epoca aveva più o meno centocinquantamila abitanti, ma perché entrambi facevano parte dello stesso circolo di intellettuali legati all’illuminismo cattolico, l’Accademia dei Trasformati. E soprattutto perché Palazzo Agnesi, dove Maria Gaetana fin da bambina dava sfoggio della sua grande intelligenza di fronte a un pubblico proveniente da tutta Europa, era nella stessa via Pantano in cui abitava Giuseppe Parini, nella casa di quella zia che per mantenerlo agli studi lo ha costretto ad abbracciare la carriera ecclesiastica, quando lui avrebbe desiderato abbracciare ben altro, cosa che poi ha fatto con discreto successo se si pensano alle numerose amanti anche famose che ha avuto.
Perché hai scelto di raccontare la storia di un libro mai scritto come quello che progettano i due protagonisti?
Semplicemente perché quel libro mai scritto è, a mio parere, uno dei problemi fondamentali della nostra cultura: la separazione così netta fra il sapere scientifico e quello umanistico è alla base ancora oggi di tantissime incomprensioni. Il linguaggio tecnico e rigoroso della scienza fa ancora fatica a penetrare nella mente delle persone comuni, mentre quello della letteratura è in grado di coinvolgere emotivamente creando miti che possono anche essere falsi e fuorvianti. Entrambi i protagonisti, ognuno a modo suo, sono poi uomini di fede, e a trovano a confrontarsi su come la scienza possa conciliarsi con la religione. È qui che faccio dire all’Agnesi la frase che l’editore ha scelto per il retro di copertina: se la nostra
conoscenza dovesse essere basata solamente sulle sensazioni individuali, non mi stupirei che alcuni tornassero a credere che la terra non sia una sfera.
Nel libro è descritta con una certa vivacità anche la vita della città di Milano nel settecento: quali sono le figure più importanti che regalano i loro camei nel corso della narrazione?
Uno cui sono molto affezionato è Mozart, che ancora bambino aveva musicato un testo del Parini per le nozze dell’Arciduca e che aveva diviso il teatro con la sorella musicista dell’Agnesi, Maria Teresa. C’è Domenico barbaja, all’epoca ancora un giovanissimo e intaprendente barista famoso per aver creato la Barbajada in cui mescolava caffè, panna e cioccolato ma che sarebbe diventato il più famoso impresario del teatro musicale ottocentesco. Ci sono le donne amate dal Parini: nobildonne milanesi, cantanti d’opera, ballerine. E poi Maria Teresa d’Austria, Pietro Verri, Ugo Foscolo e perfino Cagliostro.
Che ruolo pensi possa avere una figura come quella di Maria Gaetana Agnesi nella cultura contemporanea?
Un ruolo assolutamente da riscoprire, quello di una donna che ha dedicato la prima parte della sua vita a dimostrare, come dice nella sua prima opera pubblicata a nove anni e ripete nel mio libro “quanto avversa alla verità è l’opinione di quanti insistono di quanti insistono che lo studio delle arti liberali sia del tutto inadatto alle donne”. Una frase che ne fa la capostipite delle moderne donne scienziate, in un’epoca che dedica sempre più attenzione all’impegno e al talento femminile nelle discipline scientifiche.
Inoltre, è una donna che ha saputo scegliere fra i salotti e l’impegno civile, dedicandosi alla gestione del primo ospizio, per storia e per importanza, dedicato all’accoglienza delle donne povere e malate. E lo ha fatto mettendoci tutte le sue ricchezze, il suo impegno e lo stesso rigore con cui si dedicava alla matematica e allo studio nella prima parte della sua vita.
Quali altre caratteristiche potrebbero fare di Maria Gaetana Agnesi una donna interessante per il pubblico di oggi?
Nonostante la consuetudine di chiamarla “la matematica santa” o “la matematica di Dio”, ci sono aspetti molto umani nel suo carattere e nella sua storia. Penso alla misteriosa malattia che le causava movimenti inconsulti e che la portava alla passione per la danza e l’equitazione, o alla capacità di orientare la sua vita manovrando con intelligenza dialettica e relazionale le persone che le stavano accanto. Quando si era stancata dei salotti, disse al padre di volersi fare suora consapevole del fatto che Pietro Agnesi non avrebbe mai acconsentito a liberarsi di quella ragazza prodigio che dava lustro al suo salotto, e conquistandosi così maggiore libertà. E nel libro ho usato le parole di una sua lettera per mostrare con quale fermezza sapesse trattare i medici, da quelli che seguivano lei a quelli che visitavano le sue donne al Pio Albergo Trivulzio.
Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
Intanto nei prossimi mesi mi dedicherò alla promozione del libro, alternandola ai miei impegni professionali e alle lezioni nelle scuole: il dialogo con i ragazzi è fondamentale per non perdere l’ancoraggio con la realtà.
Poi sto lavorando a una trasposizione teatrale del romanzo e a un paio di altri progetti di cui è ancora troppo presto per parlare. Ma spero che potremo presto farlo insieme.
]]>Scrittrice di romanzi, riflessioni e canzoni, cantante, fotografa, pittrice: hai tante passioni!
L’arte fa parte della mia vita. Amo tutto ciò che mi tocca il cuore, che mi emoziona. Vi capitano dei periodi che siete più legati, ricettivi con alcune persone? Amici, fratelli, colleghi, ecc… secondo me è perché si entra in sintonia con l’energia dell’altra persona.
Vibrano sullo stesso piano ed è emozionante. A me capita di provare queste sensazioni anche attraverso l’arte: quando leggo un libro, guardando un quadro, una statua, ascoltando una canzone, entro in contatto con qualcosa creato da un’artista.
Perché dentro ogni creazione arriva la sua energia. Ogni creazione contiene un pezzo della sua anima.
Il tuo primo romanzo si intitola Tu sei Musica, puoi parlarci un po’ di questa opera?
In questo romanzo c’è una parte della mia anima e vorrei donarla a tutti.
Tu sei Musica è un romanzo d’amore sotto ogni sua forma. Ho voluto parlare di più sentimenti: una conoscenza che pian piano si trasforma in un qualcosa di indefinito, di emozionante fino a sfociare nell’amore.
L’amicizia che aiuta in ogni momento, l’amica che c’è sempre, nel bene e nel male. L’importanza dell’unione della famiglia. Un amore forte e duraturo che si spezza facendo soffrire, ma che farà riflettere, guardare dentro di sé per capire i propri errori, per migliorarsi.
La maggior parte delle volte il problema nei rapporti è la mancanza di comunicazione, quella vera, spesso si tengono dentro i propri pensieri, si fanno congetture, arrivando ad immaginarsi chissà cosa, quando basterebbe sempre parlare, chiarirsi.
Ho voluto far conoscere i diversi punti di vista per arrivare a far capire che a volte si sbaglia, facendo dannatamente soffrire le persone attorno, anche se le intenzioni erano buone, giuste e come l’errore di una singola persona possa condizionare, anche drammaticamente, la vita di tutti. Non bisogna mai giudicare perché tutti noi possiamo essere Carlo, tutti noi Vanessa o Alaska.
Il perdono non è inteso solo come “perdono quella persona che mi ha fatto del male”, ma come perdono prima di tutto di sé stessi, e poi perdono quella persona perché il suo sbaglio non debba continuare a farmi soffrire per sempre, il perdono è una liberazione dell’anima.
Altrimenti ogni azione sbagliata, subita o fatta, ci dannerà per sempre. Invece dai propri errori bisogna imparare, siamo in questa terra per fare esperienze e migliorare il nostro spirito.
Nella nuova edizione del romanzo un capitolo extra farà scoprire un finale spumeggiante e tramite il qr code, si può ascoltare il brano Tu sei Musica (canzone per il romanzo) scritto da me in collaborazione con Stefal Damiani e Marco Di Pietro, interpretato da Marzia Giacomelli, che ha partecipato a Casa Sanremo 2021.
La canzone ripercorre ogni emozione che il lettore percepisce tra le pagine. Una lettura ricca di colpi di scena, tenerezza, dolore, sentimenti forti e ora con la canzone potrete sentire queste sensazioni anche attraverso le note musicali.
Con il romanzo ho anche aderito al progetto Una pulce nel disegno in ricordo di Roberta Repetto e di tutte le donne vittima di omicidio. Questo progetto è stato ideato per collegare il nome di Roberta anche alla bellezza della sua arte. A racchiudere tutto l’amore percepito nella lettura del romanzo, il lettore troverà uno splendido acquarello di Roberta, laureata in Conservazione dei Beni Culturali, amava disegnare, dipingere, colorare e leggere.
La sorella Rita Repetto ha fondato, con altre persone, l’associazione a promozione sociale La pulce nell’orecchio per divulgare i rischi concreti che si corrono quando si entra in contatto con un culto distruttivo. Diffondere i campanelli d’allarme che devono suonare quando si teme che qualcuno sia caduto ‘nella tela del ragno’. Lo scopo è essere una pulce nell’orecchio di qualcuno altro affinché quello che è successo a Roberta non accada più.
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Il titolo Tu sei Musica è una frase forte, d’effetto, una bella dichiarazione d’amore per chi la ama. Sono tanti i brani musicali contenuti nel romanzo. Quanto è importante per te la Musica?
Per me è linfa vitale. Quando dipingo, scrivo o lavoro sulle fotografie devo sempre avere uno sfondo musicale. Quindi mentre scrivevo il romanzo mi veniva naturale accostare le canzoni alle emozioni dei protagonisti. La musica è il fulcro di tutto. Grazie a lei Alaska & Daniel si conoscono, e altri personaggi la usano per spiegarsi, arrivando a capirsi.
Quando siamo tristi, o felici, nostalgici o euforici andiamo alla ricerca del brano per amplificare quella sensazione o per sentirci meglio, per darci la carica o per rilassarci. Perché la musica è un’emozione danzante. Il romanzo ha una vera e propria colonna sonora. Musica che va dal Rock al Classico. Tra cui i brani ‘La Via Regina’ una stupenda canzone scritta da mio marito Fabrizio Pasetti (anche lui personaggio del romanzo) e ‘Giorni’ una canzone scritta e interpretata da me.
Abbiamo avuto il piacere di ascoltare le canzoni che tu e tuo marito Fabrizio scrivete. Vi unisce una bella passione.
Amiamo la musica. Nei primi anni 2000 avevamo fondato, con il nostro amico chitarrista Diego (anche lui scrittore di testi) il gruppo musicale Pensieri Divergenti. Davamo vita alle nostre canzoni insieme a qualche cover. Pur non avendo più il gruppo sia io che mio marito abbiamo continuato a scrivere canzoni e le carichiamo su Youtube e Spotify. Stiamo collaborando con diversi musicisti, tra cui il grandioso Fabrizio Fortuna, chitarrista e bassista e compositore eccezionale.
Attraverso le canzoni, come per ogni altra forma d’arte, si ha la possibilità di trasmettere messaggi importanti. È questo il nostro intento: quello di riuscire a far fermare la persona che ascolta dalla frenesia del quotidiano (che è già un bel traguardo) e farla riflettere, andare oltre alla superficialità di cui siamo contornati.
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Riflessioni per Rinascere è un libro particolare, addirittura interattivo, le cui riflessioni hanno già vinto diversi premi. Ce ne vuoi parlare?
È un libro di riflessioni di stati d’animo che ho scritto in momenti particolari della mia vita. Alcune risalgono anche a vent’anni fa. Nascono dal bisogno di affrontare talune situazioni che stavo vivendo: quali il dolore, la sfiducia, la paura, da un diverso punto di vista, come se qualcuno mi parlasse per darmi coraggio, forza, fiducia, speranza. Altre sono un inno alla gioia di vivere, di scoprire, di viaggiare. È un libro interattivo: da leggere, da guardare e da ascoltare, che attiva tutti i sensi del lettore per vivere appieno le sensazioni che vuole trasmettere.
Da guardare con le splendide illustrazioni di Nina Arteflores (al secolo Veronica Buva) e da ascoltare, tramite il qr code, con le stupende e vivide letture di Lucia Caponetto che ci portano in un luogo fatto di sogni da realizzare e vivere, di viaggi reali e immaginari da fare, di felicità da carpire e da cui lasciarsi avvolgere.
Un libro che contiene tesori splendenti, quali la prefazione della grande scrittrice Valeria Corciolani e la commovente favola di Alessandro Ricci illustrata da Stefania Franchi. Letture adatte a tutti, ad ogni età, perché la vita è costellata da emozioni che vogliono solo farsi sentire. Lo scopo del libro è quello di trasmettere forza, amore, speranza ed energia positiva.
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Hai altre novità artistiche che ci puoi anticipare?
Sì, molti, in diversi ambiti. Sia musicali (a breve usciranno nuovi brani) che letterari (sto revisionando il prossimo romanzo, terminato ormai da un paio d’anni) e qualche novità anche nella pittura.
Una mia opera è stata scelta e inserita nella collezione del Consolato Onorario della Moldova, a Roma, come mostra perenne e poi anche itinerante, legata a vari progetti che prenderanno vita, grazie al console Roberto Galanti.
]]>Nel nostro incontro Carlo esordisce così:
“A scuola ero un disastro, stavo delle ore a guardare dalla finestra, mentre i professori si sbracciavano per spiegare le loro materie che a me non interessavano. I miei compagni di classe non mi erano simpatici e non sono mai andato alle gite scolastiche. Ero bravo in disegno, storia dell’arte e ovviamente musica, quando si faceva. Ho iniziato a studiare la chitarra a dodici anni. Suonavo sempre”.
Quale genere di musica ti piaceva?
CZ) Ho iniziato con la musica classica, poi sono passato alla musica dei cantautori che rincorrevo per le strade del centro di Bologna. Francesco Guccini, Claudio Lolli, Claudio Rocchi, Lucio Dalla ed Edoardo Bennato. Io abitavo in periferia e in bicicletta raggiungevo la piazza S. Petronio dove cercavo i miei idoli. Erano molto gentili con me, ero un ragazzino di dodici anni. Poi sono passato al rock inglese, ma la musica mi piace tutta. Tutti i miei pochi risparmi li ho sempre spesi per comprare la rivista “Ciao 2001” dove trovavo le tablature per chitarra.
Quando sei passato al professionismo?
CZ) Ero molto forte nelle sale di registrazione perché il contatto con il pubblico mi diventava un po’ difficile, per via di un problema di autostima che ho da sempre. Era il 1982 quando ho cominciato a frequentare alcuni famosi artisti e ho partecipato a parecchie sessioni di registrazioni soprattutto a Bologna, Padova e Milano. Purtroppo a quei tempi non tutti menzionavano i turnisti che suonavano nei loro dischi, ma per me erano ogni volta delle grandi soddisfazioni, di cui ancora adesso vado fiero.
I tuoi album come cantautore?
CZ) Quella volta incontrai un produttore discografico di Verona, in un locale di Padova dove mi esibivo negli anni ’90.
Si innamorò di alcune mie canzoni e mi propose di uscire con un album, un CD. Era il 1995. L’album s’intitolò “Carlo Zannetti”. Entrai in un mondo di fotografie, grafici per la copertina, presentazioni varie, programmi televisivi e tutto ciò che ne derivò. Non andò male e così pubblicammo anche un secondo album “L’Ulisse del 2000”. La canzone che dava il titolo all’album mi piaceva tantissimo. Quel testo mi fece conoscere molto nel panorama musicale nazionale in una nuova veste, quella di autore di testi.
=> Visita anche: la discografia di Carlo Zannetti <=
Hai suonato come chitarrista turnista con tanti artisti famosi, chi ti è rimasto più impresso?
CZ) Mi sono trovato molto bene con tutti. Ho incontrato dei colleghi bravissimi con i quali ho stretto grandi amicizie. Nel 2011 ho fatto una tournée con i Jalisse ai quali ho voluto veramente bene, perché sono persone molto gentili e soprattutto professionisti di alto livello. Poi Jimmy Fontana, anche lui un grande amico e straordinario maestro di vita. Ultimamente sto lavorando con Bobby Solo, un grande compositore, un amico. Insieme abbiamo scritto una serie di canzoni, tutte pubblicate dall’etichetta discografica “Videoradio e Videoradio Channel” diretta dal mio amico Giuseppe Aleo.
In tutti questi anni ho imparato che la vera nobiltà d’animo è l’umiltà. In merito a questo, devo dire che ricordo con affetto le belle parole fatte con Eugenio Finardi, Andrea Mirò e con il mio amico Marco Ferradini. Grandissimi artisti, molto umili e dotati di eccezionali capacità.
In questo periodo oltre a lavorare con Bobby Solo che progetti hai?
CZ) Ho una canzone che ho già pubblicato come singolo nel 2017 che vorrei sentire interpretata da una grande voce. Spero di trovare una grande interprete perché ci terrei molto. L’ho proposta a Fiordaliso e a Silvia Mezzanotte ma credo che in questo momento non se la sentano di affrontare un progetto di questo genere perché si tratta di una cover, oppure semplicemente perché non è il loro genere. È un brano molto particolare. Comunque la produzione è sempre pronta.
Oltre a questo, in ottobre inizieranno le riprese di un film basato su un mio racconto che s’intitola “La paura di vincere”, un cortometraggio per l’esattezza, di cui ho scritto anche la colonna sonora. Verrà girato a Ferrara, mia città natale. Alla regia c’è Roberta Pazi, alla sceneggiatura Lillo Venezia e tra gli attori ci sarà anche Bobby Solo. Sarà un girato molto interessante e molto originale.
Oltre alla musica sei anche uno scrittore. Hai scritto “Il tormento del talento” un libro che è andato bene. Cosa ci racconti?
CZ) “Il tormento del talento” è il mio quarto libro. È un insieme di racconti dedicati ai miei grandi miti musicali. In questa raccolta non ho volutamente scrivere della droga, dei fatti personali e quant’ altro, ma solo di quella strana “bilancia” che pende dalla parte del talento, ovvero degli scompensi che crea il fatto di nascere con una straordinaria predisposizione naturale al fare arte. Il libro è dedicato a Sinéad O’Connor, donna meravigliosa che ho avuto modo di conoscere nel 2017, e che purtroppo è recentemente scomparsa. Suonava molto bene la chitarra e aveva una capacità interpretativa unica. Mi è dispiaciuto moltissimo.
Proprio in questa occasione lo abbiamo intercettato: al giovane Daniele Bartocci abbiamo posto alcune domande sulla sua gloriosa carriera da giornalista. Oggi Daniele Bartocci è ritenuto dagli addetti ai lavori un fuoriclasse del giornalismo, uno dei giornalisti più promettenti, rilevanti e credibili a livello nazionale, vincitore di oltre 10 premi nazionali tra cui il premio di miglior giornalista under 30 nel 2019 e il Premio Myllennium Award di Roma sia nel 2019 che nel 2020, premiato a luglio di quest’anno dal Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora e dal Comitato d’Onore composto dal Presidente Coni Giovanni Malagò.
Myllennium Award, Premio Renato Cesarini e Premio Giovanni Arpino – Inedito di Torino, senza dimenticare gli altri premi vinti negli ultimi anni tra cui quello al Festival Nazionale del Racconto e del Giornalismo Sportivo. Per te Daniele è stato un anno ricco di premi, GUADAGNATI SUL CAMPO COME SEMPRE, SENZA CONOSCENZE O RACCOMANDAZIONI… Un Triplete che ti rende particolarmente orgoglioso e che ti stai gustando al meglio durante la tua estate in Versilia…
È stata un’annata che non dimenticherò, non tanto per il Covid-19 che ha complicato la vita di ognuno di noi, quanto per le soddisfazioni che mi sono tolto nel campo del giornalismo. La doppietta al MYllennium Award, premio da me già vinto a Roma nel 2019 in collaborazione con il Coni, ha rappresentato per il sottoscritto un riconoscimento prestigioso che ricorderò a lungo.
Mi fa davvero piacere che le mie opere, i miei scritti e i miei articoli siano spesso apprezzati, non solo in queste occasioni, ma anche durante i miei (oltre) 17 anni di attività giornalistica.
Il giovane jesino è risultato infatti anche nel 2020 tra i migliori millennials italiani in ambito giornalismo/saggistica sportiva, unico giovane a rappresentare per due anni consecutivi la regione Marche, premiato a Villa Medici a Roma (Accademia di Francia – Myllennium Award) dal Ministro Sport Vincenzo Spadafora, alla presenza del Presidente Coni Giovanni Malagò.
Laureato alla magistrale della Politecnica delle Marche (110 e lode), con all’attivo vari interventi e docenze in università e master giornalismo, sei ad oggi anche al primo posto in classifica nel Premio Blog dell’Anno 2020, lanciato da Superscommesse.it, primo comparatore in Italia per le scommesse sportive e nota piattaforma di notizie. Un premio riservato al miglior blog sportivo italiano. Sarà poker, e non triplete, a fine anno?
Spero di poter vincere questo importante riconoscimento di Blog dell’Anno. Ho lettori molto fedeli, che leggono con attenzione il mio blog www.danielebartocci.com e www.danielebartoccichannel.it, regalandomi senz’altro emozioni e motivazioni. Cerco sempre di inserire notizie interessanti e curiose nel mio blog, lo faccio a dire il vero dal 2013, anno in cui lanciai il blog, precisamente nel post-laurea, anche con l’obiettivo di mettere lo sport sotto la lente d’ingrandimento.
Focus, analisi e commenti di tipo sportivo qui sono all’ordine del giorno.. Se davvero riuscirò a vincere l’ambito premio di Blog dell’Anno, potrò arricchire il mio palmares, già composto da diversi premi quali quello di Overtime Festival 2018 (miglior articolo sport individuali), premio giornalistico Mimmo Ferrara 2019 (menzione speciale all’Ordine Giornalisti – Napoli), premio Overtime web Festival al Festival Nazionale del Giornalismo Sportivo 2019 insieme all’indimenticabile Gianni Mura.
Sicuramente la mia passione per il giornalismo mi dà ogni giorno nuovi stimoli, con la consapevolezza di avere le carte in regola per continuare a far bene la mia attività, con motivazione, rigore, sacrificio e soprattutto oggettività. I consigli? Sempre ben accetti, ma mai irreversibili lezioni di stile.
Ricordiamo che Bartocci, oltre ad aver rivestito l’incarico di responsabile comunicazione di una società calcistica e a collaborare per varie testate (negli anni anche Corriere Adriatico), vanta esperienze come radiocronista e telecronista. Bartocci risulta come giornalista tra i vincitori del concorso letterario (Historica – Centro Sportivo Italiano) di Racconti Sportivi edizione sia 2019 (a Torino, premiato dall’ex Juve Beppe Furino e Bologna al Teatro Arena Fico) che 2020. E ancora, Daniele Bartocci è stato premiato nel 2019 come miglior giornalista under 30 (Premio R.Cesarini) dal Segretario Nazionale Ordine Giornalisti Guido D’Ubaldo, nonché ad Ascoli Piceno, sempre in ambito giornalismo e saggistica per il Premio Città di Ascoli.
Bartocci si è inoltre classificato al terzo posto al premio internazionale giornalismo (organizzato ad Ischia) Otto Milioni 2019, oltre ad aver vinto in passato vari bandi, premi e progetti come Google Eccellenze Digitali per i migliori comunicatori digitali. Nel 2020 ha anche ricevuto l’attestato di benemerito della cultura da parte del Versilia Club, oltre ad essere tra i vincitori del Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea.
Sei stato l’ideatore del Premio Giornalistico Nazionale Giuseppe Luconi 2020, nato per onorare la memoria di tuo zio Giuseppe Luconi, decano del giornalismo marchigiano e corrispondente per oltre 60 anni di Rai, Corriere della Sera e altre testate nazionali e marchigiani. Come si è svolta questa iniziativa?
Un premio a tratti commovente, una giornata in cui si è registrato il tutto esaurito in platea, nel rispetto di tutte le disposizioni di sicurezza legate all’emergenza Covid-19. Hanno partecipato importanti giornalisti, tra questi Maurizio Compagnoni (Sky Sport), Dario Ricci (Sole 24 Ore), Laura Tangherlini (Rai), Beppe Cormio (campione del mondo per club con la Lube Volley Civitanova), Vincenzo Varagona (Vice Caporedattore TGR Marche) e tanti altri. Una mattinata davvero speciale durante la quale si è svolto un interessante talk-show sul giornalismo tradizionale e i nuovi modelli comunicativi online, fake-news e deontologia professionale. Non è stata semplice l’organizzazione, ma se tutto si è svolto alla perfezione significa che probabilmente io e tutto lo staff abbiamo avuto la massima cura di ogni dettaglio. E ciò non può che farci un immenso piacere.
Anche qui in Versilia sei sempre concentrato sul giornalismo. Recentemente hai svolto anche un coinvolgente master del Sole 24 Ore in Comunicazione e Marketing Sportivo. Come sta cambiando il pianeta del giornalismo secondo te?
L’argomento è variegato e complesso. I social stanno mettendo a dura prova l’attività di giornalista e la carta stampata che, in ogni modo, riuscirà credo a sopravvivere per lungo tempo. Vedo un aumento del copia e incolla da parte delle nuove generazioni del giornalismo e questo un po’ preoccupa. In linea generale, a livello di cultura, secondo sondaggi sta aumentando la percentuale di analfabeti funzionali e questo fa male alla nostra comunità. Vedo alcuni giovani spaesati, senza obiettivi ben precisi e senza cultura.
La cultura, anche quella del giornalista, a mio avviso deve essere sempre una risorsa fondamentale per il nostro paese e non un problema da risolvere o addirittura da sconfiggere. A tal punto i genitori oggi più che mai devono fare la loro parte per far crescere i propri figli nel modo giusto. I giornalisti? Oggi sono visti spesso come un personaggio scomodo, un tempo cronisti e addetti stampa viaggiavano con la squadra. Oggi alcuni giocatori evitano i giornalisti e preferiscono utilizzare la via della comunicazione diretta, quella dei social network. Ma essere giornalisti di se stessi talvolta finisce per generare conseguenze dannose per tutto l’ambiente, non soltanto sportivo.
Ti senti più un fuoriclasse o un top-player del giornalismo?
Ahah (scherza)… Nessuno dei due, non esageriamo. Sono un ragazzo umile che crede nelle cose che fa, credo che i risultati positivi che ho raggiunto nel campo del giornalismo sono frutto del sacrificio, del lavoro e dell’impegno che metto ogni giorno in ambito giornalistico.
Non conosciamo giovani più premiati di te… Ad oggi ci risulta che sei il giornalista giovane più premiato d’Italia… Questa etichetta ti pesa un po’ o è solo gossip?
Certamente sono contento delle vostre parole, ma sicuramente ci sono bravissimi giornalisti in Italia, sia giovani che ‘senior’. Da parte mia posso soltanto lavorare con umiltà e voglia di crescere giorno dopo giorno, partecipando anche a numerosi eventi sportivi in giro per l’Italia, come ho fatto in questi anni: tra questi il Gran Galà Calcio di Milano 2018 e 2019, il Gran Galà del Calcio della Serie B 2018 e 2019, lo Sport Digital Marketing Festival e tanti altri.
Però il Ministro dello Sport Spadafora, nel post Facebook da lui inserito a luglio 2020 nel post evento del Myllennium Award, ti dava dell’autentica eccellenza e recitava così:
I ragazzi premiati, soprattutto in ambito sportivo, sono senza dubbio delle vere eccellenze. A loro va non solo l’augurio per ulteriori e più alti successi, ma la promessa di un impegno costante per rendere il nostro Paese un luogo in cui poter mettere a frutto il proprio valore”. Ti rende orgoglioso le parole del nostro Ministro dello Sport?
Un po’ mi emozionano ancora, sono sincero. Fa indubbiamente piacere essere elogiato pubblicamente dal Ministro Spadafora che ringrazio per la sua professionalità e gentilezza.
Quali sono i segreti del tuo successo in ambito giornalistico?
Grinta, motivazione e per così dire ‘cattiveria agonistica’ sono ingredienti importanti. Ma preferisco riportare tre punti che mi ripeteva ogni giorno il mio zio giornalista Giuseppe Luconi: “Il giornalista deve essere onesto con se stesso per poterlo essere con i lettori. Il giornalista deve avere le idee chiare per poter scrivere con chiarezza e farsi dunque capire da chi legge. Sforzarsi a comprendere che il giornalismo non è un privilegio ma un servizio da esercitare con sacrificio e umiltà. Questi due elementi sono indispensabili a mio parere se si vuole costruire qualcosa di rilevante.
Ti auguriamo le migliori fortune… Complimenti ancora per i tuoi eccellenti risultati e In bocca al lupo di cuore Daniele…
Grazie a voi per l’intervista. Un caro saluto.
Daniele è nato a Jesi, in provincia di Ancona, nel 1989. Laureato con lode in Economia e Commercio, ha alle spalle un Master in marketing sportivo e una carriera ricca e densa di esperienze.
Nella breve intervista che segue ho avuto modo di conoscerlo meglio e approfondire alcuni temi legati al giornalismo e in modo particolare al giornalismo sportivo.
Ciao Daniele. Quali sono le armi segrete di un giornalista secondo te?
Fondamentali a mio parere sono physique du rôle, motivazione e consapevolezza delle proprie qualità e dei propri mezzi. Tempestività, credibilità e oggettività possono fare allo stesso modo la differenza.
In particolar modo, da parte mia credo molto nel concetto di motivazione personale e professionale: forse ho preso da mio zio Alberto Santoni, grande motivatore e primo vice-allenatore italiano del profeta Julio Velasco nel 1983 a Jesi in serie A2 di volley. Julio Velasco è tra i numeri uno mondiali a mio avviso per motivazione e comunicazione.
Mentre per quanto riguarda un grande giornalista, questo deve saper svolgere a mio modo di vedere la propria attività in maniera oggettiva e puntuale, senza condizionamenti esterni. Deve essere consapevole dei danni che si possono arrecare a terze persone ma anche del bene, ovvero della credibilità e della fama che si può ottenere portando avanti con rigore la propria professione.
Il tuo curriculum pullula di premi vinti. Qual è il più prestigioso che hai ottenuto fino ad oggi nella tua carriera da giornalista?
Uno dei premi più emozionanti e importanti è stato certamente il premio ottenuto all’Accademia di Francia, a Roma, nel luglio 2019. Myllennium Award rappresenta il primo premio generazionale in Italia che vanta la Medaglia di bronzo del Senato, dedicato ai migliori millennials.
La serata, condotta da Pierluigi Pardo e Margherita Granbassi davanti a una platea fatta di blasonati nomi dello sport e dello spettacolo, ha visto premiare il talento di 30 giovani menti italiane in vari ambiti: sportivo, imprenditoriale, cinematografico, scientifico.
Il Comitato d’Onore, composto tra gli altri dal presidente del Coni Giovanni Malagò e dal direttore generale Presidenza Consiglio dei Ministri Francesco Tufarelli, e il Comitato Tecnico del Premio formato da alte cariche dirigenziali e campionesse olimpiche come Giulia Quintavalle e Silvia Salis, mi ha voluto premiare nella Sezione Saggistica/Narrativa sportiva, grazie ad un elaborato inedito, di circa 40 pagine, di carattere storico, su Julio Velasco, la cui carriera partì proprio da Jesi nei primi anni Ottanta.
Velasco è un personaggio straordinario, non solo per i suoi meriti sportivi. Ho assistito in passato a un suo intervento dedicato a imprenditori e manager: è stato molto emozionante e di ispirazione.
L’elaborato che ho scritto su di lui è in continua espansione, oggetto di un mio studio approfondito, grazie anche a un ricco materiale storico ed esclusivo a mia disposizione sui cui lavorare.
Velasco è un personaggio tra i più vincenti della storia dello sport mondiale ed ex allenatore della Tre Valli Volley, club della mia città, in serie A2 dal 1983 al 1985. Essere rientrato tra i migliori 30 millennials d’Italia indubbiamente mi riempie di orgoglio e mi dà ancor più energia per proseguire con determinazione e motivazione il mio cammino personale e professionale.
Altri premi vinti?
Non voglio dimenticare nemmeno il prestigioso premio Renato Cesarini vinto nel 2019, il Premio Giornalistico Mimmo Ferrara (menzione speciale), il Premio Giornalismo Internazionale Otto Milioni organizzato ad Ischia (terzo posto), il premio letterario Città di Ascoli Piceno (menzione d’onore), Racconti Sportivi 2019 e 2020, l’ingresso ufficiale nei finalisti del Premio InediTO di Torino 2020 in ambito letteratura sportiva, la cui cerimonia è in fase di definizione.
Sono talmente tanti i premi e riconoscimenti ottenuti che forse ne hai dimenticati alcuni per strada… Mi risulta infatti che sei stato premiato per due anni consecutivi al Festival Nazionale del Giornalismo Sportivo…
Esattamente. Sono stato premiato a ottobre 2018 all’Università di Macerata in qualità di giornalista, come miglior articolo di sport individuali, in occasione della cerimonia di premiazione del Festival Nazionale dell’Etica, Racconto e Giornalismo Sportivo, in compagnia di illustri giornalisti come Marino Bartoletti.
Inaspettatamente sono stato premiato anche a fine 2019, sempre in occasione di Overtime Festival del Giornalismo Sportivo, per la mia attività svolta con rigore, puntualità e passione.
Tra l’altro sono stato premiato in questa occasione insieme ad un giornalista incredibile come Gianni Mura, un angelo volato in cielo poco tempo fa. Lo voglio salutare calorosamente pur se, non lo nascondo, con un pizzico di commozione da parte mia.
L’intervista più divertente che hai fatto?
Ce ne sono tante, forse quella fatta a Pierluigi Pardo un paio di anni fa.
La testata del lusso, moda e lifestyle di Milano The Way ti ha recentemente definito un giornalista gentleman. Su quale base ti hanno etichettato con questo termine e stile per così dire eclettico?
Mi ha fatto sorridere quel titolo. Che devo dire… più che gentleman mi definisco un giornalista a cui piace fare le cose al meglio delle proprie possibilità, presentandosi ove possibile in maniera elegante e per certi versi con uno stile preciso e compliance.
Mi sono tra l’altro fatto personalizzare da un designer estero un orologio, con la denominazione del mio blog impressa sul quadrante.
Ovvio che non mi giudico da solo, sarebbe inopportuno e poco professionale.
Nel corso degli anni con quali testate hai collaborato?
All’età di 20 anni circa ho firmato un contratto con il Corriere Adriatico. Ma già all’età di 16 anni iniziai a fare molta gavetta in media sia locali che nazionali. Ho collaborato e sto collaborando con varie testate sportive e non: nel corso degli anni penso a OaSport (eletta miglior testata sportiva del 2019 a Overtime), Basketnet, Voce della Vallesina, Vivere e tante altre. Ho realizzato anche servizi, telecronache e radiocronache su emittenti nazionali, oltre a rivestire l’incarico di addetto stampa e speaker della squadra Jesina Calcio, città natale di Roberto Mancini e glorioso club che ha militato anche in serie C.
La mia fortuna, se così vogliamo definirla, è stata quella di saper leggere e scrivere sin da bimbo, simulando articoli, telecronache e tutto quanto potesse accadere in ambito media sportivi.
Sappiamo che in questi giorni hai anche bissato il successo al premio Racconti Sportivi…
Un importante concorso letterario organizzato da Historica con il patrocinio del Centro Sportivo Italiano. Sono stato premiato nella bellissima location del Centro Studi San Carlo di Torino a maggio 2019, dall’ex capitano della Juventus Beppe Furino. Il tutto grazie ad un racconto di carattere storico che ho realizzato relativamente al pianeta sportivo.
Il volume cartaceo della scorsa edizione, che contiene alcuni racconti vincitori tra cui il mio, è stato presentato in anteprima nazionale niente meno che al Salone Internazionale del Libro di Torino e successivamente durante la cerimonia di premiazione al Teatro Arena Fico di Bologna.
Mi sono ripetuto a Racconti Sportivi 2020 rientrando tra i vincitori del concorso anche quest’anno. Peccato che il Coronavirus impedisca l’organizzazione dell’evento in presenza a Torino, alla presenza di importanti ospiti.
Facciamo cronologicamente un passo indietro, tornando agli anni della tua formazione: nel tuo curriculum c’è anche un Master in Comunicazione e Marketing Sportivo…
Esattamente. Non mi piace buttar via del tempo prezioso, cerco di aggiornarmi in maniera costante su tutto quanto accade intorno a me. Ho avuto modo di conseguire nel 2019 un master (Sole 24 Ore) estremamente interessante grazie al quale ho potuto approfondire svariate tematiche quali l’organizzazione del mercato e la pianificazione degli eventi sportivi, il marketing branding e la governance nello sport, nuovi modelli di comunicazione applicati all’interno delle strategie sportive e così via.
A mio modo di vedere, riguardo al discorso dei social, questi dovrebbero essere utilizzati per utili motivi professionali; spesso invece vedo alcuni tizi delle nuove generazioni che sono distratti online tutto il giorno, anche a scuola.
I genitori poi non si lamentino se i propri figli diventano analfabeti funzionali, come riporta un recente articolo-studio di un quotidiano nazionale.
Per ciò che mi riguarda, la mia famiglia sin da piccolo ha saputo regalarmi ed insegnarmi i valori sani della vita. Mi ritengo fortunato ma sicuramente non un predestinato.
Tra l’altro poter lavorare nel marketing/sviluppo di nuovi progetti in un’azienda leader di settore della mia regione mi rende ancora più determinato a fare bene.
Sei stato premiato dal Segretario Nazionale Ordine dei Giornalisti Guido D’Ubaldo come miglior giornalista under 30 durante la cerimonia del prestigioso Premio Renato Cesarini 2019, dedicata al campione emblema del gol all’ultimo minuto. Che emozione hai provato salire su un palco del genere con grandi campioni?
E’ stata per me una grande soddisfazione essere premiato nell’ultima edizione del Premio Renato Cesarini da Guido D’Ubaldo, segretario nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e prestigiosa firma del Corriere dello Sport insieme a firme sportive del calibro di Sandro Sabatini di Mediaset, Luca Marchetti di Sky e Guido Vaciago di Tuttosport, a calciatori come Sebastiano Rossi, Daniel Ciofani, Marco Tardelli e a manager e allenatori come Pantaleo Corvino, Serse Cosmi e tanti altri ancora.
In oltre 16 anni di giornalismo (cronaca, attualità, sport) mi sono impegnato al massimo, con la solita grande motivazione, senza invidia né gelosia nei confronti del prossimo e con tanta umiltà, partendo da zero ex-novo e arrivando a scrivere sin da giovanissimo per testate locali e nazionali, magazine e quotidiani come il Corriere Adriatico, facendo telecronache, radiocronache e rivestendo l’incarico di responsabile ufficio stampa-comunicazione a livello sportivo.
Alcuni mi davano per matto in quanto a loro modo di vedere dedicare a quell’età del mio tempo libero per il giornalismo era quasi una follia. Io sinceramente l’ho sempre fatto con grande piacere, non mi pesava e ho sempre bilanciato il tutto in relazione agli altri impegni di vita personale.
Ho creato anche due blog www.danielebartocci.com www.danielebartoccichannel.it nel corso dei miei anni di studio e lavoro, arrivando a svolgere nel corso del tempo qualche docenza in giornalismo e comunicazione in università e master, maturando nello stesso tempo esperienza come conduttore, relatore, moderatore e ospite in palinsesti specie sportivi.
Bellissima la recente esperienza come ospite nello splendido programma sportivo girato nello studio di Telestense in Emilia Romagna.
Credo che in questi anni di intensa attività giornalistica siano state apprezzate la mia caparbietà, spontaneità e oggettività in ambito comunicato; un ruolo da me svolto negli anni con una grande passione senza condizionamenti esterni e in maniera qualificata e originale, con l’obiettivo di suscitare qualcosa nell’utente finale e di offrire la notizia in maniera veloce ma nel contempo efficace.
In questi giorni ti è arrivato anche il conferimento del titolo di Benemerito della Cultura, uno speciale attestato rilasciato dall’illustre Versilia Club, riguardo a un premio patrocinato anche dalla Regione Toscana. E anche la notizia del premio InediTO di Torino…
Esattamente, ma ancora è tutto Top Secret.
Ok, non lo dirò a nessuno! [Ridiamo entrambe]
Aspettiamo la cerimonia del Premio città di Massa in programma a fine anno per scoprire di più.
Qual è la critica che ti hanno fatto e che non hai mai accettato?
Sicuramente quella di essere raccomandato. Ho sempre lavorato a testa bassa e con umiltà, raccogliendo i frutti del mio lavoro, consapevole che il lavoro paga sempre. In alcune circostanze ho accettato silenziosamente questa critica di raccomandato.
Le critiche fanno bene se sono costruttive, ma la gente spesso parla senza sapere come stanno i fatti. E poi non vedo perché dovrei essere raccomandato… Io ho sempre studiato molto nel mio cammino di studio, e ho iniziato per gioco a fare il giornalista sin da prima dei dieci anni di età, simulando articoli e servizi giornalistici. E l’età per così dire precoce ha giocato un ruolo estremamente positivo nei miei confronti.
Negli anni ho portato avanti l’attività giornalistica, conciliando anche gli altri impegni ludici e personali. Un’attività che mi ha fatto raccogliere buoni frutti anche in altri ambiti. Non capisco perché in Italia la gente brava od almeno sulla carta talentuosa e meritevole debba essere per forza etichettabile come raccomandata. Non vale soltanto per il giornalismo ma anche per molte altre circostanze professionali.
Il termine raccomandazione potrebbe essere ancor più enfatizzato in determinate circostanze, ma come dico sempre a me non piace giudicare gli altri. Tratto gli altri come io vorrei essere trattato, questo per me è un motto vincente.
Consigli alle nuove generazioni del giornalismo?
Evitate il copia e incolla! Portare avanti le proprie passioni senza rimpianti. Senza voli pindarici e ricordandosi sempre che c’è da fare molta gavetta. A tal proposito i giovani spesso pensano di più a divertirsi credendo di poter fare strada in maniera quasi automatica, invece non è proprio così. Bisognerebbe applicarsi in molti casi in maniera più virtuosa.
In bocca al lupo Daniele per la tua fruttifera attività giornalistica e grazie per averci concesso l’intervista.
Grazie a voi.
]]>Come è iniziata la sua attività nella sanità?
GM: Nasco in una Casa di Cura privata di proprietà della mia famiglia nel 1963. Non me ne sono più andato. L’inizio di una carriera imprenditoriale che mi ha portato fuori dai confini della mia città natia, realizzando strutture sanitarie e sociosanitarie.
Quali sono stati gli ostacoli e le difficoltà più grandi che ha dovuto affrontare nel suo percorso professionale?
GM: Ho iniziato a lavorare molto giovane e concluso gli studi universitari vivendo i problemi aziendali ogni giorno. La realtà scolastica è profondamente diversa da quella lavorativa. Ho imparato sul campo a fare da solo dopo aver perso mio padre a 32 anni e non ho avuto più nessuno con cui condividere le problematiche di tutti i giorni. Sono cresciuto in un’epoca in cui ancora non esistevano i computer. Internet ha accelerato gli scambi relazionali, ma ha anche creato situazioni di confusione nelle persone. Fare l’imprenditore vuol dire sentirsi spesso soli e per questo è importante avvalersi di bravi collaboratori.
Oggi la sanità pubblica è costantemente in rosso ed i servizi sempre più carenti. Qual è stato il suo segreto per vincere la sfida con il sistema pubblico?
GM: Il modo di fare sanità nel privato è profondamente cambiato nel tempo. Oggi sono presenti le tecnologie più evolute e con i nuovi sistemi di accreditamento la qualità viene garantita da procedure di controllo molto severe. Vedo indispensabile una crescita dimensionale che porti i gruppi aziendali a dimensioni economiche tali da permettere gli investimenti necessari per seguire gli aggiornamenti strutturali e tecnologici.
Come sarebbe possibile a suo avviso migliorare oggi questo sistema Sanitario Italiano?
GM: La sanità privata fornisce più del 30% delle prestazioni necessarie con un impegno di spesa che non arriva al 10%. Va da sé quale potrebbe essere il risparmio su base 100. Sono convinto che non si spenda troppo in sanità rispetto agli altri paesi. Il nostro problema è che spendiamo male. Il divario tra Nord e Sud è ancora troppo evidente. I bilanci sociali delle Casa di Cure dimostrano che i finanziamenti ricevuti sono notevolmente inferiori ai ritorni che lo stato riceve nelle varie forme di imposte e contributi da parte delle società, dei professionisti che vi lavorano e di tutti i dipendenti a rapporto di impiego.
Si parla spesso di fuga di cervelli dall’Italia verso il mondo. Eppure moltissima eccellenza viene prodotta nelle nostre università. Il sistema sanitario privato potrebbe essere un mezzo per trattenere e valorizzare queste figure professionali?
GM: Il blocco delle assunzioni del settore pubblico, finalizzato ai risparmi, sta portando il sistema al collasso. Ripeto che il tema non è quanto spendiamo, ma come lo spendiamo, e ridurre i finanziamenti porterà gravi disagi sociali. La crisi economica perdurante non aiuta le famiglie a pagarsi da sole i servizi che lo stato disattende. Bisognerà trovare un equilibrio che salvaguardi il nostro sistema sanitario pubblico e privato che è certamente fra i migliori al mondo.
Qual è la frase che meglio la contraddistingue?
GM: Come dice Socrate, nonostante la volontà e la determinazione nel raggiungere gli obiettivi: io so di non sapere.
Un’ultima domanda. Ferrara è la città che l’ha vista nascere sotto tutti i punti di vista. Che pensiero le dedicherebbe?
GM: Una bellissima città che non ha saputo però inserirsi in un contesto più internazionale, mantenendo la propria economia basata sul sistema agricolo e non sull’industria. Le aziende del settore terziario di servizi sono prevalenti.
]]>Candyboy, perché non hai mai postato o non sono presenti le foto con il tuo vero volto?
Posto soltanto foto di quando sono bambino a volte, ma non amo mostrare la mia vera faccia.
Abbiamo visto delle foto in cui suoni on the road, perché questa scelta?
Sì, suono come busker, ce ne sono diverse postate nei miei social. Uno scatto che amo particolarmente è quello in bianco e nero nella downtown di Chicago con un padre e due bambini che mi guardano.
Visualizza questo post su InstagramI love this shot! Look at my audience. Kids and rocker dad. @mattiibeatrice
La scelta di suonare on the road o nei teatri è dettata dal fatto che non amo i locali.Dentro si servono alcolici a fiumi e c’è un tipo di clientela diversa. Non mi sento a mio agio in quel contesto.
Tutto ciò che è mainstream è un detersivo mentale per la massa addormentata.
Chi dice che i live devono essere fatti solo nei locali? Io vado al rovescio. Sono l’antagonista dello status quo. E questo richiede una continua disciplina.
Quante chitarre hai?
Ho sei chitarre, la mia resofonica, una classica di liuteria, una telecaster, una semiacustica, la mitica doubleneck diavoletto rossa e una chitarra acustica. Ho una malattia per le chitarre costose.
Parliamo di maschere: quante ne hai?
Le maschere sono un mio problema, non ti saprei dire con esattezza il numero esatto, ma posso dirti che è una sana compulsione (meno per il portafogli). Il mio sogno è quello di crearmi una vera e propria collezione di maschere horror da tenere in vetrina.
Candyboy è sostanzialmente un clown?
No, tutt’altro. Il clown è solo uno dei personaggi che ho mostrato al pubblico per ora.
Cosa fa Candyboy nel tempo libero?
Guardo film horror o documentari sugli alieni e leggo libri.
Di cosa hai paura?
Di tornare ad agire secondo gli standard imposti dalla società e ho paura dell’alcol.
Dove abiti attualmente?
In un piccolo quartiere a West Hollywood ma torno spesso in Italia. Amo Chicago.
Nel tuo disco “Virtuoso” dimostri una spiccata abilità tecnica e una velocità formidabile; qual è il tuo segreto?
E’ chiaro! ho fatto un patto con il diavolo. (Ride)
]]>Serena, che è direttore responsabile ed editore, ha collaborato in precedenza con il Giornale di Sicilia e La Repubblica. Ha curato diversi uffici stampa di una casa editrice, di due associazioni, una di salute e l’altra di musica. Scrive per diversi quotidiani online, collabora da tempo anche con Biografieonline, ed è direttore responsabile del giornale online radiooff.org. Appassionata di canto e di fotografia, è innamorata della sua città: Palermo.
Serena a chi si rivolge il progetto Informazione libera?
Il progetto è diretto a chi ha voglia di esprimersi, di disegnare con le parole. Chi ha voglia di raccontare, di raccogliere le proprie idee: inchieste, racconti, gialli e molto altro, tutto in un contenitore meraviglioso: il libro. Informazione libera è una casa editrice che non ha grandi pretese, se non quelle di dare voce a chi ha una passione e la vive forte sulla propria pelle.
Qual è lo spirito che anima questa vostra iniziativa editoriale?
Giorgio Gaber diceva: “Dove esistono una voglia, un amore, una passione, lì ci sono anch’io”. È da qui che siamo partiti, è questo lo spirito che anima la redazione di Radio Off, nata dall’idea e dalla passione per il giornalismo, per la cultura, per il sociale, per la legalità. Un progetto che è iniziato a partire dal 2013 ma che ha visto la sua attuazione solo nel 2016. Così a dicembre del 2015 è nata l’associazione, “Associazione informazione libera network” e a luglio del 2016 le prime trasmissioni radio e, in contemporanea, anche il giornale online “Radio Off”. Da allora Radio Off è sul web: www.radiooff.org e sui social.
Serena, hai parlato di un gruppo di professionisti che hanno portato avanti questo progetto. Chi sono?
La redazione, neo casa editrice, è composta da diversi professionisti: Liborio Martorana Editore, presidente dell’associazione libera network, Fabio Gagliano, vice presidente dell’associazione libera network, medico, scrittore, editore. Fabrizio Vasile, scrittore e ideatore eventi culturali, Piero Melati, giornalista e scrittore, Mario Tralongo, fondatore e collaboratore. E ancora: Ivo De Gasperi, collaboratore, Salvo Ciulla, antropologo, fondatore e collaboratore, Fabrizio Tralongo collaboratore, Giandiego Marigo scrittore e collaboratore, Rossella Vilardi collaboratore, Nicoletta Dammone Sessa, collaboratore e Salvatore Mercadante fotografo.
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Vincenzo Di Michele, nel suo ultimo romanzo storico, “Cefalonia, io e la mia storia”, si dà ampio risalto ad una vicenda della sua famiglia.
Dentro di me già sapevo che prima o poi avrei raccontato la storia di un mio zio che non è più tornato da Cefalonia. Sì! Già sapevo che l’avrei tramandata ai miei figli così come i miei bisnonni l’hanno tramandata ai miei nonni e via via a me. Ogni altra cosa che ho fatto è stata solo un opera di abbellimento di modo che tutti possano leggere al meglio questa mia storia biografica.
La pagina dell’Eccidio di Cefalonia è ancora da scrivere completamente?
L’intera vicenda storica deve essere affrontata nell’ottica di una diversa rivisitazione, a cominciare da una scomoda verità sulle debolezze del generale Gandin, che nei fatti consentì a quei pochi sovversivi di prevalere sulla massa dei deboli: “Dodicimila soldati italiani tutti obbedienti agli ordini”. E poi qualcosa di più a proposito del numero dei morti di cui non si ha ancora oggi un’idea precisa essendo i numeri molto diversi tra loro. Chi parla di duemila morti chi di quattromila chi di novemila. Non mi sembra che ci sia una trattazione esauriente a proposito dei disertori perché secondo me furono molti i soldati che disertarono a Cefalonia. Inoltre una rilettura a proposito degli eroi di Cefalonia che furono immolati in nome della Resistenza e consacrati nel corso degli anni come i salvatori della nuova Patria: “L’Italia antifascista”.
Si arrabbierebbe se qualcuno la definisse revisionista?
Se revisionismo significa ritornare indietro nell’analisi storica con nuovi elementi , con altre prove e soprattutto con ponderate riflessioni senza pregiudizi ideologici e/o di parte dico e affermo : “sono un revisionista”. Alla resa dei conti : “La storia non la fanno i vincitori” ; ecco perché sono un revisionista. .
Secondo lei, quanto accaduto oltre settant’anni fa ha contributi a creare una coscienza nazionale?
Non credo che l’eccidio di Cefalonia fu significativo in quei tempi nel senso della creazione di una coscienza nazionale. Con il tempo però divenne un simbolo effettivo tanto è che si è parlato anche degli eroi di Cefalonia che furono immolati in nome della Resistenza e quindi consacrati nel corso degli anni come i salvatori della nuova Patria: “L’Italia antifascista”. Senza alcuna influenza di parte, io credo come storico che oggettivamente si debba parlare dei martiri di Cefalonia e di una tragedia che si poteva e doveva evitare.
Un’ultima riflessione?
Per coloro che eventualmente mi criticassero per questa mia analisi sulle vicende di Cefalonia, nel senso di aver conferito giustificazioni e argomentazioni in favore dei soldati tedeschi , consiglio vivamente di leggersi un altro mio libro: “L’ultimo segreto di Mussolini” (peraltro anche in lingua inglese: The last secret of Mussolini) circa l’accordo sottobanco tra i tedeschi e il governo Badoglio. Dopodiché possono procedere in un giudizio definitivo circa la mia obiettività storica.
]]>Ecco una breve intervista in cui il giovane romano si apre, ci spiega il suo punto di vista sulla poesia e ci dedica un componimento originale sul finale.
Grazie per aver accettato questa intervista!
SL: Grazie a Voi!
Cos’è la poesia per Stefano Labbia?
SL: La poesia è vita. E la vita dovrebbe essere fatta tutta di poesia…. Per me è un mezzo, un modo immediato di condivisione, è varia e variabile. Percorre anima e corpo del lettore che la gusta, la assapora, la mormora o la legge in silenzio. Parla di vittorie e sconfitte, è dolce e amara, è seria e satirica. Dà uno schiaffo e porge l’altra guancia. Dà coraggio ed affossa. La poesia è tutto questo e molto altro.
In questo fine millennio, il poeta può dunque ancora avere un ruolo nella società? Ma che cos’è il poeta? Una voce discordante, un profeta del futuro?
SL: Il poeta è un pazzo in un mondo di savi. C’è una splendida battuta, in un vecchio film, densa e che colpisce al cuore perché vera: “Avete bisogno di un pazzo, che vi indichi la strada, che vi dica se state sbagliando!“. Ecco… I poeti sono chiamati a dire sempre la verità, a stimolare con i loro versi i lettori, a sollecitare le coscienze. Ad essere fuori dalla massa. Ad esser “pazzi”. E a metter di fronte alla cruda realtà l’uomo savio ed abituato a ciò che riceve come cibo. Noi siamo gli chef dell’anima, cultori del soul food. La poesia è rinata, dopo anni di buio totale. Buio che era da temere. C’è speranza.
Parlaci della raccolta “Gli Orari del Cuore”.
SL: “Gli Orari del Cuore” è un percorso di vita. Il mio percorso di vita: dall’adolescenza, periodo in cui ho iniziato a comporre e a scrivere liriche e la maturità. Trent’anni. Trent’anni di gioie, vittorie, battaglie, gioie, momenti di riflessione… di certo comuni a tutti. Ho voluto condividerli, ed ho trovato un’ Editore che ha creduto in me come poeta e come persona. Non è facile di questi tempi…
Quali progetti hai in questo momento?
SL: Sto cercando fondi per il mio primo lungometraggio ambientato tra Roma e Milano, una storia molto intima e delicata. C’è già interesse attivo di alcune case di produzione italiane e vorrei accelerare ed entrare in pre produzione entro fine anno. Nel frattempo sto dialogando con alcune produzioni inglesi per una serie tv che ho ideato, un teen drama ambientato a Londra. Ed il mio primo romanzo a breve vedrà la luce.
Ci regali un tuo componimento inedito?
SL: Volentieri!
“Amore incondizionato“
Se amassi ogni cosa di me,
assaggeresti ciò che ho da darti.
Ignoreresti le mie mancanze,
ameresti le mie incertezze,
adoreresti i miei dubbi.
Le insicurezze, poi,
dovresti solo accarezzarle.
Coccola la parte migliore di me,
bacia la parte peggiore.
Sei felice, nel tuo letto d’odio?
La trapunta di collera che hai tessuto,
ti tiene caldo d’estate e freddo d’inverno?
O il cuore nero
che tutte le nubi nel cielo
ha assorbito,
basta da solo
a far di te una strega?
Grazie per la disponibilità!
SL: Prego! Grazie a Voi!