Hai cercato 30 gennaio - Cultura https://cultura.biografieonline.it/ Canale del sito Biografieonline.it Sun, 17 Aug 2025 14:00:08 +0000 it-IT hourly 1 Il disco “Nevermind” dei Nirvana https://cultura.biografieonline.it/il-disco-nevermind-dei-nirvana/ https://cultura.biografieonline.it/il-disco-nevermind-dei-nirvana/#comments Sun, 17 Aug 2025 13:39:19 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1312 Il 24 settembre 1991 usciva Nevermind, il secondo album del gruppo dei Nirvana. Obiettivo della casa discografica Geffen era quello di uguagliare le 250.000 copie vendute del disco Goo dei Sonic Youth, pubblicato nel 1990.

Nevermind, il celebre disco dei Nirvana uscito il 24 settembre 1991
Nevermind, il celebre disco dei Nirvana uscito il 24 settembre 1991

Invece Nevermind si rivelò subito uno degli album del secolo, per la qualità musicale e per l’attenzione mediatica, diventando il manifesto del genere grunge e alternative rock. Ne furono vendute circa 25 milioni di copie, tanto che nel gennaio 1992 diventò il numero uno al posto di Dangerous di Michael Jackson nella classifica di Billboard, in cui rimase per 263 settimane.

Con una struttura apparentemente semplice, il leader Kurt Cobain curò le parole e gli accordi di ogni singolo pezzo. Testi come Smells like Teen Spirit, Come as You Are (questa scritta compare ancora oggi sul cartello stradale che segnala l’inizio della città di Aberdeen – Washington – in cui nacque il gruppo e lo stesso Cobain) sono diventati il simbolo di intere generazioni. Così come lo è diventata la vita breve e ‘dannata’ del leader, sospeso tra un’infanzia difficile, la dipendenza dalla droga, l’amore per Courtney Love e per la loro figlia Francis Bean, fino alla morte per suicidio il 5 aprile 1994, dopo aver scritto una lettera di addio.

L’associazione tra i testi delle canzoni, il rock pungente, e le vicende di Cobain hanno creato una leggenda, una sorta di alone aureo attorno ai Nirvana.

Lo spirito che emana dalla musica e dai testi esprime in pieno il disagio dei giovani dell’epoca, sperimentato in prima persona anche dal leader del gruppo. In Smells like Teen Spirit ad esempio c’è la frase “Here we are now, entertain us” (eccoci qua, divertiamoci),  che veniva usata dallo stesso Cobain ogni volta che si presentava ad una festa. E Teen Spirit era un noto deodorante per adolescenti. Solo che Cobain all’inizio non lo sapeva.

Pare infatti che Kathleen Hanna, delle Bikini Kill, avesse scritto sul muro di casa dello stesso Cobain “Kurt smells like teen spirit” (Kurt profuma di deodorante da adolescenti) accusandolo così di non essere ancora uomo. Cobain invece lo interpretò come un complimento (Kurt profuma di spirito adolescenziale), ovvero, lo reputavano un’anima incorrotta dalle passioni degli adulti.

Siccome stava scrivendo l’ultima canzone dell’album, Cobain trovò questa frase adatta allo spirito del testo, e decise di usarla.

Solo due anni dopo venne a conoscenza del vero significato di quelle parole.

Curiosità: è il 17 agosto 1991 quando i Nirvana girano ai GMT Studios di Culver City (California) il videoclip per la canzone “Smells Like Teen Spirit”, brano di apertura del disco. Durante le riprese le comparse vengono trascinate dalla musica e distruggono il set; il regista Samuel Bayer decide di usare comunque le riprese realizzando un videoclip che assurgerà poi a emblema generazionale.

C’è da dire che il successo dell’album, oltre che per i testi e la musica e le capacità di Cobain e del gruppo, è in gran parte dovuto anche ad una grande operazione pubblicitaria, oltre che ai numerosi video musicali fatti passare continuamente sui maggiori networks. Il disco era stato voluto dalla casa discografica, ma, allo stesso tempo, la musica serviva a Cobain da valvola di sfogo a tutte le sue dipendenze da alcool e droga, al fatto di non aver mai accettato il divorzio dei genitori, al suo legame con un’infanzia mai goduta e sempre ricercata. La durezza delle parole si accompagna alla sua voce unica, e agli accordi particolarmente elaborati e ricercati, che dal pop svoltano decisamente verso il rock.

Kobain era attento, perfino pignolo nell’elaborare i testi, per cercare la sfumatura nella musicalità, e anche quando l’album fu pronto non ne era soddisfatto, tanto meno lo fu degli aggiustamenti operati dai discografici. Ma proprio questo ne ha decretato il successo.

Disperazione e attaccamento alla vita, frustrazione e cedimento. Nella lettera cosiddetta di addio, che Cobain scrisse prima di morire, espresse in questa frase asciutta l’essenza della sua vita, del successo, della sua musica: “it’s better to burn out than to fade away” (meglio bruciare in una fiammata che spegnersi lentamente). E l’augurio di ciò che davvero contava per lui: “Peace, Love, Empathy” (pace, amore, empatia).

Nel settembre 2011, in occasione dei venti anni dalla prima uscita, il disco Nevermind è stato riproposto sia in “Deluxe Edition”, con inclusi pezzi dei lati b dei singoli, che in “Super Deluxe Edition”, corredato anche da DVD dei concerti e di esibizioni pubbliche.

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Nike: breve storia https://cultura.biografieonline.it/storia-della-nike/ https://cultura.biografieonline.it/storia-della-nike/#comments Sat, 22 Feb 2025 22:02:38 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2952 Nike, la storia dell’azienda

La Nike nasce il 25 gennaio del 1967, nel momento in cui lo studente di economia Phil Knight e l’allenatore della Oregon University Bill Bowerman costituiscono un marchio che importi dal Giappone scarpe sportive: il nome “Nike” viene scelto a richiamare la dea omonima della mitologia greca, simbolo della vittoria.

Il logo NIKE, uno dei più riconoscibili e conosciuti
Il logo NIKE, uno dei più riconoscibili e conosciuti

Le origini dell’azienda, tuttavia, vanno fatte risalire a qualche anno prima, quando Knight apprende da una ricerca di mercato che i prodotti giapponesi hanno delle potenzialità eccezionali sul mercato statunitense, soprattutto per quel che riguarda l’alta tecnologia e le scarpe di atletica.

Per questo motivo, nel 1962, insieme con Bowerman egli dà vita alla Brs, Blue Ribbon Sports, costata 500 dollari a entrambi.

Attraverso questa società, prende il via la commercializzazione di calzature sportive, che in Giappone sono prodotte da Onitsuka Tiger.

Il successo sul mercato statunitense è pressoché immediato, così che Brs decide di dare il via a una linea di produzione propria.

Con la nascita della Nike, la collaborazione con Tiger termina, e i risultati si vedono: nel 1971 i ricavi sono nell’ordine dei due milioni di dollari, a fronte degli 8mila dollari dei primi tempi.

Nello stesso anno, per altro, la Nike si dota del suo logo simbolo, vale a dire lo “Swoosh”.

Esso viene creato da una studentessa della Portland State University, Carolyn Davidson, che segue il corso di grafica, e che realizza il logo su richiesta esplicita di Knight.

Lo swoosh Nike

Lo “Swoosh” richiama la Nike di Samotracia, della quale rappresenta una stilizzazione.

La Davidson accetta di lavorare al progetto a un prezzo di due dollari l’ora, quindi presenta l’idea vincente.

Lo “Swoosh”, il cui valore è attualmente inestimabile, viene pagato alla studentessa solo 35 dollari (ma undici anni più tardi la Davidson riceverà da Knight numerose azioni dell’azienda e un anello d’oro in segno di gratitudine).

Nike di Samotracia
Nike di Samotracia: il simbolo Nike si rifà al movimento curvo della celebre scultura

Gli anni ’70

Negli anni Settanta, intanto, l’azienda si sottopone a un restyling del sistema produttivo, espandendosi a livello internazionale soprattutto in Australia e, in virtù di accordi di licensing, in Corea e a Taiwan.

Il 1978 è l’anno della nascita ufficiale di Nike Inc., ma anche del primo contratto di sponsorizzazione siglato con un grande personaggio sportivo, il tennista John McEnroe.

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L’anno successivo, invece, viene messa in commercio Tailwind, vale a dire la prima scarpa da corsa che può contare su Nike-air, il sistema di ammortizzazione brevettato dalla casa americana: una tecnologia che in seguito verrà impiegata per l’intera produzione Nike, migliorata e integrata costantemente, e che diventerà il reale punto di forza delle calzature statunitensi.

Nel 1979 Nike copre una fetta eccezionale del mercato statunitense, pari al 50 % nel settore delle scarpe da corsa, e presenta un fatturato di circa 150milioni di dollari.

L’azienda, che impiega poco più di 2700 dipendenti, viene quotata in borsa l’anno seguente, con due milioni di azioni ordinarie come offerta al pubblico.

Il momento economico è senza dubbio felice, e lo confermano i 270 milioni di dollari di ricavi.

Gli anni ’80

Ormai nel panorama internazionale Nike International Ltd. ricopre un ruolo fondamentale: le esportazioni in più di quaranta Paesi permettono, nel 1984, di sfiorare il miliardo di dollari di fatturato. Alla crescita economica non può che corrispondere, naturalmente, una crescita di prestigio.

Merito anche degli atleti sponsorizzati Nike, che ottengono risultati di altissimo livello: da Carl Lewis e Joan Benoit, senza dimenticare Alberto Salazar, vincitore della maratona di New York.

Il 1988 è un anno fondamentale per due motivi: sia perché si supera il miliardo di ricavi (passando dagli 877 milioni di dollari del 1987 ai 1200 milioni dell’anno successivo), sia perché prende il via “Just do it”, la campagna pubblicitaria più importante del marchio americano.

Si tratta di un’incitazione semplice ma efficace, che invita le persone a lavorare e faticare per non perdere di vista i propri sogni.

Mentre gli anni Ottanta si concludono con un fatturato superiore ai due miliardi di dollari (merito anche dei 5300 dipendenti sparsi in tutto il mondo), gli anni Novanta si aprono con un’espansione geografica ancora più forte.

Gli anni ’90

L’impegno verso temi ambientali e sociali viene affiancato alla ricerca di nuovi prodotti, come le calzature per il fitness e per l’attività fisica da effettuare negli ambienti chiusi.

Nell’ultimo decennio del Novecento, inoltre, lo sponsor Nike campeggia sull’abbigliamento dei campioni più conosciuti: Pete Sampras e Andre Agassi nel tennis, Michael Jordan nella pallacanestro, Michael Johnson e il già citato Carl Lewis nell’atletica, la nazionale brasiliana di Ronaldo nel calcio.

Foto di Andre Agassi
Una foto di Andre Agassi negli anni ’90

Diversi programmi improntati alla sensibilizzazione ambientale vengono promossi, anche attraverso il Codice di Condotta istituito nel 1992, che obbliga tutti i licenziatari e partner Nike del mondo a garantire precisi standard di comportamento che assicurino un livello salariare adeguato ai dipendenti.

La responsabilità sociale dell’azienda trova conferma anche in PLAY, progetto il cui acronimo significa “Participate in the lives of America’s youth”, che si propone di sostenere attività ricreative e sportive tra le generazioni più giovani.

Anni 2000

Annualmente, Nike regala a organizzazioni no profit il 3% del fatturato mondiale: una beneficenza effettuata tramite denaro o prodotti specifici.

Solo nel 2004, la somma complessivamente donata supera i 37 milioni di dollari.

Nello stesso anno, per altro, viene lanciato Livestrong, il braccialetto giallo messo in commercio dalla “Lance Armstrong Foundation”, la fondazione dell’ex ciclista Lance Armstrong, finalizzata a finanziare la ricerca contro il cancro.

Indossato in un primo momento soprattutto dagli sportivi, al Tour de France e agli Europei di calcio, il braccialetto si trasforma in una moda, esibita da divi dello spettacolo, calciatori e vip.

Nel frattempo, i ricavi economici hanno continuano a crescere: il 2004 si chiude con più di dodici miliardi di utili, e una crescita di più del 12% rispetto all’esercizio dell’anno prima.

Nello stesso anno, Philip Knight, fondatore dell’azienda, lascia il proprio posto a William Perez, che diventa direttore esecutivo, Ceo e presidente; Knight conserva solo la carica di presidente del Cda.

Negli ultimi anni, Nike prosegue nel suo doppio progetto commerciale e sociale, mettendo al primo posto valori come l’innovazione, la creatività e l’impegno, in una costante ricerca che si propone di favorire l’ispirazione di ogni atleta nel mondo.

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Eccellenze Food & Beverage 2024: Daniele Bartocci tra i top player https://cultura.biografieonline.it/eccellenze-food-beverage-2024-bartocci/ https://cultura.biografieonline.it/eccellenze-food-beverage-2024-bartocci/#respond Mon, 04 Nov 2024 07:57:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42439 Il giovane giornalista e food manager Daniele Bartocci ancora protagonista al premio BarAwards 2024 Milano. Daniele Bartocci ‘strega’ ancora i Bar Awards, premio d’eccellenza del fuori casa (out-of-home).

Cresce l’attesa per il gran galà riservato alle eccellenze italiane del food, beverage e mixology in programma nel mese di gennaio 2025 a Milano.

Proprio in questi giorni è stata stilata dalla rivista Bargiornale (in collaborazione con DolceGiornale, Ristoranti e Hotel Domani) la Top30 in cui troviamo per il terzo anno consecutivo il giovane marchigiano Daniele Bartocci, pluripremiato professionista del settore food, talentuoso giornalista tra i più autorevoli d’Italia e volto tv del talent-show televisivo King of Pizza (programma del circuito Sky), inserito tra i migliori della categoria food&beverage/coffee riservata ai migliori professionisti nello sviluppo di una marca/brand nel settore Ho.Re.Ca (Normal Trade).

A Milano, il 15 gennaio 2025 si svolgerà la premiazione insieme ad autorevoli protagonisti italiani, professionisti, player, brand ambassador e realtà imprenditoriali del food&beverage, che si sono distinti nell’ultimo anno nelle rispettive categorie di appartenenza. In quell’occasione sarà svelata la graduatoria definitiva, alla presenza di ospiti speciali (negli ultimi anni ai BarAwards presenti anche Ernst Knam e Frau Knam), per la miglior rappresentazione dell’eccellenza Made in Italy in giro per l’Italia e per il mondo.

Una grandissima soddisfazione sicuramente per Bartocci, già inserito tra i 100 personaggi più influenti del 2023 (premio 100 Eccellenze Italiane a Montecitorio) ed insignito del prestigioso Global Recognition Award 2024 e del Premio Internazionale Pietro Mennea 2024 per il grande lavoro nel campo giornalismo e saggisti.

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Le ballate di Narayama: recensione del romanzo. Un racconto ancestrale in un Giappone arcaico https://cultura.biografieonline.it/ballate-narayama-recensione-libro/ https://cultura.biografieonline.it/ballate-narayama-recensione-libro/#respond Thu, 22 Aug 2024 09:09:12 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42325 Il giapponese Fukazawa Shichirō (29 gennaio 1914 – 18 agosto 1987) è l’autore del romanzo Le ballate di Narayama (titolo originale: Narayama bushikō). Scritto nel 1956, il suo primo romanzo vinse il prestigioso premio Chūō Kōron.

Fukazawa Shichiro
Fukazawa Shichirō

Trama del libro

Orin vive in un villaggio circondato da montagne. Sono cinquant’anni che vive nel suo villaggio, il cui nome è “Il villaggio di fronte” e adesso che ha compiuto settant’anni deve compiere come da tradizione centenaria un pellegrinaggio presso il monte Narayama.

Ma prima di partire, Orin vuole essere sicura che la sua famiglia riuscirà a passare l’inverno e per questo è alla ricerca di una moglie per il suo unico figlio, Tatsuhei.

Lui è rimasto vedovo a causa di un incidente, sua moglie è caduta in un burrone e, adesso, Orin deve occuparsi anche dei quattro nipoti. Ma il tempo del pellegrinaggio si avvicina e quando sarà sul monte incontrerà il dio che lo abita e non tornerà mai più indietro.

Le ballate scandiscono il tempo e le due feste del villaggio determinano la conclusione dell’anno, fra queste la festa del Narayama è quella più importante, dura un solo giorno, ma il villaggio la attende per settimane.

Prima della festa Orin avrà preparato tutto, affinché la sua assenza non pesi sulla famiglia. E quando arriverà il giorno della festa lei sarà pronta a partire e noi la accompagneremo fra monti antichi, valli profonde e stagni ancestrali, verso un destino che non ha ritorno.

Le ballate di Narayama - Libro Adelphi
Le ballate di Narayama – copertina del libro

L’edizione Adelphi è del 2024: il libro su Amazon

Commento

Questo romanzo, Le ballate di Narayama, edito da Adelphi, è un vero gioiello della letteratura giapponese. Contiene una gamma impressionante di sentimenti e incastona in una favola ancestrale tradizioni millenarie.

L’autore del romanzo, Fukazawa Shichirō, quando pubblicò su una rivista Le ballate era un autore sconosciuto in un ambiente letterario chiuso. Subito ebbe un notevole riconoscimento dal pubblico e dalla critica.

Alcuni scrittori lo definirono un capolavoro. E d’altra parte il libro arrivò come un evento inaspettato a scuotere lo stagno della letteratura dell’epoca.

La figura di Orin, la protagonista, una donna anziana che dedicata tutta la sua vita alla famiglia per poi accettare in pace il suo destino, commosse molti lettori, in un contesto in cui la povertà rendeva ancora più debole la vecchiaia.

Oggi il Giappone, uno dei paesi con più persone anziane al mondo, sta cambiando ma in passato questa considerazione verso le persone anziane era diffusa. Ma non è sufficiente, a decretare il successo del libro, un’opinione sociale.

Credo, invece, che il romanzo, intriso di favole e leggende, abbia risvegliato un inconscio collettivo verso ciò che il Giappone può essere stato e soprattutto verso un senso ancestrale del vivere in comunità.

Qualsiasi sia il motivo, questo romanzo breve è un capolavoro da leggere, a mio parere, con l’interesse riservato ai classici.

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Vita e opere di Blaise Pascal: cronologia biografica https://cultura.biografieonline.it/pascal-cronologia-biografica/ https://cultura.biografieonline.it/pascal-cronologia-biografica/#respond Thu, 25 Apr 2024 11:02:20 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42023 1623, 19 giugno
Blaise Pascal nasce a Clermont-Ferrand. È il figlio secondogenito di Étienne Pascal, borghese agiato che esercita funzioni di un certo rilievo nel campo dell’amministrazione delle finanze, e di Antoinette Bégon. Sua sorella Gilberte, che scriverà un giorno una biografia del fratello destinata ad una grande celebrità, votando poi un culto esclusivo alla sua memoria e alla salvaguardia delle sue opere, è nata nel 1620.

Blaise Pascal
Blaise Pascal

1625
Nascita di Jacqueline Pascal: la sorella minore dividerà in parte le esperienze religiose del fratello, al quale sarà sempre molto legata, fino a ritirarsi un giorno nel convento di Port-Royal.

1626
Morte della madre. Étienne Pascal, vedovo con tre figli in tenera età, dedicherà una cura personale molto attenta alla loro educazione, senza affidarli ad estranei o a istituti di istruzione. Pascal non ha mai frequentato un collegio né ha avuto precettori.

1631
Étienne Pascal si trasferisce a Parigi. Blaise ha otto anni: la sua salute desta preoccupazioni fin dalla tenera infanzia.

1631-1639
Durante il primo soggiorno parigino, dagli otto ai sedici anni, Blaise Pascal dà avvio alla sua formazione culturale e scientifica. Grazie agli amici di suo padre (Mersenne, Roberval, Fermat, Le Pailleur) è ben presto ammesso, malgrado la sua giovane età, a frequentare le riunioni di un’accademia di scienziati (fondata da Marin Mersenne nel 1635) dando prova di una precocità straordinaria.

1638-1639
Il padre di Pascal, vagamente compromesso per un’azione di protesta contro Richelieu, si rifugia in Alvernia. Jacqueline (quattordici anni), che è stata scelta dal poeta Boisrobert per interpretare una parte in una commedia recitata dinanzi al Cardinale, ottiene da Richelieu il perdono per suo padre, che rientra a Parigi (marzo 1639).

1639, ottobre
Il padre di Pascal è nominato da Richelieu commissario straordinario per la riscossione delle imposte in Normandia. La famiglia si trasferisce a Rouen, dove Pascal soggiornerà dal 1639 al 1647. Vi farà, tra l’altro, la conoscenza di Corneille. Sua sorella Jacqueline, che ha doni poetici, otterrà nel 1640 un premio di poesia al concorso dei «Palinods» di Rouen.

1640
A diciassette anni, Pascal pubblica il suo primo scritto, di carattere scientifico: Essai sur les coniques (sotto forma di un manifesto di una sola pagina). Pubblicazione dell’Augustinus, del teologo olandese Giansenio (morto nel 1638). L’opera è censurata fin dal 1641 dall’Inquisizione e solennemente condannata nel 1643 da una bolla del papa Urbano VIII.

1641
Gilberte Pascal sposa Florin Périer (anch’egli funzionario dell’amministrazione delle finanze). Nel 1643 la coppia si stabilirà a Clermont-Ferrand, dove Gilberte passerà buona parte della sua vita. Nella casa dei Périer che, nel 1652, acquisteranno il castello di Bienassis, nelle vicinanze della cittadina alverniate, Pascal farà lunghi e ripetuti soggiorni.

1642
Nascita di Étienne Périer, figlio di Gilberte e di Florin Périer. Étienne Périer, che doveva morire a soli 38 anni, nel 1680, ha svolto un ruolo molto importante per la conservazione e la pubblicazione delle carte di suo zio. Affidato dalla madre al nonno per la sua educazione, ha trascorso molti anni nell’intimità della famiglia Pascal a Parigi, assicurandosi una funzione di testimonio privilegiato.

Pascal mette a punto una prima «macchina aritmetica» (una rudimentale macchina calcolatrice), che dovrebbe aiutare il padre, costretto dal suo lavoro di commissario straordinario per le imposte ad effettuare faticosi calcoli. Pascal continuerà a lavorare al perfezionamento della sua macchina, presentandola anche nei salotti, fino ad ottenere, nel 1649, un privilegio reale per l’esclusiva della sua fabbricazione.

Blaise Pascal

1643
Muore Jean Duvergier de Hauranne, abate di Saint-Cyran, il padre spirituale delle religiose di Port-Royal: Pascal compie vent’anni.

1646
gennaio-febbraio È l’anno della «prima conversione». Étienne Pascal, immobilizzato a seguito di una caduta, è assistito da due gentiluomini grandi ammiratori dell’abate di Saint-Cyran, che gli fanno conoscere le idee di Giansenio e del direttore spirituale di Port-Royal, e convincono in breve tutta la famiglia a «convertirsi» a una pratica religiosa più intensa. Blaise Pascal ha ventitré anni.

1646, ottobre
Pascal, che si occupa sempre intensamente di studi scientifici, rinnova a Rouen, con la collaborazione del padre, l’esperienza di Torricelli, a riprova della teoria circa l’esistenza del vuoto (che viene invece negata, su basi aprioristiche, dalla filosofia aristotelica).

1647
Pascal, che soffre di disturbi di difficile diagnosticazione, si trasferisce a Parigi con la sorella Jacqueline per potersi curare. Il padre rientrerà a sua volta a Parigi l’anno seguente.

Polemica con Descartes. Dopo che una serie di incontri con il celebre filosofo è valsa solo a far constatare le divergenze tra le reciproche posizioni sul problema del vuoto, Pascal attacca vivacemente il padre Noël, rettore del collegio dei Gesuiti di Clermont, che era stato uno dei maestri di Descartes.

1648
Redazione latina dell’Essai sur la génération des sections coniques. Pascal ripete a Parigi l’esperienza sul vuoto.

Pubblicazione del Récit de la grande expérience sur l’équilibre des liqueurs, relativo all’esperienza compiuta nel settembre di quell’anno da Florin Périer, su istruzioni di Pascal, simultaneamente a Clermont-Ferrand e sulla sommità del Puy-de-Dôme, per verificare l’ipotesi della possibilità di equilibrare il peso del mercurio con quello dell’atmosfera.

Primi contatti con Port-Royal: Pascal e sua sorella Jacqueline entrano in contatto con alcune delle personalità più in vista del monastero (la Mère Angélique, la Mère Agnès) e dei «Solitari» che fanno loro corona (Nicole, Arnauld, Singlin).

1649-1650
A causa dei disordini provocati dalla Fronda dei Principi, la famiglia Pascal si allontana da Parigi e si ritira a Clermont-Ferrand.

1650, febbraio
Morte di Descartes.

1651
Morte di Étienne Pascal (settembre). Pascal entra in possesso dell’eredità paterna.

Di ritorno a Parigi, Pascal riprende i suoi studi sul vuoto: rivendica la priorità delle sue ricerche in questo campo nella sua corrispondenza con Madame de Ribeyre e lavora a un Traité du vide, rimasto incompiuto.

1652
In gennaio, Jacqueline Pascal entra a Port-Royal. La cerimonia della vestizione ha luogo in maggio, quella della professione definitiva nel giugno dell’anno seguente. Pascal, che in un primo tempo si era rifiutato di versare alla sorella la somma necessaria per la costituzione, secondo l’uso, della «dote» della nuova suora, farà poi un lascito a tal fine al convento di Port-Royal, riservandosi per altro una rendita vita natural durante sulla somma versata.

Pascal fa conoscere la sua «macchina aritmetica», ulteriormente perfezionata, al pubblico elegante della capitale, nel salotto di Madame d’Aiguillon. Sono gli anni della parentesi mondana: Pascal ha trent’anni, è entrato in possesso del patrimonio paterno, frequenta attivamente i salotti (Madame de Sablé, il duca di Roannez, Méré, Mitton).

1653, maggio
Una bolla di Innocenzo X condanna cinque proposizioni su punti di fede considerate eretiche, ma senza attribuirle espressamente a Giansenio. È il punto di partenza della celebre polemica che opporrà Arnauld e i giansenisti, da una parte, e la Sorbona, appoggiata anche dai Gesuiti, dall’altra: i primi sostenendo che le cinque proposizioni non si ritrovano materialmente nell’Augustinus, i secondi che esse si evincono chiaramente dall’opera e dal pensiero di Giansenio.

1654
È l’anno della «seconda conversione». Pascal, che è reduce da alcuni viaggi in provincia (Clermont; nel Poitou), attraversa una crisi religiosa. Riavvicinamento con sua sorella Jacqueline. Nella notte del 23 novembre avrà l’«illuminazione», la cui eco è affidata al famoso Memoriale.

Tra luglio e ottobre, corrispondenza con il matematico Pierre Fermat, che ha scoperto i fondamenti teorici del calcolo delle probabilità, questione studiata anche da Pascal.

1655
Pascal fa un soggiorno a Port-Royal, con i Solitari che abitano nelle «Granges», una dipendenza del monastero nei dintorni di Parigi.

1656
Affare delle «Provinciali»: Arnauld, censurato dalla Sorbona per la questione delle cinque proposizioni e impegnato in una polemica, oltre che con la Facoltà di Teologia, anche contro i Gesuiti, chiede a Pascal di intervenire. Le diciotto «lettere di un provinciale», scritte da Pascal, ma sicuramente riviste dai maggiori esponenti di Port-Royal (Arnauld, Nicole), appaiono tra il gennaio 1656 e il giugno 1657, e saranno messe all’indice nel settembre di quell’anno. Affare della «Santa Spina»: il 24 marzo la nipote di Pascal, Margherita Périer, è guarita da una fistola lacrimale, a Port-Royal, grazie all’imposizione di una reliquia che si vorrebbe proveniente dalla corona di spine del Cristo. Pascal, fortemente impressionato dall’avvenimento, comincia a prendere degli appunti per alcune Lettres sur les miracles: è il punto di partenza del progetto, che maturerà negli anni seguenti, di una Apologia del Cristianesimo.

1657
Redazione degli Éléments de géométrie destinati agli allievi delle «Petites Écoles» di Port-Royal. Probabile redazione degli Écrits sur la grâce, che saranno pubblicati nel 1779.

Pascal collabora agli Écrits des curés de Paris, che criticano la casistica e la morale accomodante della Società di Gesù, e redige un Factum pour les curés de Paris.

1658
Continua la polemica con i Gesuiti.

Affare della «cicloide». Nel mese di giugno Pascal diffonde una lettera circolare, firmata con lo pseudonimo Amos Dettonville, che indice un concorso tra tutti i matematici d’Europa per la soluzione del problema della cicloide. Era previsto un premio in denaro, che non verrà attribuito, nessuno dei concorrenti avendo trovato la risposta escogitata da Pascal. Corrispondenza con Huygens, polemica con il gesuita Lalouère di Tolosa. Pascal espone le grandi linee del suo progetto di una Apologia del Cristianesimo ai suoi amici di Port-Royal nel corso di una conferenza svoltasi nel monastero.

Pascal scultura cicloide
Pascal studia la cicloide: ai suoi piedi le pagine sparse dei Pensieri, a destra il libro aperto delle Lettere provinciali. Scultura di Augustin Pajou (1730–1809), Museo del Louvre

1659
Pascal è ripreso dai disturbi di cui aveva sofferto a ventiquattro anni, e deve sospendere ogni attività di studio per alcuni mesi.

1660
Soggiorna in Alvernia, nel castello di Bienassis. Prosegue la redazione dei «petits traités»: a quest’anno risalgono probabilmente La Prière pour demander à Dieu le bon usage des maladies e i tre Discours sur la condition des grands; si assegnano al 1658 l’Art de persuader e l’Esprit géométrique.

1661
Affare del «Formulario»: le religiose di Port-Royal, che si erano rifiutate di firmare una dichiarazione di condanna di alcune proposizioni di Giansenio, messa a punto dall’assemblea del clero di Parigi fin dal 1658, e che tutti gli ecclesiastici della diocesi erano tenuti a sottoscrivere, finiscono col sottomettersi.
Dissenso di Pascal, raffreddamento dei rapporti con Port-Royal, segnatamente con Arnauld.
Morte di Jacqueline Pascal.

1662
Pascal mette a punto il progetto di un servizio pubblico di diligenze a pagamento, per il quale ottiene delle lettere patenti. La prima linea del nuovo servizio sarà inaugurata nel mese di marzo.
Lo stato di salute di Pascal, da tempo cagionevole, si aggrava repentinamente alla fine di giugno.
Lo scrittore si fa trasportare dalla sua casa, sita nell’attuale Rue Monsieur-le-Prince, in quella di sua sorella Gilberte, dove viene assistito dal curato di Saint-Étienne-du-Mont, il padre Paul Beurrier, che ne raccoglie la confessione.
La morte sopravviene il 19 agosto: Pascal aveva da poco compiuto i trentanove anni.
Le sue spoglie mortali sono sepolte nella chiesa di Saint-Étienne-du-Mont.

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L’anno bisestile: storie e curiosità https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/ https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/#comments Thu, 29 Feb 2024 07:44:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16106 L’anno bisestile è quello composto di 366 giorni, anziché i soliti 365. Nella riforma giuliana del calendario, poi mantenuta in quella gregoriana, il mese a cui viene aggiunto il giorno in più è febbraio, che negli anni bisestili avrà quindi 29 giorni. È bisestile un anno ogni quattro, esclusi però gli anni secolari (divisibili per 100) il cui numero non sia divisibile per 400: il 1600 fu bisestile, il 1700, il 1800 e il 1900 no, il 2000 sì.

anno bisestile
Il 29 febbraio è il 60° giorno del calendario negli anni bisestili

Etimologia del termine

Il termine bisestile deriva dal latino tardo bisextus, ovvero “due volte sesto”, secondo l’uso romano di contare due volte, negli anni bisestili, il 6° giorno antecedente le calende di marzo, cioè il 24 febbraio. Doppio giorno sesto, ovvero bisesto. Più avanti, quando si incominciò a contare i giorni del mese partendo dal primo e continuando con i numeri successivi, il giorno “bis sexto” di febbraio divenne il 29.

Storia dell’anno bisestile

Nel 46 a. C. Giulio Cesare, seguendo le indicazioni dell’astronomo alessandrino Sosigene, introdusse il calendario giuliano, con l’anno composto da 365 giorni e, ogni quattro anni, un anno di 366 giorni. Questo per riuscire a recuperare le ore di scarto rispetto all’anno solare, che dura 365 giorni e 6 ore circa. Infatti, per ragioni pratiche, l’anno del calendario è composto da un numero intero di giorni.

L’aggiunta di un giorno agli anni bisestili serve appunto per sincronizzare il calendario con l’anno solare. Se il calendario non andasse di pari passo con l’anno solare, si avrebbe, nel corso degli anni, uno spostamento delle stagioni nell’arco dell’anno. L’equinozio d’autunno, per esempio, potrebbe slittare, con il passare del tempo, da settembre a ottobre, poi a novembre e così via.

Questo accorgimento introdotto da Giulio Cesare non riuscì però a far procedere di pari passo il calendario con l’anno solare. Nel 1582, papa Gregorio XIII introdusse il calendario gregoriano, quello che usiamo tuttora.

Con questa riforma, stabilì che gli anni bisestili fossero tutti gli anni non terminanti con due zeri e divisibili per 4, e quelli terminanti con due zeri, ma divisibili per 400. In altre parole, gli anni bisestili sono quelli divisibili per 4, eccetto gli anni secolari che sono bisestili solo se divisibili per 400 (come anticipato all’inizio dell’articolo).

gregorio XIII e la riforma del calendario
La tavola della biccherna, n. 72. Archivio di Stato Siena. Tempera su tavola, cm 52,4 × 67,8. Il dipinto, di autore sconosciuto, rappresenta Gregorio XIII che presiede la commissione per la riforma del calendario

Calcolo degli anni bisestili

Per determinare se un anno è bisestile, bisogna procedere con questo semplice calcolo: controllare che l’anno sia interamente divisibile per 4; se così non fosse, l’anno non è bisestile.

  • Se è divisibile per 4, verificare che sia interamente divisibile per 100: se l’anno è divisibile per 4 ma non per 100, è un anno bisestile.
  • Se invece è divisibile sia per 4 che per 100 (come per esempio il 2000), bisogna verificare che sia interamente divisibile per 400.
  • Quando l’anno è divisibile per 4 e per 100, ma non per 400, non si tratta di un anno bisestile.
  • Se è divisibile anche per 400, è un anno bisestile.

Anno bisesto anno funesto?

A tutti è capitato di pronunciare il proverbio “Anno bisesto, anno funesto“. Ovviamente, le avversità non si verificano soltanto negli anni bisestili. La cattiva reputazione degli anni bisestili, deriva probabilmente dal fatto che febbraio era per antichi romani il mese dei morti, il Mensis Feralis, dedicato a riti per i defunti e a cerimonie di purificazione.

A febbraio si celebravano le Terminalia, dedicate a Termine, dio dei Confini, e le Equirie, gare di corsa di cavalli che trainavano carri; l’arena in cui si svolgevano queste ultime simboleggiava la Terra, i sette giri compiuti dai cavalli rappresentavano le orbite percorse dai sette pianeti antichi e le dodici porte delle rimesse rappresentavano le costellazioni dello Zodiaco. Quindi, un rito di rappresentazione astronomica, simbolo della conclusione di un ciclo cosmico e quindi simbolo di morte e di fine.

Un altra motivazione per la quale l’anno bisestile è visto come portatore di sventure è di natura psicologica e superstiziosa: poiché le cose anomale o poco frequenti sono a volte percepite come diverse e strane, possono causare paure immotivate e irrazionali, come accadde in passato, per esempio, con le eclissi.

Secondo una antica leggenda irlandese, l’unico giorno in cui una donna avrebbe la possibilità di chiedere in sposo l’uomo dei propri sogni è il 29 febbraio, il cosiddetto Leap Day.

Se la proposta veniva rifiutata, l’uomo era tenuto a comprare alla donna 12 paia di guanti, in modo che potesse nascondere il disagio di non aver ricevuto un anello di fidanzamento. Questa bizzarra tradizione ha ispirato perfino il film “Una proposta per dire sì”, del regista Anand Tucker, interpretato da Matthew Goode ed Amy Adams.

Leap Year film
Locandina del film “Una proposta per dire sì”

Curiosità giornalistiche

Dal 1980, in Francia, solo il 29 febbraio, esce in edicola il periodico umoristico “La Bougie du Sapeur” (La candela del pompiere), con una tiratura di 200.000 copie.

Notizie del giorno: riassunto degli ultimi quattro anni!

Se scrivete alla posta dei lettori avrete risposta dopo quattro anni; stesso tempo bisognerà aspettare per sapere la soluzione di sudoku e parole crociate.

30 febbraio

Nel corso della storia, sono esistiti casi isolati di calendari che hanno adottato la data del 30 febbraio.

In Svezia, nel 1712, il re Carlo XII decise di eliminare gli anni bisestili, dal 1700 fino al 1740, per far coincidere il calendario giuliano con quello gregoriano. Ma, ahimè, dimenticò di promulgare i relativi editti.

Per rimediare, tralasciò la decisione presa ritornando al calendario giuliano e, per recuperare il giorno saltato nel 1700, stabilì che venisse aggiunto, al febbraio 1712, bisestile, un “secondo giorno bisestile”.

Il calendario svedese ebbe così, nel 1712, un febbraio con 30 giorni.

Febbraio 1712 Svezia
Il mese di febbraio 1712 in un almanacco svedese: si nota la data del 30 febbraio

Il 1° ottobre 1929 l’Unione Sovietica iniziò ad utilizzare il “calendario rivoluzionario sovietico“, nel quale ogni mese aveva 30 giorni; i rimanenti 5 o 6 giorni erano considerate “feste senza mese”. Per esempio, dopo il 30 gennaio, veniva inserita una giornata chiamata la “festa di Lenin”, per poi passare al 1° febbraio. Quindi, nel 1930 e nel 1931 ci fu un 30 febbraio. Nel 1932, venne reintrodotto il vecchio calendario.

Nati il 29 febbraio

Rimandiamo alla lettura di una pagina di questo sito per scoprire i personaggi famosi nati il 29 febbraio. Festeggiare il compleanno ogni 4 anni li aiuterà a rimanere più giovani?

29 febbraio

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I giorni della merla https://cultura.biografieonline.it/merla-giorni/ https://cultura.biografieonline.it/merla-giorni/#comments Mon, 29 Jan 2024 05:03:59 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5863 La leggenda dei Giorni della Merla

I Giorni della Merla sono tradizionalmente riconosciuti come gli ultimi tre giorni del mese di gennaio, 29, 30 e 31. Secondo la leggenda, sono i giorni più freddi dell’anno.

Si racconta che una merla dalle piume di un bianco candido come la neve, era stanca di essere perseguitata dal grande gelo del mese di gennaio. Allora gennaio aveva soltanto 28 giorni. Decise così, astutamente, di fare provviste per l’intero mese, per poi rifugiarsi al riparo nel suo nido.

Un merlo maschio
I giorni della Merla

Il 28 gennaio, la merla uscì ed iniziò a fischiare allegramente burlandosi di gennaio che, offeso, chiese a febbraio tre giorni, il 29, 30 e 31, durante i quali imperversò il freddo più gelido.

La merla fu costretta a trovar rifugio in un comignolo e, una volta uscita, il 1° febbraio, scoprì che il colore delle sue piume era cambiato, diventando nero a causa della fuliggine.

Per questo motivo, narra la tradizione, da allora i merli sono neri.

La credenza popolare

Sempre secondo le tradizioni e le credenze popolari che coinvolgono le previsioni meteorologiche, se i giorni della merla sono freddi, la primavera che si appresta ad arrivare sarà molto bella; se al contrario sono caldi, la primavera tarderà ad arrivare.

Detto popolare relativo ai giorni della merla
Detto popolare relativo ai giorni della merla: “Se sono freddi, la Primavera sarà bella. Se sono caldi, la Primavera arriverà tardi.”

In provincia di Cremona

Nella regione lombarda, in provincia di Cremona c’è una tradizione: si ripropongono i canti popolari della merla proprio nei giorni di fine gennaio per rivivere l’antica atmosfera contadina.

In tanti territori comunali si è soliti riunirsi vicino a un falò oppure sul sagrato di una chiesa, o ancora in riva al fiume.

Tutti insieme si intonano i canti, si degusta vino e si assaggiano cibi tradizionali.

Chi vuole può vestire abiti contadini: le donne usano gonna e scialle, gli uomini invece tabarro e cappello.

I testi delle canzoni popolari possono differire da un paese all’altro, tuttavia i temi che ricorrono sono quelli dell’inverno e dell’amore.

Versioni differenti della leggenda dei giorni della merla

Se conoscete versioni diverse di questa leggenda segnalatecelo nei commenti. Oppure scriveteci.

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Van Gogh Pittore colto: la mostra al Mudec di Milano https://cultura.biografieonline.it/van-gogh-pittore-colto-mostra/ https://cultura.biografieonline.it/van-gogh-pittore-colto-mostra/#respond Thu, 19 Oct 2023 15:32:10 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41684 Van Gogh e la cultura del suo tempo

Vincent van Gogh è stato un pittore dai profondi interessi letterari e artistici; ha imparato a dipingere analizzando le opere di Jean Francois Millet, Matthijs Maris, Josef Israels e Breton; ha letto i libri di Jules Michelet, Harriet Beecher Stowe e Charles Dickens. È stato profondamente coinvolto nell’arte del suo tempo, frequentando gli impressionisti e stringendo amicizia con Sisley, Toulouse-Lautrec, Renoir.

È stato un collezionista di stampe giapponesi, un lettore avido delle riviste d’arte del suo tempo e soprattutto è stato un cercatore, un artigiano. Lui si definiva un ciabattino del colore, il cui scopo era trovare nelle sperimentazioni ardite, vitali, a volte rozze, una propria strada. Che alla fine, quando nel 1880 deciderà di essere un pittore, troverà e che lo porterà a dipingere un numero notevole di opere.

Ritratto di Joseph-Michel Ginoux (Van Gogh, 1888)
Ritratto di Joseph-Michel Ginoux (Van Gogh, 1888)

La mostra al Mudec: Van Gogh Pittore colto

Nella mostra che il Mudec gli dedica possiamo affrontare un percorso ardito ma interessante, attraverso “la bottega” di Van Gogh in cui scopriamo che l’artista solitario che tanta parte della su vita l’ha passata dedicandosi alla pittura, era anche un fervido lettore, conosceva i principali scrittori dell’epoca, leggeva avidamente scrittori  classici e moderni, annotava riflessioni sulle loro opere, le recensiva nelle lettere che spediva al fratello Theo ed era un ricercatore infaticabile.

Studiava le stampe che comprava attraverso la galleria di cui il fratello era direttore, acquistava riviste d’arte, collezionava quando la sua orsa glielo permetteva opere e stampe. L’arte giapponese, ad esempio, di cui è stato un collezionista, era per lui non solo uno stimolo visivo ma anche una forma culturale da approfondire e da conoscere nella sua essenza.

La mostra ripercorre una parte di questo studio, mostrando alcuni dei dipinti che hanno influenzato Van Gogh e collegando i dipinti alle opere e ai movimenti culturali che lo hanno influenzato. In un contesto di silenzio e di tranquillità si può avere un rapporto quasi esclusivo con un ‘opera d’arte se la si può osservare da soli per un momento, senza nessuno che influenzi il tuo sguardo.

Andando in orari meno frequentati e osservando le vetrine in cui sono contenuti i libri che Van Gogh leggeva, i suoi libretti in cui riportava alcuni schizzi preparatori e le opere che hanno segnato la sua carriera di artista, si può immaginare il pittore mentre studia, impara, conosce la propria arte.

In questo senso la mostra è anche un viaggio nella psicologia di Van Gogh, in alcuni tratti intimi della sua personalità.

Van Gogh Pittore colto: orari e biglietti

La mostra “Van Gogh Pittore colto” è visitabile dal 21 settembre 2023 al 28 gennaio 2024

Gli orari

  • Lunedì 14.30 – 19.30
  • Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30 – 19.30
  • Giovedì – sabato 9.30 – 22.30

L’ultimo ingresso è consentito sino a un’ora prima.

I biglietti

  • Ingresso singolo intero: € 16,00
  • Ingresso singolo ridotto: € 14,00

L’ingresso ridotto è riservato ai visitatori dai 6 ai 26 anni, over 65, persone con disabilità (Legge 104), insegnanti, militari, forze dell’ordine non in servizio, accompagnatore dipendente Comune di Milano, accompagnatore possessore Mudec Membership Card.

Sito web: https://www.mudec.it/vincent-van-gogh-pittore-colto/

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Faust, di Goethe: trama, riassunto, significato e storia https://cultura.biografieonline.it/il-faust-di-goethe-breve-storia-e-trama/ https://cultura.biografieonline.it/il-faust-di-goethe-breve-storia-e-trama/#comments Tue, 19 Sep 2023 08:37:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2917 Nel 1832 usciva la prima edizione del poema drammatico “Faust” ad opera di uno dei più grandi interpreti della cultura e della letteratura tedesca, Johann Wolfgang von Goethe (Francoforte sul Meno, 28 agosto 1749 – Weimar, 22 marzo 1832). Goethe lavorò a quest’opera per sessant’anni, dal 1772 al 1831, scrivendo bozze, revisionando e aggiungendo le sue conoscenze e le sue dottrine culturali.

Incisioni per il Faust di Goethe
Incisioni per il Faust di Goethe

Quando Goethe ebbe terminato, nella primavera del 1831, si rese conto egli stesso della complessità della sua opera e, in una lettera a Sulpiz Boisserée dell’8 settembre 183, dichiarava che “avrebbe di certo rallegrato chi sa leggere un’espressione del volto, uno sguardo, una mossa appena accennata. Questi troverà persino più di quanto io fossi in grado di dare”. Per questo volle che l’intera opera venisse resa pubblica solo dopo la sua morte, che avvenne nel 1832. Fu allora che Erich e Friedrich Wilhelm Riemer la pubblicarono come primo volume delle “Opere Postume”.

Johann Wolfgang von Goethe
Johann Wolfgang von Goethe

A teatro, per la prima volta venne rappresentata la prima parte il giorno 19 gennaio 1829 al teatro nazionale di Braunschweig, diretto da Ernst August Friedrich Klingemann. Da allora gli allestimenti dell’opera si sono succeduti frequentemente e con sucesso in tutto il mondo.

La tradizione di Faust

Faust è un personaggio tratto da una leggenda tedesca del XVI secolo, che nel 1587 apparve per la prima volta in un libro pubblicato dall’editore di Francoforte Johann Spiess. E’ la storia di un uomo che stringe un patto con il diavolo. Il motivo è comune e risale al Medioevo. Ma qui si aggiunge un elemento prettamente cinquecentesco: Faust fa un patto con Mefistofele per conoscere e studiare la Natura, e non perché ricerca ricchezze, piaceri o potere. Per soddisfare la sua sete di conoscenza è disposto a consegnarsi al diavolo.

Paracelso
Paracelso

Questa volontà di conoscenza dell’uomo moderno conferiva al mondo terreno un nuovo valore, con uno sfondo religioso, che trovò in Paracelso (1493-1541) il suo maggiore esponente. Venne ritenuta sovversiva la sua idea, secondo la quale la natura è una rivelazione divina che gli uomini sono in grado di cogliere con i sensi. Alla sua figura venne associata quella altrettanto diabolica di un tale Georg Faust, vissuto all’inizio del XVI secolo, mago e erudito vagante.

Ma se era da ritenere malvagia l’idea di un patto con il diavolo, era da valutare il motivo per cui lo si faceva: la conoscenza del mondo così come Dio l’aveva creato. Questo concetto riuscì ad essere rappresentato poeticamente solo nell’epoca di Goethe, quando, con l’avvento dell’Illuminismo, si giustificò l’immagine spirituale de “l’uomo che cerca” in quella che fu definita “pansofia” o “sapienza universale”. Anche se non si riusciva a raggiungere la conoscenza assoluta, non si voleva limitare l’anelito alla conoscenza stessa.

Christopher Marlowe
Christopher Marlowe

In Inghilterra invece il clima culturale era diverso, e alla fine del Cinquecento poté nascere la cultura drammatica. Da essa venne fuori il “Faust” di Christopher Marlowe (1564-1593), autore che intuì la grandezza della materia faustiana. Egli sviluppò l’elemento tirannico, più legato all’opera originaria popolare: Faust, come mago, vuole essere un dio in terra, e la sua fame di godere è senza fine.

Da Marlowe il tema del Faust tornò in Germania come “dramma del terrore” prima, e come teatro delle marionette poi, sempre in forma di prosa.
Goethe lo scoprì proprio attraverso il teatro delle marionette. Solo nel 1801, mentre stava lavorando alla prima parte dell’opera, prese in prestito un‘edizione riveduta da un tale Widmann nel 1599, e da Pftizer nel 1674, del libro del 1587 di Faust. Lesse il dramma di Marlowe nel 1818.

Faust: genesi dell’opera

Nell’autunno del 1775 Goethe giunse a Weimar portando con sé alcune parti di un dramma su Faust, metà in prosa e metà in poesia. Durante la lettura, la damigella di corte Luise von Göchhausen ne fu talmente entusiasta da farsi prestare il manoscritto per ricopiarlo. In seguito Goethe riscrisse e modificò l’opera, ma alla fine, non soddisfatto la distrusse. Nel 1887 Erich Schmidt scoprì tra le carte della damigella von Göchhausen la copia del manoscritto e la fece pubblicare con il titolo di “Urfaust”.

In questa prima fase, è evidente l’influsso del movimento dello “Sturm und Drang”. Goethe aveva composto quadri separati, senza pensare ad un loro collegamento. Si iniziano a creare i due gruppi di scene: la tragedia del sapere e la tragedia dell’amore, a cui fa da sfondo la satira del sapere scolastico universitario.

Goethe proseguì nell’opera, ma ad un certo punto si accorse dei vuoti e delle mancanze. Cercò di colmarle, ma, non ancora soddisfatto, anche se non voleva rimandare oltre la pubblicazione, lo diede alle stampe nel 1790 con il nome di “Faust. Ein Fragment”, che è in effetti una rielaborazione. Fu soltanto nel 1808 che riuscì a far emergere il nesso interiore della vicenda, e a renderla peculiare rispetto alla tradizione. Uscì allora “Faust. Parte prima della tragedia”, che comprende anche il “Prologo in cielo”, che serve sia alla prima che alla seconda parte.

Comincia da qui ad elaborare la storia di Elena, della mitologia greca, e del mondo antico, indirizzandosi verso gli ideali Romantici di rievocazione della classicità. Nel 1826 l’atto era terminato, ma, per colmare la lacune, Goethe scrisse la celeberrima “Notte di Valpurga”, alla fine del secondo atto.

Con la stesura del quinto atto, nel 1830 poteva dirsi conclusa “Faust. La parte seconda della tragedia”.

La vicenda faustiana contiene una grande varietà di motivi, che affascinarono Goethe nel corso della sua esistenza, e, allo stesso tempo, le molteplici esperienze di vita diventarono dei simboli da inserire nell’opera stessa.

La delusione per le scienze accademiche, la felicità e la colpa dell’amore furono i temi che caratterizzarono la giovinezza. In età adulta fu attratto dalla bellezza di Elena, di omerica memoria, e dalla concezione generale della vita umana. In vecchiaia, Goethe vede Faust come dominatore della natura, colui che anela al segreto della creatività e delle forze umane originarie.

Lo “Streben”, l’anelito, è, insieme all’Amore il tema dominante dell’intero poema.
Goethe scriveva solo ciò che si era formato in modo organico dentro di sé, per questo tutto il materiale faustiano della tradizione non poteva esaurirsi in un solo periodo della sua vita.

Goethe ritratto durante il suo Grand Tour in Italia (1786-1788)
Goethe ritratto durante il suo Grand Tour in Italia (1786-1788)

Trama del Faust di Goethe

Faust è un professore universitario, scienziato ed alchimista. Ha studiato tutta la vita, ma si rende conto che, per quanto l’uomo si sforzi, la sua conoscenza è nulla. Si dedica allora alla magia, per cercare di svelare i segreti della Natura. Il suo è un anelito, un tendersi verso qualcosa che sembra irraggiungibile, quello che viene definito in tedesco “Streben”.

Faust evoca il Diavolo per ottenere lo scopo. Costui, Mefistofele, fa un patto con lui: lo servirà per tutta la vita, esaudirà ogni suo desiderio, mettendogli a disposizione i suoi poteri. In cambio, Faust lo servirà nell’altra vita. L’uomo però non crede alla vita futura e muta il patto in una scommessa: “Se dirò all’attimo: sei così bello, fermati! – allora tu potrai mettermi in ceppi”. Mefistofele è convinto che, anche se Faust non pronuncerà la frase, cadrà comunque nella perdizione e nella disperazione. La posta in gioco è la libertà.

Inizia la vita piena di piaceri e desideri appagati, in cui si inserisce una feroce satira contro la cultura accademica e la sua degradazione morale. E’ in questo contesto che avviene l’incontro con Margherita, una ragazza umile, che Faust cerca di abbordare mentre esce di chiesa. Con l’aiuto di Mefistofele, le regalerà gioielli, e inevitabilmente corromperà la sua anima semplice. Più tardi si verrà a sapere che Margherita dovrà subire la pena capitale per infanticidio: dopo aver partorito il figlio di Faust, che l’aveva abbandonata, la disperazione l’aveva portata alla follia e all’uccisione del figlio. Verrà salvata in punto di morte, e andrà in Cielo, per via della sua buona fede e del suo cuore semplice tratto in inganno.

Nella seconda parte della tragedia si inseriscono i personaggi tratti dalla classicità, fra cui spicca la storia con Elena di Troia. Si avvicendano figure mitologiche, personaggi storici, filosofi come Talete e Anassagora.

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Faust di Goethe

Lentamente si arriva alla vecchiaia di Faust. Adesso rimpiange l’ umanità, che aveva rinnegato, maledicendo la vita e affidandosi alla magia. Non scaccia più l’Angoscia, che già una volta l’aveva portato vicino al suicidio. Prossimo alla morte, ormai cieco, Faust ha la visione della bonifica di un immenso acquitrino, che permetterà agli uomini di “stare su suolo libero con un libero popolo”.

In quell’ultimo istante, a quel pensiero, pronuncia le parole del patto: “All’attimo direi: Sei così bello, fermati!” Mefistofele è felice di aver vinto la scommessa e aver dimostrato che la vita è inutile e sarebbe meglio “il Vuoto Eterno”. Ma quando si aprono le porte dell’Inferno, una schiera di angeli viene a prendere la parte immortale di Faust e la conduce in Cielo.

Egli è stato salvato perché “Chi sempre faticò a cercare, noi possiamo redimerlo”. Il poema si chiude con le parole del Coro Mistico: “L’Eterno Femminile ci farà salire”: la forza creatrice che muove l’universo è il principio femminile dell’Amore. Amore e “Streben”.

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Le donne di Silvio Berlusconi, mogli e fidanzate storiche https://cultura.biografieonline.it/le-donne-di-berlusconi/ https://cultura.biografieonline.it/le-donne-di-berlusconi/#respond Mon, 12 Jun 2023 23:53:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30447 Il racconto della vita sentimentale di Silvio Berlusconi è piuttosto movimentato. Essa è costellata di relazioni più o meno durature, intervallata da rumors e storie vociferate nei corridoi che si aggiungono a quelle ufficiali. Abbiamo provato a ricostruirla partendo dalla prima donna che, nel lontano 1964, ha conquistato il cuore dell’ex premier.

Carla Elvira Dall’Oglio

Prima moglie di Silvio Berlusconi dal 1965 al 1985

Nata il 12 settembre 1940 a La Spezia, Carla Elvira Lucia Dall’Oglio è stata la prima moglie di Berlusconi, nonché madre di Marina Berlusconi e Pier Silvio Berlusconi.

Carla Elvira Dall'Oglio
Carla Elvira Dall’Oglio, prima moglie di Berlusconi

Silvio Berlusconi e Carla Elvira Dall’Oglio si incontrano per la prima volta alla fermata di un tram nei pressi della Stazione Centrale, a Milano. Entrambi sono giovanissimi, Carla Elvira ha 24 anni. E’ bastato uno sguardo: è stato amore a prima vista.

Dopo qualche tempo si rivedono e comincia subito la loro unione, che culmina nelle nozze, celebrate nel 1965. Dopo un anno dal matrimonio nasce Marina, poi nel 1969 arriva Pier Silvio.

Già all’inizio degli anni Ottanta la coppia entra in crisi, per poi approdare al divorzio definitivo nel 1985.

In realtà Silvio Berlusconi prima di separarsi, già frequentava da circa 5 anni quella che sarebbe poi diventata la sua seconda moglie, Veronica Lario.

I due figli non approvano il divorzio, ma la decisione è irrevocabile anche se sofferta.

Dopo il divorzio dal Cavaliere, Carla Elvira Dall’Oglio lascia l’Italia per trasferirsi in Inghilterra e stare lontana da pettegolezzi e gossip sul suo conto.

Nonostante i ripetuti inviti ad apparire in tv, l’ex moglie di Berlusconi ha sempre rifiutato, preferendo invece ritirarsi a vita privata. Tra Carla e Silvio i rapporti sono buoni, anche per la motivazione dei figli, che hanno sempre dimostrato un forte legame con la madre.

Carla Elvira Dall'Oglio con la figlia Marina Berlusconi
Carla Elvira Dall’Oglio con la figlia Marina

Tra le donne di Silvio Berlusconi, Carla Elvira è quella più riservata. L’ultima apparizione pubblica di Carla Elvira risale al 2009, quando accompagnò la figlia Marina a ritirare la Medaglia d’Oro del Comune di Milano alla consegna del prestigioso premio cittadino Ambrogino d’oro.

Veronica Lario

Seconda moglie di Silvio Berlusconi dal 1990 al 2014

Mentre il matrimonio con Carla Elvira Dall’Oglio è già al capolinea, Silvio Berlusconi incontra al teatro milanese Manzoni (di cui è proprietario) quella che poi diventerà la sua seconda moglie, Veronica Lario, che di professione fa l’attrice. Originaria di Bologna, nata il 19 luglio 1956, Veronica conosce Silvio nel 1980 e dopo pochi mesi di conoscenza lei lo segue nella sede operativa dove lavora, la Fininvest.

Tra i due vi è una differenza d’età di circa venti anni.

Veronica Lario e Silvio Berlusconi negli anni '90
Veronica Lario e Silvio Berlusconi negli anni ’90

Dopo il divorzio dalla prima moglie, Berlusconi chiede a Veronica di cominciare una convivenza, che sfocia poi nel 1990 in un matrimonio celebrato con rito civile. Dall’unione matrimoniale nascono tre figli: Barbara Berlusconi (nata il 30 luglio 1984), Eleonora Berlusconi (nata nel 1986), Luigi Berlusconi (nato il 27 settembre 1988).

Una curiosità: tutti e tre i figli sono nati ad Arlesheim, in Svizzera.

Nonostante fosse la moglie dell’allora Presidente del Consiglio, di rado Veronica lo ha accompagnato durante le sue visite ufficiali o eventi pubblici.

Veronica Lario è stata più volte al centro di episodi burrascosi a causa dei comportamenti eccessivamente “galanti” del Premier nei confronti di alcune donne. Il 31 Gennaio del 2007 inviò al quotidiano “La Repubblica” una lettera in cui invitava suo marito a scusarsi pubblicamente con lei per le frasi che il marito aveva rivolto ad alcune donne presenti in sala, durante la cerimonia di consegna dei “Telegatti”.

La risposta di Berlusconi non si fece attendere: chiese scusa alla moglie utilizzando anche lui il medesimo mezzo, una lettera pubblicata sul quotidiano.

Nel 2009 il rapporto tra i due si incrina definitivamente, al punto che è Veronica a chiedere di separarsi dall’ex Premier. Pare che a far naufragare il secondo matrimonio di Berlusconi sia stato lo “scandalo Noemi” di cui tutti i media parlarono diffusamente. Il fatto che Berlusconi avesse partecipato alla festa di compleanno di una diciottenne (Noemi Letizia, nata a Napoli il 26 aprile 1991) fece parecchio discutere, e la Lario scelse il divorzio anziché diventare bersaglio di gossip e pettegolezzi di ogni tipo.

A dicembre del 2012 arriva la sentenza definitiva di separazione non consensuale, emessa dal Tribunale di Milano. Nella stessa il giudice fissa l’importo dell’assegno di mantenimento spettante a Veronica Lario, che è di 3 milioni di euro mensili.

Foto di Veronica Lario

Inoltre la donna – sempre in base alla sentenza emessa dai giudici milanesi – può continuare a vivere nella lussuosa Villa Belvedere di Macherio. Nel 2015 l’importo dell’assegno mensile in favore della Lario è stato ridotto a 1,4 milioni di euro. Inoltre la ex moglie di Berlusconi ha dovuto restituire quanto percepito fino ad allora, ossia circa 60 milioni di euro!

Oltre ad essere stata la seconda moglie di uno degli imprenditori più ricchi e famosi d’Italia, Veronica Lario figura anche tra i maggiori soci della società editrice del giornale “Il Foglio”.

Numerose sono state le sue apparizioni teatrali, cinematografiche e televisive. Al cinema, nel 1982, ha interpretato la protagonista del film Tenebre diretto dal regista Dario Argento. Nel 1984 compare invece nella pellicola “Sotto… sotto… strapazzato da anomala passione” di Lina Wertmüller.

In anni più recenti, invece, nel 2018, il suo personaggio è stato interpretato da Elena Sofia Ricci (e da Adua Del Vesco, per le scene in cui Veronica appare giovane) nel film Loro di Paolo Sorrentino, dove si raccontava la storia di Silvio Berlusconi.

Tra le donne di Silvio Berlusconi, Veronica è quella con cui il pubblico femminile probabilmente è solidale.

Francesca Pascale

Fidanzata di Silvio Berlusconi dal 2012 al 2020

Nata il 15 luglio 1985 a Napoli sotto il segno zodiacale del Cancro, Francesca Pascale è una delle fidanzate ufficiali di Silvio Berlusconi. I due non stanno più insieme dal mese di marzo 2020. Al suo attivo la Pascale ha qualche comparsata in tv e la partecipazione alla vita politica locale.

Nel 2009 entra a far parte del Consiglio della Provincia di Napoli nello schieramento del Popolo delle Libertà. La Pascale è sempre stata appassionata di politica, al punto che si è laureata in Scienze Politiche all’Università di Napoli. Altra sua passione sfrenata è per le moto: possiede infatti una Harley Davidson.

Le donne di Silvio Berlusconi: nella foto con Francesca Pascale
Silvio Berlusconi con Francesca Pascale

Francesca e Silvio si sono conosciuti il 5 ottobre 2006, alle ore 13.50. Come lei stessa ha raccontato in un’intervista, è stata lei a dare all’ex Premier un biglietto sul quale aveva scritto il suo numero di telefono. Gli aggiunse poi di aspettare una chiamata, che puntualmente arrivò qualche giorno dopo, verso mezzanotte.

La relazione tra i due è cominciata subito, senza alcun intoppo, nonostante l’abissale differenza di età, ben 49 anni.

A dicembre del 2012, durante la trasmissione “Domenica Cinque” cui era stato inviato come ospite, Silvio Berlusconi ha ufficializzato la sua relazione con Francesca Pascale.

Foto di Francesca Pascale

Come parecchi giornali hanno riportato, la Pascale ha sofferto parecchio per la fine della relazione con Berlusconi nel 2020. Il politico, solo qualche settimana dopo, è uscito allo scoperto con una nuova compagna, Marta Fascina.

Nel contempo Francesca Pascale ha fatto parlare di sé per la foto di un bacio e la presunta relazione lesbo con la cantante Paola Turci.

Marta Fascina

Fidanzata di Silvio Berlusconi dal 2020

Nata a Melito di Porto Salvo, in Calabria, il 9 gennaio 199, Marta Fascina è cresciuta a Portici. Dal 2020 è lei la nuova compagna ufficiale di Silvio Berlusconi. Marta è deputata di “Forza Italia”.

Stando alle indiscrezioni trapelate su alcuni giornali, la Fascina è tra le assidue frequentatrici di Arcore dal 2018. I suoi articoli, scritti sul “Giornale” non sono che una strenua difesa della “linea” seguita politicamente da Berlusconi sino ad oggi.

Marta Fascina ha al suo attivo l’esperienza di ufficio stampa e relazioni pubbliche presso la società A.C. Milan.

Foto di Marta Fascina

Laureata in Lettere all’Università La Sapienza di Roma, Marta è poi passata alla Fondazione Milan, dove si è messa in evidenza per la sua passione politica. Ad introdurre Marta fra le conoscenze dell’ex Premier è stato Alberto Galliani, anche lui frequentatore di Arcore.

E’ stata dura la reazione di Francesca Pascale di fronte alle prime foto che ritraevano Marta insieme al cane di Silvio Berlusconi; ha affermato ironicamente:

“Mi fa simpatia vedere un deputato della Repubblica portare a spasso il mio cagnolino… Va bene così”.

In tanti sottolineano la differenza abissale tra la Fascina, schiva e riservata, e l’ex fidanzata Pascale, vivace e solare. Nel profilo Instagram di Marta Fascina sono riportate frasi e foto di Berlusconi, mentre lei appare solo sullo sfondo.

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