Hai cercato 3 febbraio - Cultura https://cultura.biografieonline.it/ Canale del sito Biografieonline.it Tue, 02 Sep 2025 11:51:34 +0000 it-IT hourly 1 Cosa fatta capo ha: significato https://cultura.biografieonline.it/cosa-fatta-capo-ha-significato/ https://cultura.biografieonline.it/cosa-fatta-capo-ha-significato/#respond Tue, 02 Sep 2025 11:51:05 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39464 L’espressione cosa fatta capo ha è utilizzata in tutta Italia e spesso erroneamente si crede che abbia origine dialettale. È tutt’altro che così. Per rintracciare l’origine di questa espressione dobbiamo scomodare nientepopodimeno che il padre della lingua italiana, Dante Alighieri.

Cosa fatta capo ha
Cosa fatta capo ha

Anno 1216: Amidei contro Buondelmonti

Per prima cosa dobbiamo spostarci a Firenze, nel Duecento. Gli Amidei e i Buondelmonti sono due nobili e cospicue famiglie fiorentine. Nel gennaio 1216 Mazzingo Tegrimi de’ Mazzinghi dà una gran festa nel proprio castello di Campi. Durante il banchetto si scatena una rissa. Buondelmonte aggredisce Odarrigo de’ Finfanti con un coltello e lo ferisce.

Secondo le usanze del tempo, la zuffa finisce al centro di un consiglio in casa Arrighi. La questione viene ripianata con un matrimonio pacificatore: Buondelmonte sposerà una nipote di Oddo, figlia di una sua sorella e di Lambertuccio Amidei. La proposta viene accolta e si stipula un regolare contratto notarile.

Tutto appianato?

No.

Gualdrada Donati, moglie di Forese Donati il Vecchio, va a trovare Buondelmonte e lo accusa di aver accettato il matrimonio per paura delle ritorsioni dei Fifanti. Gli propone in sposa una propria figlia, rinomata per la bellezza, e si offre persino di pagare la penale prevista.

Il 10 febbraio 1216 Buondelmonte non si presenta alla chiesa di Santo Stefano; al contrario si reca in casa Donati a contrattare le nuove nozze con Forese e Gualdrada. In casa Amidei ovviamente si scatena il finimondo. Si convoca un consiglio con le famiglie alleate.

La sentenza viene pronunciata

Nella chiesa di Santa Maria Sopra Porta, alcuni propongono una vendetta leggera, come una solenne bastonatura o uno sfregio in viso al vituperato Buondelmonte. Si alza Mosca dei Lamberti e propone l’assassinio.

Pronuncia così la celebre frase:

Cosa fatta capo ha!

Cosa intende?

Intende che la vendetta è oramai in azione e non resta che andare fino in fondo, come si dice.

Risponde bene l’assemblea.

Accettata la proposta, viene deciso che l’agguato deve svolgersi proprio per il giorno delle nozze.

L’episodio nell’Inferno dantesco

Questo episodio, il frangente in cui Mosca dei Lamberti pronuncia la fatidica frase, è ripreso da Dante nel Canto XXVIII dell’Inferno allorché vuole specificare l’origine della successiva lotta intestina fra Guelfi e Ghibellini.

Lo cita fra i versi 106 e 111. Si legge, infatti:

gridò: “Ricordera’ ti anche del Mosca,
che disse, lasso!, ‘Capo ha cosa fatta’,
che fu mal seme per la gente tosca”.
E io li aggiunsi: “E morte di tua schiatta”;
per ch’elli, accumulando duol con duolo,
sen gio come persona trista e matta.

Il giudizio di Dante

Dante Alighieri giudica molto severamente Mosca Lamberti per questa azione. Lo accusa di avere avviato la vendetta degli Amedei con il suo atteggiamento. È la stessa vendetta che causa una divisione fra l’una e l’altra famiglia da cui proviene quella, più grande e critica, fra Guelfi e Ghibellini.

Guelfi e Ghibellini

Cosa fatta capo ha: il significato

L’espressione “cosa fatta capo ha” significa che una determinata azione o questione ha avuto inizio quindi ha validità: è fatta.

Per capo si intende l’inizio, il cominciare di qualcosa.

Da qui deriva la considerazione che l’azione ormai compiuta non può essere mutata da discussioni e temporeggiamenti: la decisione è presa.

Come è andata a finire fra Buondelmonte e Amedei

La mattina di Pasqua, giorno scelto per il matrimonio, Buondelmonte entra a Firenze dal Ponte Vecchio. Arrivato alla Porta Santa Maria, viene prima insultato e poi disarcionato con un colpo di mazza da Schiatta degli Uberti.

Una volta a terra, viene finito con un coltello da Oddo Arrighi.

Dell’aggressione vengono ovviamente accusati come mandanti gli Amidei.

La città di Firenze si divide sul fatto:

  • da un lato si coalizzano gli Uberti, i Lamberti e gli Amidei, residenti più o meno tra il Ponte Vecchio e piazza della Signoria;
  • dall’altro lato vi sono i Buondelmonti, i Pazzi e i Donati, che gravitavano tra via del Corso e la Porta San Piero.

Da qui le due parti della più grande faida: da una parte i Ghibellini, dall’altra i Guelfi.

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La scoperta di Nettuno https://cultura.biografieonline.it/nettuno-pianeta-scoperta/ https://cultura.biografieonline.it/nettuno-pianeta-scoperta/#comments Wed, 19 Feb 2025 14:12:34 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6099 Ottavo pianeta del Sistema Solare per distanza dal Sole e quarto per grandezza, il pianeta Nettuno è simile ad Urano per quanto riguarda la sua composizione. I due pianeti si presentano con un aspetto similare, di colore azzurro intenso, dovuto alla presenza di metano nella loro atmosfera, oltre che di idrogeno, elio, acqua ed ammoniaca.

Per questo motivo i due astri sono anche definiti pianeti gemelli.

Nettuno dista dal Sole mediamente 4.500 milioni di chilometri. Con un diametro equatoriale di 49.528 Km (4 volte quello della Terra), la temperatura minima della sua atmosfera può raggiungere i -220°C.

I suoi satelliti naturali conosciuti sono 14, i cui nomi derivano da quelli di antiche divinità marine.

Il satellite principale è Tritone, che presenta la particolarità di essere geologicamente attivo: sulla sua superficie infatti, avvengono numerose eruzioni simili a geyser.

Nettuno possiede inoltre un sistema di 10 anelli molto tenui e sottili.

Il pianeta Nettuno
Il pianeta Nettuno

La visibilità nel cielo anche ad occhio nudo ha permesso a cinque dei pianeti del nostro Sistema Solare, ovvero Mercurio, Venere, Marte, Giove, e Saturno di essere scoperti già in tempi remoti.

La scoperta di Urano, Nettuno e Plutone (riclassificato come pianeta nano nel 2006) invece, ha avuto inizio dopo l’introduzione del telescopio, avvenuta grazie al contributo di Galileo Galilei che, il 21 agosto 1609, rivoluzionò il mondo dell’astronomia presentando al governo veneziano il suo cannocchiale.

Legge di gravitazione di Newton errata o pianeta disturbatore?

Dopo la scoperta di Urano da parte di William Herschel nel 1781, numerosi astronomi rilevarono una serie di anomalie nell’andamento del moto del pianeta: vi erano grandi divergenze tra l’orbita effettiva osservata e quella calcolata teoricamente; irregolarità tali che fu perfino ipotizzato un errore nella legge di gravitazione universale di Newton.

George Biddel Airy, Astronomo reale dell’Osservatorio di Greenwich nominato nel 1835, scrisse alla Royal Society, il 17 dicembre 1836, teorizzando che ci fosse una grande probabilità che:

la legge di gravitazione universale differisse leggermente da quella dell’inverso del quadrato della distanza.

Si andava anche diffondendo l’ipotesi che ci fosse un altro corpo celeste, incognito, che svelava la sua stessa esistenza attraverso la sua attrazione esercitata sul moto di Urano.

John Couch Adams
Il matematico John Couch Adams

Per spiegare l’andamento anomalo del moto di Urano, bisognava scoprire l’origine del disturbo che influenzava il suo movimento.

Nel settembre 1845 John Couch Adams, matematico britannico all’Osservatorio di Cambridge, terminò i calcoli per determinare le irregolarità del moto di Urano e le ipotesi relative al corpo celeste che ne perturbava l’orbita.

Urbain Le Verrier
L’astronomo Urbain Le Verrier

Nel frattempo, l’astronomo francese Urbain Le Verrier, all’insaputa del lavoro di Adams, il 1° giugno 1846, presentò all’Accademia delle scienze francese di Parigi un lavoro analogo.

Venuto a conoscenza di tale lavoro, l’astronomo reale Airy, nel luglio 1846 propose a James Challis, direttore dell’Osservatorio di Cambridge, di cercare il pianeta in questione con il telescopio equatoriale, per porre fine ad una questione che sembrava non riuscire ad essere risolta.

Era presente anche Sir John Herschel, astronomo inglese, figlio di William Herschel.

Le Verrier, intanto, non trovando riscontro in Francia, inviò i suoi calcoli aggiornati al 31 agosto all’astronomo tedesco Johann Gottfried Galle dell’Osservatorio di Berlino.

La scoperta

Il 23 settembre 1846 all’Osservatorio di Berlino, Galle utilizzò i tabulati di Le Verrier per tentare di osservare il pianeta “invisibile” che causava anomalie nel moto di Urano.

Poco dopo la mezzanotte, a meno di un grado dalla posizione prevista da Le Verrier, fu individuato il pianeta, all’interno della costellazione dell’Acquario.

Il 24 settembre, a seguito di un’altra accurata osservazione, fu possibile annunciare in modo definitivo l’esistenza del pianeta.

Il 25 settembre Galle scrisse a Leverrier:

Signore, il pianeta, di cui voi avete segnalato la posizione, esiste realmente. Lo stesso giorno, in cui ho ricevuto la vostra lettera, trovai una stella di 8a grandezza, che non era segnata nell’eccellente carta Hora XXI… della collezione di carte celesti, pubblicate dall’Accademia Reale di Berlino.  L’osservazione del giorno seguente decise che era il pianeta cercato.

Comunicazione della scoperta e polemiche

La comunicazione ufficiale della scoperta fu data da Encke, direttore dell’Osservatorio di Berlino, in una lettera del 26 settembre, pubblicata in Astronomische Nachrichten, N. 580.

L’annuncio portò però ad una feroce diatriba sulla priorità della scoperta, in quanto venne comunicato che anche Adams aveva determinato l’esistenza del nuovo pianeta attraverso i suoi calcoli.

In Francia e Inghilterra, infuriarono polemiche accompagnate da una campagna di stampa spietata riguardo i meriti dei due astronomi, polemiche non ancora sopite.

Riconoscimenti

Nonostante ciò, il 5 ottobre 1846 il monarca Louis Philippe nominò Le Verrier Ufficiale della Legion d’Onore e fu designato alla cattedra di Meccanica Celeste presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Parigi.

La Royal Society, nello stesso anno, conferì a Le Verrier il suo più alto riconoscimento, la medaglia Copley, medaglia che venne conferita anche ad Adams due anni dopo, nel 1848.

Nel 1851 Adams fu eletto presidente della Royal Astronomical Society; nel 1858 divenne professore di Astronomia e Geometria a Cambridge, e nel 1861 successe a Challis come direttore dell’Osservatorio di Cambridge.

Nel 1876, Adams divenne Presidente della Royal Society per la seconda volta e conferì la medaglia d’oro a Le Verrier per le sue ricerche planetarie.

Il 10 ottobre 1846, dopo soli diciassette giorni dalla scoperta di Nettuno, l’astronomo inglese William Lassell scoprì il suo principale satellite Tritone.

Tritone
Tritone, il satellite principale di Nettuno

Osservazioni precedenti

Charles T. Kowal dell’Osservatorio di Mount Palomar e lo storico della scienza Stillman Drake, durante ricerche e studi storici approfonditi, hanno dimostrato che Nettuno fu intravisto da Galileo Galilei nel dicembre 1612 e nel febbraio 1613, mentre stava determinando le posizioni dei satelliti di Giove, identificandolo probabilmente con una stella fissa.

Nei suoi taccuini aveva indicato una stella “a” con la scritta:

oltre alla stella fissa a ne seguiva un’altra sulla stessa linea, come qui c’è b, la quale fu osservata anche la notte precedente; ma sembravano più lontane fra loro.

Con il relativo disegno.

La stella “b” era quasi certamente Nettuno, poiché in quella posizione non esisteva alcun altro oggetto visibile.

Scelta del nome

Il primo nome proposto per il nuovo pianeta scoperto fu quello di Janus, o Giano, divinità romano-italica antichissima, considerato il padre degli dei, il dio creatore.

Fu l’astronomo Galle, nella lettera in cui annunciava a Le Verrier la scoperta del pianeta, a proporre questo nome:

Forse questo pianeta sarà degno di essere chiamato Janus, dio dei più antichi dei Romani; così la doppia faccia sarà significante per la sua posizione alle frontiere del sistema solare.

Ma Le Verrier, che non pensava che il nuovo pianeta fosse l’ultimo del sistema solare, propose Nettuno, dio del mare nella mitologia romana, scrivendo a Galle:

Vi ringrazio cordialmente della premura che avete messo ad informarmi della vostra osservazione del 23 e 24 settembre. Grazie a voi, eccoci definitivamente in possesso del nuovo mondo. Il piacere che ho provato di vedere che voi l’avete trovato, a meno di un grado dalla posizione che avevo dato, è un poco turbato dall’idea che scrivendovi prima, quattro mesi fa, avremmo ottenuto già allora il risultato che abbiamo appena raggiunto. Il comunicherò la vostra lettera, lunedi prossimo, all’Académie des Sciences. Il Bureau des Longitudes si è qui pronunciato per Neptune. Il segno: un tridente. Il nome di Janus indicherebbe che questo pianeta è l’ultimo del sistema solare, cosa che non si ha alcuna ragione di credere.

Curiosità

Il periodo orbitale intorno al Sole di Nettuno è di 164,88 anni. Pertanto, dalla sua scoperta nel 1846, il pianeta ha compiuto la sua prima orbita attorno al Sole tra il 2010 e il 2011, ed è stato quindi osservato nella posizione in cui è stato scoperto.

La morte di Le Verrier si ricorda il 23 settembre 1877, lo stesso giorno che Nettuno venne osservato grazie ai suoi calcoli.

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Il giovane leader food Daniele Bartocci brilla a Sanremo 2025 https://cultura.biografieonline.it/bartocci-sanremo-2025/ https://cultura.biografieonline.it/bartocci-sanremo-2025/#respond Tue, 04 Feb 2025 06:02:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42537 Sanremo 2025 Top Chef pronto a conquistare tutti, non solo gli amanti di cibo e buona musica.

Sarà un evento ricco di emozioni, a soli 700 metri dal celebre Teatro Ariston, cuore pulsante del Festival di Sanremo (qui tutte le biografie di Sanremo 2025).

Da martedì 11 febbraio a giovedì 13 febbraio 2025 sono in programma 4 giorni imperdibili di competizioni culinarie.

Protagonisti di questa bella iniziativa chef , professionisti e ‘maestri’ della cucina, sotto il segno dell’Associazione Italiana Cuochi in partnership con JuliusProduction, pronti a battagliarsi a colpi di buon cibo per conquistare il titolo di Top Chef.

Il padiglione riservato all’iniziativa sarà teatro di emozioni e di eventi straordinari, show cooking e tanto altro.

Tra questi da rilevare la Beauty Room, dove bellezza e glamour si incontrano.

Ma anche Tutti Cantano Sanremo, che celebrerà le emozioni del festival, Celebrity Red Carpet e, appunto, Sanremo TOP CHEF 2025.

Tra interviste esclusive, special guest e show gastronomici, il food Made in Italy sarà insomma protagonista a Sanremo accanto alla musica, formando un connubio perfetto tra spettacolo, arte e haute cuisine.

Nell’occasione il giovane Daniele Bartocci, pluripremiato professionista food e giornalista tra i più rinomati del Bel Paese, durante la settimana del Festival, riceverà un prestigioso premio per la sua brillante attività professionale in tema di comunicazione food.

Bartocci sarà premiato proprio all’interno di Vivi Sanremo 2025 al Grand Hotel Des Anglais, nel padiglione riservato all’illustre iniziativa, cornice di emozioni, appuntamenti imperdibili, show cooking, dirette, interviste, con l’opportunità di interagire con i vip e di partecipare ai gran galà serali.

A completare l’experience a 360 gradi, saranno presenti alcune delle eccellenze italiane esposte da brand e realtà imprenditoriali provenienti dall’intera penisola.

Si potranno, nell’occasione, scoprire prodotti gustosi e prelibatezze autentiche del nostro territorio.

Sanremo Top Chef 2025, insomma, sarà una kermesse da non perdere per gli appassionati della cucina, dello spettacolo e del Made in Italy a tutto tondo.

Come accennato, da martedì 11 a giovedì 13 febbraio 2025, durante la settimana del 75° Festival di Sanremo, si potrà vivere un’esperienza davvero magica a due passi (a soli 700 metri) dal celebre Teatro Ariston! Sicuramente tutti gli chef partecipanti alle competizioni vivranno una experience davvero unica all’interno della settimana del 75° Festival di Sanremo del Teatro Ariston.

Eh sì, perché la trasmissione Vivi Sanremo edizione 2025 catturerà tutti gli eventi che si susseguiranno durante la settimana.

Show cooking, ospiti esclusivi, cantanti, eventi culinari, competizioni e tanto altro: Sanremo TOP CHEF, Celebrity Red Carpet, Vip & Celebrity Room, competizioni varie (dedicate anche a piatti vegetariani e dessert al cucchiaio) e tante altre iniziative dedicate al food.

Tutti i professionisti di settore e chef (sarà di certo un evento esclusivo per i soci AIC, Associazione Italiana Cuochi) intervenuti avranno modo di interagire con i media dedicati durante la settimana e partecipare a tutte le iniziative, promosse all’interno dell’area Vivi Sanremo.

Buon Festival di Sanremo a tutti! Ricordiamo che Bartocci, proprio le scorse settimane, era stato premiato al Coni come miglior giornalista giovane dell’anno, confermando negli ultimi tempi la sua leadership food&sport anche in altri palcoscenici prestigiosi come il Premio Mennea e il 100 Eccellenze Italiane a Montecitorio.

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In morte del fratello Giovanni: testo, parafrasi, analisi e commento alla poesia di Foscolo https://cultura.biografieonline.it/in-morte-del-fratello-giovanni/ https://cultura.biografieonline.it/in-morte-del-fratello-giovanni/#comments Wed, 06 Nov 2024 05:45:31 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21576 La poesia In morte del fratello Giovanni è uno dei sonetti più famosi di tutta la produzione di Ugo Foscolo. Il sonetto è stato composto sicuramente dopo la primavera del 1803 ed è dedicato alla morte del fratello del poeta, Gian Dionisio detto Giovanni. Questi si tolse la vita con un pugnale l’8 dicembre 1801 mentre era soldato a Venezia. Giovanni Foscolo, fratello maggiore (nato a Zante il 27 febbraio 1781) di Ugo, scelse di suicidarsi perché aveva pagato un debito di gioco con del denaro sottratto alla cassa dell’esercito. Questo fu un avvenimento molto doloroso per il poeta, che – oltre alla poesia In morte del fratello Giovanni – affronta l’argomento soprattutto nel suo epistolario.

Ugo Foscolo - Poesie

La raccolta Poesie

La lirica fa parte della raccolta di poesie dell’autore, che sono state pubblicate in un’edizione definitiva nel 1803.

Le Poesie raccolgono dodici sonetti e due odi, composte tra il 1798 e il 1803, e restituiscono ai lettori un ritratto dell’autore.

Tra i componimenti più noti vi sono:

I sonetti sono notevolmente autobiografici, mentre le due odi neoclassiche (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica risanata) si discostano dalla vena personale.

Una parte importante della raccolta è rappresentata dai 12 sonetti, che mettono in luce l’animo tormentato dell’autore e i suoi pensieri.

Ugo Foscolo rinnova completamente la forma del sonetto, inserendovi tematiche lontane dalla tradizione metrica e stilistica precedente.

Nella lirica in esame l’autore inserisce il tema dell’esilio e della morte, vista nei suoi risvolti più tristi.

In morte del fratello Giovanni è un sonetto di endecasillabi, che segue lo schema di rime:

ABAB ABAB CDC DCD

In morte del fratello Giovanni, testo completo

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente, mi vedrai seduto
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
Il fior de’ tuoi gentili anni caduto:

La madre or sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col tuo cenere muto:
Ma io deluse a voi le palme tendo;
E se da lunge i miei tetti saluto,

Sento gli avversi Numi, e le secrete
Cure che al viver tuo furon tempesta;
E prego anch’io nel tuo porto quiete:

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
Allora al petto della madre mesta.

Parafrasi

Un giorno, se non andrò sempre vagando
di popolo in popolo,
mi vedrai seduto sulla tua tomba,
o fratello mio, piangendo il fiore reciso della tua giovinezza.

Solo adesso la madre, portando con sé i giorni della sua vecchiaia (suo dì tardo),
parla di me con il tuo corpo silenzioso,
ma io tendo invano verso di voi le mie mani
e solo da lontano saluto la mia patria.

Sento le avversità del destino e i travagli dell’animo
che hanno provocato la tempesta nella tua vita,
e anche io prego di poter raggiungere la quiete del tuo porto (la morte).

Solo questo mi rimane oggi di tutta speranza!
O genti straniere, restituite al cuore di mia madre triste
almeno le mie ossa.

Analisi

La struttura del sonetto è ben definita. Nella prima quartina vengono introdotti subito i due temi principali: l’esilio e la morte dell’amato fratello.

Nella seconda quartina viene introdotto il terzo personaggio della lirica: la madre che piange per la morte del figlio.

Nella prima terzina il poeta esprime tutti i suoi affanni e le pene del suo animo.

Nella seconda terzina egli rovescia la visione negativa della morte, che diventa così un luogo di pace, che il poeta vuole raggiungere.

Il modello a cui si ispira Foscolo è il Carme 101 di Catullo. I primi versi corrispondono ad una perfetta traduzione dei versi del poeta latino (traduzione del carme di Catullo: “Condotto per molte genti e molti mari, sono giunto a queste tue tristi spoglie, o fratello“). Foscolo, però, non si limita a copiare o citare i versi di Catullo, ma li reinterpreta in chiave moderna, aggiungendovi maggiore pathos e sentimento, perché dubita che possa mai tornare sulla tomba del fratello.

Dal punto di vista stilistico, bisogna ricordare: i numerosi enjambements che spezzano i versi (v. 1-2, v. 2-3., v. 3-4 etc.) sia nelle due quartine che nelle due terzine, la rima in gerundio (fuggendo-gemendo v. 1-3) e l’utilizzo di questo modo verbale anche in altri versi della poesia (v.5).

È presente, inoltre, il latinismo “cenere” al verso 6 e un utilizzo accentuato dei pronomi personali.

Foto di Ugo Foscolo, In morte del Fratello Giovanni
Ugo Foscolo

Commento

Il sonetto In morte del fratello Giovanni è uno dei più intensi della produzione dell’autore.

Qui Ugo Foscolo mette in evidenza il tema dell’esilio, che provocherà sempre un dolore in lui. Evidenzia anche il valore della tomba, che sarà poi approfondito nel carme Dei sepolcri.

Spicca però l’importanza della famiglia: questo è il valore che consola il poeta, in particolare la figura della madre, che crea una connessione tra lui e il fratello morto.

Si tratta di un sonetto intenso e struggente, nel quale Foscolo utilizza il tema della morte del fratello Giovanni per esprimere il dolore per il suo esilio e i suoi affanni.

Questa poesia rappresenta non solo un lamento funebre per la morte del fratello, ma anche una riflessione più ampia sulla condizione umana e sull’esilio. La distanza fisica dalla tomba del fratello diventa metafora della distanza esistenziale che separa i vivi dai morti.

Dal punto di vista letterario vi sono 3 elementi innovativi:

  1. La fusione tra elemento autobiografico e riflessione universale.
  2. L’intreccio tra dolore personale e condizione storica.
  3. La modernità della riflessione sulla solitudine dell’individuo.

La perfezione formale del sonetto si fonde con l’intensità emotiva del contenuto, creando un equilibrio magistrale tra forma e sostanza.

Il tema dell’esilio, così centrale nella vita di Foscolo, si intreccia qui con il dolore per la perdita del fratello, creando un doppio livello di separazione: quella fisica dalla patria e quella esistenziale dalla persona amata.

Il componimento rappresenta uno dei momenti più alti della lirica foscoliana, dove l’esperienza personale si trasforma in poesia universale.

Foscolo riesce di fatto a trasformare un evento tragico personale in una riflessione universale sulla condizione umana.

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Arlecchino pensoso, analisi dell’opera di Picasso https://cultura.biografieonline.it/arlecchino-pensoso-picasso/ https://cultura.biografieonline.it/arlecchino-pensoso-picasso/#comments Mon, 10 Jun 2024 16:32:29 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30429 L’opera che analizziamo in questo articolo si intitola “Arlecchino pensoso“. Fu realizzata da Pablo Picasso nel 1901.

Arlecchino pensoso - Seated Harlequin - Arlequin accoudé
Arlecchino pensoso (Seated Harlequin)

Picasso e l’anno 1901

Nel giugno del 1901 Picasso si trasferì per la seconda volta a Parigi. La prima volta ci andò un anno prima, con il suo amico Carlos Casagemas. Picasso tornò a Parigi perché il mercante d’arte di origini catalane Pedro Mañach era interessato a comprare i suoi dipinti. Egli voleva inoltre esporre i quadri di Pablo Picasso presso la galleria di Ambroise Vollard, un ricco e famoso gallerista che Picasso ritrarrà nel 1909; questo quadro si chiamerà Ritratto di Ambroise Vollard e verrà realizzato con la tecnica del Cubismo analitico.

Picasso in quell’anno lavorava in Rue de Clichy, in uno studio in cui rimase diverso tempo, non lontano dal ristorante in cui il suo amico Casagemas si sparò suicidandosi nel febbraio dello stesso anno. E’ anche a causa della morte del suo amico che Pablo Picasso diede inizio al suo periodo blu: un percorso dove il colore blu diventa predominante sulle tele, e dove il dolore, la tristezza e la malinconia sono sentimenti che simboleggiano le opere meravigliose che il pittore spagnolo realizza in questo periodo.

Il blu in alcuni di questi lavori diventa quasi il colore dominante: Il funerale di Casagemas, Donna in blu, Le due sorelle, Vecchio cieco con ragazzo, Vecchio chitarrista.

Il dipinto qui analizzato, Arlecchino pensoso, venne realizzato nell’autunno di quell’anno, il 1901. L’opera rappresenta, insieme a I due saltimbanchi, una sorta di passaggio; perché il blu non è ancora preponderante e perché il dipinto mostra un’iniziale influenza della pittura francese sulla tecnica e le forme utilizzate da Picasso.

Arlecchino pensoso: descrizione del quadro di Picasso

Il protagonista, Arlecchino, è dipinto con lo stesso stile utilizzato per i fiori dello sfondo. Picasso pone il personaggio come se fosse adagiato su una scacchiera e le parti che lo compongono sembrano assemblate come in un puzzle, dai contorni definiti ma semplici.

Semplicità e utilizzo delle forme, dunque sono gli elementi chiave.

E’ come se il dipinto fosse smontabile e rimontabile a piacimento dello spettatore.

I personaggi del circo e della commedia saranno i protagonisti di un altro importante periodo artistico nella carriera di Picasso, il periodo rosa, in cui il colore sembrerà attenuare la forza malinconica del blu, giungendo ad un effetto più lieto.

Il teatro e il circo accompagneranno Picasso per tutta la vita e già Gertrude Stein ricordava come gli artisti della sua epoca fossero attratti dai giocolieri, clown, saltimbanchi che popolavano il circo Medrano o i locali notturni di Parigi.

Tecnica

Olio su tela, foderato e montato su un foglio di sughero pressato.

Dimensioni

83.2 x 61.3 cm

Ubicazione

The Metropolitan Museum of Art, New York, USA

Analisi dell’opera e commento video

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Sebastião Salgado. Amazônia. Esposizione fotografica a Trieste fino ad ottobre 2024 https://cultura.biografieonline.it/salgado-amazzonia-mostra-fotografica-trieste-2024/ https://cultura.biografieonline.it/salgado-amazzonia-mostra-fotografica-trieste-2024/#respond Mon, 10 Jun 2024 09:09:33 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42174 Dal 28 febbraio e fino al 13 ottobre 2024, Trieste ospita la mostra Sebastião Salgado. Amazônia, al Salone degli Incanti. Promossa dal Comune di Trieste – Assessorato alle politiche della cultura e del turismo con il supporto di PromoTurismoFVG e del Trieste Convention and Visitors Bureau e organizzata da Civita Mostre e Musei e Contrasto, la mostra è curata da Lélia Wanick Salgado.

Zurich è il global partner dell’intero tour internazionale della mostra Amazônia eillycaffè ne è partner per Trieste.

Raccontare l’Amazzonia

Dopo Genesi, Salgado ha deciso di raccontare l’Amazzonia, la sua incredibile ricchezza, le popolazioni che la abitano e di testimoniare, attraverso le sue fotografie, la forza evocativa di un posto magnifico, destinato a cambiare a causa dell’intervento dell’uomo e alle conseguenze del progresso. Salgado in ripetuti viaggi, durati sette anni, ha potuto abitare in zone poco accessibili, dove la sua testimonianza ha portato alla luce la forza creativa ed evocativa della foresta Amazzonica che sotto il suo obiettivo sembra uno spirito divino che racconta e testimonia la forza creatrice della natura.

Giovane donna Ashaninka. Stato di Acre, Brasile
Giovane donna Ashaninka. Stato di Acre, Brasile, 2016 – © Sebastião Salgado/Contrasto

Per Sebastião Salgado, queste immagini testimoniano ciò che sopravvive prima di un’ulteriore progressiva scomparsa. “Il mio desiderio, con tutto il cuore, con tutta la mia energia, con tutta la passione che possiedo, è che tra 50 anni questa mostra non assomigli a una testimonianza di un mondo perduto”, afferma il maestro brasiliano. “L’Amazzonia deve continuare a vivere – e, avere sempre nel suo cuore, i suoi abitanti indigeni.”

Più di 200 fotografie

Con oltre 200 fotografie esposte, Amazônia rappresenta un viaggio profondo nel polmone più importante e fragile della Terra. L’Amazzonia non è solo un luogo, in parte protetto, dove vivono in pace con la natura alcune popolazioni indigene e per il resto un luogo in cui possono essere svolti tutti i cambiamenti di cui l’uomo si fa artefice e padrone.

Sciamano Yanomami dialoga con gli spiriti prima della salita al monte Pico da Neblina. Stato di Amazonas, Brasile, 2014 – © Sebastião Salgado/Contrasto
Sciamano Yanomami dialoga con gli spiriti prima della salita al monte Pico da Neblina. Stato di Amazonas, Brasile, 2014 – © Sebastião Salgado/Contrasto

L’Amazzonia è una creatura viva e antica che Salgado ci mostra in tutta la sua potenza divina. E’ una realtà sacra da difendere contro tutto ciò che di storto e malato l’uomo può produrre suicidandosi e distruggendo il futuro dell’umanità. Salgado mostra come l’Amazzonia abbia una propria esistenza meravigliosa, arricchita e modulata dal tempo, dai colori, dalla luce, dalla presenza dei fiumi e degli animali. In una sorta di viaggio spirituale in un Giardino dell’Eden, vediamo un fotografo che usa la scrittura visiva e la luce per mostrarci, attraverso la sua arte, la bellezza misteriosa e incomparabile del creato. E’ un inno alla difesa di ciò che abbiamo di più importante.

Lélia Wanick Salgado, compagna di lavoro e di vita del fotografo, è responsabile della curatela e della scenografia della mostra.

“Disegnando ‘Amazônia’, ho voluto creare un ambiente in cui il visitatore si sentisse all’interno della foresta, integrato con la sua esuberante vegetazione e con la vita quotidiana delle popolazioni indigene. La mia idea era quella di presentare queste immagini, accompagnate da testi pertinenti, in modo da sottolineare la bellezza di questa natura e dei suoi abitanti, nonché la sua dimensione ecologica e umana, tutti elementi che oggi sono così minacciati e che è fondamentale proteggere e preservare”

Così commenta Lélia.

Commento alla mostra

Immergersi in questa mostra, secondo me, è trovare un percorso per interpretare visivamente la realtà, ma anche per prendere coscienza come la bellezza e la natura siano costantemente messe in pericolo dal nostro modo sonnambolico di agire, spinti d un’avidità che porterà ad un finale tragico, mentre in realtà se osserviamo le foto di Salgado, possiamo vedere come l’immensità della foresta abbracci l’immortalità.

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Real Madrid: storia e curiosità https://cultura.biografieonline.it/real-madrid/ https://cultura.biografieonline.it/real-madrid/#comments Sat, 01 Jun 2024 21:55:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7464 Tra le società calcistiche più importanti del mondo

Real Madrid Club de Fútbol, abbreviato in Real Madrid, è il nome di una delle società calcistiche più note e vincenti del mondo; pochi sanno però che la società – fondata il 6 marzo 1902 – è una polisportiva composta, oltre che dalla citata sezione di calcio, anche da una cestistica legata al basket. In questo articolo si racconta la gloriosa storia di questa grande squadra e società.

Lo stemma del Real Madrid
Breve storia del Real Madrid

Real Madrid: l’inizio di un mito sportivo

Il 13 giugno del 1956 il Real Madrid vince la prima Coppa dei Campioni d’Europa, la prima in assoluto della competizione più famosa del mondo, poi trasformatasi in Uefa Champions League. A Parigi, città designata ad ospitare la prima edizione del torneo, i campioni spagnoli si impongono per 4 a 3 sui francesi dello Stade de Reims. Una vittoria che segna l’inizio di una lunga storia di successi, la quale porterà “i blancos” a diventare il club più amato di sempre, tra i più titolati della storia del calcio.

La provocazione della stampa

E pensare che la competizione calcistica per club attualmente più seguita al mondo, è nata da una sorta di provocazione giornalistica. La si deve al quotidiano L’Équipe, all’epoca diretto da Gabriel Hanot, il quale, esattamente nel 1954, si inserì nell’ampio dibattito scatenato dall’inglese Daily Mail, impegnato a quei tempi a sancire – sulla base di presunte superiorità tecniche evidenti ma di fatto mai dimostrate sul campo – l’indiscussa superiorità del Wolverhampton su tutti gli altri club europei, all’epoca dominatore della lega inglese.

Certo, l’idea di un Campionato del Mondo, o almeno d’Europa – scrisse a tal proposito Hanot – per club, più esteso, più significativo, e meno episodico della Mitropa Cup, e più originale di un Campionato d’Europa per squadre nazionali, merita di essere lanciata. Noi ci proveremo“.

La stampa francese cavalcò l’onda della provocazione, la quale assunse in breve tempo il carattere della vera e propria proposta istituzionale.

Intanto, il dibattito era acceso.

Qual era la squadra più forte del continente europeo?

  • Gli spagnoli del Real Madrid?
  • Gli italiani del Milan?
  • Gli ungheresi dell’Honvéd?
  • O proprio il tanto acclarato Wolverhampton?

Un nuovo torneo

La FIFA e l’UEFA dovettero prendere in considerazione la proposta del quotidiano d’oltralpe, seppure non in modo entusiastico.

L’idea di un campionato fra i maggiori club d’Europa, infatti, a dire delle due federazioni (per giunta appoggiate da quella inglese), avrebbe potuto scalfire il fascino dell’allora Coppa Rimet (l’odierno Campionato Mondiale, ormai seguitissimo) e, soprattutto, quello nascente della Coppa Europea per nazioni.

Tuttavia, i giornalisti de L’Équipe si mossero privatamente coi dirigenti di numerose società e, nell’aprile del 1955, portarono attorno ad un tavolo i vertici dei più importanti club europei, alla fine costringendo proprio la Fifa ad imporre all’Uefa l’organizzazione del nuovo torneo.

Si optò per un torneo organizzato sul meccanismo dell’eliminazione diretta e ammettendo una sola società, indicata dalle federazioni nazionali, per ciascun paese.

Determinante, va detto, fu l’intervento di uno dei personaggi più influenti e ormai leggendari della storia del calcio mondiale: l’allora presidente del Real Madrid, Santiago Bernabeu.

Santiago Bernabeu: l’uomo che fece la competizione

Non è un caso che il più amato presidente della storia delle “merengues” sia stato anche tra i promotori più attivi per quanto riguarda l’organizzazione di una competizione europea per club. Forse Santiago Bernabeu aveva fiutato la forza, non solo nazionale, dei propri campioni, tanto che il Real Madrid si aggiudicò le prime cinque edizioni della futura Champions League, portandosi a casa il trofeo originale (spettante appunto a chi si aggiudica per cinque volte la competizione).

Fatto sta che fu proprio lui, nel corso dello storico summit lanciato da Gabriel Hanot nel 1955, a convincere i vertici delle due federazioni di Fifa e Uefa a dare vita al torneo in questione.

L’incontro si tenne all’Hotel Ambassador di Parigi e diede vita ad una “mutuazione” della precedente Coppa Latina (torneo riservato a squadre di Francia, Spagna, Portogallo e Italia, e che il Real Madrid si aggiudicò nel 1954 e nel 1957): la Coppa dei Campioni.

Una foto del 1967 di Santiago Bernabeu
Santiago Bernabeu, il presidente del Real Madrid più amato, in una foto del 1967

Fu uno dei tanti risultati conseguiti dal presidente del Real. Eletto al vertice del team madrileno il 15 settembre del 1943, Santiago Bernabeu ha ricoperto e mantenuto la carica per 35 anni, praticamente fino alla sua scomparsa. A lui si deve la grande ristrutturazione del club su ogni livello, in una chiave ultramoderna per l’epoca, già proiettata verso il futuro.

L’impresa di Bernabeu

Per ogni sezione della società, diede un team tecnico autonomo e, soprattutto, diede vita alla costruzione del nuovo stadio Chamartín, terminato nel 1947, poi ribattezzato proprio in suo onore “Stadio Santiago Bernabéu”.

Una struttura che si spostava effettivamente solo di alcuni metri da quella precedente e che, all’epoca, risultò essere la più ampia del mondo, forte dei suoi 75mila spettatori (poi portati a 125mila), tanto che durante i lavori non mancarono le critiche al presidente madrileno, considerato una sorta di folle ad impegnarsi in un’impresa così esagerata per l’epoca.

Bernabeu però, ci riuscì eccome nell’impresa, grazie soprattutto al sostegno degli oltre 40.000 soci del club, i quali contribuirono di propria mano alla realizzazione dello stadio. Infine, intraprese la strategia ambiziosa di acquistare giocatori di classe mondiale provenienti dall’estero. Ex giocatore egli stesso del Real, dotato di enorme carisma, Santiago Bernabeu dotò la “Casa bianca” di una struttura societaria superiore a tutte quelle del suo tempo.

Grazie all’acquisto di calciatori di grande prestigio, riuscì nell’impresa di vincere, da presidente del Real Madrid, la bellezza di 16 campionati, 6 Coppe di Spagna, 6 Coppe dei Campioni e 1 Coppa Intercontinentale. La morte lo colse il 2 giugno del 1978.

Il primo titolo del Real Madrid

Il 4 settembre del 1955, a Lisbona, si gioca la prima, storica partita della nuova competizione per club europei. Si affrontano Sporting e Partizan e la partita termina con uno spettacolare 3 a 3. Ed è proprio una di queste due compagini che il Real Madrid, guidato dal bomber Alfredo Di Stefano e dall’allenatore José Villalonga, dopo aver facilmente superato gli svizzeri del Servette nel primo turno, si ritrova davanti nel corso dei quarti di finale.

Allo stadio Chamartin, il Real si sbarazza del Partizan con un sonoro 4 a 0 anche se, al ritorno, deve soffrire non poco contro gli jugoslavi: il Partizan sfiora l’impresa, imponendosi per 3 reti a zero. I rischi però, a conferma di una competizione tutt’altro che banale e dacché ne dicano gli inglesi, non finiscono qui per i blancos. In semifinale infatti, la squadra del presidente Bernabeu deve affrontare i rossoneri del Milan, tra i team più forti d’Europa.

Allo Chamartin, entrando nel vivo della partita, il 19 aprile del 1956, termina 4 a 2 per i padroni di casa. In quell’occasione, vanno a segno Rial, Joseito su rigore, Olsen e il grande Di Stefano, mentre per il Milan segnano Nordhal e Schiaffino, entrambi pareggiando momentaneamente il doppio vantaggio madrileno. Al ritorno però, tocca soffrire un po’ di più, perché al vantaggio di Joseito al ’65 minuto (il quale trafigge con un preciso rasoterra da fuori area il portiere milanista Buffon), replica la doppietta di Dal Monte, il quale mette a segno due rigori, l’ultimo al minuto 86, con circa cinque minuti di estrema sofferenza da parte dei blancos.

Tutto sommato però, la compagine guidata da Di Stefano, Gento, Olsen e Rial, riesce a staccare il biglietto per la Francia, in vista della finalissima.

La finale parigina

Il 13 giugno del 1956, allo stadio “Parco dei Principi” di Parigi, c’è il tutto esaurito. Il Real si trova di fronte lo Stade Reims, forte compagine francese che ha in squadra elementi del calibro di Michel Hidalgo e del mago del dribbling, Raimond Kopa.

Oltre a queste due stelle europee, fanno parte del team guidato dall’allenatore Albert Batteux, anche altri giocatori importanti per l’epoca, come il portiere Raoul Giraudo, Léon Glovacki, l’attaccante Jean Templin e il forte difensore Michel Leblond.

La cronaca

Proprio quest’ultimo apre le marcature, dopo appena sei minuti di gioco, mettendo sotto il Real. Allo shock iniziale, segue il raddoppio, al decimo minuto, firmato Jean Templin.

Gli spagnoli si ritrovano a sorpresa sotto di due gol: al diagonale che apre le segnature, fa seguito la rete rocambolesca del 2 a 0, frutto dell’indecisione in uscita del portiere iberico.

Nel Real però, oltre a Di Stefano giocano altri grandi campioni, come il capitano Miguel Munoz, che suona la carica, l’impeccabile mediano Joseito, la forte ala Zarraga e l’attaccante Juan Alonso.

Così, al ’14 e al ’30, prima il grande Di Stefano con un diagonale da posizione centrale (ben servito da Munoz), e poi il bomber Hector Rial, al termine di un’azione concitata, riportano il punteggio in parità.

Non è finita però, perché il Reims torna ancora in vantaggio, esattamente al minuto 62, con un preciso colpo di testa di Hidalgo. Passano però appena cinque minuti, e Marquitos pareggia ancora: 3 a 3.

A questo punto, è solo il Real Madrid a spingere e a tentare di portare a casa la vittoria, la quale arriva al minuto 79, con il terzo gol nella competizione di Hector Rial, agevolato ancora una volta da una grandissima giocata al limite dell’area di Alfredo Di Stefano.

I blancos del presidente Santiago Bernabeu alzano per la prima volta nella storia la Coppa Campioni.

Un trofeo che parla madrileno

Le merengues domineranno la scena per altre quattro edizioni della sempre più seguita competizione calcistica europea. Giocatori come Alfredo Di Stéfano, Ferenc Puskas, Raymond Kopa, José Santamaría e Miguel Muooz faranno la storia, anzi la leggenda del club spagnolo, il quale trionferà in Europa fino al 1960.

Proprio quest’ultima edizione pertanto, rimarrà per sempre negli albori del calcio, grazie alla vittoria del Real Madrid sull’Eintracht Francoforte per ben 7 reti a 3. In quell’occasione, si divisero il bottino i due giocatori più forti di quel periodo storico: Alfredo Di Stefano, autore di tre segnature, e il grande Ferenc Puskas, mattatore delle altre quattro.

La finale si giocò all’Hampden Park di Glasgow, davanti alle telecamere della BBC e dell’Eurovisione, forte di un pubblico di oltre 135.000 persone. Ancora oggi, si tratta di un vero e proprio recordo di spettatori per una finale di Coppa dei Campioni.

Dopo la prima edizione, va detto, i blancos superarono in finale, nel 1957, i campioni uscenti della Serie A italiana, ossia la Fiorentina, grazie a un gol di Di Stéfano su rigore e ad un altro di Gento. Nell’edizione 1957-1958, fu ancora una volta un’italiana a contendere il titolo ai madrileni: il Milan.

Dopo una partita bellissima ed equilibrata, protrattasi fino ai tempi supplementari per via del perdurante 2 a 2, a decidere fu ancora una volta Gento, al minuto 107. Infine, prima del record di Hampden Park, toccò nuovamente al Reims fare posto al Real sul primo gradino del podio europeo: a Stoccarda, decisive furono le marcature di Mateos e del solito Di Stéfano.

La Champions League vinta nel 2022 contro il Liverpool è la numero 14 per la società; a guidare la squadra in panchina l’italiano Carlo Ancelotti, primo allenatore della storia del calcio a vincere quattro volte la competizione.

La cavalcata di Ancelotti porta la squadra spagnola a conquistare l’ottava Coppa Intercontinentale nel 2023: il Real Madrid batte per 5-3 i sauditi dell’Al Hilal nella finale che si svolge in Marocco l’11 febbraio.

Il 1° giugno 2024 Ancelotti guida il Real Madrid alla conquista della sua 15ª Champions League: vince a Wembley contro il Borussia Dortmund per 2-0.

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8 parole italiane inventate da D’Annunzio: 2 non te le aspetti https://cultura.biografieonline.it/8-parole-inventate-da-dannunzio/ https://cultura.biografieonline.it/8-parole-inventate-da-dannunzio/#respond Sat, 11 May 2024 08:38:15 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42113 La fama di Gabriele D’annunzio spazia dall’arte letteraria a quella poetica. La sua figura storica è ricca. Oltre a scrittore, poeta e drammaturgo, è stato militare, politico, giornalista. La storia lo ricordo come patriota e figura simbolo del decadentismo italiano. Pochi sanno che esistono parole e nomi della lingua italiana inventati proprio da lui. Di seguito vediamo proprio, una per una, 8 parole italiane inventate da D’Annunzio.

Gabriele D'Annunzio
Gabriele D’Annunzio

Automobile

La parola automobile di per sé non è stata inventata da D’Annunzio. Tuttavia a lui si deve la declinazione al femminile.

Dopo la sua realizzazione, in Francia, in Spagna e anche in Italia (fino al 1926) si era infatti soliti parlare dell’automobile solo al
maschile – in Spagna ancora oggi è el coche, maschile.

D’Annunzio in una lettera del 18 febbraio 1926 indirizzata al Senatore Giovanni Agnelli (capostipite della famiglia di imprenditori torinesi, nonno di Gianni Agnelli) esprime così il suo parere:

Mio caro Senatore, in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza. Inclinata progreditur.

La lettera di Gabriele D'Annunzio del 18 febbraio 1926 indirizzata al Senatore Giovanni Agnelli
La lettera di Gabriele D’Annunzio del 18 febbraio 1926 indirizzata al Senatore Giovanni Agnelli

Piave

Oggi ci sembra naturale declinare al maschile il fiume Piave. Di fatto però esso per lungo tempo è stato conosciuto come La Piave, e si deve proprio a D’Annunzio la nuova declinazione al maschile.

A questo punto va ricordato quanto D’Annunzio, all’epoca della Prima Guerra Mondiale fosse considerato una vera di autorità in campo linguistico. Ebbene, dopo la vittoria italiana che coinvolse la zona del Piave, cambiò il genere cui si faceva riferimento al fiume, al fine di celebrarne la potenza.

Lo fece assurgere al ruolo di «fiume sacro della Patria».

È da quel momento che ci si rivolse al fiume Piave al maschile.

Si leggano anche gli articoli:

  1. Prima battaglia del Piave
  2. La canzone del Piave

Rinascente

È il nome di una celebre catena di grandi magazzini.

Il nome esatto oggi è La Rinascente.

La fondazione risale al 1895, a Milano, con il nome: i grandi magazzini dei Fratelli Bocconi.

Avvenne un incendio devastante.

Dopo la ricostruzione, nel 1917, D’Annunzio scelse il nome Rinascente per indicare la rinascita dei magazzini, che come la figura mitologica dell’araba fenice, risorgevano dalle ceneri.

SAIWA

Il nome SAIWA è l’acronimo di: Società Accomandita Industria Wafer e Affini.

Nel 1900 Pietro Marchese apre in via Galata a Genova una pasticceria dove vendere dei sugar wafer, dolci conosciuti durante un suo viaggio in Inghilterra. La piccola impresa cresce tanto da diventare una della prime industrie dolciarie italiane.

Così nel 1922 D’Annunzio suggerisce di dare all’azienda il nome SAIWA. D’Annunzio contribuì anche ad alcune campagne pubblicitarie.

Nel 1965 l’azienda passa sotto il controllo statunitense di Nabisco; nel 1989 passa al gruppo Danone e nel 2007 a Kraft.

Scudetto

Tra le parole italiane inventate da D’Annunzio c’è anche questa, riferita direttamente al mondo del calcio: scudetto.

Correva il 7 febbraio 1920 (era un sabato). In occasione di una partita amichevole di calcio organizzata durante l’occupazione di Fiume, il poeta fa cucire un triangolino tricolore sulla divisa indossata dalla selezione italiana militare. E lo chiama scudetto.

In seguito la FIGC decide che la squadra prima classificata, nella stagione successiva apponga sulla maglia uno scudetto tricolore (i colori della bandiera italiana), rappresentativo dell’unità nazionale a livello calcistico.

La prima squadra a cucire lo scudetto sulle divise è il Genoa, nella stagione 1924-25.

Tramezzino

Nel 1925, assaggiando un particolare tipo di panino farcito con burro e acciughe al Caffè Mulassano di Torino, D’Annunzio avrebbe esclamato:

Ci vorrebbe un altro di quei golosi tramezzini!

Da allora il particolare spuntino venne chiamato così.

Il termine affonda le sue origini nel linguaggio architettonico: tramezzo significa infatti elemento posto in mezzo ad altri elementi.

L’invenzione del “panino” va attribuita ad Angela Demichelis Nebiolo, proprietaria dell’elegante locale torinese di Piazza Castello citato pocanzi. Tornata in Italia col marito, dopo anni trascorsi negli Stati Uniti, ripropose una sua versione di quelli che gli americani chiamavano sandwich.

L’intuizione fu quella di non tostare le fette di pane, privarle della crosta e soprattutto realizzare differenti farciture.

In poco tempo i tramezzini divennero i protagonisti dell’aperitivo del Caffè Mulassano.

Foto da: Vivere Meglio

Velivolo

Siamo nel 1910: l’entusiasmo per il mondo del volo porta il poeta a tenere una serie di conferenze intitolate “Il dominio del cielo“.
In una di queste conferenze, alla Scala di Milano, pronuncia queste parole:

Siamo alla vigilia di una profonda mutazione sociale, si istituisce già il Codice dell’Aria, la frontiera invade le nuvole.

Il termine “velivolo” – tra le parole italiane inventate da D’Annunzio – viene introdotto dal letterato in questo periodo per definire la “macchina volante“.

Ecco le parole tratte dal suo romanzo “Forse che sì forse che no” (sempre del 1910) , che ne spiegano l’adozione:

Ora v’è un vocabolo di aurea latinità – velivolus, velivolo – consacrato da Ovidio, da Vergilio, registrato anche nel nostro dizionario; il quale ne spiega così la significazione: “che va e par volare con le vele”. La parola è leggera, fluida, rapida; non imbroglia la lingua e non allega i denti; di facile pronunzia, avendo una certa somiglianza fonica col comune veicolo, può essere adottata dai colti e dagli incolti. Pur essendo classica, esprime con mirabile proprietà l’essenza e il movimento del congegno novissimo.

Vigili del fuoco

In origine, il nome era esclusivamente pompieri, parola derivante dal francese «sapeur-pompier».

Durante il regime fascista, nel 1938, D’Annunzio propose di chiamare i pompieri con il termine Vigili del Fuoco, ispirandosi ai vigiles dell’antica Roma.

I vigiles furono un corpo istituito nell’anno 6 d.C. dall’Imperatore Augusto con il compito di vigilare sia le strade durante le ore notturne che per proteggere la città dagli incendi. Va ricordato come gli incendi erano eventi abbastanza frequenti considerato l’uso diffuso di fiamme libere e di infrastrutture in legno.

Gabriele D’annunzio è autore di Alcyone e Il piacere. Tra le poesie che abbiamo analizzato nel nostro sito vi sono: I pastori, Il vento scrive, La sera fiesolana e altre opere.

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Vita e opere di Blaise Pascal: cronologia biografica https://cultura.biografieonline.it/pascal-cronologia-biografica/ https://cultura.biografieonline.it/pascal-cronologia-biografica/#respond Thu, 25 Apr 2024 11:02:20 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42023 1623, 19 giugno
Blaise Pascal nasce a Clermont-Ferrand. È il figlio secondogenito di Étienne Pascal, borghese agiato che esercita funzioni di un certo rilievo nel campo dell’amministrazione delle finanze, e di Antoinette Bégon. Sua sorella Gilberte, che scriverà un giorno una biografia del fratello destinata ad una grande celebrità, votando poi un culto esclusivo alla sua memoria e alla salvaguardia delle sue opere, è nata nel 1620.

Blaise Pascal
Blaise Pascal

1625
Nascita di Jacqueline Pascal: la sorella minore dividerà in parte le esperienze religiose del fratello, al quale sarà sempre molto legata, fino a ritirarsi un giorno nel convento di Port-Royal.

1626
Morte della madre. Étienne Pascal, vedovo con tre figli in tenera età, dedicherà una cura personale molto attenta alla loro educazione, senza affidarli ad estranei o a istituti di istruzione. Pascal non ha mai frequentato un collegio né ha avuto precettori.

1631
Étienne Pascal si trasferisce a Parigi. Blaise ha otto anni: la sua salute desta preoccupazioni fin dalla tenera infanzia.

1631-1639
Durante il primo soggiorno parigino, dagli otto ai sedici anni, Blaise Pascal dà avvio alla sua formazione culturale e scientifica. Grazie agli amici di suo padre (Mersenne, Roberval, Fermat, Le Pailleur) è ben presto ammesso, malgrado la sua giovane età, a frequentare le riunioni di un’accademia di scienziati (fondata da Marin Mersenne nel 1635) dando prova di una precocità straordinaria.

1638-1639
Il padre di Pascal, vagamente compromesso per un’azione di protesta contro Richelieu, si rifugia in Alvernia. Jacqueline (quattordici anni), che è stata scelta dal poeta Boisrobert per interpretare una parte in una commedia recitata dinanzi al Cardinale, ottiene da Richelieu il perdono per suo padre, che rientra a Parigi (marzo 1639).

1639, ottobre
Il padre di Pascal è nominato da Richelieu commissario straordinario per la riscossione delle imposte in Normandia. La famiglia si trasferisce a Rouen, dove Pascal soggiornerà dal 1639 al 1647. Vi farà, tra l’altro, la conoscenza di Corneille. Sua sorella Jacqueline, che ha doni poetici, otterrà nel 1640 un premio di poesia al concorso dei «Palinods» di Rouen.

1640
A diciassette anni, Pascal pubblica il suo primo scritto, di carattere scientifico: Essai sur les coniques (sotto forma di un manifesto di una sola pagina). Pubblicazione dell’Augustinus, del teologo olandese Giansenio (morto nel 1638). L’opera è censurata fin dal 1641 dall’Inquisizione e solennemente condannata nel 1643 da una bolla del papa Urbano VIII.

1641
Gilberte Pascal sposa Florin Périer (anch’egli funzionario dell’amministrazione delle finanze). Nel 1643 la coppia si stabilirà a Clermont-Ferrand, dove Gilberte passerà buona parte della sua vita. Nella casa dei Périer che, nel 1652, acquisteranno il castello di Bienassis, nelle vicinanze della cittadina alverniate, Pascal farà lunghi e ripetuti soggiorni.

1642
Nascita di Étienne Périer, figlio di Gilberte e di Florin Périer. Étienne Périer, che doveva morire a soli 38 anni, nel 1680, ha svolto un ruolo molto importante per la conservazione e la pubblicazione delle carte di suo zio. Affidato dalla madre al nonno per la sua educazione, ha trascorso molti anni nell’intimità della famiglia Pascal a Parigi, assicurandosi una funzione di testimonio privilegiato.

Pascal mette a punto una prima «macchina aritmetica» (una rudimentale macchina calcolatrice), che dovrebbe aiutare il padre, costretto dal suo lavoro di commissario straordinario per le imposte ad effettuare faticosi calcoli. Pascal continuerà a lavorare al perfezionamento della sua macchina, presentandola anche nei salotti, fino ad ottenere, nel 1649, un privilegio reale per l’esclusiva della sua fabbricazione.

Blaise Pascal

1643
Muore Jean Duvergier de Hauranne, abate di Saint-Cyran, il padre spirituale delle religiose di Port-Royal: Pascal compie vent’anni.

1646
gennaio-febbraio È l’anno della «prima conversione». Étienne Pascal, immobilizzato a seguito di una caduta, è assistito da due gentiluomini grandi ammiratori dell’abate di Saint-Cyran, che gli fanno conoscere le idee di Giansenio e del direttore spirituale di Port-Royal, e convincono in breve tutta la famiglia a «convertirsi» a una pratica religiosa più intensa. Blaise Pascal ha ventitré anni.

1646, ottobre
Pascal, che si occupa sempre intensamente di studi scientifici, rinnova a Rouen, con la collaborazione del padre, l’esperienza di Torricelli, a riprova della teoria circa l’esistenza del vuoto (che viene invece negata, su basi aprioristiche, dalla filosofia aristotelica).

1647
Pascal, che soffre di disturbi di difficile diagnosticazione, si trasferisce a Parigi con la sorella Jacqueline per potersi curare. Il padre rientrerà a sua volta a Parigi l’anno seguente.

Polemica con Descartes. Dopo che una serie di incontri con il celebre filosofo è valsa solo a far constatare le divergenze tra le reciproche posizioni sul problema del vuoto, Pascal attacca vivacemente il padre Noël, rettore del collegio dei Gesuiti di Clermont, che era stato uno dei maestri di Descartes.

1648
Redazione latina dell’Essai sur la génération des sections coniques. Pascal ripete a Parigi l’esperienza sul vuoto.

Pubblicazione del Récit de la grande expérience sur l’équilibre des liqueurs, relativo all’esperienza compiuta nel settembre di quell’anno da Florin Périer, su istruzioni di Pascal, simultaneamente a Clermont-Ferrand e sulla sommità del Puy-de-Dôme, per verificare l’ipotesi della possibilità di equilibrare il peso del mercurio con quello dell’atmosfera.

Primi contatti con Port-Royal: Pascal e sua sorella Jacqueline entrano in contatto con alcune delle personalità più in vista del monastero (la Mère Angélique, la Mère Agnès) e dei «Solitari» che fanno loro corona (Nicole, Arnauld, Singlin).

1649-1650
A causa dei disordini provocati dalla Fronda dei Principi, la famiglia Pascal si allontana da Parigi e si ritira a Clermont-Ferrand.

1650, febbraio
Morte di Descartes.

1651
Morte di Étienne Pascal (settembre). Pascal entra in possesso dell’eredità paterna.

Di ritorno a Parigi, Pascal riprende i suoi studi sul vuoto: rivendica la priorità delle sue ricerche in questo campo nella sua corrispondenza con Madame de Ribeyre e lavora a un Traité du vide, rimasto incompiuto.

1652
In gennaio, Jacqueline Pascal entra a Port-Royal. La cerimonia della vestizione ha luogo in maggio, quella della professione definitiva nel giugno dell’anno seguente. Pascal, che in un primo tempo si era rifiutato di versare alla sorella la somma necessaria per la costituzione, secondo l’uso, della «dote» della nuova suora, farà poi un lascito a tal fine al convento di Port-Royal, riservandosi per altro una rendita vita natural durante sulla somma versata.

Pascal fa conoscere la sua «macchina aritmetica», ulteriormente perfezionata, al pubblico elegante della capitale, nel salotto di Madame d’Aiguillon. Sono gli anni della parentesi mondana: Pascal ha trent’anni, è entrato in possesso del patrimonio paterno, frequenta attivamente i salotti (Madame de Sablé, il duca di Roannez, Méré, Mitton).

1653, maggio
Una bolla di Innocenzo X condanna cinque proposizioni su punti di fede considerate eretiche, ma senza attribuirle espressamente a Giansenio. È il punto di partenza della celebre polemica che opporrà Arnauld e i giansenisti, da una parte, e la Sorbona, appoggiata anche dai Gesuiti, dall’altra: i primi sostenendo che le cinque proposizioni non si ritrovano materialmente nell’Augustinus, i secondi che esse si evincono chiaramente dall’opera e dal pensiero di Giansenio.

1654
È l’anno della «seconda conversione». Pascal, che è reduce da alcuni viaggi in provincia (Clermont; nel Poitou), attraversa una crisi religiosa. Riavvicinamento con sua sorella Jacqueline. Nella notte del 23 novembre avrà l’«illuminazione», la cui eco è affidata al famoso Memoriale.

Tra luglio e ottobre, corrispondenza con il matematico Pierre Fermat, che ha scoperto i fondamenti teorici del calcolo delle probabilità, questione studiata anche da Pascal.

1655
Pascal fa un soggiorno a Port-Royal, con i Solitari che abitano nelle «Granges», una dipendenza del monastero nei dintorni di Parigi.

1656
Affare delle «Provinciali»: Arnauld, censurato dalla Sorbona per la questione delle cinque proposizioni e impegnato in una polemica, oltre che con la Facoltà di Teologia, anche contro i Gesuiti, chiede a Pascal di intervenire. Le diciotto «lettere di un provinciale», scritte da Pascal, ma sicuramente riviste dai maggiori esponenti di Port-Royal (Arnauld, Nicole), appaiono tra il gennaio 1656 e il giugno 1657, e saranno messe all’indice nel settembre di quell’anno. Affare della «Santa Spina»: il 24 marzo la nipote di Pascal, Margherita Périer, è guarita da una fistola lacrimale, a Port-Royal, grazie all’imposizione di una reliquia che si vorrebbe proveniente dalla corona di spine del Cristo. Pascal, fortemente impressionato dall’avvenimento, comincia a prendere degli appunti per alcune Lettres sur les miracles: è il punto di partenza del progetto, che maturerà negli anni seguenti, di una Apologia del Cristianesimo.

1657
Redazione degli Éléments de géométrie destinati agli allievi delle «Petites Écoles» di Port-Royal. Probabile redazione degli Écrits sur la grâce, che saranno pubblicati nel 1779.

Pascal collabora agli Écrits des curés de Paris, che criticano la casistica e la morale accomodante della Società di Gesù, e redige un Factum pour les curés de Paris.

1658
Continua la polemica con i Gesuiti.

Affare della «cicloide». Nel mese di giugno Pascal diffonde una lettera circolare, firmata con lo pseudonimo Amos Dettonville, che indice un concorso tra tutti i matematici d’Europa per la soluzione del problema della cicloide. Era previsto un premio in denaro, che non verrà attribuito, nessuno dei concorrenti avendo trovato la risposta escogitata da Pascal. Corrispondenza con Huygens, polemica con il gesuita Lalouère di Tolosa. Pascal espone le grandi linee del suo progetto di una Apologia del Cristianesimo ai suoi amici di Port-Royal nel corso di una conferenza svoltasi nel monastero.

Pascal scultura cicloide
Pascal studia la cicloide: ai suoi piedi le pagine sparse dei Pensieri, a destra il libro aperto delle Lettere provinciali. Scultura di Augustin Pajou (1730–1809), Museo del Louvre

1659
Pascal è ripreso dai disturbi di cui aveva sofferto a ventiquattro anni, e deve sospendere ogni attività di studio per alcuni mesi.

1660
Soggiorna in Alvernia, nel castello di Bienassis. Prosegue la redazione dei «petits traités»: a quest’anno risalgono probabilmente La Prière pour demander à Dieu le bon usage des maladies e i tre Discours sur la condition des grands; si assegnano al 1658 l’Art de persuader e l’Esprit géométrique.

1661
Affare del «Formulario»: le religiose di Port-Royal, che si erano rifiutate di firmare una dichiarazione di condanna di alcune proposizioni di Giansenio, messa a punto dall’assemblea del clero di Parigi fin dal 1658, e che tutti gli ecclesiastici della diocesi erano tenuti a sottoscrivere, finiscono col sottomettersi.
Dissenso di Pascal, raffreddamento dei rapporti con Port-Royal, segnatamente con Arnauld.
Morte di Jacqueline Pascal.

1662
Pascal mette a punto il progetto di un servizio pubblico di diligenze a pagamento, per il quale ottiene delle lettere patenti. La prima linea del nuovo servizio sarà inaugurata nel mese di marzo.
Lo stato di salute di Pascal, da tempo cagionevole, si aggrava repentinamente alla fine di giugno.
Lo scrittore si fa trasportare dalla sua casa, sita nell’attuale Rue Monsieur-le-Prince, in quella di sua sorella Gilberte, dove viene assistito dal curato di Saint-Étienne-du-Mont, il padre Paul Beurrier, che ne raccoglie la confessione.
La morte sopravviene il 19 agosto: Pascal aveva da poco compiuto i trentanove anni.
Le sue spoglie mortali sono sepolte nella chiesa di Saint-Étienne-du-Mont.

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L’anno bisestile: storie e curiosità https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/ https://cultura.biografieonline.it/anno-bisestile/#comments Thu, 29 Feb 2024 07:44:42 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16106 L’anno bisestile è quello composto di 366 giorni, anziché i soliti 365. Nella riforma giuliana del calendario, poi mantenuta in quella gregoriana, il mese a cui viene aggiunto il giorno in più è febbraio, che negli anni bisestili avrà quindi 29 giorni. È bisestile un anno ogni quattro, esclusi però gli anni secolari (divisibili per 100) il cui numero non sia divisibile per 400: il 1600 fu bisestile, il 1700, il 1800 e il 1900 no, il 2000 sì.

anno bisestile
Il 29 febbraio è il 60° giorno del calendario negli anni bisestili

Etimologia del termine

Il termine bisestile deriva dal latino tardo bisextus, ovvero “due volte sesto”, secondo l’uso romano di contare due volte, negli anni bisestili, il 6° giorno antecedente le calende di marzo, cioè il 24 febbraio. Doppio giorno sesto, ovvero bisesto. Più avanti, quando si incominciò a contare i giorni del mese partendo dal primo e continuando con i numeri successivi, il giorno “bis sexto” di febbraio divenne il 29.

Storia dell’anno bisestile

Nel 46 a. C. Giulio Cesare, seguendo le indicazioni dell’astronomo alessandrino Sosigene, introdusse il calendario giuliano, con l’anno composto da 365 giorni e, ogni quattro anni, un anno di 366 giorni. Questo per riuscire a recuperare le ore di scarto rispetto all’anno solare, che dura 365 giorni e 6 ore circa. Infatti, per ragioni pratiche, l’anno del calendario è composto da un numero intero di giorni.

L’aggiunta di un giorno agli anni bisestili serve appunto per sincronizzare il calendario con l’anno solare. Se il calendario non andasse di pari passo con l’anno solare, si avrebbe, nel corso degli anni, uno spostamento delle stagioni nell’arco dell’anno. L’equinozio d’autunno, per esempio, potrebbe slittare, con il passare del tempo, da settembre a ottobre, poi a novembre e così via.

Questo accorgimento introdotto da Giulio Cesare non riuscì però a far procedere di pari passo il calendario con l’anno solare. Nel 1582, papa Gregorio XIII introdusse il calendario gregoriano, quello che usiamo tuttora.

Con questa riforma, stabilì che gli anni bisestili fossero tutti gli anni non terminanti con due zeri e divisibili per 4, e quelli terminanti con due zeri, ma divisibili per 400. In altre parole, gli anni bisestili sono quelli divisibili per 4, eccetto gli anni secolari che sono bisestili solo se divisibili per 400 (come anticipato all’inizio dell’articolo).

gregorio XIII e la riforma del calendario
La tavola della biccherna, n. 72. Archivio di Stato Siena. Tempera su tavola, cm 52,4 × 67,8. Il dipinto, di autore sconosciuto, rappresenta Gregorio XIII che presiede la commissione per la riforma del calendario

Calcolo degli anni bisestili

Per determinare se un anno è bisestile, bisogna procedere con questo semplice calcolo: controllare che l’anno sia interamente divisibile per 4; se così non fosse, l’anno non è bisestile.

  • Se è divisibile per 4, verificare che sia interamente divisibile per 100: se l’anno è divisibile per 4 ma non per 100, è un anno bisestile.
  • Se invece è divisibile sia per 4 che per 100 (come per esempio il 2000), bisogna verificare che sia interamente divisibile per 400.
  • Quando l’anno è divisibile per 4 e per 100, ma non per 400, non si tratta di un anno bisestile.
  • Se è divisibile anche per 400, è un anno bisestile.

Anno bisesto anno funesto?

A tutti è capitato di pronunciare il proverbio “Anno bisesto, anno funesto“. Ovviamente, le avversità non si verificano soltanto negli anni bisestili. La cattiva reputazione degli anni bisestili, deriva probabilmente dal fatto che febbraio era per antichi romani il mese dei morti, il Mensis Feralis, dedicato a riti per i defunti e a cerimonie di purificazione.

A febbraio si celebravano le Terminalia, dedicate a Termine, dio dei Confini, e le Equirie, gare di corsa di cavalli che trainavano carri; l’arena in cui si svolgevano queste ultime simboleggiava la Terra, i sette giri compiuti dai cavalli rappresentavano le orbite percorse dai sette pianeti antichi e le dodici porte delle rimesse rappresentavano le costellazioni dello Zodiaco. Quindi, un rito di rappresentazione astronomica, simbolo della conclusione di un ciclo cosmico e quindi simbolo di morte e di fine.

Un altra motivazione per la quale l’anno bisestile è visto come portatore di sventure è di natura psicologica e superstiziosa: poiché le cose anomale o poco frequenti sono a volte percepite come diverse e strane, possono causare paure immotivate e irrazionali, come accadde in passato, per esempio, con le eclissi.

Secondo una antica leggenda irlandese, l’unico giorno in cui una donna avrebbe la possibilità di chiedere in sposo l’uomo dei propri sogni è il 29 febbraio, il cosiddetto Leap Day.

Se la proposta veniva rifiutata, l’uomo era tenuto a comprare alla donna 12 paia di guanti, in modo che potesse nascondere il disagio di non aver ricevuto un anello di fidanzamento. Questa bizzarra tradizione ha ispirato perfino il film “Una proposta per dire sì”, del regista Anand Tucker, interpretato da Matthew Goode ed Amy Adams.

Leap Year film
Locandina del film “Una proposta per dire sì”

Curiosità giornalistiche

Dal 1980, in Francia, solo il 29 febbraio, esce in edicola il periodico umoristico “La Bougie du Sapeur” (La candela del pompiere), con una tiratura di 200.000 copie.

Notizie del giorno: riassunto degli ultimi quattro anni!

Se scrivete alla posta dei lettori avrete risposta dopo quattro anni; stesso tempo bisognerà aspettare per sapere la soluzione di sudoku e parole crociate.

30 febbraio

Nel corso della storia, sono esistiti casi isolati di calendari che hanno adottato la data del 30 febbraio.

In Svezia, nel 1712, il re Carlo XII decise di eliminare gli anni bisestili, dal 1700 fino al 1740, per far coincidere il calendario giuliano con quello gregoriano. Ma, ahimè, dimenticò di promulgare i relativi editti.

Per rimediare, tralasciò la decisione presa ritornando al calendario giuliano e, per recuperare il giorno saltato nel 1700, stabilì che venisse aggiunto, al febbraio 1712, bisestile, un “secondo giorno bisestile”.

Il calendario svedese ebbe così, nel 1712, un febbraio con 30 giorni.

Febbraio 1712 Svezia
Il mese di febbraio 1712 in un almanacco svedese: si nota la data del 30 febbraio

Il 1° ottobre 1929 l’Unione Sovietica iniziò ad utilizzare il “calendario rivoluzionario sovietico“, nel quale ogni mese aveva 30 giorni; i rimanenti 5 o 6 giorni erano considerate “feste senza mese”. Per esempio, dopo il 30 gennaio, veniva inserita una giornata chiamata la “festa di Lenin”, per poi passare al 1° febbraio. Quindi, nel 1930 e nel 1931 ci fu un 30 febbraio. Nel 1932, venne reintrodotto il vecchio calendario.

Nati il 29 febbraio

Rimandiamo alla lettura di una pagina di questo sito per scoprire i personaggi famosi nati il 29 febbraio. Festeggiare il compleanno ogni 4 anni li aiuterà a rimanere più giovani?

29 febbraio

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