Unione Sovietica Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 03 Feb 2024 11:43:45 +0000 it-IT hourly 1 Valentina: la prima donna nello spazio https://cultura.biografieonline.it/la-prima-donna-nello-spazio/ https://cultura.biografieonline.it/la-prima-donna-nello-spazio/#comments Sat, 03 Feb 2024 10:33:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1088 La prima donna ad essere stata lanciata nello spazio è la russa Valentina Tereshkova. Il seguente articolo racconta un po’ della sua vita, di quanto fosse grande la sua passione per il volo, ma soprattutto dell’importanza dell’evento che l’ha portata in orbita il giorno 16 giugno dell’anno 1963.

Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova, la prima donna nello spazio
Valentina Tereshkova

Programma Vostok

Programma Vostok è il nome del progetto sovietico di missioni spaziali che porta per la prima volta nella storia un essere umano nello spazio: il 12 aprile 1961 Jurij Gagarin è il primo uomo ad orbitare intorno alla Terra a bordo della capsula Vostok 1. Poco dopo questo storico successo, viene lanciata l’idea di un progetto per l’addestramento di donne cosmonauta (termine sovietico per indicare astronauta).

Valentina Tereshkova
Valentina Tereshkova, prima donna nello spazio

Essendo esiguo il numero di donne pilota, si decide di estendere la ricerca delle candidate prendendo in considerazione anche le paracadutiste. Il 16 febbraio 1962 viene reso noto l’elenco ufficiale delle cinque donne russe scelte per formare il “gruppo donne cosmonauta” e tra loro compare Valentina Tereshkova, appassionata paracadutista e ammiratrice di Jurij Gagarin.

Valentina Tereshkova, prima donna nello spazio

Nata il 6 marzo 1937 a Maslennikowo, cittadina della Russia sul fiume Volga, da giovane lavora in una fabbrica produttrice di pneumatici e successivamente in una produttrice di fili, come sarta e stiratrice.

Consegue il diploma tecnico nel 1960 e il suo sogno si avvera nel 1962 quando riesce a superare l’esame per l’accesso al programma di addestramento per aspiranti cosmonauti. Successivamente al volo della Vostok 1, sono lanciate nello spazio anche la Vostok 2, 3, 4 e 5.

Intanto, delle cinque candidate del “gruppo donne cosmonauta”, una non supera l’esame teorico per l’addestramento, una rinuncia per motivi di salute, due vengono nominate riserve; il 4 giugno 1963 viene nominata ufficialmente Valentina Tereshkova, all’epoca 26enne, quale equipaggio per la missione Vostok 6.

Il lancio della Vostok 6

Il Cosmodromo di Baikonur è la base di lancio più datata ed utilizzata al mondo e pur trovandosi in Kazakistan è sotto l’amministrazione russa; da qui, il 16 giugno 1963, alle ore 12.29 di Mosca, viene lanciata la missione Vostok 6 con a bordo Valentina Tereshkova.

Raggiunta la traiettoria dell’orbita terrestre, riesce ad avvicinarsi alla Vostok 5 (già in orbita, lanciata due giorni prima) fino a 5 km circa ed a mantenere con essa il diretto contatto radio per l’intero primo giorno di missione. Nome in codice della Tereshkova per i collegamenti radio: Čajka, cioè “gabbiano“.

Le capsule Vostok non possono modificare la propria traiettoria di volo, quindi questo “incontro spaziale” è programmato prima del lancio con precisi calcoli.

La cosmonauta riesce a scattare diverse fotografie della Terra e registrare alcuni filmati, durante le 49 orbite terrestri effettuate.

Dopo quasi tre giorni di missione spaziale, il 19 giugno 1963 la Vostok 6 atterra alle ore 8.20 GMT a circa 620 Km a nord-est di Karaganda, in Kazakistan.

La prima donna a volare nello spazio si catapulta dall’abitacolo della capsula attraverso un seggiolino eiettabile ed atterra appesa ad un paracadute.

Valentina TereshkovaQuesta impresa spaziale dà alla Tereshkova grande popolarità: nel 1963 le viene dedicato un francobollo ed una linea di strumentazione fotografica viene chiamata Čajka in onore del nomignolo con cui è nota.

A novembre del 1963 sposa Andrijan Grigor’evič Nikolaev, terzo uomo nello spazio nella missione Vostok 3, da cui divorzia nel 1982, per poi sposarsi con Jurij Šapošnikov, del quale rimane vedova nel 1999.

Onorificenze

La prima donna nello spazio, riceve varie onorificenze tra cui il titolo di Pilota-cosmonauta dell’Unione Sovietica, Eroe dell’Unione Sovietica, Ordine di Lenin, Ordine della Rivoluzione d’Ottobre, Medaglia “Stella d’oro”, Medaglia d’oro Joliot-Curie, World Connection Award consegnato ad Amburgo nell’anno 2004 dal premio nobel per la pace Mikhail Gorbaciov. Una valle lunare viene nominata in suo onore “valle Tereshkova”.

Retroscena della missione

All’età di 70 anni, nel 2007, rilascia un intervista, nella quale racconta per la prima volta alcuni retroscena che hanno caratterizzato lo storico volo, fino ad allora rimasti ignoti.

Con la mente all’evento storico, racconta come i problemi siano sopraggiunti dopo 30 giri orbitali intorno alla Terra, quando i tecnici si sono accorti di un grave errore: la navicella, ad ogni orbita effettuata, non si avvicina alla Terra ma bensì se ne allontana.

Una volta uscita dall’attrazione della gravità terrestre il suo destino sarebbe stato quello di perdersi verso l’infinito. I tecnici prontamente correggono ed impostano i nuovi calcoli per evitare questo disastro.

Preoccupanti problemi vive anche all’interno della navicella in quanto per tutte le 70 ore e 50 minuti del volo rimane legata al sedile, con il pesante malessere causato dall’assenza di peso, con insopportabili dolori alle gambe, nausea e costrizione causata dalla tuta e dal casco sempre indosso.

Valentina Tereshkova
Una foto di Valentina Tereshkova in anni recenti

Inoltre, una volta raggiunto il suolo terrestre, sbatte il viso contro il casco provocandosi lividi e la quasi perdita di coscienza. Viene portata immediatamente all’ospedale. Una volta ripresa e guarita dai traumi, viene riportata nella zona di atterraggio per rifare le fotografie e le riprese, senza ferite e in un clima di maggior tranquillità.

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Stalin, biografia di un dittatore, libro di Oleg V. Chlevnjuk https://cultura.biografieonline.it/stalin-biografia-di-un-dittatore/ https://cultura.biografieonline.it/stalin-biografia-di-un-dittatore/#comments Wed, 16 Mar 2022 02:44:22 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21838 Josif Stalin è stato per 24 anni, dal 1929 al 1953,  il dittatore assoluto e indiscusso dell’Unione Sovietica. Con pugno di ferro e con una strategia che non ammetteva compromessi. Ma che ha sempre posto come prima decisione la violenza e l’annichilimento di chiunque lo contrastasse. Stalin ha gestito la società civile trasformando un paese arcaico in una superpotenza mondiale.

Stalin

Stalin, biografia di un dittatore

La sua interpretazione semplicistica e personale del marxismo, gli ha permesso di stravolgere totalmente il suo paese, senza che nessuno  abbia mai osato contrastarlo o ci sia riuscito con un minimo di efficacia. Anzi l’idea che più lo ossessionava era quella dell’esistenza di nemici all’interno del partito o nei vari strati della società, che avessero intenzione di deporlo o di ucciderlo.

Proprio per evitare questa possibilità, Stalin ha preventivamente incarcerato, fatto fucilare e processato milioni di persone. Il regime del terrore che riuscì a instaurare in URSS ha costretto tutti i cittadini a vivere in un clima di insicurezza e paura. In tale clima anche il vicino di casa poteva essere un pericoloso delatore.

Probabilmente più di 60 milioni di persone hanno subito le sue repressioni. Cittadini che sono stati coinvolti senza un vero processo o prove certe contro di loro, in un meccanismo kafkiano, che nella maggior parte dei casi si è concluso con  la prigione nei gulag o con la fucilazione.

Malgrado queste certezze storiche, pare che oggi in Russia la figura di Stalin stia vivendo un momento di gloria e che il suo mito stia riaffiorando con considerazioni molto positive sul suo operato. Ad esempio si discute su quanto la sua strategia politica abbia influito per trasformare un paese arcaico in una super potenza economica e militare che ha sconfitto Hitler e la Germania nazista.

Il libro

Oleg V. Chlevnjuk, forse il maggior esperto mondiale di Stalin, ha scritto un bel libro dedicato al dittatore. In esso sfata i miti che gli sono stati attribuiti. Il titolo è: Stalin, biografia di un dittatore, di Oleg Chlevnjuk, Le Scie, Mondadori editore (2016, Pagine: 467).

Stalin, biografia di un dittatore
Copertina del libro “Stalin, biografia di un dittatore” (2016), di Oleg V. Chlevnjuk

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L’autore contrasta nel libro questa riabilitazione di Stalin. Riesce a sfatare il suo mito di amministratore eccelso, stratega militare lungimirante o vittima di collaboratori avidi e corrotti che lo hanno spinto a vedere ovunque traditori e possibili nemici del popolo. Ma dall’altra parte, Chlevnjuk sfida anche i miti negativi che vedono Stalin solo come il traditore di Lenin e della sua eredità politica. O come un dittatore paranoico che si è concentrato unicamente sulla sua sanguinosa vendetta.

L’autore basandosi  su documenti d’archivio, testimonianze dirette e indirette ha incrociato una quantità notevole di materiale, ricostruendo in modo dettagliato la vita di Stalin. Ponendo una particolare attenzione al percorso che da oscuro combattente e rivoluzionario georgiano, ha visto il futuro leader sovietico diventare uno dei più stretti collaboratori di Lenin durante la rivoluzione d’Ottobre. Poi, in seguito, suo unico erede in seno al gruppo dirigenziale del Comitato centrale del partito comunista.

Stalin
Stalin

Infine, il ritratto di Stalin si compie con il racconto della dittatura dello Stato sovietico che lo ha visto protagonista di decisioni politiche spregiudicate. Decisioni che, però, gli hanno permesso di conservare, per quasi un quarto di secolo, un potere pressoché assoluto.

Recensione e commento

Chlevnjuk analizza però anche le scelte di Stalin quale leader politico di una nazione in espansione. In particolare l’autore racconta la genesi delle collettivizzazioni delle campagne russe e l’industrializzazione imposta secondo un metodo costruito a tavolino. Esso ha costituito uno degli errori più gravi nella storia moderna della Russia.

Con uno stile narrativo avvincente e ricco di dettagli, l’autore racconta gli ultimi giorni di vita del dittatore per poi tornare alla sua infanzia e adolescenza. Periodo in cui Stalin, dopo il seminario, ha cominciato a prendere le distanze dalla religione e ad abbracciare il marxismo. Per intraprendere così un percorso rivoluzionario clandestino che lo ha portato ad un’ascesa politica rapidissima. Il ritratto che ne viene fuori  è avvincente ed equilibrato. E permette al lettore di farsi un’idea chiara di ciò che fu Stalin nella  Russia del XX secolo.

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Putin e la ricostruzione della Grande Russia, libro di Sergio Romano https://cultura.biografieonline.it/putin-e-la-ricostruzione-della-grande-russia/ https://cultura.biografieonline.it/putin-e-la-ricostruzione-della-grande-russia/#comments Wed, 23 Feb 2022 13:53:11 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22864 La Russia di oggi appare a molti come un oggetto misterioso. Vladimir Putin la governa come se ne fosse il capo assoluto e incontrastato e, se dall’esterno il suo sembra un potere acquisito grazie al vuoto lasciato da Eltsin, in realtà la sua conoscenza della storia russa gli ha permesso di elaborare una politica che lo ha reso molto popolare. Un buon libro per comprendere la Russia attuale e la strategia di Vladimir Putin è il nuovo saggio di Sergio Romano “Putin e la ricostruzione della Grande Russiaedito dalla casa editrice Longanesi. L’autore ci racconta la Russia dalla caduta del muro di Berlino fino agli ultimi scontri con gli Usa sia per la crisi dell’Ucraina che per la questione della Siria.

Putin e la ricostruzione della Grande Russia - libro Sergio Romano
Putin e la ricostruzione della Grande Russia – la copertina del libro di Sergio Romano

Putin e la ricostruzione della Grande Russia: temi trattati

Il libro è stato pubblicato prima delle elezioni americane che hanno visto la vittoria di Trump (2016) e le polemiche successive sull’ingerenza dei russi nella campagna elettorale. Ci sono diversi piani di lettura. Romano racconta la disgregazione dell’Unione Sovietica e il potere assoluto di Boris Eltsin che ha traghettato la Russia dall’era comunista ad un capitalismo senza regole. Gli oligarchi che hanno preso velocemente il potere economico e hanno in parte influenzato le decisioni dei governi di Eltsin sono lo specchio di una Russia che ha riconvertito le sue risorse pubbliche in un business privato.

Ma non è solo stata una lotta per il potere di nuove figure contro un vecchio modo di governare. Gli oligarchi erano uomini del partito che sono stati sempre dietro le quinte. Quando le crisi economiche hanno costretto il governo a cercare nuove risorse per pagare stipendi e garantire i servizi minimi, sono riusciti ad imporre le proprie richieste.

Eltsin nell’ultima parte della sua vita e della sua carriera politica è stato debole e permissivo. Secondo Sergio Romano, le sue scelte hanno permesso ad alcuni uomini di impadronirsi delle risorse minerarie e petrolifere del paese, di controllare giornali e tv e di accaparrarsi il controllo dei principali istituti bancari.

L’avvento di Putin

L’avvento di Putin cambia tutto. Uno sconosciuto ufficiale del KGB in cerca di lavoro diventa, in poco tempo, un uomo molto influente che viene messo a capo di un dipartimento del governo. Poco dopo, avviene la sua elezione a Primo ministro. La sua biografia è sconosciuta a tutti e anche Romano fatica a trovare informazioni sul suo passato. Quello che è certo è che Putin ha prestato servizio nel KGB durante la Guerra fredda operando nella Germania dell’Est. Dopo la caduta del muro si è trovato senza un lavoro ed è diventato l’assistente del sindaco di San Pietroburgo. Poi il vuoto fino alla sua nomina ad un alto sevizio dello Stato e poi a capo del governo. Questo è il secondo piano di lettura del libro.

Putin fa una carriera folgorante e gli vengono riconosciuti meriti che molti faticano a vedere. Ma come si comporta? Solidifica in poco tempo il suo potere e riesce ad imporre una visione vincente della Russia. Non rinuncia alla storia del suo paese né rinnega il periodo comunista. Ma cerca invece di utilizzare tutti i valori a cui i russi sono legati, perfino una devozione alle icone religiose, per cercare di rilanciare l’orgoglio del suo paese. La sua strategia funziona e ha successo. Tanto che viene eletto come presidente della Repubblica, carica che, a parte un breve periodo come Primo ministro, continua a mantenere tutt’oggi.

Sondaggi recenti

I sondaggi anche adesso (2017) lo danno come favorito alle prossime elezioni con una percentuale di gradimento molto alta. La sua politica è un misto di nazionalismo, orgoglio per il proprio passato, soprattutto le conquiste prima dell’avvento del comunismo e la ricerca di un’identità religiosa che dimostri come la Russia è stata la prima in tutto. Secondo Romano, uno dei problemi principali di un uomo di governo russo è il confronto con il territorio. La Russia ha un territorio enorme in continuo pericolo di disgregazione. E la strategia di Putin è proprio dimostrare come invece la Russia debba espandersi, senza eccessi, mantenendo un controllo stabile dei suoi confini.

Sergio Romano
Lo scrittore Sergio Romano

Sono tre quindi le chiavi di lettura del libro “Putin e la ricostruzione della Grande Russia“: la storia dopo la caduta del muro, l’enigma Putin e la sua misteriosa ascesa al potere e la strategia sia di politica interna che di politica internazionale per mantenere saldo questo potere. Con uno stile narrativo chiaro e lineare e una conoscenza molto dettagliata e profonda della storia della Russia, Sergio Romano ci permette di osservare con più attenzione e consapevolezza i cambiamenti della Russia. Un paese fondamentale per il futuro dell’Europa e dell’Occidente.

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La Polonia sconfitta e la Guerra d’inverno del 1939-40 https://cultura.biografieonline.it/polonia-finlandia-guerra-d-inverno/ https://cultura.biografieonline.it/polonia-finlandia-guerra-d-inverno/#comments Thu, 08 Feb 2018 15:00:06 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23995 Nel contesto della Seconda Guerra Mondiale vi fu la Guerra d’inverno, ricordata anche come Guerra russo-finlandese: l’Unione Sovietica attaccò il paese scandinavo successivamente al patto fatto con il regime nazista, che li vide invadere assieme la Polonia (argomento trattato in un precedente articolo: L’invasione della Polonia del settembre 1939). Ripercorriamo in questo articolo i fatti storici che portarono alla Guerra russo-finnica.

La sconfitta della Polonia

Dopo la sconfitta della Polonia e la spartizione del suo territorio fra la Germania e l’Unione Sovietica, la politica che Hitler decise di applicare sul territorio polacco fu sicuramente più devastante e aggressiva di quella decisa da Stalin. Nell’ottobre del 1939 vennero annesse al Terzo Reich la Prussia occidentale, la Posnania e l’Alta Slesia orientale, oltre alle regioni della vecchia Polonia a nord e ad ovest di Varsavia. Mentre la parte centrale della Polonia venne dichiarata governatorato generale e fu affidata ad Hans Michael Frank.

La seconda fase

La seconda fase fu l’espulsione di tutti i polacchi dalle regioni annesse al Reich per permettere l’immigrazione forzata dei tedeschi dalla Volinia, dalla Bessarabia e dai Paesi Baltici. Il governatore Frank, che dimostrò fin da subito la sua fedeltà alla politica più feroce dei nazisti, con il pretesto di punire i polacchi che si erano ribellati all’invasione tedesca durante il settembre del 1939, (fra i vari episodi spicca “la domenica di sangue” di Bromberg che si consumò il 3 settembre del 1939), fece sterminare tutti gli esponenti della classe dirigente polacca.

La terza fase

Poi venne attuata la terza fase che prevedeva il rastrellamento di tutte le persone di religione ebraica e il loro internamento nei ghetti di Varsavia e Lodz. Questa strategia politica, che andava contro il diritto internazionale e che prevedeva l’emigrazione forzata di intere popolazioni, insieme al cambiamento di confini e status quo vigenti da moltissimi anni, ebbe conseguenze devastanti per tutti. Sia per i tedeschi quando vennero soverchiati dalle truppe sovietiche nel 1944-45, sia per i russi quando le truppe tedesche avanzarono nel 1941 sul fronte orientale.

Patto Molotov-Ribbentrop 1939
Joachim von Ribbentrop firma il patto con l’Unione Sovietica, sotto gli occhi di un sorridente Stalin

Dopo l’invasione della Polonia, Stalin sfruttò gli accordi presi con Hitler attraverso i  ministri degli esteri Joachim von Ribbentrop e Vjačeslav Michajlovič Molotov (in un patto che porta il nome dei ministri). Innanzitutto obbligò i governi dell’Estonia, Lituania e Lettonia a rendere disponibili le loro basi aeree, navali e terrestri affinché potessero essere gestite dai comandi dell’Armata rossa. I tre governi accettarono senza condizioni.

Guerra d’inverno: la guerra tra Russia e Finlandia

Tuttavia quando Stalin pretese dalla Finlandia un contenimento della sua sovranità e un cambiamento sfavorevole dei suoi confini per cui sarebbe stata costretta a spostare i suoi confini sull’istmo di Carelia, il governo finlandese rispose compatto che non avrebbe accettato nessun ordine dall’Unione Sovietica. A quel punto Stalin dichiarò guerra alla Finlandia e ordinò alle truppe dislocate a Leningrado di attaccare i suoi confini orientali.

Guerra d'inverno - Guerra di inverno - Finlandia e Russia - 1939-1940
Postazione di una squadra di mitraglieri finlandesi • La cosiddetta Guerra d’inverno durò dal 30 novembre 1939 al 13 marzo 1940

I generali sovietici immaginavano che l’esercito finnico sarebbe stato sbaragliato rapidamente, grazie anche alle divisioni interne che già durante la Rivoluzione d’ottobre si erano manifestate dividendo i finlandesi in rossi e bianchi, quest’ultimi erano a favore dello zar. Ma così non avvenne.

Una pattuglia finlandese durante la guerra d'inverno - Finlandia - Russia - 1939-1940
Una pattuglia finlandese durante la guerra d’inverno

Tutto il popolo finnico si schierò con il suo esercito. Questo, sotto il comando del feldmaresciallo Mannerheim, riuscì a respingere l’attacco sovietico infliggendo pesanti sconfitte all’Armata rossa. Queste vittorie ebbero conseguenze internazionali di notevole portata, perché venne giudicata negativamente la capacità offensiva dell’Armata rossa. I tedeschi si mantennero neutrali e non inviarono truppe contro i finlandesi. Essi resistettero per tutto l’inverno, fino al marzo del 1940 quando firmarono un armistizio con i sovietici.

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Operazione Barbarossa https://cultura.biografieonline.it/operazione-barbarossa/ https://cultura.biografieonline.it/operazione-barbarossa/#comments Mon, 15 Jun 2015 10:00:40 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14480 Operazione Barbarossa è il nome in codice della strategia militare con la quale l’esercito tedesco invase l’Unione Sovietica nel giugno del 1941. L’Operazione Barbarossa fu fortemente voluta da Hitler, che ordinò il più grande impiego di uomini e mezzi della storia militare. Perché?
Perché la sua visione dell’espansione tedesca prevedeva una guerra senza fine nella quale l’acquisizione di nuovi territori e la sottomissione delle popolazioni che li abitavano, dovevano portare ad una crescita e ad un arricchimento della Germania.

Operazione Barbarossa
Operazione Barbarossa: l’attacco tedesco all’Unione Sovietica iniziò il 22 giugno 1941

Il nome in codice fu ispirato dalle gesta dell’imperatore germanico Federico Barbarossa.

Il contesto storico

I tedeschi uscivano da anni di crisi economica e frustrazione sociale, che li aveva resi terribilmente pericolosi. Winston Churchill, dopo la Seconda Guerra Mondiale, disse che una grande sofferenza può liberare forze spirituali invincibili. La vendetta della Germania contro le potenze che decretarono il suo triste destino fra le due guerre mondiali, a causa dei trattati i pace, fu insaziabile. Inoltre, il conflitto con l’Urss avrebbe permesso a Hitler di accumulare più risorse per sferrare un attacco decisivo contro l’Inghilterra, unica potenza che ancora gli resisteva in Europa.

Un’altra ipotesi è che Hitler volesse abbattere il comunismo, ritenuto un male quasi al pari dell’ebraismo, e pertanto volesse intraprendere una guerra contro l’Unione Sovietica al fine di cercare, in seguito, un’alleanza con gli Stati Uniti e l’Inghilterra.

Hitler però si sbagliava: l’Inghilterra, infatti, grazie all’ostinazione di Churchill, creò un’alleanza con Stalin che costò la guerra ai tedeschi. E’ comunque complesso e difficile sintetizzare tutti i motivi per i quali una nazione come la Germania è stata trascinata in una guerra folle contro un colosso come l’Urss. Tuttavia, un elemento in più che aiuta a ragionare su quegli anni, riguarda la necessità del governo bolscevico di espandersi verso occidente per esportare la rivoluzione comunista e, più concretamente, per conquistare zone di influenza come la Danimarca, la Finlandia, la Polonia e la Jugoslavia, minacciando di fatto l’esistenza stessa del nazismo.

A Hitler questo aspetto non era sfuggito e, dopo il patto Ribentropp-Molotov che creava un’apparente alleanza fra i due Stati, era diventato palese ai tedeschi quanto i russi in realtà mirassero ad un espansione molto aggressiva in Europa. Da qui, la necessità, peraltro sempre espressa da Hitler, di annientare il comunismo.

Le forze in campo

Erano preparati i due eserciti al conflitto che avrebbe concluso la Seconda Guerra Mondiale?

Sicuramente fra le due forze in campo, i tedeschi erano quelli più preparati e meglio organizzati, benché numericamente inferiori. Tuttavia il loro punto debole era il doppio fronte, l’impossibilità di affrontare la sfida sia sul fronte occidentale che su quello orientale per un tempo troppo lungo. Per questo era necessario, per l’Alto Comando tedesco, organizzare una guerra lampo che sfruttasse a proprio favore l’estate russa per piegare il nemico, sconfiggerlo, derubarlo degli approvvigionamenti e concentrare le truppe sul fronte occidentale, in vista dell’inevitabile attacco degli Stati Uniti.

Operazione Barbarossa: l’attacco

All’interno dello Stato Maggiore tedesco vi erano non poche perplessità sulla scelta di attaccare l’Unione Sovietica e di farlo in tempi così ristretti. Molte opinioni non furono espresse, altre furono soffocate dalla sicurezza che ostentava Hitler, il quale, galvanizzato dalle vittorie ottenute durante i primi mesi di guerra, considerava lo scontro con Stalin del tutto fattibile, se solo si fosse usata la tecnica della guerra lampo. Una strategia questa che avrebbe sorpreso, secondo Hitler, Stalin e il suo Stato Maggiore che non era riuscito ancora ad organizzare l’Armata Rossa, per poter affrontare un fronte così ampio e per poter respingere gli attacchi delle truppe tedesche.

Un volta decisa la data precisa dell’attacco, 22 giugno 1941, anniversario della marcia dell’esercito napoleonico per invadere la Russia dello zar Alessandro I, l’Alto Comando tedesco iniziò a riunire uomini e mezzi verso i confini orientali e a ridosso dei territori sovietici. Siccome era ancora in vigore il patto Ribentropp-Molotov, che prevedeva, fra le altre cose, anche la reciproca non belligeranza fra i due Stati, l’esercito tedesco dovette comunicare ai suoi omologhi sovietici che il movimento delle truppe serviva solo ad ingannare gli inglesi. L’esercito tedesco, che comprendeva circa tre milioni e mezzo di uomini ed era composto da centosettanta divisioni, era stato suddiviso in tre diversi gruppi di armate. Il primo aveva il compito di conquistare i territori situati a nord, compresa la città di Leningrado, il secondo gruppo doveva conquistare i territori della Russia centrale e impadronirsi di Mosca, mentre la terza ondata, avrebbe dovuto attraversare la Russia meridionale.

Operazione Barbarossa - 1941
Il feldmaresciallo Fedor von Bock, comandante dell’Heeresgruppe Mitte (1° a sinistra) a colloquio con il gen. Hermann Hoth, comandante del III gruppo corazzato ed il generale Wolfram von Richthofen (di spalle) • [Fonte: Wikipedia]
L’attacco iniziò la mattina del 22 giugno, quando lo Stato Maggiore ordinò l’avanzata contemporaneamente di tutte le divisioni. I russi schierarono centocinquanta divisioni, composte da un numero maggiore di uomini rispetto all’esercito germanico, circa quattro milioni e mezzo. Mentre i mezzi corazzati e le truppe terrestri si muovevano sul territorio russo, metà dell’aviazione sovietica veniva annientata dalla Luftwaffe. La tattica della guerra lampo e della velocità nell’accerchiamento del nemico, permise subito ai tedeschi di ottenere una serie di vittorie che sembrarono, al mondo, definitive. Infatti, l’Armata Rossa ebbe enormi perdite e non riuscì a contenere l’iniziale sfondamento delle truppe terrestri tedesche. In dicembre, i tedeschi erano già a Mosca. L’idea iniziale dello Stato Maggiore e di Hitler di poter sconfiggere la Russia grazie alla velocità della loro strategia, sembrò essere vincente. In questo modo si sopperiva all’unico ostacolo che aveva impedito a Napoleone dei vincere: la velocità prima che arrivasse l’inverno.

Non fu, però, sufficiente: l’esercito tedesco non riuscì a sconfiggere l’Unione Sovietica. Anche in questo caso il generale inverno ebbe la meglio sugli avversari.

Perché?

Da una parte perché, malgrado le prime intenzioni del Führer, le truppe tedesche partirono in ritardo. Sarebbe stato meglio, infatti, partire a maggio ma il fronte italiano, che in Grecia stava mostrando poche capacità offensive, costrinse Hitler a rivedere il suo piano e a ritardare l’attacco. Inoltre, durante l’avanzata ci furono molti ritardi, dovuti al ripiegamento delle truppe tedesche che dovevano reprimere le sacche di resistenza dell’esercito russo, che non erano state colpite dal primo attacco. Questo ritardo, che rallentò soprattutto l’avanzata verso Mosca, fu una delle cause della sconfitta. L’inverno russo bloccò i tedeschi, com’era accaduto nel 1812 a Napoleone.

Conclusioni

E così la Russia riuscì a sconfiggere sia Hitler che Napoleone. Le conseguenze della sua vittoria furono però assai diverse. Quando nel 1812 lo zar Alessandro I sconfisse Napoleone, la Russia aumentò la sua influenza sull’Europa. La vittoria di Stalin, invece, trasformò l’Unione Sovietica in una super potenza mondiale, la cui influenza si distese su tutta l’Europa orientale, dando avvio a quel meccanismo competitivo che portò in pochi anni alla folle corsa agli armamenti nucleari e alla contrapposizione dei due poli. Fu una conseguenza naturale, dovuta al fatto che senza l’Unione Sovietica non sarebbe stato possibile per gli Alleati vincere la Seconda Guerra Mondiale.

Stati Uniti e Inghilterra, infatti, malgrado le loro capacità belliche e le risorse di cui disponevano, non sarebbero mai riuscite a sconfiggere l’esercito tedesco e i suoi alleati se Stalin non avesse aperto un secondo fronte. L’Operazione Barbarossa, comunque, si concluse con un fallimento, malgrado in seguito, dopo un inverno devastante per le truppe tedesche, venne decisa l’Operazione Blu che aveva lo scopo di raggiungere il Mar Caspio. La controffensiva sovietica costrinse i tedeschi a ripiegare, permettendo ai russi di invadere mezza Europa. Iniziava così un nuovo capitolo che avrebbe avuto come apice la Guerra Fredda.

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Bambino 44 (Child 44), riassunto e recensione del film https://cultura.biografieonline.it/child-44-film/ https://cultura.biografieonline.it/child-44-film/#respond Tue, 28 Apr 2015 11:04:19 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14156 Tratto dal romanzo “Bambino 44” (Child 44) scritto nel 2008 da Tom Rob Smith, nel 2015 è uscito nelle sale cinematografiche “Child 44 – Il bambino numero 44“, un film diretto da Daniel Espinosa e prodotto da Ridley Scott, con protagonisti Tom Hardy, Noomi Rapace e Gary Oldman. La storia narrata ripercorre le vicende di un noto serial killer, Andrei Chikatilo, riadattate ambientandole in anni che precedono i fatti reali.

Child-44
Child-44, poster del film

Trailer del film

YouTube video

Trama del film “Child 44”

Nel 1953 l’Unione Sovietica è ancora immersa nel terrore staliniano. Le purghe, che vengono svolte quasi quotidianamente, non riguardano solo membri dell’apparato ma qualsiasi cittadino che sia ritenuto un traditore o venga accusato di criticare un governo “perfetto” in un contesto sociale ed economico “paradisiaco”.

In Unione Sovietica, infatti, la propaganda martella ricordando quanto il sistema economico e sociale sia giusto e l’uguaglianza regni sovrana. In realtà la popolazione è stremata e la disuguaglianza è assai più marcata che in altri paesi. Gli stessi piani economici tanto sbandierati, hanno creato una disuguaglianza estrema, soprattutto in quelle regioni in cui i contadini vengono privati di tutto per poter sostenere il peso dello stato sovietico.

Da qui comincia il film Child 44. Leo è un bambino orfano, i suoi genitori sono morti di freddo e fame. Siamo negli anni ’20, lui scappa dall’orfanotrofio e viene raccolto da un soldato che lo adotta.

I fatti si spostano poi al 1945: lui è un eroe di guerra. E infine siamo nel 1953 e Leo è un membro di quei servizi segreti che stanno seminando terrore ovunque e che catturano chiunque sia ritenuto un traditore, solo per aver manifestato, magari bevendo un caffè, una critica al regime con la persona sbagliata.

Il regime ha delatori ovunque e la vita non è mai al sicuro per nessuno. Nemmeno per Leo, interpretato da Tom Hardy, che malgrado sia un fedele e motivato ufficiale dei servizi, abbandona la sua incrollabile fede quando gli viene chiesto di indagare e denunciare la moglie che ama tanto e da cui forse non è così corrisposto. La moglie è Naoomi Rapace. Lui non la denuncia e per questo finisce in un paese sperduto, senza privilegi né gradi, dove viene integrato nella milizia come agente semplice.

La moglie, invece, da insegnate viene degradata a bidella. Ma nel frattempo un serial killer sta uccidendo dei bambini e proprio prima di essere mandato via da Mosca, Leo stava iniziando ad indagare su questi omicidi. Sembrerebbe che stia solo facendo il suo lavoro ma in realtà il regime è contrario ad indagini di questo tipo. Perché nella Russia del 1953 non ci possono essere omicidi, assassini e peggio ancora serial killer, visto che la società, immaginata e strutturata dalla perfezione della ideologia comunista, non può avere imperfezioni di questo tipo.

Pertanto Leo verrà, anche nella sua nuova vita, ostacolato in tutti i modi. Solo il suo nuovo capo, il generale Mikhail Nesterov (Gary Oldman), lo appoggerà, mentre il suo ex collega Vasili, un pazzo maniaco che uccide senza pietà chiunque contesti il regime, cercherà di fermarlo.

Andrei Chikatilo
Una foto di Andrei Chikatilo, il killer di Rostov

Recensione e commento al film

Il film è avvincente e trascina lo spettatore nella visione dell’orrore staliniano e del soffocante sistema di controllo che ricorda il libro 1984 di George Orwell, capolavoro visionario che identificò bene cosa stava accadendo in Unione Sovietica in quegli anni.

Per di più la storia è vera, perché fra il 1978 e il 1990 Andrei Chikatilo, più noto come il mostro di Rostov, uccise bambini e donne per un numero che si pensa si aggiri sulla cinquantina, perché anche se lui ha confessato, rimangono ancora alcuni omicidi non risolti, rimanendo impunito fino al 1990.

Proprio questa impunità, dovuta alla riluttanza delle autorità ad indagare su un tipo di serialità che ritenevano non appartenesse all’Unione Sovietica, permise al mostro di Rostov di muoversi uccidendo senza destare sospetti.

La regia di Daniel Espinosa ricostruisce con precisione il contesto storico della Russia sovietica, permette allo spettatore di vivere un avvincente thriller che ha anche il pregio della ricostruzione storica e della denuncia di uno dei casi più clamorosi di indifferenza giudiziaria.

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La Guerra di Corea https://cultura.biografieonline.it/guerra-di-corea/ https://cultura.biografieonline.it/guerra-di-corea/#comments Tue, 25 Jun 2013 14:29:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7548 E’ il 25 giugno del 1950 quando cinque divisioni dell’esercito nord-coreano invadono il confine del Sud della Corea. Ciò grazie all’ausilio dell’allora Unione Sovietica, indiscutibilmente coinvolta a livello di forniture militari e mezzi attrezzati. Gli uomini impiegati sono circa ottantamila. È l’antefatto, ma è anche e soprattutto l’inizio della cosiddetta Guerra di Corea, nota anche come “guerra del 38° parallelo”.

Guerra di Corea
La Guerra di Corea è ricordata anche come “Guerra del 38° parallelo”: scoppiò il 25 giugno 1950

Gli Stati Uniti, fino a quel momento indecisi se intervenire o meno (nonostante le continue tensioni, per giunta strascichi diretti della stessa Seconda Guerra Mondiale), decisero per l’intervento. Avendo avuto piena certezza del coinvolgimento da parte del rivale sovietico. Inoltre, a dire dello stesso Generale Ridgway, un indebolimento di un paese “amico”, come appunto la Corea del Sud, nell’area asiatica, avrebbe spostato l’asse dell’URSS e dei paesi ad esso legati troppo avanti.

Non è una questione di territori – disse appunto in un celebre discorso il Generale Ridgway – né di difendere o meno i nostri alleati: si tratta di sapere se la civiltà occidentale, che Dio ha permesso nascesse nei nostri amati paesi, sarà in grado di sfidare e di sconfiggere il comunismo”.

La Guerra Fredda in pratica, ammantata della consueta retorica di stato, era di fatto cominciata. Con l’unica caratteristica, assolutamente non trascurabile, di doversi combattere in altri paesi del mondo, più o meno direttamente. Inoltre, nei circa tre anni di durata della Guerra di Corea (1950-1953), l’intera popolazione mondiale rimase letteralmente con il fiato sospeso. Il timore diffuso fu lo scoppio di un nuovo conflitto su larga scala. Tutti erano memori dell’ultima fase della Seconda Guerra Mondiale, aggravata dall’uso delle bombe nucleari, già sperimentate a Hiroshima e Nagasaki.

Una guerra annunciata?

L’intera nazione coreana, alla fine del conflitto mondiale, si ritrovò riunificata, anche a causa dell’indebolimento improvviso e destrutturante nel quale si ritrovò il Giappone. Ex protettorato nipponico, la Corea venne dichiarata libera ma, nei fatti, restava soggetta a due zone di influenza, l’una americana (Sud) e l’altra sovietica (Nord). Truppe d’occupazione, come in altri territori del mondo (si pensi alla Germania), permanevano in entrambe le aree di influenza.
Nell’estate del 1947 poi, le Coree divennero due stati separati, esattamente lungo la linea del 38° parallelo, il quale appunto divenne talmente famoso da dare il proprio nome all’intero conflitto.

La partita era aperta e metteva di fronte l’Occidente democratico, totalmente di marca americana, e l’Oriente comunista, ad appannaggio dell’Unione Sovietica. Il 15 agosto dello stesso anno, veniva eletto il presidente della nuova Repubblica di Corea (nel Sud). Si trattava di Syngman Rhee, il quale non mancò di dare la propria influenza attraverso un tipo di politica piuttosto torbido e, soprattutto, orientato verso un nazionalismo sfrenato. Non fu da meno Kim Il Sung, presidente della nascente Repubblica Popolare Democratica di Corea, in data 9 settembre, con capitale Pyongyang.

Tra il 1949 ed il 1950 dunque, le tensioni tra i due paesi giunsero al culmine, anche perché entrambi i rappresentanti proponevano la riunificazione delle due coree come principale proclama politico. Dopo alcuni episodi minori lungo il confine, il confronto divenne presto infuocato, con gli eserciti dell’URSS e degli Stati Uniti pronti a rientrare nel paese che avevano abbandonato solo all’inizio del 1949.

Guerra di Corea
La Guerra di Corea: soldati statunitensi nella città di Seul

Guerra di Corea: il conflitto

L’esercito sud-coreano, mal addestrato e poco equipaggiato, in queste prime battute della guerra di Corea venne rapidamente sconfitto. Seoul, in breve tempo, fu preda dei nord-coreani. Unicamente la zona limitrofa al porto di Pusan, restava in mano all’esercito sud-coreano.
La risposta arrivò per mezzo dell’Onu, fresco di fondazione, dunque regolata e, almeno nelle intenzioni, sulla carta, istituzionalizzata a tutti gli effetti (per quanto orfana del voto russo, in protesta nei confronti della risoluzione). Su mandato dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, gli Stati Uniti, affiancati da altri diciassette paesi, intervennero militarmente nel tentativo di liberare il paese occupato e, alla fine, rovesciare il governo in Nord Corea.

Alla fine della Guerra di Corea, al termine delle ostilità, il numero delle vittime fu stimato intorno ai quasi tre milioni, tra morti, feriti e dispersi, tra i quali non pochi civili.

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L’inizio del “maccartismo”

Quasi tutti americani, i primi soldati del fronte occidentale sbarcarono in Corea, tutti sotto la guida del generale Douglas MacArthur. Di lì a poco, questi diventerà famoso anche tra i civili e gli elettori americani, tanto da dare un nome ad una vera e propria corrente di pensiero politica, per giunta in voga durante tutti gli anni cinquanta negli Stati Uniti d’America: il “maccartismo”. In sintesi: opposizione completa a qualsiasi forma di apertura a “sinistra”.

L’esercito alleato, per così dire, giunto in agosto nel sud della penisola, cominciò le prime grandi manovre nel mese di settembre, muovendo verso Inchön, direttamente dietro le linee dei nord-coreani. Nel giro di poco dunque, gli americani ributtarono fuori gli invasori, tagliando loro i rifornimenti e risalendo velocemente lungo il confine.

Ma la cosa non finì lì. MacArthur, forte del successo ottenuto in patria dopo il suo intervento, decise di spingersi oltre il ripristino della pace nel Sud della penisola. La decisione fu determinante e portò ad un allungamento delle ostilità a dir poco drammatico. Gli americani mossero verso Nord, invadendo l’altra Corea. Superarono così il 38° parallelo. L’invasione, pertanto, fu autorizzata dall’Assemblea generale dell’ONU il 7 ottobre del 1950.

La Guerra di Corea e la Cina

In autunno, le truppe di MacArthur si spinsero, per volontà del generale e contro le disposizioni dello stesso governo statunitense, fino a pochi chilometri dal confine cinese. Quanto bastò per mandare in guerra oltre centomila uomini, guidati dal Timoniere Mao ed equipaggiati a far fronte all’invasione occidentale. In breve tempo, il Nord ribaltò la situazione e si ritrovò da invaso a paese invasore.

Il Presidente Usa, Harry Truman, sollevò dall’incarico MacArthur, che aveva preso in considerazione più volte (e minacciato) il ricorso alla bomba atomica, ed affidò le operazioni, a partire dal 1951, al comandante Matthew Bunker Ridgway. La Cina infatti, forte della propria influenza in tutta l’area asiatica, sembrava intenzionata ad inviare altri uomini a sostegno della Corea del Sud. Non restava altro da fare che avviare le trattative di pace. Intanto, gli eserciti si ritrovarono in fase di stallo, bloccati sull’ormai famigerata linea del 38° parallelo.

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La pace

Due anni dopo l’inizio delle trattative, il 27 luglio del 1953, a Panmunjeom, si giunse ad un accordo. L’accordo fu volto a definire una volta per tutte la situazione nelle due Coree. Come in altri conflitti della storia non solo europea, ma universale, la soluzione ideale fu individuata in quella precedente allo stesso conflitto. Ossia nella separazione dei due stati sancita sul 38° parallelo.

Un anno di guerra vera e propria, due anni di paralisi e quasi tre milioni di vittime, soprattutto civili. Per giungere ad una situazione che non proclamava alcun vincitore. Questo, in realtà, fu l’esito dello scontro.

Il teatro degli avvenimenti di guerra, a dire di molti storici, altro non fu che il preludio al futuro duello armato che, sempre URSS e Stati Uniti, condussero in un altro territorio non molto lontano: il Vietnam. Un massacro che sarà ancora più cruento ed inutile del precedente.

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Da cosa deriva il termine Stacanovista? https://cultura.biografieonline.it/da-cosa-deriva-il-termine-stacanovista/ https://cultura.biografieonline.it/da-cosa-deriva-il-termine-stacanovista/#respond Sun, 25 Mar 2012 12:24:54 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1204 Aleksej Grigoriyevich Stachanov
Aleksej Grigoriyevich Stachanov

Viene detto Stacanovista chiunque abbia una dedizione ed un attaccamento eccessivo al lavoro, con ritmi estenuanti.

Il termine deriva dal movimento Stacanovista nato negli anni ’30 in Russia per aumentare la produttività del lavoro attraverso l’emulazione dei lavoratori. Il movimento prende il nome dal minatore Aleksej Grigoriyevich Stachanov che il 31 agosto 1935 riesce a stabilire il record di quantità di carbone estratta: 102 tonnellate di carbone in 5 ore e 45 minuti, estratti con una tecnica di sua invenzione.

Alcuni sostengono che vi sia riuscito da solo, altri con l’aiuto della sua squadra di lavoro. Per questa impresa, Stachanov riceve l’onorificenza dell’Ordine di Lenin e diventa amministratore di miniere ed insegnante del suo metodo di produzione basato sull’organizzazione e suddivisione del lavoro, con riconoscimenti per gli operai sotto forma di premi.

In onore di Stachanov nell’Unione Sovietica il 31 agosto è diventato il “giorno del minatore di carbone”.

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