uccelli Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 29 Jan 2024 06:30:04 +0000 it-IT hourly 1 I giorni della merla https://cultura.biografieonline.it/merla-giorni/ https://cultura.biografieonline.it/merla-giorni/#comments Mon, 29 Jan 2024 05:03:59 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5863 La leggenda dei Giorni della Merla

I Giorni della Merla sono tradizionalmente riconosciuti come gli ultimi tre giorni del mese di gennaio, 29, 30 e 31. Secondo la leggenda, sono i giorni più freddi dell’anno.

Si racconta che una merla dalle piume di un bianco candido come la neve, era stanca di essere perseguitata dal grande gelo del mese di gennaio. Allora gennaio aveva soltanto 28 giorni. Decise così, astutamente, di fare provviste per l’intero mese, per poi rifugiarsi al riparo nel suo nido.

Un merlo maschio
I giorni della Merla

Il 28 gennaio, la merla uscì ed iniziò a fischiare allegramente burlandosi di gennaio che, offeso, chiese a febbraio tre giorni, il 29, 30 e 31, durante i quali imperversò il freddo più gelido.

La merla fu costretta a trovar rifugio in un comignolo e, una volta uscita, il 1° febbraio, scoprì che il colore delle sue piume era cambiato, diventando nero a causa della fuliggine.

Per questo motivo, narra la tradizione, da allora i merli sono neri.

La credenza popolare

Sempre secondo le tradizioni e le credenze popolari che coinvolgono le previsioni meteorologiche, se i giorni della merla sono freddi, la primavera che si appresta ad arrivare sarà molto bella; se al contrario sono caldi, la primavera tarderà ad arrivare.

Detto popolare relativo ai giorni della merla
Detto popolare relativo ai giorni della merla: “Se sono freddi, la Primavera sarà bella. Se sono caldi, la Primavera arriverà tardi.”

In provincia di Cremona

Nella regione lombarda, in provincia di Cremona c’è una tradizione: si ripropongono i canti popolari della merla proprio nei giorni di fine gennaio per rivivere l’antica atmosfera contadina.

In tanti territori comunali si è soliti riunirsi vicino a un falò oppure sul sagrato di una chiesa, o ancora in riva al fiume.

Tutti insieme si intonano i canti, si degusta vino e si assaggiano cibi tradizionali.

Chi vuole può vestire abiti contadini: le donne usano gonna e scialle, gli uomini invece tabarro e cappello.

I testi delle canzoni popolari possono differire da un paese all’altro, tuttavia i temi che ricorrono sono quelli dell’inverno e dell’amore.

Versioni differenti della leggenda dei giorni della merla

Se conoscete versioni diverse di questa leggenda segnalatecelo nei commenti. Oppure scriveteci.

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L’assiuolo: testo, parafrasi e spiegazione della poesia di Pascoli https://cultura.biografieonline.it/assiuolo-parafrasi-spiegazione/ https://cultura.biografieonline.it/assiuolo-parafrasi-spiegazione/#respond Fri, 02 Dec 2022 12:14:43 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=40663 La poesia L’assiuolo è una delle più celebri di Giovanni Pascoli. Essa è inclusa nella raccolta Myricae. È ispirata ad una specie di uccello notturno: l’assiolo è simile al gufo (in inglese assiolo si dice: scops owl). Questa creatura invita il poeta a riflettere sulla morte e sul mistero della vita.

L'assiuolo
Un assiuolo

Proponiamo qui il testo completo della poesia, una breve analisi con parafrasi e spiegazione. Ma prima parliamo del suo autore.

L’autore: Pascoli e la sua poetica

Pascoli è uno degli esponenti più rappresentativi del Decadentismo italiano, insieme a Gabriele D’Annunzio. Egli nacque a San Mauro di Romagna nel 1855, quarto di dieci figli.

La sua vita fu funestata dai lutti familiari: perse il padre il 10 agosto 1867 in circostanze misteriose (forse un omicidio); poi la madre, la sorella e due fratelli. Questi lutti lasciarono un segno profondo nella sua personalità e nella sua visione della vita.

Grazie a delle borse di studio, riuscì a laurearsi in Lettere; fu allievo di Giosuè Carducci. Pascoli si dedicò all’insegnamento prima nei Licei e poi all’Università di Bologna. Cercò di ricostruire l’unità della sua famiglia andando a vivere con due sorelle; trascorse la maggior parte della vecchiaia nelle campagne di Lucca.

Morì a Bologna nel 1912.

L’attività letteraria di Giovanni Pascoli fu molto prolifica: egli infatti scrisse molte raccolte poetiche. Tra le più importanti si ricordano:

  • Myricae (1891), ispirata a temi familiari e campestri;
  • Primi poemetti (1897);
  • Canti di Castelvecchio (1903);
  • Nuovi poemetti (1909), che riprendono i temi familiari e anche il mistero della morte;
  • Poemi conviviali (1904), che traggono ispirazione dal mondo classico;
  • Odi e inni- Poemi italici;
  • Poemi del Risorgimento che invece sono poesie di ispirazione civile e patriottica;
  • infine i Carmina, poesie in latino.
Giovanni Pascoli
Giovanni Pascoli

Le vicende familiari hanno influenzato profondamente la visione della vita di Pascoli: secondo il poeta, essa è un immenso mistero in cui prevalgono sofferenza e dolore. Il segreto è guardare tutto con meraviglia, proprio come fanno i bambini, e vivere come un fanciullino che vede tutto per la prima volta.

Le piccole cose diventano quindi importanti e assumono un significato simbolico. In questo senso infatti l’autore appartiene al Decadentismo: la poesia diventa ricca di simboli e i versi si accorciano.

L’assiuolo: testo della poesia

Dov’era la luna? chè il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù…

Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù…

Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?…);
e c’era quel pianto di morte…
chiù…

Parafrasi

Dov’era la luna?

Perché il cielo era immerso in un’alba di colore perlaceo e sembrava che il mandorlo e il melo si allungassero per vederla meglio.

Arrivavano fremiti di lampi dalle nubi nere in lontananza: si sentiva una voce dai campi: chiù…

Le poche stelle risplendevano fra la nebbia che sembrava del colore del latte:

sentivo il rumore del mare come se mi cullasse, sentivo un fruscio tra i cespugli, sentivo un sussulto nel cuore come l’eco di un grido che fu.

In lontananza si sentiva un singhiozzo: chiù…

Sulle cime degli alberi lucide alla luce della luna passava un alito di vento, le cavallette suonavano come dei sistri d’argento (forse come dei tintinnii di porte che non si aprono più?) e si sentiva ancora quel pianto di morte… chiù.

Spiegazione e commento

La poesia L’assiuolo è composta da tre strofe di otto versi ciascuna; tutte terminano con il verso onomatopeico: chiù.

Esso allude al verso dell’uccello (assiolo – molto simile al gufo).

Lo schema metrico è il seguente:

ABABCDCD

La lirica è il racconto di una notte nebbiosa nella campagna emiliana. Le stelle sono poche, si sente il verso delle cavallette, si vede l’ombra del mandorlo e del melo baciato dalla luna. Ma tutto è sospeso, perché risuona il verso dell’assiolo come un grido di morte.

L’onomatopea chiù crea un senso di angoscia e attesa: da una voce al termine della prima strofa si trasforma in un pianto di morte nell’ultima (climax ascendente).

Ci sono anche altre onomatopee: fru fru tra le fratte (che è anche un’allitterazione); essa indica il rumore tra i cespugli; c’è poi la parola tintinni.

Il ritmo è quasi quello di una ninna nanna che però termina con un senso di angoscia e di morte.

Il tema dominante de L’assiuolo è quindi quello della morte, che non regala la pace ma porta solo al nulla (porte che non si aprono più).

Tutto è attraversato da un’atmosfera carica di mistero e angoscia.

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Storia di una gabbianella e del gatto… di Luis Sepúlveda. Riassunto https://cultura.biografieonline.it/storia-gabbianella-gatto-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/storia-gabbianella-gatto-riassunto/#respond Thu, 16 Apr 2020 15:23:50 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28363 Una delle opere più apprezzate dello scrittore cileno Luis Sepúlveda è quella dal titolo “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”. E’ una dolcissima “favola” che lascia a tutti – bambini e adulti – alcuni insegnamenti. Insegnamenti che, pur nella loro apparente semplicità, sono molto preziosi e sempre attuali.

Il libro, pubblicato da Sepúlveda nel 1986, affronta grandi temi esistenziali sotto forma di storiella o favola. Per questo è un piacere leggerlo a tutte le età. Dal volume è stato anche ricavato un cartone animato molto amato e seguito dai più piccoli, nel 1998; il titolo è del film è abbreviato a “La gabbianella e il gatto“.

Locandina del film (cartone animato) "La Gabbianella e il Gatto"
Il film “La gabbianella e il gatto” è stato realizzato e prodotto in Italia.

Nella storia dello scrittore cileno, che vede protagonisti due animali – il Gatto e la Gabbianella appunto – si parla di amicizia, integrazione, coraggio. Ma non solo.

Storia di una Gabbianella e del Gatto che le insegnò a volare

Riassunto e storia

La vicenda è ambientata ad Amburgo.

Uno stormo di gabbiani si imbatte in una chiazza di petrolio (la c.d. “peste nera”), fuoriuscita da una imbarcazione in mare.

La povera Kengah, gabbiana che sta per deporre l’uovo, resta invischiata nel petrolio mentre è intenta a pescare. Per fortuna riesce a liberarsi e riprende a volare, ma stremata dal volo finisce sul balcone di una casa.

Qui avviene l’incontro con il gatto di casa, di nome Zorba. La gabbiana, sentendo che sta per morire, decide di deporre qui il suo prezioso uovo, ma prima chiede al gatto di mantenere tre promesse:

  • non mangiare l’uovo;
  • prendersi cura del piccolo gabbiano;
  • insegnargli a volare.

Nonostante le cure e le attenzioni continue del gatto e dei suoi amici Colonnello e Segretario, la gabbiana muore.

Poco dopo nasce la Gabbianella Fortunata. I gatti non solo la aiutano a crescere e diventare forte ma – come Zorba aveva appunto promesso alla sua mamma – le stanno vicino nel momento più importante, quello in cui spicca il volo per la prima volta.

Grazie a Zorba e company, la Gabbianella arriva finalmente a gettarsi dal campanile di San Michele, librandosi in volo con grande coraggio.

Gli insegnamenti e i temi trattati

Questa bellissima storia è prima di tutto la storia di una bella amicizia, disinteressata, priva di pregiudizi, quindi pura. Un’amicizia che riesce ad andare oltre la diversità – la gabbiana e il gatto sono infatti animali appartenenti a specie diverse.

Si parla poi di coraggio, una dote indispensabile per affrontare al meglio le avversità della vita: entrambi i personaggi dimostrano di averne tanto e di non scoraggiarsi dinanzi alle difficoltà.

Sullo sfondo c’è il tema (altrettanto importante ed attuale) dell’inquinamento e della salvaguardia ambientale. La povera gabbiana Kengah muore proprio a causa del petrolio che inquina il mare; purtroppo fatti come questo avvengono quotidianamente, in molte zone del mondo.

L’integrazione tra specie diverse conduce ad un dare e ricevere reciproco che nella storia culmina nel volo finale della Gabbianella Fortunata.

Il gatto impara la preziosa lezione, sempre valida, che l’amore dà la forza di superare qualsiasi diversità o pregiudizio, e che si può voler bene anche a persone diverse da noi.

Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

Per aiutare la Gabbianella a volare, Zorba chiede ad un umano (un poeta per l’esattezza) come aiutare l’uccello a spiccare il suo primo volo. Così facendo, Zorba infrange una regola ferrea che vige nel suo regno felino.

Mentre la Gabbianella si alza in volo, il gatto si libera dai condizionamenti e dai pregiudizi che fino ad allora lo avevano bloccato. Si sente finalmente libero.

Cosa ci insegna la splendida storia di Luis Sepúlveda?

Se ci identifichiamo con la Gabbianella Fortunata, come lei anche noi dovremmo imparare a spiccare il volo per raggiungere i nostri obiettivi e realizzare i sogni che abbiamo nel “cassetto”.

Dal gatto possiamo imparare ad accettare gli altri, pur nella loro diversità, perché tale accettazione porta ricchezza e non divisione.

Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. E’ acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali. Ora volerai, il cielo sarà tutto tuo”.

Una curiosità: nel film del 1998, la voce del personaggio del poeta e dell’autore Luis Sepúlveda.

Il libro

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La Gazza (quadro di Claude Monet) https://cultura.biografieonline.it/la-gazza-monet/ https://cultura.biografieonline.it/la-gazza-monet/#comments Sat, 30 Apr 2016 10:30:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18074 La Gazza” (La Pie) è un quadro di Claude Monet dipinto tra il 1868 e il 1869. Monet torna al tema del paesaggio innevato due anni dopo aver realizzato l’opera “Il calesse. Strada coperta di neve a Honfleur“. In questi anni Monet si trova nella regione dell’Alta Normandia nel comune di Etretat, dove si ritira per dipingere alcuni paesaggi. Lì, spesso, si ritrova con altri colleghi come Pissarro, Renoir e Courbet; soprattutto con quest’ultimo ha molti scambi di opinioni su come deve essere dipinto un paesaggio ma, a differenza del suo amico, Monet non si concentra sugli animali ma sul paesaggio che diventa il protagonista del dipinto.

La Gazza - La Pie - The Magpie - Monet
La Gazza (Claude Monet, 1868 – 1869) • Olio su tela • cm 89 x 130 • Il quadro è esposto e conservato a Parigi presso il Musée d’Orsay

La gazza: analisi e commento al dipinto

In questa opera, “La Gazza“, il paesaggio è il protagonista assoluto, mentre la gazza posta a sinistra è solo una nota in un paesaggio immerso nel bianco della neve. Il dipinto, benché respinto dalla critica dell’epoca, in realtà lo si può considerare una sorta di manifesto del paesaggio impressionista. Monet, uno dei più importanti pittori del movimento, apre un capitolo dell’Impressionismo prima ancora che il movimento raggiunga la sua compiutezza e lo fa con un dipinto apparentemente semplice. Luce, sole, ombre, le sfumature del bianco, tutto dipinto con pennellate lievi che rendono l’opera quasi liquida, come se si vedesse la mobilità della neve, che impercettibilmente si scioglie al Sole.

Un capolavoro, per me, proprio perché il paesaggio grazie alla luce del sole si trasforma, in un attimo infinito, davanti allo spettatore. Per Monet, probabilmente, non conta l’immagine ma la percezione.

La Gazza - quadro di Monet - dettaglio
Un dettaglio del dipinto: la gazza che dà il nome all’opera è un elemento secondario rispetto al vero protagonista che è invece il paesaggio.

Luce e colore sono un modo per suscitare un lirismo poetico che permetta allo spettatore di vivere privatamente l’esperienza che ha coinvolto l’artista. Ma non è solo questo. Osservando con attenzione il quadro, si percepiscono dettagli della natura che servono a Monet per completare la sua ricerca: mostrare la natura nel suo compiersi, nella trasformazione impercettibile che si può solo immaginare, facendosi trasportare dall’incanto dell’immagine.

Il dipinto fu rifiutato al Salon del 1869, come altri dipinti di artisti che appartenevano, anche se era ancora presto, al nascente Impressionismo. Il motivo, probabilmente, riguarda la scelta delle pennellate e del modo in cui è distribuito il colore. Ma proprio questo rifiuto ha marcato con ancora più forza il confine fra la pittura pre e post impressionista.
Il dipinto è un olio su tela e misura 89 x 130 cm.

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Perché (si dice che) il gufo porta sfortuna? https://cultura.biografieonline.it/gufo-porta-sfortuna/ https://cultura.biografieonline.it/gufo-porta-sfortuna/#comments Tue, 07 Jan 2014 13:04:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9137 Perché (si dice che) il gufo porta sfortuna? Il gufo è un uccello che vive principalmente nelle foreste di conifere dell’Europa, Asia e Nordamerica. A causa delle sue abitudini notturne, il verso cupo e gutturale, la natura schiva e lo stare sempre da solo, viene spesso raffigurato come una creatura oscura e maligna, addirittura definito “Uccello del malaugurio“.

Fotografia: un gufo in primo piano (Il gufo porta sfortuna?)
Il gufo porta sfortuna?

Infatti, nel gergo colloquiale, il termine “gufare” significa portare sfortuna. Secondo una leggenda spagnola, il gufo deve la sua nomea al suo bubolare, emesso durante lo spirare di Cristo sulla croce, che viene associato ai lamenti delle anime dei trapassati. Per via del suo canto cupo, il gufo viene indicato spesso come messaggero di presagio di morte, di solitudine, di sfortune e disgrazie.

Spesso il gufo è associato alla sfera delle tenebre e della stregoneria ma in realtà non è affatto così. Se per noi viene considerato un simbolo della malasorte, dall’altro canto, nel medioevo, il gufo era considerato il simbolo della saggezza e della sapienza.

Gufo
Un gufo dagli occhi color giallo intenso

Secondo una leggenda nord-europea, il gufo viene considerato l’uccello portafortuna delle principesse discendenti dalla misteriosa dinastia “Clementinum”, insediatasi in Scandinavia intorno al 340 d.C. ma proveniente dal Mediterraneo.

Come ben sappiamo, nel mondo dell’animazione cinematografica e delle fiabe, il gufo è sempre rappresentato come un animale saggio ed erudito, che diffonde la sua cultura a tutta la comunità animale mantenendo sempre, però, un carattere pignolo e spigoloso. Nella filmografia Disney ricordiamo: il gufo Anacleto del Mago Merlino nella fiaba “la spada nella Roccia”, Amico Gufo nelle avventure di Bambi. Nella mitica saga di Harry Potter, i gufi sono considerati una figura positiva che assolve l’importante compito di consegnare la posta dei maghi. I gufi, insieme ad altri rapaci notturni, sono i principali protagonisti del film “Il regno di Ga’ Hoole – La Leggenda dei guardiani”.

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Perché gli uccelli nascondono la testa sotto l’ala? https://cultura.biografieonline.it/uccelli-nascondono-testa-sotto-ala/ https://cultura.biografieonline.it/uccelli-nascondono-testa-sotto-ala/#respond Sun, 05 Jan 2014 15:48:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8983 Secondo studi effettuati da ornitologi, molte specie di uccelli hanno l’abitudine di nascondere la testa sotto l’ala quando dormono oppure si accovacciano in modo da nascondere le zampe con le loro piume; questo per ridurre la dispersione di calore delle parti estreme del loro corpo, risparmiando così energia.

Uccelli con la testa sotto l'ala
Uccelli con la testa sotto l’ala: un fenicottero rosso e un cigno

Tale atteggiamento fa si che il loro corpo mantenga una temperatura calda poiché è come se si infilassero sotto un caldo piumino. Tale comportamento lo si può rilevare soprattutto negli uccelli cosiddetti lacustri, come il fenicottero che infila la testa, ruotandola all’indietro, sotto le piume dell’ala per ridurre di conseguenza la dispersione di calore corporeo. Per la medesima ragione, i fenicotteri stanno in piedi con una sola zampa anche per delle ore, ritirando l’altra, dato che le parti estreme del corpo sono meno protette contro il freddo dal loro piumaggio. L’atteggiamento di accovacciarsi, inoltre, garantisce in assoluto un’ulteriore protezione da attacchi da parte di predatori e altri animali mal intenzionati.

In effetti per molte specie di uccelli la sopravvivenza dai rapaci ed il ripararsi dalle intemperie sono i componenti fondamentali della loro esistenza. E così alcune specie di passeriformi di bosco dormono dove le foglie sono più folte, per tentare di sfuggire ai possibili agguati da parte di rapaci notturni, mentre i galliformi per sfuggire ai predatori terrestri, trascorrono la nottata sugli alberi. E’ stato inoltre evidenziato come molti uccelli usino qualche ora del giorno per riposarsi, per poter essere più svegli durante la notte. Ore comunque che non vengono adibite alla ricerca del cibo.

Anche le rondini in migrazione, in caso di forti abbassamenti della temperatura, adottano un comportamento particolare dormendo in gruppo. Altre specie di uccelli, per difendersi dal freddo della notte, invece, risparmiano l’energia del calore cadendo in una sorta di piccolo letargo.

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Il passero solitario https://cultura.biografieonline.it/poesia-passero-solitario-leopardi/ https://cultura.biografieonline.it/poesia-passero-solitario-leopardi/#comments Wed, 06 Nov 2013 16:07:10 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8348 Il passero solitario” è uno dei grandi idilli del poeta italiano Giacomo Leopardi. Scritto nel 1831, nell’edizione napoletana Leopardi collocò questa poesia prima dei piccoli idilli, composti tra il 1819 e il 1821. “Il passero solitario” è il canto della solitudine del giovane poeta, che si sente escluso dalla società. Per compiere una breve analisi possiamo dividere il canto in due parti: la prima parte è descrittiva e narrativa, mentre la seconda parte è riflessiva.

Foto di un passero
Il passero solitario è una delle più belle e note poesie di Giacomo Leopardi

Nella prima parte (vv.1-44) Leopardi fa un paragone tra il passero e lui stesso. L’uomo, come il passero, vive in solitudine: il passero vive solitario ed appartato dagli altri uccelli, lo stesso fa il poeta, che si isola dagli altri uomini, vivendo solitario e appartato. Così nel giorno della festa, mentre gli altri giovani del borgo partecipano, il poeta si sente estraneo.

Nella seconda parte (vv.45-fine) il poeta compie un’analisi della differenza tra lui e il passero. Quando il passero finirà la sua vita, non potrà rimpiangere di essere vissuto da solo, perché il suo modo di vivere è frutto dell’istinto naturale. Al contrario, il poeta quando arriverà alla vecchiaia, rimpiangerà di aver sciupato la sua giovinezza in solitudine: si pentirà pertanto della sua scelta triste.

YouTube Video

Testo completo de “Il passero solitario”

D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.

Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de’ provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch’omai cede la sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s’allegra
. Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell’aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.

Tu solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni nostra vaghezza
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all’altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest’anni miei? Che di me stesso?
Ahi pentiromi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.

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Gatto e uccello di Paul Klee https://cultura.biografieonline.it/paul-klee-gatto-e-uccello/ https://cultura.biografieonline.it/paul-klee-gatto-e-uccello/#comments Thu, 17 Jan 2013 21:59:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5820 Gatto e uccello è un’opera di Paul Klee, realizzata nel 1928 con la tecnica olio e inchiostro su garza. Misura 38,8 x 53,4 cm ed è esposta al Museum of Modern Art di New York. Uno degli aspetti essenziali dell’arte di Paul Klee è la ricerca del colore nelle sue variazioni cromatiche. In quest’opera l’artista riesce a creare un sapiente equilibrio fra simmetria del segno,  variazioni cromatiche e slancio creativo. In particolare l’uso dei colori pastello, i quali assumono sia sfumature intense che patine tenui, dimostrano quanto profonda fosse la sua conoscenza del colore.

Gatto e uccello Paul Klee
Gatto e uccello Paul Klee

Il quadro Gatto e uccello è figlio di studi sulla luce e sul colore che l’artista aveva svolto l’anno prima in Egitto e nel sud del Mediterraneo.

Dal punto di vista contenutistico, invece, la tensione fra idea astratta, suggestione fantasiosa e ispirazione dettata dalla natura e tra applicazione della teoria del colore e realismo oggettuale, generano un’opera rappresentativa dello stile e della ricerca artistica di Paul Klee, soprattutto per quanto riguarda le opere di questo periodo.

Breve biografia dell’autore

Ernst Paul Klee (18 dicembre 1879 – 29 giugno 1940), è un pittore tedesco nato in Svizzera da padre tedesco e madre svizzera, entrambe artisti nel campo della musica. Figura eminente dell’arte del XX secolo, Paul Klee, dopo essersi occupato nel periodo della sua formazione di musica, poesia e pittura, sceglie quest’ultima come propria strada artistica. Le sue opere sono caratterizzate da una realtà che appare rarefatta, essenziale, a volte ridotta a semplici linee o misture di colori.

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Perché gli stormi di uccelli volano a V? https://cultura.biografieonline.it/perche-gli-stormi-di-uccelli-volano-a-v/ https://cultura.biografieonline.it/perche-gli-stormi-di-uccelli-volano-a-v/#comments Tue, 28 Feb 2012 02:08:20 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=732 La modalità di volo a V è scelta per ragioni di aerodinamica, sia per spostamenti brevi che migratori.

Stormo formazione a V: perché gli uccelli volano a V
Stormo in formazione a V

Permette di sfruttare scie, spinte e vortici d’aria creati proprio da questa particolare formazione, che prevede un “apripista” al vertice e tutti gli altri posizionati a seguire, in una traiettoria parallela a quello che lo precede ma spostata leggermente verso l’esterno.

L’uccello in testa alla formazione affronta interamente la resistenza dell’aria e non gode dei vantaggi creati dall’effetto aerodinamico: è per questo motivo che il ruolo di “apripista” non è fisso, ma viene sostituito periodicamente. La scia creata dagli uccelli che precedono viene sfruttata da quelli che seguono, riducendo l’attrito e quindi facilitando il volo.

I battiti del cuore delle specie che volano in questo modo sono inferiori rispetto a quelli che volano soli. Volare in formazione a V significa quindi un risparmio energia, fattore fondamentale per voli migratori di lunga durata.

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