Tv Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 02 May 2020 22:42:44 +0000 it-IT hourly 1 I quotidiani dopo l’avvento della televisione https://cultura.biografieonline.it/quotidiani-e-televisione/ https://cultura.biografieonline.it/quotidiani-e-televisione/#comments Tue, 30 Aug 2016 10:47:17 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19063 Con l’avvento della radio, la stampa aveva già perduto il monopolio dell’informazione. Poi, con la televisione, si trova di fronte a un mezzo capace di attirare milioni di persone. È urgente ed indispensabile battere altre strade, valorizzare le altre funzioni dei quotidiani: quelle della spiegazione e dell’interpretazione.

Domenica del Corriere - 1962
Domenica del Corriere: un numero del 1962

I più colpiti sono i quotidiani della sera. Per i periodici di attualità, la prima conseguenza del trionfo della televisione è la drastica riduzione del ruolo svolto finora dalle fotografie.

Regno Unito, Stati Uniti e Giappone

A Londra, tra il 1960 e il 1961, tre noti quotidiani sono costretti a chiudere e il “Times” entra in crisi. Nelle grandi città americane si riduce il numero dei quotidiani. Nel 1966, chiude il “New York Herald Tribune”.

Il Giappone costituisce un’eccezione in quanto, nel Dopoguerra, la stampa quotidiana ha compiuto notevoli progressi rispetto a tutti gli altri paesi. I grandi quotidiani giapponesi hanno adottato per primi, insieme con quelli sovietici, la teletrasmissione in facsimile, che consente una distribuzione tempestiva anche in zone lontane. Inoltre, i giapponesi hanno già iniziato a usare i computer.

La situazione in Italia all’inizio degli anni ’60

In Italia, nel 1960, escono 96 quotidiani che, nel giro di cinque anni, si riducono ad 86. I quotidiani più forti e ricchi entrano in una fase di relativa espansione per due fattori concomitanti: l’aumento della foliazione e dei servizi da un lato, le tensioni e le aspettative suscitate dall’evoluzione della situazione politica sul piano internazionale e interno.

Nel 1960, è al governo il democristiano Fernando Tambroni e pesanti sono i suoi interventi sui pochi giornali che non lo sostengono. La via è aperta al centrosinistra. L’intesa tra Dc e socialisti crea forti contrasti di interessi ma anche aspettative di rinnovamento. Il contrasto più forte è quello che riguarda la nazionalizzazione delle imprese elettriche.

Gli schieramenti politici

Nel giornalismo si formano due schieramenti. Tutti i fogli moderati e conservatori, il “Corriere della Sera” in testa, contro i fogli favorevoli alla nazionalizzazione, “Il Giorno, “L’Espresso” e “Il Mondo” e gli organi dei partiti di sinistra.

Dal 1° gennaio 1960, “Il Giorno” è diretto da Italo Pietra, sostenitore accanito del centrosinistra. “Il Giorno” cerca il miglioramento della qualità. Collaborano al giornale Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino. Viene sviluppato il settore culturale. Ai tre inserti settimanali, se ne aggiungono altri due dedicati alla televisione e al mondo dei motori. Si accentua quel processo di “settimanalizzazione” dei quotidiani, che si svilupperà negli anni Settanta e Ottanta.

Il Giorno - primo numero
Il Giorno: il primo numero

Non è più possibile sottovalutare la presenza de “Il Giorno”. I Crespi decidono di dare al “Corriere” un nuovo direttore, Alfio Russo. Russo provvede allo svecchiamento del “Corriere”, rinnova la cronaca cittadina, lo sport e gli spettacoli e apre una rubrica della posta dei lettori. Lo svecchiamento giova al “Corriere” e si allontana il pericolo suscitato dalla crescita de “La Stampa” e de “Il Giorno”.

“La Stampa”, diretta da De Benedetti, ha perfezionato la sua formula. Metà giornale, la parte politica e culturale, è di qualità; l’altra metà è caratterizzata dalla cronaca varia e nera. A Torino, invece, la “Gazzetta del Popolo”, ora gestita direttamente dalla Dc, è in costante declino. Un notevole risveglio tocca anche alla stampa cattolica con “L’Avvenire d’Italia”, che raddoppia vendite e abbonamenti.

Nel contesto della sinistra

In campo comunista ci sono due novità: la trasformazione in settimanale del mensile “Rinascita” e un nuovo rilancio de “L’Unità”. Accanto alle fusioni di testate quotidiane appartenenti allo stesso proprietario, si verificano le prime concentrazioni. La prima riguarda l’imprenditore petrolifero e zuccheriere Attilio Monti che acquista, nel 1966, “Il Resto del Carlino”, “La Nazione”, lo sportivo “Stadio”, “Il Giornale d’Italia” e “Il Telegrafo”.

Attilio Monti
Attilio Monti

La seconda concentrazione è opera dell’imprenditore chimico Nino Rovelli, che compra i quotidiani “La Nuova Sardegna di Sassari”, “L’Unione Sarda di Cagliari”; in pratica, tutta l’informazione stampata in Sardegna è nelle sue mani.

Nino Rovelli
Nino Rovelli

Sul caso Monti si svolge un dibattito in Senato, ma il governo afferma che non esistono in Italia presupposti per introdurre una normativa antitrust.

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La nascita della televisione italiana https://cultura.biografieonline.it/nascita-tv/ https://cultura.biografieonline.it/nascita-tv/#comments Mon, 22 Aug 2016 14:47:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19049 Il 3 gennaio 1954 anche l’Italia entra nell’era televisiva. E’ in questa data che si è soliti far risalire la nascita della televisione italiana. La tv parte lentamente tra molte difficoltà di carattere economico e non poche incomprensioni del mondo politico e di quello della cultura. Ma poi, quasi di colpo, la Tv comincia a mostrare le sue straordinarie potenzialità.

La Stampa, 3 gennaio 1954
3 gennaio 1954 – La Stampa

La nascita della televisione italiana e le prime norme televisive

La domenica del 3 gennaio, Pio XII invoca pubblicamente l’emanazione di opportune norme dirette a far servire la televisione alla sana ricreazione dei cittadini e alla loro educazione ed elevazione morale. Per un biennio il controllo della Dc sulla Rai è marcato da una forte influenza dell’azione cattolica.

Monoscopio RAI (1954)
Monoscopio RAI (1954)

Il consiglio di amministrazione aveva già provveduto alla “tutela morale” dei cittadini emanando, nel 1953, un codice di autodisciplina da seguire sia nelle trasmissioni di varietà sia in quelle informative. Non si può pronunciare la parola divorzio e l’adulterio va messo in cattiva luce. Non si può parlare di prostituzione.

Il primo telegiornale e le prime trasmissioni

Il telegiornale va in onda alle 20.30, il primo direttore è Vittorio Veltroni. Nel giro di un quinquennio, gli succedono Massimo Rendina e Leone Piccioni, che militano nella Dc. Al termine del 1954, gli abbonati alla Tv sono 88.118. Il televisore ha ancora un prezzo elevato.

Ben presto però, con il successo del quiz “Lascia o raddoppia?”, lanciato nel 1955, si arriva alla Tv attraverso i locali pubblici e i ritrovi allo spettacolo di massa. La punta record raggiunta da Mike Bongiorno è di 10 milioni di telespettatori.

Mike Bongiorno, protagonista della nascita della televisione italiana
Mike Bongiorno fu protagonista della nascita della televisione italiana

In un biennio, si realizza anche l’informazione di massa perché il telegiornale, nonostante i condizionamenti, è una delle trasmissioni più seguite. È un telegiornale che trasmette cerimonie di ogni genere, che è parziale e fazioso in politica, privo o quasi di notizie di cronaca e su vicende giudiziarie.

Nel 1960, nasce “Tribuna elettorale” seguita un anno dopo da “tribuna politica”; con queste conferenze stampa compaiono per la prima volta sui teleschermi i leader delle opposizioni.

Il telegiornale di Enzo Biagi e il Carosello

Nel 1961, entra in funzione la seconda rete televisiva, ma il Tg resta prerogativa della prima rete. Il Tg diventa per un breve periodo più vivace, quando il nuovo direttore della Rai, Ettore Bernabei, chiama a dirigerlo Enzo Biagi.

Enzo Biagi
Enzo Biagi

Biagi toglie al Tg una porzione di noiose cerimonie ufficiali e di omaggi ai ministri in carica, ma non riesce a rinnovarlo come vorrebbe e, dopo meno di un anno, preferisce tornare alla carta stampata. Nel 1957, viene inserita la pubblicità del Carosello, nel 1962 nasce il primo “Rotocalco televisivo”, seguito l’anno dopo da TV7.

Calimero - pubblicità
Carosello: Calimero e la pubblicità

Il primo collegamento via satellite e lo sbarco sulla Luna

Nella prima fase dell’era televisiva i condizionamenti e i limiti quantitativi lasciano ai quotidiani un largo spazio informativo e di intervento. Sui settimanali di attualità la concorrenza del nuovo mezzo si fa sentire ancora poco.

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Il 12 luglio 1962 avviene il primo collegamento via satellite fra gli Stai Uniti e l’Italia. Eventi eccezionali possono essere visti da milioni e milioni di telespettatori nel momento in cui avvengono. Il momento più grandioso e sbalorditivo è la diretta sulla discesa dell’uomo sulla Luna, che gli italiani vedono nelle prime ore del 21 luglio 1969.

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Calimero (breve storia) https://cultura.biografieonline.it/calimero/ https://cultura.biografieonline.it/calimero/#comments Tue, 09 Jun 2015 11:13:22 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14421 Calimero, il pulcino piccolo e nero, è uno dei personaggi dei cartoni più amato, talmente famoso da essere diventato un cult! È entrato nelle case degli italiani grazie alla pubblicità di un detersivo, della quale era protagonista. Era un Carosello del lontano 14 luglio 1963: Calimero era un pulcino che veniva disconosciuto dalla mamma perché nero. Così, lavato e profumato grazie al detersivo della società Mira Lanza, tornava ad essere pulito e di colore giallo e veniva accolto di nuovo accolto dalla sua famiglia.

Calimero
Calimero, il celebre pulcino nero

Storia di Calimero

La prima pubblicità che vede Calimero protagonista andò in onda una sera su Carosello, una striscia quotidiana che veniva trasmessa dopo il telegiornale tutti i giorni dalle 20: 50 alle 21:00. Il programma consisteva in una serie di sketch televisivi in cui si poteva si pubblicizzare il prodotto ma si era obbligati anche ad inventare una piccola storiella ad esso legata, per garantire comunque uno spettacolo ai telespettatori. Il programma era seguitissimo e venne trasmesso per quasi vent’anni, dal 1957 al 1977 per un totale di 7261 episodi.

Calimero - pubblicità
Carosello: Calimero e la pubblicità

Come registi e attori, parteciparono volti notissimi: Pier Paolo Pasolini, Pupi Avati, Federico Fellini, Totò, Vittorio Gassman, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Renzo Arbore e persino Frank Sinatra.

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Carosello divenne così il trampolino di lancio per il personaggio di Calimero, che piano piano si distaccò da questo contenitore preserale e venne presentato come cartone autonomo. I primi autori del personaggio furono: Nino, Toni Pagot e Ignazio Colnaghi.

Oltre alle storie di Carosello, vennero realizzati anche 290 episodi a colori doppiati in moltissime lingue. Persino in Giappone Calimero è conosciuto e popolare come in Italia: la Rai, in coproduzione con alcune TV giapponesi, realizzò in due tempi (1974-75 e poi 1994-95) quasi 100 episodi dedicati al pulcino nero.

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Il personaggio è stato poi legato anche a numerose campagne di merchandising, diventando il volto di pubblicità, non solo di detersivo, ma anche di accessori per la scuola e gadget.

Calimero - Carta - Punti
Calimero: nei detersivi si trovavano carte a punti

Dal 2014 Calimero va di nuovo in onda su Rai Due su Cartoon Flakes. Sono stati infatti realizzati dal 2013 altri 104 episodi di 11 minuti ciascuno, cosicché anche i bambini delle nuove generazioni possano entrare in contatto con la sua storia.

Le sigle del cartone sono molto note: quella degli anni Settanta vanta, tra gli altri collaboratori, autori come Luciano Beretta e Carmelo La Bionda. Famosa anche la Calimero Dance, cantata da Cristina D’Avena e composta da Franco Fasano, forse la più conosciuta tra le generazioni.

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Il personaggio di Calimero e la trama 

Il nome Calimero deriverebbe dalla chiesa in cui si sposò Nino Pagot, quella milanese di San Calimero, e l’ambientazione in campagna dalle origini venete sempre dello stesso autore.

Calimero è il quinto figlio della gallina Cesira, una gallina veneta, e di Gallettoni, un gallo nero un po’ burbero che vive da sempre nel guscio dell’uovo da cui è nato. Nella fattoria il pulcino deve affrontare una serie di avventure, a causa del suo stato di “brutto anatroccolo”, dove non sempre il bene trionfa. Nelle puntate in onda con Carosello, viene salvato dall’olandesina della pubblicità di detersivi che lo lava, dimostrando che lui non è nero ma è solo sporco!

La fattoria in cui vive è popolata da tanti personaggi, tra questi ricordiamo: il papero Piero, molto furbo; il professore Gufo Saggio; la fidanzata Priscilla e l’amico Valeriano che invece incarnano le figure positive. Calimero viene quasi sempre salvato dalle brutte avventure da una figura buona, specie nel periodo natalizio.

Le storie indipendenti da Carosello hanno più ampia autonomia. La differenza rispetto alle prime è che il pulcino non viene abbandonato dai genitori ma vive insieme a loro e a tutta la famiglia nella fattoria.  Qui il piccolo non ritorna bianco ma resta sempre di questa speciale colorazione che lo contraddistingue. Le avventure del pulcino proseguono con gli stessi personaggi, di poco modificati.

Nell’immaginario comune Calimero incarna il piccolo brutto anatroccolo, che viene addirittura allontanato dalla famiglia per la sua caratteristica fisica. È stato anche aspramente criticato da molti a causa dell’utilizzo di toni quasi razzisti e per la presa in giro del regionalismo veneto ma tutto ciò non ne ha impedito il successo.

Il personaggio è diventato un cult nell’immaginario dei bambini di tutto il mondo perché rappresenta le disavventure che ogni persona vive, discriminata a causa di qualsivoglia motivo. Forse questo è il segreto di tanto successo: capita a tutti almeno una volta nella vita di sentirsi come Calimero, e soprattutto di desiderare una storia a lieto fine.

Calimero vive però anche tante belle avventure e si confronta con aspetti della vita fondamentali, una caratteristica importante che lo distingue da molti cartoni di oggi. In particolare colpisce la differenza con quelli contemporanei per l’insegnamento trasmesso, una morale leggera e velata ma comunque sempre presente.

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Differenza tra analogico e digitale https://cultura.biografieonline.it/analogico-digitale-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/analogico-digitale-differenze/#comments Sat, 15 Mar 2014 15:04:58 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10113 Nel  cosiddetto segnale digitale, il messaggio è convertito in simboli. Il termine deriva dall’inglese digital, ovvero cifra, derivato dal latino ‘digitus’, ovvero dito. Attualmente la codifica digitale in uso è quella relativa al sistema binario di 1 e 0. Di conseguenza, convertire un fenomeno naturale in digitale vuol dire convertirlo in una sequenza di bit. Tale tipo di segnale solitamente non subisce molti disturbi e viene ricevuto quasi identico rispetto a quello emesso. L’apparato che riceve il segnale deve quindi decodificare il segnale digitale e trasformarlo in un linguaggio comprensibile.

Analogico e digitale differenze
Qual è la differenza tra segnale analogico e segnale digitale?

Nel sistema analogico, invece, il messaggio non è convertito in simboli e il segnale è prodotto per analogia. Il segnale analogico è una grandezza che varia con continuità. Difatti, una variabile analogica considera un numero infinito di valori. In questo caso l’apparecchio ricevente modifica per analogia i segnali elettrici di nuovo in segnali audio e video.

La nascita del segnale digitale terrestre ha portato una ventata di novità nel sistema di comunicazione radio – televisivo. Spesso si è parlato della differenza tra segnale digitale ed analogico. I vantaggi del primo sono molteplici: dalla funzione del doppio audio, a quella di moltiplicazione dei canali, ad una più accurata informazione sui programmi del palinsesto televisivo, alle funzioni relative alle e-mail ed ai videogames.

Di contro, basta un piccolo disturbo di ricezione, per far sì che il segnale digitale si blocchi, al contrario di quello analogico più stabile; ma al contempo il sistema digitale non conosce i disturbi denominati effetto neve o rumore video.

Anche la telefonia mobile e la produzione musicale hanno subito dei cambiamenti di qualità e formato, con l’avvento dei sistemi digitali: in tal senso, passando dal sistema analogico a quello più innovativo.

Per la telefonia si è passati dal Etacs al Gsm per finire con il 4G e 5G. Nel campo musicale, dal vecchio vinile (disco a 33 o 45 giri) al cd, per finire agli mp3 e mp4. Insomma quella digital è stata una vera e propria rivoluzione che è entrata a far parte della nostra vita quotidiana.

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Gemelle Kessler, la biografia e la storia di Alice ed Ellen https://cultura.biografieonline.it/le-gemelle-kessler/ https://cultura.biografieonline.it/le-gemelle-kessler/#comments Tue, 11 Feb 2014 23:28:05 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9769 Alice ed Ellen Kessler nascono il 20 agosto 1936 a Nerchau, in Germania, figlie di Paul ed Elsa. Ballerine fin dall’infanzia (iniziano ad andare a scuola di danza quando hanno sei anni), in età adolescenziale intraprendono il programma per ragazzi del Teatro d’Opera di Lipsia: una volta diventate maggiorenni, però, scelgono di scappare dalla Germania Est.

Gemelle Kessler
Una foto delle gemelle Kessler

Iniziano la carriera di ballerine a Dusseldorf, al Palladium; poi, tra il 1955 e il 1960 hanno la possibilità di esibirsi al Lido di Parigi insieme con il corpo di ballo delle Bluebell Girls di Margaret Kelly, senza disdegnare alcune apparizioni al cinema: recitano in “Solang’es huebsche Maedchen gibt”, di Arthur Maria Rabenalt, “La garçonne”, di Jacqueline Audry, e “Tabarin”, di Richard Pottier (al fianco di Michel Piccoli).

Dopo avere rappresentato la Germania Ovest all’Eurofestival del 1959 con “Heute Abend wollen wir tanzen geh’n”, classificandosi all’ottavo posto, all’inizio degli anni Sessanta si trasferiscono in Italia: nel Belpaese lavorano in diversi ambiti del mondo dello spettacolo, dal teatro al cinema, anche se il loro esordio avviene in televisione. È il 1961, infatti, quando Antonello Falqui, storico regista del piccolo schermo, le lancia nel programma “Giardino d’inverno”, che può contare su un cast d’eccezione (l’orchestra diretta dal maestro Gorni Kramer, il Quartetto Cetra, Henri Salvador).

Le sorelle Kessler con Don Lurio
Le sorelle Alice e Ellen Kessler con Don Lurio, ballerino e coreografo

Alice ed Ellen Kessler si esibiscono sulle coreografie preparate da Don Lurio, e lanciano le canzoni “Concertino” (cover del brano omonimo del Quartetto Cetra del 1959) e “Pollo e champagne”. Grazie al riscontro di pubblico e al successo conquistato, le Kessler vengono confermate dalla Rai, che nove mesi dopo lancia “Studio Uno”: è questo lo show la cui sigla di apertura è la celeberrima “Da-da-un-pa” (o Dadaumpa).

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Il successo prosegue anche al cinema: dopo “Le bellissime gambe di Sabrina”, di Camillo Matrocinque, è la volta de “La francese e l’amore”, di Christian-Jaque, René Clair e Michel Boisrond, di “Rocco e le sorelle”, di Giorgio Simonelli (con Memmo Carotenuto, Moira Orfei, Tiberio Murgia e Alberto Lupo) e di “Gli invasori”, di Mario Bava.

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Dopo essere apparse nel 1963 nel film “Sodom and Gomorrah”, di Robert Aldrich, ed essere finite sulla copertina del magazine “Life”, nel 1964 le gemelle Kessler entrano nel cast di “Biblioteca di Studio Uno”, sempre per la regia di Antonello Falqui (nella puntata sull’Odissea interpretano le sirene), mentre l’anno successivo cantano “La notte è piccola”, sigla di “Studio Uno”, e appaiono sul grande schermo nel film di Dino Risi “I complessi”.

Nel frattempo, tra il 1962 e il 1965 sono stati pubblicati i 45 giri “Champagne Twist / Leopardo blues”, “Ciao a tutti / E la storia continuò”, “Si vede / Il pesciolino d’oro”, “La notte è piccola / Lasciati baciare col letkiss”, “L’estate è corta / E’ fiorito il limone”, “Il giro / Sei baciabile”. Nella seconda metà degli anni Sessanta le gemelle tedesche appaiono a “La prova del 9” e in “Canzonissima”; sono protagoniste, inoltre, di un carosello per una celebre marca di calze da donna, benché lo scandalo provocato dalle loro gambe faccia sì che la Rai imponga l’utilizzo di calze di nylon scure.

Alice ed Ellen Kessler
Fotografie delle giovani sorelle Kessler

A livello musicale, incidono i 45 giri “Su e giù / Se non sono giovani”, “Un amore come dico io / Tranquillamente senza di te”, “Viola, violino e viola d’amore / Poco… poco”, “Aufwiedesehen / Creep”, “Star! / Willie-O” e “Quelli belli come noi / La sveglia del cuore”. Tra il 1971 e il 1972 vengono dirette da Luciano Emmer in film tv come “Il piccolo lord”, “La gardenia misteriosa”, “Il bivio” e “Il furto del Raffaello”.

Attrici in televisione, quindi, ma anche a teatro in commedie musicali di Garinei e Giovannini, nel 1974 Ellen e Alice lavorano a “Milleluci”, con Mina e Raffaella Carrà, prima di posare, alla soglia dei quarant’anni, per l’edizione italiana di “Playboy”. Dopo aver preso parte a “Palcoscenico”, nel 1980, e a “Al Paradise”, nel 1983, nella seconda metà degli anni Ottanta le gemelle Kessler tornano in Germania, stabilendosi a Monaco di Baviera, pur non disdegnando di tornare periodicamente in Italia per qualche apparizione tv: accade, per esempio, nel 1989 con “Una rotonda sul mare”.

Alice Kessler Ellen Kessler

Nel 2004 le sorelle Kessler prendono parte a “Super Ciro”, programma comico di Italia 1 al fianco di Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, che ha come sigla “Quelli belli come noi”. Tra il 2010 e il 2011, invece, le Kessler appaiono su Canale 5 nello show musicale “Io canto” e su Raiuno nel game “I soliti ignoti” (in cui Ellen è un’identità nascosta).

Nell’ottobre del 2011 sono protagoniste di “Dr Jekyll e Mr Hyde”, musical tratto dal romanzo di Robert Louis Stevenson diretto da Giancarlo Sepe; in Germania, invece, recitano in un episodio della serie “Tatort”, in onda su ARD, accanto a Ulrich Tukur.

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Intervista a Tony di Corcia, autore del libro sulla vita di Gianni Versace https://cultura.biografieonline.it/versace-tony-di-corcia-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/versace-tony-di-corcia-intervista/#comments Thu, 01 Aug 2013 17:22:36 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7740 Tony di Corcia è nato a Foggia nel 1975, ed è giornalista professionista. Laureato in Giurisprudenza. Ha scritto di moda per le redazioni pugliesi del Corriere della Sera e di Repubblica. Dirige la testata web Viveur.it. Nel 2010 ha esordito a livello editoriale con il libro “Gianni Versace: lo stilista dal cuore elegante”, una raccolta di interviste incentrate sul grande stilista di Reggio Calabria.

Tony Di Corcia, giornalista e scrittore
Tony Di Corcia, autore di due libri sulla vita di Gianni Versace

Nel 2012 però, grazie alla casa editrice Lindau, Tony Di Corcia è tornato sul “luogo del delitto”, con una biografia molto importante sempre incentrata sulla vita dello stilista morto in circostanze misteriose nel 1997, dal titolo: “Gianni Versace. La biografia“. Ad impreziosire il libro, la prefazione dell’eterno rivale di Versace, Giorgio Armani.

versace biografia tony di corcia.jpg
Gianni Versace – La biografia. Prefazione di Giorgio Armani

Il 31 luglio 2013, la Ares Film, società di produzione cinematografica e televisiva di cui Mediaset è socia, specializzata nella realizzazione di miniserie per la tv (l’ultima delle quali “Pupetta”, con Manuela Arcuri), ha annunciato di aver acquisito i diritti del libro, con il fine di farne un film o una fiction.

Il primo ciak è fissato a novembre 2013. In questa intervista, a pochi giorni dalla “prima” assoluta del suo secondo libro, il giornalista Tony Di Corcia racconta come ha lavorato, quali personalità ha dovuto sentire e la sua idea sulla stessa morte del grande stilista calabrese.

Intervista a Tony Di Corcia

Qual è la differenza tra questo nuovo libro su Gianni Versace e il precedente?

La tipologia di libro, sicuramente. Il primo era una raccolta di interviste, alla quale mi appoggiavo letteralmente: venticinque personaggi che hanno conosciuto, che hanno lavorato con Gianni Versace. Un racconto polifonico a più voci, il quale mi permetteva di raccontare Versace attraverso la voce di chi aveva avuto a che fare con lui. Questa volta invece si tratta di una biografia: mi sono preso la responsabilità di raccontare Versace con la mia voce. Inevitabilmente poi, ho dovuto e voluto fare qualche domanda ad alcune persone, anche per deformazione professionale. Ho sentito personaggi come Patty Pravo, Alba Parietti, o top model come Eva Herzigova, ma anche coloro i quali fanno parte dell’industria della moda: le prime imprenditrici che hanno fatto lavorare Versace come stilista, molti suoi collaboratori, amici, familiari. È nella natura di un tipo di lavoro del genere.

Tra le personalità intervistate, spicca quella di Giorgio Armani, che ha firmato la prefazione al libro. Quale dei personaggi sentiti, compreso lo stesso Armani, ha lasciato maggiormente il segno nel libro?

Trovo che sia molto bello, innanzitutto, che il suo “grande antagonista” abbia deciso di rendergli onore con queste belle parole, impreziosendo addirittura il libro con una sua prefazione. Tra gli altri personaggi sentiti, penso soprattutto ai suoi collaboratori più stretti, soprattutto alla stilista Manuela Brambatti, e alcuni suoi bozzetti sono inclusi nel libro, ma anche a Bruno Gianesi, responsabile del suo ufficio stile: loro mi hanno trasferito tutto l’entusiasmo che Versace riversava nel lavoro.

Quale il momento storico che ti ha divertito di più raccontare, della vicenda legata a Versace?

Gianni Versace
Gianni Versace

Sicuramente quello vissuto in prima persona è stato divertente: agli inizi degli anni ’90 mi sono avvicinato alla moda e ho vissuto quegli anni da vero fan di Gianni Versace, sino alla sua morte.

Tuttavia, il mio periodo preferito è proprio quello che non ho vissuto: negli anni ’80 infatti, soprattutto verso la fine, Versace ha dato vita a delle realizzazioni che ancora oggi vengono copiate a tutto spiano anche dai cosiddetti stilisti di grido.

Raccontare quel periodo mi è servito per comprendere a pieno quanto fosse avanti in quegli anni: aveva previsto un modo di vestire che è quello che utilizziamo ancora oggi.

Versace nel tuo libro è intravisto nei termini di un “dionisiaco”. È questo il tratto essenziale?

Sì, è stato il vero Dioniso della moda. È stato capace di capire quanto attraverso l’abito passino molti più significati di quelli che noi vogliamo dargli: attraverso l’abito è possibile una metamorfosi importante che chiama ad una vera affermazione del sé, che viene a galla. Riuscire a fare questo attraverso un abito è raro…

Volo a Miami” diceva Versace, alla fine di ogni sfilata. Cosa è successo l’ultima volta, nel 1997? Sembra la morte di una rockstar?

È una morte molto cinematografica e a suo modo molto rock. Rimane una morte però molto tragica e nera, e a tratti misteriosa. Io credo che di fronte a questi episodi così complessi, la spiegazione sia sempre la più semplice ed evidente. Gianni Versace era un personaggio estremamente celebre, anche più di una rockstar, se vogliamo. Quando si è troppo celebri si può finire nel mirino di uno squilibrato, abitare le sue ossessioni: è possibile che accada. Io credo che sia successo semplicemente questo: Versace è rimasto vittima della sua celebrità. Io l’ho raccontata esattamente così, rispettando la versione ufficiale.

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Le prime trasmissioni tv in Italia https://cultura.biografieonline.it/storia-tv-italiana/ https://cultura.biografieonline.it/storia-tv-italiana/#comments Mon, 31 Dec 2012 15:12:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5739 La data ufficiale dell’inizio delle trasmissioni tv in Italia risale al 3 gennaio 1954. Ripercorriamo in questo articolo le tappe della storia degli albori della televisione nazionale.

Dal pionierismo televisivo alle vere e proprie trasmissioni nazionali

Monoscopio RAI (1954)
Monoscopio RAI (1954)

Nel biennio compreso tra il 1953 e il 1954 l’Italia sembra ormai prossima a sperimentare le prime gittate televisive nazionali, con vere e proprie trasmissioni, dopo i pionieristici esperimenti degli anni ’30 e ’40. All’epoca, va detto, s’era trattato quasi esclusivamente di “parate” mediatiche, vincolate al regime fascista, volte più che altro a fare le prove di quelle che sarebbero dovute essere le vere trasmissioni. Protagonista, naturalmente, era l’EIAR, l’antenato di quella che, dal 1944 e con la Liberazione dal nazifascismo, diventerà poi la Rai: Radio Televisione Italiana.

Proprio dalla sede del Teatro di Torino, epicentro della radiofonia nazionale per via del Centro di Direzione dell’EIAR che, per oltre un ventennio, catalizzerà l’attenzione della popolazione italiana e non soltanto in epoca bellica, nel 1934 avvengono i primi esperimenti televisivi. Cinque anni dopo poi, a Roma, dove nel frattempo era nata un’altra sede dell’EIAR nel quartiere Prati, esattamente il 22 luglio del 1939 entra in funzione il primo trasmettitore televisivo da 2 kW presso la stazione trasmittente di Monte Mario. Per circa un anno, anche se per pochi utenti, avranno luogo una serie di trasmissioni televisive, per quanto sempre di contenuti a totale appannaggio del regime.

Nel frattempo, anche Milano – altra sede EIAR molto importante – si dota di un secondo trasmettitore televisivo, effettuando trasmissioni sperimentali in occasione della XI Mostra della Radio e della XXI Fiera Campionaria di Milano. Questi ed altri sporadici esperimenti però, ebbero termine il 31 maggio del 1940, a causa dell’imminente entrata in guerra dell’Italia al fianco dell’Asse. È la fine del cosiddetto pionierismo televisivo, ma l’appuntamento è soltanto rimandato di circa un decennio.

Nasce la tv, ma è la radio il vero “medium di massa”

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, come già anticipato, nei primi anni ’50 e in pieno boom economico, il Governo italiano fa le prove di quelle che saranno le vere e proprie trasmissioni televisive – questa volta non di regime. Tuttavia, è utile precisare il quadro nel quale andava a nascere la televisione in Italia, a conti fatti assolutamente dominato dalla preminenza del mezzo radiofonico, finalmente assurto al rango di “elettrodomestico” a livello nazionale.

Ultimata la ricostruzione degli impianti infatti, più o meno distrutti e danneggiati dai bombardamenti aerei, ribattezzata l’EIAR, la radio è nel pieno di quello che viene considerato dagli storici un secondo boom di utenze. Nel 1953, con l’arrivo della televisione alle porte, gli abbonati alla radio superano i quattro milioni e mezzo e, anche dopo l’avvento delle trasmissioni, per qualche anno continueranno a crescere vertiginosamente.

Il Giornale Radio è il vero, grande mezzo diffusore di informazioni, tale da monopolizzare l’attenzione nelle case degli italiani, i quali finalmente cominciano ad assaporare l’ebbrezza dell’informazione di massa quando non proprio, occorre dirlo, dell’alfabetizzazione vera e propria.

La radio fa poche “dirette” e l’informazione passa naturalmente per il Governo, non c’è una vera e propria disputa politica (a parte la pionieristica tribuna del “convegno dei cinque”, in cui perlomeno si dibattono questioni sociali ed economiche), ma il mezzo è sempre più apprezzato e non c’è dubbio che abbia instradato la popolazione verso il medium di massa per antonomasia: la televisione.

Intanto, nel 1952, la Rai, non più EIAR, torna a fare gli esperimenti di trasmissioni televisive e, ovviamente, segue, per argomenti e scelte contenutistiche, la linea tracciata dalla radio. Si tratta, infatti, perlopiù di Telegiornali sperimentali e di telecronache di alcune dirette legate ad eventi di importanza nazionale – e forse, nell’intuire la capacità di seguire meglio e con maggiore possibilità di coinvolgimento eventi come le “dirette”, sta l’unico vero scarto della televisione rispetto alla radio.

C’è la Fiera di Milano, la benedizione Urbi et Orbi impartita da Pio XII, mentre nel primo, vero Tg c’è posto per eventi come la regata storica di Venezia, i funerali dell’ex ministro Sforza, le curiosità sulla campagna elettorale statunitense, la corrida portoghese e il Gran Premio di Monza. Siamo, come dire, agli albori della Tv, e il fatto che nel telegiornale non ci sia posto per il calcio, ad esempio, o per la cronaca, la dice lunga su che tipo di esperimenti fossero quelli antecedenti il vero esordio delle trasmissioni nazionali.

Gennaio 1954: il televisore entra nelle case degli italiani

EIAR, le prime trasmissioni tv
Vittorio Veltroni, Lidia Pasqualini e il radiocronista sportivo Niccolò Carosio (1967)

L’inizio ufficiale delle trasmissioni avviene, come detto, il 3 gennaio del 1954, di domenica. C’è, all’inizio, una sola edizione del Telegiornale, il quale com’è facile intuire, rappresenta forse la parte principale e maggiormente curata dalla Rai. Il primo direttore è Vittorio Veltroni (padre del futuro leader politico Walter).

Per comprendere appieno il taglio che la Rai infonde alle trasmissioni televisive, bisogna considerare una serie di cose interessanti. Tanto per cominciare, non è un caso che l’inizio ufficiale delle trasmissioni avvenga di domenica e che, la stessa domenica del 3 gennaio, papa Pio XII invochi pubblicamente l’emanazione di quelle che definisce “opportune norme dirette a far servire la televisione alla sana ricreazione dei cittadini e a contribuire altresì, in ogni circostanza, alla loro educazione ed elevazione morale”.

È un monito, in tutto e per tutto, pertanto ribadito qualche anno dopo, nel ’57, con l’enciclica “Miranda prorsus”, e non cade nel vuoto, anzi. Già nel biennio precedente il Consiglio di amministrazione Rai aveva varato un severo codice di autoregolamentazione, il quale chiunque avrebbe lavorato in televisione era tenuto a rispettare in ogni suo punto.

Che si conduca un Tg o si faccia intrattenimento puro, pertanto, vi sono alcune parole, e ancor più temi, che per nulla al mondo devono essere tirati in ballo: “divorzio”, “aborto”, “adulterio” e “prostituzione”, ad esempio, saranno per anni le parole tabù della televisione pubblica nazionale.

Tutte queste informazioni, per concludere, sono utili per comprendere il tipo di mezzo che andava ad entrare nelle case e nei luoghi pubblici frequentati dagli italiani: vien da sé che i partiti, e anzi la DC, imperante all’epoca, avessero in mano praticamente l’intero controllo della censura, per quanto operata con mezzi differenti da quelli utilizzati dal precedente regime fascista.

La televisione e i suoi numeri

Al termine del 1954 la popolazione che può captare il segnale si aggira intorno al 48,3 %. Ci sono già degli abbonati, pari a 88.118, anche se l’elettrodomestico in sé, costa ancora molto per le tasche degli italiani ed è ancora a totale appannaggio dei ceti abbienti e dei locali pubblici: bar, alberghi, trattorie, ristoranti, cantine e altro. Questi ultimi, pertanto, diventano dei veri e propri “ritrovi televisivi” nell’arco di appena un anno: il 26 novembre del 1955 infatti, prende il via la storica trasmissione “Lascia o raddoppia”, condotta da un giovanissimo Mike Bongiorno.

Il successo è straordinario e con la progressiva estensione dei ripetitori si arriverà, nel corso di alcuni mesi, a toccare i dieci milioni di telespettatori alla volta.  Anche i telegiornali intuiscono la portata della loro forza ed entrano, finalmente, in milioni di case nelle quali, sino a qualche anno prima, non era mai entrato un quotidiano. I Tg sono faziosi, raccontano storie di ogni genere e seguono cerimonie che ad oggi sarebbero alquanto assurde, ma “svezzano”, per così dire, il pubblico italiano, abituandolo all’attualità e, per quanto lentamente, dando vita a quella che verrà definita l’informazione di massa.

Nel 1960 arriva la prima “Tribuna Elettorale”, cui seguirà nel 1961 la cosiddetta “Tribuna politica”: la gente, per la prima volta, conosce anche i leader delle opposizioni e la cosa è, per l’Italia, una sorta di rivoluzione sociale, per quanto in formato domestico – o “addomesticato”, come sostenevano all’epoca alcuni quotidiani non allineati.
Il Telegiornale Rai mantiene la propria prerogativa anche nel novembre del 1961, quando entra in funzione, a soli sette anni dalla nascita vera e propria della Tv, anche la seconda rete nazionale.

Un evento mediatico simbolico: lo sbarco sulla luna

Passano alcuni anni, l’Italia si popola rapidamente e nel 1963 gli abbonati alla televisione sono quattro milioni e trecentomila. I numeri, però, nell’effettivo, sono ben più alti: si calcola che ogni sera, siano circa quindici milioni gli italiani che seguano regolarmente le trasmissioni televisive. Intanto, nel 1962, anche la Rai si rende protagonista del primo collegamento via satellite con gli Stati Uniti, mentre già nel 1957, la pubblicità e l’intrattenimento, con la nascita della storica trasmissione “Carosello”, coinvolgono e allietano milioni di telespettatori, abbracciando tutte le fasce d’età.

Il culmine, che segna forse la fine di questa prima, straordinaria, parabola del medium televisivo italiano, è dato dalla “diretta” di quello che verrà considerato l’evento del secolo: il 21 luglio 1969, nelle prime ore del mattino, milioni e milioni di italiani seguono l’impresa di Armstrong e compagni, mentre per la prima volta nella storia, l’uomo calca il suolo lunare. È un evento di portata immensa e ancor più importante è il fatto che praticamente ovunque, nelle abitazioni e nei luoghi pubblici, intere famiglie di italiani lo abbiano seguito.

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“Coffee Break” con Daniela Grandi https://cultura.biografieonline.it/coffee-break-con-daniela-grandi/ https://cultura.biografieonline.it/coffee-break-con-daniela-grandi/#respond Fri, 13 Jul 2012 08:23:56 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2989 Daniela Grandi nasce a Parma il 10 giugno 1969. Maturità classica, laurea in Lettere all’Università di Bologna, Daniela prosegue gli studi all’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino.

Nel 1995 lavora presso la redazione de “Il Messaggero” come stagista. Poi nello stesso anno approda a La7, allora Tmc-Telemontecarlo, in qualità di redattore della Cronaca, dividendosi tra programmi e telegiornale. Nel 2009 diventa giornalista della Cultura – Spettacoli della stessa rete.

Daniela Grandi

Si occupa di cinema, musica, spettacoli, libri, essendo lei stessa scrittrice. Infatti, sempre nel 2009, ha pubblicato il romanzo “Il Club dei Pettegolezzi”, ed è appena uscito “Cose da salvare prima di innamorarsi”, entrambi per Newton Compton. Dopo la chiusura della redazione “Cultura-Spettacoli”, nel luglio 2012 passa a quella del programma del mattino “Coffee Break”, che si occupa di economia e di politica.

Daniela, un brillante curriculum per un incarico importante, quello della Cultura–Spettacoli, di una delle televisioni più seguite d’Italia. Che esperienza è stata?

Meravigliosa. La rimpiango ogni giorno. Il punto più alto e divertente della mia vita professionale.

Il fatto che una televisione di rilievo come La7 chiuda la redazione dedicata alla “Cultura-Spettacoli” è sintomo della crisi della cultura in Italia?

Credo sia il sintomo di un profondo disinteresse, unito all’idea che la cultura in tv non paghi.

Come si sviluppa il lavoro della redazione durante la giornata? E come è cambiato adesso, con il nuovo ruolo nel programma mattutino?

Il lavoro a un programma è molto diverso dal telegiornale, per alcuni aspetti più difficile. Il Tg è più stressante, però le notizie del giorno sono quelle. In un programma devi cercare idee per interessare il pubblico ogni giorno. Riunione, di che ci occupiamo, cosa potrebbe interessare il nostro pubblico, chi invitare, si lavora!

Quando si fa parte di una squadra di professionisti, che clima si respira?

La7 è un posto privilegiato, lo è fin dai tempi di Tmc, perché il clima è piuttosto sereno, e ci sono grandi professionisti.

Che rapporto c’è con il direttore del tg di La7, Enrico Mentana?

Lui è il capo supremo, io un semplice redattore.

E con Lilli Gruber?

Non la conosco, non ho avuto occasione di lavorare con lei, ma non mi dispiacerebbe.

E’ di questi giorni la notizia dell’arrivo di Michele Santoro a La7 per l’autunno 2012…

Sono contenta. Santoro lo guardo dai tempi di “Samarcanda”, da ragazza sono stata anche nel pubblico del programma!

Ci puoi raccontare qualche episodio curioso della tua carriera di giornalista?

Ho intervistato Robert Pattinson per l’uscita del primo “Twilight”: si preoccupava di non piacere alle fan nel ruolo del vampiro Edward. Sappiamo come è andata…

Quali sono i personaggi più o meno famosi, più o meno simpatici, che ti è capitato d’incontrare?

I più famosi forse Jude Law e Robert Downey Junior, che presentavano il primo “Sherlock Holmes”, belli e simpatici. Indimenticabile. Tra gli italiani avevo i miei preferiti, i più simpatici: Valerio Mastandrea e Pierfrancesco Favino.

Qual è stato il servizio più difficile da preparare?

In cronaca, alle prime armi, siccome ero di turno la mattina presto mi hanno spedito in via Salaria, perché era stato ucciso un professore. Era Massimo D’Antona, ucciso dalle Br. Poi tutto è passato ai cronisti più esperti.

Quello che più desideravi fare?

Intervistare il bellissimo Ashton Kutcher! Il vero sogno nel cassetto è, prima o poi, un programma di libri. Avrei un sacco di idee.

E quello che ti ha sorpreso?

Tutte le volte che esco per un servizio conosco persone nuove, mi interesso di quello che fanno, è l’aspetto più bello di questo lavoro.

Sei anche una scrittrice di romanzi. Come riesci a conciliare due lavori così impegnativi?

Il difficile è conciliarli con la famiglia…La famiglia viene prima, sempre. Scrivo quando sono libera, e poi mica sono Proust!

Il miglior libro, il miglior film, la miglior serie tv, il miglior spettacolo teatrale, la miglior canzone, secondo Daniela …

Libri tanti, amo soprattutto i classici e, in particolare, gli autori inglesi per il loro humor. Il mio film cult è “A qualcuno piace caldo” di Billy Wilder, ma mi piacciono le commedie romantiche e i thriller ben fatti: quest’anno ho apprezzato “Shame” di Steve McQueen. Per le serie tv: “Sex and the City” e “Lost”. A teatro mi piace Paolini, “Vajont” è un capolavoro. Anche le canzoni, come si fa a sceglierne una sola? “Miss You” dei Rolling Stones, “Riders on the Storm” dei Doors, i Queen, e ultimamente mi piace tanto Adele.

I tuoi progetti come giornalista e come scrittrice …

Come giornalista, mi piace quel che faccio al momento, come scrittrice un’altra commedia. E poi un fumetto, a cui sto lavorando con un disegnatore italo-belga molto bravo, Raphael Bianchini.

Ci saranno novità in campo culturale per gli spettatori di La7?

A settembre riprende “Bookstore”, programma di libri del sabato mattina.

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Professione: “maniaca seriale” – Intervista a Chiara Poli https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-chiara-poli-maniaca-seriale/ https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-chiara-poli-maniaca-seriale/#comments Thu, 07 Jun 2012 11:10:05 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2394 Chiara Poli nasce a Bergamo il 21 febbraio 1975. Giornalista, si è diplomata come Sceneggiatrice/Autrice tv presso la Civica Scuola di Cinema di Milano, e nel 2003 dopo la pubblicazione del suo primo libro (“Ammazzavampiri – La prima guida italiana al serial TV Buffy”, Ed. ETS – Edizioni di Cineforum) ha iniziato a scrivere di telefilm per “TV Sorrisi & Canzoni”, “Satellite” e “Telefilm Magazine”. Nel 2008 ha pubblicato “La vita è un telefilm” (Garzanti) insieme a Leo Damerini. A breve uscirà il suo ultimo libro: “Maniaci seriali – Le serie tv e i loro fan” (Edizioni di Cineforum). Nel 2007 inizia a lavorare per Fox Channels Italy, diventando in seguito Direttore del Magazine di Foxtv.it, il Magazine delle reti satellitari del gruppo FOX dedicato a serie e telefilm. Un impegno che continua a portare avanti anche oggi.

Chiara Poli

Chiara, come sei riuscita a diventare Direttore di una rivista così importante, legata al canale FOX, per gli amanti delle serie?

Con tanto impegno e tanta, tanta passione. Mi sono un po’ inventata il lavoro, diciamo, specializzandomi già dal 2002 in serie tv dopo gli studi cinematografici. Allora i telefilm non erano tenuti molto in considerazione, ma ho provato a tenere duro e tutto è andato per il meglio: oggi le serie tv vantano una qualità pari a quella del cinema (se non superiore, in certi casi). All’inizio, mentre cercavo la mia strada, ho tenuto corsi di analisi del testo audiovisivo e cinematografico, laboratori di sceneggiatura, e sono stata chiamata da Mediaset per un progetto di scrittura televisiva all’americana.

Dopo il libro su Buffy (che conteneva alcune imprecisioni legate all’ingenua volontà di restare fedele all’adattamento e alla programmazione italiana della serie, errore che non ripeterò!) ho iniziato a collaborare con “TV Sorrisi & Canzoni”, “Telefilm Magazine” e “Satellite”. In FOX hanno notato il mio lavoro per i lanci delle loro serie tv su “Satellite”, e quando hanno iniziato la ristrutturazione del loro sito mi hanno chiesto di inviare il mio curriculum. Dopo qualche mese mi hanno chiamata, e dopo aver passato la selezione ho iniziato la mia avventura con il Magazine.

Ho iniziato a scrivere moltissimo, ad integrare i miei studi su cinema e tv, sui quali baso il mio lavoro, e soprattutto a guardare tutte le serie – vecchie e nuove – che potevo. Qualche anno dopo, quando il Magazine è diventato testata giornalistica (recentemente il formato è cambiato, ma non il mio lavoro), mi sono regolarmente iscritta all’Ordine dei Giornalisti e sono stata nominata Direttore.

Ho imparato moltissimo da questi anni in FOX, soprattutto grazie al costante contatto con i miei lettori, che ogni giorno arricchiscono la mia esperienza con i loro commenti, le loro critiche e le loro opinioni. Molti di loro sono diventati miei “amici” su Facebook e ci teniamo costantemente in contatto.

Da dove nasce la tua passione per i telefilm?

Dai miei ricordi dei pomeriggi da bambina, quando guardavo “Hazard”, “Supercar”, “Ralph Supermaxieroe” e tutti i mitici telefilm degli anni ’80, e dalla mia passione per il cinema. Ho divorato migliaia di film, per tutta la vita. Ne guardo ancora tre o quattro ogni weekend. In settimana invece vedo solo serie tv.

Negli anni ’90 sono arrivate le prime “manie” televisive: ricordo che il giovedì sera, quando Italia 1 trasmetteva “Beverly Hills 90210”, staccavo il telefono e non rispondevo al citofono. Fu l’inizio di una passione folgorante: mi accorsi che le serie tv erano come i film a puntate degli anni ’50 e ’60 che tanto mi piacevano (recuperavo in VHS tutti quelli disponibili) e che erano in grado di trascinarti in quel “tunnel” dal quale non volevi mai uscire, gridando “No! Ancora una puntata!” quando arrivavano i titoli di coda.

Il numero delle serie che seguivo aumentava sempre più, insieme al “rituale” in base al quale organizzavo le mie serate (il videoregistratore c’era, ma vogliamo mettere una puntata registrata con una trasmessa “in diretta” in tv?) Così, dopo aver studiato Cinema all’Università e Sceneggiatura alla Scuola di Cinema, ho pensato di provare ad applicare gli stessi metodi che usavo per analizzare il film alle serie tv.

Ha funzionato e … Eccomi qua! Sono qui, così appassionata che ho deciso di dedicare il mio ultimo libro, disponibile a breve in ebook, proprio alla “relazione d’amore” fra i fan e le serie. Il libro, “Maniaci seriali: Le serie tv e i loro fan” racconta i meccanismi di “innamoramento” e identificazione con i personaggi, la condivisione della passione per le serie sui social network, la censura televisiva … E ci sono due capitoli dedicati a “Lost” e “The Walking Dead,” due serie rappresentative di come la passione per una serie tv può “contagiare” milioni di persone in tutto il mondo.

Foxtv.it è una diretta ‘trasposizione’ dell’originale americana Foxtv.com, specializzata nel genere telefilm e serie. Quali sono le differenze, se ci sono, con la ‘versione italiana’ ?

Le linee guida grafiche sono le stesse per tutte le versioni internazionali dei siti istituzionali di FOX, con loghi e quant’altro che ovviamente contribuiscono a riconoscere immediatamente l’identità aziendale. Ma grazie all’attenzione per ogni diversa realtà nazionale, ciascun sito viene adattato alle diverse esigenze. La versione italiana offre ai navigatori una serie di sezioni dedicate a ciascuna serie completa di tutti i contenuti desiderabili: i video, le gallery fotografiche, le informazioni sulla serie, sul cast e sulla messa in onda, la guida agli episodi e le ultime news, per restare sempre aggiornati su tutto ciò che succede oltreoceano.

In poche parole il tuo lavoro consiste in …

Scrivere ogni giorno articoli e testi sulle serie tv: lanci e presentazioni di nuove serie o stagioni in arrivo, analisi degli episodi, riassunti delle trame, news sulle serie in arrivo e sulle novità più interessanti sul fronte “casting”, curiosità su attori e personaggi … E naturalmente seguire tutto quello che c’è in onda sulle reti FOX.

Che differenza c’è tra un telefilm e una serie?

Nessuna, in realtà. C’era una differenza, principalmente in ambito accademico, fra serie e serial. Dipendeva sostanzialmente dai meccanismi narrativi e dal grado di evoluzione di trame e personaggi. Oggi siamo arrivati a un utilizzo di “serial” per indicare principalmente i prodotti di fiction fondati sugli stilemi narrativi della soap opera.

Telefilm invece è un termine tutto italiano, che ha sempre fatto riferimento indistintamente a serie, serial e sitcom. Io uso indifferentemente “telefilm” e “serie tv”, faccio invece una distinzione quando devo parlare di “sitcom”, che si differenzia principalmente per il formato: intorno ai 20 minuti di durata contro i 40 o 50 delle serie.

Attualmente però sono intervenuti altri generi e formati, come il “dramedy” (mix di dramma e commedia intorno alla mezz’ora), che hanno creato una serie di eccezioni alla vecchia distinzione. Indipendentemente dall’evoluzione dei generi e del linguaggio, io devo dire di essere davvero molto affezionata al termine “telefilm”: è quello con cui sono cresciuta. Negli anni ’80 non avevamo idea di cosa fosse una serie tv!

Hai mai avuto l’opportunità, in qualità di Direttore, di incontrare o intervistare un produttore o un attore di qualche serie?

Da quando lavoro per FOX ho intervistato Josh Duhamel (“Las Vegas”) e Scott Bakula (“Quantum Leap”, “Enterprise”). Prima, per le altre testate, avevo intervistato Chris Carter e Lance Henriksen per “X-Files” e “Millennium”, Jason Bateman insieme all’allora vice presidente della NBC per il lancio italiano di “Arrested Development”, James Marsters e David Boreanaz per “Buffy”, Kate Mulgrew per “Star Trek: Voyager” e sicuramente qualcun altro che ora mi sfugge …

Per ovvi motivi, sei praticamente obbligata a stare incollata alla tv e a seguire le vicende di tutte le serie, per offrire poi commenti, spunti di riflessione, curiosità e anteprime ai tuoi lettori. Un lavoro perfetto per gli amanti della tv. Ti è mai capitato di annoiarti o addirittura smettere di seguire qualche episodio?

Oh, caspita, sì che mi è capitato! Ho mollato tante serie, in passato. Da qualche anno a questa parte però non mi succede quasi più: il livello è talmente alto che faccio veramente fatica a trovare una serie che non mi piace, o ancor peggio che riesca ad annoiarmi. Vediamo un po’. Non sono mai riuscita a guardare un episodio intero di “Settimo Cielo” (eppure mi sono vista “La corazzata Potemkin”, all’Università!). Ho visto molti spezzoni qua e là, ma all’episodio in cui un liceale viene portato dal Preside con l’accusa di molestia sessuale per aver tirato le spalline del reggiseno a Jessica Biel ci ho messo definitivamente una croce sopra.

Negli anni ho mollato per noia anche, fra quelli che ricordo, “Baywatch” (c’è un limite a tutto: dopo tot stagioni di pettorute bagnine in costume a un certo punto, da donna, rinunci), “Cleopatra 2525” (molto divertente, peccato che la cosa sia involontaria), “V” (noia, noia. Ho mollato alla quarta puntata) e “L’atelier di Veronica” (con tutto l’amore per Kristie Alley: non faceva ridere. Mai). Trovo abbastanza noioso anche “Tutto in famiglia”, per essere una sitcom.

Dalle pagine del tuo blog, da Facebook e Twitter, oltre che su YouTube, rendi partecipi in tempo reale spettatori e lettori delle vicende dei personaggi delle serie. Ad oggi, qual è stata la serie che ha coinvolto di più il pubblico?

Sicuramente “Lost”, in assoluto. Molte altre serie, da “Grey’s Anatomy” a “The Walking Dead”, passando quindi da generi molto diversi che conquistano fasce di pubblico diverse ma comunque molto vaste, sono seguite e amate da un gran numero di telespettatori. Ma come ripeto anche nel mio nuovo libro, in cui dedico un capitolo all’esperienza “d’amore” del pubblico con “Lost”, non c’è nulla in grado di eguagliare la serie creata da J. J. Abrams, Jeffrey Lieber e Damon Lindelof e curata dai produttori esecutivi Lindelof e Carlton Cuse. Niente è come “Lost”, proprio perché con quel meccanismo di continue domande, in gran parte prive di risposte (arrivavano sempre nuovi quesiti, ma pochissime soluzioni!), i telespettatori hanno sentito il bisogno di costruire e condividere le loro teorie.

Il risultato è sfociato in un’esperienza di visione collettiva che ha coinvolto milioni di telespettatori (anche quelli italiani, grazie alla messa in onda a 24 ore di distanza dagli Usa) e che ha dato luogo a interessantissime riflessioni condivise da centinaia di persone, pronte a confrontarsi e discutere su tutti i forum, i siti ufficiali e i social network. “Lost” è stata l’esperienza più coinvolgente per il pubblico dei “maniaci seriali”, ovvero dei grandi appassionati di serie tv, ma ha trascinato con sé anche telespettatori “occasionali”, che non hanno resistito e si sono fatti coinvolgere come mai avevano fatto prima.

E che ha coinvolto di più Chiara Poli?

Ho una lista lunghissima di grandi, grandi amori televisivi: “X-Files”, “Angel”, “Scrubs”, “The Walking Dead”, “Battlestar Galactica”, “I Soprano”, “True Blood”, “Supernatural”, “Star Trek“, “24”, “Medium”, “Breaking Bad”, “The Big C” … Sono tantissimi, davvero. Ma su quelli che mi hanno coinvolto di più non ho dubbi: “Buffy” e “Lost”.

“Buffy” è stato il mio “primo amore” televisivo, anche per lavoro. Ha cambiato la mia vita. Mi ha spinta a specializzarmi in serie tv, mi ha fatto scrivere il mio primo libro, mi ha fatto conoscere tanti altri appassionati che sono miei amici da più di dieci anni … “Lost”, come ho detto prima, ha rappresentato un’esperienza unica, mi ha messa in contatto con centinaia di persone, mi ha intrigata fin dal primo momento (l’episodio pilota resta fra i migliori mai visti) ed è legato al “Lost in Progress”, la rubrica di commento che ho scritto per FOX (dalla terza stagione, quella trasmessa dopo il mio arrivo in FOX, fino alla sesta). È stata forse l’esperienza lavorativa più gratificante ed emozionante della mia vita. E mi manca davvero tanto. Quanta “Lostalgia”!

Adesso, il rovescio della medaglia: la serie meno seguita, più criticata o ignorata, da te e dal pubblico.

Ce ne sono state tante, principalmente per una questione di gusti personali o di mancato tempismo, diciamo così. Ricordo ad esempio l’arrivo in Italia di “Arrested Development”, un piccolo gioiello che ha dato il via a una rivoluzione lingustica e produttiva grazie alla quale oggi abbiamo serie come “Modern Family”. Ai tempi dell’arrivo in Italia (ma anche negli Usa), circa dieci anni fa, il pubblico non era pronto per un linguaggio e un tipo di umorismo che suonavano troppo “nuovi” e difficili da comprendere per via dei tempi comici.

Nonostante la pioggia di premi prestigiosi e un cast composto da bravissimi attori, la serie venne cancellata negli Usa dopo la terza stagione (stagione, fra l’altro “ripescata” dopo l’ennesimo Golden Globe). Spesso le serie non vengono seguite perché sono un po’ “fuori tempo” e i gusti del grande pubblico non sono maturi. Altre volte invece sono … oggettivamente brutte, mal recitate, mal realizzate o con delle pessime sceneggiature. Ci sono tanti fattori che contribuiscono a fare di una serie un fallimento. Penso a flop clamorosi come quelli di “Acapulco H.E.A.T”., “Baywatch Nights”, “Joey” (che nonostante un buon cast non è mai riuscita a ingranare né a incontrare i gusti del pubblico), la già citata “Cleopatra 2525”, il recente remake di “Charlie’s Angels” e l’agghiacciante “V.I.P.” con Pamela Anderson.

Ci sono anche casi di serie interrotte direttamente dai produttori statunitensi, per motivi di budget, o di scarso audience. Mi vengono in mente “Kyle XY”, “FlashForward” ed il più recente “Terra Nova”. Si cercano nuove idee per allargare il consenso del pubblico, anche con “Spin-off” (cioè, si estrapolano dei personaggi da una serie per dare vita a nuove vicende alternative), ma spesso si lasciano gli spettatori a bocca asciutta di ciò che piace veramente. Dura legge di mercato? Come reagiscono i tuoi lettori-spettatori?

Sì, è la durissima legge dell’audience, che fra l’altro segue logiche non sempre chiare a tutti. I grandi network Usa si prefiggono determinate soglie d’ascolto, al di sotto delle quali le serie – indipendentemente dal gradimento del pubblico o dall’importanza del cast – vengono cancellate. A volte senza molto preavviso, lasciando i telespettatori (inclusa la sottoscritta) a bocca asciutta.

Le nostre reazioni sono comprensibilmente negative: non sapremo mai come finirà la storia, perdiamo serie alle quali eravamo affezionati e perdiamo fiducia. Molti dei miei lettori mi scrivono che non hanno voglia di iniziare a seguire una nuova serie, perché non vogliono correre di nuovo il rischio di rimanere senza un finale. Li capisco. Ma continuo a seguire tutto: le emozioni che ogni nuova serie può regalarti, secondo me sono un valido motivo per correre il rischio di essere lasciati in sospeso. Alcuni dei miei lettori la pensano così, ma sono di più quelli che rinunciano, dopo essere rimasti “scottati”.

Fra i casi più noti di serie senza finale, me ne vengono in mente due di alcuni anni fa (a dimostrazione che la dura legge degli ascolti negli Stati Uniti non dà tregua, da sempre). La terza stagione di “Dark Angel”, firmata da James Cameron, era già stata scritta ma non venne mai girata, lasciandoci tutti senza finale, perché non si trovò un accordo produttivo fra Cameron (che, essendo James Cameron, giustamente non era disposto a scendere a compromessi di budget!) e il network.

Per “Firefly”, l’ottima serie sci-fi (con un mix di fantascienza e western) di Joss Whedon, la serie non solo venne cancellata alla fine della prima stagione, ma negli Usa non mandarono in onda nemmeno tutti gli episodi, sospendendola bruscamente. Tempo dopo, Whedon ha diretto il sequel cinematografico di “Firefly”, “Serenity”, che ha avuto grande successo e lo ha portato, insieme al resto del suo lavoro, a dirigere “The Avengers” (recentissimo campione d’incassi e di critiche positive). Nei contenuti extra del cofanetto DVD (che io ho acquistato su Internet, facendolo arrivare dagli Usa: non è uscito per il mercato italiano) Whedon si prende una “rivincita”, facendo notare ai produttori che avevano cancellato “Firefly” come grazie al supporto dei fan fosse riuscito a portare avanti la storia, addirittura sul grande schermo.

Gli americani sono considerati i maestri nello sfornare serie di successo, così come i telefilm. E questo accade da sempre, se si guarda anche al passato, con “Il tenente Colombo”, “Starsky and Hutch”, o sit-com tipo “Arnold” o “I Jefferson”, solo per citarne alcuni. Secondo te, c’è qualcosa di buono anche in Italia?

Come posso dire … No. Credo che la fiction italiana sia indietro vent’anni, a livello di idee, rispetto agli Usa. Il recente grande successo de “Il tredicesimo apostolo” mi ha fatto pensare a dozzine di serie e film Usa che avevano già trattato, anni fa, tutti gli argomenti. Non ci sono idee nuove nella fiction italiana, ma soprattutto c’è quella incomprensibile mania di tenerla legata a dialoghi che suonano falsi, accompagnata da una recitazione teatrale inadatta alla tv.

Penso che “I Cesaroni” rappresentino uno dei rari casi in cui i dialoghi sono costruiti con la regola d’oro della sceneggiatura, ovvero la somiglianza, e la recitazione sia in gran parte “naturale”. Non completamente, ma in gran parte. All’inizio della mia carriera ho dovuto vedere parecchia fiction italiana. Fa parte della gavetta. Da quando ho potuto scegliere l’ho eliminata del tutto. Con una sola eccezione: “Boris”, che adoro proprio perché prende in giro i luoghi comuni e i punti deboli della fiction italiana.

Sono stata sul set di alcune produzioni, come sceneggiatrice, durante e subito dopo gli studi alla Scuola di Cinema. Sono state quelle esperienze a farmi decidere che non volevo fare la sceneggiatrice: non volevo assolutamente scrivere per la tv italiana. Perciò mi sono buttata sugli Stati Uniti, affascinata dai meccanismi di costruzione della “magia” delle serie, dai segreti del “dietro le quinte”. E oggi sono felicissima di averlo fatto. Rifarei la stessa scelta un milione di volte!

Oltre alla tua passione per la tv, c’è anche quella per gli animali. Hai tre bellissimi cuccioloni Labrador, di nome Asia, Pimpa, Dharma. Quest’ultimo nome però non mi è nuovo … oppure è solo una mia fissazione con “Lost”?

No, non è una tua fissazione … è la mia fissazione con “Lost”! Dharma è arrivata da noi il 5 agosto del 2010 dal canile di Lodi. Era stata abbandonata ai primi di luglio nei pressi del Lago Maggiore, quando aveva solo sette-otto mesi. Dopo essere stata randagia per qualche settimana, rischiando di morire di sete (il caldo non dava tregua, in piena estate!) ha avuto la fortuna di essere salvata da una volontaria del canile di Lodi, che ha diffuso il suo appello su Facebook per trovarle una nuova casa. Ho visto il volantino, la foto era minuscola e Dharma non si vedeva molto, ma ho detto a mio marito: “Dai, vai a prenderla in canile e portala qui. Noi abbiamo spazio e lei ha bisogno di una casa”. Al suo arrivo si sospettava che fosse incinta, diabetica e displasica. Alla fine è risultata affetta solo da una grave displasia. Faremo tutto il possibile, anche se pare che non ci sarà molto da fare. Pazienza. Vorrà dire che quando non riuscirà più a camminare, nonostante gli interventi, la porteremo in braccio!

In canile la piccola era stata chiamata Trudy, ma all’arrivo da noi (un’emozione indescrivibile: la prima sera l’ho guardata negli occhi e le ho promesso che noi non l’avremmo mai abbandonata, qualunque cosa fosse successa) ci siamo accorti che non rispondeva al nome. I suoi ex proprietari la maltrattavano, con il nostro aiuto ha superato in fretta i traumi subiti, però soffre molto di ansia da separazione, comprensibilmente. In questo momento è qui, incollata alla mia gamba destra, mentre scrivo! Per tutte queste ragioni, e per il fatto che “Lost” era finito da pochi mesi, ho deciso di ribattezzarla Dharma. Un omaggio al mio amore per “Lost”, alla presenza di un labrador nella serie e al mio amore per i labrador: era il nome perfetto!

Allora, in anteprima per i lettori di Biografieonline.it, puoi svelare che cosa si devono aspettare i fans dei serial dalla prossima stagione 2012-2013 sulle reti FOX?

Al momento è ancora troppo presto per conoscere con certezza titoli e date. Ma posso già dirvi che le novità saranno tante e come sempre in molti casi arriveranno a brevissima distanza dalla messa in onda negli Usa. Ad ogni modo, l’evento della stagione sarà sicuramente la terza, attesissima stagione di “The Walking Dead”, che debutterà in ottobre sia negli Stati Uniti, su AMC, che su FOX in Italia. Insieme ad “American Horror Story” (che nella seconda stagione rivoluzionerà tutto: parte degli attori saranno gli stessi ma interpreteranno personaggi diversi, con una trama tutta nuova), la serie tratta dai fumetti di Robert Kirkman ha riportato in tv l’horror d’autore. La terza stagione di “The Walking Dead” sarà ricca di azione, ci saranno tanti nuovi personaggi, alcuni destinati a diventare molto importanti nell’economia della trama. Sarà sicuramente un evento da non perdere per gli appassionati di serie tv!

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Storia della CNN https://cultura.biografieonline.it/storia-della-cnn/ https://cultura.biografieonline.it/storia-della-cnn/#comments Thu, 29 Mar 2012 13:19:35 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1232 Il canale all-news più famoso degli Stati Uniti è la CNN, acronimo di Cable News Network. L’emittente televisiva è stata fondata, il giorno 1 giugno del 1980, da Ted Turner e Reese Schonfeld ed è una divisione della Turner Broadcasting System, di proprietà della Time Warner. Nel mondo del giornalismo la CNN è davvero una potenza, perché grazie al satellite, è vista in 100 Paesi differenti, da più di 40 milioni di abbonati.

CNN
La CNN fu fondata il 1° giugno 1980 da Ted Turner e Reese Schonfeld

La forza comunicativa della CNN ha di fatto cambiato il modo di fare informazione, introducendo per la prima volta un canale tematico dove poter vedere notizie 24 ore su 24. Per avere questo servizio, in Italia, abbiamo dovuto attendere più di 20 anni e forse non siamo ancora realmente riusciti a compiere il miracolo. Possiamo, però, definire la nostra CNN, Sky TG24. La Rete americana ha avuto anche un distaccamento italiano, durato dal 1999 al 2003, grazie a un accordo con il gruppo L’Espresso-la Repubblica, che ha permesso la realizzazione del sito internet CNNitalia.it, uno dei primi, nato in un periodo sfortunato, a cavallo della famosa bolla speculativa di Internet. Nel 2011, la casa Usa ha deciso di tornare a investire nel Belpaese e ha siglato una partnership con l’agenzia giornalistica TM News, diretta da Claudio Sonzogno.

La CNN dà lavoro a moltissimi giornalisti: la sua sede di Atlanta, il quartiere generale, ospita più di 600 professionisti, che non producono solo informazioni web, ma sono formati per raccontare in diretta tv gli eventi. Ricordiamo, infatti, che i primi a dare la notizia dello scoppio della Guerra del Golfo sono stati proprio i giornalisti CNN: nello specifico il merito è di Peter Arnett, il miglior inviato della Rete, che è riuscito a trasmettere con una parabola satellitare, da un hotel di Bagdad, le prime immagini delle truppe americane che attaccavano l’esercito di Saddam Hussein (era il 17 gennaio del 1991).  Oltre ad Arnett, la CNN inviò in Iraq anche una troupe di tecnici da set cinematografico, perché Arnett da solo non poteva manovrare le telecamere analogiche, estremamente pesanti e complesse, e al tempo stesso andare in onda. Oggi, forse, questa cosa non sorprende più nessuno, perché la tecnologia ha fatto passi da gigante, ma allora il reportage live della CNN ha fatto la storia.

La CNN è organizzata per canali d’informazione tematici. Abbiamo, infatti, quello di economia, di sport e di spettacolo e poi quello di news 24 ore su 24 che raccoglie gli eventi più importanti della giornata. Tra i personaggi che hanno segnato l’immagine della Rete, c’è sicuramente il giornalista Larry King, che ha condotto per 25 anni il suo speciale The Larry King Show, un salotto televisivo dove gli ospiti (dagli attori ai politici) si confessavano in diretta tv. Il programma, che ha chiuso il sipario alla fine del 2010, è stato il primo vero talk show.

Larry King
Larry King

L’avventura de The Larry King Show è iniziata 3 giugno del 1985 e si è confermato fin da subito un gradissimo successo, superando nel corso degli anni le 40 mila interviste. Possiamo dire che metà degli Usa che conta (e non solo) si è seduta davanti a  Lawrence Harvey Zeiger, questo il vero nome di Larry King.  Il giornalista, noto per la sua cifra ironica, per le sue domande al vetriolo e le sue bretelle, ha, infatti, avuto l’onore di chiacchierare con tutti i Presidenti della Casa Bianca e di indicare, nel 2007, Barack Obama come prossimo inquilino della stanza ovale. Ma davanti a lui, si sono seduti anche la Lady di Ferro, la signora Margaret Thatcher, il premier russo Vladimir Putin, il papà di Michael Jackson, quasi tutte le star di Hollywood e della musica, come Lady Gaga.

Nel 2010, il mitico King è stato mandato in pensione a 77 anni compiuti e una carriera incredibile e la CNN ha deciso di sostituirlo con Piers Morgan, ex editore del Mirror.

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