tramonto Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 24 May 2022 19:52:55 +0000 it-IT hourly 1 Salici al tramonto, Van Gogh: descrizione e analisi del quadro https://cultura.biografieonline.it/salici-al-tramonto-van-gogh/ https://cultura.biografieonline.it/salici-al-tramonto-van-gogh/#respond Tue, 24 May 2022 19:39:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39924 Salici al tramonto è uno dei dipinti più intensi di Vincent van Gogh. Forse esce dal gruppo dei dipinti più famosi perché la sua intensità è concentrata soprattutto sul colore.

Salici al tramonto - Van Gogh - Pollard willows at sunset
Salici al tramonto (Pollard willows at sunset) • 1888, Van Gogh

Storia e descrizione dell’opera

Il quadro Salici al tramonto fu realizzato in Provenza nell’autunno del 1888. Oggi è esposto ad Otterlo, presso il Kröller-Müller Museum.

Una striscia azzurra divide il dipinto quasi a metà. Separa il cielo dalla terra.

Sopra la linea si stagliano, scarni, i salici. Essi sono sintetizzati con tratti marroni che li rendono quasi trasparenti.

Questo espediente serve a Van Gogh per caricare di rossi, gialli e arancio i colori del cielo e della terra; questi sembrano esplodere con il loro fulgore cromatico.

La potenza del sole

Come nel dipinto Il seminatore al tramonto, anche in questo quadro il sole è un disco potentissimo da cui si irradiano lunghi raggi.

Seminatore al tramonto (Sower-at-Sunset), quadro di Vincent van Gogh del 1888
Seminatore al tramonto (Sower-at-Sunset), quadro di Vincent van Gogh del 1888

Essi inondano tutto il cielo trasformando l’astro in un potente catalizzatore e dispensatore di energia e luce.

Per bilanciare la forza tremenda del sole, Van Gogh in Salici al tramonto dipinge un prato secco imponente che riempie gran parte del quadro e che sembra quasi coprire la vista dello spettatore; quest’ultimo idealmente potrebbe essere sdraiato a terra.

I tre salici, come tre individui bruciati dal sole, assistono a questo scoppio di energia inesauribile.

Toni caldi e freddi si alternano dando un’idea di potenza come se da un incendio di luce ci fosse solo la calma dell’erba e della striscia blu; tale striscia potrebbe essere un fiume caldo, sotto lo scoppio della luce del sole.

Salici al tramonto: commento all’opera

Van Gogh si trovava in un periodo di felice creatività e non disegnava più a carboncino prima di dipingere, ma si buttava con una forza e un’energia inesauribile sul colore. Di fatto trasformava i dipinti in veri e propri portenti di luce, cromia e giochi di chiaroscuro in cui la sua determinazione a descrivere la realtà non aveva fine.

Di fronte ad una potenza del genere, non osserviamo solo un insegnamento artistico, un tentativo radicale di cambiare la pittura, ma assistiamo anche alla lotta fenomenale di un individuo che malgrado tutto cerca solo l’arte.

Dati tecnici

Titolo originale (in olandese): Knotwilgen bij zonsondergang

Tecnica: Olio su tela su cartone

Misure: 31,6 x 34,3 cm

Ubicazione: Kröller-Müller Museum, Otterlo, Paesi Bassi

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Seminatore al tramonto, analisi e storia del quadro di Van Gogh (1888) https://cultura.biografieonline.it/seminatore-al-tramonto-van-gogh/ https://cultura.biografieonline.it/seminatore-al-tramonto-van-gogh/#comments Tue, 27 Apr 2021 19:58:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=33782 Vincent van Gogh, durante la sua carriera artistica, dipinse molti quadri il cui soggetto era la vita agreste. Anche per il quadro qui analizzato e raccontato, intitolato Seminatore al tramonto, l’ispirazione arriva dai contadini. Vincent li aveva visti lavorare nei campi, sia durante il periodo in cui fu predicatore in Belgio, sia, in seguito, quando cercava soggetti a cui ispirarsi viaggiando per la campagna olandese e provenzale.

Seminatore al tramonto (Sower-at-Sunset), quadro di Vincent van Gogh del 1888
Seminatore al tramonto (Sower-at-Sunset), quadro di Vincent van Gogh del 1888

Van Gogh e la vita di campagna

L’artista olandese fu sempre affascinato dalla vita di campagna. In giovane età, mentre lavorava per la ditta Goupil – una galleria d’arte specializzata in dipinti di paesaggi dell’Ottocento – si era innamorato dei quadri di Jean-François Millet; per lui era l’artista che più di ogni altro aveva rappresentato la vita nei campi, il lavoro dei contadini, l’armonia fra lavoro dell’uomo e natura. Van Gogh aveva copiato, rielaborato e variato i dipinti di Millet. Ma rispetto a lui aveva però rivisto con un occhio più realistico i paesaggi e il ruolo dei contadini. Tanto che, a differenza delle pitture del francese, l’olandese aveva mostrato meno idealismo e un’idea invece più concreta, quasi documentaristica, della vita nei campi.

In due articoli precedenti abbiamo analizzato due opere di Van Gogh correlate alla vita di campagna:

Seminatore al tramonto: il quadro di van Gogh

Anno di realizzazione

Il dipinto “Seminatore al tramonto” fu realizzato nel 1888.

Ubicazione

Attualmente è esposto al Museum Kröller-Müller di Otterlo (Paesi Bassi).

Descrizione

In quest’opera van Gogh mostra un idealismo particolare dell’uomo che lavora nei campi. Sempre rifacendosi alle opere di Millet e in particolare al “Seminatore” che tanto aveva apprezzato, crea un dipinto in cui i colori sono i protagonisti assoluti della tela.

A sinistra: il Seminatore di Millet (1850). A destra: una delle copie che ne fece Van Gogh (1881)

L’opera fu realizzata in Provenza, dove van Gogh si era recato alla ricerca di una luce più intensa. Qui trovò colori più accesi, paesaggi più luminosi e anche dei soggetti da ritrarre. Su quest’ultimo tema, ebbe sempre difficoltà a trovare soggetti: leggi a tal proposito l’articolo sul suo autoritratto del 1889 – del Museo d’Orsay di Parigi.

Torniamo al quadro Seminatore al tramonto.

Esso è dominato da due colori complementari:

  • il viola, che si espande nel terreno e che conquista anche il contadino, a dimostrazione dell’unità fra uomo e natura;
  • il giallo delle spighe e soprattutto del sole, indiscusso protagonista della tela.

Il contadino ed il sole

Il contadino, infatti, non è al centro della tela. E’ il sole a promanare una luce vivificante, forte, intensa, rallegrante, energica e vigorosa, come se dominasse su tutto. Le pennellate rappresentano i raggi solari: queste sono inviate come delle piccole lance piene di forza; colpiscono il tutto, rendendolo meravigliosamente vigoroso e pieno di una felicità insaziabile.

E’ una magnifica allegoria che però non dimentica la fatica della vita nei campi. Mostra come il contadino sia fiero del suo lavoro mentre semina il terreno.

L’immagine del sole, astro considerato sin dall’antichità come metafora positiva di vita e forza, non fu utilizzato spesso da van Gogh che però amò molto il giallo e lo utilizzò spesso nei suoi dipinti.

Analisi dell’opera con commento video

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Il tramonto della luna (poesia di Leopardi) https://cultura.biografieonline.it/tramonto-luna-leopardi/ https://cultura.biografieonline.it/tramonto-luna-leopardi/#comments Wed, 23 Oct 2013 18:18:03 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8161 Si intitola Il tramonto della luna ed è l’ultima poesia composta da Giacomo Leopardi, che la scrisse nella primavera del 1836, proprio poche ore prima di morire. Essa svolge un tema caro al poeta, più volte ripreso, costituito dal rimpianto della giovinezza e delle dolci illusioni, a cui segue la vecchiaia, che vede appassire le illusioni e si conclude con la morte. Il poeta trae lo spunto di questo tema dalla contemplazione di uno spettacolo naturale: il tramonto della luna, e da questa contemplazione ricava il paragone con il tramonto della giovinezza, rilevando subito dopo la differenza tra i riflessi sulla vita della natura, quando tramonta la luna, e i riflessi sulla vita dell’uomo, quando tramonta la giovinezza.

Tramonto della luna
Tramonto della luna, è il titolo dell’ultima poesia di Leopardi

Come quando tramonta la luna, la natura è invasa da un’oscurità densa e uniforme, così, quando tramonta la giovinezza, la vita resta abbandonata e oscura. Ma mentre la natura sarà presto inondata dal sole con una luce più intensa e gioiosa di quella della luna, la vita dell’uomo, sparita la giovinezza, non si colora più di altra luce, né di altra aurora, resta per sempre priva di luce e di gioia, e alle tenebre che avvolgono le altre età, cioè la virilità e la vecchiaia, gli dei assegnarono come termine la sepoltura, cioè la morte.

Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi

Il canto si articola in tre parti. La prima parte ha carattere idillico ed elegiaco e comprende la prima e la seconda strofa (vv, 1-33). Essa contiene una lunga comparazione tra la luce della luna e la giovinezza. Come la luna, dice il poeta, in una notte solitaria sopra campagne ed acque inargentate dalla sua luce, là dove spira dolcemente zefiro e dove le ombre lontane creano mille indefinite apparenze e forme ingannevoli fra le onde tranquille e fra rami, siepi, collinette e ville, giunta all’estremo orizzonte (al confine del cielo) scende dietro l’Appennino o le Alpi o nel vasto grembo del Tirreno, e il mondo perde i suoi colori, le ombre proiettate dalla luce lunare scompaiono e una uniforme oscurità avvolge la valle e il monte.

La notte resta priva di luce e cantando con malinconica musicalità il carrettiere dalla sua via saluta l’ultimo biancheggiare della luce fuggente, che fino ad ora gli fu guida e compagna durante il viaggio, così la giovinezza scompare, e così lascia la vita dell’uomo (vv. 20). Con essa scompaiono rapidamente i fantasmi e le apparenze delle dolci illusioni, e cadono le speranze lontane, riposte cioè nel futuro, sulle quali speranze la natura dell’uomo, destinata alla morte, si sostiene.

Scomparsa la giovinezza, la vita resta abbandonata, priva cioè di sostegno, e oscura, priva di luce e di gioia. Volgendo lo sguardo in essa, cioè nella vita rimasta priva di illusioni, l’uomo simile ad un viandante smarrito, senza più una guida, cerca invano uno scopo o una ragione del lungo cammino che sente di dover ancora percorrere, e si accorge che l’umana sede, la terra, è diventata straniera a lui, e lui è diventato straniero alla terra.

La seconda parte ha carattere ragionativo, polemico e ironico. (vv. 34-50).
Alla constatazione della desolazione della vita dopo che è scomparsa la giovinezza, segue la riflessione del poeta sulla tragica condizione dell’uomo sulla terra, accompagnata dal sarcasmo sugli dei che presiedono alla misera sorte dell’uomo.

Lassù in cielo agli dei, dice Leopardi, alludendo alla potenza arcana della natura, arbitra del nostro destino, la nostra misera condizione apparve troppo felice e lieta, se la giovinezza (il giovanile stato), nella quale ogni bene si ottiene a prezzo di mille sofferenze, durasse tutto il percorso della vita.

tramonta la giovinezza
Il tramonto della luna e il tramonto della giovinezza

Troppo mite apparve lassù il decreto che condanna ogni essere vivente a morire, se inoltre ad essi prima della morte non si assegnasse anche la seconda metà del cammino della vita (quella che va dalla fine della giovinezza all’estrema vecchiaia) più dura, più impervia e dolorosa, della stessa terribile morte. Degna invenzione di intelligenza immortale, ultimo e più grave di tutti i mali, gli dei ritrovarono la vecchiaia, nella quale età nei cuori umani il desiderio fosse intatto, morta la speranza di soddisfarlo, inariditi i sensi che sono le sorgenti del piacere, le sofferenze sempre maggiori, e non più concessa alcuna gioia.

Nell’ultima strofa Giacomo Leopardi riprende il motivo idillico ed elegiaco iniziale, rilevando la differenza tra la vita della natura dopo il tramonto della luna, e la vita dell’uomo dopo la fine della giovinezza.

Ecco il testo completo della poesia:

Il tramonto della luna

Quale in notte solinga,
Sovra campagne inargentate ed acque,
Là ‘ve zefiro aleggia,
E mille vaghi aspetti
E ingannevoli obbietti
Fingon l’ombre lontane
Infra l’onde tranquille
E rami e siepi e collinette e ville;
Giunta al confin del cielo,
Dietro Apennino od Alpe, o del Tirreno
Nell’infinito seno
Scende la luna; e si scolora il mondo;
Spariscon l’ombre, ed una
Oscurità la valle e il monte imbruna;
Orba la notte resta,
E cantando, con mesta melodia,
L’estremo albor della fuggente luce,
Che dianzi gli fu duce,
Saluta il carrettier dalla sua via;

Tal si dilegua, e tale
Lascia l’età mortale
La giovinezza. In fuga
Van l’ombre e le sembianze
Dei dilettosi inganni; e vengon meno
Le lontane speranze,
Ove s’appoggia la mortal natura.
Abbandonata, oscura
Resta la vita. In lei porgendo il guardo,
Cerca il confuso viatore invano
Del cammin lungo che avanzar si sente
Meta o ragione; e vede
Che a se l’umana sede,
Esso a lei veramente è fatto estrano.

Troppo felice e lieta
Nostra misera sorte
Parve lassù, se il giovanile stato,
Dove ogni ben di mille pene è frutto,
Durasse tutto della vita il corso.
Troppo mite decreto
Quel che sentenzia ogni animale a morte,
S’anco mezza la via
Lor non si desse in pria
Della terribil morte assai più dura.
D’intelletti immortali
Degno trovato, estremo
Di tutti i mali, ritrovàr gli eterni
La vecchiezza, ove fosse
Incolume il desio, la speme estinta,
Secche le fonti del piacer, le pene
Maggiori sempre, e non più dato il bene.

Voi, collinette e piagge,
Caduto lo splendor che all’occidente
Inargentava della notte il velo,
Orfane ancor gran tempo
Non resterete; che dall’altra parte
Tosto vedrete il cielo
Imbiancar novamente, e sorger l’alba:
Alla qual poscia seguitando il sole,
E folgorando intorno
Con sue fiamme possenti,
Di lucidi torrenti
Inonderà con voi gli eterei campi.
Ma la vita mortal, poi che la bella
Giovinezza sparì, non si colora
D’altra luce giammai, nè d’altra aurora.
Vedova è insino al fine; ed alla notte
Che l’altre etadi oscura,
Segno poser gli Dei la sepoltura.

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