terrorismo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 13 Sep 2023 07:49:12 +0000 it-IT hourly 1 Tutti gli uomini del generale, libro di Fabiola Paterniti: recensione e commento https://cultura.biografieonline.it/tutti-gli-uomini-del-generale/ https://cultura.biografieonline.it/tutti-gli-uomini-del-generale/#respond Wed, 13 Sep 2023 06:35:59 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20429 Il libro

Riflessioni e commento dopo la lettura del libro “Tutti gli uomini del generale“, di Fabiola Paterniti (2015). • Gli anni ’70 e ’80 sono stati fra i più cupi della storia recente del nostro paese. Il terrorismo, che ha reso la vita politica e sociale dell’Italia turbolenta e greve, è stato sconfitto da un eroe civile del nostro tempo, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa e dai suoi uomini. Il loro lavoro, diviso in due fasi, ha permesso, a livello investigativo, di conoscere il terrorismo in tutti i suoi aspetti e di collocarlo nel contesto politico e sociale di quegli anni.

"Tutti gli uomini del generale" – La copertina del libro di Fabiola Paterniti
“Tutti gli uomini del generale” – La copertina del libro di Fabiola Paterniti

La sua, quindi, non è stata solo una battaglia militare, ma anche culturale, perché il lavoro di indagine è partito proprio dalla conoscenza del fenomeno terroristico, che non è avvenuto solo dalla condivisione delle carte ma anche da informazioni di prima mano, perché fu lui a decidere di infiltrare i primi carabinieri fra le fila delle organizzazioni terroristiche.

Io credo che la storia del generale sia conosciuta solo parzialmente e comunque sia bene sempre ricordarla, perché è la storia di una vittoria ma soprattutto perché la sua forza ha dimostrato che, anche in Italia, la giustizia può ottenere un risultato positivo fra mille insidie, sia all’interno delle istituzioni sia nel campo sterminato dell’illegalità e della guerra allo Stato.

Tutti gli uomini del generale

Un libro che chiarisce molti punti della vicenda che ha portato alla sconfitta del terrorismo è quello di Fabiola Paterniti, “Tutti gli uomini del generale, la storia inedita della lotta al terrorismo“, editore Malampo. Il libro raccoglie molte interviste agli uomini che hanno composto il Nucleo Speciale Antiterrorismo, creatura del generale e a cui ha dedicato anima e corpo per diversi anni e che ha formato i migliori Carabinieri che hanno contrastato il terrorismo. Nelle interviste viene fuori come era organizzato il lavoro del nucleo e come venivano condotte le indagini nelle varie città in cui erano dislocate le squadre.

Per prima cosa bisogna ricordare che tutti gli uomini impiegati nel Nucleo erano sconosciuti, perché le loro identità erano coperte dal segreto di Stato, quindi sono rimasti nell’anonimato sia durante la loro carriera che dopo. Inoltre, l’organizzazione che il generale aveva deciso prevedeva, non solo che conoscessero il fenomeno che andavano ad indagare, ma soprattutto che sapessero coordinare i colleghi infiltrati all’interno dei gruppi terroristici e che rischiavano in prima persona.

Fabiola Paterniti
Fabiola Paterniti, autrice del libro

Le interviste

Leggendo le interviste viene fuori il rapporto speciale che c’era fra loro e Dalla Chiesa, la dedizione per i dettami del generale ma anche verso lo Stato e l’Arma dei Carabinieri, che a volte osteggiò dalla Chiesa non comprendendo fino in fondo il suo lavoro. Infatti, la carriera di dalla Chiesa, in parte riportata nel libro, è stata fra le più fulminee e importanti nella storia dell’Arma. Le interviste, oltre a svelare l’identità di molti collaboratori del generale, che oggi sono in pensione, mostrano però anche come la storia possa dimenticare protagonisti che hanno avuto un ruolo importante nel cambiarla.

Una foto del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa
Una foto del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa

Oggi, molti Carabinieri che hanno lavorato nei nuclei non sono ricordati da nessuno, non sono presenti nei libri di scuola e non vengono festeggiati per ciò che fecero. Tuttavia, il loro lavoro ha permesso agli uomini delle istituzioni di sconfiggere in due fasi differenti il terrorismo. Infatti, i nuclei furono una prima volta soppressi, senza un motivo sensato, per poi essere ricreati dopo il rapimento Moro, che gettò il paese in uno sconforto emotivo che poteva costare molto più caro di quello che costò, benché le conseguenze sono state comunque pesanti per lo Stato italiano e le sue istituzioni, ma questo è un capitolo più complicato.

Nel cercare di diffondere il più possibile i libri, bisogna cercare di evitare libri che non durano o che solo apparentemente servono a qualcosa, quando in realtà a ben guardare sono solo fuochi di paglia. Questo saggio, scritto per ricordare e riesumare fatti dimenticati, ha il pregio di essere un veicolo attraverso il quale persone, che non hanno mai parlato, possono raccontare la loro storia.

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La strage di Bologna del 2 agosto 1980 https://cultura.biografieonline.it/la-strage-di-bologna/ https://cultura.biografieonline.it/la-strage-di-bologna/#comments Wed, 02 Aug 2023 05:43:45 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=713 La strage di Bologna

Alle 10,25 del 2 agosto 1980 avviene un atto terroristico che non ha precedenti per la giovane democrazia italiana. Una bomba dalla devastante capacità offensiva esplode nella sala d’attesa di seconda classe della stazione di Bologna. La bomba era stata collocata sopra ad un tavolo vicino al muro ovest del locale, un muro portante che esplodendo causò maggiori danni a causa dell’onda d’urto. Il bilancio delle vittime è impressionante: 85 morti e 200 feriti.

Strage di Bologna - Giornale
La Strage di Bologna: prima pagina del Resto del Carlino (quotidiano di Bologna) del giorno successivo, 3 agosto 1980

Dopo l’iniziale shock che non permette subito di capire le cause dell’esplosione (subito si parlò infatti di un incidente tecnico che aveva fatto esplodere una delle caldaie della stazione), i servizi  ospedalieri e di sicurezza della città si attivarono per effettuare i primi soccorsi.

Molti cittadini parteciparono al recupero dei corpi e alla prima assistenza dei feriti. Le ambulanze e le auto di polizia e carabinieri non erano sufficienti per il trasporto dei feriti, per cui furono impiegati anche autobus delle linee cittadine oltre a taxi, auto dei vigili e dei carabinieri e anche auto private.

La città

La zona della stazione fu completamente bloccata e le auto parcheggiate rimosse con velocità, in un clima organizzativo preciso e guidato dalla volontà a fare di tutto per aiutare chi ne aveva bisogno. Nei giorni successivi ci furono molte manifestazioni a sostegno della città e contro gli attentatori, ancora anonimi, e contro gli uomini politici e rappresentanti dello Stato che venivano in città.

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All’epoca il presidente della Repubblica era Sandro Pertini che lo stesso giorno dell’attentato arrivò a Bologna in elicottero: l’unico ad essere accolto dai cittadini con rispetto. Il presidente del consiglio era Francesco Cossiga che negli anni ha dato diverse versioni sulle cause dell’attentato.

Inizialmente, infatti, il governo dichiarò che la causa dell’esplosione doveva essere attribuita a un incidente fortuito, in seguito, però, dopo le prime indagini dei carabinieri e della polizia, fu chiaro che si era trattato di un evento doloso causato da un esplosivo in uso soprattutto ad organizzazioni paramilitari. Le ipotesi si diressero verso strutture terroristiche di stampo fascista.

Tuttavia negli anni Cossiga smentì questa ipotesi dicendo di essere stato mal informato e diede diverse versioni, la più famosa delle quali fu che si trattava di una bomba trasportata da un terrorista palestinese e che esplose per errore in stazione mentre l’uomo stava aspettando un altro treno.

Le ipotesi e le contro ipotesi sull’attentato costellarono tutti gli anni delle indagini e anche dopo la sentenza che dichiarò colpevoli del massacro gli esponenti dei NAR e neofascisti Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, capi delle strutture combattenti fasciste e compagni di vita.

Entrambi si sono sempre dichiarati innocenti, benché abbiano confessato diversi omicidi e stiano scontando l’ergastolo si sono sempre rifiutati di accettare la versione della magistratura.

Non furono i soli coinvolti nel processo e condannati, ci furono, infatti, anche altri esponenti di destra e uomini dei servizi segreti militari, come Francesco Pazienza del SISMI ed anche il capo della Loggia P2 Licio Gelli, che vennero accusati di aver depistato le indagini. Ma la tesi principale ha sempre visto coinvolti soprattutto loro due.

La stazione di Bologna dopo la strage del 2 agosto 1980
La stazione di Bologna dopo la strage del 2 agosto 1980

Il clima politico dell’epoca

Il clima politico dell’epoca era molto complesso e il rapporto fra i servizi segreti, le forze di polizia, la politica e la magistratura ha costruito un groviglio di indagini complesse e non sempre definitive.

L’Italia in quegli anni si trovava a dover sostenere la politica estera americana in difesa di Israele ma contemporaneamente aveva preso accordi con i Palestinesi affinché, per evitare ritorsioni terroristiche, sul suolo della Penisola potessero transitare armi da e verso l’Europa.

Il fatto quindi che potesse esserci un terrorista palestinese in transito non era del tutto incoerente. Tuttavia per avallare questa tesi non ci furono mai prove certe ma solo alcune evidenze come ad esempio la presenza in città, il giorno della strage, del terrorista Thomas Kram, legato al gruppo diretto dal famigerato Carlos.

La tesi dell’incidente

L’incidente, però, non è una tesi del tutto abbandonata. Recentemente, infatti, la procura di Bologna ha aperto un’indagine contro Kram e Christa Margot Frohlich anche lei del gruppo di Carlos seguendo così la pista palestinese.

Carlos stesso in una recente intervista ha accusato CIA e Mossad dell’attentato al fine di punire l’Italia per il cosiddetto “Lodo Moro”: un accordo segreto stipulato con Arafat per permettere il transito di terroristi palestinesi su suolo italiano in cambio di immunità da attentati contro le nostre città.

Per molti le cause della strage sono ancora ignote e, malgrado spesso si sia parlato più volte anche del coinvolgimento diretto dei nostri Servizi Segreti, le ombre e gli omissis sono purtroppo ancora troppi.

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V13. Cronaca giudiziaria: un processo in un libro, di Emmanuel Carrère https://cultura.biografieonline.it/v13-libro-carrere/ https://cultura.biografieonline.it/v13-libro-carrere/#respond Tue, 13 Jun 2023 15:51:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41226 Un saggio di Carrère che apre ferite per rimanere svegli
V13. Cronaca giudiziaria: libro di Emmanuel Carrère
V13. Cronaca giudiziaria – libro di Emmanuel Carrère

V13 è il titolo di un saggio di Emmanuel Carrère. Nel 2015 eravamo assorbiti dagli attentati terroristici che colpivano la Francia e non solo, e che minacciavano di destabilizzare l’ordine mondiale assieme alla sicurezza europea. Nel 2023 siamo assorbiti da altri problemi; come se l’attualità potesse essere scrollata via per fare posto ad un altro evento e poi ad un altro, fino a quando non rimane neppure la voglia di sapere e di conoscere e la morte diventa banale.

Fa un certo effetto notare come le élite politiche non facciano altro che seguire i problemi immediati, dimenticando fatti e questioni, come quella climatica e ambientale, che sono invece il nostro futuro.

Anche la violenza terroristica, seppellita dalla guerra in Ucraina e dalle crisi sociali, rimane un problema da capire e una minaccia da considerare concretamente.

Ci rimangono allora i libri, come testimonianza profonda, in un mondo di social e immagini, di ciò che realmente è accaduto, per approfondire, conoscere e capire un fenomeno così complesso e terribilmente devastante.

Emmanuel Carrère ha scritto un libro, intitolato V13. Cronaca giudiziaria e pubblicato dalla casa editrice Adelphi, in cui ha raccolto la cronaca del processo che vede imputati un terrorista sopravvissuto e altri complici più o meno indiretti degli attentati.

V13 - frase del libro

Il male subìto

In questo saggio che riprende la letteratura delle cronache giudiziarie c’è tutto il male che le persone hanno subìto come vittime e parenti delle vittime; c’è una narrazione senza retorica su cosa ha portato gli attentatori a commettere i loro crimini; e soprattutto c’è il lettore che apre gli occhi su una strage che solo un libro può raccontare in questo modo, approfondendo le radici complesse di un lutto causato dal nulla.

In questo senso, l’autore è presente, si interroga, cerca di capire e poi lascia spazio alle intuizioni del lettore e alle sue angosce difronte ad eventi che ci allontanano sempre di più dalla nostra umanità.

Perché uccidere in quel modo?

Per vendicarsi dagli attacchi dell’aviazione francese contro i siriani e gli iracheni, questo viene detto al processo, o meglio viene ricordato dalle vittime, perché gli attentatori, dopo averlo detto, si sono fatti saltare in aria.

L’analisi del processo

Ma il saggio non è solo il racconto delle vittime e del loro dolore causato dall’insensatezza – e già basterebbe. È anche un’analisi del processo che cerca di fare giustizia, indagando, facendo parlare tutti coloro che sono stati coinvolti o direttamente o attraverso i loro avvocati.

E in questo processo ci rendiamo conto per l’ennesima volta che raccontare significa approfondire chirurgicamente, analizzare senza filtri ciò che è accaduto per non lasciare nulla di non indagato, di non verificato e di non capito.

Il libro V13. Cronaca giudiziaria ci aiuta a capire.

E non è poco, anche se non è sufficiente.

Ne usciamo dalla lettura con una ferita in più, necessaria, come è necessario cercare di comprendere la realtà di una strage, di una serie di delitti che hanno distrutto vite preziose, innocenti e inconsapevoli.

V13 - libro
V13 – libro
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Guerra del Golfo (1990-1991): antefatti, cause e analisi storica https://cultura.biografieonline.it/guerra-del-golfo/ https://cultura.biografieonline.it/guerra-del-golfo/#comments Wed, 13 Feb 2019 11:08:01 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25993 La Guerra del Golfo fu il primo atto delle ostilità fra il dittatore iracheno Saddam Hussein, detto il “Rais ” (il presidente) e la Coalizione di 30 Paesi capeggiati dagli Stati Uniti sotto l’egida dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ebbe luogo nei territori di Iraq e Kuwait tra il 2 agosto 1990 e il 28 febbraio 1991.

Guerra del Golfo: le truppe della Coalizione si preparano all'intervento militare
Guerra del Golfo: le truppe della Coalizione si preparano all’intervento militare

L’antefatto: Iraq, Iran e Kuwait

Nel settembre 1980 Saddam Hussein condusse il Paese in guerra contro il confinante Iran allo scopo di allargare i confini e aumentare il potere rispetto a estrazione ed esportazione del petrolio. La guerra tra Iraq e Iran finì nel 1988.

Hussein uscì dal conflitto senza aver ottenuto quanto sperato e, in più, con un ingente debito con Kuwait e Emirati Arabi contratto per l’acquisto delle armi utilizzate nella guerra contro Teheran.

A seguire, i creditori contravvennero alle direttive dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec) superando le quote di produzione di greggio e facendo crollare così il prezzo del petrolio.

Saddam rispose che avrebbe tollerato tale azione solo se avesse ottenuto in cambio:

  • la cancellazione del debito di guerra;
  • la cessione a suo favore di un giacimento sul confine e di alcune isole strategiche.

Il Kuwait rispose negativamente a queste richieste guadagnandosi l’invasione irachena che partì il 2 agosto del 1990.

L’inizio della Guerra del Golfo: gli schieramenti

L’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein venne subito condannata dalle Nazioni Unite che risposero imponendo il ritiro delle truppe irachene entro il 15 gennaio del 1991.

Seguì l’operazione “Desert Shield” ovvero “Scudo nel deserto”, diretta dall’allora presidente statunitense George H. W. Bush. Un intervento, datato 7 agosto 1990, volto a prevenire l’invasione irachena dell’Arabia Saudita, paese alleato nonché fornitore di petrolio degli Usa.

A distanza di tre mesi, il 29 novembre del 1990, l’Onu lanciò un nuovo ultimatum secondo il quale, qualora Saddam non si fosse ritirato dal Kuwait entro il 15 gennaio del 1991, insieme alle sanzioni e alla condanna, si sarebbe legittimato l’uso della forza contro l’Iraq.

Intanto, si definirono gli schieramenti. Da una parte l’Iraq di Saddam Hussein appoggiato da Gheddafi (Libia) e Arafat (Organizzazione per la liberazione della Palestina, OLP), con l’Iran neutrale dopo la pace stipulata a fine del conflitto degli anni Ottanta.

Dall’altra parte la Coalizione guidata dagli Stati Uniti d’America in cui convogliano oltre 30 Paesi del mondo fra cui anche Francia, Germania e Italia. L’Italia partecipò al conflitto in 4 interventi dell’operazione “Golfo 2”, con la sua Marina militare.

La disattesa dell’ultimatum e l’operazione “Desert storm”

Mentre si avvicinava la scadenza dell’ultimatum Onu, l’Iraq chiuse le proprie frontiere, con stranieri e diplomatici bloccati e usati dal Rais come “scudi umani”. Il 16 gennaio del 1991, all’indomani dell’ultimatum, dissateso, la Coalizione fece scattare l’operazione “Desert Storm” o “Tempesta nel deserto”, la più imponente operazione alleata dal 1945 in poi.

Si contarono infatti circa 1000 uscite al giorno, venne bombardata fortemente la città di Baghdad, si combatté in aria e in terra. La missione contro l’Iraq di Hussein constò di tre fasi:

  1. la soppressione delle difese con il conseguente controllo di spazio aereo, linee di trasporto e posti di comando;
  2. la disabilitazione dell’esercito iracheno attraverso l’abbattimento delle infrastrutture demandate ai combattimenti e non solo;
  3. il combattimento diretto con le forze irachene a quel punto decimate e indebolite dalla resistenza alle due fasi precedenti.

Bombe intelligenti contro Scud

Il 13 febbraio del 1991 due bombe intelligenti della Coalizione andarono a colpire un presunto centro militare di comunicazione uccidendo 400 persone. Più avanti gli iracheni denunciarono l’accaduto spiegando come il luogo attaccato fosse un rifugio civile.

Documenti successivi dimostrarono che il sito era adibito ad entrambe le finalità presunte dall’una e dall’altra parte.

Saddam rispose con il lancio di missili Scud sulle basi della Coalizione in Arabia Saudita e Israele, sperando di trascinare questo ultimo in guerra. Non accadde: Israele non rispose nel timore di trascinare tutti gli stati arabi delle Coalizione in guerra (solo la Giordania, infatti, si era dichiarata neutrale).

Un nuovo ultimatum ONU e la fine della guerra

Il 22 febbraio del 1991 l’ONU lanciò un nuovo ultimatum per il ritiro definitivo di Saddam dal Kuwait. Quattro giorni dopo, mentre la Coalizione era penetrata nel Kuwait, Saddam batté in ritirata.

Il Rais, però, diede ai suoi l’ordine di incendiare tutti i pozzi petroliferi sulla strada del rientro in patria. Questo ultimo atto di belligeranza causò la cosiddetta “Autostrada della morte”: le forze irachene in ritirata furono bombardate dalla Coalizione fino a oltre 200 chilometri da Baghdad.

Guerra del Golfo: un carro armato statunitense con pozzi di petroli incendiati sullo sfondo
Un carro armato statunitense con pozzi di petrolio incendiati sullo sfondo

Il 28 febbraio 1991 Bush dichiarò la liberazione del Kuwait e la fine della guerra. Il 3 marzo l’Iraq firmò il cessate il fuoco, accettò il disarmo e le pesanti sanzioni economiche inflitte dalle Nazioni Unite.

L’Iraq dopo la Guerra del Golfo

Mentre gli Usa si insediarono nel Paese con le proprie basi militari, l’Iraq uscì dal conflitto con ingenti perdite militari, civili e anche economiche. Danni tali da creare una crisi da cui il Paese non si sarebbe mai più risollevato.

Al termine della Guerra del Golfo, poi, la palla passò nelle mani dei Curdi Sciiti (etnia in contrapposizione ai Sunniti di Saddam) che si sarebbero impegnati nel rovesciare la dittatura di Hussein.

Tuttavia, non solo questa rivoluzione non accade mai, ma anzi Hussein riprese il potere, reprimendo le rivolte con l’uso di armi chimiche e reinserendo la Sharia nel sistema legislativo del Paese.

All’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, anche Hussein entrò nel mirino di George W. Bush. Gli Stati Uniti, infatti, a causa del possesso di Hussein di armi di distruzioni di massa e per i suoi contatti con Al Qaida (fattori poi smentiti ufficialmente) si lanciarono in un secondo atto della guerra contro l’Iraq (Iraqi Freedom, dal 20 marzo 2003).

Questo conflitto condusse alla cattura di Hussein il 13 dicembre 2003. Il Rais, infine, fu processato e condannato a morte per crimini contro l’umanità. La sua impiccagione, il 30 dicembre del 2006, mise fine a un gravissimo capitolo della storia mondiale.

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Anni di piombo: i giornalisti e le Brigate Rosse https://cultura.biografieonline.it/giornalisti-brigate-rosse/ https://cultura.biografieonline.it/giornalisti-brigate-rosse/#respond Fri, 21 Jul 2017 10:14:11 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22860 I giornalisti nel mirino delle Br

A partire dal 1977 anche i giornalisti entrano nel mirino dei terroristi rossi (Brigate Rosse). Tra il primo e il 3 giugno, tre direttori vengono gambizzati a Genova, Milano e Roma. Si tratta di Vittorio Bruno de “Il Secolo XIX”, Indro Montanelli de “Il Giornale” e Emilio Rossi del “Tg1”. Lo scopo è quello di intimorire il mondo giornalistico. Nei mesi di luglio e settembre vengono feriti altri giornalisti e a novembre i brigatisti alzano il tiro sparando a Carlo Casalegno, vice direttore de “La Stampa”, che muore dopo tredici giorni.

Indro Montanelli
Indro Montanelli

L’agguato di Carlo Casalegno

È il 16 novembre del 1977 quando Carlo Casalegno viene ferito dalle Brigate Rosse a Torino. Colpito con quattro pallottole alla testa, rimane vivo per 13 giorni ricoverato in terapia intensiva presso l’ospedale Le Molinette. Muore il 29 novembre, dopo vari giorni di agonia. Casalegno Aveva ricevuto minacce, una bomba era arrivata al giornale, da alcuni giorni era scortato. Quel giorno un improvviso mal di denti lo costringe ad andare dal dentista: è senza scorta. Quando arriva a casa, ad attenderlo nell’androne trova gli assassini, che gli sparano a bruciapelo.

1980, la Brigata 28 marzo: ancora attentati

Il terrorismo si scatena di nuovo contro i giornalisti nel 1980. La Brigata 28 marzo, gruppo terroristico di estrema sinistra, ferisce a Milano Guido Passalacqua inviato di “Repubblica”. A maggio uccide Walter Tobagi, giovane inviato del “Corriere della Sera”. È un delitto feroce e assurdo che desta sospetti perché il volantino di rivendicazione appare scritto da persone che hanno una buona conoscenza del mondo del giornalismo milanese. Per i socialisti i mandanti vanno cercati in via Solferino, sede del Corriere. I processi contro Marco Barbone e i suoi compagni dimostrano l’infondatezza di questi sospetti.

Walter Tobagi
Walter Tobagi

Il delitto di Walter Tobagi

È il 28 maggio 1980 quando, poco prima delle 11, il giornalista esce di casa e si reca verso via Salaino, dove ha lasciato l’auto in un garage. Viene affiancato da due giovani armati: sparano, Tobagi cade a terra, vicino al marciapiede. Si saprà poi che all’agguato partecipano sei giovani: Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele Laus e Manfredi De Stefano. A sparare il colpo mortale è Marco Barbone.

Chi è Marco Barbone

All’epoca dei fatti Barbone ha 22 anni. E’ esponente della Milano “bene”, leader dell’organizzazione terroristica di estrema sinistra, chiamata “Brigata 28 marzo”. Nata a Milano nel maggio del 1980 con lo scopo di lottare e contrastare il mondo dei media, in particolare i giornalisti della carta stampata.

Il sequestro Aldo Moro

I problemi più complessi sorgono dall’evento cruciale: il sequestro di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana. La notizia del sequestro e del massacro della scorta viene diffusa la mattina del 16 marzo 1978 dalla radio, dalla televisione e dalle edizioni straordinarie di molti quotidiani. Nel corso della prigionia, i servizi segreti non riescono a trovare Moro. Nasce il dibattito, in Italia, tra chi sostiene la necessità di trattare con le Brigate Rosse e chi, al contrario, rifiuta ogni compromesso. Così lo Stato non tratta: il 9 maggio del 1978 il cadavere del presidente della Dc viene ritrovato all’interno di una Renault 4, a Roma, in via Michelangelo Caetani.

Aldo Moro sequestrato dalle BR (Brigate Rosse)
Aldo Moro sequestrato dalle Br (Brigate rosse)

1980: Le Br sfidano i giornali

Alla fine del 1980 le Br sfidano direttamente i giornali. Per rilasciare il magistrato Giovanni D’Urso chiedono che vengano pubblicati i proclami dei loro compagni incarcerati a Trani e a decidere se accettare o meno devono essere i giornali. La maggior parte delle testate respinge il ricatto, mentre pubblicano i proclami “Il Messaggero”, “Il Secolo XIX”, “L’Avanti!”, “Il Manifesto” e  “Lotta continua”.

Il “Corriere della Sera” decide di adottare il “completo silenzio stampa” e quindi di non dare neppure notizie riguardanti il terrorismo. Gli altri quotidiani del gruppo devono adottare la stessa linea. Nel 1982, subito dopo la pubblicazione dei documenti brigatisti e la chiusura del supercarcere dell’Asinara, i terroristi rilasciano il magistrato.

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Achille Lauro: breve storia del sequestro della nave https://cultura.biografieonline.it/achille-lauro-storia/ https://cultura.biografieonline.it/achille-lauro-storia/#respond Fri, 22 Jan 2016 16:31:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16292 Sono passati oltre 30 anni dal sequestro della nave Achille Lauro, avvenuto il 7 ottobre 1985. Fu allora che quattro terroristi palestinesi sequestrarono la nave da crociera italiana, per poi liberare gli ostaggi due giorni dopo, il 9 ottobre.

Sequestro Achille Lauro - giornale - 7 ottobre 1985
Il sequestro dell’Achille Lauro: la prima pagina del Corriere della Sera del 9 ottobre 1985

Il sequestro dell’Achille Lauro

Il sequestro avvenne al largo delle coste egiziane. A bordo della nave c’erano 400 persone, gli altri passeggeri si trovavano a terra per un’escursione. Intorno alle 13 del 7 ottobre, i terroristi armati prendono il controllo dell’Achille Lauro: durante il processo dichiararono che in realtà volevano compiere un attentato nel porto israeliano di Ashdod, una delle tappe della nave, ma essendo stati scoperti, decisero di eseguire il sequestro. In cambio, i quattro terroristi, dichiaratisi appartenenti all’Olp, chiesero subito la liberazione di 52 palestinesi detenuti in Israele. In verità, i terroristi appartenevano al Fronte per la liberazione della Palestina, gruppo radicale all’interno dell’Olp, che si opponeva alla linea di Yasser Arafat, che negò ogni responsabilità.

Achille Lauro - Nave
Una foto della nave Achille Lauro. Il suo nome viene dall’armatore napoletano (1887 – 1982).

La liberazione degli ostaggi

È così che il governo italiano (Bettino Craxi) con il ministro degli Esteri (Giulio Andreotti) decise di chiedere la collaborazione del presidente palestinese. Una mossa che permise, grazie all’invio di due mediatori da parte di Arafat, di liberare gli ostaggi: i dirottatori, infatti, si consegnarono alle autorità egiziane. Da quel momento, l’Achille Lauro si diresse a Port Said, attraccando il 10 ottobre 1985.

La reazione degli Stati Uniti

La fine del sequestro non fu senza conseguenze, dal momento che si apprese che i terroristi avevano ucciso Leon Klinghoffer, un ebreo e cittadino americano, disabile, che era stato ucciso e buttato in mare. Così gli Stati Uniti decisero di reagire: quando l’aereo egiziano con a bordo i terroristi decollò per recarsi a Tunisi, scattò l’azione degli Stati Uniti che intercettando l’aereo, lo fecero atterrare nella base Nato di Sigonella, dopo che il presidente, Ronald Reagan, ottenne il permesso all’atterraggio da Craxi. Da qui, la rivendicazione di gestire la situazione da parte del governo italiano, che non permise agli Stati Uniti di prelevare i terroristi e i mediatori dell’Olp: così l’aereo venne circondato dai militari italiani, impedendo agli americani di avvicinarsi.

L’arresto dei terroristi

I terroristi vennero arrestati dagli italiani, e fu negata a Reagan la consegna dei dirottatori per farli processare in America: Craxi rispose infatti che i quattro erano colpevoli di reati commessi in acque internazionali ma su una nave italiana e, di conseguenza, la competenza era della magistratura italiana. Da qui i terroristi furono portati in carcere, a Siracusa, poi processati e condannati. Tra i mediatori, venne condannato in contumacia come mandante dell’azione Abu Abbas, che prima venne liberato in quanto ancora identificato come mediatore. Successivamente rifugiatosi in Iraq, fu poi catturato nel 2003 dagli americani e morì in carcere l’anno successivo.

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Isis: cosa è? La spiegazione https://cultura.biografieonline.it/isis-minaccia-mondiale/ https://cultura.biografieonline.it/isis-minaccia-mondiale/#respond Wed, 24 Sep 2014 11:06:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=12111 L’Isis è un gruppo terroristico conosciuto in Occidente per essere il principale avversario militare del regime siriano di Bashar al Assad. Nel 2012 sono iniziati i primi scontri con le truppe regolari siriane. Tuttavia l’Isis ha un’identità e scopi più complessi. Si definisce uno “stato” che ha lo scopo di fondare un califfato. Il significato della sigla è: Stato Islamico dell’Iraq e del Levante.

Un missile Scud in mano alle forze militari dell'Isis
Luglio 2014: un missile Scud mostrato dall’Isis per propaganda (Foto: NBC news)

Le sue basi sono distribuite su un territorio assai vasto, posto fra l’Iraq e la Siria, in cui agisce in modo autonomo, ricavando le risorse economiche per le sue attività militari e terroristiche dai giacimenti petroliferi e dalle centrali elettriche sottratte dalle truppe allo stato Siriano.Il suo scopo militare non è solo la distruzione dell’Occidente ma anche fomentare una guerra interna all’Islam e contro tutti i mussulmani che vengono definiti o si definiscono moderati.

Bashar Al-Assad
Bashar Al-Assad, leader politico e presidente della Siria

Dove nasce l’ISIS

L’Isis, in un certo senso, nasce da Al Qaeda, il gruppo terroristico conosciuto soprattutto per aver organizzato gli attacchi alle Torri gemelle di New York, l’11 settembre 2001. Il primo leader dell’Isis è stato Abu Musab al-Zarqawi, uno dei leader di Al Qaida, che nel 2000 si staccò da Bin Laden e decise di fondare una propria organizzazione. Al-Qaida era nata per colpire tutti i paesi occidentali che avevano interessi ed esercitavano pressioni militari, politiche ed economiche sui paesi mussulmani. Zarqawi invece ebbe l’ambizione di voler scatenare una guerra religiosa fra sunniti e sciiti.

Bin Laden
Osama Bin Laden

Scopo e ideologia dell’Isis

L’obiettivo dell’Isis di al-Zarqawi era la creazione di un califfato di religione sunnita. Per farlo Zarqawi aveva progettato una serie di attentati molto cruenti in siti turistici e in luoghi ad ampia densità di persone, come luoghi religiosi o commerciali. Lo scopo era seminare il terreno mettendo in seria difficoltà le istituzioni, e facendo sollevare i sunniti a favore del califfato.

Breve storia dell’Isis

Per realizzare questo progetto, Zarqawi ordinò nel 2003 di fare esplodere un’autobomba in una delle moschee della città di Najaf. Morirono 125 persone di religione sciita e fra queste il leader sciita Muhammad Bakr al-Hakim. Ma fu solo l’inizio.

Gli attentati si moltiplicarono e il gruppo di al-Zarquawi, che all’epoca si chiamava AQI, si alleò con Osama Bin Laden.

Nel 2006 Zarqawi venne ucciso dagli americani e al-Baghdadi prese il suo posto. Gli attentati continuarono ma la strategia degli americani, comandati dal generale Petreus che operò una repressione militare del terrorismo con un’alleanza con le tribù sunnite moderate, ridimensionò notevolmente l’efficacia degli attentati dell’ AQI.

Dal 2011 al 2013, invece, il gruppo si rafforzò e riorganizzandosi, grazie anche ai successi dell’offensiva militare in Siria. E’ nel 2013 che l’AQI cambiò il suo nome in Isis (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante) ufficializzando così la sua ambizione di conquistare anche i popoli del Mediterraneo orientale.

Nel 2014

L’isis nel 2014 si compone di 8.000 guerriglieri che però sono alleati con alcune tribù sunnite e con gruppi baathisti iracheni. Il suo scopo è rovesciare il primo ministro iracheno Nuri al-Maliki di religione sciita e per ottenere questo risultato cerca di fomentare una guerra religiosa fra sunniti e sciiti.

Dall'estate del 2014 l'ISIS ha iniziato a mostrare al mondo la sua violenza diffondendo video delle decapitazioni di prigionieri occidentali.
Dall’estate del 2014 l’ISIS ha iniziato a mostrare al mondo la sua violenza diffondendo video delle decapitazioni di prigionieri occidentali.

La tattica militare dell’Isis trova l’opposizione della maggior parte dei paesi occidentali, Stati uniti in testa. L’Isis deve inoltre contrastare truppe d’elite di diversi paesi fra cui anche gli iraniani che non vedono positivamente la crescita sunnita in Iraq.

L’Isis non gode dell’appoggio di al Qaida, che ha rotto l‘alleanza con loro, per i massacri perpetrati contro i ribelli siriani moderati.

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Lo scenario futuro

L’Isis è autonoma, economicamente indipendente, ma in Iraq non ha le stesse risorse conquistate in Siria. Inoltre in Siria ha potuto muoversi agevolmente perché non c’è stato alcun intervento esterno, mentre oggi si trova a dover contrastare potenze estere ben più forti e ricche della Siria.

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Gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 https://cultura.biografieonline.it/11-settembre-2001-attentati/ https://cultura.biografieonline.it/11-settembre-2001-attentati/#comments Wed, 16 Jul 2014 15:09:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11584 Organizzati e realizzati in modo suicida da un gruppo di terroristi aderenti ad al-Qaida, i quattro attentati messi in atto contro obiettivi civili e militari nel territorio degli Stati Uniti d’America, saranno per sempre ricordati con la data della loro esecuzione: l’11 settembre 2001.

11 settembre 2001 - World Trade Center
11 settembre 2001: il World Trade Center in fumo dopo lo schianto degli aerei

La ricostruzione storica

Siamo stati vittima di un attentato terroristico. Daremo la caccia con tutte le nostre forze per trovare i colpevoli”. È l’annuncio fatto alla televisione dal presidente degli Stati Uniti, George W. Bush a distanza di poco tempo dall’attacco alle Twin Towers, avvenuto l’11 settembre 2001 a New York. La città viene messa in ginocchio. Sono tantissime le vittime.

New York: le torri gemelle del World Trade Center

Sono le nove del mattino a New York, quando un aereo si schianta contro una delle torri gemelle del World Trade Center, a Manhattan. Diciotto minuti dopo, le telecamere della CNN e della BBC riprendono in diretta la scena del secondo aereo che si schianta dentro la seconda torre.

11 settembre 2001: foto dello schianto contro le Torri Gemelle
New York: l’esplosione provocata dallo schianto di un aereo dirotatto contro le Torri

Il Pentagono

Pochi attimi e arriva l’annuncio che un terzo aereo è stato dirottato: il terzo velivolo si schianta vicino al Pentagono, dove esplode immediatamente un incendio. Un’ala del Pentagono crolla.

Un’autobomba esplode davanti al Dipartimento di Stato. Passano solo pochi minuti e arriva un’altra notizia: un altro aereo si è schiantato nell’ovest della Pennsylvania, nel distretto di Somerset.

Intanto le due torri gemelle colpite dagli aerei crollano, si alza una nuvola di polvere che inghiotte le vittime del disastro.

Cronologia

  • New York, ore 8.48: un aereo si schianta contro una delle due torri gemelle del World Trade Center, restando incastrato nella facciata della torre.
  • New York, ore 9.03: un secondo aereo colpisce la seconda torre.
  • Ore 9.43: un aereo colpisce l’edificio del Pentagono.
  • Ore 10.10: un aereo si schianta al suolo in Pennsylvania.
  • Ore 10.38 Un’autobomba esplode davanti al Dipartimento di Stato, a Washington.

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Le telefonate delle vittime

Dagli aerei alle torri gemelle: centinaia di telefonate da parte delle vittime.

Ascoltami, mi devi ascoltare molto attentamente. Sono su un aereo. E’ stato dirottato. Ti amo tanto. Di’ ai miei figli che li amo tanto“. Ceecee Lyles è una hostess, che si trova sul volo United Airlines 93, uno di quelli dirottati l’11 settembre 2001, quello che andrà a schiantarsi sulla Pennsylvania.

Telefonate come questa, quella mattina dell’11 settembre 2001, ne sono arrivate centinaia: prima al numero di emergenza degli Usa, poi con la consapevolezza di dover morire, ai propri cari.

I miei unici pensieri sono per Nicholas, Ian e te” si legge in un sms inviato l’11 settembre. “Sono terrorizzata. Ho bisogno di dirti quanto veramente ti ami. Diane“. Telefonate di aiuto arriveranno anche dalle torri gemelle, ma i soccorsi non riusciranno a salvare le vittime.

Bin Laden
Bin Laden

L’attentato terroristico

L’attacco terroristico è firmato Osama Bin Laden: era “dovere di ogni musulmano uccidere gli americani in qualunque luogo”.

Sono diciannove affiliati dell’organizzazione terroristica di al Qaida a dirottare i quattro voli civili. Gli attacchi causarono circa tremila vittime. Nell’attacco alle Twin Towers le vittime furono 2.752. Furono invece 70 le diverse nazionalità delle vittime.

Le torri gemelle erano obiettivi legittimi, esse sostenevano il potere economico degli Stati Uniti. Questi eventi sono stati grandi sotto tutte le dimensioni.Così poi dichiarerà il leader di Al-Qaeda.

La lista dei nomi dei dirottatori

Quindici, dei diciannove dirottatori provenivano dall’Arabia Saudita, due dagli Emirati Arabi Uniti, uno dall’Egitto e uno dal Libano. Si trattava di gente matura e istruita ad hoc. Ecco la lista dei nomi:

American Airlines 11:
– Satam Al Suqami
– Waleed M. Alshehri
– Wail Alshehri
– Mohamed Atta
– Abdulaziz Alomari

United Airlines 175:
– Marwan Al-Shehhi
– Fayez Ahmed
– Ahmed Alghamdi
– Hamza Alghamdi
– Mohald Alshehri

American Airlines 77:
– Khalid Al-Midhar
– Majed Moqed
– Nawaq Alhamzi
– Salem Alhamzi
– Hani Hanjour

United Airlines 93:
– Saeed Alghamdi
– Ahmed Alhaznawi
– Ahmed Alnami
– Ziad Jarrahi

La morte di Bin Laden

È il 6 maggio 2011 quando si diffonde la notizia della morte di Bin Laden. “Lo vendicheremo, gli attacchi terroristici continueranno”, questa la minaccia di al Qaida, che aveva messo a punto un nuovo attentato per il decennale dell’11 settembre.

Nel mirino degli attentatori c’era la rete ferroviaria Usa. È quanto risulterebbe dai documenti sequestrati nel coumpound, dove abitava ed è stato ucciso Osama Bin Laden. “Abbiamo decapitato al Qaida e alla fine vinceremo”, con queste parole il presidente degli Stati Uniti Obama, commentò l’uccisione del terrorista.

Un museo per ricordare le vittime

È stata avviata nel 2006 la costruzione e terminato cinque anni dopo, il National September 11 Memorial & Museum presso il New World Trade Center, dove sorgevano le torri gemelle.

Una foto del Museo dedicato ai fatti e alle vittime dell'11 settembre 2001
National September 11 Memorial & Museum, New York: una foto della frase sul muro che riporta una citazione di Virgilio, dedicata alla vittime dell’11 settembre. “Nessun giorno vi cancellerà dalla memoria del tempo” (No day shall erase you from the memory of time)

Il monumento è stato inaugurato durante il decennale dell’attentato, mentre il museo è stato aperto al pubblico il 21 maggio 2014. Al posto delle torri gemelle, ci sono due fontane: sui bordi l’incisione dei nomi delle 2.983 persone morte nel disastro.

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Gli attacchi terroristici di Sharm El Sheikh del 2005 https://cultura.biografieonline.it/sharm-el-sheikh-bombe-2005/ https://cultura.biografieonline.it/sharm-el-sheikh-bombe-2005/#respond Mon, 15 Oct 2012 15:21:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=4149 Sharm El Sheikh è una località marittima molto apprezzata dai turisti di tutto il mondo: è situata nella parte meridionale dell’Egitto, precisamente nella penisola del Sinai. Proprio perché meta turistica da parte di tanti occidentali, l’Egitto è considerato un luogo “caldo” per gli attentati di matrice terroristica. Il 23 luglio 2005 proprio in Egitto una serie di attacchi terroristici hanno sconvolto la città turistica di Sharm El- Sheikh: le vittime sono state diverse decine, tra cui sei italiani. Quella avvenuta nel 2005 è l’azione terroristica con il maggior numero di vittime nella storia dell’Egitto, e la data coincide con il “Giorno della Rivoluzione” (la ricorrenza che ricorda lo spodestamento del sovrano Faruq da parte di Nasser, avvenuta nel 1952).

Gli attacchi terroristici di Sharm El Sheikh del 2005

Secondo le fonti, l’attacco a Sharm El Sheikh è stato provocato da tre diverse autobombe. La prima esplosione è avvenuta durante la notte, presso il “Mercato Vecchio” di Sharm, verso le 01.15 (ora locale): in questo orario la maggior parte dei turisti è solitamente ancora in giro nei locali o ristoranti della zona, quindi poteva andare molto peggio, una vera e propria carneficina.

Gli attacchi terroristici di Sharm El Sheikh del 2005

La seconda bomba ha colpito invece un hotel a quattro stelle, il “Ghazala Gardens” situato fuori dalla città (a circa sei chilometri, sulla costa), frequentato per lo più da turisti di tutto il mondo. Le due autobombe, molto forti, hanno fatto sentire il loro rumore anche a distanza di molti chilometri. A causa di questi attentati l’affluenza dei turisti occidentali si è fermata per circa due mesi. Pare che oggi, seppure in lieve calo a causa della crisi economica, ci sia una ripresa.

L’anno dopo, il 26 aprile 2006, i terroristi hanno colpito la località di Dahab: il bilancio delle vittime è stato di 18 persone, la maggior parte di esse proveniva dall’Occidente e si trovava lì in vacanza. Ma a chi va attribuita la responsabilità di questi attentati?

Per quelli del 2005 avvenuti a Sharm, sul web un gruppo chiamato “Brigate Abd Allah Azzam” ha rivendicato il gesto: si tratta di estremisti islamici che fanno capo all’organizzazione di al-Qa’ida. Successivamente altri due gruppi hanno rivendicato le esplosioni del 2005: i “Sacri guerrieri egiziani” e il “Gruppo Tawhid e Jivad in Egitto”, ma non è stato possibile accertare la veridicità delle loro affermazioni.

Per quali motivi vengono presi di mira i turisti occidentali? I militanti appartenenti a questi gruppi organizzano attentati per opporsi al governo di Mubarak e per ragioni legate al fondamentalismo islamico: per questo i loro obiettivi sono le persone che si servono dei servizi turistici dello stato e che non appartengono alla religione musulmana.

Prima del 2005, l’Egitto è stato sconvolto da altri attentati di matrice terroristica: nel 2004 a Taba, nel Sinai, sono morte trentaquattro ragazze (comprese due nostre connazionali). Il terrorismo è un fenomeno allargato, che non si può circoscrivere, per questo fa così tanta paura. La questione della sicurezza interessa tutte le nazioni del mondo, nessuna esclusa. I terroristi potrebbero colpire ovunque, chiunque potrebbe restarne vittima.

Molto toccanti i racconti dei turisti scampati alla strage, mentre erano a godersi una vacanza, la maggior parte di loro non riesce ancora a credere a ciò che ha visto e sentito. Non si è davvero più sicuri in nessuna parte del mondo? E’ questo il vero obiettivo del terrorismo: minare il senso di sicurezza delle persone, aldilà di ogni fede e nazionalità.

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La lotta armata dell’IRA (Irish Republican Army) https://cultura.biografieonline.it/ira-lotta-armata/ https://cultura.biografieonline.it/ira-lotta-armata/#comments Sun, 22 Jul 2012 14:56:17 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3280 Il 28 luglio 2005 l’IRA, (Irish Republican Army) l’Armata repubblicana  irlandese, decise di abbandonare la lotta armata contro il governo della Gran Bretagna ordinando a tutti i suoi militanti di non svolgere più alcuna azione violenta e armata per perseguire i fini politici dell’organizzazione ma di ottenere gli scopi che da sempre l’IRA si prefigge, la completa autonomia dell’Irlanda del Nord dalla Gran Bretagna, solo attraverso una serie di azioni che avrebbero dovuto rientrare nella pura dialettica politica di un movimento che ha rappresentato per molti irlandesi l’unica forma di lotta per la propria indipendenza e libertà.

IRA (Irish Republican Army)
IRA (Irish Republican Army)

Gerry Adams, leader del movimento nazionalista e indipendentista Sinn Féin di cui l’IRA è il braccio armato, dichiarò che alle 16.00 del 28 luglio, tutti coloro che appartenevano al movimento avrebbero deposto le armi. Questa dichiarazione suscitò una risposta positiva da parte del governo britannico, allora rappresentato dal Primo Ministro Tony Blair, che dichiarò il suo entusiasmo per questa decisione. Con questa decisione l’IRA pose fine a trent’anni di violenze e di guerriglia contro le truppe britanniche e i protestanti unionisti.

Gerry Adams, leader politico indipendentista nordirlandese
Gerry Adams, leader politico indipendentista nordirlandese

Uno storico punto di svolta

Il processo di pace affonda le sue radici nell’accordo del Venerdì Santo del 1998 che diede inizio alla cessazione del fuoco e all’istituzione di un’assemblea legislativa dove sarebbero stati eletti rappresentanti cattolici e protestanti e la cui sede sarebbe stata a Belfast. Il processo di pace subì diversi contraccolpi ma nel 2005, con l’abbandono radicale di tutte le forme di violenza, si arrivò ad un punto di svolta storico che ha, in seguito, permesso la discussione dei temi politici riguardanti l’indipendenza dell’Irlanda fra Sinn Fein e governo britannico su un piano strettamente diplomatico.

Che cos’è l’IRA e qual è la sua origine?

L’IRA è stata la più grossa organizzazione paramilitare dell’Irlanda. Il suo scopo principale, fin dal giorno della sua fondazione, è stato quello di riunificare l’Irlanda e di costringere gli inglesi ad abbandonare le loro strutture militari e governative presenti sul territorio irlandese ingaggiando contro quest’ultimo sia operazioni militari tradizionali sia atti di guerriglia.

La sua storia inizia nel 1919 quando il parlamento irlandese, non riconosciuto dal governo britannico e fondato da parlamentari eletti regolarmente per il parlamento britannico, il cui nome era Dáil Éireann, dopo aver scelto come propria sede la Mansion House di Dublino fece diventare l’IRA il suo esercito. L’IRA nacque dopo la rivolta di Pasqua, avvenuta il 24 aprile 1916 e soffocata nel sangue dall’esercito britannico; i volontari che combattevano per l’indipendenza dell’Irlanda si organizzarono in un esercito disciplinato e che rispondeva ad un comando militare proprio. Il problema del comando fu infatti, uno degli aspetti più dibattuti dai membri del parlamento irlandese perché fin da subito fu chiaro che i volontari non erano disposti ad obbedire all’organizzazione politica, ma invece ad agire come un braccio armato autonomo che colpiva secondo le regole della guerriglia e del terrorismo e non come un esercito regolare che contrasta un esercito invasore.

Il patriota irlandese Michael Collins (conosciuto anche come Mick)
Il patriota irlandese Michael Collins (conosciuto anche come Mick) – A lui si ispira il film del 1996 “Michael Collins” con Liam Neeson

Accadde, infatti, proprio nel gennaio 1919 che un’unità rurale dell’IRA composta da due uomini, uccise due poliziotti senza averne ricevuto ordine. Successivamente avvennero una serie di attacchi contro la polizia sia nelle zone rurali che nelle grandi città e la guerriglia, che aveva molta più efficacia in zone isolate, riuscì a consolidarsi velocemente nelle campagne permettendo all’IRA di controllare vaste zone territoriali. Chi comandava l’IRA era Michael Collins il quale era anche membro del Dáil Éireann. Collins era molto rispettato dai volontari dell’esercito repubblicano perché spesso partecipava alle azioni militari. Collins non obbedì mai alle direttive del Dáil che chiedevano di far rientrare le operazioni dell’IRA all’interno di una strategia più convenzionale, anzi organizzò l’esercito secondo criteri più legati alla guerriglia terroristica che ad azioni militari tradizionali. Tale strategia gli procurò negli anni successivi una serie di successi contro l’esercito britannico. Queste operazioni portarono al Trattato anglo-irlandese del 1921.

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