strumenti antichi Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 26 May 2023 08:12:28 +0000 it-IT hourly 1 Perché si dice parlare a vanvera. Cos’è la vanvera? https://cultura.biografieonline.it/parlare-a-vanvera/ https://cultura.biografieonline.it/parlare-a-vanvera/#comments Fri, 26 May 2023 08:12:26 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25916 Con l’espressione “Parlare a vanvera” si indica una situazione in cui si pronunciano parole senza un vero fine. Si potrebbe comunemente tradurre in “parlare a caso” o “parlare a casaccio”, quindi senza considerare ciò che si sta dicendo. Un altro modo di dire analogo a questo potrebbe essere “dare fiato alla bocca”. Ma torniamo all’espressione parlare a vanvera e alle sue origini.

Questa locuzione avverbiale compare per la prima volta a cavallo tra il Medioevo e l’era moderna.

Nel 1565 lo storico fiorentino Benedetto Varchi in un suo testo spiega il significato con l’azione di dire cose senza senso o senza fondamento.

Anche Francesco Serdonati, poligrafo toscano vissuto tra il XVI e il XVII secolo, alla lettera P dei suoi “Proverbi” (successivi al 1610) ci dice che “a vanvera” veniva già usato insieme al verbo “parlare”.

Etimologia

L’Accademia della Crusca ci spiega che vanvera è un termine che non esiste come sostantivo, ma solo in quanto parte della locuzione “a vanvera”. Perciò si può legare di volta in volta ad altri verbi, in vari contesti.

Si può quindi cucinare a vanvera; ci si può pettinare o vestire a vanvera; si può studiare a vanvera, cicalare a vanvera, correre a vanvera, tagliare a vanvera; e a vanvera si può poetare o recitare. È possibile inoltre tacere o pensare a vanvera; e ancora vanverare o vanvereggiare.

Sono note varianti regionali, in particolare nel pisano e nel lucchese, dove si usano le espressioni “a cianfera” e “a bámbera”. Quest’ultima è una locuzione di probabili origini spagnole, con la quale s’intendeva una perdita di tempo.

Oggi gli etimologisti sono più propensi a credere che vanvera sia una variante di “fanfera”, una parola di origine onomatopeica che significa “cosa da nulla” (fanf-fanf riproduce il suono di chi parla farfugliando, senza pertanto dire nulla di sensato). In origine vi sarebbe il suono fan-fan, tipico delle trombe militari. Fanfarone si dice infatti di persona che si comporta da millantatore o spaccone.

Parlare a vanvera. Parlare a caso, senza considerare quel che si dica. Dicesi anche: parlare in aria. Cioè: senza fondamento, senza senso, a caso, senza riflettere.

La vanvera

L’ampio ventaglio dell’applicazione dell’espressione ha dato origine anche a usi fantasiosi, fino ad arrivare a interpretazioni colorite e volgari. Esiste un oggetto chiamato piritera o anche vanvera, simile all’antico prallo. Fu molto in voga presso gli aristocratici veneziani e napoletani del XVII secolo.

Parlare a vanvera

La vanvera poteva essere da passeggio o da letto: la sua funzione era quella di risolvere i disturbi gastrointestinali dal punto di vista… sociale. Spieghiamo meglio il concetto definendo di seguito la funzione degli strumenti.

Il prallo

Si tratta di un oggetto antico a forma di uovo, di ceramica o di legno, dotato di due fori comunicanti. Tale uovo durante i lunghi banchetti degli aristocratici veniva infilato nel pertugio anale al fine di attenuare l’effetto dei miasmi delle flatulenze. Al suo interno vi si infilavano delle erbe odorose. Il gas nell’attraversare il prallo provocava una curiosa nota musicale tipo trombetta o fischietto.

La piritera

Di simile utilizzo del prallo era la piritera. Essa non andava appoggiata ai glutei bensì aveva una cannula per essere infilata direttamente nell’ano.

La vanvera da passeggio

L’oggetto era costruito in pelle di vari colori ed era diviso in quattro parti.

Vanvera da passeggio
Vanvera da passeggio

La prima parte, per aderire completamente alle natiche era fatta a coppa, realizzata su misura. Questa comunicava attraverso un collo ad una vescica che riceveva i gas intestinali. Essa terminava con un pertugio munito di chiusura con spago, per consentirne lo sfiato.

L’utilizzatore che soffriva di meteorismo, ma che si trovava nella necessità di uscire in società, la indossava sotto il mantello oppure sotto la gonna. Ogni rumore veniva attenuato ed ogni odore evitato. Una volta isolati si poteva aprire lo spago.

vanvera

Oggigiorno questi tipi di oggetto suscitano ilarità. E’ bene ricordare che il termine vanvera non deriva però da quest’ultimo strumento descritto. E’ piuttosto il contrario: lo strumento prende il nome vanvera proprio per l’assonanza onomatopeica del “parlare all’aria”.

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Attrezzature subacquee antiche https://cultura.biografieonline.it/attrezzature-subacquee-antiche/ https://cultura.biografieonline.it/attrezzature-subacquee-antiche/#respond Mon, 15 Oct 2012 14:52:53 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=4173 In antichità l’utilizzo di strumentazione che permettesse ai soldati di respirare nuotando o muovendosi sotto la superficie dell’acqua era una prassi comune che veniva utilizzata negli eserciti sia dai genieri che dalle truppe d’assalto.

Alessandro Magno
Alessandro Magno

Gli esempi sono numerosi e rimandano a battaglie campali come l’assedio della città di Tiro voluto da Alessandro  Magno, il quale non riuscendo ad attaccare la città dalla terra ferma e con l’utilizzo delle sue navi (la città di Tiro era dotata di fortificazioni molto ampie ed era costruita su un’isola collocata  mezzo miglio dalla costa), fece costruire un ponte che venne allestito grazie all’utilizzo di strumentazioni per il lavoro subacqueo: campane, boccagli e otri che venivano utilizzate come bombole.

Campana subacquea

La prima campana subacquea di forma consistente sembra fosse quella utilizzata da Alessandro Magno nelle sue campagne militari e in particolare durante l’assedio di Tiro in cui il macedone si immerse dentro ad una campana in cui era presente ossigeno per due e più persone. Alessandro, insieme al suo ammiraglio in capo, ispezionò il lavoro dei suoi genieri che stavano realizzando il ponte.

Antica campana subacquea
Antica campana subacquea

La campana aveva un diametro di 3,70 metri e un’altezza di 2 m. Era piena di ossigeno per un volume di circa 18 mc e aveva un peso zavorrato sufficiente per affondare ma per non adagiarsi sul fondale e rimanere sospesa fino alla profondità desiderata. Era anche ancorata da funi che stabilizzavano la posizione. La sua struttura prevedeva cerchi esterni in ferro ed era dotata di oblò di piccole dimensioni con vetri trasparenti per vedere all’esterno.

Campana subacquea
Campana subacquea

La grandezza della campana permetteva la presenza di due persone per circa 6 ore; più persone avrebbero ridotto più rapidamente la quantità di ossigeno. Interessante notare che la campana poteva fungere anche da serbatoio permettendo agli uomini di lavorare all’esterno respirando l’ossigeno della campana attraverso un tubo di avarie dimensioni.

Boccagli e cannucce

Nell’antichità boccagli, cannucce e aeratori venivano utilizzati in profondità limitate di fiumi, laghi e mari dove era richiesto di svolgere operazioni logistiche o di assalto ma anche per organizzare imboscate o raggiungere territori altrimenti troppo sorvegliati sulla terraferma. La struttura del boccaglio era di cuoio con un sostegno interno di materia rigida, probabilmente ferro o metallo.

Bombole in forma di otri

L’otre è stata un mezzo di areazione molto utilizzato anche per raggiungere maggiori profondità. L’otre permise la creazione di squadre di sub che appartenevano agli eserciti, compreso quello di Alessandro, permettendo operazioni di attacco ma anche di organizzazione delle strutture militari e di riparazioni delle navi che non erano attraccate nei porti. La respirazione dell’ossigeno avveniva attraverso una piccola cannula. L’otre non concedeva una lunga autonomia, durava pochi minuti, ma permetteva di immergersi in profondità dove la pressione dell’acqua si equilibrava con la pressione dell’aria contenuta nell’otre stessa.

Lebete

Il lebete era un vaso di bronzo che conteneva aria. Il sub infilava la testa nel vaso e si immergeva. La pressione dell’acqua era contrastata da quella dell’aria. Il lebete permetteva un’immersione fino a 10 metri.

Ci sono diverse testimonianze dei lebete e molti reperti che sono stati rinvenuti nel tempo indicano una struttura semplice con due maniglie alle quali erano legate delle cinghie che venivano passate sotto le ascelle e fissate dietro le spalle. L’utilizzo era soprattutto logistico e prevedeva il recupero di oggetti che cadevano in mare durante le operazioni di carico e scarico.

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