spettacoli teatrali Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 13 Feb 2023 09:00:40 +0000 it-IT hourly 1 Aspettando Godot: riassunto, storia, analisi e commento https://cultura.biografieonline.it/aspettando-godot-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/aspettando-godot-riassunto/#comments Mon, 13 Feb 2023 09:00:38 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=32559 Aspettando Godot è una famosa opera teatrale scritta dall’autore e drammaturgo irlandese Samuel Beckett. Composta in lingua francese tra il 9 ottobre 1948 e il 29 gennaio 1949 dopo la fine della seconda guerra mondiale, questa opera fu pubblicata nel 1952. Il titolo francese “En attendant Godot”, era seguito dal sottotitolo in inglese “a tragicomedy in two acts” (una tragicommedia in due atti). L’opera andò in scena per la prima volta al Théâtre de Babylone di Parigi, il 5 gennaio 1953. L’anno seguente Beckett tradusse Aspettando Godot in lingua inglese: Waiting for Godot.

Il dramma si inserisce nel filone del cosiddetto “teatro dell’assurdo” ed è incentrato sulla comune condizione umana dell’attesa.

Aspettando Godot

5 personaggi

  • Estragon (in italiano indicato anche come Estragone), chiamato anche Gogo
  • Vladimir (in italiano indicato anche come Vladimiro), chiamato anche Didi
  • Lucky
  • Pozzo
  • Ragazzo

Aspettando Godot: trama e riassunto

La trama dell’opera beckettiana è semplice e lineare nella sua struttura. Si apre infatti con due uomini che aspettano in strada un tale chiamato Godot. La scena è spoglia. Oltre ai due personaggi – Vladimir ed Estragon – vi è solo un albero, che attraverso le foglie segna lo scorrere del tempo.

Godot, il protagonista tanto atteso, non appare mai nell’opera. Si limita ad inviare ai due uomini un ragazzo che gli dice:

“Godot non verrà oggi, verrà domani”.

La scena è quindi dominata da Vladimir ed Estragon, che hanno le sembianze di due barboni. I due, durante il tempo trascorso insieme nell’attesa di incontrare Godot, cominciano a lamentarsi delle condizioni climatiche, della fame, e della vita stessa.

La loro disperazione è tale che entrambi pensano anche al suicidio, ma senza metterlo in pratica. I discorsi futili, superficiali, a tratti sconnessi e privi di significato, lasciano riflettere lo spettatore sul non-sense dell’esistenza umana in alcuni frangenti.

Il dramma di Beckett prosegue con l’entrata in scena di altri due personaggi: Pozzo e Lucky. Il primo è un uomo assai crudele, un proprietario terriero che tratta il secondo, Lucky, come uno schiavo, addirittura portandolo al guinzaglio come un cane. La corda è il simbolo che indica il loro insano, eppure inscindibile, legame esistenziale.

Secondo atto

Dopo aver incontrato il giovane “messaggero di Godot” e aver scambiato con loro alcune battute, Pozzo e Lucky escono di scena per ridare il posto a Vladimir ed Estragon. Nel secondo atto del dramma riappaiono dove erano la sera precedente. I dialoghi tra i due sono sempre caratterizzati da futilità, luoghi comuni e qualche battuta comica.

Intanto torna in scena Pozzo (che è diventato cieco), mentre il servo Lucky ha perso la parola. Dopo che il messaggero di Godot avvisa per l’ennesima volta che lui non verrà, in scena restano solo i due personaggi principali, a sublimare un’attesa che non ha mai fine.

Analisi e commento

Nell’opera il tempo resta fisso. C’è attesa di un qualcosa (o qualcuno), ma nessuna possibilità di cambiamento. Il dramma, strutturato in due atti, sembra immobile, eppure il tempo scorre e lo spettatore può rendersene conto attraverso alcuni particolari: ad esempio le foglie che cadono dagli alberi, ad indicare l’arrivo della stagione autunnale.

La commedia di Samuel Beckett, nella sua semplicità, è la metafora dell’esistenza umana, spesso trascorsa nell’attesa che avvenga qualcosa che possa distrarci dal tedio e dal pensiero ricorrente della morte. Proprio per tale metafora, che la maggior parte dei critici ha colto, Aspettando Godot è una delle opere di Beckett più discusse.

Non sono mancate negli anni sofisticate interpretazioni dell’opera dal punto di vista filosofico e addirittura psicanalitico. C’è chi ha voluto vedere nella coppia Valdimir/Estragon, un ritratto iconico dell’istituzione del matrimonio.

Samuel Beckett, invitato ad assistere alla prima della sua opera a Parigi, non andò. Inviò tuttavia una comunicazione:

“Non so chi sia Godot. Non so nemmeno se esista. E non so se loro credano in lui o no – i due che lo stanno aspettando. Gli altri due, che passano alla fine dei due atti, devono essere una rottura nella monotonia. Tutto quello che so l’ho mostrato. Non è molto, ma per me è abbastanza, di gran lunga. Direi, anzi, che sarei stato soddisfatto anche con meno. Quanto a volervi trovare un più ampio, più alto significato […] non ne vedo il punto. Ma è possibile… forse [i personaggi] vi devono delle spiegazioni.”

Samuel Beckett
Samuel Beckett

Tre curiosità su Aspettando Godot

  • Nell’accezione comune, l’espressione “Aspettando Godot” si caratterizza per il sottile sarcasmo e l’ironia. Sta ad indicare, infatti, un avvenimento, una situazione, un evento che pur sembrando imminente non si verificherà mai. Chi attende, però, sta lì immobile senza far nulla affinché l’avvenimento o la situazione possa accadere realmente.
  • All’opera di Beckett si sono ispirati altri autori: Miodrag Bulatovic nel 1966 scrisse “Godot è arrivato” (una sorta di sequel del dramma di Beckett). Mentre nel cinema, il regista italiano Nino Russo ha realizzato la pellicola “Il giorno dell’Assunta” nel 1977, ispirandosi chiaramente al drammaturgo irlandese.
  • Il titolo di uno spettacolo teatrale del 1991 del comico Claudio Bisio, Aspettando godo, schernisce il titolo originale di Beckett.
]]>
https://cultura.biografieonline.it/aspettando-godot-riassunto/feed/ 1
Trappola per topi, di Agatha Christie: riassunto https://cultura.biografieonline.it/trappola-per-topi-di-agatha-christie/ https://cultura.biografieonline.it/trappola-per-topi-di-agatha-christie/#comments Thu, 14 Oct 2021 13:11:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1600 Trappola per topi (The Mousetrap) è un grande classico di Agatha Christie. E’ un’opera che ha riscosso un successo internazionale, anche a teatro.

È stato rappresentato al New Ambassadors Theatre di Londra per la prima volta il 25 novembre 1952 ed è stato replicato per oltre 60 anni, ogni sera.

Ma c’è di più, perché la messa in scena è stata proposta in 45 Paesi diversi e il libro tradotto in ben 24 lingue.

Riassunto

La storia è ambienta all’interno di una pensione tipica inglese di “Castel del frate”. Questa casa si trova a circa 30 minuti da Londra ed è sicuramente uno dei grandi protagonisti della commedia di Agatha Christie. Gli albergatori sono una coppia giovane, appena sposata, e senza esperienza. Essi accolgono per la prima volta i loro primi cinque ospiti.

Arrivano a soggiornare:

  • il signor Christopher Wren,
  • la petulante signora Boyle,
  • la scostante signorina Casewell,
  • il signor Paravicini,
  • il maggiore Metcalf.

Tutti hanno un’aria strana e sospettosa.

Mollie e Giles Ralston, i proprietari della pensione Monkswell Manor, non sono molto fortunati. La loro attività si apre in una sera di freddo, nel bel mezzo di una bufera di neve, che non fa presumere nulla di buono.

L’ambientazione quindi è quella classica da thriller e la suspense sale quando la radio dà una tremenda notizia: a Paddington, in Culver Street 24, è stata assassinata una vecchietta. La polizia non ha idea di chi possa essere l’assassino. Questo crimine è stato battezzato l’omicidio dei Tre topolini ciechi, perché l’anziana uccisa sembra avere un legame con un fatto di cronaca, accaduto qualche anno prima, durante cui erano stati sfruttati tre poveri bambini.

Il sesto ospite

I Ralston, appresa la novità, appaiono spaesati, perché i clienti sono davvero molto strani. Essi danno l’impressione di nascondere qualcosa. A questo punto alla locanda arriva un sesto ospite. È il sergente Trotter, del Comando di Polizia del Berkshire.

Egli sta indagando sulla morte dell’anziana signora e al tempo stesso vuole proteggere i protagonisti dall’assassino, ancora a piede libero.

Secondo Trotter, l’omicida potrebbe essere proprio uno degli ospiti. Si teme che l’assassino abbia intenzione di uccidere sulla scia della tipica filastrocca dei “Tre topolini ciechi”: mancano quindi due vittime.

Nel frattempo, il meteo impietoso ha reso le strade impraticabili. Tutti i personaggi della commedia sono consapevoli di essere intrappolati in albergo.

 

Trappola per topi: chi è l’assassino

Attenzione: di seguito viene svelato chi è l’assassino

"Trappola per topi", copertina inglese del libro
“Trappola per topi”, copertina inglese del libro

Durante la serata, nel buio, viene uccisa una seconda persona: è la signora Boyle. È proprio la morte di questa donna a far scatenare il panico tra tutti i personaggi della locanda: Mollie e Giles iniziano a discutere, perché il sergente insinua il dubbio del tradimento. Gli ospiti sono sconcertati del clima che li circonda.

Trotter sostiene che il colpevole sia la signora Mollie Ralston e cerca di ucciderla nel tentativo di smascherarla.

In realtà, quella del sergente è solo una farsa perché è proprio lui l’omicida!

Il suo obiettivo è quello di uccidere la locandiera, responsabile della morte del fratello, venuto a mancare a causa delle privazioni subite dalla vecchietta uccisa a Paddington.

Per fortuna un ospite, la signorina Casewell, comprende tutto: Trotter non è veramente un sergente, ma è l’assassino travestito.

La donna, con l’aiuto del Maggiore Metcalf, inviato da Scotland Yard per proteggere i locandieri, riesce a disarmare il criminale e a farlo arrestare.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/trappola-per-topi-di-agatha-christie/feed/ 3
Il teatro nel Medioevo https://cultura.biografieonline.it/teatro-medievale/ https://cultura.biografieonline.it/teatro-medievale/#comments Tue, 10 Nov 2015 15:41:17 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15617 Con il crollo dell’Impero Romano scompare l’edificio teatrale: nel Medioevo, infatti, non c’è una struttura ad hoc per le attività legate allo spettacolo, al contrario di quanto accade nel teatro greco e nel teatro romano. Scompare la scaena frons e il palcoscenico, che si trovano invece nel teatro romano.

Il teatro nel Medioevo: un Giullare
Il teatro nel Medioevo: un Giullare

Nel Medioevo lo spazio avvolge lo spettatore, facendo nascere un nuovo rapporto tra chi agisce sulla scena e lo spettatore. Proprio per la mancanza di una struttura teatrale, lo spettacolo si svolge in luoghi pubblici, come la chiesa, la piazza e la strada o in luoghi privati quali oratori, sale aristocratiche. Con l’avvento del Cristianesimo, ciò che rappresentava la sfera teatrale diventa luogo di peccato; proprio per questo motivo i teatri vengono abbandonati o utilizzati come dimore private. Scompare, insomma, quell’idea raffinata e complessa del teatro del mondo classico: Eschilo, Sofocle ed Euripide, condannati perché non cristiani, mentre il teatro romano veniva considerato fonte di peccato. Nel corso del regno di re Teodorico vengono ripristinati i ludi, recuperati i vecchi edifici e vengono incentivate gare come, ad esempio, la corsa con i carri. Con il dominio longobardo invece vengono ripristinati i giochi equestri, le false battaglie, i tornei e le giostre tipiche del periodo feudale.

Il giullare

È fondamentale nel periodo medievale la figura del giullare. Il giullare rappresenta un essere “multiplo” che racchiude in sé l’attore, il poeta, il saltimbanco, l’intrattenitore di corte, il buffone di piazza, il musico, il cantore di gesta, il maestro di danze. Incarna insomma la vecchia figura dell’attore tardo-romano. I giullari, nomadi e viaggiatori, vengono chiamati anche hystriones, saltatores, mimi, joculatores. Indossavano costumi attillati, che mettevano in evidenza le parti del corpo: ciò provocava la condanna della chiesa, che ne traeva motivo di scandalo e di vergogna.  Il tempo teatrale diventa quello della festa civica o religiosa o privata. Il loro luogo per gli spettacoli diventano le feste private, le corti davanti alle tavole imbandite. C’è una teatralità diffusa, legata appunto all’insieme di persone che si dedicano allo spettacolo. Questi sono i mimi, gli istrioni, i giocolieri, i musici, i danzatori, i poeti. Costretti a vagare e a vivere in povertà, quindi vengono associati a mendicanti e malviventi.

Il Carnevale

Il Carnevale diventa l’ambito tipico del giullare. Si insinua così la cultura carnevalesca che convive con la tradizione ecclesiastica, che tenta di ostacolare l’ingresso del giullare nella sua sfera. Le manifestazioni carnevalesche particolarmente seguite dalla gente sono le Libertates decembris, chiamate anche feste degli innocenti o dei folli o dei fanciulli, e la Cornomannia. In Oriente è molto diffuso lo spettacolo bizantino fatto di una spettacolarità diffusa, di teatri e arene. Con Giustiniano, le città di Bisanzio e Alessandria pullulavano di spettacoli e giochi, in particolare all’Ippodromo, una grande arena di 500 metri che ospitava circa trentamila persone, restava aperto tutto il giorno con un programma ricco sia di mattina sia di pomeriggio, fatto di corse di carri, giocolieri, acrobati e mimi. Gli spettacoli erano offerti gratuitamente al popolo.

La Chiesa e il teatro nel Medioevo

Protagonisti dei teatri erano i mimi con commedie buffonesche, con scenette oscene, danzatrici e giocolieri. Attività spettacolare bizantina che era mal vista dalla chiesa, che attuò una totale condanna nei confronti del teatro e dello spettacolo proprio nei territori dell’Impero Romano d’Occidente. Per cui vigeva il divieto assoluto di dare spazi di culto al teatro e di assistere altresì a manifestazioni teatrali considerate corruttrici. Le rappresentazioni vengono considerate lo strumento degli imperatori romani, pagani, per il controllo del potere, spettacolo fatto di scene violente e di forte impatto emozionale. Si fa strada un autore che lotta contro lo spettacolo e il teatro come forma di intrattenimento ed è Tertulliano, con il testo De spectaculis (II sec.d.C.).

Si dovrà attendere il V e il VI secolo prima che le cose comincino a cambiare. Si inizia infatti, in questo periodo, a intravedere le prime manifestazioni di accettazione e di accoglienza dello spettacolo dentro le chiese. Mentre nel XII secolo si afferma il dramma liturgico e vengono riconosciute feste che già si svolgevano nelle chiese, quali, ad esempio, la festa degli Innocenti, la festività del Corpus Domini. Il luogo dove si svolge un’azione teatrale, un episodio di dramma sacro, è chiamato locus, mansion o house. Varia la sua forma: un altare, un trono, il monte del Calvario, il Paradiso, ha infatti sempre un significato simbolico. Le rappresentazioni hanno più luoghi deputati nella storia e il luogo utilizzato per il racconto vede coinvolgere il pubblico attorno. Gli attori recitano dentro o sopra il luogo deputato e anche nella zona adiacente. La chiesa inizia ad ammettere la presenza del giullare nei luoghi sacri, purché sotto il controllo degli ecclesiastici. A recitare dentro le chiese, in un primo momento, sono i monaci o gli ecclesiastici, più tardi saranno ammessi anche i laici appartenenti a confraternite o comunità attorno alle chiese.

Il Quem queritis

La prima forma di cerimonia liturgica è il Quem queritis che risale al 930 e che viene rappresentata all’interno del monastero benedettino di Fleury ad opera dell’abate Oddone di Cluny. Parola che in lingua latina significa “Chi cercate?”. Si tratta di un dialogo cantato tra le Marie (Maria e Maria Maddalena) e l’angelo al sepolcro di Gesù Cristo. Da qui nascono una serie di dialoghi religiosi che danno il via alle forme di spettacolarità all’interno del luogo religioso. I monaci, più che recitare, cantano in gregoriano e lingua latina.

Il dramma liturgico

Il dramma liturgico rappresenta un prodotto elitario e studiato per la comunità ecclesiastica: ciò significa che non esiste un pubblico. La scena si svolge in uno spazio all’interno della chiesa annessa al monastero e vengono utilizzati elementi fondamentali della chiesa quali l’altare, la cripta, il coro, il ciborio, l’atrio e il portale. Tutti luoghi che diventano deputati all’azione scenica. L’altare è rivolto ad est, ad est nasce il Sole, quindi l’altare assume il significato di nascita spirituale, la nascita di Cristo, la rivoluzione cristiana. Posto di fronte all’altare c’è l’atrio e il portale d’ingresso della chiesa, luogo da cui l’uomo entra ancora carico dei suoi peccati; da qui il significato attribuito all’atrio e al portale d’ingresso che rappresentano l’inferno, il luogo terreno, il luogo dei peccatori. Ne consegue che il tragitto che l’uomo compie per raggiungere l’altare è quello che gli permette di lavarsi dei suoi peccati per rinascere a nuova vita.

Esisteva la tribuna per l’imperatore, posta sopra il portale d’ingresso, da dove poteva seguire la messa ma anche la rappresentazione del dramma liturgico. Sempre ad est, è orientato l’altare maggiore, sopra la cripta. Altare che simboleggia la grotta sacra dove avvenne la nascita di Gesù. E ancora: il luogo della cripta dove venne sepolto Cristo. Lo spettacolo assume presto significato come strumento di cristianizzazione del popolo di Dio. Bisogna attendere il XII (1100) e il XIII (1200) secolo per avvertire grandi cambiamenti e nuove forme di rito-spettacolo. Adesso lo spettacolo fa parte di un progetto educativo per un nuovo pubblico che è composto di fedeli, non più solo uomini di chiesa. Il luogo dove si diffonde il dramma liturgico è la cattedrale, la drammaturgia assume toni più commossi e realistici, mentre gli attori sono sempre i chierici; anche lo spazio è maggiore e viene organizzato attraverso luoghi deputati. Tra i drammi liturgici ricordiamo: Peregrinus ed Annunciazione.

Nel 1300 si diffonde il dramma sacro in lingua volgare. In Italia nasce il Movimento dei Disciplinati, che è organizzato in confraternite dedite alla penitenza e alla preghiera. Nei laudari, i libri che raccolgono notizie, si definiscono questi spettacoli come forme di devozione e di presentazione del sentimento cristiano. I maggiori centri di diffusione sono Perugia, Assisi e Orvieto. A Firenze, nel 1400, viene rappresentata la Sacra Rappresentazione, organizzata da scuole di fanciulli. In Europa si diffondono le rappresentazioni religiose. Così in Inghilterra esiste il miracle plays, in Spagna gli autos e in Italia la festa del Corpus Christi, che viene istituita da papa Urbano IV nel 1264 e ufficializzata nel 1311. Si tratta di una grande processione che coinvolgeva tutta la città, dalle autorità ecclesiastiche a quelle civiche, con uno spettacolo all’aperto che attraverso la teatralizzazione dell’esposizione del corpo di Cristo, dimostrava la forza e l’importanza del sacrificio di Cristo per salvare l’uomo. Festa che si realizzava nella piazza principale della città o a tappe lungo i luoghi della città.

Ad occuparsi di questi grandi eventi spettacolari ci sono le confraternite o corporazioni, composte da uomini laici, mentre il clero rimane fondamentale nella fase di controllo e di autorizzazione dei permessi per gli spazi. In Inghilterra c’è il fenomeno dei morality plays: si tratta di rappresentazioni nate come forme contrapposte tra personaggi allegorici, il bene e il male, la vita e la morte, il vizio e la virtù. In Italia, invece, nasce la Lauda drammatica, un testo in versi che viene cantato e non recitato. Si dovrà attendere il 1500 per avere una vera recitazione dei testi, quando si avranno anche le prime manifestazioni di teatro comico. È una rappresentazione statica e essenziale, che si basa sul gesto e sul canto. Vengono impiegate anche macchine per voli angelici o ascensioni al cielo. È nel primo Quattrocento che vengono utilizzati gli ingegni, macchine sceniche presenti nei drammi liturgici fiorentini.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/teatro-medievale/feed/ 7
Il teatro a Roma: breve storia e riassunto del teatro romano https://cultura.biografieonline.it/teatro-romano/ https://cultura.biografieonline.it/teatro-romano/#comments Tue, 16 Jun 2015 14:06:46 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14385 Il pubblico ateniese assisteva alla rielaborazione ed alla reinterpretazione di miti e di storie che rappresentavano il nucleo centrale della loro cultura: il teatro, per loro, fu quindi uno strumento importantissimo. A Roma la situazione è opposta, in un certo senso. Il teatro romano è uno strumento che serve ad analizzare ed assimilare una cultura estranea alla tradizione indigena, per adeguarla alle nuove esigenze sociali e politiche.

Teatro romano - Maschera tragica
Teatro romano: una maschera tragica, caratterizzata dai lunghi capelli ricci e dalla bocca spalancata

La produzione teatrale, al contrario di quella letteraria, doveva rivolgersi ad un pubblico più vasto. Per conquistare il pubblico si potevano quindi seguire due strade: inserire temi e motivi della cultura popolare, ed è questa la strada seguita da Plauto, o in alternativa, trovare argomenti che fossero in grado di suscitare stupore e altre sensazioni. La tragedia è stata la forma drammatica che meno ha goduto del favore sulla scena romana. Dopo Livio Andronico, Nevio, Accio, la cui produzione è scomparsa, fu Seneca a rielaborare nei suoi drammi, scritti attorno al 50 d.C. durante il regno di Nerone, i temi classici della tragedia greca.

La maschera tragica era di grandi dimensioni, caratterizzata dall’alta pettinatura a riccioli che coprivano la fronte e incorniciavano il viso. A riccioli era anche la barba dei maschi, con la bocca spalancata e il tondo foro degli occhi che gli conferiva un’espressione di doloroso stupore. Il personaggio assunse sempre più un aspetto imponente e poi terribile.

Già con Seneca venivano rappresentati episodi violenti, uccisioni e suicidi. La messa in scena posteriore li rese sempre più crudeli per compiacere il gusto del macabro, i personaggi diventano deformi. Di conseguenza la tragedia, da eletta forma ideale, diventa un grottesco intrattenimento per il popolino. Tuttavia, dalla tragedia deriva in epoca agustea un nuovo genere di spettacolo, ovvero la pantomima.

La pantomima

La pantomima era rappresentata da un coro o un cantore che cantavano i passi di note tragedie, mentre un attore con una maschera a tre volti interpretava tutti i personaggi.

Meno movimentata fu invece la storia della commedia che rimase inalterata con le sue avventure amorose complicate da travestimenti, scambi di persone, trucchi di servi sino all’avvento dell’impero.

Forme di rappresentazione teatrale popolare

La produzione popolare si può distinguere in tre generi principali: l’atellana, il fescennino e il mimo. L’atellana era un gioco di personaggi fissi di maschere, che avevano un proprio carattere personale, che rimaneva invariato attraverso infinite brevi avventure; fu gradita alle classi elevate.

Il fescennino ebbe una vita più breve, a causa della sua tematica politica e della sua propensione a introdurre elementi di satira personale. Il mimo romano era caratterizzato dalla tematica volgare, quotidiana, e dalla presenza di attori che recitavano senza la maschera. Il mimo divenne la forma teatrale per eccellenza del popolo romano.

A Roma, anche il teatro ufficiale si trasformò istituzionalmente in divertimento, percepito più che come strumento di cultura come circensis: veniva quindi offerto alla plebe alla stessa maniera di giochi sportivi e gladiatori.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/teatro-romano/feed/ 1
Il teatro greco e il teatro romano https://cultura.biografieonline.it/teatro-greco-romano-storia/ https://cultura.biografieonline.it/teatro-greco-romano-storia/#comments Mon, 16 Feb 2015 22:09:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13250 La tragedia e la commedia venivano rappresentate ad Atene durante le festività dionisiache di primavera e invernali. Nel IV secolo il teatro era diventato un fenomeno diffuso in tutta l’area della civiltà greca e non mancavano gli appassionati che facevano lunghi viaggi per assistere alle rappresentazioni nelle varie città. Ogni città possedeva il suo teatro. Il teatro non rappresentava solo il luogo degli spettacoli, ma era anche il luogo delle adunanze politiche.

Il teatro greco e il teatro romano

Il teatro e le sue componenti

La storia dell’edificio teatrale antico è la storia delle sue componenti: l’orchestra, la cavea, la skenè, le parodoi, del loro significato, della loro funzione. Si sa che dal IV secolo a.C. anche la skenè venne edificata in pietra. Nella parte anteriore, esisteva una specie di porticato tra le cui colonne venivano inseriti elementi pittorici, i pinakes (quadri), che servivano ad ambientare gli eventi del dramma. Durante il periodo classico il tetto della skenè veniva utilizzato per le apparizioni divine e le scene che dovevano essere svolte su un piano più alto. Poi, quando i festival si ridussero alla replica delle opere classiche, gli attori cominciarono a recitare sopra la skenè, o meglio sopra un nuovo elemento, il proskenion, che corrisponde al nostro palcoscenico, mentre l’orchestra era a disposizione del coro.

Da qui il complesso scenico si articolava su due piani: il primo, la fronte del proscenio, fornendo lo sfondo alle evoluzioni del coro; il secondo, la fronte della scena, fornendolo agli attori. Tuttavia, l’unica cosa certa è che nel periodo ellenistico, ovvero a partire dal III secolo a.C., il complesso scenico fu costruito da un doppio colonnato i cui intercolumni erano chiusi da riquadri dipinti. La cavea tende ad allungarsi a ferro di cavallo, mentre l’orchestra perde la forma circolare. Le parodoi, che avevano la funzione di ingresso per il pubblico e per il coro, accentuano la prima, perdendo l’antica disposizione obliqua e vengono chiuse da due cancelli, che uniscono l’edificio scenico e la cavea.

I primi teatri

Il primo teatro stabile di pietra fu costruito a Roma da Pompeo nel 55 a.C. e per lungo tempo fu il teatro per eccellenza. Successivamente, nel 13 a.C., fu costruito un secondo teatro, quello di Balbo e, pochi anni dopo, quello di Marcello, di cui sono arrivati a noi i resti. Nel corso del periodo imperiale, in tutta la provincia romana, furono costruiti ex novo numerosi teatri e, in Grecia, i teatri ellenici vennero adattati alle esigenze dei romani.

Differenza fra teatro greco e romano

Uno degli elementi che differenziano i teatri greci da quelli romani è di carattere strutturale: i romani usarono saltuariamente un declivio naturale per appoggiare le gradinate della cavea. Mentre gli elementi interni rimangono quelli del teatro greco, ma con delle modifiche: lo spazio dell’orchestra viene dimezzato, diventando semicircolare e come conseguenza anche l’arco della cavea diventa semicircolare.

L’orchestra non viene più utilizzata dal coro, che nel teatro romano è quasi assente, ma diventa una platea per un’élite di spettatori. La scena viene abbassata ad altezza uomo, mentre nel teatro ellenistico era alta più di tre metri. Muta la facciata dell’edificio, che diventa nel periodo imperiale sempre più imponente: una serie di colonnati sovrapposti su più piani, fino a tre, con colonne e pilastri di preziosi marmi policromi.

Gli attori entrano in scena dalle tre porte. La porta centrale era detta regia e costituiva l’elemento centrale del teatro, si apriva all’interno di una nicchia. Le due porte laterali prendevano il nome di hospitalia.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/teatro-greco-romano-storia/feed/ 3
Aristofane e la commedia antica https://cultura.biografieonline.it/aristofane-commedie/ https://cultura.biografieonline.it/aristofane-commedie/#comments Wed, 29 Oct 2014 14:44:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=12218 Ad Atene le commedie venivano rappresentate in prevalenza nel corso delle feste Lenee, che si svolgevano nei mesi di gennaio-febbraio, e furono prese sotto la tutela dello Stato a partire dal 442 a.C., ma anche nelle Grandi Dionisie una giornata veniva dedicata agli spettacoli comici. I filologi dividono la storia della commedia greca in tre fasi: antica, di mezzo e nuova.

La commedia antica: Aristofane, Lisistrata
Foto di una rappresentazione di Lisistrata, celebre commedia di Aristofane • Fotografia: Gianfranco Melocchi

La commedia antica

Nella commedia antica la struttura letteraria è libera: l’elemento centrale è costituito dalla parabasi, una sorta di sfilata di coro e attori accompagnata da versi mordaci, ai quali si aggiunge l’agone, contrasto tra due o più attori o tra semicori, e i veri e propri episodi.

Le commedie di Aristofane (450-388) hanno una trama molto esile: Evelpide e Pistetero vanno a costruire una città tra il cielo e la terra negli “Uccelli”, le donne si rifiutano ai loro mariti maniaci della guerra nella “Lisistrata”, Trigeo va in cielo a riconquistare la pace perduta nella “Pace”. Ma sono tutte ricche di temi e di contenuti: essi non vertono sul mito, né sui problemi eterni dell’umano destino, come nella tragedia, ma direttamente sulle problematiche politiche e sociali. Dalla struttura letteraria delle commedie di Aristofane è possibile dedurre che nella commedia la funzione spettacolare del coro sia stata ancora più intensa e più varia della tragedia e, soprattutto, più strettamente integrata nell’insieme della rappresentazione.

Aristofane
Aristofane

Il coro infatti interviene di frequente, come complesso, nell’azione e lo svolgersi dei suoi movimenti era suggerito anche dalla struttura del teatro di Dioniso, dove a lungo si tennero i concorsi comici: un’unica gradinata rettilinea si innalzava di fronte alla skenè sul lato a questa opposto dell’orchestra, che era rettangolare.

Nell’insieme dello spettacolo il coro aveva la funzione di creare quella dimensione fantastica, che in qualche caso, come “Rane” e “Uccelli”, era anche nel testo e investiva l’intero significato del dramma e della rappresentazione. In questa fantastica duplicità dell’essenza umana del coro si inseriva senza soluzione di continuità l’azione dei personaggi. Questi agivano su un piano più decisamente caricaturale di quanto il testo lascia prevedere, esprimendosi con una mimica intensa e assai vivace. I personaggi avevano il ventre e il deretano imbottiti e gonfi, e spesso avevano tra le gambe un enorme fallo. Nella maggior parte delle commedie rimaste il coro non è costituito da personaggi fantastici o allegorici, ma semplicemente da uomini.

Non esistono al mondo creature più sfrontate delle donne.

Aristofane, Lisistrata

Le farse fliaciche

Per comprendere meglio il significato spettacolare della commedia antica è utile ricordare i temi e le forme della farsa italiota, il flyax. Le farse fliaciche si svolgevano su un palco molto piccolo, di legno, eretto nell’orchestra stessa dei teatri o forse anche nelle piazze: il fondo del palco era certe volte chiuso da una piccola struttura architettonica di materiale leggerissimo, che costituiva la scenografia, a volte sostituita da una tenda o da una tela dipinta. Il palco era eretto su colonnine tra le quali venivano stesi dei drappi, ed era sempre connesso all’orchestra o la piazza per mezzo di una piccola scala: così l’azione poteva spostarsi frequentemente dall’orchestra alla scena.

Tematicamente, la farsa fliacica è stata messa in relazione con la hylarotragodia, la parodia tragica: in effetti si tratta di una parodia mitologica, in cui dei ed eroi vengono spietatamente messi alla berlina, anche se non mancano temi borghesi e quotidiani. Ma qui la caricatura si trasforma nel grottesco più spinto: i personaggi, deformati sino al limite del verosimile nel volto e nella figura, sviluppano un’azione tanto concentrata nello spazio quanto violenta e dilatata nella mimica, che a tratti si raccoglie in movenze di danza. Anche gli accessori venivano utilizzati per accentuare gli aspetti caricaturali e grotteschi: il grande Zeus, ad esempio, aveva in uno di questi spettacoli gambette cortissime e veniva fatto sedere su un alto trono, nel quale appariva come un bimbetto in un seggiolone.

La commedia di mezzo

È probabile che la commedia di mezzo abbia attenuato l’importanza del coro e il personaggio perde gradualmente la sua dimensione caricaturale. Questa tendenza la troviamo nell’ultima commedia di Aristofane, “Pluto”, che risale al 388 a.C. In essa non vi è più la parabasi, e la funzione del coro si riduce agli interventi del corifeo. La tematica non è più di tipo politico, ma si concentra su un problema di ordine morale, e vi intervengono personaggi allegorici.

La commedia nuova

Per quanto riguarda invece la commedia nuova, i maggiori esponenti furono Filemone di Soli e Menandro. Con essa si stabilizzano due elementi strutturali: l’intreccio ed il carattere. Gli episodi vengono realizzati in uno schema rigidamente logico e dei personaggi viene dato risalto ad un tratto psicologico dominante. Si tratta di storie di amori impediti, di bambini esposti e ritrovati, di matrimoni in pericolo, narrati senza alcuna forzatura caricaturale. Dal punto di vista scenico è probabile che siano scomparsi quegli elementi che deformavano, ma al contempo ingigantivano l’immagine dell’uomo: i simboli fallici, le pance e le gobbe. La smorfia mimica del viso viene accentuata nella maschera.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/aristofane-commedie/feed/ 5
Il teatro ateniese e le tragedie del V secolo A.C. https://cultura.biografieonline.it/teatro-atene-tregedie/ https://cultura.biografieonline.it/teatro-atene-tregedie/#comments Sat, 06 Sep 2014 08:15:49 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11914 Per comprendere come venivano rappresentate le opere dei grandi tragici ateniesi dell’età periclea, Eschilo, Sofocle ed Euripide, è necessario dare uno sguardo alla struttura dell’edificio teatrale della scena, facendo riferimento, in particolare, al teatro ateniese di Dioniso Eleutero, in cui quelle tragedie vennero rappresentate per la prima volta nel corso delle Grandi Dionisie.

Teatro ateniese
Nella foto: Odeion di Erode Attico, un piccolo teatro in pietra sul pendio meridionale dell’Acropoli di Atene

Il teatro ateniese di Dioniso Eleutero

La forma della cavea, cioè della gradinata dove sedevano gli spettatori, sembra essere stata, ancora ai tempi di Sofocle, a forma trapezoidale, vicino alla pianta dei teatri arcaici: si sono trovati cortili di questo genere nei palazzi cretesi e micenei. Vediamo ora l’area nella quale si svolgeva la rappresentazione. Erano stati creati due piani distinti per l’azione tra il VI e il V secolo. L’attore, e in seguito i due e tre attori, agivano su una piattaforma che era stata innalzata nel fondo dell’orchestra. Tale piattaforma si appoggiava su una specie di baracca di legno chiamata skenè, che veniva usata dagli attori per cambiarsi: la piattaforma sarebbe l’equivalente del nostro palcoscenico. Per altri invece, coro e attori recitavano tutti nell’orchestra, senza la distinzione di piani, che si ebbe più tardi, cioè nel periodo alessandrino, quando la skenè divenne un ampio edificio a due piani, il tetto del primo servendo da palcoscenico.

Ma nel V secolo, quando vennero rappresentati i drammi di Eschilo, di Sofocle, di Euripide e di Aristofane, gli attori non utilizzarono mai un palco, anzi la skenè era sconosciuta ai primissimi autori tragici (Tespi, Pratina), né c’era quando Eschilo mise in scena le sue prime opere: l’orchestra era circondata da una stretta terrazza e su essa comparivano, salendo attraverso un passaggio chiamato parados – come il canto di ingresso del coro – il coro e gli attori, che poi avrebbero svolto la loro azione nello stesso ambito dell’orchestra. La skenè comparve solo più tardi, appunto per essere utilizzata come spogliatoio degli artisti, ciascuno dei quali interpretava più di una parte.

Secondo la tradizione fu Sofocle che la fece adornare con pitture e motivi architettonici. In seguito la sua porta centrale venne certe volte adornata con un protiro e, attorno al 450, ai suoi lati vennero aggiunti due piccoli edifici: due ali, detti paraskenia, forse dotati di una porta o forse adorni di colonne. Il teatro assunse la sua forma definitiva nel corso di circa un secolo: l’orchestra assunse la forma circolare e le gradinate si disposero in conseguenza.

Antichi spettacoli tragici

Per ricostruire le forme generali dell’antica rappresentazione tragica possiamo servirci da un lato dei testi, le cui indicazioni sono generiche, dall’altro possiamo far riferimento ad alcune pitture vascolari e infine alle testimonianze letterarie, fra le quali quelle delle commedie di Aristofane, relative alla dizione ed al costume. Gli spettacoli tragici avevano carattere eccezionale, venivano realizzati una volta l’anno, per conto e sotto la sorveglianza dell’autorità pubblica: si trattava di un concorso, o agone, al quale venivano ammessi tre poeti selezionati in precedenza, mentre la cura e le spese della messa in scena erano affidate a ricchi cittadini. Alla migliore messa in scena e al miglior poeta veniva assegnato un premio.

Teatro greco (Taormina)
Nella foto: Taormina, teatro greco

La tragedia classica era costituita dal dialogo dei due o tre attori – che rappresentavano diversi personaggi, cambiando maschere e costumi – fra loro e con un coro composto da quindici persone, a nome delle quali parlava il corifeo. Questi dialoghi costituivano gli episodi, oggi atti, della tragedia, intercalati da intermezzi lirici cantati dall’intero coro, e detti stasimi, ad eccezione del canto d’ingresso che si chiamava parados.

Durante gli stasimi nessun attore era presente nel teatro, ma nel momento di maggiore tensione drammatica anche uno o più attori erano coinvolti nel canto e forse anche nella danza del coro: era il kommòs. Il coro entrava in scena ordinato su tre file di cinque coreuti, e manteneva questa disposizione durante tutto lo spettacolo. Mentre l’orchestra era il luogo della danza. Il costume degli attori tragici era costituito da un lungo chitone con maniche. Nel breve trattato intitolato “Poetica”, Aristotele ha trattato in maniera dettagliata la struttura della tragedia del V secolo.

Vi troviamo importanti notizie che ci permettono di determinare come, prima di Eschilo, la tragedia consistesse nel semplice dialogo tra attore e il coro: fu Eschilo, infatti, a introdurre un secondo attore, mentre Sofocle ne aggiunse un terzo. Sempre secondo Aristotele, a Sofocle si deve l’impiego della scenografia dipinta. Nel periodo di Euripide vennero utilizzati accessori, comparse e anche gli elementi meccanici che servivano a introdurre le apparizioni divine: deus ex machina.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/teatro-atene-tregedie/feed/ 2
Opera e operetta: differenze https://cultura.biografieonline.it/opera-operetta-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/opera-operetta-differenze/#respond Fri, 29 Aug 2014 10:10:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11865 Con i termini opera e operetta si definiscono dei generi teatrali musicali, ma in ogni caso esistono delle sostanziali differenze tra le due parole. Andremo proprio ad analizzare nell’articolo seguente le principali caratteristiche storiche e culturali, e le differenze tra opera e operetta.

Nella foto: Rigoletto, opera di Giuseppe Verdi
Una scena tratta da “Rigoletto“, opera di Giuseppe Verdi

Opera

Con il termine opera si intende un genere teatrale e musicale in cui l’azione scenica è accostata alla musica e al canto. Opera è l’abbreviazione convenzionale della locuzione sostantivale, opere in musica. Denominata anche con i termini opera lirica, o melodramma, nasce a cavallo tra i secoli XVI e XVII. Nel corso della storia si sono venuti a creare vari generi e diverse tipologie di opera lirica per assecondare i gusti del pubblico o per creare da parte degli artisti soggetti e lavori originali.

Elementi fondamentali sono l’orchestra sinfonica, costituita da un enorme complesso strumentale, la messinscena (scenografia, regia, costumi ed eventuali coreografie), la recitazione ma, soprattutto, la qualità vocale dei cantanti. L’opera si articola convenzionalmente in vari “numeri musicali”, che includono sia momenti d’assieme sia assoli. I personaggi rappresentati sono vari e possono corrispondere a taluni sottogeneri: buffo, serio, giocoso, semiserio e infine farsesco. In realtà oggi il successo di un’opera dipende ovviamente da un insieme di fattori. Oltre alla qualità della musica, si considera l’efficacia drammaturgica del libretto e di tutti gli elementi di cui è caratterizzato lo spettacolo teatrale.

Operetta

Con il termine operetta, invece, ci si riferisce ad un genere teatrale e musicale dove è predominante l’alternanza sistematica di brani musicali e parti dialogate. Nasce nel 1856 con la Rose de Saint-Flour di Jacques Offenbach, ma diviene un genere teatrale famoso nel 1860 in Francia e solo successivamente in Austria, anche se tale genere non ebbe una vita lunga.

L’operetta nasce con il preciso intento di narrare storie comiche e satiriche che, solitamente, si occupavano di fare una sana ironia sulle abitudini dell’alta società del periodo. L’operetta è nota quindi per la sua vivacità musicale, l’immediata godibilità e, soprattutto, per l’aspetto coreografico. Le danze rappresentano il nucleo fondamentale dello spettacolo ed esercitano sugli spettatori un interesse quasi ossessivo.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/opera-operetta-differenze/feed/ 0
Differenza tra burattino e marionetta https://cultura.biografieonline.it/burattino-marionetta-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/burattino-marionetta-differenze/#comments Tue, 15 Jul 2014 20:11:12 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11555 Molto spesso i termini burattini e marionette vengono confusi. Proviamo a fare chiarezza sull’etimologia e sul significato delle parole marionetta e burattino in questo articolo.

Il burattino

Per burattino si intende un pupazzo con il corpo di pezza, e l’eventuale testa di legno o di altro materiale, che compare in scena a mezzo busto ed è mosso dal basso, dalla mano del burattinaio che lo infila come un guanto. Il burattinaio, inoltre, dà voce al pupazzo e può essere aiutato e accompagnato da musica, suoni, luci e rumori che vengono prontamente gestiti anche grazie all’aiuto di altri collaboratori.

Alcune tipologie di burattini sono invece mosse grazie all’ausilio di un bastone e due aste prontamente collegate alle mani e che permettono al burattinaio di far gesticolare il proprio pupazzo animandolo.

Burattinaio con i suoi burattini
Un burattinaio con i suoi burattini: il burattinaio infilo i pupazzi nella sua mano e presta la sua voce ai personaggi

Il burattino è caratterizzato da tre parti, identificabili in: testa, mani e veste. Il materiale con il quale sono fabbricate le teste è solitamente leggero: cartapesta, stoffa, legno o creta. L’impugnatura del burattino, da parte del burattinaio, avviene infilando il dito indice nel cavo della testa e il pollice e il medio nelle due braccia. In alternativa al dito medio, si può optare per il dito mignolo. La veste del burattino può essere all’italiana, alla lionese, alla russa, all’inglese o alla jugoslava.

Il burattino possiede una discendenza meno nobile rispetto alla marionetta ed è indirizzato ad un pubblico popolare; inoltre rappresenta una sorta di caricatura della personalità umana e trova il suo ruolo tragico-comico nella propria irruenza fisica e verbale. Possiede inoltre pochi tratti caratteristici che ne consentono l’identificazione: così le principesse avranno la veste celeste, i diavoli rossa, Pulcinella avrà la veste colorata di bianco e i giudici e dottori colorata di nero.

La marionetta

Le marionette, invece, sono dei pupazzi in legno, stoffa o altro materiale, che compaiono in scena a corpo intero e sono mosse dall’uomo tramite fili collegati alle estremità del corpo e sulla testa.

Marionette
Le marionette sono mosse dai fili, tirati dal marionettista

La marionette sono figure umane complete, dalla testa ai piedi, che vestono abiti in miniatura. Colui che mette in scena gli spettacoli di marionette è detto marionettista, mentre il genere spettacolare è definito con il nome di “teatro delle marionette”. Il movimento della marionetta sarà quindi aereo e lieve, costantemente teso alla ricerca della perfezione, a differenza di quella del burattino.

Una foto di pupi siciliani
Pupi siciliani

Tra le più famose marionette annoveriamo quelle siciliane, chiamate con il termine di “pupi siciliani”.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/burattino-marionetta-differenze/feed/ 1
Tragedia greca: le origini e i cori dei satiri https://cultura.biografieonline.it/tragedia-greca-cori-dei-satiri-storia/ https://cultura.biografieonline.it/tragedia-greca-cori-dei-satiri-storia/#comments Wed, 09 Jul 2014 08:28:34 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11479 La base storica della tragedia greca e della tradizione teatrale dell’Occidente è rintracciabile nelle rappresentazioni tragiche e comiche che ci appaiono nel V secolo a.C. in Grecia, ad Atene. Ma per capire quale è stato il precedente sviluppo di tali forme, ci rifacciamo a un passo della Poetica di Aristotele e da un brano di Erodoto.

Tragedia greca (maschere) e coro dei satiri
Nella foto: un mosaico romano. Dai riti dedicati al dio Dioniso si svilupparono la tragedia greca e la commedia. Le maschere sono simboli che distinguono proprio commedia e tragedia.

Dalla loro interpretazione si è ricavata la connessione della tragedia con il canto lirico-corale chiamato “ditirambo”. Il ditirambo veniva cantato con accompagnamento di danze, e rappresentava, oltre che una forma letteraria, anche una forma di spettacolo. Tuttavia l’interpretazione di entrambi i passi è dubbia. Aristotele scrive infatti che la tragedia nacque dagli exarchontes (coloro che iniziano, che danno il tono) del ditirambo. Siccome Aristotele usa il plurale, si è pensato alla presenza di due cori distinti, uno dei quali formato dai satiri, personaggi animaleschi che, raffigurando gli antichi spiriti della natura, presero parte poi al corteggio di Dioniso, il dio dell’estasi. Ma gli exarchontes potrebbero essere più semplicemente i coreuti che cantavano poi tutto il ditirambo.

Aristotele
Un busto che rappresenta Aristotele

Se, infine, si sorvola la questione del plurale usato da Aristotele, potrebbe trattarsi del corifeo o dell’autore del ditirambo, che aveva nel coro anche di direttore e solista. È possibile, infatti, che essendosi il ditirambo ridotto con il tempo al canto ripetuto di un ritornello da parte del coro processionale, al corifeo fosse affidato il compito di riempire i vuoti che si venivano a creare con l’improvvisazione di una monodia (canto da solo) lirico-narrativa.

Erodoto
Erodoto

Narra d’altra parte Erodoto che il tiranno di Sicone, Clistene, essendo in guerra con Argo, tolse all’eroe argivo Adrasto il culto che gli veniva dedicato, assegnando i sacrifici a Menalippo ed i tragikoi choroi (cori tragici) a Dioniso.

Esiste anche una terza ipotesi, che trova l’etimologia della parola in un termine indoeuropeo connesso con il concetto di forza e di potenza: tragedia sarebbe quindi il canto dell’eroe.

Gli spettacoli tragici venivano allestiti nel corso di feste in onore di Dioniso, Le Grandi Dionisie, che venivano eseguite a marzo di ogni anno. Ciascun autore della tragedia greca presentava una “tetralogia”, cioè un gruppo di quattro drammi, tre dei quali erano tragedie, mentre il quarto aveva caratteri grotteschi; il coro era formato da satiri (uomini cavalli), da qui il nome di drammi satireschi. L’azione dei satiri poteva essere coreografica oppure drammatico-rappresentativa.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/tragedia-greca-cori-dei-satiri-storia/feed/ 7