Spagna Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sun, 02 Jun 2024 07:42:28 +0000 it-IT hourly 1 Real Madrid: storia e curiosità https://cultura.biografieonline.it/real-madrid/ https://cultura.biografieonline.it/real-madrid/#comments Sat, 01 Jun 2024 21:55:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7464 Tra le società calcistiche più importanti del mondo

Real Madrid Club de Fútbol, abbreviato in Real Madrid, è il nome di una delle società calcistiche più note e vincenti del mondo; pochi sanno però che la società – fondata il 6 marzo 1902 – è una polisportiva composta, oltre che dalla citata sezione di calcio, anche da una cestistica legata al basket. In questo articolo si racconta la gloriosa storia di questa grande squadra e società.

Lo stemma del Real Madrid
Breve storia del Real Madrid

Real Madrid: l’inizio di un mito sportivo

Il 13 giugno del 1956 il Real Madrid vince la prima Coppa dei Campioni d’Europa, la prima in assoluto della competizione più famosa del mondo, poi trasformatasi in Uefa Champions League. A Parigi, città designata ad ospitare la prima edizione del torneo, i campioni spagnoli si impongono per 4 a 3 sui francesi dello Stade de Reims. Una vittoria che segna l’inizio di una lunga storia di successi, la quale porterà “i blancos” a diventare il club più amato di sempre, tra i più titolati della storia del calcio.

La provocazione della stampa

E pensare che la competizione calcistica per club attualmente più seguita al mondo, è nata da una sorta di provocazione giornalistica. La si deve al quotidiano L’Équipe, all’epoca diretto da Gabriel Hanot, il quale, esattamente nel 1954, si inserì nell’ampio dibattito scatenato dall’inglese Daily Mail, impegnato a quei tempi a sancire – sulla base di presunte superiorità tecniche evidenti ma di fatto mai dimostrate sul campo – l’indiscussa superiorità del Wolverhampton su tutti gli altri club europei, all’epoca dominatore della lega inglese.

Certo, l’idea di un Campionato del Mondo, o almeno d’Europa – scrisse a tal proposito Hanot – per club, più esteso, più significativo, e meno episodico della Mitropa Cup, e più originale di un Campionato d’Europa per squadre nazionali, merita di essere lanciata. Noi ci proveremo“.

La stampa francese cavalcò l’onda della provocazione, la quale assunse in breve tempo il carattere della vera e propria proposta istituzionale.

Intanto, il dibattito era acceso.

Qual era la squadra più forte del continente europeo?

  • Gli spagnoli del Real Madrid?
  • Gli italiani del Milan?
  • Gli ungheresi dell’Honvéd?
  • O proprio il tanto acclarato Wolverhampton?

Un nuovo torneo

La FIFA e l’UEFA dovettero prendere in considerazione la proposta del quotidiano d’oltralpe, seppure non in modo entusiastico.

L’idea di un campionato fra i maggiori club d’Europa, infatti, a dire delle due federazioni (per giunta appoggiate da quella inglese), avrebbe potuto scalfire il fascino dell’allora Coppa Rimet (l’odierno Campionato Mondiale, ormai seguitissimo) e, soprattutto, quello nascente della Coppa Europea per nazioni.

Tuttavia, i giornalisti de L’Équipe si mossero privatamente coi dirigenti di numerose società e, nell’aprile del 1955, portarono attorno ad un tavolo i vertici dei più importanti club europei, alla fine costringendo proprio la Fifa ad imporre all’Uefa l’organizzazione del nuovo torneo.

Si optò per un torneo organizzato sul meccanismo dell’eliminazione diretta e ammettendo una sola società, indicata dalle federazioni nazionali, per ciascun paese.

Determinante, va detto, fu l’intervento di uno dei personaggi più influenti e ormai leggendari della storia del calcio mondiale: l’allora presidente del Real Madrid, Santiago Bernabeu.

Santiago Bernabeu: l’uomo che fece la competizione

Non è un caso che il più amato presidente della storia delle “merengues” sia stato anche tra i promotori più attivi per quanto riguarda l’organizzazione di una competizione europea per club. Forse Santiago Bernabeu aveva fiutato la forza, non solo nazionale, dei propri campioni, tanto che il Real Madrid si aggiudicò le prime cinque edizioni della futura Champions League, portandosi a casa il trofeo originale (spettante appunto a chi si aggiudica per cinque volte la competizione).

Fatto sta che fu proprio lui, nel corso dello storico summit lanciato da Gabriel Hanot nel 1955, a convincere i vertici delle due federazioni di Fifa e Uefa a dare vita al torneo in questione.

L’incontro si tenne all’Hotel Ambassador di Parigi e diede vita ad una “mutuazione” della precedente Coppa Latina (torneo riservato a squadre di Francia, Spagna, Portogallo e Italia, e che il Real Madrid si aggiudicò nel 1954 e nel 1957): la Coppa dei Campioni.

Una foto del 1967 di Santiago Bernabeu
Santiago Bernabeu, il presidente del Real Madrid più amato, in una foto del 1967

Fu uno dei tanti risultati conseguiti dal presidente del Real. Eletto al vertice del team madrileno il 15 settembre del 1943, Santiago Bernabeu ha ricoperto e mantenuto la carica per 35 anni, praticamente fino alla sua scomparsa. A lui si deve la grande ristrutturazione del club su ogni livello, in una chiave ultramoderna per l’epoca, già proiettata verso il futuro.

L’impresa di Bernabeu

Per ogni sezione della società, diede un team tecnico autonomo e, soprattutto, diede vita alla costruzione del nuovo stadio Chamartín, terminato nel 1947, poi ribattezzato proprio in suo onore “Stadio Santiago Bernabéu”.

Una struttura che si spostava effettivamente solo di alcuni metri da quella precedente e che, all’epoca, risultò essere la più ampia del mondo, forte dei suoi 75mila spettatori (poi portati a 125mila), tanto che durante i lavori non mancarono le critiche al presidente madrileno, considerato una sorta di folle ad impegnarsi in un’impresa così esagerata per l’epoca.

Bernabeu però, ci riuscì eccome nell’impresa, grazie soprattutto al sostegno degli oltre 40.000 soci del club, i quali contribuirono di propria mano alla realizzazione dello stadio. Infine, intraprese la strategia ambiziosa di acquistare giocatori di classe mondiale provenienti dall’estero. Ex giocatore egli stesso del Real, dotato di enorme carisma, Santiago Bernabeu dotò la “Casa bianca” di una struttura societaria superiore a tutte quelle del suo tempo.

Grazie all’acquisto di calciatori di grande prestigio, riuscì nell’impresa di vincere, da presidente del Real Madrid, la bellezza di 16 campionati, 6 Coppe di Spagna, 6 Coppe dei Campioni e 1 Coppa Intercontinentale. La morte lo colse il 2 giugno del 1978.

Il primo titolo del Real Madrid

Il 4 settembre del 1955, a Lisbona, si gioca la prima, storica partita della nuova competizione per club europei. Si affrontano Sporting e Partizan e la partita termina con uno spettacolare 3 a 3. Ed è proprio una di queste due compagini che il Real Madrid, guidato dal bomber Alfredo Di Stefano e dall’allenatore José Villalonga, dopo aver facilmente superato gli svizzeri del Servette nel primo turno, si ritrova davanti nel corso dei quarti di finale.

Allo stadio Chamartin, il Real si sbarazza del Partizan con un sonoro 4 a 0 anche se, al ritorno, deve soffrire non poco contro gli jugoslavi: il Partizan sfiora l’impresa, imponendosi per 3 reti a zero. I rischi però, a conferma di una competizione tutt’altro che banale e dacché ne dicano gli inglesi, non finiscono qui per i blancos. In semifinale infatti, la squadra del presidente Bernabeu deve affrontare i rossoneri del Milan, tra i team più forti d’Europa.

Allo Chamartin, entrando nel vivo della partita, il 19 aprile del 1956, termina 4 a 2 per i padroni di casa. In quell’occasione, vanno a segno Rial, Joseito su rigore, Olsen e il grande Di Stefano, mentre per il Milan segnano Nordhal e Schiaffino, entrambi pareggiando momentaneamente il doppio vantaggio madrileno. Al ritorno però, tocca soffrire un po’ di più, perché al vantaggio di Joseito al ’65 minuto (il quale trafigge con un preciso rasoterra da fuori area il portiere milanista Buffon), replica la doppietta di Dal Monte, il quale mette a segno due rigori, l’ultimo al minuto 86, con circa cinque minuti di estrema sofferenza da parte dei blancos.

Tutto sommato però, la compagine guidata da Di Stefano, Gento, Olsen e Rial, riesce a staccare il biglietto per la Francia, in vista della finalissima.

La finale parigina

Il 13 giugno del 1956, allo stadio “Parco dei Principi” di Parigi, c’è il tutto esaurito. Il Real si trova di fronte lo Stade Reims, forte compagine francese che ha in squadra elementi del calibro di Michel Hidalgo e del mago del dribbling, Raimond Kopa.

Oltre a queste due stelle europee, fanno parte del team guidato dall’allenatore Albert Batteux, anche altri giocatori importanti per l’epoca, come il portiere Raoul Giraudo, Léon Glovacki, l’attaccante Jean Templin e il forte difensore Michel Leblond.

La cronaca

Proprio quest’ultimo apre le marcature, dopo appena sei minuti di gioco, mettendo sotto il Real. Allo shock iniziale, segue il raddoppio, al decimo minuto, firmato Jean Templin.

Gli spagnoli si ritrovano a sorpresa sotto di due gol: al diagonale che apre le segnature, fa seguito la rete rocambolesca del 2 a 0, frutto dell’indecisione in uscita del portiere iberico.

Nel Real però, oltre a Di Stefano giocano altri grandi campioni, come il capitano Miguel Munoz, che suona la carica, l’impeccabile mediano Joseito, la forte ala Zarraga e l’attaccante Juan Alonso.

Così, al ’14 e al ’30, prima il grande Di Stefano con un diagonale da posizione centrale (ben servito da Munoz), e poi il bomber Hector Rial, al termine di un’azione concitata, riportano il punteggio in parità.

Non è finita però, perché il Reims torna ancora in vantaggio, esattamente al minuto 62, con un preciso colpo di testa di Hidalgo. Passano però appena cinque minuti, e Marquitos pareggia ancora: 3 a 3.

A questo punto, è solo il Real Madrid a spingere e a tentare di portare a casa la vittoria, la quale arriva al minuto 79, con il terzo gol nella competizione di Hector Rial, agevolato ancora una volta da una grandissima giocata al limite dell’area di Alfredo Di Stefano.

I blancos del presidente Santiago Bernabeu alzano per la prima volta nella storia la Coppa Campioni.

Un trofeo che parla madrileno

Le merengues domineranno la scena per altre quattro edizioni della sempre più seguita competizione calcistica europea. Giocatori come Alfredo Di Stéfano, Ferenc Puskas, Raymond Kopa, José Santamaría e Miguel Muooz faranno la storia, anzi la leggenda del club spagnolo, il quale trionferà in Europa fino al 1960.

Proprio quest’ultima edizione pertanto, rimarrà per sempre negli albori del calcio, grazie alla vittoria del Real Madrid sull’Eintracht Francoforte per ben 7 reti a 3. In quell’occasione, si divisero il bottino i due giocatori più forti di quel periodo storico: Alfredo Di Stefano, autore di tre segnature, e il grande Ferenc Puskas, mattatore delle altre quattro.

La finale si giocò all’Hampden Park di Glasgow, davanti alle telecamere della BBC e dell’Eurovisione, forte di un pubblico di oltre 135.000 persone. Ancora oggi, si tratta di un vero e proprio recordo di spettatori per una finale di Coppa dei Campioni.

Dopo la prima edizione, va detto, i blancos superarono in finale, nel 1957, i campioni uscenti della Serie A italiana, ossia la Fiorentina, grazie a un gol di Di Stéfano su rigore e ad un altro di Gento. Nell’edizione 1957-1958, fu ancora una volta un’italiana a contendere il titolo ai madrileni: il Milan.

Dopo una partita bellissima ed equilibrata, protrattasi fino ai tempi supplementari per via del perdurante 2 a 2, a decidere fu ancora una volta Gento, al minuto 107. Infine, prima del record di Hampden Park, toccò nuovamente al Reims fare posto al Real sul primo gradino del podio europeo: a Stoccarda, decisive furono le marcature di Mateos e del solito Di Stéfano.

La Champions League vinta nel 2022 contro il Liverpool è la numero 14 per la società; a guidare la squadra in panchina l’italiano Carlo Ancelotti, primo allenatore della storia del calcio a vincere quattro volte la competizione.

La cavalcata di Ancelotti porta la squadra spagnola a conquistare l’ottava Coppa Intercontinentale nel 2023: il Real Madrid batte per 5-3 i sauditi dell’Al Hilal nella finale che si svolge in Marocco l’11 febbraio.

Il 1° giugno 2024 Ancelotti guida il Real Madrid alla conquista della sua 15ª Champions League: vince a Wembley contro il Borussia Dortmund per 2-0.

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Guerra civile spagnola: riassunto https://cultura.biografieonline.it/guerra-civile-spagnola-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/guerra-civile-spagnola-riassunto/#comments Wed, 03 Feb 2021 16:03:19 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=32188 In spagnolo è indicata come Guerra civil española. In Italia è riportata sui libri di storia come guerra civile spagnola oppure come guerra di Spagna. Gli eventi sono quelli caratterizzati da un conflitto armato nato da un colpo di Stato (in spagnolo: golpe) avvenuto il 17 luglio 1936. La guerra durò oltre tre anni, formalmente fino al 1° aprile 1939. Riassumiamo di seguito gli scenari e i fatti.

Legione Condor: un ufficiale tedesco con ragazzi militari spagnoli (Guerra Civile Spagnola)
Un ufficiale tedesco della Legione Condor con alcuni ragazzi spagnoli, militari cadetti

Lo scenario storico

Nel 1931 in Spagna venne promulgata la repubblica e adottata una Costituzione avanzata per l’epoca. Questi mutamenti andavano in direzione della democratizzazione del Paese, ma non potevano celare le profonde divisioni sociali che funestavano la società civile. Da una parte i proprietari terrieri e la nobiltà, che si identificheranno con la destra conservatrice, appoggiata dalla Chiesa cattolica e il cui leader si rivelerà Francisco Franco; dall’altra contadini e i pochi operai delle grandi città, gli uni e gli altri vessati e costretti a orari e turni di lavoro massacranti.

Il colpo di stato: 17 luglio 1936

In questo contesto hanno luogo le elezioni che, nel febbraio 1936, vedono una chiara vittoria del Fronte Popolare. Questo fonde comunisti, socialisti, repubblicani e alcune organizzazioni anarchiche. La reazione dei falangisti, esponenti della destra ultra-conservatrice e di buona parte delle gerarchie militari, si concretizza nel colpo di stato del 17 luglio. L’obiettivo è di instaurare una dittatura militare. Il tentativo di golpe ha successo solo parziale. Sono in particolare le masse operaie delle principali città spagnole (Madrid e Barcellona su tutte) a organizzare una resistenza, almeno inizialmente vittoriosa, costringendo addirittura alla resa i militari. È incominciata la guerra civile spagnola.

La guerra civile spagnola e la questione internazionale

A dispetto del nome con cui è ricordata, la guerra civile spagnola non resta affatto confinata al Paese. Si configura immediatamente come una questione internazionale. Il generale Francisco Franco fin dalle prime settimane appare il leader dei falangisti. Assume il comando pressoché assoluto della sua fazione e fa appello alle comuni radici ideologiche nel rivolgersi ai dittatori di Germania e Italia. Ottiene così un concreto aiuto militare.

Guerra civile spagnola: manifesto di propaganda
Manifesto di propaganda: la FE (Falange Española) cerca nuove reclute militari per combattere per “La patria, il pane e la giustizia”.

E’ in particolare Benito Mussolini a inviare in Spagna diverse decine di migliaia di uomini. Formalmente si tratta di volontari ma di fatto sono inquadrati nel Regio Esercito. Il contributo di Adolf Hitler è più limitato; esso è finalizzato soprattutto alla verifica sul campo di nuove armi e nuove tattiche. Alla resa dei conti, comunque, si tratta di un aiuto in grado di far pendere la bilancia dalla parte dei Falangisti.

I Repubblicani, partigiani del governo legittimo, ricevono un aiuto abbastanza incostante da parte dell’Unione Sovietica e, in misura minore, del Messico; arruolano nelle loro fila circa 40.000 volontari antifascisti provenienti da paesi europei e americani: le celebri Brigate internazionali (Brigadas Internacionales). Inoltre, dalla loro parte si schiera apertamente l’élite culturale mondiale: valga per tutti citare Ernest Hemingway – dalla cui esperienza sul campo nasce un capolavoro letterario quale “Per chi suona la campana“.

Tra gli altri intellettuali schierati con i Repubblicani ricordiamo anche:

Scelgono invece una politica di appeasement Francia e Regno Unito, che si fanno promotori di una politica di non-intervento. Italia e Germania non si fanno però scrupolo di violare, talora anche apertamente, gli accordi liberamente sottoscritti, a differenza delle due potenze occidentali. Pertanto il non-intervento finisce per rappresentare un grosso vantaggio per i Falangisti.

Le operazioni militari

Numericamente le forze in campo potevano sembrare di entità molto simile. Va però sottolineato che dalla parte di Franco vi era una consistente porzione degli ufficiali: così il suo esercito poté beneficiare di un’organizzazione migliore. A questo si aggiunga la messe di aiuti dei paesi fascisti, tanto in armi quanto in uomini, che fecero pendere definitivamente l’ago della bilancia dalla parte dei Falangisti.

Merita di essere ricordata la “Legione Condor“, un’unità dell’aviazione militare hitleriana che si rese protagonista di diversi spietati bombardamenti – antesignani delle operazioni che da ambo le parti caratterizzeranno la seconda guerra mondiale – tra cui resterà tristemente famoso quello della cittadina di Guernica il 26 aprile 1937. A questo triste evento è ispirato l’omonimo e celebre quadro di Pablo Picasso.

Guernica: il dettaglio della testa del cavallo con una bomba all'interno della bocca
Guernica, uno dei quadri più famosi di Picasso. Nel dettaglio: la testa di un cavallo con una bomba all’interno della bocca.

Di contro i Repubblicani potevano contare soprattutto sull’ardore ideologico, sulla disperata difesa dei diritti così faticosamente acquisiti da parte delle vessate masse popolari e sulla organizzazione delle schiere operaie, oltre alla simpatia internazionale che porterà alla costituzione delle già citate Brigate Internazionali.

Una guerra prolungata

Ci fu un primo periodo di sostanziale stallo: esso vide il successo, assolutamente inatteso, dei legalisti repubblicani che riuscirono a espellere l’esercito fedele a Franco da Madrid. In seguito i nazionalisti riuscirono a prendere il sopravvento e avviarono una campagna per la riconquista di Madrid. Ciò grazie anche all’arrivo delle ben addestrate truppe marocchine, trasportate sul suolo spagnolo da navi tedesche e italiane. È degno di nota che Francisco Franco, pur avendo identificato la capitale come la chiave per la vittoria, scelse di avviare numerose campagne secondarie che distolsero i Nazionalisti dall’obiettivo principale, prolungando la guerra.

Il prolungamento della guerra era proprio l’intento di Franco. Egli non voleva una pace che lasciasse alla fazione nemica forze sufficienti a rappresentare un ostacolo. Sono coerenti con questa strategia:

  • le campagne del Nord,
  • l’offensiva in Catalogna,
  • la decisiva battaglia dell’Ebro.

Francisco Franco assunse il titolo di Caudillo – che può essere equiparato a quello di duce. Le sue truppe fecero il loro ingresso a Madrid nel marzo 1939.

Francisco Franco con Benito Mussolini
Il Caudillo Francisco Franco con il Duce Benito Mussolini

La fine della guerra civile spagnola e il dopoguerra

Il 1° aprile 1939, con la cessazione dei combattimenti, anche se alcuni focolai di resistenza rimasero attivi addirittura fino agli anni Cinquanta, Franco emise il bollettino della vittoria.

La repressione e le punizioni che seguirono la vittoria furono spietate. L’italiano Galeazzo Ciano ne rimase colpito nel corso di una visita ufficiale, nel luglio 1939, quindi oltre tre mesi dopo il termine della guerra. Molti combattenti repubblicani preferirono l’esilio, oltrepassando il confine con la Francia o imbarcandosi per i paesi del centro e sud America, quando non addirittura il suicidio. La popolazione, che già nell’anteguerra viveva spesso in condizioni di estrema povertà, subì ovviamente le conseguenze più pesanti delle distruzioni di oltre 3 anni di guerra.

L’estrema debolezza militare ed economica del Paese spinse Franco a tenere la Spagna fuori dalla Seconda Guerra Mondiale; è un’operazione che seppe portare a termine con abili manovre diplomatiche, ma che non impedì alla Spagna di restare isolata e giocare un ruolo meno che marginale sulla scena politica mondiale. Questo fino alla caduta del regime franchista avvenuta nel 1975.

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Museo del Prado. Breve storia del museo di Madrid https://cultura.biografieonline.it/museo-del-prado-storia/ https://cultura.biografieonline.it/museo-del-prado-storia/#respond Tue, 19 Nov 2019 12:22:36 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=27546 Il Museo del Prado è una delle più belle e celebri pinacoteche del mondo. E’ stato inaugurato il 19 novembre del 1819 e si trova a Madrid, in pieno centro, vicino al Giardino Botanico.

Ingresso del Museo del Prado (Museo Nacional del Prado), Madrid
La facciata anteriore del Museo del Prado (Museo Nacional del Prado), a Madrid (Spagna)

Entrambe le opere, il museo e il Giardino Botanico Reale (Real Jardín Botánico de Madrid), furono progettate dall’architetto Juan de Villanueva su incarico del re Carlo III.

Inizialmente il museo venne chiamato Museo Real de Pinturas perché la sua collezione prevedeva solo opere spagnole che provenivano dalla collezione reale. Avrebbe inoltre dovuto essere destinato alla storia naturale; solo in seguito si decise di destinarlo a pinacoteca.

Il sostegno più importante fu dato da Isabella di Braganza moglie del re Ferdinando VII.

Il Museo del Prado durante la prima metà del ‘900

Durante la Guerra civile spagnola (1936 – 1939) il museo subì alcuni danni ma le opere vennero protette e conservate nei sotterranei. In seguito, con l’inasprirsi dei combattimenti, furono trasferite a Ginevra; poi, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, le opere vennero riportate a Madrid; ciò solo dopo che Francisco Franco dichiarò a Hitler che non sarebbe entrato in guerra a fianco della Germania.

Gli anni 2000

La collezione di opere provenienti da tutto il mondo negli anni successivi è cresciuta notevolmente, tanto che fra il 2001 e il 2007 il Museo del Prado ha subito un ampliamento.

200 anni dopo, nel 2019, il Prado vanta una delle collezioni più formidabili del mondo; essa consta di 8.600 quadri e 700 sculture.

guernica picasso grandi dimensioni, museo del prado madrid
Guernica di Picasso: è una della opere più celebri del mondo. Esposta e conservato presso il Prado di Madrid, nella foto si possono apprezzare le sue grandi dimensioni.

Alcune opere celebri che si possono visitare al Prado di Madrid

All’interno del museo del Prado possiamo ammirare opere e capolavori celebri come Guernica di Pablo PicassoLa Maja vestida e La Maja desnuda, di Francisco Goya.

Maja Desnuda
Maja Desnuda (Goya)

Sempre di Goya: Il fantoccio, La famiglia di Carlo IV.

Di Diego Velázquez: Las Meninas, Cristo crocefisso, La resa di Breda.

Tra le opere degli artisti italiani ricordiamo: Cristo in pietà e un angelo di Antonello da Messina, Madonna con il bambino tra le sante Maria Maddalena e Orsola di Giovanni Bellini, I tre episodi della nostalgia degli onesti di Sandro Botticelli, Nascita di San Giovanni Battista di Artemisia Gentileschi.

Un corridoio del Museo del Prado
Un corridoio del Museo del Prado

Visitare il Museo del Prado a Madrid è un’esperienza straordinaria che può travolgere lo spettatore per diversi giorni, considerata la vastità della sua collezione.

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Il parasole, storia e analisi del celebre quadro di Francisco Goya https://cultura.biografieonline.it/il-parasole-goya/ https://cultura.biografieonline.it/il-parasole-goya/#respond Tue, 25 Jul 2017 08:17:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22857 La scena del quadro “Il parasole” si svolge in un’atmosfera da villaggio, dove Francisco Goya dipinge due figure. Una ragazza ben vestita, secondo i canoni della moda francese, e un servo o forse uno spasimante della giovane, dipinto con i capelli raccolti con una piccola rete e con una cintura di seta colorata. Si tratta di uno dei dipinti più importanti della produzione artistica di Goya.

Il parasole - Goya - El quitasol - The Parasol - 1777
Il parasole (El quitasol, 1777)

Il parasole: analisi del dipinto

La giovane donna è distesa sull’erba con un cagnolino che dorme sulle sue gambe, mentre il corteggiatore la ripara dal Sole con un parasole verde. L’uomo e la donna sono rappresentati come una piramide, proprio al centro del cartone. La figura prospettica invece è bloccata sulla sinistra della rappresentazione con il muro. La scena si sposta infatti sul paesaggio di destra.

È un dipinto caratterizzato dalla luce dei colori accostati. La sottana è di colore arancio e spicca a contrasto con l’azzurro del corpetto, facendo vivificare entrambi i colori, rendendoli sgargianti. Il volto della fanciulla è caratterizzato dalla luce: in un gioco tra luci e ombre, viene evidenziato. Mentre il volto del ragazzo è illuminato dal sole.

Il dipinto è un olio su tela realizzato nel 1777, di centimetri 104 x 152, custodito a Madrid, presso il Museo del Prado. È un’opera che il pittore spagnolo ha eseguito tra il 3 marzo e il 12 agosto 1777, quindi consegnata alla Real Fabrica di Santa Barbara. Pare che all’artista sia stata data una bassa retribuzione. L’opera Il parasole (in spagnolo: El quitasol), infatti, è stata sottostimata, si presume a causa del numero ridotto dei soggetti dipinti.

Il parasole - Goya - dettaglio
Il parasole: i volti in dettaglio

Il significato

Il cartone rappresenta la maja, cioè la ragazza del popolo, e il ragazzo, intenti ad un innocente gioco amoroso. È un tema che è presente in molte opere, questo del parasole, dai romanzi ai quadri, proprio della cultura del tempo. Tanto che per i critici è stato vano rintracciare una fonte, sia figurativa sia letteraria.

Il quadro di Francisco Goya è un’opera ricca di dettagli e di colore, piena di joie de vivre, tipica allusione al regno di Carlo III di Spagna. Tra i colori utilizzati, ce n’è uno che spicca in assoluto: il rosso puro. Insomma, Goya utilizza un colore primario direttamente sulla tela, preludendo gli sviluppi di una pittura romantica o addirittura impressionista.

Breve storia

Goya ha dipinto quest’opera in un momento particolare della sua vita: quando cioè sposa Josefa, sorella di Francisco Bayeu, che faceva parte dell’Accademia Reale delle Belle Arti. Un matrimonio, con la sorella di Bayeu, che assicurò all’artista nuovi contratti di lavoro. Grazie a lui, Goya arriva alla Corte reale, realizzando, tra le altre opere, un ritratto di Carlo IV e dei suoi parenti. Una pittura in cui l’artista spagnolo ritrae tutti i membri della famiglia, che abbiamo già analizzato nell’articolo dal titolo “La famiglia di Carlo IV”.

L’artista spagnolo ha una grande passione per il colore e il gioco delle ombre, come dimostrano le sue opere. Quest’opera fa parte di una collezione e rappresenta uno dei suoi primi lavori: i cartoni per arazzi eseguiti appunto per dei Reali di Santa Barbara. Si tratta di quadri che ritraggono scene campestri, feste e costumi popolari spagnoli. Tra queste opere realizza anche “Il parasole“, dove sviluppa il tema dell’amore. Il dipinto è inoltre considerato un preludio agli sviluppi futuri della pittura romantica.

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Il Museo del Prado di Madrid https://cultura.biografieonline.it/museo-del-prado-madrid/ https://cultura.biografieonline.it/museo-del-prado-madrid/#comments Wed, 14 Jun 2017 08:58:35 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22652
El Prado - Il Museo del Prado a Madrid
Il Museo del Prado a Madrid

Uno dei musei più famosi del mondo in cui trovare opere pittoriche di grandi artisti è quello del Prado di Madrid: ecco quali sono i dipinti da ammirare.

Uno dei luoghi che un appassionato di arte dovrebbe assolutamente visitare è il Museo del Prado che si trova a Madrid, in Spagna. Si tratta di una delle pinacoteche e dei musei più importanti a livello mondiale. Il Prado custodisce opere pittoriche di enorme valore. In questo Museo si trovano infatti esposti i dipinti dei maestri di arte più bravi e famosi, a partire da quelli che hanno tenuto alto il nome della pittura spagnola in ambito internazionale.

Il Museo del Prado è ubicato in una zona centrale della città, con un grande giardino alberato e circondato da monumenti. Come tutti i Musei, anche quello del Prado madrileno necessita di qualche ora per essere visitato in maniera approfondita e tranquilla. Per una visita senza interruzioni è consigliabile l’accesso nei giorni feriali, quando vi è meno affluenza di pubblico.

Qualche cenno storico

La costruzione dell’edificio che ancora oggi ospita il Museo del Prado fu commissionata da Carlo III di Spagna al fidato architetto Juan de Villaneuva. A lui si deve anche la progettazione dell’adiacente giardino botanico. Carlo III visionò e approvò il progetto architettonico nel 1786, lasciando però una discreta libertà di azione e movimento a Villaneuva, tanto è vero che il risultato finale fu abbastanza diverso dal disegno originario.

I lavori giunsero al termine all’inizio del XIX secolo, ma purtroppo con lo scoppio della Guerra di indipendenza e il conseguente arrivo delle truppe francesi l’edificio venne adibito a fini militari, rischiando la quasi totale distruzione. Successivamente nel 1818 il sovrano Ferdinando VII e sua moglie manifestarono l’intenzione di recuperare la struttura del palazzo, affidandone i lavori al miglior discepolo di Villaneuva, Antonio Lopez Aguado.

Il Museo, dapprima intitolato “Museo Real de Pinturas”, aprì ufficialmente i battenti il 19 novembre 1819, mostrando al pubblico le opere migliori facenti parte della Collezione Reale spagnola. Successivamente il Museo ricevette alcuni fondi dal Museo de la Trinidad fondendosi con il Prado nell’anno 1974.

Cosa visitare al Museo del Prado

All’interno del Museo del Prado si possono ammirare opere pittoriche appartenenti a grandi maestri ed artisti sia del passato che contemporanei. Ci sono i dipinti realizzati da Michelangelo Merisi, conosciuto con il nome di “Caravaggio”, tra i quali spicca l’opera intitolata “Davide e Golia”.

davide e golia caravaggio
Davide e Golia (Caravaggio, 1597-1598)

Altro noto autore presente nel Museo del Prado è Raffaello, con le sue opere interessanti come “L’andata al Calvario”, che racconta appunto la Via Crucis di Gesù Cristo verso il Monte Calvario. Altra raffigurazione dal tema religioso è quella realizzata da Guido di Pietro, conosciuto con il nome di Beato Angelico, che ha magistralmente dipinto il momento dell’Annunciazione.

Tra gli artisti della scuola pittorica spagnola spicca senz’altro il nome di Francisco Goya: una delle sue opere presenti al Prado è quella intitolata “Le fucilazioni del 3 Maggio”. C’è anche il quadro intitolato “La Maja vestita e la Maja desnuda”, in cui è stata ritratta con molta probabilità l’amante del primo ministro spagnolo Godoy. Sono comunque molte le opere di Goya qui presenti.

Maja Desnuda Francisco Goya, Maja Vestida

Per chi ama l’arte al Museo del Prado c’è anche la sezione dedicata alle Sculture. Ve ne sono oltre novecento, dall’arte classica fino al 19° secolo. Ci sono anche opere scultoree realizzate da artisti italiani, che meritano di essere ammirate dal pubblico. Ad esempio la “Venere” di Bartolomeo Ammannati.

Oltre alla scuola pittorica spagnola e a quella italiana, presso il Museo del Prado ci sono anche dipinti provenienti dalla scuola fiamminga (particolarmente notevoli i dipinti che portano la firma di Van der Weyden e Bosch.

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Saturno che divora i suoi figli (opera di Francisco Goya) https://cultura.biografieonline.it/saturno-che-divora-i-suoi-figli/ https://cultura.biografieonline.it/saturno-che-divora-i-suoi-figli/#respond Mon, 28 Nov 2016 12:52:39 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20442 Saturno che divora i suoi figli” rappresenta uno dei quadri più famosi dell’artista spagnolo Francisco Goya, una personalità molto importante nel corso dei suoi anni, in quanto testimoniò con le sue opere eventi di cronaca del suo tempo.

Saturno che divora i suoi figli - Saturno devorando a su hijo - Saturn Devouring His Son
Saturno che divora i suoi figli (Saturno devorando a su hijo) – dettaglio principale del quadro di Goya

Saturno che divora i suoi figli: analisi del quadro

L’opera vede come soggetto i figli di Crono e Saturno, dei greci. Si tratta di un’opera realizzata da Goya in tarda età. Il quadro fu realizzato infatti tra il 1819 e il 1823. Di dimensioni 143 x 81 centimetri, è custodito al Museo del Prado di Madrid.

Goya, nel 1819, acquistò un appartamento, il Quinta del Sordo, abitato in precedenza da una persona sorda. Quando l’artista andò a viverci, lo era anche lui, proprio a causa della febbre che lo aveva colpito nel 1792. Prima di spostarsi a Bordeaux, in questa casa il pittore realizzò 14 opere. Si tratta di pitture a olio sulle mura dell’abitazione, quando era ossessionato dalla morte e triste per la guerra civile che stava svolgendosi in Spagna.

Il suo modo di dipingere rappresenta la libertà di un poeta del sentire. Esce dagli schemi neoclassici, perfezionisti del suo tempo, mettendo a nudo la descrizione interiore. Francisco Goya si mette in discussione, si interroga. Proprio da questo stato d’animo nascono queste opere che prendono il nome di Black Paintings, tra cui troviamo proprio “Saturno che divora i suoi figli“.

Goya ha realizzato quest’opera nella sala da pranzo, dove si vede Saturno che, per terrore che i figli potessero spodestarlo, proprio come lui fece con suo padre Caelus (questo appunto secondo la tradizione greca), li divora. L’artista non ha dato nessun nome a queste 14 opere.

L’opera “Saturno che divora i suoi figli” mostra Saturno mentre divora il suo successore, che è senza testa e senza un braccio, pronto a mordere ancora la carne di suo figlio, con lo sguardo che brilla, evidenziato dagli occhi spalancati. Lo sfondo è scuro: l’unica parte dalla quale si evidenzia la luce è quella della carne del giovane e del sangue che fuoriesce dal suo corpo.

Saturno che divora i suoi figli – Francisco Goya
Saturno che divora i suoi figli (quadro completo) – Francisco Goya (1819-1823) – Museo del Prado, Madrid (Spagna)

Significato del quadro

Sono state elaborate differenti teorie sul significato del quadro. La prima teoria riguarda il conflitto tra la gioventù e la vecchiaia. Il tempo è rappresentato da Saturno, che distrugge il passato, lasciando catastrofe.

Una seconda teoria vedrebbe invece la fame del titano come un’allegoria della Spagna. In tale contesto Saturno rappresenta la patria che sta uccidendo i propri figli. E lo fa attraverso guerre e rivoluzioni svoltesi negli anni passati.

La terza teoria invece sembrerebbe riguardare il rapporto tra lo stesso pittore e suo figlio Xavier Goya. Fu l’unico suo figlio sopravvissuto a differenti malattie e a guerre.

Il confronto con l’opera di Rubens

E’ possibile che Goya trasse ispirazione da un’opera di Rubens del 1636. Il quadro di Rubens Saturno che divora i suoi figli è conservato anch’esso presso il Prado, pertanto è possibile ammirarli entrambe nello stesso luogo.

Saturno che divora suo figlio - Rubens
Saturno che divora suo figlio (Pieter Paul Rubens, 1636)

Quest’ultima è però un’opera dal simbolismo più convenzionale. Il dio Saturno viene rappresentato nel suo atto con maggiore freddezza. Goya invece lo mostra più come un uomo attanagliato dalla pazzia.

Nel dipinto di Rubens il figlio appare come un bambino indifeso. Goya aveva prodotto un disegno sul medesimo soggetto, più vicino al modello di Rubens, diversi anni prima della sua opera, intorno al 1797.

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Disastri della guerra (opera di Francisco Goya) https://cultura.biografieonline.it/disastri-della-guerra-goya/ https://cultura.biografieonline.it/disastri-della-guerra-goya/#comments Tue, 27 Sep 2016 10:50:08 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19965 Con “I disastri della guerra” (Los desastres de la guerra) Francisco Goya è riuscito a rappresentare la dura e triste realtà della guerra d’indipendenza di Spagna con tanta intensità. Si tratta per Goya di una vera e propria testimonianza dei disastri provocati dalla guerra che possono essere trattati attraverso l’arte. L’opera, una serie di incisioni, è composta da 80 tavole.

I disastri della guerra - The Disasters of War - Tristi presentimenti di ciò che accadrà - Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer - Gloomy premonitions of what must come to pass
Tristi presentimenti di ciò che accadrà – E’ la tavola N.1 delle 80 che compongono l’opera “I disastri della guerra

I disastri della guerra: le prime tavole

La prima tavola, dal titolo “Tristi presentimenti di ciò che accadrà” (Tristes presentimientos de lo que ha de acontecer), ritrae un uomo inginocchiato e supplicante, vestito di stracci, con lo sguardo rivolto verso l’alto. Sullo sfondo regna l’oscurità, angosciante, quasi come se fosse popolata da mostri.

Con o senza la ragione - Con razon ó sin ella - With or without reason
Con o senza la ragione” (Con razon ó sin ella)

Si prosegue con la tavola dal titolo “Con o senza la ragione” (Con razon ó sin ella), dove alcuni patrioti spagnoli stanno per essere fucilati da un plotone di soldati napoleonici. Gli uomini lottano sino alla morte.

I disastri della guerra - Los desastres de la guerra - The Disasters of War
I disastri della guerra: Tavola N.3, “Lo mismo

La terza, si intitola “Lo stesso” (Lo mismo) e fa riferimento allo stesso soggetto della precedente, dove vi è appunto l’assenza della ragione. Qui un patriota brandisce la sua ascia contro un soldato francese, mentre sullo sfondo un altro spagnolo accoltella il nemico. E’ una scena carica di drammaticità. Sono scene, queste, che si susseguono.

La storia dell’opera

Quest’opera rimase a lungo inedita. Venne infatti pubblicata nel 1863, per la prima volta, a distanza di quasi vent’anni dalla morte del pittore. Quando Goya iniziò a realizzarla era il 1810. Il 1811 e il 1812 sono gli anni che vengono definiti “anni della fame”. Alle ingiustizie della guerra si aggiunge anche la disperazione per la fame. L’artista descrive gli effetti, che si possono vedere dalle tavole 48 alla 64.

Con I disastri della guerra, Goya vuole testimoniare il fallimento delle idee. Ma non è tutto. Uomo dall’animo sensibile, è il primo a notare, e tra i primi a rappresentarla, la miseria della prostituzione. Mette infatti in evidenza la condizione di vittime di queste donne costrette a prostituirsi. Insomma, attraverso queste incisioni, Goya evidenzia come il conflitto faccia venir fuori il peggio della natura umana.

Io lo vidi - Yo lo vi - I saw it - Tavola 44
Io lo vidi (Yo lo vi) – Tavola 44

Il contesto storico

Sono opere che Francisco Goya dipinge dal vivo durante la rivolta del popolo spagnolo contro l’occupazione napoleonica. Dipinge il sentire, fa emergere il suo stato d’animo, descrive i tempi che sta vivendo, lo fa con poesia attraverso le sue opere. Si interroga, libera lo spirito.

Con sentimento e intuizione, non gli manca affatto il senso critico circa la realtà che lo circonda. L’artista dà testimonianza guardando oltre l’apparenza. Seppure autentico e originale, diventa anche un pittore molto ricercato dalle corti. Ritratti che gli vengono commissionati dai nobili che gli danno la possibilità di guadagnare, lasciandolo libero di esprimersi.

Questo è il peggiore - Esto es lo peor - Tavola 74
Tavola 74: “Questo è il peggiore” (Esto es lo peor!). Un lupo scrive “Mísera humanidad la culpa es tuya. Casti“. Si riferisce allo scrittore italiano Giambattista Casti, autore del poema “Gli animali parlanti”, nel quale appare il verso “O schiava umanità, la colpa è tua” (XXI, 57)

Goya ritrae poi la disperazione, il sacro e il profano. E ancora: la vita, la morte, il bello e il brutto. Documenta la stupidità e la follia umana. Realizza scene fantastiche, ispirate dai suoi sogni. E’ un abile incisore, come aveva già dimostrato ad esempio con i suoi “Capricci” (Los Caprichos).

È uno dei più grandi pittori spagnoli dell’età illuminista, anticipa i tempi, proponendo un’apertura verso il Romanticismo e il Realismo, attingendo appunto anche dalla vita reale, oltre che da immagini fantastiche dettate dalla sua immaginazione. È un artista libero, che ama i piaceri della vita. Con il suo messaggio afferma che in arte non ci sono regole, ma conta senza dubbio la personalità del pittore. Il periodo in cui si dedica a “I disastri della guerra” è un anno critico per la storia del suo Paese. Goya accetta commissioni e onorificenze dai governanti stranieri, ma contemporaneamente condanna la guerra. E lo fa in modo magistrale attraverso queste incisioni.

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Caprichos (Capricci), opera di Goya https://cultura.biografieonline.it/los-caprichos-goya/ https://cultura.biografieonline.it/los-caprichos-goya/#comments Mon, 12 Sep 2016 08:43:54 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19685 Los Caprichos” (I capricci), è una serie di 80 tavole realizzata dal maestro spagnolo Francisco Goya nel 1799. Sono pensieri stravaganti che creano immagini di fantasia, caratterizzate da una satira pungente, che puntano a descrivere tutti i mali, i pregiudizi, gli inganni, nonché le menzogne della società spagnola di quell’epoca. Ad aprire la serie dei Capricci c’è l’esaltazione della ragione, con l’Autoritratto.

Los Caprichos - Goya - Autoritratto
Caprichos: (Goya, Autoritratto, Tavola 1) – Come preludio alla sua opera “Capricci”, Goya ha ritratto se stesso, mostrando l’autore di questa serie di satire sulla società spagnola del suo tempo. Goya si rappresenta in atteggiamento satirico e come un personaggio importante.

Le tavole di Goya sottolineano le caratteristiche di ogni classe: da quelle più povere alla chiesa, dalla nobiltà alla famiglia reale. Le tavole di Goya suscitano scandalo. Molti infatti vi si riconoscono, dopo la pubblicazione, tanto che interviene la Santa Inquisizione, che reputa le stampe blasfeme e scandalose.

Grazie a un ordine formale rilasciato dal re Carlo IV di Spagna, Goya viene risparmiato dall’Inquisizione. L’artista ha realizzato le tavole “Los Caprichos” utilizzando la tecnica dell’acquatinta e dell’acquaforte. Nelle sue incisioni Goya è spietato, crudele e – in alcune – è anche vicino al surrealismo.

L’uomo rappresentato da Goya non è mai limitato in un paesaggio monotono, ma è un uomo difforme, umano o sovrumano, che viene animato dalle passioni eroiche e agitato al contempo dalla superstizione.

Los Caprichos: tre tavole famose

Tra le 80 tavole che compongono la serie dei Capricci, di seguito ne analizziamo tre, quelle più rappresentative:

  1. Anche il nonno (Hasta su abuelo, Tavola N.39)
  2. E’ che non si può (Tu que no puedes, Tavola N.42)
  3. Il sonno della ragione genera mostri (El sueño de la razón produce monstruos, Tavola N.43)

Hasta su abuelo - Anche il nonno - Capricci 39 - Goya
Hasta su abuelo (Anche il nonno) – Caprichos 39 (Goya)

Nella prima incisione, dal titolo “Hasta su abuelo (Anche il nonno), Francisco Goya ritrae i privilegiati, criticando i membri reputati inutili. E’ una nobiltà che è riuscita ad ottenere la sua posizione di privilegio non per merito personale, ma per eredità.

Tu que no puedes (Non si può) - Capricci 42
Tu que no puedes (Non si può) – Caprichos 42

Nella seconda, “Tu que no puedes (Non si può), Goya analizza in maniera brutale e critica umoristica l’ingiustizia della società di classe. In pratica ritrae i lavoratori che sostengono con i propri dolori i gruppi privilegiati (chiesa e nobiltà). Questi ultimi sono ritratti come parassiti incompetenti, ovvero come degli asini. Mentre i lavoratori sono ritratti come persone che sostengono gli animali.

El sueño de la razón produce monstruos - Il sonno della ragione genera mostri - Capricci 43
El sueño de la razón produce monstruos (Il sonno della ragione genera mostri) – Caprichos 43

Nella terza, forse la più celebre, “El sueño de la razón produce monstruos(Il sonno della ragione genera mostri), l’artista ritrae un uomo colto nella sua disperazione. Egli indica la ragione, un uomo che sogna il cambiamento sociale e politico. Sulla testa del personaggio, che sogna un futuro migliore, volano uccelli spettrali. La scena rappresenta probabilmente lo stesso Goya, mentre è addormentato. Attorno a lui oltre agli uccelli prendono forma volti ghignanti e felini diabolici.

E’ possibile vedere le immagini delle 80 tavole sul sito della Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, di Madrid.

La storia

Ci sono tre manoscritti che spiegano l’opera. Tra questi, c’è quello conservato al Museo del Prado, reputato autografo di Goya. Esso esprime un parere sul ruolo dell’arte, a differenza degli altri due, tra cui un manoscritto custodito nella Biblioteca Nacional de España, che danno un’interpretazione più scabrosa.

È il 6 febbraio 1799 quando, sul “Diario di Madrid” viene pubblicato un annuncio pubblicitario in cui viene comunicata la vendita di una “Raccolta di stampe su temi capricciosi, inventate e incise all’acquaforte da Don Francisco Goya“. Sarà lo stesso artista ad interrompere la pubblicità a causa del clamore sfavorevole.

Così, nel 1803 ritirati gli album dal commercio, il pittore decide di donare le copie rimaste e le lastre al re.

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Il 3 maggio 1808 (opera di Francisco Goya) https://cultura.biografieonline.it/3-maggio-1808-goya/ https://cultura.biografieonline.it/3-maggio-1808-goya/#comments Sat, 21 May 2016 12:33:17 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18519 Guerra, ingiustizia e terrore. Sono questi i temi rappresentati da Francisco Goya nel suo dipinto “Il 3 maggio 1808“, un olio su tela, di centimetri 266 x 345, realizzato nel 1814 e conservato presso il museo del Prado, a Madrid.

3 maggio 1808 - 3 mayo - quadro - Goya
Il 3 maggio 1808 • Il quadro di Goya è conosciuto anche come “El tres de mayo de 1808 en Madrid” oppure “Los fusilamientos de la montaña del Príncipe Pío” o ancora “Los fusilamientos del tres de mayo

Il 3 maggio 1808: analisi del quadro

Il quadro narra la lotta del popolo spagnolo contro l’invasione napoleonica. Quest’opera fa parte di una coppia di quadri, “Il 3 maggio 1808” appunto, e “Il 2 maggio 1808“, dove vengono rappresentati i due momenti in cui le truppe francesi avanzano in Spagna, catturando un gran numero di cittadini, per poi eliminarli.

Goya - 2 maggio 1808
Il 2 maggio 1808“, Goya

Goya, figlio di un maestro doratore, già a 14 anni dipingeva nello studio del pittore José Luzàn y Martinez, ed è stato sempre influenzato dalla situazione del suo paese. In questo dipinto, l’artista realizza un forte contrasto di chiaroscuri, vi è l’ombra controluce della lanterna che vuole simboleggiare la luce della libertà al contrario dell’ombra, che rappresenta la guerra.

Le pennellate sono veloci e approssimative, si assiste attraverso questo gioco di luci, dai violenti contrasti, allo scontro tra la morte e la vita, l’irrazionale e la ragione. La luce si concentra e si irradia dalla camicia bianca del condannato, dipinto con le braccia aperte e alzate in segno di rassegnazione, e ha una ferita sulla mano, quasi a voler ricordare il Cristo.

Goya - 3 maggio 1808 - dettaglio - detail
Il dettaglio del quadro con i protagonisti principali: l’uomo con le braccia alzate, il frate francescano e i soldati vicinissimi alle vittime.

A dare drammaticità ancora di più è la presenza dei soldati che gli stanno molto vicini. Il protagonista è in ginocchio, ma non rappresenta un eroe, anzi è un antieroe, un qualsiasi civile senza nome. Accanto a lui, un altro personaggio con le mani giunte sui morti. Si tratta di un frate francescano, anche lui vittima dei soldati, nonostante l’abito che indossa, come a voler significare l’impotenza della fede dinanzi alla guerra. Il cielo è scuro ed occupa un terzo della grande opera, conferendo un’atmosfera macabra. Sullo sfondo si vedono case e chiese di Madrid, nella semioscurità.

Anche i colori tendono, man mano che ci si allontana dal centro dell’azione, ad essere più cupi: tutte sfumature che tendono dal marrone al giallo pallido, e tutto evidenzia il rosso del sangue, che contrasta con il cielo nero, simbolo della morte. Le figure rappresentate da Goya tradiscono le loro emozioni attraverso il viso, gli occhi, la gestualità. Si nota infatti il profondo terrore delle vittime. Sono scene riprese dall’artista, alle quali aveva assistito da una fattoria. A raccontarlo fu il suo domestico: “Il mio padrone osservò la scena da una finestra, con un cannocchiale in una mano e un fucile carico nell’altra, pronto a reagire se i francesi fossero venuti dalla nostra parte”. Tutto infatti è così reale che sembra essere un’istantanea.

Torniamo al personaggio centrale. L’uomo ha sulla mano destra una ferita, sembrerebbe una stigmate, e da qui si è portati ad accostare il paragone con la figura di Cristo. Così come le altre mani servono a rinforzare le sensazioni dei protagonisti. Al contrario delle vittime, i soldati sono rappresentati di spalle, e tutti assumono la stessa posizione con gli sguardi fissi sui fucili. Insomma, il quadro “Il 3 maggio 1808” è una specie di denuncia contro la brutalità della guerra.

Commento all’opera

Francisco Goya ha aperto la strada alla pittura moderna ed è proprio per questo motivo che viene considerato il padre dell’arte moderna. È riuscito, con la sua pittura, a superare le idee neoclassiche, dando alla pittura una nuova libertà espressiva insita nel Romanticismo, anticipandolo. Non si lasciò intimorire e fermare dai gravi problemi di vista, dalla malattia, dalla sordità, continuò con la sua arte fino alla fine della sua vita.

L’artista spagnolo ha anticipato con i suoi dipinti le tendenze dell’arte di fine Ottocento. Pittore di corte, il preferito del re, ha dipinto celebri ritratti, scene fantastiche e non solo: è anche stato un famoso incisore. Pieno di immaginazione, si può definire un artista libero, sensibile.

Una curiosità: il 3 maggio 1808 era un martedì.

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Dittature mediterranee, libro di Giulia Albanese https://cultura.biografieonline.it/dittature-mediterranee/ https://cultura.biografieonline.it/dittature-mediterranee/#respond Fri, 29 Apr 2016 19:54:18 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18070 Quella che segue è una recensione e un’introduzione ai fatti storici del libro “Dittature mediterranee”, scritto dalla professoressa Giulia Albanese e pubblicato nel 2016.
Il sottotitolo di questo saggio di storia contemporanea è : “Sovversioni fasciste e colpi di Stato in Italia, Spagna e Portogallo“.

Dittature mediterranee
Dittature mediterranee, la copertina del libro di Giulia Albanese (2016, Laterza)

Dittature mediterranee: sintesi e recensione

Nel 1923, dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, Benito Mussolini aveva preso il potere da un anno e aveva già mostrato le sue intenzioni espansionistiche, ordinando all’esercito di occupare l’isola di Corfù, dopo che il comandante italiano Enrico Tellini e alcuni membri della commissione internazionale, inviata a partecipare alle discussioni per la definizione dei confini greco – albanesi, erano stati uccisi.

Le truppe, dopo l’insistenza di molti paesi, vennero ritirate, ma Mussolini riuscì nel suo intento di dimostrare che il fascismo non aveva intenzione di seguire le procedure della Società delle Nazioni. Le scelte del dittatore italiano avevano attirato l’attenzione di altri paesi che seguivano con interesse lo sviluppo del fascismo in Italia. In particolare, la Spagna si era dimostrata un’attenta osservatrice delle vicende italiane.

La corte del re Alfonso XIII, proprio in quei mesi, stava organizzando un viaggio dei sovrani spagnoli in Italia. Il viaggio avrebbe dovuto rinforzare i rapporti economici fra i due paesi e suggerire a Mussolini di ricostruire i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica. Pochi mesi prima del viaggio, il generale Primo de Riveira organizzò un colpo di stato in Spagna che, probabilmente appoggiato dal sovrano, mise in dubbio il viaggio di Alfonso XIII.

Malgrado un capovolgimento così radicale, l’opposizione spagnola non reagì con violenza e quindi fu deciso di proseguire nell’organizzazione dell’incontro fra il re Borbone e il dittatore italiano. Primo de Riveira partecipò agli incontri e, anzi, manifestò la sua ammirazione per Mussolini. Tre anni dopo, anche il Portogallo scelse la via del colpo di Stato e della dittatura militare, consacrando al potere António de Oliveira Salazar.

La Spagna e il Portogallo manifestarono la loro attenzione per come il fascismo era riuscito a prendere il potere e ad organizzare una forza paramilitare per il mantenimento dell’ordine. Negli anni successivi, tutte e tre le nazioni mantennero un intenso dialogo e consolidarono i loro rapporti economici e politici.

Ma quali furono le similitudini fra i tre paesi e cosa portò il Portogallo, l’Italia e la Spagna verso la dittatura militare dopo il conflitto mondiale? E quanto influì il conflitto sui cambiamenti politici dei tre paesi? E, infine, quanto peso ebbe la crisi della classe borghese?

Commento

A queste domande risponde un buon libro di Giulia Albanese, professore associato di Storia contemporanea all’Università di Padova, intitolato “Dittature mediterranee” ed edito da Laterza. L’autrice analizza il modo in cui i tre paesi sono passati da Stati liberali a dittature militari, come il fascismo italiano abbia influenzato la penisola iberica e il modo in cui le istituzioni e la società reale si sia spostata verso la dittatura militare, attraverso la violenza politica e la radicalizzazione di alcuni temi come la crisi economica e la instabilità democratica. Il pregio del saggio è la ricchezza delle fonti e l’approfondimento di un tema originale: il legame appunto fra le tre dittature militari e come il regime di Mussolini li abbia influenzati prima di ispirare il nazionalsocialismo tedesco.

Le cause dei cambiamenti politici, analizzati nel libro “Dittature mediterranee“, non vogliono stimolare una nuova ricerca sul fascismo ma capire il motivo per cui si considera la nascita delle dittature conseguenza del conflitto mondiale, quando, invece, tutti e tre i paesi non hanno avuto dalla guerra conseguenze pesanti, ma, anzi, hanno subito un cambiamento, seguendo un’evoluzione istituzionale, che non ha a che fare con il Trattato di Versailles, bensì con l’implosione di istituzioni che non davano più certezze e che spostavano l’attenzione verso la sicurezza delle svolte autoritarie e dittatoriali.

Giulia Albanese
Giulia Albanese

Quello della professoressa Albanese è un buon testo per comprendere altri elementi che hanno apportato cambiamenti politici conservatori e violenti, in un’epoca come la nostra in cui molti elementi simili si rivedono in altri paesi europei, sia mediterranei che nordici.

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