Sinai Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 09 Oct 2023 12:35:02 +0000 it-IT hourly 1 Israele, Palestina e i conflitti arabo-israeliani https://cultura.biografieonline.it/guerra-israele-palestina/ https://cultura.biografieonline.it/guerra-israele-palestina/#comments Mon, 09 Oct 2023 12:11:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3402 Il confitto fra lo Stato di Israele e i palestinesi ha coinvolto gli stati arabi in uno dei conflitti più complessi duraturi e pericolosi della storia contemporanea. Non ha avuto solo conseguenze di carattere militare ma anche economico, incidendo sulla crescita dei prezzi del petrolio e sull’evoluzione del terrorismo internazionale.

Israele e Palestina, le bandiere
Israele e Palestina, le bandiere

Israele e Palestina

Il popolo ebraico cominciò ad insediarsi in Palestina nei primi anni del ‘900 ispirati dai ragionamenti di Theodor Herzl che strutturò i fondamenti ideologici del sionismo, predicando uno Stato ebraico nel quale avrebbero dovuto trovare dimora tutti gli ebrei del mondo. Tuttavia il sionismo ebbe un’accelerazione grazie all’intervento di uno Stato europeo, l’Inghilterra che a causa del suo coinvolgimento nella Prima guerra mondiale aveva bisogno dell’appoggio degli ebrei inglesi e pertanto il Ministro degli esteri della Gran Bretagna dichiarò nel 1917 che il governo di Sua maestà avrebbe considerato favorevolmente la nascita di un luogo dove il popolo ebraico potesse insediarsi.

Successivamente nel 1918, dopo il crollo dell’Impero ottomano, la Gran Bretagna fu incaricata dalla Società delle Nazioni di gestire il territorio della Palestina. Negli anni ’20 gli insediamenti ebraici aumentarono notevolmente provocando scontri con le popolazioni arabe che erano fortemente preoccupate che la presenza di insediamenti ebraici avrebbe limitato la loro indipendenza. Gli scontri fra arabi ed ebrei proseguirono anche negli anni’30 senza che si giungesse ad alcuna risoluzione.

Dopo la Seconda guerra mondiale e soprattutto a causa dell’Olocausto e della soluzione finale organizzata dai nazisti con l’intento di sterminare tutti gli ebrei d’Europa, l’immigrazione verso la Palestina di persone di religione ebraica aumentò sensibilmente. Il governo britannico però impose un’immigrazione controllata causando fortissimi malumori alle organizzazioni ebraiche.

Per contrastare l’amministrazione britannica gruppi combattenti sionisti come l’Irgun e la Banda Stern iniziarono una serie di campagne violente contro gli inglesi i quali nel 1947 decisero di rimettere il loro mandato all’ONU che nel frattempo aveva sostituito la Società delle Nazioni. L’ONU approvò la divisione della Palestina fra arabi e israeliani ma questa decisione non fermò gli scontri che anzi si intensificarono e il 14 maggio 1948 il popolo ebraico stanziato in Palestina dichiarò la nascita dello Stato ebraico.

Le guerre fra arabi e israeliani

Gli Stati vicini al territorio definito come Stato di Israele reagirono violentemente e attaccarono subito il nuovo Stato. Questo scontro fu definito come Prima guerra arabo-israeliana: causò molti morti e l’esodo di circa 500.000 arabi che dovettero lasciare la Palestina mentre i 200.000 restanti vennero alloggiati nei campi profughi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

Questa situazione sviluppò il nazionalismo arabo e la propaganda contro il governo di  Israele e il popolo ebraico, che vennero accusati di operare uno sterminio contro il popolo arabo. Tale contrasto ideologico si acuì dopo la Seconda guerra arabo-israeliana nata a causa della crisi dello stretto di Suez del 1956.

Una mappa che riassume l'evoluzione dell'occupazione dei territori palestinesi
Una mappa che riassume l’evoluzione dell’occupazione dei territori palestinesi

La crisi di Suez

Il Presidente egiziano Nasser che credeva fortemente nel nazionalismo arabo decise nel luglio del 1956 di nazionalizzare al compagnia che gestiva il canale di Suez il cui capitale era in gran parte di proprietà anglo-francese.

Gran Bretagna e Francia non accettarono di buon grado la decisione e si accordarono segretamente con Israele affinché quest’ultimo conquistasse il Sinai con il pretesto di eliminare le basi dalle quali venivano sparati missili contro Israele, mentre le truppe anglo-francesi avrebbero protetto il canale.

Una foto del Canale di Suez
Una foto del Canale di Suez

La comunità internazionale reagì negativamente a questa guerra e in particolare gli USA, che non erano stati avvertiti dell’accordo, iniziarono a fare pressione sull’Inghilterra perché ritirasse le sue truppe dall’Egitto.

Le nazioni Unite seguirono le decisioni americane e iniziarono a chiedere insistentemente il ritiro delle truppe anglo-francesi.

Nel dicembre del 1956 tutti gli eserciti si ritirarono e il Presidente Nasser ottenne un successo personale molto importante diventando il vessillo della lotta per l’indipendenza araba.

Terza guerra arabo-israeliana

La Terza guerra arabo-israeliana iniziò nel giugno del 1967 quando il governo egiziano chiese il ritiro delle truppe ONU che erano stanziate sul Sinai dalla crisi di Suez. Quando l’esercito egiziano raggiunse il Sinai le truppe israeliane attaccarono contemporaneamente l’Egitto riconquistando il Sinai, la Siria conquistando le alture del Golan e la Giordania impossessandosi della Cisgiordania.

La guerra durò solo sei giorni ed è per questo che è conosciuta universalmente come La guerra dei sei giorni. Il governo israeliano decise di mantenere il controllo dei territori e di non restituirli agli Stati vinti nemmeno sotto il controllo dell’ONU. Questa ulteriore guerra provocò l’esodo di altri arabi.

Quarta guerra arabo-israeliana

La Quarta guerra arabo-israeliana scoppiò a causa dell’attacco che Siria e Egitto ordinarono ai rispettivi eserciti contro lo Stato di Israele. La guerra iniziò il 6 ottobre 1973 durante la festa ebraica dello Yom Kippur. I combattimenti furono molto aspri e spinsero gli Stati Uniti d’America ad alzare il livello di allarme nucleare a causa dell’errato sospetto  che anche l’Unione Sovietica volesse entrare nel conflitto.

Il 24 ottobre cessarono le ostilità e Israele riuscì a mantenere i territori che aveva occupato durante i precedenti conflitti. Come conseguenza dell’appoggio internazionale gli stati arabi – possessori dei principali giacimenti petroliferi – alzarono il prezzo del greggio per barile a livelli mai prima raggiunti, facendo precipitare il mondo intero in una crisi economica di proporzioni recessive.

Nel 1978 con gli accordi di Camp David Israele restituì il Sinai all’Egitto e il governo egiziano riconobbe il diritto ad esistere dello Stato Israeliano. Il conflitto ebbe però un altro picco quando Israele invase il Libano per eliminare l’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina). Questo attaccò influì profondamente sulle relazioni fra arabi e israeliani generando atti di violenza che culminarono con la prima intifada (rivolta) che si sviluppò nei territori occupati.

Accordi di Camp David del 1978 – da sinistra: il presidente egiziano Anwar al-Sadat, Jimmy Carter e il primo ministro di Israele Menachem Begin
Gli accordi di Oslo - Da sinistra Rabin, Clinton e Arafat
Accordi di Oslo – Da sinistra Rabin, Clinton e Arafat (13 settembre 1993)

Yasser Arafat leader dell’OLP cercò a questo punto una soluzione pacifica che ottenne una risposta positiva da parte di Yitzhak Rabin, capo del governo israeliano.

Questo processo di pace fu osteggiato dagli estremisti islamici, Hamas e Hezbollah, e dagli estremisti israeliani.

Rabin nel 1993 fu ucciso proprio da uno di questi estremisti.

Da quel momento in poi si sono avute alterne vicende nel percorso dei colloqui di pace.

Israele ha continuato a costruire insediamenti in Cisgiordania e Hamas ha continuato a colpire civili e militari con atti di terrorismo di varia natura.

Questa situazione non risolta ha alimentato l’odio e ha accresciuto il pericolo di attacchi terroristici in tutto il mondo, il più clamoroso dei quali è l’attentato alle Torri gemelle di New York avvenuto l’11 settembre 2001.

Gli anni 2020

Gli episodi negli anni seguenti si sono susseguiti con frequenze alterne.

Un altro momento particolarmente clamoroso per la sua gravità è stata la riprese delle ostilità il 7 ottobre 2023: i palestinesi hanno dato il via all’operazione indicata come “Diluvio al-Aqsa”, lanciando 5 mila razzi e organizzando incursioni di guerriglieri nel sud di Israele. Nelle ore successive si contavano circa 800 morti: la strage di civili più grave della storia dei conflitti tra Israele e Palestina.

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La guerra dei sei giorni https://cultura.biografieonline.it/guerra-sei-giorni/ https://cultura.biografieonline.it/guerra-sei-giorni/#comments Thu, 14 May 2015 22:59:17 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14253 Il 6 giugno 1967 il comandante del 55° paracadutisti dell’aviazione israeliana fece un annuncio storico alle sue truppe. Gli disse che sarebbero stati i primi ad entrare a Gerusalemme. La città santa che tutti gli israeliani sognavano di poter abitare e che le truppe israeliane riuscirono a conquistare il secondo giorno del conflitto conosciuto come la “Guerra dei sei giorni“.

La Guerra dei 6 giorni
La Guerra dei sei giorni ebbe luogo dal 5 al 10 giugno 1967 e vide l’esercito di Israele combattere e vincere in breve tempo contro Egitto, Siria e Giordania.

I primi scontri militari iniziarono il 5 giugno del 1967 e terminarono il 10 giugno con la vittoria di Israele su Egitto, Siria e Giordania. Israele dimostrò la forza dirompente del suo esercito e della sua aviazione e conquistò la penisola del Sinai e la Striscia di Gaza che appartenevano al territorio Egiziano, la Cisgiordania e Gerusalemme che appartenevano alla Giordania e le alture del Golan che erano governate dalla Siria.

Le conseguenze del conflitto moltiplicarono il territorio occupato da Israele e influenzarono per molti anni i rapporti fra gli Stati medio orientali.

La conquista più importante fu quella di Gerusalemme. Una vittoria importantissima per le truppe dislocate sul territorio di guerra, non solo perché galvanizzò l’esercito e i cittadini di un giovane stato israeliano circondato da governi ostili ma anche perché permise agli israeliani di religione ebraica di appropriarsi di luoghi sacri come il Monte del Tempio, conosciuto anche come la Spianata delle moschee e il Muro del Pianto.

Israele conquistò un ampio territorio, dimostrò a quale livello era arrivata la sua forza e la sua organizzazione militare e impose al mondo una politica estera composta dalla minaccia militare e dal controllo dei territori conquistati con la forza delle armi.

Prima della Guerra: la situazione in Egitto

Il presidente egiziano Gamal Abd el-Nasser decise, nel maggio del 1967, di dislocare le sue truppe lungo il confine con Israele. La motivazione che lo indusse a prendere una tale decisione, pare furono dei dispacci provenienti dai servizi segreti sovietici che lo avvertivano di strani movimenti delle truppe israeliane vicino ai suoi confini.

Gamal Abd el Nasser
Gamal Abd el Nasser

Nasser decise anche di ammassare parte del suo esercito nel Sinai, nella zona di Sharm el – Sheikh e, punto fondamentale, sugli stretti di Tiran, decidendo in seguito, malgrado le minacce israeliane, di chiuderli.

Dopo la decisione di chiudere gli stretti alle navi israeliane, di fatto una dichiarazione di guerra, Nasser firmò con re Hussein di Giordania un patto di reciproco aiuto nel caso in cui uno dei due firmatari, avesse subìto un attacco militare. La risposta israeliana non si fece attendere. Il 1° giugno venne formato un governo di unità nazionale con lo scopo di difendere i confini dello Stato da attacchi militari e ripristinare la libera circolazione attraverso gli stretti di Tiran. Il 4 giugno il governo ordinò allo Stato maggiore di attaccare l’Egitto.

I giorni di guerra

La guerra scoppiò nelle prime ore del mattino del 5 giugno, quando l’aviazione israeliana bombardò e distrusse gran parte della flotta aerea egiziana. Con il nome di Operazione Focus gli israeliani, in poche ore, misero in ginocchio l’aviazione egiziana distruggendo anche le piste per il decollo degli aerei e poi annientarono l’aviazione siriana, permettendo così al proprio esercito di muoversi liberamente senza il timore di un attacco dal cielo.

Gli israeliani non attaccarono l’aviazione giordana, perché erano convinti che re Hussein sarebbe rimasto neutrale, grazie all’intervento degli Stati Uniti. Ma non fu così, perché re Hussein fu male informato dalla propaganda egiziana, la quale sbandierava successi mai ottenuti contro l’esercito israeliano.

Israele e la Guerra dei sei giorni
Un grafico che mostra l’attacco di Israele il 5 giugno 1967 in Cisgiordania

Tale propaganda lo indusse a decidere di attaccare i confini di Israele. Decisione di cui si pentì amaramente. Lo Stato Maggiore giordano diede, quindi, l’ordine di bombardare Gerusalemme Ovest e Tel Aviv e poi di bombardare tre basi aeree israeliane. La risposta israeliana azzerò le forze dell’aviazione giordana, distruggendo anche le basi aeree di Mafraq e Amman.

Nel pomeriggio l’esercito rispose all’attacco su Gerusalemme Ovest, bombardando la parte est della città santa e preparandosi all’invasione del giorno dopo. Nel frattempo le truppe entrarono in Cisgiordania conquistandola definitivamente, mentre la fanteria e i mezzi corazzati israeliani si muovevano verso Gaza e la penisola del Sinai.

L’esercito egiziano non aveva più copertura aerea ma manteneva ancora la superiorità numerica rispetto a quello israeliano, benché quest’ultimo avesse una miglior dotazione di mezzi e un coordinamento più rapido ed efficace rispetto ai suoi nemici. E questo fece la differenza, perché gli israeliani avanzarono compatti su tutto il fronte ovest sbaragliando tutte le resistenze egiziane e in particolare distruggendo l’importante roccaforte di Abu Ageila.

Questa azione, rapida e inaspettata, costrinse l’esercito egiziano ad organizzare un rapido ritiro fino al canale di Suez, lasciando all’esercito israeliano il vantaggio di colpire le truppe nemiche mentre si ritiravano.

L’ordine del Feldmaresciallo e capo dell’esercito egiziano Hakim Amer di far ritirare rapidamente le truppe, fece precipitare nel panico i comandanti delle divisioni, regalando un vantaggio notevole agli israeliani che non avevano immaginato di poter sbaragliare il loro principale nemico in così poco tempo.

Durante la mattinata del 6 giugno i paracadutisti israeliani erano fuori le mura di Gerusalemme, pronti all’invasione. Mentre in Cisgiordania gli scontri con l’esercito giordano stavano determinando vittorie e sconfitte su entrambi i fronti. Il vantaggio israeliano però si manifestò con l’arrivo dell’aviazione, che non subendo alcun contrasto dagli Hawker Hunter giordani, i quali erano stati distrutti il giorno prima, poté bombardare la fanteria giordana senza troppi problemi.

Ciò permise alle truppe corazzate e alla fanteria israeliana di avanzare su Jenin e Ramallah. Il giorno successivo entrambi gli eserciti, egiziano e giordano, erano battuti. I paracadutisti israeliani entrarono nella zona vecchia di Gerusalemme, tappa più importante e di gran lunga la più simbolica di tutta la guerra, mentre re Hussein chiedeva trattative di pace segrete con il governo di unità nazionale israeliano.

Sul fronte egiziano la confusione era totale e alla fine del conflitto gli egiziani si trovavano oltre il canale di Suez e con la certezza di aver perso il Sinai. A questo punto gli israeliani proseguirono il loro inseguimento giungendo fino ai passi di Giddi e Mitla con lo scopo di sbarrargli la strasa. Si preparava così lo scontro dell’8° giorno.

Verso la fine della giornata ci furono diverse incursioni aeree da parte israeliana contro le difese siriane del Golan. Gli israeliani si preparavano a conquistare anche quel territorio.

Le fasi finali della guerra dei sei giorni

L’8 giugno ci fu la resa dei conti fra egiziani e israeliani. Fanteria e mezzi corazzati si scontrarono vicino ai passi di Giddi e Mitla. La sconfitta per gli egiziani fu totale, con un ingente perdita di uomini e la cattura di molti prigionieri. Quasi tutti i carri armati e i cannoni dell’artiglieria furono distrutti. Anche gli israeliani subirono delle perdite ma la sconfitta degli egiziani fu catastrofica.

Per evitare il peggio il presidente Nasser accettò la proposta del cessate il fuoco lanciata dall’ONU. La guerra era di fatto finita: giordani, egiziani e siriani erano pronti a firmare la pace ed accettare i compromessi che ne sarebbero derivati. Tuttavia gli israeliani vollero approfittare del loro vantaggio militare conquistando anche il Golan.

Dopo un pesante bombardamento delle alture, i mezzi corazzati israeliani avanzarono distruggendo le difese nemiche. Il percorso accidentato non fu facile da affrontare, mentre i siriani lanciavano i loro attacchi; tuttavia alla fine della giornata gli israeliani avevano conquistato anche il Golan mettendo fine ad un conflitto dall’esito totalmente inaspettato. Il giorno seguente, 10 giugno, anche Israele accettò il cessate il fuoco.

Conclusioni

Dopo il cessate il fuoco fu chiaro che Israele non aveva alcuna intenzione di ritirarsi dai territori occupati. Il suo esercito aveva conquistato le alture del Golan sottratte alla Siria, la striscia di Gaza e la penisola del Sinai all’Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania.

Gli Stati Uniti chiesero il ritiro immediato delle truppe dai territori occupati ma per Israele questa nuova situazione geopolitica era indubbiamente favorevole e poneva la questione dei suoi confini al centro dei temi che occupavano le diplomazie del mondo.

L’Onu, come era sua tradizione, trovò un compromesso che scricchiolava ma che venne accettato dai paesi arabi e da Israele: il ritiro dai territori qual ora si fosse ottenuta una pace duratura e la sicurezza che alcune fazioni palestinesi non avrebbero continuato ad organizzare attacchi terroristici contro i territori e i cittadini israeliani. Una proposta vaga che difficilmente avrebbe potuto essere onorata; difatti la situazione dei territori occupati continuò a rimanere irrisolta per molti anni, influenzando la vita e il destino di migliaia di persone.

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