sera Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 21 Jun 2023 08:17:12 +0000 it-IT hourly 1 Ed è subito sera: analisi e commento alla poesia di Quasimodo https://cultura.biografieonline.it/subito-sera/ https://cultura.biografieonline.it/subito-sera/#comments Wed, 21 Jun 2023 07:13:43 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17290 Il poeta italiano Salvatore Quasimodo (1901-1968) appartiene al filone dei cosiddetti “poeti ermetici”. Le sue liriche sono infatti caratterizzate dalla tendenza a racchiudere in pochi versi spesso oscuri grandi principi e temi cari all’essere umano (ad esempio, uno degli argomenti preferiti dagli appartenenti alla corrente dell’Ermetismo è la solitudine dell’uomo moderno, che ha perso ogni punto di riferimento e proprio per questo rischia di cadere nella disperazione).

Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera.
Ognuno sta solo sul cuor della terra | trafitto da un raggio di sole: | ed è subito sera. • Semplice, breve ed intenso è il testo della celebre poesia di Salvatore Quasimodo. È uno dei più celebri esempi di poesia ermetica.

Quasimodo e l’Ermetismo

La poesia ermetica, di cui Quasimodo è uno dei massimi esponenti italiani, è chiamata anche neosimbolista, ed è una poesia per lo più libera dalle forme metriche tradizionali, che rifiuta gli schemi classici del Romanticismo ed è avulsa da qualunque finalità celebrativa. Secondo Quasimodo e tutti i poeti ermetici anche il poeta, in quanto uomo, non ha più certezze e non può ancorarsi ai miti del passato, in quanto la società sta cambiando rapidamente.

Gli autori di liriche che si collegano al filone ermetico vanno piuttosto alla ricerca di parole e termini scarni, essenziali, che possano descrivere le emozioni e gli stati d’animo senza fronzoli o inutili ridondanze. Un tema che ricorre spesso nelle poesie ermetiche è il confronto tra la realtà (che delude e provoca frustrazione) e i sogni che fanno vivere l’uomo nell’illusione. Una delle poesie più note di Quasimodo si intitola “Ed è subito sera” ed è composta da tre versi soltanto.

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

In realtà inizialmente la lirica era più lunga e si intitolava “Solitudini” (sul sito Aforismi.meglio.it il testo completo), poi il poeta l’ha resa più ermetica possibile riducendola in tre versi. La poesia è una istantanea sulla condizione esistenziale che accomuna ogni uomo che vive sulla Terra: ognuno è solo e deve faticare a vivere essendo consapevole della brevità dell’esistenza.

Ed è subito sera: analisi e commento alla poesia

Nel primo verso il poeta introduce la frase “nel cuor della terra” per esaltare lo stato d’animo dell’uomo che si sente smarrito e incapace di affrontare le difficoltà della vita. Ciò che più gli pesa è l’incapacità di comunicare con i suoi simili, che lo condanna all’ isolamento rendendo l’esistenza ancora più triste e penosa.

Nel secondo verso è come se il poeta voglia dare un segno di speranza introducendo l’immagine di un individuo che viene “trafitto da un raggio di sole”.

In realtà, con questa stupenda analogia, Quasimodo vuole evocare l’esistenza umana che oscilla continuamente tra l’attesa della felicità e il dolore. Il raggio di sole trafigge l’uomo, in quanto la speranza di essere felice cede subito il posto alla cocente delusione.

Il terzo versoed è subito sera” è la metafora della morte, contro cui si infrangono tutte le illusioni degli uomini.
La stessa metafora ricorda la celebre frase di San Giovanni della Croce:

Alla sera della vita ciò che conta è aver amato.

Il tema

Il tema principale affrontato da Quasimodo in questa lirica brevissima ma densa di significato è la brevità della vita: l’esistenza umana si rivela troppo esigua rispetto a quello che un individuo potrebbe realizzare. L’argomento è molto attuale, soprattutto lo è nel periodo storico in cui l’autore scrive questi versi, caratterizzato dal progressivo avanzare delle macchine che si sostituiscono al lavoro dell’uomo. “Ed è subito sera” è la poesia di Quasimodo che apre la raccolta che porta lo stesso titolo, ed è stata pubblicata nel 1943.

La solitudine

Nella lirica in questione esiste una correlazione tra la solitudine del singolo e quella dell’umanità intera: per Quasimodo l’uomo è solo quando è privo di amore, così come è sola l’umanità quando non ha l’amore di Dio. Il linguaggio utilizzato nella lirica è semplice e diretto, arriva dritto al cuore di chi legge, senza inutili giri di parole o l’utilizzo di aggettivi, il tono è malinconico e intriso di pessimismo.

Come spiegano alcuni commentatori letterari, nel giro di soli tre versi Salvatore Quasimodo riesce a spiegare la parabola della vita umana. Il dolore di vivere, la solitudine, la precarietà dell’esistenza sono sapientemente sintetizzati nei tre versi della poesia come soltanto un esperto poeta ermetico saprebbe fare.

La guerra e il dolore

È probabile che questa lirica sia stata scritta per evocare gli orrori del Secondo Conflitto Mondiale. Lo stesso Quasimodo, in un’opera pubblicata nel 1946, ha dato un’interpretazione di questo tipo ai versi della breve poesia.

L’uso di immagini scarne e crude serve al poeta per trasmettere la sua visione di un mondo che va lentamente verso il declino, e la guerra non è che una dolorosa conseguenza di ciò. L’esperienza individuale riesce a fondersi con quella collettiva, con lo sradicamento dell’io che diventa un noi. Il dolore, la sofferenza e la morte sono momenti condivisi dall’intero genere umano.

La sensazione del dolore comune rende questi versi ancora più forti e diretti: ognuno può riconoscersi nelle parole di Quasimodo e confrontarsi con il male di vivere, che purtroppo rappresenta l’altra faccia del progresso.

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Alla sera, poesia di Ugo Foscolo https://cultura.biografieonline.it/alla-sera-foscolo/ https://cultura.biografieonline.it/alla-sera-foscolo/#comments Wed, 22 Feb 2017 13:04:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21342 Il sonetto in esame, Alla sera, è uno dei più famosi della produzione di Ugo Foscolo. Venne composto tra la fine del 1802 e l’inizio del 1803. Fu scelto per aprire la serie di dodici sonetti, compresi nelle Poesie dell’autore. È uno dei più importanti e struggenti scritti dal Foscolo perché dedicato all’arrivo della sera, un momento della giornata molto caro al poeta che, nel viverlo, riesce a liberarsi dagli affanni della vita.

Alla sera, Ugo Foscolo

La raccolta Poesie, di Ugo Foscolo

La raccolta Poesie è una delle prime opere della maturità stilistica del poeta. Essa include 12 sonetti e 2 odi, composte tra il 1802 e il 1803. Foscolo, con quest’opera, vuole dare un ritratto di sé stesso a modello del Canzoniere di Petrarca e, soprattutto, delle poesie di Alfieri. Nella raccolta quindi si alternano componimenti più autobiografici, come A Zacinto o In morte del fratello Giovanni (dedicato al tema dell’esilio), con alcuni di riflessione poetica (Alla Musa o Alla sera). Altri invece sono ispirati ad eventi precisi, come quello dedicato alla guarigione dell’amica Antonietta Fagnani Arese (All’amica risanata, ode neoclassica).

Il canzoniere di Foscolo, se così più definirsi, è una raccolta molto importante perché rappresenta un momento fondamentale della sua storia letteraria e umana. E’ come se, in essa, egli stilasse un bilancio della prima parte della sua vita. Foscolo è stato uno scrittore importantissimo all’interno del panorama letterario italiano perché ha saputo fondere, nella sua produzione, elementi neoclassici con temi romantici e idee illuministe, andandosi a collocare proprio nella fase di transizione tra queste correnti letterarie.

Alla sera, testo della poesia

La lirica in esame è un sonetto (due quartine e due terzine) di endecasillabi con schema di rime:

ABAB ABAB CDC DCD

 

Forse perché della fatal quïete
Tu sei l’imago a me sì cara vieni
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all’universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

Parafrasi

Forse perché sei l’immagine della morte, arrivi a me così gradita, o sera.
Sia quando ti accompagnano le nubi estive e in calmi venti tiepidi, sia quando dal cielo invernale, carico di neve, porti le tenebre sull’universo.

In ogni situazione, sempre sei invocata da me e occupi le zone più segrete del mio animo dandomi dolci sensazioni.

Mi fai errare sulle orme che vanno verso la morte e intanto questo tempo malvagio scorre, e con esso vanno via anche i numerosi affanni in cui quest’epoca si sta logorando insieme con me.

E mentre io contemplo la tua quiete, si placa quello spirito guerriero che rugge nel mio cuore.

Analisi

Alla sera è una rielaborazione del sonetto classico petrarchesco. Nelle quartine vi sono le premesse di ciò che verrà detto nelle terzine.

Nelle due quartine (vv. 1-8) vengono presentate tutte le circostanze che accompagnano l’arrivo della sera: sia che essa arrivi in una stagione calma, sia nella stagione invernale. Qui prevalgono quindi le sensazioni descrittive. Il primo verso, inoltre, inizia con forse, come se il poeta volesse continuare in questo componimento un suo ragionamento iniziato precedentemente.

Nelle due terzine (vv. 9-14) prevalgono invece le sensazioni meditative e riflessive: l’autore racconta gli effetti dell’arrivo della sera nel suo animo. In particolare l’arrivo di questo momento della giornata, in cui riesce finalmente a domare il suo spirito di ribelle, che raggiunge un po’ di quiete.

Dal punto di vista stilistico, è importante notare l’utilizzo delle metafore perché in esse vengono espressi i nodi concettuali più importanti (v. 9: la sera lo fa vagare sulle orme che portano al nulla eterno).

Il sonetto è poi caratterizzato dall’utilizzo di molti enjambements, che spezzano il ritmo dell’endecasillabo (v. 2, v. 3, v. 5, v. 6 etc).

Dal punto di vista del lessico, nel sonetto sono presenti sia parole auliche e termini poetici (imago, aere) sia parole comuni (cara, estive, vieni).

Foto di Ugo Foscolo
Ugo Foscolo

Commento

Il tema centrale della lirica è quindi la contemplazione della pace che porta la sera. Finalmente in quest’ora della giornata il poeta riesce a calmare il suo spirito romantico e a riflettere sulla propria vita. La riflessione diventa poi generale e si sposta sulla vita, sul tempo moderno che è pieno di affanni, come viene qui definito.

Il tema della sera e della sua quiete è un topos letterario, perché utilizzato sin dall’antichità da numerosi autori: per definizione, la sera è infatti il momento della giornata in cui ci si più fermare a pensare. Soprattutto, alla sera si cerca un po’ di pace dopo i problemi affrontati durante la giornata.

Foscolo, a causa della sua vita travagliata, esalta in questo sonetto il suo desiderio di ritrovare la pace spirituale. Essa per lui può essere raggiunta in maniera definitiva solo con la morte, il nulla eterno che, però, non lo spaventa.

L’autore ci regala così un capolavoro della letteratura italiana, improntato su un tema classico ma rivisto in chiave moderna, attraverso l’esaltazione degli ideali illuministi che hanno sempre contraddistinto il pensiero foscoliano.

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La mia sera: poesia di Pascoli https://cultura.biografieonline.it/la-mia-sera-parafrasi/ https://cultura.biografieonline.it/la-mia-sera-parafrasi/#comments Sun, 12 Jan 2014 16:35:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9235 La mia sera è una poesia di Giovanni Pascoli, che fa parte dei Canti di Castelvecchio. È una lirica di una ritrovata infanzia del cuore, anteriore all’esperienza del dolore e dell’angoscia del vivere. C’è anche adombrata fin dall’inizio tuttavia più scoperta nelle ultime due strofe, la vicenda biografica del poeta.

La mia sera, Giovanni Pascoli
La mia sera è una delle più belle poesie di Giovanni Pascoli

Parafrasi

Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle silenziose. Nei campi c’è il gracidare delle piccole rane. Una leggera gioia scorre per le tremule foglie dei pioppi. Nel giorno una tempesta, che pace la sera! Sbocciano come fiori le stelle in un cielo tenero e vivo, come lo stato d’animo del poeta. Là, vicino alle rane allegre, singhiozza monotono un rivo.

Di tutta quella tempesta, fatta di lampi e scoppi, non resta che un dolce singulto come quello che precede il pacificarsi del cuore, quando il dolore sta per tramutarsi nella dolcezza di un rinnovato contatto con la vita della natura.

È quella tempesta che pareva non dovesse finire. Invece dei fulmini, abbiamo ora soltanto nuvolette che il sole cadente colora d’oro e di porpora coi suoi raggi. La nube che gli apparve più gravida  di tempesta nel corso degli anni, ora, con la vecchiaia, gli appare più rosea. Anche i dolori più forti si sono tramutati, col tempo, in dolcezza perché hanno reso l’anima più pura. Tutto intorno c’è un volo di rondini.

Che gridi nell’aria serena. Durante il giorno tempestoso gli uccelli non poterono volare a cercare il cibo; per questo la loro cena è festosa e più lunga del solito. E neppure io… e che voli, che gridi, mia sera serena e limpida. Le campane mi dicono dormi! Mi cantano, dormi! Bisbigliano, dormi! Là, le campane.

Testo della poesia

Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell’aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l’ebbero intera.
Nè io… e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

Don… Don… E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far della sera.

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La sera del dì di festa https://cultura.biografieonline.it/poesia-sera-del-di-di-festa-leopardi/ https://cultura.biografieonline.it/poesia-sera-del-di-di-festa-leopardi/#comments Wed, 06 Nov 2013 21:34:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8363 Composta nell’estate del 1820, La sera del dì di festa è un’opera di Giacomo Leopardi, parte dei piccoli idilli. La festa a cui il poeta accenna è con ogni probabilità la festa di San Vito, protettore di Recanati, che si celebra il 15 giugno. La donna di cui si parla, secondo alcuni biografi, sarebbe la cugina del poeta, Serafina Basvecchi. Secondo il Flora però non si tratta di una donna reale, ma di una donna d’immaginazione.

La sera del dì di festa
La sera del dì di festa: Dolce e chiara è la notte e senza vento | E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti | Posa la luna …

Durante la notte che segue il giorno festivo, Leopardi contempla la luna, che illumina le case, i campi, le montagne. Il paesaggio lunare lo porta col pensiero alla persona amata, ignara dell’amore che ha il poeta nei suoi confronti, e che forse in sogno anche lei sta pensando alle persone che le piacquero e alle quali piacque. Per lui, seppure giovane, non c’è nessuna felicità, perché la natura lo ha condannato al dolore e gli permette solo di piangere.

Mentre il poeta è assorto nella considerazione della propria infelicità, il canto dell’artigiano, che dopo la festa rientra a tarda notte nella sua povera casa, lo distoglie dalla meditazione e lo riporta al pensiero della caducità e vanità delle cose umane travolte dal tempo, anche le più gloriose, come il grande impero di quella Roma, che con le sue vittorie sbalordì il mondo intero. Ora quella gloria è passata e nessuno ne parla più.

La stessa impressione della caducità e vanità delle cose umane che il poeta ha coscientemente, ora, da adulto, l’aveva, inconsapevolmente, da fanciullo, quando, amareggiato e deluso dal giorno di festa tanto atteso, nella notte seguente, mentre si trovava nel suo letto e si rigirava in attesa del sonno, inspiegabilmente sentiva riempire il cuore di tristezza quando un canto si levava nel silenzio della notte.

Tema dell’idillio “La sera del dì di festa” è la delusione provata all’arrivo di una felicità desiderata e attesa a lungo, che si è poi rivelata vana.

YouTube video

Testo della poesia La sera del dì di festa

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t’accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai nè pensi
Quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m’affaccio,
E l’antica natura onnipossente,
Che mi fece all’affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da’ trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già, ch’io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell’artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov’è il suono
Di que’ popoli antichi? or dov’è il grido
De’ nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l’armi, e il fragorio
Che n’andò per la terra e l’oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s’aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch’egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s’udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.

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Sera sul viale Karl Johann (dipinto di Edvard Munch) https://cultura.biografieonline.it/munch-sera-karl-johann/ https://cultura.biografieonline.it/munch-sera-karl-johann/#comments Sun, 03 Feb 2013 10:20:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6162 Sera sulla via Karl Johann è un dipinto di Edvard Munch datato 1892 ed è stato eseguito con la tecnica dell’olio su tela. La sua dimensione è di 84,5 cm x 121 cm e fa parte della collezione Rasmus Meyer. In questo quadro Munch propone un luogo che aveva già dipinto, il boulevard principale di Cristiania, l’attuale Oslo, in cui sfilano a passeggio persone appartenenti alla classe medio alta della città.

Sera sul viale Karl Johann
Il celebre dipinto di Edvard Munch dal titolo Sera sul viale Karl Johann

Nell’opera il boulevard diventa un luogo di azione, affinché Munch possa rappresenta i temi che in quel momento definiscono la sua ricerca artistica: l’alienazione, la solitudine e la paura. Come si vede osservando il quadro, le persone che camminano in modo spettrale verso chi le osserva sono tagliate all’altezza del petto e della vita affinché lo spettatore viva una sensazione di soffocamento e di oppressione, come se la fiumana di persone che si dirige verso di lui lo dovesse travolgere trascinandolo con loro.

Si tratta della società borghese rappresentata nel suo aspetto più terribile, priva di sentimento, passione, interesse per qualsiasi cosa. Si tratta in un certo senso di una rappresentazione antesignana dei morti viventi, che senza alcuno scopo si dirigono in cerca di qualcosa di non definito. I loro visi sono assenti, gli occhi spalancati appaiono come morti e i volti non emanano alcuna espressione; Munch con Sera sul viale Karl Johann vuole, infatti, sottolineare come le maschere che queste persone sono costrette, dalle loro regole e dalle loro convenzioni, ad indossare siano per lui facili da vedere e rappresentare.

Dietro alla fiumana di persone appare l’edificio del Parlamento le cui luci sono accese. E’ un luogo fondato per proteggere e definire proprio quelle regole e quelle convenzioni che rappresentano la borghesia. A destra un uomo, dipinto di spalle, cammina in direzione opposta alla folla, probabilmente è il pittore che si allontana da quella visione rimanendo, però, nel campo visivo, come a non poter uscire da quel mondo che lo atterrisce e angoscia.

Dal suo diario:

Tutti i passanti lo guardavano in modo così strano e singolare e lui sentiva che lo guardavano così, che lo fissavano, tutte queste facce, pallide nella luce serale; voleva fissare un pensiero ma non gli riusciva, aveva la sensazione che nella sua testa non ci fosse nient’altro che il vuoto… il suo corpo era scosso dal tremito, il sudore lo bagnava.

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