scrittori Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 04 Oct 2024 12:33:35 +0000 it-IT hourly 1 Danila Comastri Montanari, Signora del giallo storico https://cultura.biografieonline.it/danila-comastri-montanari/ https://cultura.biografieonline.it/danila-comastri-montanari/#comments Wed, 10 Jul 2013 14:59:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7622 Danila Comastri Montanari è nata a Bologna il 4 novembre 1948.

Laureata in Pedagogia e in Scienze Politiche per vent’anni insegna e viaggia ai quattro angoli del mondo. Nel 1990 scrive il suo primo romanzo, Mors Tua, e da allora si dedica a tempo pieno alla narrativa, privilegiando un genere, quello del giallo storico, che le permette di conciliare i suoi principali interessi: lo studio del passato (in particolare le civiltà antiche) e l’amore per gli intrecci mystery.

Danila Comastri Montanari
Danila Comastri Montanari

Dalle note biografiche che troviamo sui suoi libri sappiamo che è “accanita fumatrice, apprezza gli alcoolici, rifugge dalle diete, frequenta stazioni termali e scavi archeologici, legge polizieschi, saggi di storia, classici latini, greci e cinesi. È una fanatica utente di internet. Vive in una grande casa al centro di Bologna con il marito, due gatti, un pappagallo, duecento piante, diecimila libri e cinque computer.

A partire dal 1990 scrive gialli storici incentrati sulla figura di Publio Aurelio Stazio, nobile senatore della Roma di Claudio (metà I secolo d.C.). Al momento sono stati pubblicati 16 romanzi: Mors tua, In corpore sano, Cave canem, Morituri te salutant, Parce sepulto, Cui prodest?, Spes ultima dea, Scelera, Gallia est, Saturnalia, Ars moriendi, Olympia, Tenebrae, Nemesis, Dura Lex, Tabula rasa.

Oltre alla serie succitata, l’autrice ha pubblicato anche altri due romanzi gialli storici che si svolgono in epoche storiche diverse dalla classicità: La campana dell’arciprete (ambientato nelle campagne emiliane del 1824) e Terrore (ambientato a Parigi nel 1793), nonché quattro antologie personali: Il panno di mastro Gervaso, Una strada giallo sangue, Ricette per un delitto e Istigazione a delinquere. Una sessantina di altri racconti sono invece raccolti in antologie colletive.

Nel febbraio 2007 ha pubblicato il saggio Giallo antico. Come si scrive un poliziesco storico, edito da Hobby & Work, sull’argomento omonimo; in appendice sono contenuti i racconti I pirati del Chersoneso, Assassinio al tempio di Vesta e Il giallo del serpente.  Tutti i romanzi sono disponibili negli Oscar Mondadori.

Intervista

Danila, quando e come nasce la tua passione per la scrittura?

A quarant’anni, quando ho avuto un po’ di tempo libero: come mi piace spesso ripetere, prima avevo troppo da vivere per trovare il tempo per scrivere. Mia figlia bambina cominciò a giocare in cortile con gli amici ed io restavo sola in casa per un paio di ore al giorno, senza però potermi allontanare. Così cominciai. Non avevo mai scritto in precedenza una sola di riga di narrativa, nemmeno un diario nell’adolescenza (feci il mio primo racconto dopo aver pubblicato già due romanzi), perché, pur avendo fin dalla prima infanzia l’abitudine di inventarmi un mucchio di storie complicatissime, non sentivo mai il desiderio di metterle nero su bianco, mi bastava pensarle.

Come sono stati gli inizi? Hai avuto subito successo?

Si, sono sempre stata una persona molto fortunata: ho iniziato il primo libro, Mors tua, a dicembre, a febbraio l’ho spedito al Giallo Mondadori, ho vinto subito il premio Tedeschi, e ai primi di giugno ero già pubblicata, sei mesi in tutto. Naturalmente ho mentito spudoratamente, assicurando la redazione del Giallo di avere già pronto il seguito, per poi tornare a casa a scriverlo di corsa, sperando che la casa editrice non cambiasse idea sulla nuova proposta…

La tua scrittura attinge alla storia. È un lavoro complesso, che richiede molto studio. Come riesci ad intrecciare realtà e fantasia?

Attingo a una storia che frequento fin dall’adolescenza, anche se naturalmente ogni romanzo necessita di una ricerca specifica sulla sottocultura in cui è ambientato (ad esempio, il mondo dei ludi gladiatori in Morituri te salutant, l’ambiente della scuola e delle banche in Parce sepulto, i circoli filosofici in Cui prodest? ecc…). La correttezza dell’ambientazione mi interessa fin quasi al fanatismo, tuttavia se un giorno dovessi scegliere tra una scena efficace e una ricostruzione rigorosa, privilegerei senza dubbio la prima: a mio parere un autore deve innanzitutto coinvolgere con la trama e i personaggi, soltanto dopo divulgare o informare.

Come si sviluppa il tuo lavoro, e come nasce un tuo romanzo?

Di solito conosco l’inizio, spesso anche la fine. Dopo viene il difficile, far quadrare tutto il resto, ovvero scrivere il libro!

Il romanzo storico insieme al giallo, a partire dalla serie dedicata alla figura di Publio Aurelio Stazio, nobile senatore romano della metà del I secolo d.C. : la storia dell’antica Roma si presta a tessere intrighi e delitti, ma come mai hai scelto proprio questo personaggio?

Conoscevo abbastanza bene l’ambiente ed ero certa che un po’ lo conoscesse anche il pubblico. E poi Roma è Roma! Al mio protagonista ho dato gran parte della mia personalità e della mia mentalità, al di là delle differenze di sesso, aspetto, condizione economica e sociale, epoca e civiltà di riferimento.

Nelle tue opere, sei stata ispirata da qualcuno?

I romanzi che scrivo riflettono i libri che ho letto, i film che ho visto, i luoghi che ho visitato, le conversazioni di cui ho goduto e persino, mutatis mutandis, alcuni episodi della mia vita, di solito quelli che i lettori ritengono forse improbabili, perché troppo “romanzeschi”. In un libro però misi gli urinatores (i sommozzatori romani) dopo averne parlato a lungo con un anziano appassionato di archeologia subacquea, e in un altro feci sposare Paride, il castissimo intendente di Publio Aurelio, perché una affezionata lettrice ottantunenne mi aveva detto al telefono quanto sperava che prima o poi anche lui si sistemasse con una donna… I miei lettori sono fonti preziose di idee e spunti, nonché giudici importantissimi di tutto ciò che scrivo, gli unici della cui opinione io tenga conto.

Quali sono le tue letture preferite, manuali di storia a parte?

Narrativa di genere, meglio ancora se seriale: romanzi di indagine, polizieschi o thriller (non soltanto anglosassoni o latini, ma anche scritti in Cina, Giappone, Israele, Turchia, Islanda ecc…), gialli di ambiente (storici di tutte le epoche, o a sfondo etnologico, religioso, medico, legale ecc…), romanzi di avventura, fantascienza, spionaggio, qualche sporadico fantasy. Classici latini, greci e cinesi. Molta saggistica storica, antropologica e scientifica.

Secondo te, come è cambiato e sta cambiando il modo di fare letteratura?

Per una scelta precisa, da decenni frequento soltanto la letteratura di massa. Rarissimi sono i romanzi letti da me negli ultimi trent’anni all’interno della narrativa cosiddetta “blanche”, quindi non sono abilitata a rispondere a questa domanda.

Hai altri interessi, oltre alla scrittura?

Troppi per citarli tutti. Un tempo ero un’accanita viaggiatrice e andavo forsennatamente su e giù per il mondo intero, soprattutto nei continenti extraeuropei, con qualunque mezzo, dall’aereo al carro-bestiame, dalla nave all’autostop, dal bus alla moto, dal mulo al treno. Adesso che le mie condizioni fisiche mi permettono di spostarmi molto poco, internet ha ovviato a molti dei miei bisogni, portando il mondo a casa mia (ve l’ho detto, sono fortunata, è arrivato proprio al momento giusto!)

Amo moltissimo le piante, i gatti, il bricolage per arredamento e vestiti (senza istruttori, e senza corsi, mi piace provare e se qualcosa non viene bene butto via tutto: sono allergica a qualunque tipo di corso strutturato, lasciai la scuola superiore per studiare da privatista e nelle due diverse facoltà che ho frequentato assistetti a una decina di lezioni in tutto). Mi interessano molto la divulgazione scientifica, la didattica di varie materie, le scienze politiche in genere, compresa l’economia (che però spesso è fuori dalla mia portata, troppo difficile!), la linguistica e l’arte figurativa soprattutto fino al XVI secolo; amo svisceratamente l’antropologia e l’archeologia, soltanto per studiare e visitare i lavori altrui, però, visto che in vita mia ho scavato per un solo pomeriggio.

Infine mi piacciono gli stabilimenti termali e la cucina di tutti i paesi, nessuno escluso, da assaggiare e riprodurre. Mi piace chiacchierare, stare su Facebook, giocare a carte e a molti giochi da tavolo o da consolle. Sono un’appassionata di videogames di strategia in linea (all’ultimo, che ho lasciato pochi giorni or sono, ho partecipato per due anni e mezzo di seguito, almeno una volta al giorno). Sono una fanatica utente del web, in collegamento da mane a sera, e adoro il computer fin da quando bisognava programmarselo in basic; quello che sto usando ora è Aristarco IX: tutti i miei computer si sono sempre chiamati così in onore di Aristarco di Samo, lo scienziato greco che concepì il sistema eliocentrico 1800 anni prima di Copernico e di Galileo.

Un tempo mi piaceva molto ballare, adesso le mie condizioni fisiche non me lo consentono più: però balla mia figlia, mille volte meglio di me. Mi piacerebbe anche cantare, ma essendo stonata come una campana, non mi viene mai consentito e posso sfogarmi esclusivamente quando sono sola. Ah, sì, amo molto anche la logica, la matematica e un mucchio di altre cose, che ora non mi vengono in mente.

Puoi raccontarci un episodio curioso della tua carriera?

Potrei raccontare le figuracce che facevo ai convegni letterari, dove da tempo non vado più, perché di letteratura conosco pochissimo e di critica letteraria assolutamente niente, quindi il senso dei dibattiti di solito mi sfugge: sono soltanto una romanziera, non una letterata.

… E quello che ti ha più emozionato?

Ciò che mi emoziona sempre è vedere i miei libri scritti in molte lingue, magari con i titoli vergati in altri alfabeti o addirittura in ideogrammi: quando divenni una lettrice accanita, poco dopo i tredici anni, spesso mi domandavo come dovevano sentirsi gli autori dei romanzi che mi arrivavano tra le mani, nell’immaginare che qualcuno, dall’altra parte del mondo, stava leggendo i loro pensieri e condivideva il loro immaginario, e partecipava alla loro vita. Ora lo so: è una gioia immensa!

Che cosa non rifaresti mai, se potessi tornare indietro nel tempo?

Rifarei tutto ESATTAMENTE come prima: ho avuto una vita bellissima, interessantissima e molto felice, non la cambierai con nessun’altra!

Quali sono i tuoi progetti?

Stare su Facebook, navigare sul web, seminare piante, giocare con i gatti, guardare che cosa combinano mio marito, mia figlia e il mio primo nipote appena nato. Leggere un mucchio di romanzi altrui. E, se mi viene un’idea interessante, scriverne uno nuovo anch’io.

Una tua massima di vita…

Dolce frutto del bastare a se stessi è la libertà (Epicuro)

 

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Professione Scrittore: intervista a Carlo A. Martigli https://cultura.biografieonline.it/carlo-martigli-intervista/ https://cultura.biografieonline.it/carlo-martigli-intervista/#respond Fri, 21 Dec 2012 06:05:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5544 Carlo A. Martigli (Carlo Adolfo Martigli) nasce il  26 dicembre 1951 a Pisa, ma si trasferisce subito a Livorno. Dopo gli studi classici, si dedica al teatro, frequentando per due anni la scuola di dizione e recitazione di Giorgio de Giorgi e Guido Paolo Marziali, a Firenze. Ricopre numerosi ruoli sia drammatici che brillanti, e nel 1982 viene premiato al Festival Nazionale di Pesaro come migliore attore non protagonista ne La donna di garbo di Carlo Goldoni.

Carlo A. Martigli
Lo scrittore Carlo A. Martigli

Giornalista pubblicista dal 1997, cura per alcuni anni rubriche per Repubblica, Il Lavoro (Net News) per il magazine Soldi e Diritti, per Il Resto del Carlino e per Gente Money, sotto lo pseudonimo The Fly. Oltre alla laurea in giurisprudenza, che gli permette di avviare una brillante carriera nel mondo della finanza, Carlo Martigli è da sempre appassionato di letteratura, dello studio delle religioni, della filosofia, e della storia, di cui approfondisce in particolare due tematiche: la decadenza dell’impero romano e lo spirito del Rinascimento, specchio entrambi dell’attuale società e delle immense capacità dell’uomo di rinascere. Nel 1995 pubblica la sua prima opera, Duelli, castelli e gemelli (Giunti Editore) un libro di favole in endecasillabi, illustrato da Emanuele Luzzati, rieditato nel 2007.

Nel 2007 avviene la svolta artistica di Carlo A. Martigli, che decide di dedicarsi esclusivamente alla letteratura. Pubblica con Mondadori Lucius e il diamante perduto (2007) e Thule, l’impero dei ghiacci (2008), due romanzi storico-fantasy ambientati all’epoca dell’impero romano. Dal 2008, sotto lo pseudonimo di Johnny Rosso scrive horror per ragazzi nella collana Super brividi.

Il successo nazionale ed internazionale arriva alla fine del 2009 con il thriller storico 999 L’ultimo custode, best seller incentrato sulla vita di Giovanni Pico della Mirandola, pubblicato con Castelvecchi Editore, che vende più di 100.000 copie e viene tradotto in sedici lingue, russo e cinese compreso. Nel dicembre 2011 ritorna al cinema (dopo alcune brevi apparizioni) in qualità di co-protagonista di Sporchi da Morire, un docu-film shock sul mondo degli inceneritori, presentato in anteprima nazionale a Napoli, per la regia di Marco Carlucci.

Nel gennaio 2012 è uscito per Longanesi L’eretico, un romanzo storico ambientato nella Firenze del 1497, e già diventato un best seller, tradotto in molti paesi del mondo.
Nel maggio 2012 è nominato membro dell’Accademia Culturale di Rapallo.
Dal giugno 2012 è spesso ospite di trasmissioni televisive quali Attualità per Vero Tv e Pomeriggio 5 per Canale 5, condotto da Barbara D’Urso. Per Radio Kiss Kiss ogni domenica cura una breve rubrica di libri. E’ particolarmente orgoglioso del fatto che a Gambero Rosso Channel, nella trasmissione Questo l’ho fatto io Vip condotta da Francesca Barberini, ha ottenuto 9/10 dal temibile giudice Maurizio Santin, cuoco di fama nazionale, per il suo risotto cacio, pepe e noci.

Nell’ottobre 2012 partecipa con un racconto, Lorenzo Il Ventoso, al libro Vento Noir (Falco Editore) e destina le sue royalties ad Amnesty International. Nel contempo esce silenziosamente un ebook Finanza Canaglia (Longanesi), un saggio che in parole semplici racconta le responsabilità della finanza speculativa nei confronti dell’economia reale, con l’idea finale di un progetto di legge che sarà presentato nel gennaio 2013.

Da una brillante carriera nel settore finanziario ad un’altrettanto brillante carriera nel mondo della cultura (letteratura, teatro, cinema, giornali, tv, radio…). Un talento naturale per il successo?

Credo che il successo sia la somma di molte componenti, e tra queste la fortuna non è da sottovalutare. Ci vuole tuttavia il talento, molta volontà, un po’ di coraggio, che è figlio della paura, altrimenti è follia. E sopra tutto, una grande passione, totale, esclusiva come un amore.

Quando e come hai capito che scrivere doveva diventare la tua professione?

Lo sapevo da sempre, dai banchi del liceo, dove litigavo con il mio professore di italiano che ci imponeva componimenti stereotipati e io insistevo invece per sperimentare modi di scrivere inusuali. La vita mi ha costretto altrove, ma avevo sempre l’obbiettivo davanti. Ed è stato quando ho mollato tutto che ho capito che avrei potuto farcela.

Come sono stati gli inizi?

Non facili, anche se riconosco di aver bruciato le tappe. Dopo l’exploit di Duelli Castelli e Gemelli, del ’95 ma sempre un ever green adottato in migliaia di scuole elementari, il primo romanzo da professionista, Lucius e il Diamante Perduto (Mondadori), un young adult in cui avevo creato l’anti-Harry Potter, vinse molti premi nel 2007, ma fu un flop in libreria. Poi è iniziata una lenta risalita, culminata con il successo mondiale di 999 L’Ultimo Custode, confermata dal romanzo successivo L’Eretico (Longanesi).

Ci sono dei modelli a cui ti sei ispirato?

Non ho modelli. Mi piace leggere, di tutto. Mi hanno paragonato a Dan Brown, a Ken Follett e a Umberto Eco, ma pur provando ammirazione per gli ultimi due, non credo che la mia scrittura sia riconducibile a nessuno. L’unico che considero veramente un maestro cui fare riferimento è José Saramago.

Passare da un campo artistico all’altro richiede preparazione, versatilità e tanto lavoro. Come riesci a conciliare letteratura, cinema, teatro, tv, radio?

Sono tutte manifestazioni artistiche. L’animo è quello. E tutte riguardano forme di comunicazione, come la musica. Poi si possono avere o meno le capacità per riuscire a trasferire le proprie emozioni con diversi strumenti. E’ la gente che ti dice se sei capace o meno. Se prova emozione, piacere o interesse vuol dire che ne sei capace.

I tuoi romanzi sono ambientati nella storia, di cui sei uno studioso appassionato. Come nascono i personaggi fantastici in un contesto reale?

I personaggi fantastici sono il filo rosso che unisce la storia vera alla realtà romanzata. Ma sono anche il motore della vicenda. E nascono dall’immaginazione e dalla logica insieme. Dall’unione di queste due componenti inserite in una trama appassionante, nasce a sua volta l’emozione. Quella con cui scrivo e che cerco di trasmettere ai miei lettori. Un romanzo è bello quando dà emozione, altrimenti è brutto. Semplice.

Qual è il periodo storico che preferisci e perché?

Tutta la storia mi appassiona. Ma il Rinascimento, la primavera dopo l’inverno del Medioevo, è quello che forse amo maggiormente. Più recentemente mi sto interessando a quel trentennio che va dal 1880 circa fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Se ne parla poco ma è stata una stagione vivissima, quasi una strana festa prima dell’orrore del XX secolo.

Giambattista Vico parlava di “corsi e ricorsi della storia”. Secondo te, a quale periodo del passato potrebbe corrispondere il momento che stiamo vivendo?

Siamo in una fase di decadenza, simile a quella del tardo impero romano d’occidente. Non abbiamo ideali, cerchiamo solo di tenerci stretto quello che abbiamo senza più volere niente, mentre da est, soprattutto, c’è chi è stato per secoli in miseria e ora desidera una nuova vita. Sono come i barbari che premevano ai confini dell’impero, prima di conquistarlo. Solo che cinesi e indiani non sono barbari, ma hanno una civiltà millenaria anche più antica della nostra.

L’eretico, il tuo ultimo romanzo, già un best seller internazionale, intreccia le vicende del Savonarola a Firenze con quelle dei Borgia a Roma, a cui si aggiunge un mistero che viene dall’Oriente… Storia ed invenzione incastrate in un puzzle perfetto, e, come sfondo, il tema della fede. Si potrebbe considerare un’opera al pari de I promessi Sposi

Il paragone è più che lusinghiero, e devo dire che in effetti il mio intento era proprio quello di creare una sorta di Romanzo Popolare come un giornalista ha definito L’Eretico. La grande Storia che si insinua e condiziona le piccole storie dei protagonisti e le loro scelte. Un po’ come ne I Promessi Sposi. Questa era la mia scommessa, e sono grato ai lettori che mi hanno confermato di esserci riuscito. Una sfida per il futuro.

Passiamo al teatro, un’espressione d’arte che permette un contatto diretto, immediato con il pubblico. Hai dei ricordi particolari legati a queste esperienze?

Ne ho molti, come quando durante una serissima tragedia di Durrenmatt il piano inclinato del teatro fece scivolare verso la platea il letto dove giaceva un morto, e quello fece le corna. Con il piede fermai la corsa del letto, ma morivo anche dal ridere. O quella volta che feci arrabbiare il mito sacro del teatro, Enrico Maria Salerno, perché una sera, dopo lo spettacolo, andammo tutti a mangiare in una pizzeria di Livorno e lì mi misi a corteggiare la sua attrice giovane, una certa Veronica Lario

Lavori anche in televisione, che spesso viene criticata perché scarna di contenuti. In mezzo a telegiornali, talk show, giochi e reality, credi ci sia ancora spazio per promuovere la cultura?

Credo che ci sia un enorme spazio, solo che fino ad oggi, salvo rari casi, la cultura viene presentata come un cosa noiosa anche se talvolta necessaria. Invece si potrebbero fare dei programmi divertenti, intriganti, appassionanti e per tutti, che non siano la solita cosa idiota. Per esempio Correva l’anno per me è uno di questi. Ho anche alcune idee a proposito e con un noto produttore abbiamo realizzato un promo che sarà presentato a breve.

Che rapporto hai con il tuo pubblico?

Ottimo, e devo dire che vedendo ciò che accade nelle mie conferenze o nei festival, è un piacere reciproco. Non mi piace pontificare né rivelare, che significa mettere due volte il velo alle cose, ma svelare, che è levare il velo. Questo piace a me, che lancio i semi del dubbio, e al pubblico che interviene, discute, domanda, si indigna anche o si diverte. E’ attraverso questo scambio che poi ci si evolve.

In questi anni, hai avuto modo di conoscere tantissime persone. Ce n’è qualcuna che ti ha lasciato senza parole, in senso positivo?

Sì, ma sono esperienze personali, e nessuna di queste è una persona “famosa”. Sono lettrici e lettori, poi diventati amici e confidenti. Persone straordinarie, lontane dai riflettori. Mentre al contrario, tra i famosi, ho visto tanta pochezza, sia intellettuale che privata. Non è un giudizio morale, è solo una constatazione.

E qualcuna che ti ha impressionato in modo negativo?

Molte. Tra loro alcuni volti sorridenti della tv che hanno più simpatia di un gatto attaccato ai genitali. Ma questo è normale, fa parte della vita, la maschera. Io penso di riuscire a resistere e a non mettermela mai. E’ molto più bello e dà più gioia vivere così.

Qual è la critica peggiore che hai ricevuto?

Come persona quella di stare poco ad ascoltare. E chi me l’ha detto aveva ragione. Ci ho riflettuto e le ho dato retta, e da quel momento credo di essere migliorato sia come persona che come scrittore. In questa veste la critica peggiore è stata quella di un fondamentalista cattolico, che mi ha augurato di bruciare all’inferno. Forse più che una critica un vero e proprio anatema.

E la più grande soddisfazione?

Un’email di una signora di Prato che non ho mai conosciuto. Mi ha scritto di non sapere niente di storia, religione o filosofia, ma che alla fine del mio ultimo romanzo aveva i lucciconi agli occhi perché avevo scritto due storie d’amore meravigliose. E mi ringraziava di cuore.

A parte i tuoi, hai uno o più libri dai quali non ti separeresti mai?

Tutto il Teatro di Shakespeare. Nelle sue opere c’è già scritto tutto ciò che è stato e che sarà, noi non facciamo che seguire le sue orme. Lui ha indagato l’animo umano come nessuno scrittore al mondo. Ogni altro libro, che pure amo e ce ne sono tanti, è superfluo.

E il tuo film preferito?

Non esiste. Me ne concedo otto, ma poi mi pentirò di averne trascurati altri. Blade Runner e I Duellanti di Ridley Scott, Oblomov e Il Sole Ingannatore di Nikita Mickailkov, Mars Attacks! e Il Mistero di Sleepy Hollow di Tim Burton, Fargo e Non è un Paese per Vecchi di Joel e Ethan Coen.

Opera teatrale?

Troppo facile, tutto Shakespeare. E tra quelle musicali Don Giovanni di Mozart.

Progetti a breve e lunga scadenza di Carlo Martigli…

Molti, in ordine crescente. Un programma televisivo, altri libri come Johnny Rosso che mi divertono da matti, e due romanzi che sto per terminare, di cui uno sicuramente uscirà nel 2013. Ne ho altri sei nel cassetto, ma tempus fugit. E infine un casale in toscana, un sogno che spero di realizzare. Con altri ci sono riuscito. Vedremo, ma il bello è sognare.

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