scoperte Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 02 Oct 2024 08:15:44 +0000 it-IT hourly 1 Scoperta e invenzione: qual è la differenza? https://cultura.biografieonline.it/scoperta-e-invenzione-qual-e-la-differenza/ https://cultura.biografieonline.it/scoperta-e-invenzione-qual-e-la-differenza/#respond Tue, 01 Oct 2024 13:16:45 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42413 Capita che nella lingua italiana, parlata e scritta, si confondano i termini scoperta e invenzione. La linea di significato talvolta è molto sottile e non sempre di facile identificazione.

Leonardo da Vinci e Albert Einstein
Cosa accomuna Leonardo da Vinci e Albert Einstein?

Proviamo a fare chiarezza.

La scoperta

Il termine scoperta indica il momento in cui l’uomo viene a conoscenza di qualcosa di esistente in natura.

Ciò può avvenire con esperimenti mirati oppure anche in modo casuale.

L’invenzione

Si usa invece il termine invenzione quando c’è una creazione originale di dispositivi, apparecchi e tecniche.

Le invenzioni introducono qualcosa nella vita seguendo un processo di creatività e ingegno.

Esempi

La celeberrima teoria della relatività di Einstein è una scoperta: essa come principio fisico esiste in Natura, è stata intuita, descritta, teorizzata e infine dimostrata.

Il Teorema di Pitagora è un principio matematico che si apprende fin dalla scuola primaria: anch’esso è stato una scoperta.

I pianeti Nettuno e Urano esistevano già, ma qualcuno li ha scoperti; vedi gli articoli:

Il DNA esiste da quando esiste la vita sulla Terra: ma è stato scoperto solo nel 1953 da James Watson e Francis Crick.

Per ciò che concerne le invenzioni abbiamo detto che sono legate in modo stretto alla creatività e all’ingegno. E chi più di Leonardo da Vinci può essere considerato allo stesso tempo magnifico artista e inventore?

A lui si devono celebri prototipi di invenzioni quali: il paracadute, la macchina volante, il carrarmato, lo scafandro, l’argano, diversi tipi di gru e alambicchi.

Un altro celebre inventore, proprietario di 1093 brevetti, fu Thomas Edison. Di lui abbiamo parlato in riferimento al fonografo. Un suo socio invece inventò le luci di natale.

Passando a tempi più attuali, sono invenzioni anche le discipline fisiche, come il Pilates, oppure gli sport, come il basket.

Nei nostri articoli abbiamo parlato delle invenzioni di: penna a sfera, accendino, nastro adesivo e tante altre cose.

Esistono anche delle rivalità storiche su scoperte e invenzioni. La più celebre è forse quella del telefono, tra Bell e Meucci.

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Il bosone di Higgs: perché è chiamato la Particella di Dio https://cultura.biografieonline.it/bosone-di-higgs/ https://cultura.biografieonline.it/bosone-di-higgs/#comments Tue, 09 Apr 2024 21:10:46 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7595 Il Bosone di Higgs è una particella massiva che conferisce massa e quindi peso a tutte le altre particelle dell’universo. In altre parole, la sua esistenza stabilisce l’esistenza della materia. Il bosone, infatti, è un vettore di massa e il suo scopo è conferire densità alle altre particelle fondamentali, cioè ai mattoncini ultimi che costituiscono gli atomi e le molecole e che sono alla base della nostra realtà. Il bosone è stato scoperto teoricamente da Peter Higgs nel 1964.

Chi è Peter Higgs
Peter Higgs

Chi è Peter Higgs?

Peter Higgs è stato uno scienziato scozzese che si è specializzato al King’s College di Londra in Fisica teorica e che ha ricoperto l’incarico di professore di Fisica teorica all’Università di Edimburgo fino al 1996. È stato membro della Royal Society inglese.

Nel 1964 individuò l’esistenza del bosone che conferisce massa all’universo, ultima particella del Modello Standard.

Per questa scoperta è stato candidato al Premio Nobel per la Fisica.

Nel 2011, davanti a tutto il mondo,  fu mostrata l’esistenza empirica del bosone confermando, dopo 47 anni, la sua teoria.

Fotografia di Peter Higgs
Un’altra foto di Peter Higgs

La scoperta del bosone di Higgs

In un paese nel sud della Francia, sulla montagna di Crozet, si possono ammirare una serie di deliziose casette che punteggiano il panorama.

Il silenzio è assordante e la tranquillità di questi ambienti rimanda alle più pacifiche cartoline che illustrano le bellezze della Francia del sud. In realtà, sotto queste case, si trova una delle macchine più complesse che la mente umana abbia concepito. Si tratta di un anello enorme,  il cui diametro misura otto km, e la cui capacità di assorbimento di energia elettrica è pari a quella di una città di medie dimensioni.

È il Large Hadron Collider (LHC), il collisore di androni, una macchina costata miliardi e che vede impegnati migliaia di scienziati nella rilevazione dei dati. E’ stata costruita al CERN di Ginevra, l’Organizzazione europea per la Ricerca nucleare, e il suo scopo è portare alla collisione gli atomi.

Perché si studia la collisione degli atomi?

Schiantando gli atomi fra di loro, gli scienziati cercano di ricreare le condizioni grazie alle quali o durante le quali si è manifestato il Big Bang, cioè l’eruzione cosmica che ha portato alla nascita dell’universo.

Il punto centrale è che nessuno sa come mai le cose che costituiscono tutto ciò che vediamo, non vediamo sentiamo e non sentiamo hanno un peso. Gli scienziati sanno cos’è la materia, la massa, il peso ma non sanno il perché di questo peso. Non ne conoscono la causa.

Nel 1964 il fisico scozzese Peter Higgs ha teorizzato un campo invisibile che nella notte dei tempi permeava il cosmo. Questo campo cominciò a trasformarsi in materia e quindi a formare il peso delle molecole, degli atomi e delle particelle elementari quando l’universo iniziò ad espandersi e a raffreddarsi.

Grazie all’azione di questo campo gli elementi costituenti la materia acquisirono peso, quindi massa. La conseguenza ultima di questo fenomeno siamo noi.

La nostra vita.

Senza questo campo, definito campo di Higgs, le particelle che costituiscono il tutto si muoverebbero ad altissima velocità scontrandosi fra di loro senza produrre alcuna forma della materia.

YouTube Video

La particella di Dio

Il Large Hadron Collider è stato realizzato proprio per individuare le particelle che compongono il campo e che sono state denominate bosoni di Higgs. Il 4 luglio del 2012 i media diedero la notizia al mondo che il bosone di Higgs, che chiamarono la particella di Dio, era stato individuato dopo una serie di esperimenti che ne individuavano la presenza con un’approssimazione del 99%.

Tale scoperta assunse un’importanza straordinaria anche per il fatto che il bosone di Higgs era l’ultima particella mancante del Modello Standard, cioè l’insieme delle leggi che descrivono ed elencano tutte le particelle dell’universo.

La scoperta fu presentata dalla scienziata Fabiola Gianotti, ricercatrice presso il CERN di Ginevra e coordinatrice dell’esperimento Atlas (in seguito direttrice), il progetto di ricerca che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs.

Fabiola Gianotti al CERN
L’italiana Fabiola Gianotti, ricercatrice presso il CERN di Ginevra, è stata la coordinatrice dell’esperimento che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs

Un altro motivo per cui questa scoperta è estremamente interessante è che si tratta dell’ultimo capitolo di una storia iniziata nel 1964, quando su un foglio di carta  Higgs elaborò la sua teoria, dando vita ad una caccia costata miliardi, che ha impegnato più di 20 nazioni e quasi diecimila scienziati.

Il libro “Higgs e il suo bosone” di Ian Sample, edito dal Saggiatore, racconta questa storia e permette di approfondire tutti gli elementi di una scoperta che pone nuove questioni di fronte al mistero della creazione.

Peter Higgs per la sua straordinaria scoperta è stato insignito del Premio Nobel per la Fisica 2013.

Si è spento all’età di 94 anni il giorno 8 aprile 2024.

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I geroglifici e la loro decifrazione https://cultura.biografieonline.it/geroglifici/ https://cultura.biografieonline.it/geroglifici/#comments Wed, 16 Sep 2015 10:02:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15091 Con il termine geroglifici si intende il sistema di scrittura utilizzato dagli antichi Egizi. Essa è composta da segni grafici, incisi o dipinti, che ritraggono innumerevoli figure reali, uomini, animali, vegetali, oggetti, più o meno stilizzati, e le loro azioni.

geroglifici

Etimologia

Il termine geroglifico deriva dal latino hieroglyphicus, derivato a sua volta dal greco hieroglyphikós, ovvero “segni sacri incisi”, composto dall’aggettivo hieròs, che significa “sacro” e dal verbo glýphō, che significa “incidere”.

Champollion e la Stele di Rosetta

La chiave esatta che permise di decodificare i geroglifici venne scoperta dall’archeologo ed egittologo francese Jean François Champollion (1790-1832). La sua geniale intuizione fu esposta per la prima volta all’Académie des Inscriptions et Belles Lettres di Parigi, il 27 settembre 1822.

Fondamentale era stata la scoperta della Stele di Rosetta, una lastra di granodiorite (una roccia simile al granito) recante un decreto del sovrano egizio Tolomeo V Epifane, scritto in 3 lingue differenti: geroglifico, demotico e greco. Grazie alle sue conoscenze della lingua copta, Champollion trovò la corrispondenza tra il testo scritto in demotico (simile al copto) e quello in greco e, successivamente, da questo decifrò il geroglifico.

Champollion
Jean François Champollion, detto Champollion il Giovane (1790-1832)

Le scoperte di Champollion

La tavola di corrispondenza tra i segni delle tre scritture della Stele di Rosetta, elaborata da Champollion, smentì le vecchie ipotesi che ritenevano il geroglifico un tipo di scrittura soltanto figurativa. Essendo infatti le sole figure inadeguate ad esprimere la complessità del linguaggio (per esempio i concetti astratti e la collocazione di un evento nel tempo), Champollion rivelò che i geroglifici rappresentavano anche caratteri fonetici e nel 1824 presentò il suo “Resoconto del sistema geroglifico degli antichi Egizi” che conteneva inoltre la prima lista di faraoni con i rispettivi anni di regno.

Champollion espose il sistema della scrittura egizia, composta da segni fonetici e ideografici: i segni fonetici sono i segni che indicano una consonante, a cui si aggiungono i segni che indicano due o tre consonanti; i segni ideografici invece indicano direttamente la figura rappresentata.

Dettaglio del sarcofago di Ankhnesneferibra
Dettaglio del sarcofago di Ankhnesneferibra

In onore di Champollion è stato inaugurato a Figeac, sua città natale, il Museo Champollion, nel quale è possibile ripercorrere le tappe della sua vita e del suo lavoro, oltre che la storia della scrittura nel mondo, dalla sua nascita, all’invenzione dell’alfabeto e del libro, dalla pergamena all’informatica. È stato inoltre assegnato il suo nome ad un cratere sulla superficie della Luna.

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La Stele di Rosetta https://cultura.biografieonline.it/stele-di-rosetta/ https://cultura.biografieonline.it/stele-di-rosetta/#comments Thu, 02 Jul 2015 14:42:40 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14653 La Stele di Rosetta è una lastra di granodiorite (una roccia simile al granito) recante un decreto del sovrano egizio Tolomeo V Epifane, emesso nel 196 a.C., che istituiva il culto divino del nuovo sovrano. La fondamentale importanza di questa stele risiede nel fatto che il testo inciso su di essa è lo stesso, scritto in 3 lingue differenti: geroglifico, demotico e greco. Demotico e geroglifico non sono propriamente due lingue diverse, ma due differenti grafie della lingua egizia. Essendo il greco conosciuto, la stele rappresentò lo strumento decisivo per la comprensione dei geroglifici.

Stele di Rosetta
Il testo inciso sulla Stele di Rosetta, scritto in geroglifico, demotico e greco

Origine del nome

La stele deriva il suo nome da un’antica città egiziana sul delta del Nilo, il cui nome latinizzato è appunto Rosetta, oggi nota come Rashid, situata sulla costa del Mar Mediterraneo, a circa 65 Km a est di Alessandria. Rosetta si trova sulla riva sinistra del ramo occidentale del delta del Nilo, detto appunto “ramo di Rosetta”.

La scoperta

La storia della stele è collegata a Napoleone Bonaparte e alla Campagna d’Egitto, intrapresa per colpire i traffici commerciali inglesi in quella zona. Della spedizione facevano parte anche numerosi studiosi e scienziati, che avevano l’incarico di acquisire le conoscenze della storia egizia. La stele fu rinvenuta nella città di Rosetta (oggi Rachid) il 15 luglio 1799. Il ritrovamento avvenne mentre erano in corso i lavori di costruzione delle fortificazioni della città.

Il ritrovamento della stele di Rosetta è comunemente attribuito al capitano francese Pierre-François Bouchard, anche se non fu lui che trovò personalmente la stele. L’identità del soldato che la rinvenne ci è purtroppo ignota. Bouchard comprese subito l’importanza della lastra. Così, in accordo con il generale Jacques François Menou, decise di trasferirla ad Alessandria, per metterla a disposizione degli studiosi.

Quando i francesi si arresero, dovettero consegnare agli inglesi tutti i reperti rinvenuti durante la Campagna. Dopo lunghe trattative, ai francesi venne permesso di tenere solo disegni e appunti fatti prima di imbarcarsi ad Alessandria. La stele, una volta ritornata in Inghilterra, fu esposta al British Museum di Londra, dove è custodita dal 1802 ed esposta al pubblico.

The Rosetta Stone British Museum
La Stele di Rosetta esposta al British Museum di Londra

Dimensioni della Stele di Rosetta

La stele è alta circa 114 centimetri nel suo punto più alto, larga circa 72 centimetri e spessa 27 centimetri. Il suo peso è di circa 760 chilogrammi.

La Stele di Rosetta è uno dei reperti archeologici più importanti dell’archeologia moderna. Essa ha permesso di decodificare i geroglifici, il sistema di scrittura utilizzato dagli antichi Egizi, uno dei più grandi misteri della storia di una grande civiltà.

Rosetta Stone
La Stele di Rosetta da vicino. Image Credit © Hans Hillewaert

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Dalla scoperta del fuoco all’invenzione dell’estintore https://cultura.biografieonline.it/scoperta-del-fuoco-invenzione-estintore/ https://cultura.biografieonline.it/scoperta-del-fuoco-invenzione-estintore/#comments Fri, 21 Mar 2014 13:36:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10135 La scoperta del fuoco ha permesso agli esseri umani di compiere uno dei grandi passi verso la consapevolezza delle leggi della natura. Costituito da luce e calore sprigionati durante la reazione chimica chiamata combustione, il fuoco ha favorito l’evoluzione degli uomini primitivi, dal momento in cui impararono ad accenderlo e controllarlo, alimentandolo e proteggendolo per non farlo spegnere. Il termine fuoco deriva dal latino focus, ovvero il focolare, inteso originariamente come il focolare della casa, posto nell’atrio o nella sala e considerato un luogo sacro, il centro, il fuoco della famiglia.

Fuoco
Il termine fuoco deriva dal latino focus, ovvero il focolare

La scoperta del fuoco

Troviamo le più antiche testimonianze che provano l’utilizzo umano del fuoco a partire da circa un milione e mezzo di anni fa, collocate in vari siti archeologici. Nell’Africa orientale, consistono in cocci di argilla che, per essere induriti, dovevano essere stati scaldati a 400°C e in arrossamenti del sedimento dovuto ad un riscaldamento a 200-400°C. In Africa meridionale, furono rinvenute pietre bruciate in mezzo a utensili d’osso con segni di ferite da taglio, depositi bruciati all’interno di caverne, piante e tronchi carbonizzati e attrezzi di legno probabilmente induriti dal fuoco. L’accensione del fuoco da parte degli uomini primitivi fu possibile sfregando fra di loro due pezzi di legno che, scaldandosi per attrito, si incendiavano; oppure sfregando l’una contro l’altra le pietre dette selci, creando così le scintille che furono, per così dire, il primo accendino naturale.

Il controllo del fuoco e la luce che creava portarono fondamentali cambiamenti nel comportamento degli uomini primitivi: permise loro di prolungare le attività quotidiane oltre la durata delle ore di luce solare, di difendersi da alcuni mammiferi ed insetti che temevano il fuoco, di migliorare la loro alimentazione, nutrendosi di cibi cotti, più digeribili di quelli crudi, ed ampliando anche la varietà degli alimenti. Il calore prodotto dal fuoco ha permesso ai nostri antenati di scaldarsi, consentendogli di vivere anche in zone dal clima freddo, potendo così colonizzare luoghi nei quali non sarebbero potuti sopravvivere senza una fonte di calore. Il fuoco inoltre permise loro di migliorare gli utensili e le armi per la caccia, poiché le lance di legno poste sopra la fiamma si indurivano e quindi diventavano più efficaci. In seguito il fuoco permise la lavorazione dell’oro e dell’argento, e rese possibile la comparsa della metallurgia, la lavorazione del rame, dello stagno e del ferro.

Scoperta del fuoco
Il controllo del fuoco e la luce che creava portarono fondamentali cambiamenti nel comportamento degli uomini primitivi

Il fuoco è un elemento il cui simbolo è entrato nei miti e in numerose religioni o tradizioni culturali. Associato alla vitalità, alla potenza e alla passione, il fuoco, secondo la mitologia greca, fu donato da Prometeo agli uomini dopo averlo sottratto agli dei. Divenne anche uno dei simboli dei Giochi olimpici: ancora oggi, la fiamma olimpica, contenuta nella fiaccola olimpica, attraverso una staffetta viene portata al braciere olimpico della città che ospita i Giochi, dove la fiamma brucia per tutto il periodo delle competizioni olimpiche.

Prometeo
Prometeo

Il fuoco è dunque molto utile, ma è anche pericoloso per la sua potenza devastatrice: gli esseri umani, fin dall’antichità cercarono di trovare i mezzi per contrastare gli effetti distruttivi di un incendio. Presso Ebrei, Greci e Romani erano presenti le figure dei “guardiani del fuoco”, che di notte davano l’allarme e il primo soccorso nel caso di scoppio di un incendio.

L’invenzione dell’estintore

A partire dal 1700, furono messi a punto delle apparecchiature che consistevano in pompe a mano in grado di emettere getti d’acqua. Il chimico Ambrose Godfrey brevettò, nel 1723, il primo estintore portatile, che consisteva in una botte riempita di acqua a cui aggiunse un contenitore riempito di polvere da sparo. Con un sistema di accensione, la polvere esplodeva spargendo l’acqua. Nel 1813, il capitano britannico George William Manby inventò il primo estintore a getto automatico: si trattava di un contenitore di rame contenente circa 12 litri d’acqua, carbonato di potassio, pressurizzati con aria compressa; aprendo la valvola, l’aria compressa faceva fuoriuscire l’acqua.

George William Manby
George William Manby inventò il primo estintore a getto automatico nel 1813

Il triangolo del fuoco

Per rappresentare visivamente la reazione chimica della combustione si utilizza il termine “triangolo del fuoco”. I tre elementi necessari perché avvenga la combustione, e quindi l’incendio, sono raffigurati sui lati del triangolo: il combustibile, cioè il materiale infiammabile, il comburente, ovvero l’ossigeno, e la fonte d’innesco, ovvero il calore. Qualora uno dei tre elementi venisse a mancare, la combustione non avverrebbe o, se già in atto, si estinguerebbe.

Il triangolo del fuoco
Il triangolo del fuoco

L’estintore moderno

L’estintore moderno è normalmente di colore rosso ed è costituito dai seguenti elementi: un serbatoio, che contiene l’agente estinguente; un agente estinguente, che a contatto con il fuoco permette il suo spegnimento; una manichetta (tubo flessibile), che permette di indirizzare l’agente estinguente; una valvola, che regola il flusso dell’agente estinguente; un propellente (gas), che permette di espellere l’agente estinguente; l’impugnatura, per maneggiare agevolmente l’estintore.

Gli agenti estinguenti

L’agente estinguente di un estintore è la sostanza che si utilizza per l’estinzione dell’incendio, che si può ottenere attraverso il raffreddamento della temperatura, la sottrazione del combustibile o il soffocamento dell’ossigeno. I principali agenti estinguenti sono: acqua, polvere (principalmente fosfato d’ammonio), schiuma (un composto di acqua e additivi) e anidride carbonica.

Foto di un estintore
L’estintore è normalmente di colore rosso

Classificazione degli incendi

L’agente estinguente contenuto in un estintore sarà efficace su diversi tipi di fuochi. Si distinguono infatti i fuochi di classe A, originati da combustibili solidi, come legno, carta, tessuti; fuochi di classe B, originati da combustibili liquidi, come alcol, solventi, benzina; fuochi di classe C, causati da combustibili gassosi, come idrogeno, metano, propilene; fuochi di classe D, generati da metalli come potassio, sodio, magnesio, zinco; fuochi di classe E, generati da apparecchiature elettriche sotto tensione; fuochi di classe F, generati da oli e grassi.

Incendio
Esistono diversi tipi di incendi, a seconda del tipo di combustibile da cui sono originati

Secondo le tradizioni dell’Antica Grecia, il fuoco rappresenta uno dei quattro elementi, insieme all’aria, all’acqua e alla terra, di cui sono costituite tutte le cose e gli esseri esistenti nell’Universo, nel microcosmo e macrocosmo.

“Il fuoco è sempre stato e, ragionevolmente, rimarrà sempre, il più terribile degli elementi”. (Harry Houdini)

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Storia e scoperta dell’LSD https://cultura.biografieonline.it/lsd-acido-lisergico/ https://cultura.biografieonline.it/lsd-acido-lisergico/#comments Sat, 13 Apr 2013 14:42:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6802 L’LSD è una sostanza chimica le cui proprietà possono alterare la percezione della realtà attraverso distorsioni e allucinazioni. Fu scoperta nel 1938 da Albert Hoffmann, che all’epoca lavorava per l’azienda chimica Sandoz ubicata a Basilea. In realtà la data ufficiale della scoperta fu il 16 aprile 1943, quando Hoffmann scoprì le proprietà allucinogene dell’LSD a causa di una goccia di questo composto che gli cadde su una mano e gli provocò, una volta respirata, intense allucinazioni visive.

Particolare del fungo Ergot, parassita della segale
Ergot, fungo parassita che cresce nella segale

Lsd proviene da un fungo parassita, l’ergot, che cresce nella segale. L’ergot appare come un’escrescenza, che ricorda una sorta di corno e per questo la segale è chiamata segale cornuta.

Questo fungo, se ingerito, causa fortissime allucinazioni e uno stato visivo alterato, che può portare a conseguenze devastanti nel breve e nel lungo periodo per chi ne fa uso.

La Sandoz, dopo la scoperta di Hoffmann, che fu accidentale, perché lo scienziato stava conducendo studi sugli alcaloidi che si trovano sulla scilla marina e sul parassita della segale, decise di dare avvio alla produzione dell’Lsd per scopi scientifici. Lo scopo di Hoffmann era quello di trovare sostanze chimiche utilizzabili nel campo bio-medicale. Hoffmann in seguito testò l’Lsd su se stesso, scoprendone ed esplorandone gli aspetti e le sfumature allucinogene.

La Sandoz distribuì Lsd, che si basa sull’acido lisergico il quale proviene, come si è detto dal fungo parassita chiamato ergot, gratuitamente per sperimentazioni di varia natura e la sua diffusione, in breve, si ampliò in vari settori. Lsd, infatti, fu sperimentata per curare anomalie psicologiche, quali la schizofrenia, la depressione o l’autismo ed ebbe applicazione di vario genere, grazie all’utilizzo che ne fecero psichiatri e psicologi.

La formula dell'acido lisergico
L’LSD (dietilamide-25 dell’acido lisergico) è una fra le più potenti sostanze psichedeliche conosciute. Il nome è un’abbreviazione proveniente dal tedesco: Lysergesäurediethylamid.

Verso la metà degli anni ’50, il suo uso divenne comune al di fuori delle cure mediche, con conseguenze sociali rilevanti, tanto da indurre le autorità a ritenere l’LSD una droga pericolosa per la salute. Prima di ciò ci fu una sorta di confronto dialettico fra alcuni studiosi, che ritenevano LSD un mezzo potente per esplorare le potenzialità della mente e raggiungere stati di consapevolezza, anche spirituale, superiori o diversi da quelli, possiamo dire per semplificare, normali.

La comunità scientifica quasi subito rifiutò questa posizione, ma solo dal 1967 cominciò a propagarsi il divieto all’uso dell’LSD sia per scopi ricreativi che scientifici.

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La scoperta del DNA https://cultura.biografieonline.it/scoperta-del-dna/ https://cultura.biografieonline.it/scoperta-del-dna/#comments Thu, 28 Feb 2013 11:36:22 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6465 Nel 1953 James Watson e Francis Crick scoprirono la struttura del DNA, acido desossiribonucleico, descrivendone in modo completo il meccanismo che porta alla sua duplicazione. Tale scoperta, annunciata il 28 febbraio 1952, li portò a vincere nel 1962 il Premio Nobel per la Medicina. Tuttavia, dietro alle loro fondamentali ricerche, vi è una storia lunga di esperimenti e studi, senza i quali i due ricercatori statunitensi non avrebbero potuto comprendere la natura del DNA.

DNA elica
DNA elica

La molecola del DNA era stata individuata all’interno del nucleo delle cellule dal biochimico svizzero Friedrich Miescher, il quale decise di chiamarla nucleina. Nel 1944, dopo una serie di studi, alcuni scienziati arrivarono alla conclusione che il Dna è una molecola capace di trasmettere il codice genetico da un organismo all’altro. Tale scoperta avvenne dopo diversi esperimenti e studi condotti sui microrganismi.

La scoperta del DNA di Watson e Crick, però, ha il merito di aver definito in modo preciso la struttura a doppia elica del DNA: descrivendone la fisiologia composta da due filamenti di molecole, chiamate nucleotidi, i quali sono avvolti a spirale. In seguito, sono stati condotti ulteriori studi che hanno approfondito l’interpretazione del codice genetico e cioè hanno permesso di comprendere, in modo completo, come l’organismo possa decodificare le informazioni, al fine di sintetizzare le proteine necessarie al suo sviluppo.

Watson e Crick
Maclyn McCarty (a sinistra, dimostrò che il materiale genetico presente nelle cellule è composto di DNA) stringe le mani a Watson e Crick

Grazie a questa scoperta – la scoperta del DNA – è stato possibile poi capire alcune funzioni operative dei geni e da queste comprendere le cause e la natura di alcune malattie, al fine di sviluppare nuove tecniche per debellarle.

foto struttura DNA, modellazione 3D
DNA: foto della struttura in una modellazione 3D
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La scoperta di Nettuno https://cultura.biografieonline.it/nettuno-pianeta-scoperta/ https://cultura.biografieonline.it/nettuno-pianeta-scoperta/#comments Wed, 13 Feb 2013 06:12:34 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6099 Ottavo del Sistema Solare per distanza dal Sole e quarto per grandezza, il pianeta Nettuno è simile ad Urano per quanto riguarda la sua composizione. I due pianeti si presentano con un aspetto similare, di colore azzurro intenso, dovuto alla presenza di metano nella loro atmosfera, oltre che di idrogeno, elio, acqua ed ammoniaca.

Distante dal Sole mediamente 4.500 milioni di chilometri e con un diametro equatoriale di 49.528 Km (4 volte quello della Terra), la temperatura minima della sua atmosfera può raggiungere i -220°C. I suoi satelliti naturali conosciuti sono 14, i cui nomi derivano da quelli di antiche divinità marine. Il satellite principale è Tritone, che presenta la particolarità di essere geologicamente attivo: sulla sua superficie infatti, avvengono numerose eruzioni simili a geyser. Nettuno possiede inoltre un sistema di 10 anelli molto tenui e sottili.

Il pianeta Nettuno
Il pianeta Nettuno

La visibilità nel cielo anche ad occhio nudo ha permesso a cinque dei pianeti del nostro Sistema Solare, ovvero Mercurio, Venere, Marte, Giove, e Saturno di essere scoperti già in tempi remoti; la scoperta di Urano, Nettuno e Plutone (riclassificato come pianeta nano nel 2006) invece, ha avuto inizio dopo l’introduzione del telescopio, avvenuta grazie al contributo di Galileo Galilei che, il 21 agosto 1609, rivoluzionò il mondo dell’astronomia presentando al governo veneziano il suo cannocchiale.

Legge di gravitazione di Newton sbagliata o pianeta disturbatore?

Dopo la scoperta di Urano da parte di William Herschel nel 1781, numerosi astronomi rilevarono una serie di anomalie nell’andamento del moto del pianeta: vi erano grandi divergenze tra l’orbita effettiva osservata e quella calcolata teoricamente; irregolarità tali che fu perfino ipotizzato un errore nella legge di gravitazione universale di Newton.

George Biddel Airy, Astronomo reale dell’Osservatorio di Greenwich nominato nel 1835, scrisse alla Royal Society, il 17 dicembre 1836, teorizzando che ci fosse una grande probabilità che “la legge di gravitazione universale differisse leggermente da quella dell’inverso del quadrato della distanza”. Si andava anche diffondendo l’ipotesi che ci fosse un altro corpo celeste, incognito, che svelava la sua stessa esistenza attraverso la sua attrazione esercitata sul moto di Urano.

John Couch Adams
Il matematico John Couch Adams

Per spiegare l’andamento anomalo del moto di Urano, bisognava scoprire l’origine del disturbo che influenzava il suo movimento. Nel settembre 1845 John Couch Adams, matematico britannico all’Osservatorio di Cambridge, terminò i calcoli per determinare le irregolarità del moto di Urano e le ipotesi relative al corpo celeste che ne perturbava l’orbita.

Urbain Le Verrier
L’astronomo Urbain Le Verrier

Nel frattempo, l’astronomo francese Urbain Le Verrier, all’insaputa del lavoro di Adams, il 1° giugno 1846, presentò all’Accademia delle scienze francese di Parigi un lavoro analogo. Venuto a conoscenza di tale lavoro, l’astronomo reale Airy, nel luglio 1846 propose a James Challis, direttore dell’Osservatorio di Cambridge, di cercare il pianeta in questione con il telescopio equatoriale, per porre fine ad una questione che sembrava non riuscire ad essere risolta. Era presente anche Sir John Herschel, astronomo inglese, figlio di William Herschel.

Le Verrier, intanto, non trovando riscontro in Francia, inviò i suoi calcoli aggiornati al 31 agosto all’astronomo tedesco Johann Gottfried Galle dell’Osservatorio di Berlino.

La scoperta

Il 23 settembre 1846 all’Osservatorio di Berlino, Galle utilizzò i tabulati di Le Verrier per tentare di osservare il pianeta “invisibile” che causava anomalie nel moto di Urano. Poco dopo la mezzanotte, a meno di un grado dalla posizione prevista da Le Verrier, fu individuato il pianeta, all’interno della costellazione dell’Acquario. Il 24 settembre, a seguito di un’altra accurata osservazione, fu possibile annunciare in modo definitivo l’esistenza del pianeta.

Il 25 settembre Galle scrisse a Leverrier: “Signore, il pianeta, di cui voi avete segnalato la posizione, esiste realmente. Lo stesso giorno, in cui ho ricevuto la vostra lettera, trovai una stella di 8a grandezza, che non era segnata nell’eccellente carta Hora XXI… della collezione di carte celesti, pubblicate dall’Accademia Reale di Berlino.  L’osservazione del giorno seguente decise che era il pianeta cercato”.

Comunicazione della scoperta e polemiche

La comunicazione ufficiale della scoperta fu data da Encke, direttore dell’Osservatorio di Berlino, in una lettera del 26 settembre, pubblicata in Astronomische Nachrichten, N. 580. L’annuncio portò però ad una feroce diatriba sulla priorità della scoperta, in quanto venne comunicato che anche Adams aveva determinato l’esistenza del nuovo pianeta attraverso i suoi calcoli. In Francia e Inghilterra, infuriarono polemiche accompagnate da una campagna di stampa spietata riguardo i meriti dei due astronomi, polemiche non ancora sopite.

Riconoscimenti

Nonostante ciò, il 5 ottobre 1846 il monarca Louis Philippe nominò Le Verrier Ufficiale della Legion d’Onore e fu designato alla cattedra di Meccanica Celeste presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Parigi. La Royal Society, nello stesso anno, conferì a Le Verrier il suo più alto riconoscimento, la medaglia Copley, medaglia che venne conferita anche ad Adams due anni dopo, nel 1848.

Nel 1851 Adams fu eletto presidente della Royal Astronomical Society; nel 1858 divenne professore di Astronomia e Geometria a Cambridge, e nel 1861 successe a Challis come direttore dell’Osservatorio di Cambridge. Nel 1876, Adams divenne Presidente della Royal Society per la seconda volta e conferì la medaglia d’oro a Le Verrier per le sue ricerche planetarie.

Il 10 ottobre 1846, dopo soli diciassette giorni dalla scoperta di Nettuno, l’astronomo inglese William Lassell scoprì il suo principale satellite Tritone.

Tritone
Tritone, il satellite principale di Nettuno

Osservazioni precedenti

Charles T. Kowal dell’Osservatorio di Mount Palomar e lo storico della scienza Stillman Drake, durante ricerche e studi storici approfonditi, hanno dimostrato che Nettuno fu intravisto da Galileo Galilei nel dicembre 1612 e nel febbraio 1613, mentre stava determinando le posizioni dei satelliti di Giove, identificandolo probabilmente con una stella fissa. Nei suoi taccuini aveva indicato una stella “a” con la scritta: “oltre alla stella fissa a ne seguiva un’altra sulla stessa linea, come qui c’è b, la quale fu osservata anche la notte precedente; ma sembravano più lontane fra loro”, con il relativo disegno. La stella “b” era quasi certamente Nettuno, poiché in quella posizione non esisteva alcun altro oggetto visibile.

Scelta del nome

Il primo nome proposto per il nuovo pianeta scoperto fu quello di Janus, o Giano, divinità romano-italica antichissima, considerato il padre degli dei, il dio creatore. Fu l’astronomo Galle, nella lettera in cui annunciava a Le Verrier la scoperta del pianeta, a proporre questo nome: “Forse questo pianeta sarà degno di essere chiamato Janus, dio dei più antichi dei Romani; così la doppia faccia sarà significante per la sua posizione alle frontiere del sistema solare”. Ma Le Verrier, che non pensava che il nuovo pianeta fosse l’ultimo del sistema solare, propose Nettuno, Dio del mare nella mitologia romana, scrivendo a Galle:

“Vi ringrazio cordialmente della premura che avete messo ad informarmi della vostra osservazione del 23 e 24 settembre. Grazie a voi, eccoci definitivamente in possesso del nuovo mondo. Il piacere che ho provato di vedere che voi l’avete trovato, a meno di un grado dalla posizione che avevo dato, è un poco turbato dall’idea che scrivendovi prima, quattro mesi fa, avremmo ottenuto già allora il risultato che abbiamo appena raggiunto. Il comunicherò la vostra lettera, lunedi prossimo, all’Académie des Sciences. Il Bureau des Longitudes si è qui pronunciato per Neptune. Il segno: un tridente. Il nome di Janus indicherebbe che questo pianeta è l’ultimo del sistema solare, cosa che non si ha alcuna ragione di credere”.

Curiosità

Il periodo orbitale intorno al Sole di Nettuno è di 164,88 anni. Pertanto, dalla sua scoperta nel 1846, il pianeta ha compiuto la sua prima orbita attorno al Sole tra il 2010 e il 2011, ed è stato quindi osservato nella posizione in cui è stato scoperto.

La morte di Le Verrier si ricorda il 23 settembre 1877, lo stesso giorno che Nettuno venne osservato grazie ai suoi calcoli.

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Giovanni Battista Belzoni e la scoperta dell’ingresso della piramide di Chefren in Egitto https://cultura.biografieonline.it/belzoni-piramide-chefren/ https://cultura.biografieonline.it/belzoni-piramide-chefren/#comments Thu, 31 Jan 2013 10:25:03 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5976 La piramide di Chefren si trova in quel magnifico complesso situato nella piana di Giza, a circa 20 Km da Il Cairo, in Egitto: la necropoli di Giza. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1979, questo complesso eretto da abili costruttori egizi, è situato sulla riva occidentale del fiume Nilo. La necropoli comprende anche la piramide di Cheope e di Micerino, che formano con quella di Chefren il famoso allineamento delle tre piramidi, che suscitano l’impressione di voler sfidare l’eternità.

Circondate da altre minori piramidi secondarie e templi funerari, è anche il luogo dove sorge la Grande Sfinge. L’imponenza di tutto il complesso è aumentata dal fatto che è stato eretto su un pianoro roccioso sopraelevato.

Piramidi di Giza
Le piramidi nella piana di Giza

La piramide di Chefren, fu fatta erigere come monumento sepolcrale dal faraone della IV dinastia egizia, Chefren appunto, in carica nell’Antico Regno ed incoronato nel 2560 a.C. circa. E’ la piramide posta nel mezzo fra quella di Cheope (la più grande) e Micerino. Denominata Wr Kafre, ovvero “Grande è Kafre”, è di base quadrata, con un lato di 215,25 metri ed appare più grande di quella di Cheope, anche se non lo è, poiché è stata eretta su un terreno più elevato.

La sua particolarità, rispetto alle sue altre due compagne, è quella di essere l’unica ad aver conservato sulla sommità la copertura di calcare bianco di Tura, località egiziana nota per le sue cave, che in origine ricopriva tutta la piramide. L’accurata levigatura del materiale le conferiva l’aspetto di un gigantesco e lucente solido geometrico. La base è rivestita di granito rosso e grigio di Assuan. L’altezza totale originaria della piramide era di 143,5 metri, oggi ridotti a 136,4 metri a causa dell’erosione e dei crolli avvenuti durante i secoli.

Piramide di Chefren - sommità
Piramide di Chefren – sommità

Esplorazione e scoperta dell’ingresso di Chefren

Per 4500 anni, vi fu la convinzione che la piramide di Chefren fosse priva sia dell’ingresso che della camera mortuaria, a seguito di inutili tentativi di accedervi; che fosse quindi un imponente e massiccio monumento impenetrabile. Nel gennaio del 1818, Giovanni Battista Belzoni, esploratore ed avventuriero padovano appassionato di viaggi, non rinunciò alla sua teoria dell’esistenza di una camera sepolcrale e così, con tenacia, studiò, confrontò le piramidi e ne esaminò le pareti.

Giovanni Battista Belzoni
Foto di Giovanni Battista Belzoni

Su quella settentrionale notò qualcosa che riteneva essere molto interessante: vi era accumulato un ammasso di materiali caduti ed i detriti non parevano essere compatti come in altre parti. All’inizio di febbraio si cominciarono i lavori di scavo, ma i detriti risultarono essere molto più compatti di quanto l’intuito gli aveva inizialmente suggerito.

Dopo numerosi giorni di duro lavoro, venne scoperto un cunicolo, probabilmente opera di ladri, nei pressi di una fessura tra due pietre sulla facciata nord, ma il pericolo di crolli costrinse Belzoni a chiudere il cantiere temporaneamente. Ripresi i lavori, per tutto il mese di febbraio continuarono gli scavi e le supposizioni. Verso la fine del mese, fu portato alla luce un masso inclinato con una pendenza uguale a quella del corridoio dell’altra piramide e successivamente tre pietre in posizioni diverse dalle altre, con inclinazione corrispondente.

Entusiasmo e gioia divamparono quando l’ingresso fu scoperto, il 2 marzo 1818. Grazie alla caparbietà di Belzoni e alla sua capacità di non arrendersi, in un mese era riuscito in un’impresa risultata soltanto utopia per molti esploratori venuti nei secoli prima di lui. All’interno della piramide di Chefren Belzoni appose, servendosi del nerofumo, la scritta: “Scoperta da G. Belzoni. 2. mar. 1818“.

Scritta apposta da Belzoni all'interno della piramide di Chefren
Foto della scritta apposta da Belzoni all’interno della piramide di Chefren

Altre importanti scoperte di Belzoni in Egitto

Numerose sono le opere d’arte egizie riportate alla luce grazie alla precisione ed al metodo di Belzoni: ad Abu Simbel riuscì ad entrare nel tempio; eseguì scavi nella valle dei Re, a Luxor, dove scoprì numerose tombe, tra cui quella del faraone Seti I; scoprì monumenti e statue di grande valore; prelevò un obelisco che in seguito si rivelò fondamentale per la decifrazione della scrittura geroglifica.

Belzoni ha il merito di essere riuscito a rievocare il prestigio e la magia di una della più misteriose ed affascinanti civiltà di tutti i tempi, quella egizia.

 La teoria della correlazione di Orione

Correlazione della Piramidi di Giza con la cintura di Orione
Correlazione della Piramidi di Giza con la cintura di Orione

Secondo questa ipotesi, teorizzata da Robert Bauval, ingegnere nato in Egitto ed appassionato di egittologia, la disposizione delle tre piramidi della piana di Giza è l’esatta raffigurazione al suolo delle tre stelle corrispondenti alla cintura di Orione, nella omonima costellazione.

Questa correlazione è ampiamente descritta nei di libri di Bauval “Il mistero di Orione” e “Il codice egizio”, dove viene inoltre dimostrato che nella geografia della Valle del Nilo vi è inserita una correlazione con gli elementi del cosmo, nella quale le piramidi assumono un nuovo significato, legato all’osservazione ed al moto dei corpi celesti.

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William Herschel e la scoperta di Urano https://cultura.biografieonline.it/herschel-urano/ https://cultura.biografieonline.it/herschel-urano/#comments Wed, 09 Jan 2013 07:14:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5714 Settimo del Sistema Solare per distanza dal Sole e terzo per grandezza, il pianeta Urano ha una peculiarità che lo distingue da tutti gli altri: il suo asse di rotazione é inclinato di ben 98° rispetto al suo piano orbitale intorno al Sole, pertanto la temperatura registrata ai poli, che ricevono più luce, è superiore rispetto a quella registrata all’equatore.

Questa sua particolarità è il risultato di ripetute collisioni del pianeta con altri corpi celesti; si potrebbe immaginarlo come una trottola distesa su di un lato. La Terra, per fare un paragone, è inclinata di circa 23°. Il colore verde-blu si deve alla presenza nella sua atmosfera di metano, oltre che di idrogeno, elio, acqua ed ammoniaca.

Urano
Il pianeta Urano

Il telescopio di Galileo
Il telescopio di Galileo

Distante dal Sole 2.900 milioni di km e con un diametro equatoriale di 51 118 km (4 volte quello della Terra), la temperatura minima della sua atmosfera può raggiungere i -220°C. I suoi satelliti naturali scoperti sino al 2011 sono 27; possiede inoltre un sistema di 13 anelli.

Cinque dei pianeti del Sistema Solare, ovvero Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno furono scoperti già in tempi remoti: questo perchè sono ben osservabili nel cielo anche ad occhio nudo.

La scoperta degli altri pianeti, Urano, Nettuno e Plutone (nel 2006 riclassificato come pianeta nano) ha avuto inizio dopo l’introduzione del telescopio, avvenuta grazie a Galileo Galilei, che ebbe il merito del perfezionamento e del primo uso astronomico delle lenti e che il 21 agosto 1609 rivoluzionò il mondo dell’astronomia presentando al governo veneziano il suo cannocchiale.

La scoperta di Urano

Urano è il primo pianeta ad essere stato scoperto attraverso un telescopio. L’astronomo e musicista britannico di origine tedesca William Herschel, mentre scrutava la volta celeste con un telescopio riflettore di sua costruzione, notò, come indicato nel suo diario, “una curiosa stella nebulosa o forse una cometa”. Era il 13 marzo 1781.

William Herschel
Sir William Herschel

Inizialmente quindi, non identificò un pianeta, ma gli parve plausibile l’ipotesi che fosse una cometa. infatti, nelle sue osservazioni successive, rilevando il moto di questo corpo celeste, annotò: Ho cercato la cometa o stella nebulosa e ho trovato che è una cometa, perchè ha cambiato la sua posizione”Il 26 aprile 1781, Herschel presentò la sua scoperta nel racconto “Account of a comet” (Resoconto di una cometa) pubblicato nelle Philosophical Transactions of the Royal Society of London.

Diversi astronomi, venuti a conoscenza di questa nuova scoperta e dopo aver effettuato numerose osservazioni riguardanti l’orbita e l’assenza di una chioma o coda, finirono con il concordare che fosse un pianeta. Lo stesso Herschel, accortosi che la natura del corpo celeste scoperto differiva da una cometa in molti particolari, lo riconobbe quale “Pianeta Primario del nostro Sistema Solare”, come scritto in una lettera al presidente della Royal Society nel 1783.

Osservazioni precedenti

Prima che fosse classificato correttamente, Urano era già stato osservato precedentemente da diversi astronomi, tutti erroneamente concordi sul pensare che fosse una stella.

Le prime osservazioni risalgono al 1690 da parte dell’Astronomo Reale dell’Osservatorio di Greenwich John Flamsteed, che lo registrò come “stella 34 della costellazione del Toro“. James Bradley, anch’esso Astronomo Reale, lo osservò a partire dal 1748. L’astronomo francese Pierre Charles Le Monnier lo individuò svariate volte a partire dal 1750.

Scelta del nome

Il nome che diede Herschel al corpo celeste che identificò come cometa, era Georgium Sidus, ovvero “la stella di George”, in onore di Giorgio III del Regno Unito, re di Gran Bretagna e re d’Irlanda. Successivamente all’approvazione della sua natura di pianeta, lo ribattezzò Georgian Planet, “il pianeta Giorgiano”, nome che però venne accettato solamente all’interno del territorio della Gran Bretagna.

Le proposte per il nome da attribuirgli furono numerose: il nome stesso dello scopritore, Herschel, Astrea, Cibele, Nettuno di Giorgio III, Nettuno di Gran Bretagna, Hypercronius, Transaturnis, Minerva. Il nome approvato fu quello attuale, Urano, che rappresenta la divinità greca del cielo, proposto dall’astronomo tedesco Johann Elert Bode, editore del Berliner Astronomisches Jahrbuch.

Il periodo che impiega Urano a completare la sua orbita intorno al Sole è di 84 anni, che corrisponde anche all’età in cui morì il suo scopritore Herschel, nel 1822.

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