santi e beati Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 23 Apr 2024 07:32:52 +0000 it-IT hourly 1 San Giorgio nella Legenda Aurea https://cultura.biografieonline.it/legenda-aurea-san-giorgio/ https://cultura.biografieonline.it/legenda-aurea-san-giorgio/#comments Tue, 23 Apr 2024 07:22:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18321 La storia della vita di San Giorgio è ricca di leggende. Una delle leggende più celebri che lo riguardano compare nella cosiddetta Legenda Aurea.

La Legenda Aurea (spesso italianizzata per assonanza in Leggenda Aurea – con due g) è una raccolta di biografie agiografiche (vite dei santi) risalente al Medio Evo.

Fu composta in latino dal frate domenicano e vescovo di Genova, Jacopo da Varazze.

Nella Legenda Aurea un capitolo è dedicato proprio a San Giorgio: da questa leggenda nacque il mito di Giorgio e numerosi ordini cavallereschi a lui ispirati.

Legenda Aurea: San Giorgio e il Drago - Paolo Uccello
San Giorgio e il Drago (nella Legenda Aurea): dipinto di Paolo Uccello • 1456, olio su tela, 57×73 cm, National Gallery di Londra

La legenda aurea e San Giorgio

Si racconta che in una città della Libia di nome Selem vi fosse uno stagno di grandi dimensioni in cui si nascondeva un drago. La creatura, con il suo fiato, era in grado di uccidere chiunque.

Per placare la sua ira e sopravvivere, gli abitanti del posto erano soliti offrirgli due pecore ogni giorno. Ben presto però i capi di bestiame iniziarono a diventare pochi. Così il popolo decise che l’offerta quotidiana dovesse essere composta da una pecora e un giovane estratto a sorte.

La principessa Silene

Un giorno, a essere estratta fu la principessa Silene, la giovane figlia del re. Egli, spaventato, offrì a metà del regno il proprio patrimonio: il popolo, tuttavia, non accettò lo scambio, visto che già tanti giovani erano periti per colpa del drago.

Nonostante diversi tentativi e numerose trattative che si erano protratte per giorni e giorni, alla fine il monarca fu costretto a cedere. Così Silene si avviò verso lo stagno.

Silene, Giorgio e il drago

Mentre procedeva incontro al suo infausto destino Silene si imbatté in Giorgio. Il giovane cavaliere, venuto a sapere del sacrificio che di lì a poco si sarebbe compiuto, promise alla ragazza, tranquillizzandola, che sarebbe intervenuto per farla scampare alla morte.

Disse quindi alla principessa di avvolgere al collo del drago la sua cintura, senza timore.

In effetti, così facendo la fanciulla riuscì a convincere la bestia a seguirla verso la città.

La popolazione fu sorpresa nell’osservare il drago così vicino, ma ci pensò Giorgio a infondere loro fiducia, riferendo che era stato Dio a mandarlo ivi per sconfiggere l’ira del drago.

Il mostro sarebbe stato ucciso solo se gli abitanti avessero abbracciato il cristianesimo e si fossero fatti battezzare.

Così avvenne: la popolazione si convertì, e anche il re. Il cavaliere Giorgio uccise il drago, il quale fu trascinato da otto buoi e portato fuori dalla città.

San Giorgio II
San Giorgio II: anche in quest’opera di Kandinsky viene celebrato il mito di San Giorgio che uccise il drago

Simbolo della lotta tra bene e male

Questa leggenda nacque all’epoca delle Crociate, derivante con tutta probabilità da un’immagine trovata a Costantinopoli che ritraeva l’imperatore cristiano Costantino intento a schiacciare un drago enorme con il piede.

In epoca medioevale, poi, la lotta di San Giorgio contro il drago (e quindi la Leggenda Aurea) è stata scelta come simbolo della lotta tra il bene e il male. Ecco perché il culto del santo è cresciuto non solo in Occidente, ma anche nell’Oriente bizantino, dove compare con la definizione di “tropeoforo“, cioè “il vittorioso”, “il trionfatore”.

Oggigiorno sono numerosi gli Ordini cavallereschi che portano il nome di San Giorgio, dal Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio all’Ordine Teutonico; dall’Ordine della Giarrettiera all’Ordine Militare di Calatrava.

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Troppa grazia Sant’Antonio! Cosa significa e da dove deriva il modo di dire https://cultura.biografieonline.it/troppa-grazia-santantonio-modo-di-dire/ https://cultura.biografieonline.it/troppa-grazia-santantonio-modo-di-dire/#respond Tue, 17 Jan 2023 13:04:50 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=38043 È un’esclamazione, ma anche una locuzione metaforica. Si tratta di Troppa grazia, Sant’Antonio!
Questa espressione indica il caso in cui si ottiene più di quanto si desidera anche con risultati spesso non del tutto positivi.

Troppa grazia Sant'Antonio: il mercante e il cavallo
Il mercante e il cavallo

L’origine dell’espressione: il mercante e il cavallo

L’espressione Troppa grazia, Sant’Antonio deriva da una storiella tramandata oralmente.

Il protagonista è un mercante che vive una vita di grande stenti. Ha un sogno: comprare un cavallo. Finalmente riesce a realizzarlo: ha il cavallo e si prepara a cavalcarlo. Prova a salire in groppa al destriero, ma non riesce a darsi il giusto slancio. Il mercante ha le gambe troppo corte e il cavallo si rivela troppo alto per lui: inarrivabile.

Dove non arrivano le gambe arrivano i Santi

Il mercante è alle prese con il cavallo. Prova e riprova ma nulla: non riesce a salire in groppa. Sull’orlo della disperazione guarda al cielo e pensa di rivolgersi al suo Santo preferito. Si tratta di Sant’Antonio. Il mercante lo invoca per avere la grazia e riuscire nell’impresa.

Troppa grazia

Invaso dal cosiddetto furore sacro, il mercante spicca un nuovo balzo, ma in qualche modo fallisce.

Più  precisamente, carico di troppa energia per l’intercessione celeste, salta e scavalca la groppa dell’animale.

Il mercante cade dall’altra parte del cavallo, a gambe all’aria. L’uomo si rivolge così al Santo, lamentandosi della grazia, puntualizzando che si è trattata di troppa grazia. Pronuncia in quel momento la fatidica frase!

Sant'Antonio abate
Sant’Antonio abate

“Troppa grazia Sant’Antonio”: quando si usa

Così come il mercante si rivolge a Sant’Antonio, anche noi oggi utilizziamo questa locuzione per indicare un’elargizione che ci mette quasi in imbarazzo; oppure che produce alla fine effetti non soltanto positivi.

Si utilizza in maniera diretta o sarcastica per indicare un sovraccarico che riceviamo dall’esterno.

Un favore da orso

In lingua russa c’è una locuzione che corrisponde a Troppa grazia, Sant’Antonio: è il Favore da orso.

Come nell’espressione in lingua italiana, parlare di un favore da orso significa indicare un dono che conduce anche ad elementi negativi.

Questa espressione nasce da una favola popolare dell’Ottocento.

Ecco la sintesi: un orso tenta di  scacciare una mosca dal naso del fratello e amico Eremita, ma finisce per ucciderlo, insieme alla mosca.

Nella storiella effettivamente non compare l’espressione “favore da orso” ma la morale è:

un amico stupido che ti fa un favore è più pericoloso di un nemico.

Una curiosità: Sant’Antonio e un cavallo imbizzarrito compaiono anche in un celebre quadro di Salvador Dalí.

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San Martino di Tours https://cultura.biografieonline.it/san-martino-di-tours/ https://cultura.biografieonline.it/san-martino-di-tours/#comments Thu, 11 Nov 2021 05:34:02 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6218 San Martino è considerato il protettore dei mendicanti, dell’Esercito e della Fanteria. Venerato come Santo nella Chiesa copta, ortodossa e cattolica, Martino di Tours nasce nel 316 o 317 nel territorio corrispondente all’odierna Ungheria. Le notizie circa la sua vita risalgono agli scritti dei discepoli Venanzio Fortunato e Sulpicio Severo.

San Martino di Tours
San Martino di Tours

Vita e storia di San Martino di Tours

Il padre, ufficiale dell’esercito, lo chiama Martino in onore della divinità della guerra, Marte. A Pavia, dove trascorre l’infanzia, il giovane si avvicina al Cristianesimo. A quindici anni è costretto ad arruolarsi anche lui nell’esercito, in quanto figlio di un ufficiale. Lascia quindi la sua famiglia e raggiunge la Gallia.

Proprio durante la sua esperienza di soldato, Martino viene colpito da una visione che gli cambia la vita nel profondo.

Nei dintorni della città di Amiens, il militare incontra un povero mendicante ricoperto di stracci. Dispiaciuto per lo stato in cui si trova l’uomo, taglia in due il mantello e condivide la metà con lui. Durante la notte Gesù appare in sogno a Martino e gli restituisce la metà del mantello che ha donato al mendicante. Gesù dice agli angeli che sono con lui: “Questo è Martino, il soldato che mi ha rivestito”. Al suo risveglio, Martino si accorge che il mantello è perfettamente integro. La visione e il miracolo del mantello spingono Martino, che è già catecumeno, a battezzarsi e diventare cristiano.

La vita religiosa

Dopo aver lasciato l’esercito, si impegna a combattere l’eresia ariana e per questo motivo subisce umiliazioni e viene cacciato sia dalla Francia, che dalla città di Milano. Fuggito sull’isola Gallinara, nei dintorni di Savona, trascorre un lungo periodo di solitudine e poi diventa monaco. Nel 371 Martino viene nominato Vescovo di Tours, una cittadina della Franca, e da questo momento in poi comincia la sua missione di “pastore” per evangelizzare la gente più umile, soprattutto gli agricoltori che abitano nelle campagne.

Nella cittadina francese di Tours, Martino fonda anche un monastero, chiamato “Marmoutier”. San Martino muore a Candes-Saint-Martin l’8 novembre del 397.

La Chiesa cattolica festeggia questo Santo l’11 novembre, che è il giorno in cui è stato sepolto.

A Tours sorge una bellissima basilica in suo onore, che attira pellegrini da tutto il mondo.

Martino di Tours
Martino di Tours

Tradizioni

  • Nei paesi austriaci e in Germania il giorno in cui si festeggia San Martino, l’11 novembre, si organizza la tradizionale “processione delle lanterne” cui partecipano soprattutto i bambini con inni e canti dedicati al Santo.
  • In Italia, invece, in molti paesi si celebrano feste popolari dedicate a San Martino, a cui la tradizione lega un aspetto meteorologico del periodo, la cosiddetta “estate di San Martino” che si colloca nei primi giorni di Novembre.
  • Nella zona di Venezia è consuetudine preparare per il giorno di San Martino un dolce tipico di pasta frolla che raffigura il Santo sul suo cavallo, decorato con glassa di zucchero e ricoperto con caramelle e confetti.
  • In altre zone dell’Italia, soprattutto quelle più agricole, la data dell’11 novembre si associa alla maturazione del vino nuovo, per cui questa è un’occasione per assaggiare del buon vinello insieme alle caldarroste.
  • La festa di San Martino è molto sentita nella tradizione popolare, mentre dal punto di vista religioso lo è soltanto nei luoghi in cui è Patrono.
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La Natività coi Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, opera di Caravaggio https://cultura.biografieonline.it/nativita-santi-lorenzo-francesco-caravaggio/ https://cultura.biografieonline.it/nativita-santi-lorenzo-francesco-caravaggio/#respond Mon, 30 Aug 2021 15:58:46 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25981 La Natività coi Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, di Caravaggio, è un’opera unica per il suo valore artistico e per la sua vicenda. La tela, infatti, trafugata nel 1969 a Palermo è fra i 10 capolavori più ricercati al mondo.

Dettaglio dell'opera di Caravaggio: Natività con i santi Lorenzo e Francesco d'Assisi
Dettaglio centrale dell’opera di Caravaggio: Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi

La tela, le caratteristiche, la scena e i personaggi

L’opera è un’olio su tela di grande dimensioni (268 per 197 centimetri). Nel dipinto Caravaggio rappresenta la nascita di Cristo e lo fa nel segno del grande realismo, sua più nota cifra stilistica. La Natività, infatti, mette in scena sei personaggi che nell’aspetto sembrano essere poveri ed emarginati:

  1. La Madonna;
  2. San Giuseppe;
  3. San Lorenzo
  4. San Francesco d’Assisi;
  5. l’angelo planante;
  6. il sesto personaggio è ipotizzato come San Leone.

Essi appaiono in atteggiamento spontaneo. Mentre San Giuseppe resta di spalle e avvolto in un telo verde, la Madonna mostra estrema malinconia nel guardare il figlioletto sul giaciglio improvvisato, come ad anticipare la reazione al destino che spetta al Cristo. L’angelo, intanto, plana dall’alto per portare all’interno della scena la gloria divina.

Lo spessore emotivo della Natività è assegnato al gioco di colori e luci che caratterizza tutta l’opera caravaggesca.

Natività coi Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, opera di Caravaggio
Foto dell’opera completa

Nodo critico: luogo e data della realizzazione

La data e il luogo del dipinto sono informazioni che gli addetti ai lavori hanno cercato nel tempo di recuperare per meglio interpretarlo e per contestualizzarlo nell’ambito dell’opera tutta del pittore meneghino.

In particolare, critici e biografi di Caravaggio si sono espressi definendo due ipotesi:

  • quella della produzione durante la sosta in Sicilia fra 1608 e 1609 e per la Compagnia dei Bardigli e dei Cordiglieri;
  • quella della realizzazione in un periodo precedente, nel 1600 a Roma, a seguito della commissione del commerciante Fabio Nuti.

Il furto della tela e l’indagine, aperta e irrisolta

Nella notte fra il 17 e il 18 ottobre del 1969, la Natività coi santi Lorenzo e Francesco d’Assisi di Caravaggio venne trafugata dall’Oratorio di San Lorenzo di Palermo.

Lo scoprì il custode il giorno 18, nel primo pomeriggio. Partì, così, un’indagine che subito definì il furto come un’azione di matrice mafiosa. Nel tempo, infatti, diversi pentiti e collaboratori di giustizia, nel corso dei vari interrogatori, vennero sentiti sulla vicenda fornendo, in totale, un racconto molto vario e sconnesso.

Vincenzo La Piana per primo parlò dell’opera raccontando che la Natività trafugata era stata seppellita nelle campagne palermitane con 5 chilogrammi di cocaina e alcuni milioni di dollari dal narcotrafficante Gerlando Alberti. L’indicazione non portò, però, al ritrovamento.

Francesco Maria Mannoia, invece, si dichiarò esecutore del furto al cospetto del giudice Giovanni Falcone. Egli raccontò che, staccandola per arrotolarla, la tela subì un tale danno che si decise di distruggerla. In seguito il Nucleo tutela del patrimonio artistico dei Carabinieri dimostrò sì l’autenticità del racconto di Mannoia, ma legato ad un’altra opera rubata.

Nel 1996, ancora, il pentito Giovanni Brusca raccontò che la Natività era stata utilizzata come merce di scambio con lo Stato per un alleggerimento della pena. Trattativa che lo Stato rifiutò. Salvatore Cancemi raccontò di aver visto l’opera in bella mostra alle riunioni della Cupola.

Gli anni 2000 e 2010

Nel 2009 Gaspare Spatuzza spiegò che la Natività, una volta sottratta all’Oratorio, fu affidata alla famiglia Pullarà, capimafia del mandamento di Santa Maria del Gesù. Riferì che l’opera, posta in luogo non adatto, fu rosicchiata da topi e maiali e che i resti furono dati alle fiamme.

Nel 2018 Gaetano Grado informò che la tela fu stata affidata nel 1970 a Badalamenti, altro esponente di Cosa Nostra. In particolare Badalamenti cercò di piazzare l’opera tramite un canale di ricettazione svizzera, ma l’affare saltò a causa dei gravi danni della stessa.

La vicenda della Natività è arricchita dal racconto dello storico e giornalista britannico Peter Watson. Watson raccontò che nel 1980 un ricettatore salernitano gli propose la tela. Sfortuna volle che il giorno dell’incontro, il 23 novembre, il territorio campano fu colpito da un grave terremoto che, fra l’altro, impossibilitò lo scambio.

La replica della Natività coi Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi (di Caravaggio), a Palermo
La replica della Natività coi Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi (di Caravaggio), a Palermo

La Natività coi Santi Lorenzo e Francesco vive ancora come replica e sui media

Nel 2016 un progetto voluto e realizzato da Sky affidò la cosiddetta “clonazione dell’opera” alla grande competenza di Factum Arte. Scienza e analisi supportate da tecnologie di ultimissima generazione restituirono alla città di Palermo, e al mondo, l’opera di Caravaggio.

La replica della Natività è stata posta sempre nell’Oratorio di San Lorenzo, nel capoluogo siciliano, il 12 dicembre 2015 nel corso di una cerimonia ufficiale a cui ha presenziato anche il palermitano Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

All’inizio del 2019 è uscito il film Una storia senza nome, del regista Roberto Andò, che ruota intorno alla vicenda del furto del quadro.

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San Girolamo nello studio, analisi dell’opera di Colantonio https://cultura.biografieonline.it/san-girolamo-nello-studio-colantonio/ https://cultura.biografieonline.it/san-girolamo-nello-studio-colantonio/#respond Sat, 22 Aug 2020 06:39:27 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30274 Colantonio del Fiore realizzò questo dipinto, San Girolamo nello studio, nel 1445 durante il suo periodo napoletano, che durò quasi venti anni dal 1440 al 1460. L’opera faceva parte di un polittico commissionato forse da Alfonso il Magnanimo, re di Napoli, oppure dall’ordine francescano per la chiesa di San Lorenzo Maggiore.

San Girolamo nello studio, opera di Colantonio quadro picture
San Girolamo nello studio, opera di Colantonio del 1445

Ad oggi non è rimasta traccia del polittico ma le due opere, sia questa che ritrae San Girolamo nello studio, sia un’altra in cui San Francesco consegna la regola francescana, esposte entrambe al museo di Capodimonte a Napoli, sono intatte e ben conservate.

Museo di Napoli Capodimonte: San Francesco e San Girolamo, opere di Colantonio
Museo di Napoli Capodimonte: le due opere di Colantonio esposte. A sinistra, la Consegna della regola francescana; a destra, il dipinto analizzato in questo articolo.

San Girolamo nello studio: dati del quadro

Tecnica

Tempera su tavola

Misure

121×151 cm

Anno di realizzazione

1445

Luogo di conservazione

San Girolamo nello studio è esposto presso il museo di Capodimonte, a Napoli.

Descrizione del dipinto

In questo dipinto possiamo ammirare, al centro, San Girolamo (a volte indicato anche come San Gerolamo), intento nel togliere la spina dalla zampa del leone.

La leggenda del leone

La leggenda narra che in un monastero francescano dove risiedeva San Girolamo, arrivò un leone ferito: tutti i monaci scapparono, tranne il santo che, invece, andò incontro al leone e lo curò.

San Girolamo

Nel dipinto, proprio in onore della commissione francescana, San Girolamo non veste gli abiti cardinalizi ma indossa un abito francescano. Il pittore Colantonio, però, ricorda il ruolo del santo all’interno della Chiesa cattolica, ponendo il suo berretto porporato a sinistra, posto su un tavolino.

San Girolamo fu cardinale, traduttore della Bibbia e uomo coltissimo.

La realizzazione del berretto è, in tutto e per tutto, perfetta e identica all’originale.

L’influenza dell’arte fiamminga

Proprio il berretto di San Girolamo dimostra l’attenzione di Colantonio verso i dipinti fiamminghi. In particolare verso le opere di Jan van Eyck.

Ad esempio, i dettagli dei cordini sono incredibilmente uguali all’originale; l’ombra che uno di essi proietta sulla larga tesa dimostra la capacità straordinaria di Colantonio nel cogliere i minimi dettagli.

Il pittore, che ha operato a Napoli per molti anni diventando il più importante pittore partenopeo del ‘400, è anche l’unico che in tale epoca abbia lasciato tracce biografiche del suo lavoro e del suo operato.

Il rapporto con la natura fiamminga è comprovato anche dalla realizzazione dello studio del santo. Le pergamene, i libri, i calamai, le ampolle sono dipinti con una ricchezza di dettagli straordinaria che ricorda non solo le pitture fiamminghe ma anche le opere di Antonello da Messina, di cui Colantonio era stato maestro.

In precedenza abbiamo analizzato l’opera omonima San Girolamo nello studio, di Antonello da Messina.

San Girolamo nello studio, analisi dell'opera di Antonello da Messina
San Girolamo nello studio di Antonello da Messina è un dipinto straordinario realizzato trent’anni dopo, nel 1475

E questi oggetti che arredano lo studio sono un’alternativa visiva all’impianto centrale dell’opera, in cui spicca come protagonista il santo, con accanto il leone.

Altri possono essere i riferimenti della pittura di Colantonio: oltre a Jan van Eyck di cui abbiamo detto, possiamo citare anche il provenzale Barthélemy d’Eyck che lavorò presso la corte aragonese fra il 1438 e il 1442, e Jean Fouquet.

Queste influenze sono anche la conseguenza dei rapporti commerciali fra Spagna, Francia e Napoli che hanno portato in quegli anni all’incontro fra opere d’arte di origine diversa destinate alla corte partenopea.

San Girolamo nello studio: analisi dell’opera con commento video

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Sant’Agostino, analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/sant-agostino-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/sant-agostino-antonello-da-messina/#comments Sun, 10 May 2020 12:09:27 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=29033 Il dipinto Sant’Agostino faceva parte di una “magna icona” come era stata definita nei documenti che attestavano l’incarico ad Antonello da Messina. Siamo nel 1472 e Antonello dopo aver accettato il lavoro per una somma cospicua, si appresta a realizzare probabilmente un polittico, definito appunto “magna icona” di cui questo ritratto di Sant’Agostino faceva parte.

Sant’Agostino - opera del 1472 di Antonello da Messina
Sant’Agostino (1472, Antonello da Messina) – Tempera grassa su tavola su tela, 46,5 x 35,5 cm. Palazzo Abatellis. Palermo.

Gli altri santi arrivati fino ai giorni nostri, e attualmente esposti a Palazzo Abatellis a Palermo, sono San Girolamo e San Gregorio Magno. Il resto purtroppo si è perso.

Sant’Agostino e la disposizione degli altri santi

Nella disposizione originale Agostino doveva essere posto in alto e a destra, mentre gli altri due santi dovevano stare a sinistra, sempre in posizione rialzata.

Infatti, se si osserva lo sguardo del santo filosofo, si vede che egli guarda verso il basso, sia perché sta leggendo il libro sacro che tiene in mano, sia perché avrebbe dovuto osservare dall’alto i fedeli.

Lo sfondo

Lo sfondo d’oro ha un sapore arcaico; questo era dovuto alle richieste dei committenti che spesso dimostravano di avere un’idea della pittura e dei suoi simboli diversa da quello di Antonello, il quale era molto avanti rispetto alla cultura siciliana del tempo.

L’innovazione e il compromesso

Il maestro, infatti, si era confrontato con i pittori del continente, amava i pittori fiamminghi, aveva collaborato con Giovanni Bellini a Venezia. L’artista siciliano aveva introdotto importanti innovazioni nella tecnica del ritratto, nell’utilizzo della prospettiva, della profondità e nell’uso della luce.

Mentre in altri ritratti (trattati in diversi altri articoli sulle opere di Antonello da Messina) si dimostra molto più audace, nell’opera qui analizzata probabilmente dovette accettare le richieste dei committenti.

Sant'Agostino portrait
Sant’Agostino: i dettagli

Inoltre, la mano di Antonello si vede nel volto del santo, nei dettagli della barba, nello sguardo profondo e penetrante, nel gioco di luci e ombre della veste; in altre parti del dipinto si vedono invece interventi di altre mani.

I dettagli

Ad esempio, le mani di Sant’Agostino sembrano realizzate da una mano inesperta; le gemme sul copricapo di Agostino sono approssimative e opache; non hanno nulla a che vedere se confrontate con le pietre preziose presenti nel ritratto Madonna Salting, dove i preziosi appaiono in tutta la loro lucentezza e splendore.

E’ probabile dunque che un suo collaboratore, oppure il figlio Jacobello, abbiano messo mano al dipinto e lo abbiano completato.

Ciò è ancora più probabile se si pensa che Antonello in quegli anni era un pittore molto famoso e conteso: aveva molte opere in cantiere, commissionate, da terminare.

Analisi dell’opera e commento video

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San Gregorio Magno: opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/san-gregorio-magno-antonello/ https://cultura.biografieonline.it/san-gregorio-magno-antonello/#comments Thu, 07 May 2020 04:58:08 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28997 Fra il 1472 e il 1473 Antonello da Messina realizza quest’opera raffigurante San Gregorio Magno. Essa si inserisce in un contesto più ampio: è solo una parte di una struttura più complessa e articolata. Di seguito andiamo ad approfondire gli aspetti storici e descrittivi. In fondo trovate anche un commento video.

San Gregorio Magno (opera di Antonello da Messina, 1472-1473) • Palazzo Abatellis, Palermo
San Gregorio Magno (Antonello da Messina, 1472-1473) • Palazzo Abatellis, Palermo

San Gregorio Magno, un’opera parte di un polittico

Alcuni documenti testimoniano l’incarico attribuito al pittore messinese per la realizzazione di una “magna icona”, probabilmente un polittico. Il polittico è un’opera d’arte sacra, costituita da singoli pannelli separati ma riuniti e raccolti da una cornice che ne dà una forma architettonica. I pannelli possono essere mobili o fissi.

Non sappiamo come fosse l’opera nella sua totalità, ma molto probabilmente ne facevano parte i dipinti dei tre padri della Chiesa:

Vi era probabilmente anche Sant’Ambrogio, che purtroppo non è arrivato fino a noi.

Chi fu Gregorio Magno

Gregorio Magno (indicato anche come Gregorio I) fu il 64° pontefice della chiesa cattolica e vescovo di Roma, città dove nacque nell’anno 540 circa. Fu papa dall’anno 590 fino alla sua morte, avvenuta nel 604.

Il suo papato si svolse nell’arco di 14 anni, in uno dei periodi più bui della storia italiana e del Medioevo europeo. Minuto e cagionevole di salute, di lui si ricorda l’incredibile forza morale e la incrollabile fiducia nella forza del Cristianesimo. Al suo nome è inoltre legato il genere del canto gregoriano.

Per ulteriori notizie sulla sua vita, vi invito a leggere la biografia di Gregorio Magno.

San Gregorio Magno, analisi dell’opera

Questa splendida opera di Antonello, come anche quelle che ritraggono altri santi, è conservata a Palermo, presso Palazzo Abatellis. Le tavole con la raffigurazione dei tre santi facevano parte di un’opera molto grande nella quale i santi erano posti in alto.

Possiamo infatti notare come in questa tavola San Gregorio Magno abbia uno sguardo rivolto verso il basso e sulla sua sinistra, quindi in diagonale.

Ciò significa che probabilmente era posto in alto e a sinistra, poiché da quella posizione avrebbe dovuto guardare gli spettatori dall’alto in basso.

La posizione in alto era dovuta anche all’autorevolezza e importanza data ai santi. Malgrado l’impostazione arcaica, evocata dallo sfondo in oro, il dipinto appare magnificamente innovativo per le volute della veste bianca che in basso gioca con le ombre e le luci. Ma non solo.

Altro elemento di innovazione introdotto da Antonello da Messina è la prospettiva del volto: essa è accentuata dalla tiara e dai capelli neri del santo.

Infine, vi è il dettaglio della barba appena accentuata sulle guance e che dà profondità e consistenza al volto di San Gregorio Magno.

Dettaglio del volto di Gregorio Magno: si può vedere l'accenno di barba
Il dettaglio del volto in cui si può vedere l’accenno di barba rada

La tecnica

La tecnica utilizzata è tempera grassa su tavola su tela. Le misure sono 46,5 x 35, 5 cm.

La realizzazione

La qualità dell’esecuzione, benché sia di altissimo livello, non è costante. Questo fa pensare al fatto che possa essere portata a termine da un’altra mano. Antonello dal 1457 aveva una bottega ben avviata e dunque è possibile che un suo allievo, oppure il figlio Jacobello, abbiano terminato il dipinto.

Analisi dell’opera con commento video

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San Girolamo nello studio, analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/san-girolamo-nello-studio/ https://cultura.biografieonline.it/san-girolamo-nello-studio/#comments Mon, 04 May 2020 20:32:16 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28946 San Girolamo nello studio è un dipinto meraviglioso realizzato da Antonello da Messina nel 1475. E’ uno dei suoi capolavori più celebri. Il quadro “San Girolamo nello studio” è attualmente esposto alla National Gallery di Londra.

San Girolamo nello studio, analisi dell'opera di Antonello da Messina
San Girolamo nello studio (1475), analisi dell’opera di Antonello da Messina

San Girolamo nello studio: i dettagli del quadro

Il soggetto principale è San Girolamo che vediamo nel suo studio, nel centro del dipinto, mentre legge un libro. Attorno a lui possiamo osservare gli oggetti che con maestria Antonello realizza:

  • un asciugamano,
  • i libri,
  • un vaso,
  • alcune piante.
San Girolamo nello studio, i dettagli del dipinto
I dettagli del dipinto

L’attribuzione del dipinto

Proprio i dettagli degli oggetti, dell’abito del santo, la maestria nel realizzare gli animali, hanno fatto credere ad alcuni critici che il dipinto non fosse opera dell’artista messinese bensì del fiammingo Jan van Eyck.

Gli animali: gli uccelli nella parte bassa del quadro (San Girolamo nello studio)
Gli animali: gli uccelli nella parte bassa del quadro

Marcantonio Michiel – letterato e celebre collezionista d’arte del ‘500 – ad esempio, dopo aver visto l’opera a casa di un collezionista veneziano, aveva immaginato che potesse essere di Van Eyck, oppure di Hans Memling. Per quanto riguarda la figura del santo, immaginava potesse essere opera di Jacobello d’Antonio, figlio di Antonello.

Michiel, sbagliando sull’identità del pittore (o dei pittori) dell’opera, aveva però individuato come il quadro fosse la fusione di diversi elementi: fiammingo e italiano rinascimentale. Aveva inoltre individuato una mano legata alla bottega di Antonello da Messina.

Lo straordinario dipinto San Girolamo nello studio, è invece totalmente opera del maestro messinese. Egli lo realizzò come omaggio all’arte fiamminga, al Rinascimento italiano e al lavoro svolto con Giovanni Bellini.

Una fusione di elementi artistici

In apertura vediamo un diaframma architettonico: esso introduce la visione dello spettatore in primis sullo studio di San Girolamo e poi nella complessa struttura prospettica e spaziale della chiesa che circonda e avvolge lo studio.

Il diaframma architettonico ricorda sì i dipinti di Van Eyck, ma Antonello cambia la prospettiva in una costruzione architettonica che riprende il Rinascimento mediterraneo con un taglio catalano.

Appartengono alla cultura italiana la luminosità, lo spazio e la complessità prospettica. I dettagli rimandano alla cultura fiamminga: in particolare possiamo ammirare l’asciugamano posto sulla destra, i libri appoggiati sugli scaffali della biblioteca e le piante.

La prospettiva e lo spazio, invece, richiamano la cultura del Rinascimento italiano.

Grazie all’abilità e l’originalità di Antonello da Messina il dipinto raggiunge un vertice straordinario. Ammiriamo l’incastro degli spazi che accompagnano la visione dello spettatore dagli angoli più scuri fino alle finestre in fondo, da cui si vedono degli ampi spazi all’aria aperta. Così come dalle finestre poste in alto da cui si vede il cielo.

Gli animali: il gatto e il leone (San Girolamo nello studio)
Altri animali in dettaglio: il gatto e il leone

L’importanza della luce

La luce è l’elemento attraverso cui il pittore messinese dà consistenza agli animali: li rende vivi. La stessa luce dona consistenza anche a San Girolamo, di cui illumina le braccia, e al libro che sta studiando.

San Girolamo nello studio, capolavoro dipinto da Antonello da Messina

La luce illumina il volto del santo, gli oggetti che ne vengono esaltati nei singoli dettagli, poi accompagna lo sguardo dell’osservatore in tutti gli spazi prospettici del dipinto. Lo spettatore arriva così ad incontrare la luce, che sembra venire da dietro il dipinto attraverso le finestre.

Questa non è l’unica opera di Antonello il cui soggetto è San Girolamo: in altri due articoli abbiamo trattato le opere:

Analisi dell’opera (video)

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San Sebastiano, storia e analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/san-sebastiano-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/san-sebastiano-antonello-da-messina/#comments Sat, 02 May 2020 13:47:45 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28692 Dipinto realizzato fra il 1478 e il 1479, il “San Sebastiano” di Antonello da Messina è un’opera maestra del Rinascimento italiano. Il quadro mostra la maturità compositiva di Antonello che raggiunge vertici imponenti nella maestria con la quale governa la prospettiva, la luce e l’esaltazione del corpo umano; seguendo in questo gli ideali e la cultura umanistica di Piero della Francesca, Giovanni Bellini con cui ha collaborato durante il suo periodo veneziano, e Andrea Mantegna; quest’ultimo è il principale ispiratore del meraviglioso dipinto di San Sebastiano, qui raffigurato.

San Sebastiano, opera di Antonello da Messina (St. Sebastian)
San Sebastiano (1478-1479) – Olio su tavola su tela, 171×85 cm. E’ conservato presso la galleria Gemäldegalerie Alte Meister, a Dresda (Germania)

San Sebastiano: storia del dipinto

Probabilmente Antonello da Messina ha visto gli affreschi di Mantegna nella chiesa degli Eremitani a Padova e ha potuto ammirare il “Martirio di San Cristoforo”, a cui ha dedicato il soldato dipinto che vediamo disteso in secondo piano a sinistra del santo.

Anche la colonna che vediamo a terra sulla destra è una citazione del Mantegna; essa ha anche un valore filosofico: ci ricorda l’armonia e la bellezza del corpo umano.

Antonello, infatti, mostra la colonna a terra vicino alla maestosa figura del santo che si erge in tutta la sua possenza, mentre sofferente è appoggiato ad un albero.

San Sebastiano (Antonello da Messina), dettaglio della parte bassa: la colonna, i piedi, i personaggi
La parte bassa in dettaglio: la colonna, il pavimento prospettico, i personaggi e i piedi di San Sebastiano

Il corpo come simbolo

Il pittore messinese in questo dialogo fra colonna classica ed essere umano sviluppa una teoria rinascimentale, l’equilibrio nelle proporzioni e nell’armonia del corpo fra uomo e mondo.

La tecnica: prospettiva e geometria

Anche la prospettiva con la fuga in avanti nel pavimento e l’osservazione del santo dal basso verso l’alto, oltre a ricordare l’Umanesimo e le sue implicazioni teoriche e culturali, ci permette di ammirare il talento di Antonello che crea un quadro dalle forme geometriche perfette.

La precisione prospettica non rende però il dipinto più freddo, perché la luce, che il pittore distribuisce un po’ ovunque restituisce all’opera la sua magia narrativa.

San Sebastiano (Antonello da Messina), dettaglio del volto, dei comignoli e delle nuvole
San Sebastiano: il dettaglio del volto, dei comignoli e delle nuvole

Antonello da Messina ha cambiato stile con questo dipinto ma rimane fedele alle sue passioni; ad esempio l’arte fiamminga, che celebra nel disegno dei tappeti che sporgono dai parapetti; ci sono poi i dettagli dei comignoli, delle nubi e delle piante che spuntano dai parapetti in alto a destra.

In fondo il San Sebastiano di Antonello da Messina è un’opera straordinaria che mostra la cultura che l’autore ha accumulato in tutta la sua vita. Il “San Sebastiano” è quindi un dialogo fra Umanesimo, Rinascimento e arte fiamminga, illuminati dal talento di Antonello.

Analisi dell’opera

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San Girolamo penitente, quadro di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/san-girolamo-penitente-antonello/ https://cultura.biografieonline.it/san-girolamo-penitente-antonello/#comments Mon, 15 Jul 2019 21:57:42 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26634 Nel dipinto San Girolamo penitente possiamo ammirare sulla destra il santo, senza l’abito talare, spoglio di qualsiasi simbolo e ornamento. Colui che è stato il traduttore della Bibbia, uomo coltissimo e dalle profonde letture è in ginocchio, penitente. San Girolamo contempla un crocefisso appeso ad un albero posto di fronte a lui. Il dipinto è stato realizzato da Antonello da Messina fra il 1465 e il 1468. Attualmente è esposto alla Pinacoteca Civica di Reggio Calabria.

San Girolamo penitente, Antonello da Messina, quadro picture
San Girolamo penitente (1465-1468), Antonello da Messina

Non c’è un centro prospettico ma solo lo spazio  che induce ad osservare i due protagonisti: il Santo e il simbolo del Cristo morto, rappresentato dal crocefisso appeso all’albero.

Il cardinale è in ginocchio con accanto il leone: l’animale è quello della leggenda che lo vede protagonista e in cui si narra che il santo accolse un leone ferito in convento senza alcun timore di essere sbranato; l’animale gli rimase fedele per tutta la vita.

I libri, invece, che lo hanno accompagnato per tutta la sua carriera di studioso sono chiusi ed appoggiati ad una roccia. L’abito talare è a terra.

Tutt’intorno vediamo una bellissima natura morta; le rocce lasciano scorgere un sentiero che porta ad una valle.

San Girolamo penitente: lo stile di Antonello da Messina

Lo stile di Antonello da Messina è quello fiammingo: vi è una cura incredibile dei particolari. Basta osservare le pieghe dell’abito porpora e del tessuto bianco rivoltato sui fianchi.

Inoltre l’artista dimostra una notevole padronanza degli spazi e della luce, che non è abbagliante, ma passa dalle rocce agli anfratti permettendo una visione continua del dipinto.

Nell’opera San Girolamo penitente, Antonello da Messina domina lo spazio e la prospettiva e senza alcuna esitazione. Accompagna la visione dello spettatore dal Santo al crocefisso e poi tutt’intorno, nel contesto bucolico in cui si svolge l’ascesi di San Girolamo.

L’ispirazione del dipinto e la vita di San Girolamo

Il dipinto è oggi compromesso in molte sue parti, tuttavia, se lo si osserva con attenzione, in uno stato di contemplazione prolungato, si nota come la sua funzione sia quella di ispirare compassione per la prostrazione di San Girolamo. E’ proprio Girolamo, rappresentato in un’età avanzata, che cerca attraverso la preghiera di raggiungere uno stato di contemplazione ascetica.

Il dettaglio dei simboli: l'abito talare, il leone e i libri.
Il dettaglio dei simboli: l’abito talare, il leone e i libri.

L’opera racchiude in un certo modo la vita del Santo sintetizzandone la carriera: essa è simboleggiata dall’abito talare rosso, il prestigio come studioso – simboleggiato dai libri, il suo coraggio e la sua autorità, simboleggiata dal leone. Sul finire della sua vita, ebbe il desiderio di lasciare tutto per cercare il rapporto diretto e solitario con il Cristo.

Commento video di approfondimento

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