resilienza Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 08 Aug 2020 10:35:29 +0000 it-IT hourly 1 Kintsugi, arte giapponese che ripara ferite con l’oro: una metafora di vita. https://cultura.biografieonline.it/kintsugi-arte-giapponese-metafore/ https://cultura.biografieonline.it/kintsugi-arte-giapponese-metafore/#comments Thu, 21 Nov 2019 22:50:57 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=27597 L’antica arte Kintsugi viene dal Giappone e si ispira ai vasi riparati

Abbiamo tanto da imparare dai popoli dell’Oriente. L’antica arte giapponese del Kintsugi trasmette una preziosa lezione di vita rivolta a tutti, prendendo spunto dalla sapiente e antica tecnica di mettere in evidenza le fratture dei vasi rotti.

Kintsugi: i cocci di una ciotola riparati con l'oro
Kintsugi: i cocci di una ciotola riparati con l’oro

Kintsugi: in cosa consiste?

Noi occidentali siamo soliti buttare un vaso quando questo cade e si rompe, seppure a malincuore perché trattasi di un oggetto prezioso. In Giappone, invece, la rottura di una ciotola, di un vaso o di una teiera diventa un’occasione per renderli ancora più pregiati.

Proprio grazie alle fratture provocate dalla rottura, la pratica giapponese del Kintsugi aggiunge valore all’oggetto, evidenziando le linee e restituendogli una nuova opportunità.

Il termine giapponese “kintsugi” deriva da “kin” (che significa letteralmente “oro”) e “tsugi” (che sta per “ricongiunzione, riunione, riparazione”).

Kintsugi: due vasi riparati con polvere d'oro
Kintsugi: due vasi riparati con polvere d’oro. (Foto dal sito: francinesplaceblog.com)

Per rimettere insieme i pezzi di un oggetto rotto i giapponesi utilizzano un metallo prezioso (di solito oro o argento liquido oppure una lacca di polvere dorata). Quando i cocci si riuniscono vengono fuori alcune nervature che rendono più originale il pezzo.

Le cicatrici, anziché privare l’oggetto del suo valore, gli conferiscono un aspetto unico ed irripetibile. Le ramificazioni che si formano per la rottura vengono esaltate con l’applicazione del metallo. La tecnica del Kintsugi permette di realizzare vere e proprie opere d’arte partendo da un oggetto rotto, che per definizione è imperfetto.

Le origini del Kintsugi

Alcuni oggetti laccati sono stati rinvenuti circa 5.000 anni fa. Ciò significa che la tecnica Kintsugi affonda le sue radici nell’antichità. Da millenni i giapponesi utilizzano come sostanza collante la lacca urushi, che si può ricavare dalla pianta “Rhus verniciflua” (Albero della lacca, chiamata anche Lacca cinese).

Alcuni documenti accreditati fanno risalire l’origine di tale tecnica artistica al XV secolo. Si racconta che l’ottavo shogun Ashikaga Yoshimasa ruppe la propria tazza da tè e decise di farla riparare da alcuni esperti artigiani.

Questi applicarono alla tazza dello shogun la tecnica del kintsugi, riempiendone le fessure con resina e polvere d’oro.

Per riparare gli oggetti con questo metodo sono necessarie diverse fasi e inoltre il tempo di essiccazione può consistere in un mese o più.

Kintsugi: dettaglio di una saldatura con l'oro
Kintsugi: dettaglio di una saldatura con l’oro

Il Kintsugi e le sue Metafore per la Vita

Quante lezioni di vita possiamo apprendere dall’antica e sempre attuale arte del kintsugi! La prima, più importante di tutte, è che non si deve buttare un oggetto perché si rompe.

Recuperare un rapporto

Come il kintsugi restituisce nuova vita ad un oggetto rotto impreziosendo le fratture con il metallo prezioso, così nella vita dobbiamo cercare di recuperare le relazioni o i rapporti prima che si logorino del tutto.

Resilienza

Altra lezione fondamentale del kintsugi consiste nell’applicare la Resilienza. Questa è la capacità di reagire alle avversità della vita con coraggio, considerando le esperienze dolorose come occasioni di crescita.

Come il kintsugi mette in evidenza le crepe di un vaso rotto, così noi dobbiamo imparare ad esibire e valorizzare le cicatrici della nostra vita, senza vergognarci di esse. Anzi, secondo la metafora del kintsugi sono proprio le cicatrici a rendere un’esistenza unica e preziosa.

Applicazioni moderne delle metafore del kintsugi

Mentre noi occidentali stentiamo ad accettare le crepe (sia fisiche che spirituali) e piuttosto siamo portati a considerarle come segni di fragilità ed imperfezione, la cultura orientale da millenni accetta e valorizza la compresenza degli opposti, che fluiscono insieme in maniera armoniosa – come lo Yin e lo Yang.

Simbolo Yin e Yang
Simbolo dello Yin e Yang

I giapponesi, millenni fa, avevano già compreso che le imperfezioni estetiche possono assumere forme nuove rendendo gli oggetti ancora più preziosi. Proprio come succede a noi: chi ha sofferto ed esibisce con orgoglio le ferite dell’anima è una persona consapevole e di certo preziosa per gli altri.

Secondo la moderna psicoterapia, il kintsugi giapponese è un ottimo spunto di riflessione per imparare la resilienza. Una dote che non è innata e che serve a tutti per vivere meglio anche le peggiori avversità che la vita riserva.

Un libro e 3 frasi sul Kintsugi

Ci sono autori che hanno scritto dell’antica arte giapponese ricollegandola a significati metafisici e filosofici. Tra questi la restauratrice e artista Chiara Lorenzetti ha pubblicato il volume intitolato Kintsugi, l’arte di riparare con l’oro, un manuale sull’uso del kintsugi e le metafore applicabili nella vita di tutti i giorni.

Non permettere alle tue ferite di trasformarti in qualcuno che non sei.

Paulo Coelho

Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.

Kahlil Gibran

Non c’è niente di più bello di una persona che rinasce. Quando si rialza dopo una caduta, dopo una tempesta e ritorna più forte e bella di prima. Con qualche cicatrice nel cuore sotto la pelle, ma con la voglia di stravolgere il mondo anche solo con un sorriso.

Anna Magnani
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Mud Running: cos’è, chi lo pratica, quali sono i benefici https://cultura.biografieonline.it/mud-running/ https://cultura.biografieonline.it/mud-running/#respond Sun, 13 May 2018 19:54:41 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=24740 Il termine inglese “mud running” significa letteralmente “corsa nel fango” e si riferisce ad una disciplina sportiva che sta esplodendo negli ultimi tempi in America e, da poco, si sta affacciando anche in Italia. I benefici fisici e psicologici di questa pratica sono numerosi. Il percorso nel fango, inframmezzato da vari ostacoli – perlopiù artificiali, è anche un ottimo allenamento mentale, perché richiede rapidità di pensiero, capacità di apprendimento e determinazione. Il mud running rappresenta un ottimo diversivo per chi, praticando abitualmente la corsa, vuole ogni tanto movimentare il percorso e mettersi alla prova fisicamente.

corsa ostacoli fango mud run
Il mud running prevede il superamento di ostacoli artificiali

Mud running: in cosa consiste

La disciplina sportiva del “mud running” prevede la corsa su sentieri e rocce, anche innevati, passando per prati, boschi, paludi e ruscelli, seguendo un percorso fangoso lungo il quale si devono superare muretti, buche, dislivelli, pali e altri ostacoli. Lungo il tracciato i partecipanti incontrano dislivelli e vari “imprevisti” da superare.

Per questo motivo sono costretti ad arrampicarsi, camminare a quattro zampe, muoversi nel fango trascinando oggetti. Affrontare questa tipologia di percorsi potenzia i muscoli delle gambe, delle braccia e gli addominali; inoltre, aiuta a bruciare i grassi e a migliorare la coordinazione delle catene muscolari. Nonostante si corra veloce, bisogna cercare di inspirare ed espirare lentamente. In questo modo le cellule cerebrali e quelle di tutto il corpo ricevono un maggior apporto di ossigeno. Ciò aumenta il ritmo della corsa e la resistenza alla fatica. In più, favorisce la coordinazione di busto, gambe e braccia.

mud running
mud running

Questo particolare tipo di corsa, nato nel 1987, ha raggiunto l’Italia circa 25 anni dopo. La gara più famosa e ricca di partecipanti è la “Warrior Dash” (conta circa 2 milioni di atleti); mentre una tappa della “Thoug Mudder” in Europa ha totalizzato sui 35 mila partecipanti.

Mud running: dove si pratica

Per provare, basta andare a correre nei prati con gli amici dopo una giornata di pioggia. La disciplina vera e propria, invece, andrebbe praticata nei campi di allenamento strutturati, dove si svolgono anche le gare. Per informazioni sull’argomento: mudrun.it; italyontrail.com; mudandsnow.com.

In genere, iscriversi e partecipare ad una manifestazione costa 10 euro. Il sito mudrun.it è sicuramente un punto di riferimento per chi si avvicina a questa disciplina e ha poca esperienza; lo staff offre consigli su come praticare, dove praticare, e come fare per partecipare ai campionati italiani o a quelli europei.

Chi può praticarlo

Prima di praticare il Mud running è preferibile concordare con un medico sportivo un check-up che comprenda esami del sangue, controllo della pressione arteriosa, elettrocardiogramma sotto sforzo e spirometria per monitorare il respiro. Il mud running è vietato agli asmatici, ai cardiopatici, a coloro che soffrono di infiammazioni osteoarticolari, problemi alla colonna vertebrale (ernia del disco), lesioni al ginocchio (menisco) e alle caviglie.

Cosa indossare

Per praticare il mud running sono ideali i leggins o i pantaloncini e una t-shirt in tessuto sintetico, aderente, che favoriscano i movimenti e non si impigliano negli ostacoli. Vanno invece evitati i capi in cotone perché, una volta bagnati, trattengono l’acqua e diventano pesanti. Sì a scarpe impermeabili e ben ammortizzate, per avere maggiore equilibrio e stabilità. E’ consigliabile acquistare capi di abbigliamento “tecnici” se si ha intenzione di allenarsi quotidianamente in questo sport oppure partecipare a delle gare: ci sono alcuni siti e-commerce specializzati con prezzi assai vantaggiosi.

 

mud run ostacoli
Per praticare il mud running serve sia forza che resistenza. Chi partecipa a una mud run lo fa però anche per divertirsi.

Mud running: come si svolge

Allenamenti e gare si svolgono in genere in percorsi di 5-12 chilometri: per farcela bisogna puntare sulla forza fisica, sulla motivazione, sull’ingegno, ma soprattutto sulla capacità di andare oltre i propri limiti, accettando di vivere le difficoltà come una sfida. Praticare la corsa nel fango significa imparare ad essere più forti del problema e a “scomporre” l’ansia attraverso la pratica dei micro-obiettivi.

Per esempio, è necessario calcolare la distanza e la velocità, studiare il tipo di ostacolo, valutare le difficoltà dei percorsi impervi. Ma anche sintonizzare il proprio ritmo in base ai chilometri da percorrere e al tempo che si ha a disposizione. Raggiungere un obiettivo dopo un altro aiuta a concentrarsi sull’esperienza presente e a dire: “devo farcela, qui ed ora, senza se e senza ma”. Un esercizio, questo, che favorisce la resilienza.

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