razzismo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 25 Jan 2023 22:31:47 +0000 it-IT hourly 1 Little Rock Nine: riassunto e spiegazione https://cultura.biografieonline.it/little-rock-nine/ https://cultura.biografieonline.it/little-rock-nine/#respond Wed, 25 Jan 2023 21:11:39 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14822 L’evento dei Little Rock Nine (i nove di Little Rock) rappresenta un evento importante nella storia della segregazione razziale negli Stati Uniti d’America. Lo raccontiamo e lo riassumiamo in questo articolo.

I nove di Little Rock (Little Rock Nine)

Era il 1957, quando a Little Rock, città dell’Arkansas, nel sud degli Stati Uniti, nove ragazzi di colore venivano ammessi per la prima volta in una scuola per bianchi.

L’evento creò non pochi problemi di ordine pubblico.

L’episodio sconvolse la vita degli americani, prima di allora abituati alla rigida separazione delle due razze etniche.

Se hai visto il film Forrest Gump, l’episodio è citato in una scena.

Little Rock Nine - 1957
Little Rock Nine

I precedenti

Dallo schiavismo del Seicento fino alla Seconda Guerra Mondiale, non era poi cambiata molto la situazione dei neri americani.

Costretti prima ad una vita di stenti e sacrifici lavorando duramente nelle grandi piantagioni, la loro condizione migliorò appena con l’abolizione ufficiale della schiavitù nel 1865. Essa venne sancita il 18 dicembre nel XIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.

Nonostante ciò, tutti gli stati del sud emanarono pian piano provvedimenti che limitavano i diritti dei neri, per motivi essenzialmente economici.

Dal 1876 al 1965 furono emanate leggi che sancirono la segregazione razziale della società.

Furono chiamate Leggi Jim Crow, dal nome caricaturale con il quale venivano etichettati i giovani lavoratori neri.

Da quel momento in poi ci fu una vera e propria separazione tra i neri e i bianchi nella società americana: esistevano bar e tavole calde per bianchi e per neri, scuole, ospedali, perfino mezzi pubblici separati.

Molte furono le stragi di afroamericani, uccisi solo perché protestavano per ottenere l’uguaglianza dei diritti.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale qualcosa iniziò a cambiare: i movimenti riuscirono ad ottenere i primi concreti risultati.

Bisogna aspettare gli anni ’60 e soprattutto l’operato del presidente John Fitzgerald Kennedy insieme con quello di Martin Luther King , pastore e attivista non violento, per vedere i primi risultati di una politica realmente egualitaria.

Little Rock Nine: l’episodio e la storia

I fatti dei Little Rock Nine sono simbolici perché testimoniano quanto erano tesi negli anni ’50 i rapporti tra bianchi e neri.

Nel 1954 si decise di porre fine alla segregazione razziale nelle scuole americane.

Il 4 settembre del 1957 iniziò l’anno scolastico a Little Rock, nell’Arkansas, e nove ragazzi neri vennero selezionati, per merito, per frequentare la scuola superiore cittadina.

A causa delle proteste scoppiate tra gli studenti bianchi, l’Arkansas National Guard impedì l’accesso alle aule ai nove studenti di colore.

Il caso venne subito denunciato al presidente di allora Eisenhower, che in tutta risposta commissariò l’Arkansas National Guard e inviò le truppe federali per scortare gli studenti a lezione.

Little Rock Nine - militari
Little Rock 9: i militari scortano gli studenti

Nonostante la presenza dell’esercito, i nove ragazzi non ebbero vita facile a scuola: venivano continuamente perseguitati dagli altri ragazzi, perfino sotto gli occhi dei professori.

I ragazzi bianchi non venivano neanche puniti a dovere ma soltanto nei casi eclatanti di ingiustizia, e solo quando questi erano testimoniati da un adulto.

La situazione divenne così critica che il governatore decise di prendere duri provvedimenti.

Venne indetto un referendum per l’interruzione dell’anno scolastico e grande fu la campagna del governatore contro l’educazione unitaria di bianchi e neri.

Si decise a maggioranza per l’interruzione dell’anno scolastico, altrimenti conosciuto come Lost Year.

I nove e le loro famiglie continuarono ad essere perseguitati perché ritenuti colpevoli dagli altri genitori per la perdita dell’anno scolastico dei loro figli. Così come tutta la comunità nera.

La situazione restò tale fino al 1959: allora la maggior parte dei membri segregazionisti della scuola furono sostituiti con altri moderati. I ragazzi di colore riuscirono finalmente a partecipare alle lezioni.

Little Rock oggi

La scuola, ancora in parte funzionante come high school, è diventata la sede di un Museo dedicato ai diritti civili per commemorare gli eventi del 1957.

Nel 1958 il poeta cubano Nicolas Guillén pubblicò una poesia intitolata Little Rock, sia in inglese che in spagnolo, incentrata sulla tematica della segregazione razziale.

Little Rock Nine - Hazel Bryan - Elizabeth Eckford
Little Rock Nine: Hazel Bryan ed Elizabeth Eckford

L’evento di Little Rock scosse enormemente le coscienze. Tant’è che ancora oggi si tengono commemorazioni annuali sul posto.

Al famoso talk show televisivo di Oprah Winfrey, negli anni 2000, sono state ospiti due ragazze protagoniste della vicenda: Hazel Bryan ed Elizabeth Eckford. La prima fu la ragazza bianca che aggredì verbalmente la seconda, una dei nove, immortalate in una fotografia che fece il giro del mondo.

Le due si sono parlate e confrontate e Hazel ha avuto modo di scusarsi per il suo comportamento.

Nel 2007 l’evento è stato raffigurato anche su un dollaro come illustrazione commemorativa.

Nel 2008 i Little Rock Nine sono stati invitati alla cerimonia dell’inaugurazione del mandato del Presidente Obama, il primo afro-americano diventato Presidente degli Stati Uniti.

Molto è stato fatto, molto è cambiato a seguito di questo grave episodio.

la strada per una vera uguaglianza dei diritti è ancora lunga.

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I have a dream, il discorso di Martin Luther King https://cultura.biografieonline.it/i-have-a-dream-discorso-italiano/ https://cultura.biografieonline.it/i-have-a-dream-discorso-italiano/#comments Wed, 16 Mar 2022 19:46:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23186 Quello che segue è il testo completo – tradotto in italiano – del celebre discorso “I have a dream” (Io ho un sogno), di Martin Luther King. Il discorso venne tenuto a Washington il 28 agosto 1963. Il contesto fu quello di una marcia di protesta per i diritti civili. A conclusione della manifestazione, davanti al Lincoln Memorial, MLK espresse questo discorso, che è ricordato come uno dei discorsi più famosi di sempre.

Martin Luther King - I have a dream - Io ho un sogno
Martin Luther King

In esso si parla di speranza.

In particolare della speranza di ottenere e godere degli stessi diritti tra bianchi e neri.

Di fatto il discorso stesso – che contiene alcune delle più celebri frasi di Martin Luther King – è un simbolo storico della lotta contro il razzismo negli Stati Uniti.

In un altro articolo abbiamo pubblicato il testo del discorso in lingua originale.

I have a dream (io ho un sogno), il discorso di Martin Luther King

Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività.

Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo, il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.

La metafora dell’assegno

Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un “pagherò” del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo “pagherò” permetteva che tutti gli uomini, sì, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.

È ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo “pagherò” per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l’America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: “fondi insufficienti”.

Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia.

Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio.

Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.

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Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo.

La ricerca dei diritti con una rivoluzione pacifica

Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.

Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.

Foto di Martin Luther King
Foto di Martin Luther King

Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.

L’obiettivo

E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: “Quando vi riterrete soddisfatti?”

Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.

Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono: “Riservato ai bianchi”. Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.

Sofferenti creativi

Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.

Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.

Il sogno

E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.

Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.

Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.

Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Io ho un sogno, oggi!

Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

Martin Luther King - I have a dream - discorso
28 agosto 1963: Martin Luther King Jr. davanti alla folla, dai gradini del Lincoln Memorial dove ha pronunciato il suo famoso discorso.

La fede e la libertà

Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.

Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.

Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.

Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.

Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.

Ma non soltanto.

Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.

Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.

Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.

E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: “Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente”.

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Bollino rosso a tre film di animazione Disney: ecco quali e perché https://cultura.biografieonline.it/bollino-rosso-per-tre-film-disney/ https://cultura.biografieonline.it/bollino-rosso-per-tre-film-disney/#respond Tue, 26 Jan 2021 14:18:58 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=32304 Finiscono nel mirino della censura tre famosi film per bambini prodotti dalla Walt Disney: “Le avventure di Peter Pan”, “Dumbo” e “Gli Aristogatti”, che d’ora in poi saranno vietati ai minori di sette anni. In queste pellicole sono stati riscontrati messaggi e stereotipi di natura razzista e quindi dannosi per i minori.

Una nota nel disclaimer dei film

Nello specifico, tali film, cancellati dalla sezione dedicata ai più piccoli, sono visionabili da un pubblico adulto, ma con una nota introduttiva che dichiara: “tali programmi includono rappresentazioni negative e/o denigrano popolazione e culture” e quindi “piuttosto che rimuovere questi contenuti, vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, imparare da esso e stimolare il dibattito per creare insieme un futuro più inclusivo“.

La dicitura appare prima dei titoli di testa in ognuna delle tre pellicole “incriminate”.

I motivi della censura nei tre film

In particolare, nel film “Dumbo” vengono contestati i versi di un brano che sembrano irrispettosi verso gli schiavi che un tempo lavoravano nei campi. Nella pellicola degli Aristogatti, invece, questi avrebbero offeso il popolo asiatico attraverso il personaggio “caricatura” Shun Gon, che sembra “fare il verso” agli asiatici con denti sporgenti, occhi a mandorla e bacchette sempre fra le mani.

A Peter Pan, infine, che chiama i membri della propria tribù “pellerossa” viene contestato tale appellativo, considerato offensivo nei confronti dei nativi americani.

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Green Book, recensione del film e riassunto https://cultura.biografieonline.it/green-book-film-recensione/ https://cultura.biografieonline.it/green-book-film-recensione/#respond Mon, 25 Mar 2019 07:44:04 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26135 Diretto dallo statunitense Peter Farrelly, Green Book è un film del 2018 che ha come protagonisti un buttafuori italoamericano – Tony Lip – e un pianista afroamericano nell’America negli anni sessanta. A interpretare i personaggi principali sono Viggo Mortensen e Mahershala Ali.

Green Book: una scena del film
Green Book: una scena del film

La storia è ispirata alla storia vera dell’amicizia tra Tony Lip (pseudonimo di Frank Anthony Vallelonga) e il musicista Don Shirley. Tony è il padre di uno degli sceneggiatori del film, Nick Vallelonga.

Premi Oscar

Nella notte degli Oscar 2019 il film si è aggiudicato ben tre premi Oscar:

  • miglior film;
  • migliore attore non protagonista
  • migliore sceneggiatura originale
Green Book Poster e Locandina del film
Green Book: la locandina del film

Green Book: trama del film e breve riassunto

Siamo nel 1962 e l’America vive ancora le sue contraddizioni razziali. Tony Vallelonga, detto Tony Lip, lavora in un locale frequentato anche dalla mafia newyorchese e si fa rispettare a suon di pugni. Dalla sua parte ha una furbizia che lo rende simpatico a tutti.

Tony non vuole affiliarsi ai delinquenti e quando il locale chiude per due mesi, deve per forza cercare un altro lavoro. A questo punto appare Donald Shirley, un pianista di grande talento che cerca un autista un po’ guardia del corpo, perché dovrà affrontare una tournée negli Stati del Sud, dove l’intolleranza nei confronti delle persone di colore è ancora molto radicata.

Trailer

YouTube Video

Commento al film

Il viaggio della coppia di protagonisti assume diverse sfumature, passando dalla commedia al tragico incontro con un’intolleranza cieca e violenta.

“Green book” ricorda altri film in cui l’amicizia supera diverse barrire sociali ed economiche – ricordate Quasi amici ? – ma in realtà questo film non ha nulla che si possa paragonare con altre opere.

E’ un film originale per i dialoghi, gli attori ed anche per la trama che cambia costantemente, senza lasciare mai spazio alla banalità. Un buon intreccio per una storia vera raccontata dal figlio di Vallelonga che è anche sceneggiatore del film.

I premi forse sono stati troppi, almeno per quanto riguarda gli Oscar: il premio al miglior attore non protagonista e al miglior film li ho trovati un po’ esagerati, ma d’altra parte il tema del razzismo è di attualità.

Il mondo è pieno di gente sola che ha paura a fare il primo passo.

Tony Lip – Frasi del film Green Book

Un film furbo ma felice

Tuttavia “Green book” non è solo un film politically correct e anche incorrect, ma è un’opera apparentemente furba che alla fine si mostra intelligente e azzeccata. L’ironia, a tratti grossolana, lascia spazio a domande su come la conoscenza reciproca possa portare alla tolleranza e ad un atteggiamento più aperto verso ciò che non si conosce.

E’ da Oscar invece l’interpretazione di Viggo Mortensen: intelligente, ben simulato nel ruolo, riesce a mostrare tolleranza e diffidenza, rancore e perdono, nel complicato contesto delle lotte razziali.

Voto: 8/10

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Nessuno al mio fianco, riassunto del romanzo di Nadine Gordimer https://cultura.biografieonline.it/nessuno-al-mio-fianco/ https://cultura.biografieonline.it/nessuno-al-mio-fianco/#comments Fri, 07 Oct 2016 08:51:18 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20110 Tra i romanzi più rappresentativi della scrittrice sudafricana, autrice di romanzi e saggi, Nadine Gordimer troviamo il romanzo dal titolo: “Nessuno al mio fianco“, del 1994. Nadine Gordimer, autrice sudafricana, ha ricevuto il premio Nobel per la Letteratura nel 1991. Il libro Nessuno al mio fianco è ambientato nel suo paese natale, il Sudafrica. Temporalmente la storia si svolge poco prima delle elezioni che hanno portato l’avvento al potere Nelson Mandela. Mandela è uno degli uomini che hanno cambiato il volto storico e politico del mondo oltre che quello sudafricano.

Nessuno al mio fianco - Libro - Riassunto - Nadine Gordimer
Copertina del libro “Nessuno al mio fianco” (1994), di Nadine Gordimer

La scrittrice descrive in modo minuzioso le vicende dei principali protagonisti. Essi devono fare i conti con la realtà sociale e politica del paese, che ormai era stato messo internamente allo stremo dalla politica di segregazione razziale, chiamata apartheid.

Il romanzo narra le vicende contrapposte dei protagonisti, in particolare due coppie di amici, che trascorrono la loro vita in un Sudafrica inquieto, dalle odiose catene dell’apartheid ovvero la politica estremistica di discriminazione razziale perpetrata dalla minoranza bianca nella Repubblica Sudafricana e attuata con ogni mezzo, anche violento, ai danni della libertà e dei diritti civili degli indigeni neri.

Nessuno al mio fianco: riassunto del libro

Nel romanzo “Nessuno al mio fianco“, da un lato troviamo Vera e Bennet, una coppia di bianchi e, dall’altra, viene narrata la vita di una coppia di neri, i Maqoma: Sibongile e Didymus, militanti tornati in patria dopo anni di esilio.

Bennet, il marito di Vera, si trova a rinunciare alle sue passioni artistiche per venire in aiuto della famiglia. Mentre sua moglie, l’avvocato Vera Stark, che è responsabile di un centro di consulenza legale, si trova, da una parte, schiacciata nel dover affrontare cause problematiche legate al possesso e allo sfruttamento della sua terra. Dall’altra, invece, è consumata dalle sue passioni amorose che le sfuggono molto spesso di mano. Esse le fanno perdere di vista gli obiettivi più importanti nella sua vita.

None to Accompany Me - Nessuno al mio fianco - Libro - Book - Nadine Gordimer
Una copertina del libro in lingua originale: il titolo è “None to Accompany Me”.

Si narra di tutta la sua vita come donna, mamma, moglie e perfino amante. In realtà, il personaggio chiave del romanzo è senza dubbio quello di Vera. La donna non vuole nessuno al suo fianco. Nadine Gordimer la dipinge come una donna indipendente, libera, che vive la sessualità in maniera aperta. Ella pare vivere solo ed esclusivamente per il suo impegno sociale e politico.

Vera Stark

Vera Stark è senza alcun dubbio simbolo di una irrimediabile solitudine. Soprattutto in ambito privato. La donna, infatti, si era sposata da giovane con un soldato. Il matrimonio era però miseramente fallito. Ora si trova ad essere nuovamente sposata e unita ad un uomo che per lei sacrifica anche le sue ambizioni artistiche.

Vera vive distante dai suoi figli, diventa ben presto amante di un collega e infine amica e complice di un leader politico di colore. A causa della differenza del colore della sua pelle e del suo modo di approcciarsi con il sociale e le sue parità di diritti, viene pian piano sempre più respinta ed emarginata da una terra che fino a quel momento era stata dominata solo dai bianchi.

Diversa è la storia della coppia di amici Sibongile e Didymus Maqoma, coppia di neri, che sono tornati in patria dopo la fine del regime razzista, grazie alla liberazione di Nelson Mandela. Ma anche gli amici di Vera sono schiacciati dagli eventi che li travolgono irrimediabilmente.

Lui, Didymus, viene infatti messo in disparte dal movimento rivoluzionario del nuovo Sudafrica che punta alla rinascita, poiché era un ex-terrorista. Lei, invece, viene scelta, a sorpresa, per entrare a far parte dei rappresentanti politici di un Paese che al momento si trova in ginocchio e che si sta pazientemente rimboccando le maniche per risorgere. In realtà, si rende conto di non essere del tutto all’altezza della posizione.

Da una parte, viene descritta la quotidianità del marito Didymus, che non riesce a rassegnarsi dopo decenni vissuti in prima linea, alla marginalità politica. Dall’altra parte, c’è l’ansia nervosa della moglie Sibongile, incapace di gestire il suo nuovo ruolo istituzionale. Inoltre si sente inadatta nel suo ruolo di madre della giovanissima Mpho, che paga lo scotto per tutti.

E quello chi era? C’è sempre qualcuno che nessuno ricorda. Nelle fotografie di gruppo soltanto quelli che sono diventati celebri, nel bene o nel male, o le facce che possono essere ricordate attraverso comuni esperienze, occupano lo spazio e il tempo appiattiti sulla lucida carta. Chi poteva essere?
(INCIPIT)

Temi trattati

La scrittrice Nadine Gordimer, nel romanzo “Nessuno al mio fianco“, narra delle paure, delle delusioni e dei patimenti che vivono i suoi personaggi. Tutti i protagonisti della vicenda sono uniti negli ideali. Ma sono irrimediabilmente divisi dal colore della pelle e da tutto ciò che succede attorno.

Non c’è spazio per la famiglia, per l’amore, per la vita quotidiana, ma solo per la politica, stranamente annessa al mondo sessuale. Tutti loro, nel romanzo, si trovano in ogni modo a dover fari i conti con la storia. Nessuno di loro, infatti, riesce a rimanere indenne a tutti gli sconvolgimenti politici che sta vivendo il Sudafrica. Si tratta di uno dei momenti cruciali di storia contemporanea, non solo per il Sudafrica stesso.

Commento all’opera

Si tratta di un romanzo di facile lettura, che fa riflettere il lettore su importanti tematiche. Grazie al ritmo sofferto, il racconto ci porta a condividere tutto quello che sta accadendo. In questo romanzo, la stessa scrittrice afferma il suo pensiero politico schierandosi a favore dei neri, del loro diritto all’autodeterminazione e in favore di condizioni di vita più dignitose.

Nadine Gordimer
Nadine Gordimer nacque il 20 novembre 1923 a Johannesburg. Morì nella sua città il 13 luglio 2014.

Nadine Gordimer adotta un linguaggio contorto. I dialoghi tra i personaggi risultano essere spesso complicati.

Nel romanzo troviamo  degli episodi definiti sanguinosi ma la drammaticità non viene del tutto percepita dal lettore poiché la storia viene raccontata attraverso la prospettiva dei protagonisti che si limitano solo al racconto dei fatti tralasciando i toni drammatici.

Il romanzo ha avuto un notevole successo, sia in termini di pubblico che di critica.
Nadine Gordimer, toccando tematiche forti ed importanti, grazie a “Nessuno al mio fianco” è stata vincitrice di molti Premi Letterari.

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Il ghetto di Varsavia https://cultura.biografieonline.it/il-ghetto-di-varsavia/ https://cultura.biografieonline.it/il-ghetto-di-varsavia/#comments Wed, 18 Jul 2012 00:03:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2947 Il ghetto di Varsavia divenne un luogo di reclusione per gli ebrei della capitale e della provincia. Nel 1940 i nazisti scelsero  il ghetto come luogo di deportazione degli ebrei trasformandolo in uno dei più terribili capitoli della soluzione finale della questione ebraica. Esisteva già un ghetto nella città dove risiedevano prevalentemente ebrei e che era collocato, senza mura divisorie, nella parte vecchia di Varsavia. Era naturalmente un luogo libero e ben collegato con gli altri quartieri.

Perché i nazisti lo trasformarono in una prigione?

Il ghetto di Varsavia
Il ghetto di Varsavia: un gruppo di persone costrette a uscire dal proprio nascondiglio

I nazisti, dopo l’invasione della Polonia, diedero inizio alla soluzione finale che consisteva nella deportazione di tutti gli ebrei d’Europa in un luogo collocato ad est in cui sarebbero stati costretti ai lavori forzati e sterminati con le fucilazioni, attraverso la somministrazione di gas letali, a causa degli stenti e delle fatiche inflitte dal lavoro, dalla mancanza di cibo e cure adeguate.

Il ghetto fu, insieme ai campi di concentramento, uno dei luoghi di transito in cui rinchiudere coloro che erano considerati diversi dalla razza ariana. Il concetto di diverso e cioè estraneo ad una determinata comunità ha raggiunto il massimo del suo orrore con la dittatura nazista che ha reso questo atto di razzismo un aspetto essenziale della sua strategia di prevaricazione e morte.

Inoltre il popolo ebraico rinchiuso in luoghi di carcerazione e sterminio è diventato il capro espiatorio di tutte le umiliazioni, sofferenze e ingiustizie che una parte del popolo tedesco riteneva di aver patito. L’abilità di Hitler ha consistito proprio in questo: trovare una comunità di persone su cui scaricare la rabbia e la violenza di una parte del suo popolo per catalizzarne tutta l’attenzione e la fedeltà.

Come è cominciato l’orrore?

La Polonia fu invasa il giorno 1 settembre 1939 con un’ incursione lampo realizzata dall’esercito tedesco che dimostrò a tutto il mondo la sua efficacia e la sua capacità distruttiva. L’esercito polacco non poté fare granché e in breve tempo fu sopraffatto. Già l’8 settembre la quarta divisione corazzata lambiva Varsavia.

L’Europa guardò senza intervenire benché Francia e Inghilterra avessero dichiarato guerra alla Germania il 3 settembre dello stesso anno. A causa del Patto Molotov – Ribentrop, stipulato il 23 agosto 1939 e che prevedeva anche la spartizione della Polonia fra Germania e Russia, l’Armata Rossa invase il Paese dalla parte orientale del confine il 17 settembre 1939,  mettendo fine a qualsiasi speranza di salvezza per il popolo polacco.La Poloniasi arrese il 6 ottobre 1939.

A questo punto le SS avevano campo libero per iniziare la deportazione dei cittadini polacchi di origine ebraica all’interno dei ghetti delle città. Reinhard Heydrich, capo della polizia segreta, iniziò a dare corpo al progetto di deportazione degli ebrei che culminò il 20 gennaio 1942 con la conferenza di Wannsee, durante la quale si diede avvio alla fase finale dell’organizzazione programmatica delle deportazioni degli ebrei d’Europa.

Heydrich organizzò le deportazioni operando nell’area sud orientale del Paese dove venne costituito un governatorato che doveva rappresentare una sorta di bacino territoriale in cui trasferire la maggior parte degli ebrei  affinché fossero da lì smistati in altre aree.

Dopo la conquista della Polonia le autorità tedesche decisero che il ghetto di Varsavia sarebbe stato un luogo di quarantena in cui trasferire circa 500.000 ebrei. La giustificazione ufficiale fu la decisione di evitare epidemie che però coinvolgeva solo gli ebrei e non i polacchi. Il ghetto era grande come il quartiere di una capitale circa 4 chilometri quadrati per 2 e non poteva certo contenere una quantità tanto elevata di persone senza che vi fossero conseguenze per la salute della popolazione costretta a risiedervi.

Un gruppo di bambini nel ghetto di Varsavia
Un gruppo di bambini nel ghetto di Varsavia

Nell’agosto del 1940 l’oppressione tedesca sul ghetto aumentò di intensità:  furono chiusi gli accessi e i residenti potevano uscire solo con permessi di lavoro che dovevano svolgere senza diritti né compensi. Inoltre le comunicazioni esterne furono completamente impedite tanto che iniziò un intenso e pericoloso mercato nero e quando la popolazione residente veniva vista avvicinarsi troppo al muro di cinta o alle uscite veniva uccisa dai soldati senza alcuna pietà per uomini, donne e bambini.

Nelle settimane successive la vita peggiorò rapidamente. Il cibo cominciò a scarseggiare perché le reazioni gestite dai tedeschi erano troppo limitate per poter alimentare una persona. L’amministrazione del ghetto era nelle mani di un consiglio di ebrei fiancheggiatori dei tedeschi che abusavano a volte del loro potere creando situazioni di corruzione e di abusi. All’inizio del 1941 la gente cominciò a morire di fame. Furono sgomberati dei palazzi e la popolazione venne ammassata in luoghi sempre più concentrati. Scoppiarono delle epidemie e molti si ammalarono.

Iniziò la deportazione nei campi di concentramento mentre la mortalità per stenti, fame e malattie salì a 2.000 persone al mese. Nel 1943 quando oramai il ghetto aveva circa 70.000 residenti, scoppiò una rivolta contro i tedeschi. Alcuni operai mentre venivano condotti in un luogo di lavoro esterno al ghetto, estrassero alcune armi e uccisero una parte della loro scorta. La rivolta scoppiò il 18 gennaio 1943, durò alcuni mesi e vide coinvolto tutto il ghetto che a questo punto fu gestito e protetto dai ribelli.

Ghetto di Varsavia: la rivolta del 19 aprile 1943
Ghetto di Varsavia: la rivolta del 19 aprile 1943

La rivolta del ghetto di Varsavia

L’insurrezione principale, ricordata come rivolta del ghetto di Varsavia, iniziò il 19 aprile 1943 e durò fino al 16 maggio: l’esercito comandato dalle SS entrò nel ghetto e iniziò una battaglia senza quartiere contro gli ebrei che però risposero con forza ingaggiando una guerriglia contro le truppe tedesche. Alla metà di maggio le truppe riuscirono a distruggere la maggior parte dei palazzi, cantine e caseggiati uccidendo 56.000 persone e annientando i ribelli che si batterono con dignità e coraggio fino all’ultimo.  Alla fine di maggio il ghetto non esisteva più e la sua popolazione era stata uccisa, fatta morire o deportata.

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L’apartheid e Nelson Mandela https://cultura.biografieonline.it/apartheid-e-nelson-mandela/ https://cultura.biografieonline.it/apartheid-e-nelson-mandela/#comments Thu, 03 May 2012 14:15:56 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1777 Nella lingua africana la parola “apartheid” ha il significato letterale di “separazione”, per indicare appunto la divisione creata tra la razza bianca e quella nera.

Apartheid

L’ideologia che ha fondato il sistema dell’apartheid è stata introdotta dai primi ministri Daniel Francois Malan, Johannes Gerhrdus Strjdom ed Hendrik Francsh Verwoerd. Tale politica di discriminazione razziale, che si diffuse in Sudafrica a partire dal 1948, venne racchiusa in apposite leggi, denominate “leggi dell’apartheid”, nelle quali si stabiliva una netta distinzione della popolazione in tre gruppi razziali principali: bianco, nero africano e “coloured”, cioè appartenente ad una razza mista.

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Un’ulteriore distinzione venne introdotta dopo: quella tra indiani e pakistani. Queste leggi regolavano e condizionavano i comportamenti quotidiani di ogni individuo a seconda della categoria cui apparteneva. Le relazioni interrazziali non erano affatto favorite, anzi: esistevano luoghi da frequentare separatamente, zone dei mezzi pubblici riservate solo ai bianchi, spiagge a cui i neri non potevano accedere.

Le leggi dell’apartheid discriminavano l’accesso al lavoro in base all’appartenenza razziale, vietavano i matrimoni tra persone di razze diverse, istituivano veri e propri “ghetti” (chiamati bautustan) in cui veniva relegata la popolazione nera, che in questo modo era sottoposta ad un forte controllo da parte del Governo.

Chiunque si opponeva al sistema dell’apartheid così strutturato incappava in conseguenze penali. I neri venivano deportati con la forza nelle cosiddette “homeland del sud”, costretti a lasciare le loro case e gli affetti, senza godere di alcun tipo di diritto.

Nel 1912 fu fondato l’African National Congress (ANC) da un’organizzazione di neri, per contrastare l’apartheid. Il governo rispose violentemente con la repressione, sopprimendo le organizzazioni che lottavano per eliminare le differenze razziali, ma dovette cedere quando il Sudafrica venne isolato e condannato a livello internazionale proprio a causa dell’apartheid.

Le cose cominciarono a cambiare dagli anni Settanta, quando il governo permise alle rappresentanze sindacali dei neri di entrare in politica. Le Nazioni Unite intervennero a condannare apertamente la politica razziale dell’apartheid nel 1961.

Le pressioni internazionali per fermare l’apartheid giunsero anche da altri settori, come quello sportivo: il Sudafrica venne escluso dalle Olimpiadi nel 1980, e qualche anno prima, nel 1976, l’Africa boicottò le Olimpiadi in segno di protesta.

Nel 1984 fu promulgata una Costituzione che attribuì la rappresentanza parlamentare solo ai bianchi e ai “coloured”, mentre ai neri non fu estesa tale possibilità. Nel 1990 fu eliminata la condanna nei riguardi dell’African National Congress, ed il presidente Frederick de Klerk liberò Nelson Mandela, il fautore della lotta contro l’apartheid.

Nel 1993, proprio grazie all’intervento di Mandela, il Sudafrica gettò le prime basi per la democrazia. Nel 1994 Nelson Mandela fu eletto presidente del governo, che comprendeva al suo interno anche il Partito Nazionale. Mandela è il primo presidente nero in tutta la storia del continente sudafricano.

Nelson Mandela
Nelson Mandela

Nel 1994 per la prima volta tutte le razze ebbero uguale diritto di voto. Militante del movimento anti-apartheid, Nelson Mandela è nato a Mvezo il 18 luglio 1918. La sua attività a favore del riconoscimento dei diritti dei neri lo ha reso un eroe, un paladino della libertà.

Proprio a causa della sua lotta contro ogni forma di discriminazione razziale il politico sudafricano viene arrestato e accusato di tradimento. Il 12 giugno 1964 viene condannato all’ergastolo. Anche durante la prigionia, Mandela seguì sempre con grande interesse ed entusiasmo l’attività del movimento che intanto raccoglieva grandi consensi. Lo slogan “Nelson Mandela libero” era inneggiato in tutto il mondo: le campagne anti-apartheid erano ormai presenti dappertutto.

Nelson Mandela restò in carcere fino al 1990, dopo ventisette anni di prigionia, fu rilasciato il giorno 11 febbraio per ordine del presidente sudafricano F.W. de Klerk. Ottenuta la carica di Presidente del governo sudafricano, nel 1994, Mandela affidò la vicepresidenza proprio a de Klerk.

Nel 1999 Mandela lasciò il mandato, pur continuando sempre la sua battaglia a favore dei diritti sociali ed umani. A Nelson Mandela è stato consegnato il Nobel per la pace nel 1993. Nel 2008, in occasione del novantesimo compleanno di Mandela, si è svolto un grande concerto all’Hyde Park di Londra: erano presenti circa cinquecentomila persone.

La casa in cui il presidente sudafricano visse a Soweto è ora sede di un museo interamente dedicato a lui. Il 27 aprile si celebra l’anniversario delle elezioni a suffragio universale che hanno portato al governo l’African National Congress (ANC) in Sudafrica, ed è appunto considerato il giorno della Festa della Libertà.

La vita di Nelson Mandela è un modello di forza ed eroico coraggio: per questo viene considerato un emblema per le generazioni di tutti i tempi. Monumenti e riconoscimenti gli sono stati attribuiti in tutte le parti del mondo.

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