radio Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 08 May 2023 07:13:57 +0000 it-IT hourly 1 Storia della radio: come è nata la radio, le origini e la sua evoluzione https://cultura.biografieonline.it/radio-storia-origini-invenzione/ https://cultura.biografieonline.it/radio-storia-origini-invenzione/#comments Mon, 08 May 2023 07:13:55 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=32675 La radio è uno strumento che ha segnato una tappa importante nel campo della comunicazione. Ripercorrere le origini e la storia dell’invenzione della radio è utile per comprendere come si è sviluppata la tecnologia fino ai giorni nostri.

La scoperta della radio è stata preceduta, un po’ di tempo prima, da quella dell’esistenza delle onde elettromagnetiche. Queste, viaggiando nell’etere, possono essere captate attraverso l’utilizzo di strumenti adatti.

L’importanza delle radiazioni elettromagnetiche era stata acclarata dagli esponenti del mondo scientifico. Nonostante ciò nessuno ancora era riuscito a scorgere l’applicazione pratica di tale scoperta.

Marconi invenzione e storia della radio
Illustrazione con Guglielmo Marconi e la sua invenzione: la radio

L’invenzione della radio: Marconi e Popov

Fino a quando due fisici, l’italiano Guglielmo Marconi ed il russo Aleksandr Stepanovič Popov, assai lontani uno dall’altro, si dedicarono entrambi alla realizzazione e messa a punto di uno strumento analogo. Che fosse cioè in grado di inviare e ricevere segnali a distanza.

Il primo a costruire un ricevitore per captare le onde radio che circolano liberamente nell’aria è stato Popov, nell’arco di tempo compreso tra il 1895 e il 1896.

Il collega Marconi, in Italia, intanto, riusciva nell’intento di potenziare l’apparecchio costruito al punto di far passare i segnali da una parte all’altra di una vasta collina.

Purtroppo in Italia le capacità di Guglielmo Marconi (così come è successo ad altri studiosi e scienziati) furono sottovalutate. Egli fu costretto a proseguire e terminare la sua invenzione in un paese estero, in Inghilterra, a Londra.

Si racconta infatti che sua madre, Annie Jameson, che era cittadina britannica, scrisse all’Ambasciatore italiano a Londra chiedendo cosa potesse fare per aiutare Guglielmo. La risposta fu di partire immediatamente e di brevettare nel capoluogo britannico le invenzioni per le quali chiedere anche i necessari finanziamenti.

Aleksandr Popov

Storia della radio: il brevetto

La presentazione del brevetto del primo prototipo della radio avvenne il 5 marzo del 1896. Guglielmo Marconi anticipò Popov solo di qualche settimana. Vinse così la sfida nella realizzazione della radio: quella che è stata ritenuta l’invenzione del secolo. (La rivalità intellettuale ci ricorda anche quella tra Meucci e Bell per l’invenzione del telefono).

L’apparecchio costruito da Marconi, però, doveva essere ancora perfezionato: quando ciò avvenne, anche i più scettici si convinsero della sua efficienza ed utilità. Basti pensare che il segnale riuscì ad oltrepassare l’Oceano Atlantico, e questo decretò a tutti gli effetti la riuscita dell’invenzione marconiana.

Per l’invenzione della radio Guglielmo Marconi ottenne il Premio Nobel (per la Fisica) il 10 dicembre 1909. Il riconoscimento fu assegnato in condivisione con il fisico tedesco Karl Ferdinand Braun (a riconoscimento del loro contributo dato allo sviluppo della telegrafi a senza fili – in recognition of their contributions to the development of wireless telegraphy).

Guglielmo Marconi

L’inizio di una rivoluzione tecnologica

La sua invenzione aveva rivoluzionato il modo di comunicare. Grazie alla scoperta della radio più tardi ve ne furono altre ad essa collegate. La più importante è stata la nascita della televisione. Avvalendosi dello strumento radiofonico le persone, anche lontane tra loro, potevano inviare messaggi vocali e accorciare notevolmente la distanza fisica.

Utilizzando la radio in mare, ad esempio, fu possibile prestare soccorso alle navi in difficoltà ed evitare molte sciagure (ad esempio l’equipaggio del Titanic riuscì a comunicare di avere un problema a bordo e chiese aiuto attraverso la radio). L’operatore addetto alle comunicazioni sulle navi è chiamato radiotelegrafista (conoscitore del codice Morse) ma anche marconista.

Altra notevole applicazione pratica della radio avvenne in ambito militare: durante la prima guerra mondiale i soldati fecero largo uso dello strumento radiofonico per comunicare e per intercettare con più facilità i nemici.

Con il tempo la radio entrò nelle case delle persone e le trasmissioni radiofoniche diventarono una piacevole abitudine. Attraverso la radio era possibile ascoltare la musica, ma anche veicolare contenuti politici: proclami e discorsi al popolo passarono da tale strumento, soprattutto durante il regime fascista.

La radio italiana nel XX secolo

Il 27 agosto 1924 nacque l’Unione Radiofonica Italiana, con sede a Roma. Con un regio decreto, in data 1° maggio 1924, fu definito il contenuto delle filodiffusioni: teatro, notizie, conversazioni, concerti.

Fino al 1974 non era possibile, nel nostro Paese, aprire una stazione radio (la radiodiffusione era ad esclusivo appannaggio dello Stato). Poi, nel 1974, la Corte Costituzionale decretò la possibilità per i privati di trasmettere localmente via cavo. Si trattò di una sentenza di portata storica, che diede il via libera, in molte città italiane, all’apertura di radio private via etere.

Due anni dopo, nel 1976, una seconda sentenza della Corte Costituzionale liberalizzò la trasmissione via etere in ambito locale. In casa, con gli apparecchi radiofonici, era possibile ricevere sia la Modulazione di ampiezza (AM) che quella di frequenza (FM). Tutte la radio private riuscirono a sfruttare le enormi potenzialità dell’FM.

Il funzionamento della radio

L’apparecchio radiofonico funziona captando il c.d. “canale”, ossia il segnale radio che in quella zona possiede maggiore frequenza. Catturare questa frequenza equivale a ciò che, in gergo tecnico, si dice “sintonizzarsi”. Ci sono diverse tecniche che permettono di ottenere una perfetta ricezione del segnale (c.d. “modulazione”).

Il segnale deve essere prima modulato, poi passa dal ricevitore per essere codificato, e infine viene trasmesso sotto forma di suono.

E’ ormai passato molto tempo dall’invenzione di Guglielmo Marconi, e la tecnologia ha fatto passi da gigante. Attualmente noi utilizziamo la Digital Radio (o Radio Digitale), che fu inventata negli anni Novanta e che garantisce una migliore ricezione, una perfetta qualità del suono e un azzeramento delle interferenze. La Digital Radio assicura la presenza e la condivisione di contenuti musicali multimediali.

Le Web Radio

Con l’avvento di Internet, sono nate moltissime web radio che diffondono il suono attraverso la Rete. Queste web radio non necessitano di trasmettitori per diffondere il segnale, ma arrivano in qualsiasi posto (anche il più lontano), con una semplice connessione Internet.

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La magia della radio e del rock: intervista a Maurizio Faulisi (Dr. Feelgood) https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-maurizio-faulisi-dr-feelgood/ https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-maurizio-faulisi-dr-feelgood/#comments Fri, 13 Jul 2012 21:25:33 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3184 Maurizio Faulisi. Milanese, speaker radiofonico, musicista, motociclista, divulgatore di buona musica, teatrante. Ma soprattutto: Doctor Feelgood, com’è conosciuto dagli ascoltatori di Virgin Radio, che lo seguono dal 2009 e lo conoscono essenzialmente con questo nome d’arte, il quale altro non è che il nome della trasmissione radio da lui condotta: Buongiorno Doctor Feelgood, in onda dal lunedì al venerdì a partire dalle 7.00 del mattino.

Maurizio Faulisi, Dr. Feelgood
Maurizio Faulisi, Dr. Feelgood

Maurizio Faulisi è una delle voci radiofoniche più apprezzate a livello nazionale, tra i più importanti all’interno del team di Virgin Radio: l’emittente interamente dedicata al rock, dai classici fino alle novità più recenti, che ha portato una ventata di novità nel panorama nazionale. Curiosità, aneddoti, strane storie: sono i tre punti di riferimento di Doctor Feelgood quando è alle prese con il microfono di Virgin Radio, per condurre la sua appassionante trasmissione.

Prima di arrivare a Virgin ha trascorso un biennio su Radio Popolare (dal 2008 al 2010); precedentemente il dj milanese ha raccontato e lanciato il rock nelle sue mille derivazioni e sfumature sulla storica emittente Rock Fm, esattamente dal 1993 fino al 2008: un lungo periodo di lavoro e ricerca. Ha cominciato invece, nel 1979, giovanissimo, su Radiosupermilano.

All’attività radiofonica, ha sempre accostato quella del divulgatore, collaborando con moltissime riviste di settore e scrivendo articoli incentrati sulla musica e, molto spesso, sul rock e i suoi derivati, materia della quale è ormai un grande esperto. A proposito della sua attività a Virgin Radio, ma soprattutto in merito al suo modo di lavorare, di fare e pensare la musica, Maurizio Faulisi ha risposto ad alcune domande nel corso di una interessante intervista.

Partiamo con un interrogatorio. L’incontro con la musica: dov’eri, quando e con chi. E poi, quale il tuo primo idolo musicale e quale l’ultimo, in ordine di tempo (e perché, ovviamente).

Avevo 12 anni, passavo i pomeriggi con la mia radio alla ricerca di certi suoni, che ho scoperto poi essere americani e rock. Dopo aver sentito alcuni nomi (alcuni soltanto, si tenga conto che era il 1974, le emittenti in FM non esistevano ancora ed erano poche le occasioni di ascoltare rock alla radio) cominciai ad acquistare dischi. Il primo lo comprai tredicenne nel 1975, era l’LP Rock & Roll di John Lennon.

Il primo e unico ‘idolo’ è stato Elvis, ascoltavo i suoi dischi e vivevo nel suo mondo, ero un adolescente e vivevo quel mito da adolescente. Lo ascolto e apprezzo molto ancora oggi, ovviamente in maniera diversa.

Ho amato molti altri artisti durante il mio percorso di approfondimento musicale, su parecchi mi sono concentrato e ho cercato di conoscerli meglio possibile, ma non ho mai avuto ‘idoli’ superata l’età adolescenziale.

In questo periodo sto riscoprendo Bob Dylan, il mio rapporto con la sua musica in passato era limitato ad alcuni dischi fondamentali. E’ un artista eccezionale, ha scritto e registrato una quantità impressionante di canzoni meravigliose.

Dal 1979 ad oggi: quanto è cambiato il ruolo del dj e quanto è cambiato Maurizio Faulisi, dalle prime esperienze rispetto a quelle attuali?

Non so dire quanto sia cambiata la figura del dj, non mi ha mai molto interessato il modo di condurre trasmissioni degli altri. Il dj per me era una figura direi cinematografica, legata a immagini viste in tanti film. Non ho mai ascoltato la radio per il piacere di seguire il dj, anche se devo riconoscere che ne abbiamo di bravissimi. Trovavo l’impostazione del dj negli anni ’80 e ’90 molto omologata e standardizzata e mi interessava poco.

La mia all’inizio era seriosa e dal taglio giornalistico, un’impostazione che ho gettato nel cestino e che ho sostituito con uno stile leggero ma al contempo informativo e stimolante.
Il mio obiettivo non era quello di diventare dj, ma di fare ascoltare la buona musica che la mia inesauribile curiosità mi faceva scoprire. Le ragioni che mi hanno spinto a fare radio sono conseguenti al desiderio di trasmettere cultura musicale, un desiderio che ho sempre sentito, sin da giovanissimo, avevo 17 anni nel 1979 quando iniziai a condurre trasmissioni.

Quello di condividere con altri il piacere della scoperta di certa musica è stato ciò che mi ha motivato per 30 anni, ho sempre condotto trasmissioni musicali di approfondimento, rock and roll, country, blues, folk, rock. Posseggo migliaia di dischi, riviste e video, e diverse centinaia di libri. Nei miei primi 30 anni di radio ho utilizzato i miei dischi per trasmissioni tematiche in fascia oraria serale.

Poi il cambiamento, dal 2010 conduco il morning show, una trasmissione di intrattenimento nella fascia oraria 07.00/10.00 su Virgin Radio, una radio importante, l’ottava a livello nazionale per numero di ascoltatori, l’unica emittente in Italia che tratta solo rock. Rivolgersi a un pubblico di 2.300.000 persone implica un approccio, un modo di porsi differente, che faccia certamente tesoro dell’esperienza e del bagaglio culturale acquisito, ma differente.

Molti ricordano la tua esperienza a Rock FM ed è nota la tua perizia in materia. Ebbene, alcuni esperti, negli ultimi anni, hanno definito proprio il rock come “la musica classica” del Novecento, secolarizzandolo una volta e per sempre. Ritieni che sia una definizione adeguata, questa? O c’è il rischio, in un certo senso, di dichiararlo per sempre come un’esperienza conclusa, appartenente ad un secolo che ormai è finito e a cui bisogna guardare con un’ottica lontana (com’è stato fatto, forse,  con la musica classica vera e propria e, anche, con il jazz)?

Amo ascoltare anche musica classica (il Barocco in particolare), ma non ne conosco bene la storia, quindi non posso esprimermi sulla sua crisi o presunta morte. Posso farlo con il rock, e non concordo con chi ne teorizza la fine. E’ musica popolare, nata dal basso e per qualche tempo espressione libera. E’ stata subito controllata dall’establishment e dall’industria, i margini di libertà artistica di cui si può godere volendone fare una professione sono limitati, come in qualsiasi altro settore di questa società.

E’ in crisi il rock? Sì, nella misura in cui lo è la società stessa: la malattia si chiama ‘appiattimento’, la causa il marketing, che da strumento utilizzato per capire come migliorare il business è diventato manuale d’uso e metodo unico.

RockFM era una radio priva di controllo editoriale, la sua linea editoriale era di fatto l’autonomia, la libertà d’azione dei suoi conduttori. Era la sua forza, ma anche il suo limite. Un sogno destinato inevitabilmente a concludersi.

La tua esperienza a Virgin Radio: un po’ di innovazione, un buon rispetto per la tradizione e tanta, tanta gioventù e vivacità. È sempre questa la ricetta giusta, soprattutto quando si parla di radio e di radio di qualità? Quale la tua esperienza (o la tua idea, se ne hai una differente)?

La selezione discografica operata da Virgin Radio mi pare la ponga in una posizione di perfetto equilibrio, il suono è attentamente bilanciato tra classici del passato (dalla metà degli anni ’60 in poi) e proposte attuali. Essere l’unica radio rock le consente di poter abbracciare liberamente l’intero panorama senza doversi necessariamente concentrare su settori specifici. Questo la rende ‘generalista’, quindi di facile fruizione, all’interno di un enorme bacino di ascolto.

Se mi chiedi come farei io una radio rock, rispondo che la radio perfetta non esiste, la radio perfetta è quella che ognuno di noi creerebbe a proprio gusto e piacere. Una radio che si rivolge a milioni di persone non può che essere un compromesso, e in quanto tale farà sempre fatica a farsi accettare da tutti, normalmente le estremità soffrono, ma il grande pubblico medio gode.

Ancora una domanda sulla “cara vecchia”: doveva spegnersi già con l’avvento della Tv, poi ha resistito e molto, tra radio libere e quant’altro, rigenerandosi alla grande. È arrivato internet  e secondo molti l’apocalisse era dietro l’angolo. Invece, tra web radio e social network che rilanciano il vostro lavoro in studio, la barca ha continuato a galleggiare e anzi, sembra tenere bene.  Non è che alla fine ci seppellirà tutti?

La radio è un media ‘caldo’, che non rende passivo chi lo segue, non subirà mai crisi preoccupanti, potrà trasformarsi, evolversi e modificarsi, ma la magia della radio vivrà per sempre.

Non sei mai veramente finito finché hai una buona storia da raccontare”. Da “Novecento”, il monologo di Alessandro Baricco. Un citazione che ben si confà con la grande storia del rock e con il modo di lavorare di Dr. Feelgood. È così? Quanto contano le storie in radio, in musica, nel rock?

Adoro raccontare storie, a tal punto che il microfono radiofonico non mi basta più, ho ripreso a scrivere di musica per la carta stampata (Chop’n’Roll e Suono) e internet (sulla mia pagina Facebook e per il sito The Long Journey) e sono anche tornato a suonare la chitarra seriamente, con l’idea di esibirmi (in duo con un noto musicista) in spettacoli cultural-musicali dedicati alle radici del rock and roll, particolarmente quelle country old time, raccontando storie che aiutino a conoscere e capire le condizioni della società e degli artisti che hanno dato vita al rock and roll.


Per la foto di Maurizio Faulisi si ringrazia Achille Jachetti: jachetti.me

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Intervista a Emanuele Trevi https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-emanuele-trevi/ https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-emanuele-trevi/#comments Wed, 11 Jul 2012 08:43:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3110 Emanuele Trevi. Nato a Roma nel 1964, scrittore e noto critico letterario, tra le voci italiane più ricercate e richieste nel panorama delle curatele letterarie e saggistiche.

Emanuele Trevi
Emanuele Trevi

Ha esordito come autore di narrativa con “I cani del nulla” (Einaudi, 2003) e ha pubblicato per la collana della casa editrice Laterza, Contromano, i due libri “Senza verso” e “L’onda del porto”, entrambi nel 2005. Il suo ultimo romanzo si intitola “Il libro della gioia perpetua”, edito dalla casa Rizzoli nel 2010. Tra le numerosissime pubblicazioni non di narrativa, vanno segnalate “Istruzioni per l’uso del lupo” (Castelvecchi, 1994) e “Musica distante” (Mondadori, 1997). È autore inoltre dei libri-intervista “Invasioni controllate” (con Marco Trevi, Castelvecchi 2007) e “Letteratura e libertà” (con Raffaele La Capria, Fandango, 2009). Collabora con le testate Repubblica, Il Manifesto, Il Messaggero e Il Foglio. È conduttore di programmi radiofonici culturali per Rai Radio 3 ed è anche autore teatrale, tra i più apprezzati sulla scena capitolina.

Un punto di svolta della sua carriera letteraria è rappresentato senza dubbio dal romanzo-saggio edito nel 2012 “Qualcosa di scritto”, pubblicato da Ponte alle Grazie e giunto al secondo posto del Premio Strega 2012, a soli due voti di distanza dal romanzo “Inseparabili” di Alessandro Piperno. Il libro indaga e approfondisce l’intensa amicizia tra Pier Paolo Pasolini e l’attrice e cantante Laura Betti, conosciuta personalmente da Emanuele Trevi nel corso della sua collaborazione presso il Fondo Pasolini. Ma non solo. Il romanzo dell’autore romano – vero e proprio caso letterario prim’ancora di sorprendere tutti allo Strega – racconta la storia dell’ultima, enigmatica opera di Pasolini, “Petrolio”, cercando di fare chiarezza sulla sua poetica e sull’ultima parte della sua vita, tragicamente conclusasi con un omicidio del quale non sono mai state accertate tutte le dinamiche. Nel corso di una presentazione, Emanuele Trevi ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito al suo lavoro, inserite di seguito.

Saggio, romanzo, tutte e due le cose, o soltanto una di esse. Che tipo di lavoro è “Qualcosa di scritto”?

A me piacciono i libri che più che raccontare, più che dare una trama, sono la traccia di una trasformazione. Una persona è in una certa maniera e alla fine del libro, dimostra di aver subito qualcosa che l’ha toccato. È difficile che qualche cosa tocchi davvero nel profondo e quando questo accade, è come un fulmine a ciel sereno: un annessione di nuovi territori nella propria esistenza. È il miracolo di trasformarsi.

Nel libro, coprotagonista della vicenda pasoliniana è sicuramente Laura Betti, con cui hai avuto a che fare. Come si può descrivere un personaggio così sopra le righe?

Emanuele Trevi: La conoscevo di fama, questa donna. Si pensi all’interpretazione che fa in “Novecento” di Bertolucci o alle sue performance vocali, una cantante straordinaria, con un talento innato, naturale. Ma mi ritrovai di fronte ad una dimensione del tutto diversa: era completamente impazzita. E me ne accorsi subito, che era pazza, perché il primo appuntamento me l’aveva dato il 1° gennaio alle 8.00 di mattina. Lei mi odiava, si capiva: io ero un ragazzo per bene, la mia provenienza sociale era alto borghese e infatti me lo disse subito: “Tu sei un paraculo”. Ed io mi chiesi: come ha fatto a capire tutto di me in così poco tempo? Tuttavia, sentivo che il rapporto tra lei e Pasolini, per quanti studi avessi fatto, era un qualcosa che mi era completamente sfuggito.

Che cos’è “Petrolio” e quanto è legata, come opera, alla morte del grande scrittore?

Pasolini era una persona che negli ultimi tre anni si era dedicato ad una trasformazione della sua vita. Ma soprattutto negli ultimi giorni della sua vita, si pensi al servizio fotografico nudo fatto per Pedriali … Non regge la storia ufficiale della sua morte. Quando è uscito Petrolio, nessuno si è accorto di questa doppia trasformazione di cui si narra nel libro.

Si racconta di questo Carlo Valletti, ingegnere petrolifero per conto dell’Eni, il quale viaggia molto in Oriente e che, ad un tratto, si trasforma in due persone, Carlo Il Buono e Carlo Il Cattivo. A loro volta, queste due persone si trasformano in due donne, è un doppio prodigio, una metamorfosi, un’identità che Pasolini mette in contatto con la realtà e con una realtà del potere.

Egli allude direttamente ad una realtà precisa, come quella di Enrico Mattei, il quale è stato uno degli ultimi, veri servitori dello Stato, e dall’altra parte, anche, ad un finanziere democristiano, Eugenio Cefis, facendo riferimento ad una rivalità reale tra i due, risalente addirittura all’epoca della Resistenza. Quando ritrovano Petrolio, dopo la morte di Pasolini, la teoria che subito tirano in ballo tutti è che è stato ucciso per queste ragioni, per delle rivelazioni tra questi due personaggi importanti della politica e dell’economia nazionale. Ma non regge assolutamente come cosa, non si sono informati bene, perché Pasolini non solo cambia i nomi di queste allusioni, ma si serve unicamente di ritagli di giornale, di qualche articolo preso da L’Espresso e niente di più: non era un grande ricercatore, Pasolini.

Perché allora uccidere lui e non l’articolista dell’Espresso? Non regge. Secondo me, la pista va ricercata nella malavita romana ed è legata al film Salò, forse, al famoso furto delle “pizze” del film, tanto che ha dovuto montare il film in modo completamente diverso rispetto alla sua idea iniziale, e non è un caso che la riapertura delle indagini finalmente sia ripartita da lì. Non vedo perché i servizi segreti avrebbero dovuto uccidere uno che copiava dall’Espresso: non ha senso, questa cosa.

Come mai questo nuovo interesse? Questa riapertura delle indagini e delle storie attorno a Pasolini?

Si deve al sublime senatore Dell’Utri, va ammesso, il quale lancia l’idea del capitolo mancante di Petrolio, il numero 21, dal titolo, si dice, “Lampi sull’Eni”. Dell’Utri dice di aver avuto dei contatti con alcuni personaggi che gli avrebbero promesso di vendergli il capitolo di Pasolini, cosa poi saltata a causa dell’attenzione mediatica fiorita attorno a questa cosa. Può essere anche vera questa sottrazione del capitolo, ma sono convinto che, carte alla mano, ciò di cui era in possesso Pasolini non era affatto materiale segreto, proprio perché non era il suo modo di lavorare.

Il tema di Petrolio, dal punto di vista letterario, è un altro, questo non si è capito in tutti questi anni: è il rapporto con la verità. È un’allegoria della conoscenza piuttosto sempliciona, a dire il vero, che fa riferimento a Tiresia, ad un mito greco: al sacerdote che per 9 anni diventa donna, per poi ritornare uomo. Conosce in pratica tutta la totalità dell’essere umano, cosa che gli conferisce la possibilità della conoscenza, come da sempre il mito dell’androginia suscita nei racconti umani, percorrendo addirittura tutte le religioni, le credenze e quant’altro.

Quando uscì Petrolio parlarono di scene di sesso omosessuali, altro esempio della superficialità con la quale si sono avvicinati all’opera, questo perché il protagonista di quelle scene aveva subito una trasformazione, era diventato una donna, non c’era alcuna omosessualità in quelle scene. Il mio lavoro è consistito in questo, nell’analizzare e decifrare i manoscritti di questo enigmatico volume, questo magma intricato che, secondo me, andrebbe pubblicato così com’è. È un’ombra di Pasolini, Petrolio, una vera e propria ombra. Il mio merito è quello di averlo reso, diciamo così, comprensibile.

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Intervista a Rosaria Renna, la voce più sexy della radio https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-rosaria-renna/ https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-rosaria-renna/#comments Thu, 24 May 2012 13:44:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2182 Rosaria Renna nasce a Monopoli, in provincia di Bari, il 18 aprile 1969.
Esordisce nel mondo dello spettacolo a soli dodici anni presso Tele Antenna Radio Monopoli, per proseguire con Radio Argento e Radio Elle. A diciotto anni inizia a lavorare come giornalista per Telenorba, e poi come dj per Radionorba. Intanto frequenta corsi di recitazione e doppiaggio, oltre alla Scuola Ribalte di Enzo Garinei.

Nel 1992 viene convocata dal direttore artistico di Radio Dimensione Suono (RDS) per sostituire temporaneamente Anna Pettinelli. Ottiene un incredibile successo di pubblico e inizia la brillante carriera di speaker. Nel 1995 conduce “T.R.I.B.U.” su Telemontecarlo ed il “Clio RDS Live”, trasmesso in diretta da Italia 1.

Ha partecipato a numerosi eventi nelle principali reti televisive, è animatrice e presentatrice. E’ sua la fascia pomeridiana dalle 16 alle 19 su RDS, dove si occupa in particolare di cinema, spettacolo e cultura.

Tra i riconoscimenti, nel 1994 vince il “Gran Premio della Radio” come miglior speaker. Nel 1997 viene eletta “La voce più sexy della radio” dai lettori del settimanale “Tv Sorrisi e Canzoni”. Nel 2008 viene nominata “Gioia dei pomeriggi” dalle bloggers di RDS.

Rosaria Renna
Rosaria Renna

Rosaria, una splendida carriera e tante soddisfazioni. Ma già a dodici anni sapevi che volevi diventare una donna di spettacolo?

No, anche se impazzivo per la Carrà e per gli show televisivi del sabato sera oltre che per gli artisti di “Fame”, il mio telefilm preferito di allora. In realtà pensavo più ai libri e al teatro, ma il destino mi ha fatto”inciampare” in una piccola radio locale che mi ha fatto scoprire un mondo meraviglioso, del quale faccio ancora parte.

In radio, di recente, hai dichiarato che da piccola eri timida e parlavi poco. Come hai fatto a superare questi limiti?

Questo è stato l’aspetto che mi ha conquistato subito del trasmettere in radio: nessuno ti vede, si accende una luce rossa e tu sei libera di esprimere i tuoi pensieri. Lo so che è un’illusione, perché in realtà ci sono centinaia o migliaia o milioni di persone che in quel momento stanno ascoltando proprio te … ma il fatto di non vederle fa la differenza! E poi io sono una timida atipica: nella vita di tutti i giorni preferisco non attirare l’attenzione, ma non mi faccio problemi a salire un palco davanti a 50 mila persone, come mi è successo allo stadio Meazza di San Siro per il concerto di “Amiche per l’Abruzzo”. Ma ad una festa stai sicura che sono quella nell’angolo più buio e che va via prima di tutti! Sempre che sia riuscita ad andarci…

La gavetta è stata dura. Hai mai pensato di mollare e cercarti un lavoro qualsiasi?

No, perché fortunatamente sono sempre riuscita a mantenermi con il mio lavoro. Oggi, se guardo ai ragazzi che hanno l’età mia agli inizi, mi rendo conto che sono molto più competenti, più qualificati, ma ironicamente hanno meno possibilità, meno scelta. E ‘più dura per loro, oggi, di quanto lo sia stato per me allora. Anche se paradossalmente io ho fatto tutto da sola, purtroppo non avevo una famiglia alle spalle, come succede a molti oggi, che sono mantenuti dalle famiglie fino ai 30-35 anni.
Sono tempi strani, da un lato sembra ci siano miliardi di possibilità che io non ho avuto, dall’altro però manca la speranza nel futuro.

In questi anni hai avuto modo di conoscere tantissimi personaggi famosi del mondo della musica e dello spettacolo. Qual è stato l’incontro che ti ha lasciato il segno?

Will Smith non me lo dimenticherò mai! Estroverso, galante, divertente… sono riuscita a scroccargli pure un bacio! E Lenny Kravitz: una presenza magnetica. Affascinante, bello, bravo: l’uomo perfetto!

E invece, c’è stato qualche incontro che ti immaginavi diverso, o che ti ha deluso?

In realtà gli artisti che ami molto, che in qualche modo “mitizzi”, è meglio non incontrarli mai. E’ facilissimo essere delusi, perché alla fine sono esseri umani come tutti gli altri e questo un po’indispone. Dovrebbero avere l’aura di divinità anche nella vita reale, ma questo non accade, purtroppo. A questo proposito mi è spiaciuto scoprire che Andy Garcia, che avevo amato ne “Gli intoccabili”, era piuttosto basso. Insomma, io me l’ero immaginato gigantesco e lui niente, un “tappetto”: non si fa così!

Come si lavora in uno dei più importanti network radiofonici nazionali, come RDS?

Diciamo che la spensieratezza e il puro divertimento degli inizi sono accompagnati da responsabilità e pensieri, ma rimane sempre il lavoro più bello del mondo.

Ci puoi raccontare una tua giornata tipo in radio?

Prima di tutto vorrei sottolineare che la radio si prepara al meglio… vivendo. Più viaggi, più leggi, più film guardi, più esperienze fai, più cose avrai da raccontare a chi ti ascolta. Poi ogni giorno io mi ritaglio almeno un’ora a ridosso della diretta per navigare sui miei siti preferiti, dare uno sguardo alle Agenzie Stampa, controllare le e-mail per cercare curiosità, fatti ed eventi da condividere con gli ascoltatori. Quando sono in diretta, poi, controllo anche gli sms in arrivo, i messaggi sul sito della radio, perché mi piace rendere protagonisti anche gli ascoltatori. Li “uso” per spunti interessanti, racconto i loro aneddoti, insomma li rendo partecipi delle ore che passiamo insieme.

Tu hai lavorato e lavori tuttora anche per la televisione. Oltre al fattore visivo, qual è la differenza, per la tua esperienza personale, tra radio e televisione?

Sembra una sciocchezza, ma il fatto di non dover pensare alla telecamera che ti riprende, alla postura da tenere, ti regala un senso di libertà incredibile. A parte questo, se fai un bel programma è un piacere, sia in radio che in tv.

Ci puoi raccontare qualche episodio curioso della tua carriera?

Una mattina d’estate di qualche anno fa, una papera su una parola che non riuscivo a dire… sono scoppiata a ridere. Ma di gusto! Poi cercavo di riprendere il discorso, ma niente, ridevo. Non sai quanti sms e messaggi dagli ascoltatori, divertiti e divertenti! Comincio a credere che le papere funzionino più della professionalità e della precisione… qualche volta.

Hai mai avuto attimi del cosiddetto “panico da palcoscenico?”

Una volta, tanti anni fa in Piazza San Giovanni a Roma, per un Festival musicale co-presentato con Alessia Marcuzzi. Eravamo Carlo Elli, allora mio collega ad RDS, ed io. Giuro che se non mi avesse tenuto per mano non sarei riuscita ad uscire. A mia discolpa però, oltre al fatto che c’erano le telecamere di Italia Uno, la folla presente, circa 50 mila persone. Una bella scarica di adrenalina.

Sei molto legata alla tua terra, la Puglia, e alle tue tradizioni. Questa autenticità e schiettezza fanno di te un eccezione…

Davvero? Ma no, non credo. Penso che sia naturale essere legati alle proprie radici. Altrimenti si è come una foglia al vento. Solo se ricordi da dove vieni riesci a trovare la strada per andare, e soprattutto quella per tornare! Amo Roma, che mi ha adottata con la generosità che la contraddistingue, ma il mio cuore sa di grano e mozzarelle, di salsedine e ulivi. La Puglia è la mia grande madre, dove trovare conforto e ricordarmi chi sono, veramente.

Che rapporto hai con la tecnologia?

Trascorro ore al PC e sono sempre lì a smanettare con iPhone e iPod: quindi sono una quasi schiava, nella vita di tutti i giorni. Ma sopravvivo tranquillamente anche senza, soprattutto in vacanza, dove la libertà vera è non dover stare continuamente in connessione con il mondo, ma anzi ignorarlo beatamente. Soprattutto in questi tempi cupi e dolorosi.

In trasmissione ti occupi di film, libri e cultura. So che sarà dura scegliere e fare nomi, ma ci potresti dire qual è uno dei tuoi libri preferiti, uno dei tuoi film preferiti e quello che ti piace fare in assoluto nel tuo tempo libero?

Si, è la domanda più crudele che mi hai fatto! Però rispondo, come sempre in questi casi, con i primi che mi vengono in mente. Non sono necessariamente i miei preferiti di tutti i tempi, ma sicuramente nella Top Ten.

Libro: “Orgoglio e Pregiudizio” di Jane Austen: devo ancora trovare un altro romanzo scritto altrettanto bene, con personaggi magnifici che, non a caso, vengono portati continuamente anche sul grande schermo. In una parola, perfetto!

Film: “Blade Runner” di Ridley Scott: notturno, sensuale, crudele, romantico. Come la vita. E quanto era bello Harrison Ford giovane!

Tempo libero: Yoga, mare, cane! Nel senso che adoro praticare Yoga, il mare è il mio elemento del cuore, e senza un cagnolino tra i piedi non so stare. Il mio quattrozampe amato si chiama Angie, è una Jackrussell affettuosa e dolce, come una figlia per me.

Oltre ad ascoltarti ogni pomeriggio su RDS dalle 16 alle 19, quali sono i tuoi prossimi impegni?

Insieme ad una mia amica giornalista stiamo lavorando a dei format televisivi: speriamo vadano in porto!

A chi volesse intraprendere una carriera da dj e speaker, cosa consiglieresti?

Leggere, informarsi, studiare. La curiosità come un mantra da applicare alla propria vita e professione. E una buona dose di perseveranza: il momento è delicato, come scrive Ammaniti, tocca insistere e non demordere.

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Intervista a Giorgio d’Ecclesia https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-giorgio-decclesia/ https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-giorgio-decclesia/#comments Fri, 27 Jan 2012 12:38:22 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=350 Conduttore radiofonico presso Dimensione Suono Roma, giornalista, presentatore di eventi nazionali e autore di libri di settore, nonostante la giovane età Giorgio d’Ecclesia è diventato una delle voci – e delle menti, soprattutto – più innovative della scena radiofonica nazionale, per giunta versato nell’ambito della comunicazione da oltre dieci anni. Al suo nome è legato un progetto che, al momento, non sembra avere concorrenti sulla scena web nazionale. D’Ecclesia è, infatti, il responsabile e ideatore del sito internet Radiospeaker.it, da un paio di anni vero e proprio punto di riferimento per i professionisti e gli appassionati della radio in Italia.

Giorgio d'Ecclesia

Il portale è un mezzo importante per chiunque faccia o abbia intenzione di fare radio in modo professionale, offrendo inoltre strumenti adeguati e in costante aggiornamento a migliaia di appassionati di radio e di comunicazione in genere, i quali attraverso il sito hanno anche la possibilità di farsi conoscere e di promuovere il proprio lavoro. In un’intervista, il bravo conduttore radiofonico risponde ad alcune domande su Radiospeaker e su altre questioni legate al mondo della radio.

Andiamo subito al dunque. Cos’è Radiospeaker e perché è diventato il punto di riferimento dei professionisti e appassionati di radio in Italia? E, soprattutto, come nasce?

Radiospeaker.it nasce nel novembre 2009 per colmare un vuoto su internet: l’idea mi è venuta qualche anno prima, mentre muovevo i primi passi in radio come conduttore radiofonico, cercando informazioni e suggerimenti online. Notando la quasi totale assenza di informazioni e la mancanza di siti che racchiudessero contatti, corsi, suggerimenti, annunci di lavoro, libri e news sulla radio, ho pensato: quasi quasi lo faccio io. Inizialmente ho preso mouse e tastiera e ho creato una prima bozza grafica del sito da solo, ho raccolto qualcosa come 400 contatti di speaker radiofonici italiani e li ho messi online. E’ stato il primo di una serie di passi che tuttora stiamo facendo: al database con i contatti degli speaker poi, si è aggiunto quello dei fonici, dei giornalisti e delle radio italiane, un blog con le ultime news e le interviste sulla radio, una sezione dedicata agli annunci di lavoro in radio ed un mercatino digitale di compravendita di attrezzature. Subito dopo, sono arrivati i corsi di conduzione, giornalismo e regia radiofonica a Roma e Milano ed un E-book, diventato il primo Manuale per diventare Speaker Radiofonici Professionisti. Oggi non sono più solo, contiamo una squadra di quasi 20 persone.

Radiospeaker vive di pubblicità, come la tv, il web, la vecchia radio, gli antichi quotidiani, i periodici e gli eventi in genere? O è un progetto che può contare su altre risorse?

Radiospeaker.it non ha mai puntato troppo sulla pubblicità quanto sulla formazione e l’insegnamento. Al momento la nostra entrata principale deriva dai corsi di conduzione e giornalismo radiofonico, un campo in cui ci siamo specializzati e su cui abbiamo investito sempre di più. Solo negli ultimi mesi abbiamo avviato un percorso legato alla vendita diretta di banner pubblicitari sul sito: questo è stato possibile perché nel corso di questi due anni siamo riusciti ad individuare una nicchia di mercato molto precisa e di cui siamo diventati il punto di riferimento. Radiospeaker.it comunica ai professionisti e agli appassionati di radio, persone che usano strumenti legati alla produzione audio, alla trasmissione streaming, alla insonorizzazione e alla diffusione musicale. Gente che vive di radio e che usa i suoi strumenti ogni giorno. Si spera quindi che le aziende legate a questi settori si rendano conto che pubblicizzare i propri prodotti sul nostro sito vuol dire raggiungere una nicchia specifica, ben delineata e molto interessata ai loro strumenti. Dovendo fare pubblicità per un microfono ad esempio, penserei:”perché buttare l’amo nell’oceano, su un sito generalista, quando c’è un’oasi come Radiospeaker.it dove trovo tutti i miei clienti?”. Sono stato abbastanza convincente?

Quanto è cambiato il modo di fare radio ai tempi dei social network?

Direi che le differenze rispetto ad una decina di anni fa sono molte e quelle rispetto ad una ventina di anni fa sono moltissime. Prendiamo ad esempio la figura del conduttore radiofonico. Oggi Il conduttore radiofonico non deve solo avere una bella voce e parlare di musica, deve essere multimediale, interattivo e sempre più vicino all’ascoltatore. Una volta gli utenti comunicavano con il proprio speaker attraverso lettere e cartoline, a cui difficilmente seguiva una risposta, poi sono arrivati gli sms e anche in quel caso le risposte arrivavano raramente, talvolta attraverso telefonate in diretta radio. Oggi gli ascoltatori parlano, seguono e commentano tutto ciò che lo speaker dice in radio, attraverso le applicazioni di internet: Sito internet della radio, Blog personale del conduttore, Forum, Chat, Skype, Facebook, Fan page, Twitter, Myspace e tutte quelle applicazioni che permettono un’interazione Conduttore-Ascoltatore. Infatti il conduttore radiofonico di oggi, me compreso, non deve solo saper raccontare notizie interessanti ma le deve anche produrre. E’ diventato un “prosumer”, termine che unisce la parole “producer” e “consumer”: oltre a consumare contenuti che poi racconterà in radio, li produce attraverso la rete: articoli, notizie, video, post, argomenti da pubblicare su internet attraverso facebook, twitter, blog e gli altri mezzi a disposizione. Questa non è solo una qualifica in più per il conduttore, ma spesso è una condizione necessaria richiesta dalla direzione dell’emittente per alimentare traffico sul proprio sito internet, e quindi per incrementare gli introiti pubblicitari derivanti dal sito stesso.

Le web radio. Funzionano? Sono il presente e il solo futuro pensabile per la radio in genere, oppure hanno già esaurito la loro spinta?

Le web radio al momento sono delle ottime palestre per aspiranti professionisti del settore, assolvono a quella fondamentale funzione che una volta avevano le piccole radio locali (che purtroppo sono in via di estinzione). Al momento però, le web radio non hanno ancora la forza necessaria per competere con le radio tradizionali in fm e questo per via di limiti strutturali, come il limite di banda: attraverso la linea internet si può comunicare ad un numero limitato di utenti contemporanei, non posso dirti di preciso il limite massimo raggiungibile, ma questo sicuramente non si avvicina ai 5, 6 milioni di ascolti raggiungibili dalle radio in fm. Le web radio potranno dettare le regole del futuro quando si verificheranno due condizioni: la banda internet diventerà sufficientemente “wide” da permettere l’ascolto contemporaneo per milioni di utenti e quando si diffonderanno le autoradio e le radio portatili con una connessione web integrata. Personalmente ascolto moltissima web radio attraverso il mio smartphone e a casa ho dei dispositivi radio che si collegano ad internet. La spinta delle web radio non si è esaurita, deve ancora arrivare.

Quanto è stretto e produttivamente promiscuo il legame tra web e radio in genere? Quali potenzialità, prospettive, insidie?

La radio ed internet si stanno simpatici. Li possiamo considerare un po’ come la nonna e il nipotino, si vogliono bene e c’è un profondo rispetto reciproco. Questo a mio avviso è dovuto al fatto che la radio è sempre stato considerato un mezzo autorevole, un mezzo dove si danno ancora dei contenuti validi ed interessanti e si è saputa adeguare al nuovo modo di comunicare, perché diretta ed immediata come internet. In radio la comunicazione non può essere appiattita da un paio di tette e non si possono mandare immagini forti o shoccanti. In radio si parla, si immagina, si ascolta, si riflette, l’ascoltatore resta in attesa finché un concetto o il racconto che il conduttore sta facendo non è concluso: come accade in un libro. Il sito internet di una radio è diventato in un certo modo la manifestazione visiva della radio stessa, dove il suono si completa con testi ed immagini.

Cinque qualità/aggettivi per uno speaker moderno, per resistere alla competitività, per restare a galla.

•    Umiltà /Umile
•    Personalità/ Personale
•    Competenza / Competente
•    Curiosità/ Curioso
•    Passione/ Appassionato

Dall’esplosione della televisione commerciale se ne decreta la morte, sia dal punto di vista giornalistico che dell’intrattenimento puro. Eppure, la radio sembra aver tenuto (talvolta anche meglio di altri media, come i giornali). Dopo l’avvento di internet, si è parlato di morte della tv e, ovviamente, anche della radio. Eppure, entrambe reggono. Che cosa significa? La radio esisterà sempre?

Da innamorato della radio, sono sicuro che non morirà mai. La nonnina scoppia di salute. I suoi punti di forza rispetto agli altri media sono diversi: è un mezzo poco invasivo perché non chiede al proprio utente di fissare uno schermo o una tv, non ha tastiere e mouse da gestire e pagine da sfogliare. Rispetto a Tv, Internet e giornali può essere “consumata” in qualsiasi momento della giornata mentre si svolgono contemporaneamente altre attività . Sembrerà strano ma al giorno d’oggi, in cui domina la frenesia e non troviamo più il tempo per informarci correttamente (leggere un giornale, guardare la tv o cercare informazioni su internet), la radio è il mezzo più moderno perché ci raggiunge ovunque e non chiede dedizione. Altro punto di forza fondamentale è la contemporaneità dell’informazione: il giornale ti da le notizie il giorno dopo, la tv ha dei tempi molto più dilatati (confezionare i servizi video, interrompere il programma in onda, trovare cameraman e giornalista pronti per la diretta), internet è abbastanza veloce ma presuppone che l’utente si trovi in quel momento collegato e a caccia di informazioni. La vecchia invece, ti informa mentre sei in auto, in doccia, in cucina, mentre fai jogging e ti offre informazioni proprio nel momento in cui le notizie nascono, senza distoglierti dalle azioni che stai compiendo. Gli ultimi sondaggi dicono che la radio conserva ancora una alto grado di autorevolezza rispetto ai giornali, ormai troppo politicizzati, e alla tv, ridotta ad un manipolo di vecchie e stanche facce rifatte. Un disco ed una voce che parla, così era e così sarà.

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Intervista a Gegè Telesforo https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-gege-telesforo/ https://cultura.biografieonline.it/intervista-a-gege-telesforo/#comments Sat, 21 Jan 2012 16:50:10 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=226 Bianco ma dal cuore nero, lo swing nell’anima e il funky nelle bacchette, Gegè Telesforo è uno degli artisti italiani più originali che il panorama della musica nazionale, e della musica live in particolare, abbia prodotto negli ultimi trent’anni. Professionista dello “scat”, l’arte dell’improvvisazione vocale cara ai grandi della storia del jazz come Louis Armstrong, Ella Fitzgerald e, più recenti, Bobby McFerrin e Al Jarreau, Gegè Telesforo è stato anche uno dei protagonisti di quell’ambito radio-televisivo un tempo definito di qualità, del quale si conservano poche tracce, almeno negli anni 2000.

Gegè Telesforo
Gegè Telesforo

Il suo nome inoltre, è strettamente legato a quello di Renzo Arbore, con cui ha condiviso esperienze di successo tanto in tv che sui palcoscenici di mezzo mondo, sempre, ovviamente, a ritmo di swing. Di seguito, l’intervista all’artista pugliese.

Gegè Telesforo, musicista jazz

Ultimamente sei stato sul palco con Fiorello, che ti ha chiamato in causa a sorpresa nell’ultima puntata del suo show. A quanto pare, il guitto siciliano avrebbe rigenerato (non senza qualche critica, al di là dello share) il varietà italiano. Da protagonista di un tipo di televisione di qualità come sei stato, non commerciale e ciononostante di successo, come giudichi il momento attuale della televisione nazionale?

Non frequento la Tv da protagonista da circa 20 anni, e in 20 anni molte cose sono cambiate, non solo il linguaggio televisivo. È cambiato il gusto della gente che si è adeguata, ma anche rassegnata alle proposte della tv commerciale di oggi, un elettrodomestico favoloso attraverso il quel vediamo solo pubblicità e programmi confezionati ad arte per il marketing. Più volgarità, risse, parolacce, donne scosciate ci sono, più sono i curiosi inebetiti che seguono questo o quel programma. Non a caso l’ultimo show fatto come autore di Renzo Arbore per  RAI 1 lo intitolammo “Speciale per me-Meno siamo meglio stiamo”!
Anche per la tv, così come per il nostro paese, continuo ad avere fede e speranza. La bellezza, l’arte, la cultura, l’informazione, e tutte quelle cose che rendono la nostra vita interessante dobbiamo andarcele a cercare. I grandi movimenti culturali, intellettuali e artistici sono sempre nati nelle cantine, nei garage, nei circoli. Quello che considero “ il Network di strada” è stato ed è l’unico mezzo di comunicazione incontrollabile anche durante i regimi più pericolosi: il passaparola. Funziona così anche nella Musica. Se non cambia la mentalità nelle teste di chi gestisce la comunicazione in Italia rischieremo di regalare al mondo una nuova generazione di vittime inconsapevoli dell’ignoranza. Auguriamoci che programmi come quelli di Fazio e Saviano, l’ultima fatica del mio amico Fiorello e la rubrica musicale di Stefano Bollani in onda su RAI 3 siano l’inizio di una nuova rinascita.

Andiamo alla musica, il minimo comune multiplo di tutte le attività legate al tuo nome. Bollani, ma anche Allevi ed Enaudi, e molti altri: è un buon momento per il jazz (e per il pianismo) italiano? O siamo sempre nella solita (eterna?) fase di transizione?

Credo sia un buon momento per la musica in Italia, in particolare per il jazz italiano, oggi ricco di talenti e strepitosi. Artisti che tengono testa ai grandi nomi internazionali e dei quali non si parla mai in radio o in televisione. Comunque, Allevi ed Enaudi sono bravi pianisti, ma non hanno niente a che fare con il jazz!

Tu che giri molto e suoni tantissimo ovunque, dal Giappone agli Usa. Come giudichi il livello del live in Italia, soprattutto dal punto di vista jazzistico?

Come da report della SIAE, al contrario di quanto si pensi, il jazz ha incrementato il numero di biglietti venduti nelle rassegne live ed è in costante crescita. Così come per la musica classica. Una rilevante flessione nelle vendite discografiche e nella presenza ai concerti è vissuta invece nel circuito POP!

Dalla Bridgewater a Baglioni, passando per Sidran e Giorgia, tra tutte le tue svariate e ottime collaborazioni, riservando un “a parte” per Arbore, ovviamente, qual è stata la più memorabile e perché?

Le performance live e in studio fatte con Dizzy Gillespie, Jon Hendricks, Clark Terry e altri eroi del Jazz di tutti i tempi resteranno per me momenti indelebili. Ma tutti gli incontri che ho fatto nella mia carriera mi hanno donato qualcosa di importante. D’altra parte lo scopo della Musica è proprio questo: comunicare. C’è sempre qualcosa da imparare, dai più “vecchi” ma anche dai più “giovani”. Questo è il bello dell’arte: il talento non ha età, tocca a noi andarlo a scovare. Però due persone sono state importantissime per la mia crescita artistica: il mio amico americano, pianista, cantante, produttore discografico di fama, Ben Sidran; e il caro amico Renzo Arbore, foggiano come me, con il quale collaboro da più di 30 anni. Da Ben ho appreso molto in fatto di musica e produzioni discografiche. Con Renzo, ho imparato a vivere da artista.

Dal 2002 al 2007 hai condotto Groove Master su Radio Capital, facendo un lavoro di scoperta e selezione musicale a dir poco prezioso: un format semplice e provvidenziale, che ha lasciato il segno tra quegli ascoltatori “diversi”, che alla radio vogliono sentire soprattutto buona, e nuova, musica. Quanto si sente la mancanza di un programma del genere? E perché, ad oggi, non può esistere su una radio nazionale un format siffatto?

Credo che manchi in Italia una radio di riferimento per gli appassionati di musica. Prima che Linus distruggesse il lavoro svolto dal bravissimo direttore Carlo Mancini,  Radio Capital era la radio della buona musica e delle notizie. Se a guidare le emittenti continueremo ad avere gente che con la musica a poco a che fare, sarà difficile uscire dall’ottica delle play-liste e delle proposte discografiche da classifica.

Telesforo e Arbore. Arbore e Telesforo. A osservare il vostro feeling in ogni tipo di avventura, in tv o a livello musicale, si ha l’impressione che un segreto di questa collaborazione vincente sia il divertimento e, anche, il fatto di non prendersi mai completamente sul serio (pur rimanendo sempre impeccabili dal punto di vista professionale). E’ davvero così? Vi divertite così tanto?

Si, ci divertiamo ancora, dopo circa 30 anni di attività insieme. La verità è che ci piace quello che facciamo, siamo curiosi, e pieni di energia. Abbiamo molte affinità. Forse  perché siamo foggiani,  abbiamo mangiato le stesse cose e frequentato in momenti diversi gli stessi posti… Può darsi sia così.

Ultima domanda (inflazionata, ma doverosa). Scat-man, dj, musicista e performer, presentatore, autore… Ma Gegè Telesforo, da grande, che cosa vuol fare?

Quello che ho sempre fatto: musica!

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