Prima guerra mondiale Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 14 Oct 2024 12:51:22 +0000 it-IT hourly 1 Battaglia di Vittorio Veneto, riassunto e fatti storici https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-vittorio-veneto/ https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-vittorio-veneto/#comments Wed, 16 Oct 2019 08:38:01 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=27183 La battaglia di Vittorio Veneto fu combattuta fra il 24 ottobre e il 4 novembre 1918, fra l’esercito dell’Impero austro-ungarico e il Regio Esercito Italiano. Terminò con la disfatta degli austro ungarici e la resa incondizionata dell’Impero di fronte alle Potenze dell’Intesa. Di fatto sancì la vittoria dell’Italia nel primo conflitto mondiale.

Battaglia di Vittorio Veneto

La situazione alla viglia

Gli austro-ungarici

Dopo il gigantesco sforzo logistico e militare che aveva portato alla vittoria di Caporetto, e ancor più dopo la fallita offensiva della cosiddetta “Battaglia del solstizio” o “Seconda battaglia del Piave” (15-24 giugno 2018), le forze Imperiali austriache erano allo stremo.

Sotto il profilo morale, la condizione era determinata dal disfacimento dell’impero, dovuto alle crescenti spinte secessionistiche che caratterizzavano un impero multietnico come quello di Francesco Giuseppe. Ne risentivano il morale e la volontà delle truppe non austriache di combattere.

Inoltre, dopo quattro anni di guerra la situazione dei rifornimenti per le potenze centrali era decisamente preoccupante. Soprattutto sotto il profilo alimentare, i militari austriaci ricevevano razioni sempre più scarse e nettamente inferiori rispetto a quelli del riorganizzato esercito italiano.

Gli italiani

A ottobre 1918 l’esercito italiano aveva ben poco a vedere con quello di Caporetto. Il reclutamento dei “ragazzi del ‘99” aveva consentito di colmare le perdite e riportare le singole unità vicine alla forza nominale.

Il materiale in dotazione era infinitamente migliore rispetto a quello del 1915: i veicoli, l’artiglieria, le maschere antigas, ecc. Ma soprattutto la destituzione del detestato generale Cadorna, responsabile della disfatta di Caporetto, con la nomina del Generale Armando Diaz a capo di stato maggiore dell’esercito, aveva infuso nuovo morale nelle truppe. La sensazione generale era che la vittoria definitiva fosse vicina.

I piani delle due parti

Il Generale Diaz non era del tutto convinto dell’opportunità di lanciare un’offensiva a ottobre. Tuttavia, le pressioni degli alleati anglo-francesi lo convinsero e concepì il piano che aveva come obiettivo strategico Vittorio Veneto, che all’epoca si chiamava semplicemente Vittorio.

Questa cittadina venne scelta perché si trovava esattamente a metà strada rispetto ai punti di partenza delle due direttrici principali della avanzata. Inoltre, in base ai piani, la conquista di Vittorio Veneto avrebbe consentito anche di tagliare la via di ritirata alle truppe austro-ungariche, qualora si fosse riusciti a ottenere lo sfondamento lungo il fronte.

Riguardo alla situazione del nemico, le opinioni all’interno dello Stato Maggiore Italiano erano contrastanti. Alcuni ritenevano che gli austriaci avrebbero opposto una ferma resistenza, come sempre era stato fino a quel momento. Altri consideravano ormai sconfitto l’esercito austro-ungarico.

Fra tutti si distingueva l’opinione del colonnello Tulio Marchetti, Capo dell’Ufficio Informazioni della 1ª Armata, il quale riteneva che le truppe di prima linea del nemico sarebbero state un osso duro. Ma, una volta infranta la loro resistenza, non si sarebbero più trovati grossi ostacoli. Cosa che, puntualmente, si verificò.

Gli austriaci erano tutt’altro che ignari della possibilità, anzi probabilità, di una imminente offensiva italiana, nel breve periodo. In alcune aree del settore, come il Monte Grappa, si riteneva di poter fermare l’avanzata del nemico, appoggiandosi alle truppe di élite di prima linea e alle asprezze del terreno.

Peraltro, nel complesso si era ben consapevoli delle difficoltà e soprattutto delle lacune. Le unità imperiali erano ampiamente sotto numero, i materiali e i pezzi di artiglieria scarseggiavano ma, soprattutto, il problema principale era la denutrizione.

Il settore del Grappa

In base ai piani, le operazioni ebbero inizio il 24 ottobre 1918 nel settore del Monte Grappa. Qui, preceduta dal fuoco di preparazione dell’artiglieria, la 4a Armata del generale Gaetano Giardino sferrò l’attacco. In questo settore, però, le forze erano numericamente equilibrate e, anche grazie all’asprezza del terreno montagnoso, gli austro ungarici seppero resistere validamente.

Il gruppo di armate del Tirolo (Arciduca Giuseppe) riuscì a non cedere terreno e, anche nelle occasioni nelle quali gli italiani sembravano aver conseguito successi locali, seppero contrattaccare e riconquistare le posizioni perdute. Si andò avanti così, tra successi tattici italiani e controffensive austriache, alternate da proteste del generale Giardino che non vedeva vantaggi nel continuare un’offensiva che stava dissanguando le sue truppe, fino al 30 ottobre. La rotta austro-ungarica divenne generale su tutto il fronte e la 4 a Armata potè conseguire i suoi obiettivi.

Tuttavia, se si considera che, nel piano originale, la 4a Armata avrebbe dovuto assolvere a un compito strategico, inchiodando il nemico nel settore e, anzi, obbligandolo ad inviarvi delle riserve, si può concludere che l’offensiva in questo settore fu un insuccesso almeno parziale.

Il fronte del Piave

Il nerbo dell’offensiva era costituito dalla 8a Armata del generale Enrico Caviglia, che doveva avanzare nel settore del Piave. In particolare, tra Vidor e le Grave di Papadopoli (un’isoletta formatasi in seguito a un’alluvione che divise il Piave in due rami), il Regio Esercito era riuscito a conseguire una notevole superiorità locale.

Proprio qui, truppe inglesi conseguirono il primo successo locale, occupando l’isola con il supporto dell’artiglieria italiana. Sul resto del fronte, invece, le operazioni subirono un forte ritardo a causa delle forti piogge, che portarono a una semi-piena del Piave, rendendo di fatto il corso d’acqua impossibile da attraversare.

Fu solo il 27 ottobre che si riuscì ad attraversare il Piave, appoggiandosi soprattutto alla testa di ponte britannica. Il giorno 29 le operazioni offensive cominciarono a prendere una piega favorevole, grazie anche alle migliorate condizioni atmosferiche.

Come previsto dal colonnello Tullio Marchetti, superata l’opposizione della prima linea imperiale, le truppe italiane poterono avanzare subendo un contrasto molto relativo.

Soprattutto nel settore del Piave l’opposizione del nemico era minima: le unità di élite austriache, sconfitte, invocavano l’arrivo delle riserve, ma queste, soprattutto gli ungheresi, si rifiutavano di combattere. Il 30 ottobre si verificò un ulteriore sfondamento anche nel settore del Grappa e la ritirata austriaca si trasformò in rotta lungo tutto il fronte.

La resa

Intorno alle ore 15 del 30 ottobre 1918, il 20º reparto d’assalto del generale Caviglia entrò a Vittorio Veneto, accolto festosamente dalla popolazione. Dal 1º novembre, le operazioni dell’8ª Armata assunsero il carattere di inseguimento dell’esercito nemico in rotta.

Nel frattempo si trattava la resa. Dopo i primi approcci del 30 ottobre, le trattative proseguirono con alcune difficoltà. Da parte italiana si aspettava la trasmissione del testo della capitolazione da Versailles, dove si trattava la resa di tutte le potenze centrali.

La richiesta, inoltre, era di un cessate il fuoco posticipato di 24 ore rispetto alla firma dell’armistizio di Villa Giusti, mentre gli austriaci insistevano per una cessazione delle ostilità immediata. Alla fine, ci si accordò per l’entrata in vigore dell’armistizio alle ore 15,00 del giorno 4 novembre.

L’importanza della battaglia di Vittorio Veneto

All’epoca della battaglia di Vittorio Veneto, la capacità di opporsi al nemico dell’esercito austro ungarico era fortemente minata. Quattro anni di guerra e le contraddizioni interne (leggasi, il problema delle nazionalità) avevano logorato la volontà militare e politica di combattere dell’esercito imperiale.

Questo non significa però che le truppe del Regio Esercito si limitassero a sfondare una porta aperta. Soprattutto i veterani austriaci seppero combattere con valore, facendo appello allo spirito di corpo e alla fedeltà verso ufficiali che li avevano condotti attraverso le battaglie e i pericoli per 4 anni: in questo senso, la fedeltà al reparto si sostituì a quella alla Patria.

Da parte italiana, il documento più famoso a suggello della battaglia è il bollettino della vittoria del generale Diaz.

Il testo del generale Diaz

«Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12; Bollettino di guerra n. 1268

La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita.

La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l’irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente.

Nella pianura, S.A.R. il Duca d’Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L’Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell’accanita resistenza dei primi giorni e nell’inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni.

I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.»

Considerazioni finali

Ci fu chi descrisse la battaglia di Vittorio Veneto come un evento senza nemico o dove il nemico si limitò al ruolo passivo di fuggitivo. Non fu così. Come non è nemmeno vera quella parte di storiografia secondo la quale fu soprattutto a Vittorio Veneto che si determinò l’esito della prima guerra mondiale.

La verità sta nel mezzo: nell’ottobre 1918 fu sancito un destino al quale l’esercito austriaco era andato incontro nei 4 anni precedenti, ma che non tutti i suoi componenti erano ancora pronti ad accettare. L’Esercito Italiano colse invece una vittoria che appare fulgida, ma che ebbe le sue premesse nella Battaglia del solstizio, quella sì realmente incerta.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-vittorio-veneto/feed/ 4
Battaglia di Caporetto https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-caporetto/ https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-caporetto/#comments Fri, 22 Mar 2019 00:41:10 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26123 Se oggi il termine “Caporetto” è utilizzato come sinonimo di disfatta è perché quella che si consumò a Caporetto (oggi Kobarid, Slovenia) fu la più grave sconfitta mai subita da un esercito italiano. La Battaglia di Caporetto avvenne nel 2° anno di impegno dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale.

Battaglia di Caporetto Disfatta di Caporetto
Battaglia di Caporetto: truppe tedesche catturano numerosi soldati italiani in una trincea durante le fasi iniziali della battaglia.

Il Paese entrò in conflitto nel 1915 allo scopo, principalmente, di strappare Trento e Trieste all’Impero Austroungarico. A scontrarsi, anche a Caporetto, furono il Regio esercito italiano e le forze austroungariche e tedesche. Queste ultime giunsero in aiuto per far crollare il fronte occidentale, quello italiano.

Antefatto: 11 battaglie sull’Isonzo

La Battaglia di Caporetto giunse come 12° atto dei conflitti sul fiume Isonzo. Una serie di avanzate e ritirate che causarono grandissime perdite da ambo le parti; esse impegnarono gli italiani, sotto il comando di Luigi Cadorna, per più di due anni.

Il fiume Isonzo fu uno dei luoghi principi degli scontri del 1917; come anche l’Altopiano di Asiago e quello del Carso, il Veneto settentrionale e il confine odierno fra Slovenia e Friuli Venezia Giulia.

Mappa della Battaglia di Caporetto
Mappa dell’avanzata austro-ungarico-tedesca in seguito alla ritirata italiana

Battaglia di Caporetto: 3 fasi d’attacco e una grave sconfitta

L’attacco austroungarico a Caporetto iniziò il 24 ottobre 1917. L’evento è ricordato anche come 12ª battaglia dell’Isonzo.

Fase I

La prima fase fu quella del lancio di gas tossici. Gli italiani poterono resistere per due ore con le allora maschere antigas prima di abbandonare la prima linea.

Fase II

A seguire gli austroungarici misero in campo l’artiglieria con tonnellate di proiettili in caduta sulle linee di difesa dell’esercito italiano.

Fase III

In terza battuta, giunse la fanteria. Migliaia di soldati austriaci e tedeschi attaccarono gli schieramenti italiani. Ci fu una giornata intera di combattimenti, in cui questi ultimi non fecero che arretrare fino alla disfatta.

La disfatta

Quattro settimane dopo si ritirarono sulla linea del Piave. La disfatta di Caporetto costò all’Italia la vita di 40mila soldati e condusse in prigionia 365mila connazionali. La ritirata dei soldati italiani si protrasse per circa un mese.

Dopo la linea provvisoria sul Tagliamento, il Regio esercito si posizionò sul Piave. Tale linea mai fu sfondata dalle forze austroungariche e tedesche. Essa fu teatro di numerose successive battaglie.

La Tribuna
La Tribuna: la prima pagina del 20 ottobre 1918 racconta dell’evento storico della Seconda Battaglia del Piave

Intanto, a seguito di Caporetto, fra Friuli e Veneto abbandonarono la propria casa oltre un milione di cittadini. Questi divennero profughi di guerra, di cui solo 270mila si misero in salvo.

Ai tantissimi saccheggi e alle rappresaglie di mano austroungarica, fra l’altro, i cittadini del territorio risposero creando bande armate civili. Il loro scopo era quello di sabotare e disturbare l’occupazione. Questi gruppi si possono a buon titolo definire come le prime formazioni partigiane italiane.

Le cause della disfatta di Caporetto

Gli storici hanno definito in maniera unanime Caporetto come la più grande sconfitta italiana; e hanno, nello stesso modo, tracciato le principali cause di tale disfatta.

I soldati che combatterono quel capitolo, ma in generale anche tutto il conflitto, erano stati formati alla fine dell’Ottocento. In quel periodo poco o niente si conosceva di quello che sarebbe stato messo in campo in fatto di armi.

In particolare la mancanza di formazione fu evidente e fautrice di maggiori danni nell’ambito dell’artiglieria; essa fu utilizzata senza differenziare a dovere l’azione offensiva da quella difensiva.

A questa ignoranza fattuale si aggiunsero gli errori degli alti ufficiali. Il comandante supremo Cadorna e i comandanti d’armata Capello, Cavaciocchi, Badoglio e Bongiovanni compirono gravi errori strategici e tattici. In più, si fecero imbrigliare nella “burocratizzazione” che pure appartenne alla Prima guerra mondiale e che rallentò in più momenti la risposta del Paese in battaglia.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-caporetto/feed/ 6
Prima battaglia del Piave https://cultura.biografieonline.it/prima-battaglia-del-piave/ https://cultura.biografieonline.it/prima-battaglia-del-piave/#comments Sat, 09 Mar 2019 10:34:46 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26085 Dal 13 al 26 novembre del 1917, nell’ambito della Prima guerra mondiale, il Regio esercito italiano e le armate dell’Impero tedesco e austroungarico si diedero battaglia lungo la linea del Piave, al confine fra Trentino e Veneto. L’evento è ricordato come Prima battaglia del Piave e si distingue dalla Seconda battaglia del Piave, avvenuta pochi mesi dopo, dal 15 al 22 giugno 1918.

Prima battaglia del Piave
Prima battaglia del Piave

Il particolare posizionamento era stato deciso come linea di ripiegamento al tempo dell’offensiva austroungarica in Trentino. Divenne quasi necessario dopo la disfatta di Caporetto.

La resistenza italiana, in particolare, combatté nel territorio compreso fra: il fiume Brenta, Col Moschin, Monte Grappa, Monte Tomba, Monfenera; a nord: Monti Fontana Secca, Prassalan, Roncon, Tomatino e nelle prealpi bellunesi.

Bollettino di guerra: 13-26 novembre 1917

Ad avanzare e retrocedere furono 15 divisioni italiane e 38 austroungariche. Gli italiani in battaglia, in particolare, si raccolsero nella terza e quarta armata, totalizzando 8.343 ufficiali e 219.694 soldati.

Il 27 ottobre del 1917, a seguito della drammatica vicenda di Caporetto, il generale Cadorna ordinò la ritirata verso il Piave. Un’orda di soldati avanzò fra Veneto e Trentino ritrovando sulla strada centinaia di migliaia di profughi. Mentre i nemici proseguirono nonostante la distruzione di ponti e tentativi di accerchiamento.

Il mese di Novembre fu tutto occupato da azioni di avanzamento e ritirata, attacchi e resistenze. Il 1° novembre la X armata austroungarica attaccò i fanti italiani in ritirata; il giorno 13 novembre la fanteria austroungarica venne arrestata da 8 battaglioni di Alpini; il 14, il 15 e il 16 nuovi attacchi fecero contare gravissime perdite da entrambe le parti e numerosi prigionieri.

Il 17 novembre al Regio Esercito si aggiunsero: la “Brigata Gaeta”, i giovanissimi di Classe ’99. A seguire si aggiunsero numerose altre divisioni rimodulate da soldati fuggiti e sopravvissuti da precedenti compartimenti.

Nuovi attacchi avvennero dal 20 novembre sul Monte Pertica e nelle vicinanze di Alano di Piave, sul fronte del Monte Grappa. Ancora fino al giorno 26, quando 15 battaglioni austroungarico-tedeschi vennero respinti definitivamente da 12 battaglioni italiani, i quali segnarono la vittoria della resistenza.

Il caso della Prima battaglia del Piave

Sono diverse le caratteristiche che spiegano la vittoria degli italiani nella Prima battaglia del Piave. A seguito della grave sconfitta di Caporetto, il morale delle truppe era a terra. Porsi sul Piave però, da quanto si evince dai documenti storici militari, diede alle truppe quel senso di difesa del territorio che era mancato in altre fasi del conflitto.

Foto Prima battaglia del Piave

Essere sulla linea del Piave rese, cioè, molto più vivo il senso di difesa del Paese, alle spalle, dal nemico. Inoltre, gli italiani di Luigi Cadorna e poi Armando Diaz vinsero per un altro motivo: sempre memori degli errori di Caporetto, ridussero al minimo le circolari e la diffusione degli ordini.

Lo snellimento della burocrazia che aveva invece caratterizzato la fase precedente della guerra fece scaturire quella che gli storici definiscono la “difesa elastica”. Gli ufficiali del Regio Esercito disposero di una maggiore autonomia; il risultato fu di essere più veloci, più reattivi al nemico e al contempo più fermi moralmente dal punto di vista delle truppe sul territorio dello scontro.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/prima-battaglia-del-piave/feed/ 5