poesie di Foscolo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 06 Nov 2024 07:57:22 +0000 it-IT hourly 1 In morte del fratello Giovanni: testo, parafrasi, analisi e commento alla poesia di Foscolo https://cultura.biografieonline.it/in-morte-del-fratello-giovanni/ https://cultura.biografieonline.it/in-morte-del-fratello-giovanni/#comments Wed, 06 Nov 2024 05:45:31 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21576 La poesia In morte del fratello Giovanni è uno dei sonetti più famosi di tutta la produzione di Ugo Foscolo. Il sonetto è stato composto sicuramente dopo la primavera del 1803 ed è dedicato alla morte del fratello del poeta, Gian Dionisio detto Giovanni. Questi si tolse la vita con un pugnale l’8 dicembre 1801 mentre era soldato a Venezia. Giovanni Foscolo, fratello maggiore (nato a Zante il 27 febbraio 1781) di Ugo, scelse di suicidarsi perché aveva pagato un debito di gioco con del denaro sottratto alla cassa dell’esercito. Questo fu un avvenimento molto doloroso per il poeta, che – oltre alla poesia In morte del fratello Giovanni – affronta l’argomento soprattutto nel suo epistolario.

Ugo Foscolo - Poesie

La raccolta Poesie

La lirica fa parte della raccolta di poesie dell’autore, che sono state pubblicate in un’edizione definitiva nel 1803.

Le Poesie raccolgono dodici sonetti e due odi, composte tra il 1798 e il 1803, e restituiscono ai lettori un ritratto dell’autore.

Tra i componimenti più noti vi sono:

I sonetti sono notevolmente autobiografici, mentre le due odi neoclassiche (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica risanata) si discostano dalla vena personale.

Una parte importante della raccolta è rappresentata dai 12 sonetti, che mettono in luce l’animo tormentato dell’autore e i suoi pensieri.

Ugo Foscolo rinnova completamente la forma del sonetto, inserendovi tematiche lontane dalla tradizione metrica e stilistica precedente.

Nella lirica in esame l’autore inserisce il tema dell’esilio e della morte, vista nei suoi risvolti più tristi.

In morte del fratello Giovanni è un sonetto di endecasillabi, che segue lo schema di rime:

ABAB ABAB CDC DCD

In morte del fratello Giovanni, testo completo

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente, mi vedrai seduto
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
Il fior de’ tuoi gentili anni caduto:

La madre or sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col tuo cenere muto:
Ma io deluse a voi le palme tendo;
E se da lunge i miei tetti saluto,

Sento gli avversi Numi, e le secrete
Cure che al viver tuo furon tempesta;
E prego anch’io nel tuo porto quiete:

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
Allora al petto della madre mesta.

Parafrasi

Un giorno, se non andrò sempre vagando
di popolo in popolo,
mi vedrai seduto sulla tua tomba,
o fratello mio, piangendo il fiore reciso della tua giovinezza.

Solo adesso la madre, portando con sé i giorni della sua vecchiaia (suo dì tardo),
parla di me con il tuo corpo silenzioso,
ma io tendo invano verso di voi le mie mani
e solo da lontano saluto la mia patria.

Sento le avversità del destino e i travagli dell’animo
che hanno provocato la tempesta nella tua vita,
e anche io prego di poter raggiungere la quiete del tuo porto (la morte).

Solo questo mi rimane oggi di tutta speranza!
O genti straniere, restituite al cuore di mia madre triste
almeno le mie ossa.

Analisi

La struttura del sonetto è ben definita. Nella prima quartina vengono introdotti subito i due temi principali: l’esilio e la morte dell’amato fratello.

Nella seconda quartina viene introdotto il terzo personaggio della lirica: la madre che piange per la morte del figlio.

Nella prima terzina il poeta esprime tutti i suoi affanni e le pene del suo animo.

Nella seconda terzina egli rovescia la visione negativa della morte, che diventa così un luogo di pace, che il poeta vuole raggiungere.

Il modello a cui si ispira Foscolo è il Carme 101 di Catullo. I primi versi corrispondono ad una perfetta traduzione dei versi del poeta latino (traduzione del carme di Catullo: “Condotto per molte genti e molti mari, sono giunto a queste tue tristi spoglie, o fratello“). Foscolo, però, non si limita a copiare o citare i versi di Catullo, ma li reinterpreta in chiave moderna, aggiungendovi maggiore pathos e sentimento, perché dubita che possa mai tornare sulla tomba del fratello.

Dal punto di vista stilistico, bisogna ricordare: i numerosi enjambements che spezzano i versi (v. 1-2, v. 2-3., v. 3-4 etc.) sia nelle due quartine che nelle due terzine, la rima in gerundio (fuggendo-gemendo v. 1-3) e l’utilizzo di questo modo verbale anche in altri versi della poesia (v.5).

È presente, inoltre, il latinismo “cenere” al verso 6 e un utilizzo accentuato dei pronomi personali.

Foto di Ugo Foscolo, In morte del Fratello Giovanni
Ugo Foscolo

Commento

Il sonetto In morte del fratello Giovanni è uno dei più intensi della produzione dell’autore.

Qui Ugo Foscolo mette in evidenza il tema dell’esilio, che provocherà sempre un dolore in lui. Evidenzia anche il valore della tomba, che sarà poi approfondito nel carme Dei sepolcri.

Spicca però l’importanza della famiglia: questo è il valore che consola il poeta, in particolare la figura della madre, che crea una connessione tra lui e il fratello morto.

Si tratta di un sonetto intenso e struggente, nel quale Foscolo utilizza il tema della morte del fratello Giovanni per esprimere il dolore per il suo esilio e i suoi affanni.

Questa poesia rappresenta non solo un lamento funebre per la morte del fratello, ma anche una riflessione più ampia sulla condizione umana e sull’esilio. La distanza fisica dalla tomba del fratello diventa metafora della distanza esistenziale che separa i vivi dai morti.

Dal punto di vista letterario vi sono 3 elementi innovativi:

  1. La fusione tra elemento autobiografico e riflessione universale.
  2. L’intreccio tra dolore personale e condizione storica.
  3. La modernità della riflessione sulla solitudine dell’individuo.

La perfezione formale del sonetto si fonde con l’intensità emotiva del contenuto, creando un equilibrio magistrale tra forma e sostanza.

Il tema dell’esilio, così centrale nella vita di Foscolo, si intreccia qui con il dolore per la perdita del fratello, creando un doppio livello di separazione: quella fisica dalla patria e quella esistenziale dalla persona amata.

Il componimento rappresenta uno dei momenti più alti della lirica foscoliana, dove l’esperienza personale si trasforma in poesia universale.

Foscolo riesce di fatto a trasformare un evento tragico personale in una riflessione universale sulla condizione umana.

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Ultime lettere di Jacopo Ortis: riassunto https://cultura.biografieonline.it/riassunto-ultime-lettere-jacopo-ortis/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-ultime-lettere-jacopo-ortis/#comments Wed, 29 Mar 2023 19:59:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13526 Uno dei romanzi più significativi del poeta e scrittore italiano Ugo Foscolo è Le ultime lettere di Jacopo Ortis. Tale opera è considerata il primo romanzo epistolare della letteratura italiana. L’opera si ispira ad un fatto realmente accaduto: la vicenda del suicidio di uno studente universitario, Girolamo Ortis. Foscolo, in seguito, mutò il nome di Girolamo in Jacopo, in onore di Jean-Jacques Rousseau.

Jacopo Ortis
Ultime lettere di Jacopo Ortis, romanzo epistolare del 1802 di Ugo Foscolo

Le ultime lettere di Jacopo Ortis: analisi

Le lettere del giovane suicida Jacopo Ortis sono indirizzate ad un amico, Lorenzo Alderani, che, dopo il suicidio di Jacopo, le avrebbe date alla stampa corredandole con una presentazione e con la rispettiva conclusione. Si tratta anche di un romanzo autobiografico, poiché si ispira alla doppia delusione avuta da Foscolo, da una parte, per l’amore impossibile per Isabella Roncioni che non riuscì a sposare, e dall’altra parte, per la patria, riferendosi al Trattato di Campoformio dove Napoleone decide di cedere all’Austria parte del territorio.

Ugo Foscolo prende spunto dal modello letterario de I dolori del Giovane Werther di Johann Wolfang von Goethe e risente molto dell’influsso del poeta e drammaturgo Vittorio Alfieri, tanto che il suo capolavoro è considerato una tragedia alfieriana in prosa.

Ugo Foscolo
Ugo Foscolo

Riassunto

Il romanzo narra le vicende di uno studente universitario veneto di passione repubblicana: Jacopo Ortis. Dopo aver assistito impotente al sacrificio della sua patria, Jacopo si rifugia presso i Colli Euganei. Il ragazzo trascorre una vita in perfetta solitudine, ormai deluso da tutto e da tutti, passando il suo tempo libero scrivendo al suo caro amico Lorenzo Alderani, leggendo il filosofo greco Plutarco o intrattenendosi quando capita con un sacerdote, con il medico e con altre persone della cittadina. La sua vita ha una svolta quando incontra il Signor T e le sue due figlie Teresa e Isabellina. L’uomo inizia a frequentare la loro casa e si innamora perdutamente di Teresa, ma la donna è già promessa in sposa al freddo e avido Odoardo.

Proprio durante una passeggiata, Teresa confessa a Jacopo di non sentirsi felice e di non volere sposare Odoardo, al quale il padre l’ha promessa in sposa solo esclusivamente per mere questioni economiche. Il ragazzo da una parte è felice di questa sua dichiarazione, dall’altra però sente la sua disperazione per un amore a suo dire impossibile.

Seconda parte

Stanco di tutto, decide di andare a Padova, dove è riaperta l’Università. Dopo alcuni mesi, però, Jacopo ci ripensa e ritorna da Teresa. Nel frattempo, approfittando dell’assenza del futuro sposo Odoardo riprende i dolci colloqui con la donna. Ma anche quella felicità dura un soffio. Il destino è segnato: “l’uomo sarà infelice” e questo Jacopo lo ripete narrando la storia di Lauretta, una fanciulla infelice, nelle cui braccia è morto il fidanzato e i cui genitori sono dovuti fuggire dalla loro patria.

Per un periodo i due giovani sono travolti dall’amore; poi Jacopo, oppresso da una parte dalla scomoda situazione vissuta con Teresa, promessa sposa di Odoardo, e dall’altra assillato dal dolore di poter servire la propria patria, d’improvviso si ammala. Il giovane, in seguito, confessa al padre di Teresa, venutogli in visita, l’amore per la figlia.

Una volta guarito, il giovane decide di partire alla volta di alcune città italiane, scrivendo una lettera d’addio alla donna amata. Jacopo si reca a Ferrara, Bologna e Firenze. Qui visita i sepolcri dei “grandi” a Santa Croce (scriverà poi il celebre carme Dei Sepolcri pochi anni dopo). Poi, portando sempre con sé l’immagine di Teresa, viaggia fino a Milano dove sarà fondamentale l’incontro con Giuseppe Parini, che lo dissuade da qualsiasi tentativo di mettere in scena atti di audacia per salvare, a sua detta, la sua patria.

Finale

Jacopo continua a viaggiare fino a quando viene messo al corrente del fatto che Teresa si è sposata. Decide quindi di ritornare sui Colli Euganei per salutare per l’ultima volta la donna che ama; poi parte alla volta di Venezia dove riabbraccia per l’ultima volta la madre. In ultimo si reca di nuovo verso i Colli Euganei. L’uomo, dopo aver scritto una lettera a Teresa e l’ultima all’amico Lorenzo Alderani, si uccide piantandosi un pugnale nel cuore.

Temi trattati

Ugo Foscolo, nella sua opera, tratta il tema del suicidio considerato come una scelta dell’ultima libertà che il destino non può togliere. Tra gli altri temi trattati troviamo quello della patria, tanto caro allo scrittore, il tema dell’amore inteso come una forza positiva da cui scaturiscono la bellezza e l’arte, quello della morte, della speranza di essere compianto (“la morte non è dolorosa“) e della sepoltura nella propria terra.

Il tema della patria è rimarcato perfino con un’affermazione scritta nell’incipit del romanzoUltime lettere di Jacopo Ortis“:

Il sacrificio della patria nostra è consumato, tutto è perduto

Infatti, secondo lo scrittore, anche la società è tutta impegnata solo a occuparsi del benessere materiale, apparendo indifferente al richiamo dei valori ideali e al sacrificio. Il lessico usato da Foscolo è caratterizzato da frasi esclamative e interrogative, da risonanze letterarie drammatiche e da parecchie pause espressive.

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I dolori del giovane Werther: riassunto e breve analisi https://cultura.biografieonline.it/dolori-giovane-werther-analisi/ https://cultura.biografieonline.it/dolori-giovane-werther-analisi/#comments Thu, 09 Mar 2023 09:02:53 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9848 Il romanzo I dolori del giovane Werther scritto da Wolfgang Goethe uscì nella sua prima redazione nel 1774. Ebbe un successo enorme e l’autore divenne punto di riferimento per gli intellettuali tedeschi del movimento dello Sturm und Drang (movimento tedesco di fine ‘700 collegato alla nascita del Romanticismo). Il personaggio principale è importante perché ispirò Ugo Foscolo per la stesura del suo romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis.

I dolori del giovane Werther
I dolori del giovane Werther: sulla sinistra la pagina iniziale della prima edizione (1774); sulla destra una copertina italiana del romanzo.

La vicenda del romanzo di Goethe racconta i fatti che si sarebbero svolti nel 1771-1772 e presenta molti rimandi autobiografici. Si divide in due libri, conservando però sempre lo stesso protagonista.

Il primo libro

Il primo libro racconta di Werther, giovane borghese che decide di rifugiarsi in campagna per restare più a contatto con la natura. Legge i classici di Omero e fa conoscenza con le persone locali. In particolar modo con un giovane contadino, vivendo quindi in pace con la natura. Werther incontra poi Lotte, una ragazza che fa da madre ai suoi fratellini. Se ne innamora perdutamente senza mai confessarglielo, perché la ragazza è già impegnata.

I due però si frequentano in modo libero fin quando torna il fidanzato di lei, Alberto, che diventa a sua volta amico del protagonista. I due però hanno un forte scontro per una divergenza di opinioni sul tema del suicidio.

Il secondo libro

Qui comincia il secondo libro, quando Werther torna in città per prestare servizio a seguito di un ambasciatore. Iniziano così i suoi conflitti con la società: a causa della sua nascita borghese, non può essere ammesso in numerosi ricevimenti.

Werther entra così in una spirale di passioni e forti sentimenti: Lotte e Alberto si sono sposati e lui si indentifica non più con Omero ma con il tragico personaggio di Ossian. Una sera Lotte lo abbraccia e si accorge di amarlo, ma lo allontana senza cedere alla passione. Werther manda a chiedere la pistola di Alberto e si uccide sparandosi alla testa.

L’ultima parte viene narrata dall’editore che legge le lettere di Werther.

I dolori del giovane Werther: breve analisi

Il romanzo I dolori del giovane Werther è più di una semplice storia d’amore mai nata a causa di un rifiuto. È un vero e proprio attacco alla società borghese massificata da parte di Goethe. La visione negativa della natura, che si evince nella seconda parte, capovolge la visione positiva della prima. Essa esprime tutta la portata degli ideali rivoluzionari contro il conformismo della società dell’epoca.

Werther diventa così l’eroe ribelle che va contro tutto per seguire la sua passione. Diventa poi nel corso del tempo il baluardo dei rivoluzionari che spingevano verso le forme del romanticismo. Non manca neppure l’aumento dei casi di suicidio in quel periodo e quindi l’imitazione della vita del protagonista.

In Italia l’esempio del romanzo goethiano è seguito in pieno dal Foscolo. Anch’egli propose la descrizione della storia di un ragazzo passionale immischiato nel mondo politico.

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Dei Sepolcri, analisi dell’opera di Ugo Foscolo https://cultura.biografieonline.it/dei-sepolcri/ https://cultura.biografieonline.it/dei-sepolcri/#comments Wed, 26 Oct 2022 11:33:00 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18433 Il poemetto Dei Sepolcri è stato scritto e stampato all’inizio del 1807, a seguito dell’incontro tra Ugo Foscolo e Ippolito Pindemonte avvenuto nell’estate dello stesso anno. Si tratta di una delle opere più compatte e definitivamente concluse dell’autore. L’idea di scrivere questo carme nacque probabilmente a seguito di una discussione avuta con lo stesso Pindemonte e con la contessa Isabella Teotochi Albrizzi sul tema della sepoltura.

Dei Sepolcri
Dei Sepolcri è un carme di Ugo Foscolo del 1807 – Carme: componimento poetico volto a interpretare o esaltare liricamente un fatto, una consuetudine, un costume o una persona.

Contesto storico

In quel tempo, infatti, in Italia era stato esteso l’Editto di Saint Cloud (1804) emanato da Napoleone (così nacque anche l’oggi celebre cimitero di Père-Lachaise di Parigi): esso prevedeva che le sepolture venissero poste al di fuori delle mura della città, per motivi igienici, e che tutte le tombe dovevano essere uguali, per conformarsi all’eguaglianza sociale dominante con l’Illuminismo. Ciò provocò grandi discussioni tra gli intellettuali sul valore della tomba: tra queste si inserisce il carme Dei Sepolcri di Foscolo, sulla scia di uno simile che aveva composto Pindemonte sull’importanza dei cimiteri.

Le anguste case e i bassi e freddi letti
Ove il raggio del sol mai non penètra…
I cimiteri, INCIPIT

Ippolito Pindemonte
Ippolito Pindemonte

Ugo Foscolo, pur avendo appoggiato inizialmente le teorie meccanicistiche dell’Illuminismo, ribadisce in quest’opera il valore della tomba, accostandosi così al Preromanticismo e contestando violentemente l’editto in questione.

Dei Sepolcri: analisi

Ciò che contraddistingue il carme non è tanto il tema, comune ai movimenti preromantici che si stavano diffondendo in Europa in quel tempo, quanto piuttosto la struttura: Foscolo segue argomentazioni serrate e attualizza l’opera.

Dei Sepolcri è un’opera costituita da 295 endecasillabi sciolti e possono essere suddivisi in quattro parti, come indicato dallo stesso autore. In un altro articolo su questo sito è possibile trovare il testo completo “Dei Sepolcri”.

Prima parte

La prima parte (vv. 1-90) affronta il tema dell’utilità della tomba e dei riti funebri. La tomba, da un punto di vista materialista, non è importante ma diventa una corrispondenza di amorosi sensi. Essa ha un forte valore affettivo per le persone care che ricordano il defunto. Quando i vivi si recano sulla tomba dei loro cari avvertono ancora un collegamento con essi. Per questo trovano un momento di pace per l’animo.

Il tema della tomba e della corrispondenza tra vivi e morti era già stato affrontato da Foscolo nei Sonetti. In particolare In morte del fratello Giovanni, nel quale ricorda il fratello e immagina di parlare con lui e visitare la sua tomba. Il sepolcro quindi è fondamentale per la sopravvivenza dei vivi, che possono trovare conforto al proprio dolore.

Seconda parte

La seconda parte (vv 91-150) è dedicata ad una ricognizione di tutte le concezioni della morte nel corso del tempo. Il modello di sepoltura cattolico viene considerato sorpassato, mentre viene osannato il modello classico.

La tomba viene considerata quindi da un punto di vista storico come espressione della civiltà del mondo.

Terza parte

La terza parte (vv. 151-212) indaga sul significato pubblico della morte: vengono infatti ricordate le tombe dei grandi  personaggi, tra cui Machiavelli e Alfieri, sepolti nella chiesa di Santa Croce a Firenze.

Foscolo insiste in particolare sul fatto che le tombe dei grandi stimolano i caratteri più virtuosi a continuare la loro opera. Visitando le sepolture di personaggi illustri si tende ad imitare il loro buon esempio. L’invito dell’autore è quindi a ritrovare la dignità dei grandi ideali trasmessi dalle personalità del passato grazie al valore della tomba.

Quarta parte

La quarta parte (vv. 213-295) ribadisce quindi il valore morale della morte: essa ricompensa tutte le ingiustizie subite in vita. Questa conclusione è fondamentale perché, a partire da questa tematica, l’autore afferma il concetto di poesia eternatrice. Anche la tomba è soggetta all’usura del tempo. Per questo soltanto la poesia può conservare la memoria di una persona per sempre.

Per fare ciò, cita l’autore per eccellenza, Omero, che ha cantato la guerra di Troia e ha permesso di ricordare il valore di tutti i personaggi, vincitori e vinti. La poesia quindi assume lo stesso significato delle tombe. Quello di preservare il ricordo. Ma è molto più potente di esse perché è in grado di durare per sempre e resistere al trascorrere del tempo.

Ugo Foscolo
Ugo Foscolo

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Breve commento

Nonostante Foscolo neghi la sopravvivenza dell’anima oltre la morte, con l’opera “Dei Sepolcri” afferma però il valore essenziale della sepoltura. Nonostante le sue teorie materialiste, ciò che si salva e che va oltre la morte viene garantito proprio grazie al potere della poesia.

Ugo Foscolo, infatti, era un intellettuale che si sentiva spesso fuori posto, in contrasto con le teorie dominanti, esule. Grazie a questo carme però, afferma comunque l’importanza dell’illusione positiva creata dal valore della tomba e della poesia. Esiste quindi un modo per essere ricordati dopo la morte.

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Alla sera, poesia di Ugo Foscolo https://cultura.biografieonline.it/alla-sera-foscolo/ https://cultura.biografieonline.it/alla-sera-foscolo/#comments Wed, 22 Feb 2017 13:04:26 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21342 Il sonetto in esame, Alla sera, è uno dei più famosi della produzione di Ugo Foscolo. Venne composto tra la fine del 1802 e l’inizio del 1803. Fu scelto per aprire la serie di dodici sonetti, compresi nelle Poesie dell’autore. È uno dei più importanti e struggenti scritti dal Foscolo perché dedicato all’arrivo della sera, un momento della giornata molto caro al poeta che, nel viverlo, riesce a liberarsi dagli affanni della vita.

Alla sera, Ugo Foscolo

La raccolta Poesie, di Ugo Foscolo

La raccolta Poesie è una delle prime opere della maturità stilistica del poeta. Essa include 12 sonetti e 2 odi, composte tra il 1802 e il 1803. Foscolo, con quest’opera, vuole dare un ritratto di sé stesso a modello del Canzoniere di Petrarca e, soprattutto, delle poesie di Alfieri. Nella raccolta quindi si alternano componimenti più autobiografici, come A Zacinto o In morte del fratello Giovanni (dedicato al tema dell’esilio), con alcuni di riflessione poetica (Alla Musa o Alla sera). Altri invece sono ispirati ad eventi precisi, come quello dedicato alla guarigione dell’amica Antonietta Fagnani Arese (All’amica risanata, ode neoclassica).

Il canzoniere di Foscolo, se così più definirsi, è una raccolta molto importante perché rappresenta un momento fondamentale della sua storia letteraria e umana. E’ come se, in essa, egli stilasse un bilancio della prima parte della sua vita. Foscolo è stato uno scrittore importantissimo all’interno del panorama letterario italiano perché ha saputo fondere, nella sua produzione, elementi neoclassici con temi romantici e idee illuministe, andandosi a collocare proprio nella fase di transizione tra queste correnti letterarie.

Alla sera, testo della poesia

La lirica in esame è un sonetto (due quartine e due terzine) di endecasillabi con schema di rime:

ABAB ABAB CDC DCD

 

Forse perché della fatal quïete
Tu sei l’imago a me sì cara vieni
O sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquïete
Tenebre e lunghe all’universo meni
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

Parafrasi

Forse perché sei l’immagine della morte, arrivi a me così gradita, o sera.
Sia quando ti accompagnano le nubi estive e in calmi venti tiepidi, sia quando dal cielo invernale, carico di neve, porti le tenebre sull’universo.

In ogni situazione, sempre sei invocata da me e occupi le zone più segrete del mio animo dandomi dolci sensazioni.

Mi fai errare sulle orme che vanno verso la morte e intanto questo tempo malvagio scorre, e con esso vanno via anche i numerosi affanni in cui quest’epoca si sta logorando insieme con me.

E mentre io contemplo la tua quiete, si placa quello spirito guerriero che rugge nel mio cuore.

Analisi

Alla sera è una rielaborazione del sonetto classico petrarchesco. Nelle quartine vi sono le premesse di ciò che verrà detto nelle terzine.

Nelle due quartine (vv. 1-8) vengono presentate tutte le circostanze che accompagnano l’arrivo della sera: sia che essa arrivi in una stagione calma, sia nella stagione invernale. Qui prevalgono quindi le sensazioni descrittive. Il primo verso, inoltre, inizia con forse, come se il poeta volesse continuare in questo componimento un suo ragionamento iniziato precedentemente.

Nelle due terzine (vv. 9-14) prevalgono invece le sensazioni meditative e riflessive: l’autore racconta gli effetti dell’arrivo della sera nel suo animo. In particolare l’arrivo di questo momento della giornata, in cui riesce finalmente a domare il suo spirito di ribelle, che raggiunge un po’ di quiete.

Dal punto di vista stilistico, è importante notare l’utilizzo delle metafore perché in esse vengono espressi i nodi concettuali più importanti (v. 9: la sera lo fa vagare sulle orme che portano al nulla eterno).

Il sonetto è poi caratterizzato dall’utilizzo di molti enjambements, che spezzano il ritmo dell’endecasillabo (v. 2, v. 3, v. 5, v. 6 etc).

Dal punto di vista del lessico, nel sonetto sono presenti sia parole auliche e termini poetici (imago, aere) sia parole comuni (cara, estive, vieni).

Foto di Ugo Foscolo
Ugo Foscolo

Commento

Il tema centrale della lirica è quindi la contemplazione della pace che porta la sera. Finalmente in quest’ora della giornata il poeta riesce a calmare il suo spirito romantico e a riflettere sulla propria vita. La riflessione diventa poi generale e si sposta sulla vita, sul tempo moderno che è pieno di affanni, come viene qui definito.

Il tema della sera e della sua quiete è un topos letterario, perché utilizzato sin dall’antichità da numerosi autori: per definizione, la sera è infatti il momento della giornata in cui ci si più fermare a pensare. Soprattutto, alla sera si cerca un po’ di pace dopo i problemi affrontati durante la giornata.

Foscolo, a causa della sua vita travagliata, esalta in questo sonetto il suo desiderio di ritrovare la pace spirituale. Essa per lui può essere raggiunta in maniera definitiva solo con la morte, il nulla eterno che, però, non lo spaventa.

L’autore ci regala così un capolavoro della letteratura italiana, improntato su un tema classico ma rivisto in chiave moderna, attraverso l’esaltazione degli ideali illuministi che hanno sempre contraddistinto il pensiero foscoliano.

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Dei Sepolcri, testo completo https://cultura.biografieonline.it/dei-sepolcri-testo/ https://cultura.biografieonline.it/dei-sepolcri-testo/#comments Fri, 20 May 2016 14:47:09 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18549 Quello che segue è il testo completo di una delle opere più celebri di Ugo Foscolo: Dei Sepolcri. Presentiamo il testo diviso in 4 parti logiche, per la cui analisi vi rimandiamo all’approfondimento: “Dei Sepolcri”, analisi e commento.

I Sepolcri - Foscolo

Dei Sepolcri

Parte I

All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
Confortate di pianto è forse il sonno
Della morte men duro? Ove più il Sole
Per me alla terra non fecondi questa
Bella d’erbe famiglia e d’animali,
E quando vaghe di lusinghe innanzi
A me non danzeran l’ore future,
Nè da te, dolce amico, udrò più il verso
E la mesta armonia che lo governa,
Nè più nel cor mi parlerà lo spirto
Delle vergini Muse e dell’Amore,
Unico spirto a mia vita raminga,
Qual fia ristoro a’ dì perduti un sasso
Che distingua le mie dalle infinite
Ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
Ultima Dea, fugge i sepolcri; e involve
Tutte cose l’obblio nella sua notte;
E una forza operosa le affatica
Di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe
E l’estreme sembianze e le reliquie
Della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perchè pria del tempo a sè il mortale
Invidierà l’illusion che spento
Pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
Gli sarà muta l’armonia del giorno,
Se può destarla con soavi cure
Nella mente de’ suoi? Celeste è questa
Corrispondenza d’amorosi sensi,
Celeste dote è negli umani; e spesso
Per lei si vive con l’amico estinto
E l’estinto con noi, se pia la terra
Che lo raccolse infante e lo nutriva,
Nel suo grembo materno ultimo asilo
Porgendo, sacre le reliquie renda
Dall’insultar de’ nembi e dal profano
Piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
E di fiori adorata arbore amica
Le ceneri di molli ombre consoli.
Sol chi non lascia eredità d’affetti
Poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
Dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
Fra ’l compianto de’ templi Acherontei,
O ricovrarsi sotto le grandi ale
Del perdono d’lddio: ma la sua polve
Lascia alle ortiche di deserta gleba
Ove nè donna innamorata preghi,
Nè passeggier solingo oda il sospiro
Che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
Fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
Contende. E senza tomba giace il tuo
Sacerdote, o Talia, che a te cantando
Nel suo povero tetto educò un lauro
Con lungo amore, e t’appendea corone;
E tu gli ornavi del tuo riso i canti
Che il lombardo pungean Sardanapalo,
Cui solo è dolce il muggito de’ buoi
Che dagli antri abduani e dal Ticino
Lo fan d’ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
Spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
Fra queste piante ov’io siedo e sospiro
Il mio tetto materno. E tu venivi
E sorridevi a lui sotto quel tiglio
Ch’or con dimesse frondi va fremendo
Perchè non copre, o Dea, l’urna del vecchio,
Cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
Vagolando, ove dorma il sacro capo
Del tuo Parini? A lui non ombre pose
Tra le sue mura la città, lasciva
D’evirati cantori allettatrice,
Non pietra, non parola; e forse l’ossa
Col mozzo capo gl’insanguina il ladro
Che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
La derelitta cagna ramingando
Su le fosse e famelica ululando;
E uscir del teschio, ove fuggìa la Luna,
L’ùpupa, e svolazzar su per le croci
Sparse per la funerea campagna,
E l’immonda accusar col luttuoso
Singulto i rai di che son pie le stelle
Alle obblîate sepolture. Indarno
Sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
Dalla squallida notte. Ahi! sugli estinti
Non sorge fiore ove non sia d’umane
Lodi onorato e d’amoroso pianto:

Parte II

Dal dì che nozze e tribunali ed are
Dier alle umane belve esser pietose
Di sè stesse e d’altrui, toglieano i vivi
All’etere maligno ed alle fere
I miserandi avanzi che Natura
Con veci eterne a’ sensi altri destina.
Testimonianza a’ fasti eran le tombe,
Ed are a’ figli; e uscìan quindi i responsi
De’ domestici Lari, e fu temuto
Su la polve degli avi il giuramento:
Religïon che con diversi riti
Le virtù patrie e la pietà congiunta
Tradussero per lungo ordine d’anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi
Fean pavimento; nè agl’incensi avvolto
De’ cadaveri il lezzo i supplicanti
Contaminò; nè le città fur meste
D’effigïati scheletri: le madri
Balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono
Nude le braccia su l’amato capo
Del lor caro lattante, onde nol desti
Il gemer lungo di persona morta
Chiedente la venal prece agli eredi
Dal santuario. Ma cipressi e cedri
Di puri effluvi i zefiri impregnando
Perenne verde protendean su l’urne
Per memoria perenne; e prezïosi
Vasi accogliean le lagrime votive.
Rapìan gli amici una favilla al Sole
A illuminar la sotterranea notte,
Perchè gli occhi dell’uom cercan morendo
Il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
Mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
Amaranti educavano e viole
Su la funebre zolla; e chi sedea
A libar latte o a raccontar sue pene
Ai cari estinti, una fragranza intorno
Sentia qual d’aura de’ beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
De’ suburbani avelli alle britanne
Vergini, dove le conduce amore
Della perduta madre, ove clementi
Pregaro i Geni del ritorno al prode
Che tronca fe’ la trîonfata nave
Del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d’inclite gesta
E sien ministri al vivere civile
L’opulenza e il tremore, inutil pompa
E inaugurate immagini dell’Orco
Sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
Decoro e mente al bello Italo regno,
Nelle adulate reggie ha sepoltura
Già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
Morte apparecchi riposato albergo,
Ove una volta la fortuna cessi
Dalle vendette, e l’amistà raccolga
Non di tesori eredità, ma caldi
Sensi e di liberal carme l’esempio.

Parte III

A egregie cose il forte animo accendono
L’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
E santa fanno al peregrin la terra
Che le ricetta. Io quando il monumento
Vidi ove posa il corpo di quel grande
Che, temprando lo scettro a’ regnatori,
Gli allor ne sfronda, ed alle genti svela
Di che lagrime grondi e di che sangue;
E l’arca di colui che nuovo Olimpo
Alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
Sotto l’etereo padiglion rotarsi
Più Mondi, e il Sole irradiarli immoto,
Onde all’Anglo che tanta ala vi stese
Sgombrò primo le vie del firmamento:
Te beata, gridai, per le felici
Aure pregne di vita, e pe’ lavacri
Che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell’aer tuo veste la Luna
Di luce limpidissima i tuoi colli
Per vendemmia festanti, e le convalli
Popolate di case e d’oliveti
Mille di fiori al ciel mandano incensi:
E tu prima, Firenze, udivi il carme
Che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,
E tu i cari parenti e l’idïoma
Dèsti a quel dolce di Calliope labbro,
Che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
D’un velo candidissimo adornando,
Rendea nel grembo a Venere Celeste;
Ma più beata che in un tempio accolte
Serbi l’Itale glorie, uniche forse
Da che le mal vietate Alpi e l’alterna
Onnipotenza delle umane sorti,
Armi e sostanze t’invadeano, ed are
E patria, e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
Intelletti rifulga ed all’Italia,
Quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
Venne spesso Vittorio ad ispirarsi,
Irato a’ patrii Numi; errava muto
Ove Arno è più deserto, i campi e il cielo
Desîoso mirando; e poi che nullo
Vivente aspetto gli molcea la cura,
Qui posava l’austero; e avea sul volto
Il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa
Fremono amor di patria. Ah sì! da quella
Religïosa pace un Nume parla:
E nutrìa contro a’ Persi in Maratona
Ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,
La virtù greca e l’ira. Il navigante
Che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,
Vedea per l’ampia oscurità scintille
Balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
Fumar le pire igneo vapor, corrusche
D’armi ferree vedea larve guerriere
Cercar la pugna; e all’orror de’ notturni
Silenzi si spandea lungo ne’ campi
Di falangi un tumulto e un suon di tube
E un incalzar di cavalli accorrenti
Scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,
E pianto, ed inni, e delle Parche il canto.

Parte IV

Felice te che il regno ampio de’ venti,
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!
E se il piloto ti drizzò l’antenna
Oltre l’isole Egée, d’antichi fatti
Certo udisti suonar dell’Ellesponto
I liti, e la marea mugghiar portando
Alle prode Retèe l’armi d’Achille
Sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi
Giusta di glorie dispensiera è morte:
Nè senno astuto, nè favor di regi
All’Itaco le spoglie ardue serbava,
Chè alla poppa raminga le ritolse
L’onda incitata dagl’inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d’onore
Fan per diversa gente ir fuggitivo,
Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
Del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
Il tempo con sue fredde ale vi spazza
Fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
Di lor canto i deserti, e l’armonia
Vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Tròade inseminata
Eterno splende a’ peregrini un loco
Eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
Onde fur Troja e Assàraco e i cinquanta
Talami e il regno della Giulia gente.
Però che quando Elettra udì la Parca
Che lei dalle vitali aure del giorno
Chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
Mandò il voto supremo: E se diceva,
A te fur care le mie chiome e il viso
E le dolci vigilie, e non mi assente
Premio miglior la volontà de’ fati,
La morta amica almen guarda dal cielo
Onde d’Elettra tua resti la fama.
Così orando moriva. E ne gemea
L’Olimpio; e l’immortal capo accennando
Piovea dai crini ambrosia su la Ninfa
E fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio: e dorme il giusto
Cenere d’Ilo; ivi l’Iliache donne
Sciogliean le chiome, indarno, ahi! deprecando
Da’ lor mariti l’imminente fato;
Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
Le fea parlar di Troja il dì mortale,
Venne; e all’ombre cantò carme amoroso,
E guidava i nepoti, e l’amoroso
Apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: Oh se mai d’Argo,
Ove al Tidide e di Laerte al figlio
Pascerete i cavalli, a voi permetta
Ritorno il cielo, invan la patria vostra
Cercherete! le mura, opra di Febo,
Sotto le lor reliquie fumeranno;
Ma i Penati di Troja avranno stanza
In queste tombe; chè de’ Numi è dono
Servar nelle miserie altero nome.
E voi palme e cipressi che le nuore
Piantan di Priamo, e crescerete ahi! presto
Di vedovili lagrime innaffiati.
Proteggete i miei padri: e chi la scure
Asterrà pio dalle devote frondi
Men si dorrà di consanguinei lutti
E santamente toccherà l’altare,
Proteggete i miei padri. Un dì vedrete
Mendico un cieco errar sotto le vostre
Antichissime ombre, e brancolando
Penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
E interrogarle. Gemeranno gli antri
Secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
Splendidamente su le mute vie
Per far più bello l’ultimo trofeo
Ai fatati Pelìdi. Il sacro vate,
Placando quelle afflitte alme col canto,
I prenci argivi eternerà per quante
Abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
Ove fia santo e lagrimato il sangue
Per la patria versato, e finchè il Sole
Risplenderà su le sciagure umane.

Note di Ugo Foscolo

Dopo il testo qui riportato, l’opera presenta anche le seguenti note da parte dell’autore, Ugo Foscolo.

Ho desunto questo modo di poesia da’ Greci, i quali dalle antiche tradizioni traevano sentenze morali e politiche presentandole non al sillogismo de’ lettori, ma alla fantasìa ed al cuore. Lasciando agl’intendenti di giudicare sulla ragione poetica e morale di questo tentativo, scriverò le seguenti note onde rischiarare le allusioni alle cose contemporanee, ed indicare da quali fonti ho ricavato le tradizioni antiche.

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Alla Musa: parafrasi della poesia di Ugo Foscolo https://cultura.biografieonline.it/alla-musa-foscolo/ https://cultura.biografieonline.it/alla-musa-foscolo/#comments Wed, 13 Nov 2013 17:30:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8408 Il sonetto “Alla Musa” fu composto da Foscolo tra il 1802 e il 1803. Il poeta, nel sonetto, lamenta alla Musa il fatto che nell’età giovanile era stata generosa con lui, dandogli ispirazione. In età adulta, invece, lo ha abbandonato.

Alla Musa è un celebre sonetto di Ugo Foscolo
Alla Musa : celebre poesia di Ugo Foscolo composta tra il 1802 e il 1803

Il sonetto si divide in due parti. La prima, come anticipato, dove il poeta si lamenta per la scarsa ispirazione che gli dà la Musa. La seconda parte, dove il poeta confessa che quel poco d’ispirazione non basta a sfogare il dolore che prova. Si tratta di una meditazione di ispirazione classica. Questo è uno dei sonetti maggiori dell’opera di Ugo Foscolo.

Alla Musa

Pur tu copia versavi alma di canto
su le mie labbra un tempo, Aonia Diva,
quando de’ miei fiorenti anni fuggiva
la stagion prima, e dietro erale intanto

questa, che meco per la via del pianto
scende di Lete ver la muta riva:
non udito or t’invoco; ohimè! soltanto
una favilla del tuo spirto è viva.

E tu fuggisti in compagnia dell’ore,
o Dea! tu pur mi lasci alle pensose
membranze, e del futuro al timor cieco.

Però mi accorgo, e mel ridice amore,
che mal ponno sfogar rade, operose
rime il dolor che deve albergar meco.

Parafrasi

Eppure, dice il Foscolo, tu, Aonia Musa, una volta sulle mie labbra versavi un’abbondanza vivificatrice d’ispirazione, quando passava il primo tempo della giovinezza, e intanto ad essa seguiva l’età matura, che fra pianti e dolori discende verso la silenziosa riva del Lete, ovvero verso il silenzio della morte. Ora imploro il tuo aiuto, anche se non sono ascoltato come un tempo; ahimè! Della tua ispirazione in me è rimasta solo una favilla, una minima parte.

Anche tu fuggisti, dice il poeta, insieme con le Ore, o dea! Anche tu mi lasci con i miei tristi ricordi e con l’oscuro timore del futuro. Perciò mi accorgo, e amore me lo conferma, che le poesie rare e troppo elaborate che compongo, non servono ad alleviare il dolore che fatalmente deve travagliarmi per tutta la vita.

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A Zacinto, parafrasi della poesia di Ugo Foscolo https://cultura.biografieonline.it/parafrasi-a-zacinto/ https://cultura.biografieonline.it/parafrasi-a-zacinto/#comments Wed, 06 Nov 2013 16:25:53 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8410 Il sonetto “A Zacinto” è stato composto da Ugo Foscolo tra il 1802 e il 1803. I temi affrontati sono l’esilio e quindi l’amore per la patria lontana, la sepoltura illacrimata e il ricordo dei personaggi classici. La rievocazione della patria lontana abbraccia quasi tutto il sonetto: il poeta ha il presentimento di non rivedere più Zacinto, dove visse la sua fanciullezza.

A Zacinto Foscolo parafrasi
A Zacinto Foscolo parafrasi

Ricordando la patria lontana, torna alla mente del poeta la bellezza del mare di Zacinto, il mito di Venere nata dalla spuma del mare, la poesia di Omero che celebrò la bellezza di Zacinto e narrò le imprese di Ulisse, l’eroe perseguitato dal destino, che approdò e baciò la sua Itaca, un lembo di terra rocciosa, arida, povera, ma cara a Ulisse perché era la sua patria.

Il ricordo di Ulisse fa avvertire al poeta l’analogia del proprio destino con quello di Ulisse: anche lui si sente perseguitato dal destino avverso e crudele, ma ha il presentimento della diversità della sua conclusione. Mentre l’Ulisse omerico riesce a rivedere la sua patria, l’Ulisse moderno, ovvero il Foscolo stesso, ha il presentimento della morte in terra straniera, in assoluta solitudine e non confortata dal pianto dei suoi cari.

Ugo Foscolo
Un ritratto di Ugo Foscolo

Situata nel mar Ionio, vicino alle coste del Peloponneso, Zacinto (il cui nome è indicato anche come Zante) è un’isola greca di 400 chilometri quadrati con una popolazione odierna di circa 40.000 abitanti: fa parte dell’arcipelago delle isole Ionie. Questo luogo diede i natali a Foscolo il 6 febbraio 1778.

Foto dell'isola greca di Zacinto
Zacinto: una recente foto dell’isola greca che ne immortala la bellezza naturalistica

A Zacinto

Ecco il testo completo del sonetto:

Né più mai toccherò le sacre sponde

ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura. 

Parafrasi

Mai più toccherò le sacre sponde dove ho trascorso la mia giovinezza, Zacinto mia, che ti specchi nelle onde del mare greco da cui nacque vergine Venere e fece quelle isole feconde col suo primo sorriso, Omero non poté non parlare delle tue limpide nubi e cantò del diverso esilio perseguitato dal destino avverso e crudele di Ulisse, che baciò la sua Itaca.

Tu, Zacinto, non avrai altro che il canto del tuo figlio, o materna mia terra, il fato a noi prescrisse una sepoltura senza lacrime.

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