poema cavalleresco Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 23 Dec 2022 09:48:28 +0000 it-IT hourly 1 Chanson de Roland: riassunto, storia e analisi https://cultura.biografieonline.it/chanson-de-roland/ https://cultura.biografieonline.it/chanson-de-roland/#comments Tue, 22 Nov 2022 07:49:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16516 Il filologo tedesco Auerbach definì la Canzone di Orlando (Chanson de Roland) come ‘‘il monumento letterario più popolare del Medioevo francese’’. Quest’opera illustre ricopre il posto d’onore tra le Chansons de geste nell’ampio panorama letterario medievale, racchiudendo in se la complessità e la bellezza di un mondo dalle connotazioni fiabesche e dagli ideali tipicamente cortesi.

Chanson de Roland
Dettaglio del bassorilievo presente nella cattedrale di Angouleme, raffigurante una scena della Chanson de Roland – Alcuni critici indicano l’autore della “Chanson de Roland” nel monaco e scrittore francese Turoldo. Turoldo viene nominato unicamente nell’ultimo verso del poema cavalleresco e solo nella versione del manoscritto di Oxford: «Ci falt la geste que Turoldus declinet» (La gesta scritta qui da Turoldo ha fine).

Chanson de Roland: un poema incerto

Sono molte le incertezze legate alla storia di questo antico poema: non si hanno indicazioni molto incoraggianti su chi potesse essere l’autore.

Tale circostanza convaliderebbe la principale teoria: quella che indica la Chanson de Roland come il frutto dell’assemblaggio di varie leggende e cantilene epiche. Tutte queste storie si rifarebbero alla vicenda della morte di Orlando nella Battaglia di Roncisvalle. Pertanto la Canzone di Orlando non va considerata come un’opera pensata e concepita da un unico autore.

La Chanson de Roland si diffonde nell’antico regno Normanno a partire dal XII secolo; in più di 4.000 decasillabi, in lasse assonanzate, narra le vicende del conte Orlando e degli undici paladini di Francia nella battaglia, guidata da Carlo Magno, contro i Mussulmani.

Carlo Magno contro gli infedeli

Leggendo il testo si può ben comprendere quanto questo poema sia da considerarsi una valida guida alla comprensione di un periodo storico controverso e spesso erroneamente declassato.

Dallo studio dell’opera emergono immediatamente i tratti distintivi dell’organizzazione verticistica tipicamente feudale: in cima spicca la figura dell’imperatore, per quale i vassalli combattono guerre nella quale non è ben definito il confine tra l’ideale di conquista e la salvaguardia dei valori religiosi.

Tutta l’opera è permeata di una cristianità al limite del fanatismo religioso, faziosità che ben volentieri si mescola con gli estremi della fedeltà cavalleresca.

Orlando e Gesù

Vale la pena di ricordare le analogie individuate da Cesare Segre tra il paladino Orlando e il salvatore dell’umanità Gesù Cristo, affinità che portando alla luce quella forte conformità del poema ai poemetti agiografici.

Canzone di Orlando
Battaglia di Roncisvalle: la morte di Orlando è raffigurata in una miniatura risalente alle metà del XV secolo (l’autore è Jean Fouquet)

Da questo punto di vista la vita del primo paladino di Francia è simile alla vita di Cristo ‘‘E se ne ha conferma clamorosa alla morte di Orlando, quando due arcangeli e un cherubino accorrono a raccogliere la sua anima per portala in Paradiso’’.

Il tema religioso è strettamente connesso al motivo del “meraviglioso” che, in un’ottica del tutto cristiana e devota a Dio, si oppone e si sostituisce agli interventi soprannaturali che costellano la produzione letteraria classica e quindi pagana.

L’oggettività dell’azione divina che risponde esternamente, come il narratore nei confronti del lettore, alle richieste umane, secondo un disegno che non può essere contestato in quanto giusto e assoluto, è un segno peculiare dell’epos, in cui le azioni e i fatti vengono osservati da una prospettiva alta e distaccata che non ammette incertezze e che rappresenta l’indiscutibile verità.

Da qui deriva la netta separazione tra i “buoni” ( i cristiani ) e i cattivi ( i musulmani), tra i paladini di Dio e i traditori della Fede.

Chanson de Roland: analisi dell’opera

Lo stile manifesta chiaramente le finalità e l’ideologia degne di un capolavoro di questa portata.

Come ricorda Auerbach:

Tutto è fissato e stabilito, bianco e nero, bene e male, e non richiede più indagine o motivazione’’. Tale inalterabilità deriva dal forte vigore paratattico che convince il lettore che nulla potrebbe svolgersi in modo diverso e che ‘‘ciò si riferisce non solo agli avvenimenti ma anche ai principi che ispirano i personaggi nel proprio agire. La volontà cavalleresca di lotta, il concetto di onore, la reciproca fedeltà alle armi, la comunanza di parentado, il dogma cristiano, la distribuzioni di diritto e di torto tra fedeli e infedeli, sono le concezioni più importanti’’ (Auerbach).

Le lasse assonanzate, come osserva Auerbach, “racchiudono in sé un’ immagine completa“, una visione che si realizza grazie alla ripetizione di termini ed espressioni che strofa dopo strofa si reiterano in forma differente ma con il medesimo significato.

Questa serie di accorgimenti stilistici rispondono chiaramente all’esigenza di una trasmissione del testo tramite un canale orale ad un pubblico prevalentemente popolare che necessitava di particolari monotoni e di espressioni semplici per seguire gli intrecci più complessi della trama.

L’uso del colore configura la Canzone di Orlando come un’opera artistica quanto letteraria. Il forte senso coloristico che invade quasi ogni strofa è propriamente medievale e si esprime spesso attraverso il riferimento a colori luminosi e campiture ben definite, caratteristiche che si possono riscontrare in tutti i manufatti artistici medievali, dalle miniature del Codex Manesse alle vetrate della cattedrale di Notre Dame, a Parigi.

Il paesaggio

Un altro aspetto interessante risiede nella descrizione del paesaggio che spesso si rivela essere definito solo attraverso pochi riferimenti ambientali, come ad esempio una roccia, un pendio o un albero. Anche questo aspetto è frutto di una mentalità tutta medievale, dove l’attenzione si focalizza principalmente sulle azioni del personaggio, ciò che conta e l’azione e gli ideali che spingono l’eroe ad agire.

Il gusto per una descrizione dettagliata del personaggio, del tutto sconosciuto durante il Medio Evo, inizierà ad emergere in letteratura solo con il naturalismo rinascimentale.

Note bibliografiche

G. Baldi, S. Giusso, M. Razzetti, G. Zaccaria, Dal testo alla storia dalla storia al testo, Paravia, Torino,1994
L. Passerini, .La canzone d’Orlando, Soc. Leonardo da Vinci, Città di Castello, 1940

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Chrétien de Troyes https://cultura.biografieonline.it/chretien-de-troyes/ https://cultura.biografieonline.it/chretien-de-troyes/#comments Wed, 17 Feb 2016 16:56:08 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16611 Chrétien de Troyes (1135 – 1190) è annoverato tra i più celebri esponenti della poesia francese medievale, una notorietà legata indubbiamente alla produzione di opere letterarie acutissime e non prive della prodigiosa combinazione eroica – erotica responsabile della nascita delle leggendarie cronache del romanzo cortese – cavalleresco del cosiddetto “ciclo arturiano“, ovvero dell’insieme delle rielaborazioni, in chiave enfatizzata, delle grandi leggende e dei secolari miti celtici dati alla luce dal cuore delle rigogliose isole britanniche tra l’anno 1000 e il 1492.

Chrétien de Troyes
Chrétien de Troyes

La vita di Chrétien de Troyes risulta purtroppo ben poco definita in quanto in gran parte ricavata dalle antiche quanto brevi introduzioni che precedevano i suoi capolavori: operò nella corte di Troyes tra il 1160 e il 1180, sotto la protezione di Maria di Champagne, per poi essere accolto successivamente nella corte d’Alsazia di Filippo I (1143 – 1191), conte di Fiandra, tra il 1175 e il 1190.

Chrétien de Troyes scrisse canzoni d’amore alla maniera dei trovatori e cinque romanzi:

La vera storia di Re Artù

Nel V secolo d.C. le invasioni barbariche misero duramente alla prova la stabilità dell’Impero Romano d’Occidente. Nel tentativo di frenare l’ondata distruttiva dei Visigoti verso Roma intorno al 410 d.C. , l’esercito Romano decise di abbandonare la Britannia e di riunirsi ai contingenti già presenti nella penisola italica.

Un capo tribù di nome Vortigern insorse e si proclamò re del Britannia, osteggiato dai Pitti, nel 433 d.C. chiese il supporto di orde di mercenari sassoni per rafforzare il suo esercito.
Incapace di saldare i debiti contratti con i mercenari, Vortigern fu privato di vaste porzioni di territorio, possedimenti che vennero riconquistati solo grazie all’intervento del comandante romano Ambrogio Aureliano.

Alla morte di Vortigern, il fratello Uther Pendragone aveva rilevato il trono. Uno dei suoi comandati più impavidi si chiamava Artorius, il leggendario Re Artù.
Fu proprio per merito di Re Artù che “i Sassoni vennero contrastati nel modo più fiero grazie ad una serie battaglie, l’ultima delle quali, lo scontro di Monte Badon del 518 d.C.” (WILSON).
Dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua vita a cercare di riunire il suo popolo, Artù morì per mano del nipote Mordred nella battaglia di Camlann.

Il corpo senza vita di Re Artù venne seppellito nella vecchia isola di Avalon, l’attuale Glastonbury e “poiché il luogo della sepoltura doveva necessariamente restare segreto per impedire ai Sassoni di profanare la tomba, nacque la leggenda secondo cui Re Artù era ancora vivo e pronto ad aiutare il suo popolo in caso di bisogno” (Wilson).

Il Graal

Sono poche le storie a perdurare nel mito e la storia del Graal è una di queste. La figura del Graal comparve per la prima volta nel Perceval di Chrétien de Troyes, dove viene presentata ai lettori con le sembianze di un piatto incastonato di pietre preziose, ma secondo la teoria più nota, anche grazie alla fama dei Templari, non sarebbe altro che una coppa che in un primo momento venne usata dal Messia per celebrare il sacramento eucaristico, e che in seguito venne impiegata da Giuseppe di Arimatea per raccogliere il sangue di Cristo dopo la crocifissione.

Indiana Jones e il Graal
Harrison Ford in una celebre scena del film “Indiana Jones e l’ultima crociata” in cui regge il Sacro Graal.

Attribuire una funzione o una forma al Graal è del tutto impossibile; Dan Brown nel suo Codice da Vinci la individua nell’utero di Maria, identificandosi non più come mero oggetto ma come scrigno umano del corpo e del sangue di colui che avrebbe redento il mondo.

Secondo leggende più antiche il Graal sarebbe una pietra caduta dalla corona di Lucifero durante lo scontro tra bene e male, mentre di recente lo storico Daniel Scavone ha ipotizzato che il Graal fosse in realtà la Sacra Sindone, in quanto oggetto legato alla morte di Gesù e che forse era entrato in contatto con il sangue del Redentore.

La ricerca del Graal non è legata marginalmente al ritrovamento di un oggetto, ma ad essa si accompagna “una rivelazione esoterica riguardante i misteri più alti della fede“.

Note Bibliografiche
C. Wilson, D. Wilson, Il grande libri dei misteri irrisolti, Newton & Compton Editori, Roma, 2005
G. Baldi, S. Giusso, M. Razzetti, G. Zaccaria, Dal testo alla storia dalla storia al testo, Paravia, Torino,1994
R. Villari, Storia Medievale, Editori Laterza, Roma, 1975

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Perceval o il racconto del Graal https://cultura.biografieonline.it/perceval-graal/ https://cultura.biografieonline.it/perceval-graal/#comments Wed, 17 Feb 2016 16:48:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16804 Il titolo originale francese di “Perceval o il racconto del Graal” è Le Roman de Perceval ou le conte du Graal: si tratta di un poema incompiuto, opera di Chrétien de Troyes, scritto all’epoca delle crociate, collocabile storicamente tra il 1175 e il 1190 circa. Il committente fu Filippo I d’Alsazia, conte di Fiandra.

Perceval o il racconto del Graal
Perceval o il racconto del Graal

Perceval o il racconto del Graal: la trama

Perceval viene allevato dalla madre Herzeloide nella solitudine di una sperduta foresta, nel tentativo di tenere il figlio lontano dal pericolo delle armi ed evitando che si realizzi la sorte invece toccata al padre Gamuret e al fratello, morti entrambi in battaglia. Perceval incontra per caso quattro cavalieri dalla luminosa armatura e dopo aver affrontato un combattimento giunge alla corte di Re Artù, dove diventa cavaliere, rendendo vani tutti i tentativi fatti dalla madre per proteggerlo.

Viene educato alla vita di corte dal vecchio Gurnemanz, pertanto grazie al suo coraggio ottiene in sposa la bella Kondwiramur.

Mentre si accinge a ritornare dalla madre, già morta a sua insaputa, ha la visione del Graal, il calice che aveva raccolto il sangue di Gesù Cristo crocifisso. Poiché si credeva che tale reliquia sarebbe stata ritrovata solo da un cavaliere puro, Perceval decide di partire alla ricerca del Graal.

Dopo varie peripezie raggiunge il castello del Graal, ma purtroppo non avendo chiesto le ragioni dell’infermità del Re Anfortas perde l’occasione di diventare Re del Graal.
In preda allo smarrimento provocato dal fallimento e dalle accuse di Kundrie, la messaggera del Graal, vaga senza meta per molti anni prima di tornare finalmente alla corte di Re Artù, qui si ricongiunge con la sua famiglia e ritentando l’impresa del Graal diviene infine Re.

Analisi del testo

In 25 mila versi, il Perceval, vede come protagonisti i cavalieri della tavola rotonda di Re Artù, i quali realizzano il fine della quête affrontando avventure straordinarie in un mondo dalle connotazioni fiabesche e ricco di magia. Il superamento degli ostacoli conferisce perfezione ed ardimento all’eroe, difficoltà che permettono di conquistare l’amore della dama.

Come osserva Auerbach: “Lo stile diventa realistico, appena si tratta di rappresentare la vita elegante dei castelli; l’alta società feudale dell’epoca viene descritta come viveva, o come desiderava vivere“.

Chrétien de Troyes, traduttore dell’Ars Amandi di Ovidio, si configura come “l’artista della psicologia amorosa […]. La teoria dell’amore cortese voleva la donna come signora assoluta dell’amante che aveva nei suoi confronti un rapporto di servitù e vassallaggio, anche se la donna non manifestasse attenzione verso di lui; ammetteva l’adulterio, anzi le teorizzava come l’unica vera forma di amore disinteressato. Sembra che Chrétien de Troyes non condividesse fino infondo questa teorizzazione, tanto che in Erec e Enide e nell’Ivano celebra l’amore coniugale” (Baldi).

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