peste Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Thu, 09 May 2024 17:38:50 +0000 it-IT hourly 1 Storia della colonna infame: riassunto e analisi https://cultura.biografieonline.it/colonna-infame-manzoni/ https://cultura.biografieonline.it/colonna-infame-manzoni/#comments Thu, 09 May 2024 17:11:53 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8121 Storia della colonna infame è il titolo di un saggio storico scritto da Alessandro Manzoni. Sebbene la prima edizione risalga al 1840, venne scritto in un lungo arco di tempo. Originariamente la storia avrebbe dovuto far parte del V capitolo di Fermo e Lucia (il titolo originariamente previsto per i Promessi Sposi).

Alessandro Manzoni: Storia della colonna infame
Storia della colonna infame

Riassunto

Parte I

Il 21 giugno del 1630 è un venerdì tetro. La città di Milano è divorata dalla peste, moltissime sono le vittime che la malattia ha mietuto. Quel giorno, di mattina, una donna, Caterina Rosa, vede dalle finestre della sua casa in via Vetra, un uomo avvicinarsi alle porte e ai muri delle case poste di fronte alla sua finestra.

La donna è convinta di vederlo ungere i muri con un unguento scuro. Lo accusa quindi di spargere la peste per diffonderla e uccidere altre persone. Una vicina di Caterina Rosa, Ottavia Bono, successivamente conferma alle autorità di aver visto anche lei un uomo ungere i muri della strada dove vive.

La polizia, dopo aver trovato i muri sporchi di nero – in realtà si tratta di inchiostro – crede alle testimonianze delle due donne e arresta un sospetto. È Guglielmo Piazza. Le sue mani sono  sporche di nero, che viene scambiato per unguento pestilenziale. Il Piazza, commissario di sanità, viene quindi arrestato e sottoposto ad interrogatorio. La casa, perquisita, non produce alcuna prova del crimine. Guglielmo Piazza viene interrogato lungamente e anche torturato. Resiste ma poi sotto la pressione degli inquisitori che gli promettono l’impunità e la libertà, confessa di aver ricevuto l’unguento pestilenziale da Giangiacomo Mora. Mora è un barbiere di umili origini, che vende, fra le altre cose, balsami che servono teoricamente per curare alcune malattie.

Parte II

Il Mora viene subito arrestato e portato in galera. Perquisita la casa davanti agli occhi sbigottiti della moglie e dei quattro figli, gli inquirenti trovano e sequestrano strani liquami. Durante il processo il Mora si difenderà dicendo che non sono preparati pestilenziali bensì che si tratta di ranno – un miscuglio di cenere e acqua bollente usato per lavare i panni. Ma i giudici e gli esperti nominati dal tribunale, dopo molte incertezze e molti dubbi, dichiarano l’unguento una pozione pestilenziale atta a prolungare e diffondere la peste.

A questo punto non c’è più scampo né per il Mora né per il Piazza. Entrambi, perseguitati dagli inquirenti e sfiniti da continue torture morali e fisiche, cedono alle promesse dei torturatori. Questi assicurano la libertà qualora denuncino altri complici.

Denunciano allora Baruello, un tale da entrambi conosciuto, due arrotini e due membri della famiglia Migliavacca. Il processo sembra quindi assumere una dimensione più consistente con coinvolgimenti insospettabili come quello del figlio del comandante della guarnigione spagnola a Milano.

La tortura e le macchinazioni sono costruite dagli inquirenti affinché il processo assuma una dimensione sempre più ampia. Esse divengono una sorta di simulacro della doppia verità, in cui l’estorsione di una confessione sempre più allucinante conduce ad un fiume di bugie quasi inarrestabile. I due imputati oramai distrutti dagli interrogatori portano all’arresto delle cinque persone che hanno accusato. Ma le promesse di libertà e perdono, fatte ai due imputati dagli inquirenti, non vengono avvallate dai giudici. Essi sentenziano il 27 luglio dello stesso anno la condanna a morte dei due principali imputati.

Finale

Entrambi, dopo indicibili torture, vengono giustiziati il 2 agosto del 1630. Con loro vengono uccisi gli altri cinque imputati. Solo il figlio del comandante spagnolo viene ritenuto innocente. Dopo l’esecuzione della sentenza e sempre per ordine del tribunale viene rasa al suolo la casa del Mora. Egli è ritenuto il più colpevole degli imputati e sopra alle ceneri della casa viene eretta a futura memoria una colonna con un’iscrizione latina, che dovrà ricordare, a tutti coloro che la guardano, l’infamia dei propagatori di peste. La colonna è stata rimossa nel 1778.

Al Castello Sforzesco di Milano fu posta una lapide presso la Colonna Infame.
Foto della lapide che fu posta presso la Colonna Infame. (Milano, Castello Sforzesco)

Analisi e commento

Alessandro Manzoni racconta una storia di ingiustizia terribile e paradossale ma vera. Il suo non è un saggio storico, né un breve romanzo storiografico, bensì una lucida analisi di ciò che la legge può permettere agli uomini di cattiva volontà. La sua analisi dell’animo umano e della perversa ricerca del colpevole a tutti i costi svelano una storia a due facce, permettendo al lettore di scoprire le molteplici facce della verità.

Storia della colonna infame fu pubblicata in appendice ai Promessi sposi, ma la storia era già stata raccontata nel 1777 da Pietro Verri, che la riportò nelle sue Osservazioni sulla tortura. Quando Verri scrisse la storia dell’ingiusta condanna di Mora e Piazza e degli altri cinque imputati, la colonna infame era ancora in piedi a triste ricordo di quel processo; fu abbattuta un anno dopo la pubblicazione del saggio.

Il passato non deve essere mai dimenticato, diceva Leonardo Sciascia, ma deve essere vissuto continuamente nel presente affinché non ritorni.

In molti paesi la tortura esiste ancora.

Storia della colonna infame - Manzoni - riassunto e analisi
Storia della colonna infame – Manzoni – riassunto e analisi

Storia della colonna infame per punti

Opera e Contesto

  • Storia della Colonna Infame è un saggio storico scritto da Alessandro Manzoni e pubblicato per la prima volta nel 1840.
  • L’opera ripercorre il processo e la condanna a morte di alcuni innocenti accusati di essere gli untori, responsabili della diffusione della peste a Milano nel 1630.
  • Manzoni, oltre a ricostruire i fatti accaduti, conduce una profonda riflessione sulle cause e le conseguenze dell’ingiustizia, mettendo in luce i meccanismi che portarono al tragico errore giudiziario.

Temi principali

  • Giustizia e ingiustizia: Manzoni critica duramente il sistema giudiziario dell’epoca, corrotto e incline all’abuso di potere, che condannò ingiustamente persone innocenti.
  • Verità e menzogna: L’autore sottolinea l’importanza di ricercare la verità e di non cedere alle facili spiegazioni o alle menzogne, anche quando queste sembrano offrire un apparente conforto.
  • Potere e sopruso: Manzoni denuncia l’oppressione del potere nei confronti dei più deboli e indifesi, come gli untori, vittime di una società accecata dalla paura e dalla superstizione.
  • Razionalità e fanatismo: L’opera contrappone la luce della ragione all’oscurità del fanatismo e della superstizione, che portarono alla persecuzione degli untori.
  • Perdono e riscatto: Manzoni invita al perdono e al riscatto, non solo per le vittime dell’ingiustizia, ma anche per i loro carnefici, accecati dall’ignoranza e dall’odio.

Stile e linguaggio

  • Manzoni utilizza uno stile sobrio e rigoroso, basato su un’attenta analisi delle fonti storiche.
  • La sua scrittura è chiara e accessibile, ma non per questo priva di profondità e rigore.
  • L’autore ricorre spesso all’ironia e alla satira per denunciare le ingiustizie e le assurdità del processo agli untori.

Significato e attualità

  • Storia della Colonna Infame è un’opera che conserva una grande attualità, invitandoci a riflettere sui pericoli dell’ingiustizia, del fanatismo e della superstizione.
  • Manzoni ci ricorda che la ricerca della verità e la difesa dei diritti degli oppressi sono sempre doveri imprescindibili.
  • Il saggio è un monito contro l’indifferenza e la passività di fronte alle ingiustizie, e un invito a battersi per la costruzione di una società più giusta e solidale.

Conclusione

Storia della Colonna Infame è un’opera fondamentale per comprendere la storia e la cultura italiana. È un testo che ci invita a riflettere su temi universali come la giustizia, la verità, il potere e la responsabilità individuale, e che conserva una grande attualità anche nel mondo di oggi.

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La madre di Cecilia (Promessi Sposi): riassunto, analisi e commento https://cultura.biografieonline.it/madre-di-cecilia-promessi-sposi/ https://cultura.biografieonline.it/madre-di-cecilia-promessi-sposi/#comments Tue, 31 May 2022 09:54:27 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39918 Promessi Sposi: capitolo 34

L’episodio della madre di Cecilia è uno dei più commoventi dell’intero romanzo dei Promessi Sposi, di Alessandro Manzoni. Protagonista è una madre che ha appena perso sua figlia a causa dell’epidemia di peste. L’accaduto viene narrato nel capitolo 34. Renzo Tramaglino si trova a Milano, città tragicamente colpita dalla pestilenza: rimane assorto a contemplare il momento in cui una madre accompagna con molta dignità il corpo di sua figlia durante l’ultimo saluto.

La madre di Cecilia - Promessi Sposi
La madre di Cecilia (Promessi Sposi), opera di Giorgio Scarpati

Il contesto

La città di Milano, già colpita dalla carestia e dalla miseria, viene sconvolta anche dal flagello della peste: l’epidemia viene portata dall’esercito dei Lanzichenecchi che stanno attraversando il territorio lombardo. Anche Don Rodrigo si ammala e viene portato al lazzaretto (luogo in cui venivano rinchiusi i malati di peste), insieme a moltissime altre persone.

Renzo invece, ammalatosi e guarito, ritorna al proprio paese con lo scopo di conoscere il nome della famiglia che ospita Lucia a Milano.

Ottenute queste informazioni, riparte subito per la città: qui si trova difronte ad uno scenario quasi catastrofico. Milano è infatti al collasso: la gente è spaventata; ci sono uomini che sono stati incaricati dalle autorità di prelevare i cadaveri e gettarli nelle fosse comuni (i monatti) e si comportavano da padroni facendo ruberie.

Renzo si ferma commosso quando assiste alla scena della breve ma intensa cerimonia funebre della madre di Cecilia.

La madre di Cecilia: l’episodio

La madre esce di casa e si avvia verso la fila dei carri dei monatti. Ha vestito a festa la bambina, che può avere all’incirca nove anni, con un vestito bianchissimo e i capelli divisi sulla fronte.

Viene portata in braccio dalla madre come se fosse ancora viva, con la testa appoggiata sul petto e un braccio che penzola in maniera pesante, segno della mancanza di vita. Perfino il monatto che raccoglie il corpo ha un momento di esitazione: assume per un attimo un atteggiamento meno bestiale di fronte alla morte della piccola, ma soprattutto davanti al dolore pacato della madre.

Ella offre dei soldi al monatto facendosi promettere che il corpo di Cecilia non venga toccato e lo depone personalmente sul carro.

Il monatto sposta allora gli altri cadaveri in segno di rispetto difronte a questa scena.

La mamma dà un ultimo bacio in fronte alla piccola, la pone sul carro mettendole sopra un panno bianco e pronuncia le sue ultime parole:

«Addio Cecilia! Riposa in pace, sappi che stasera ti raggiungeremo anche noi».

È consapevole che morirà presto anche lei, assieme all’altra figlia.

Si rivolge poi al monatto dicendogli di passare verso sera a prendere anche il suo corpo e quello della sua altra figlia.

Analisi e commento

Manzoni, attraverso la madre di Cecilia, crea una figura esemplare, un vero simbolo della virtù cristiana, della rassegnazione.

Cerca di restituire dignità alla morte.

La donna prova un dolore pacato, profondo, che viene espresso nei gesti che compie in maniera solenne con tanta dignità: perfino il monatto, di solito attento solo al vile denaro, ne resta colpito e la rispetta.

L’addio a Cecilia rappresenta un momento familiare grazie al quale l’autore vuole dimostrare che la fede e la speranza cristiana permettono di accettare con serenità il dolore, perfino quello così profondo della morte di un figlio.

Parallelamente si vive la diversa fine di Don Rodrigo: egli teme la morte come significato di perdita delle proprie ricchezze; la madre di Cecilia ha invece fede e sa che troverà la serenità eterna.

L’episodio è ispirato a un fatto reale: esso è descritto dal cardinal Federigo Borromeo nel De pestilentia (VIII, De miserandis casibus), uno scritto sulla peste del 1630. Manzoni aggiunge due dettagli:

  • il nome di Cecilia alla bambina morta;
  • il particolare struggente di una seconda figlia della donna.

L’episodio è commovente e rappresenta l’unico momento lirico del capitolo XXXIV, dominato da immagini forti e descrizioni molto crude. Tra queste c’è anche l’episodio finale, del mancato linciaggio del giovane scambiato per un untore e della sua fuga rocambolesca sul carro dei monatti.

L’episodio della madre di Cecilia ha ispirato molti artisti del Novecento: tra i più celebri ricordiamo Renato Guttuso che realizzò una litografia, oppure Giorgio Scarpati che realizzò diversi quadri ispirati agli episodi salienti del romanzo storico di Alessandro Manzoni.

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La peste, di Albert Camus: riassunto, analisi e commento https://cultura.biografieonline.it/la-peste-camus-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/la-peste-camus-riassunto/#comments Mon, 11 May 2020 11:00:20 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=29065 Lo scrittore francese Albert Camus (premio Nobel per la letteratura nel 1957) ha cominciato a lavorare al romanzo “La peste” nel 1941, per poi pubblicarlo definitivamente nel 1947. E’ il suo secondo romanzo, successivo a “Lo straniero”, del 1942. Di seguito forniamo un breve riassunto della trama del libro, uno dei più importanti della produzione letteraria di Camus.

La peste: una copertina verde del libro
La peste: una copertina del libro

La peste: un romanzo ancora attuale

Nonostante sia uno scritto lontano nel tempo, se riletto oggi appare straordinariamente attuale. Il motivo di ciò è nello stile, che è quello di una vera e propria cronaca di ciò che accadde ad Orano, una cittadina della costa algerina mentre si trovava ancora sotto il dominio dei Francesi.

Albert Camus
Albert Camus, autore del romanzo La peste

L’autore, che veste i panni di un attento cronista, descrive nei minimi dettagli lo scoppio dell’epidemia e la relativa parabola, la reazione degli abitanti presi alla sprovvista da un evento di tale portata e gravità, e come si organizzano per fronteggiare questa “peste”.

La peste: trama e riassunto del romanzo

Mentre la vita ad Orano scorre tranquilla come sempre, gli abitanti si accorgono che vi sono moltissimi topi morti per le strade della cittadina. Preoccupati dallo strano fenomeno, provvedono ad informare le autorità. Ma dopo qualche giorno i topi scompaiono dalla città e nel contempo gli uomini cominciano ad ammalarsi (e morire) di febbre inguinale.

I casi di decessi a causa di questa epidemia continuano ad aumentare, ma ad un certo punto la stampa si disinteressa del fenomeno e rivolge altrove la propria attenzione.

Ad occuparsi della “peste” restano però i medici, che cercano di indagarne le cause, gli effetti e la cura.

Uno di questi, il dottor Bernard Rieux, è convinto che si tratti di peste confrontandosi con il collega nonché amico Castel, che aveva esercitato la professione di medico in Cina.

Siccome i morti continuano ad aumentare e i cittadini sono orami entrati nel panico,  da Parigi ad un certo punto arriva l’ordine di chiudere le porte della città.

Inizia la fase più difficile, tra chi considera la peste come una punizione divina inflitta agli uomini per i loro peccati, chi organizza squadre di volontari per aiutare chi ha bisogno.

Tra questi, il giornalista Raymond Rambert, che decide di restare ad Orano pur avendo la possibilità di fare ritorno a Parigi.

La ricerca di un vaccino

Intanto i due medici Rieux e Castel lavorano alla messa a punto di un vaccino per debellare definitivamente l’epidemia. Castel sperimenta un vaccino sul figlio del giudice Othon, ma purtroppo non si rivela efficace.

I decessi non si fermano, c’è panico e non si sa cosa fare perché non è chiaro di che epidemia si tratti. Ma, quando tutto sembra andare male, ecco che le persone cominciano a guarire e si verifica un regresso della peste.

Il siero si scopre efficace, mentre però la peste continua a mietere vittime.

Una vecchia edizione del libro La peste (in inglese: The Plague)
The Plague è il titolo in lingua inglese del libro. Nella foto: una vecchia edizione.

Finale

La moglie di Rieux e l’ex militante politico Tarrou ne vengono colpiti e muoiono.

Dopo un po’ di tempo gli abitanti di Orano riaprono le porte della città: la peste è sconfitta del tutto, si torna alla vita di sempre.

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Breve analisi e commento

Albert Camus è molto bravo nel descrivere l’evolversi dell’epidemia e la reazione degli abitanti di una piccola cittadina come Orano, sconvolta nelle sue abitudini di sempre da un evento inaspettato. Lo scrittore francese utilizza la peste come metafora della vita.

La peste viene vista anche come malattia morale che colpisce ogni gruppo sociale, ed è caratterizzata dall’indifferenza e dall’odio che paralizzano le azioni delle istituzioni.

Orano, il cui accesso viene chiuso per evitare che il contagio dilaghi, simboleggia la prigione, il ghetto in cui ogni uomo vive spesso senza esserne consapevole.

L’episodio della peste arriva per scuotere gli uomini nelle loro coscienze e svegliarli dal torpore in cui sono caduti da tempo. L’uomo può salvarsi soltanto se è solidale con gli altri: questo è il messaggio principale dell’opera di Albert Camus, che arriva ai suoi lettori ieri come oggi.

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