pena di morte Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Thu, 20 Oct 2022 05:31:12 +0000 it-IT hourly 1 Storia della pena di morte https://cultura.biografieonline.it/pena-di-morte-storia/ https://cultura.biografieonline.it/pena-di-morte-storia/#comments Wed, 05 Feb 2014 23:22:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9679 La pena di morte può essere rintracciata sin dalle comunità più antiche: è applicata, per esempio, dai Babilonesi, presso i quali il Codice di Hammurabi prevede la pena capitale per omicidio, furto e mancanze relative allo svolgimento del proprio lavoro.

Storia della pena di morte
Storia della pena di morte: si può trovare traccia fin nell’antichità, ai tempi dei Babilonesi

Tra gli Egizi, invece, essa viene comminata a chi infrange la Maat, compiendo infrazioni fiscali, spionaggio, attentati contro il faraone, sacrilegi, furti o omicidi. Mentre nelle civiltà precolombiane a essere puniti con la morte sono l’adulterio (ritenuto un reato contro la proprietà: il colpevole viene affidato al marito offeso e viene colpito con un masso sulla testa) e l’omicidio (volontario e colposo), nella polis greca le vicende politiche ateniesi inducono a ripensare la pena capitale, pur non portando a eliminarla: spesso le esecuzioni vengono affidate ai familiari delle persone offese.

Anche il diritto romano include la pena di morte: il condannato, però, prima dell’esecuzione può fare appello presso i comizi centuriati, nel tentativo di annullare la sentenza del magistrato.

Nel Medio Evo, complice la sovrapposizione di poteri (a quelli dello Stato si aggiungono quelli dei magistrati cittadini e quelli dei feudatari, ai quali il re assegnava il compito di gestire la giustizia), le pene capitali vengono comminate in misura notevole: sono molti, infatti, coloro che possono decidere di applicarla.

Si ricorre alla tortura, all’annegamento, all’impiccagione e alla decapitazione per crimini quali tradimento, sacrilegio, furto e omicidio.

Il primo Stato ad abolire storicamente la pena capitale è stato la Repubblica di San Marino: qui non si condanna a morte nessuno sin dal 1468. Nella seconda metà del Settecento, anche in seguito all’opera di Cesare Beccaria “Dei delitti e delle pene” (del 1764), il dibattito sulla pena capitale si accende: Beccaria, in particolare, ne propone l’abolizione sia evidenziando la possibilità di errori giudiziari, sia ponendo l’accento sull’inefficacia nel prevenire i crimini.

E’ il Granducato di Toscana a rendere ufficiale legalmente l’abolizione della pena di morte: accade il 30 novembre del 1786 tramite il codice penale toscano promulgato dal granduca Pietro Leopoldo. Quattro anni più tardi, tuttavia, la pena viene reintrodotta per i crimini eccezionali.

Nella Francia dell’Ancien Régime, la pena di morte viene applicata con pratiche diverse in funzione del genere di reato compiuto o della classe sociale della persona condannata: per i delitti contro lo Stato è previsto lo squartamento, per i delitti contro la religione il rogo, per i delitti più atroci la ruota; ai nobili tocca – solitamente – la decapitazione, mentre ai contadini è riservata l’impiccagione.

Un'immagine della ghigliottina
Ricostruzione storica di una ghigliottina

Con lo scoppio della Rivoluzione Francese, tutte le differenze vengono eliminate in virtù dell’introduzione della ghigliottina. La Repubblica Romana abolisce la pena di morte nel 1849, mentre dopo l’Unità d’Italia il nostro Paese la cancella nel 1889, con l’emanazione del codice penale di Giuseppe Zanardelli: rimane, però, per chi compie alto tradimento, regicidio o delitti in tempo di guerra.

Sedia elettrica Miglio verde
Sedia elettrica: fotogramma dal film Il miglio verde (tratto dall’omonimo libro di Stephen King)

Nel XX secolo uno degli strumenti simbolo per l’esecuzione delle condanne a morte è la sedia elettrica: inventata da Thomas Edison venne introdotta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1888. Tale soluzione per la pena capitale è stata poi progressivamente sostituita dalla iniezione letale.

L’8 febbraio 1924 negli Stati Uniti (dove la pena capitale è prevista sin dalla nascita della nazione) nello Stato del Nevada va in scena la prima esecuzione tramite una camera a gas. Pochi anni dopo il regime fascista reintroduce la pena di morte anche in Italia, nel 1930, con il Codice Rocco: verrà eliminata nel 1944, ripristinata nel 1945 e infine definitivamente vietata nel 1948, con la nuova Costituzione, eccezion fatta per i casi previsti dalle leggi di guerra.

L’ultima esecuzione in Italia va in scena il 4 marzo 1947 a Torino, quando vengono fucilati tre responsabili della strage di Villarbasse.

Negli Usa, tra il 1964 e il 1974 la pena di morte viene sospesa dalla Corte Suprema per tutti i crimini: in questo periodo, il tasso di episodi violenti e di omicidi aumenta in maniera sensibile. E così l’opinione pubblica, pur non esistendo un’evidenza scientifica dell’effetto deterrente della pena capitale, torna a invocarla a gran forza: nasce anche un movimento per i diritti dei familiari delle vittime di omicidio.

Nel 1976, dunque, la Corte Suprema americana ripristina la pena di morte, definendola costituzionale. Tra il 1984 e il 2004 essa tocca il più alto livello di applicazione; non a caso, la maggior parte dei candidati alle elezioni presidenziali Usa per accaparrarsi voti si dice favorevole alla pena capitale. Nel 1988, per esempio, il candidato democratico Michael Dukakis, inizialmente dato per favorito dai sondaggi, viene superato nelle preferenze dal repubblicano George Bush dopo essersi dichiarato contrario alla pena capitale; quattro anni più tardi Bill Clinton, democratico, si dice – invece – favorevole alla pena di morte, e vince (nel suo mandato approverà una legge federale che incrementa il numero di reati punibili con la pena capitale).

Nessuno tocchi Caino logo
Il simbolo dell’associazione Nessuno tocchi Caino

È solo il 25 ottobre del 1994 che l’Italia abolisce completamente la pena di morte, escludendola anche dal codice penale militare di guerra e sostituendola con l’ergastolo. In Italia sin dal 1993 è molto attiva l’associazione Nessuno tocchi Caino, Organizzazione non governativa che lotta a livello internazionale per l’abolizione della pena di morte e in generale contro ogni forma di tortura.

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Dei delitti e delle pene, di Cesare Beccaria: riassunto https://cultura.biografieonline.it/riassunto-dei-delitti-e-delle-pene/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-dei-delitti-e-delle-pene/#comments Fri, 31 Jan 2014 06:16:51 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9326 Dei delitti e delle pene” è un saggio scritto da Cesare Beccaria e pubblicato nel 1764. L’opera è considerata il testo più letto e più noto dell’Illuminismo italiano. Ebbe un ottimo riscontro di lettori nel nostro paese ed in Europa, influenzando tutti i “pensatori” che nel tempo di susseguirono.

Dei delitti e delle pene (1764)
Dei delitti e delle pene, un’immagine dell’autore Cesare Beccaria e una delle prime pagine di un’antica edizione (1764)

In Francia, l’opera di Cesare Beccaria incontrò l’apprezzamento entusiastico di filosofi del calibro di Voltaire e dei “philosophes” più conosciuti di quel periodo. Inoltre riscosse anche molto successo alla corte di Caterina II di Russia. “Dei delitti e delle pene” inizialmente fu redatta in lingua francese a sottolineare la forte egemonia della Francia in quel periodo, in Europa.

Il libro tratta della riforma della legislazione penale dell’epoca e ancora oggi è considerato un documento assolutamente attuale, da rileggere per ricordarci come la legislatura, da quel tempo in poi, si sia purtroppo persa nei meandri della burocrazia e dell’incertezza della pena. Nella sua opera, l’autore afferma come bisogna prevenire i delitti prima di punirli e propone, come primo testo della letteratura filosofica-giurisprudenziale, l’abolizione della tortura e della pena di morte.

Si tratta di un’opera scritta con grande vigore e con spirito umanitario che contribuì efficacemente alla riforma della procedura penale. Ma non mancarono, naturalmente, le polemiche e le frizioni da parte dei sommi dotti del periodo; difatti nel 1766, il saggio venne inserito nell’indice dei libri proibiti a causa della netta distinzione evidenziata tra il reato ed il peccato.

Per Beccaria, il reato è considerato un danno fatto nei riguardi della società e quindi contro l’utilità pubblica e comune. A differenza del primo, invece, il peccato è considerato come un reato che l’uomo compie nei confronti di Dio, che quindi può essere giudicabile e condannabile solo ed esclusivamente dallo stesso. Secondo l’autore, la gravità del peccato dipende dall’imperscrutabile malizia del cuore.

Come precedentemente citato, Cesare Beccaria nella sua opera si batte contro la pratica della tortura e per l’abolizione della pena di morte basando la sua tesi sulla “regola generale” che le passioni violente sorprendono gli uomini, ma fortunatamente non per lungo tempo; introduce così il concetto di giusta proporzione fra reato e pena e di giusta e pronta applicazione di quest’ultima, concetto che si dovrebbe seguire anche oggi ma che non sempre viene applicato nel nostro sistema giudiziario.

Un altro tema trattato dall’autore nell’opera è sicuramente quello della proporzione della pena, dove ogni pena deve essere proporzionale e rapportata al delitto commesso, non si possono punire l’omicidio ed un reato minore con pene simili. Questo comporterebbe solo la perdita del raziocinio della coscienza che non riuscirebbe più ad individuare quale fra i due reati sia il peggiore e soprattutto, esorterebbe il malvagio a macchiarsi del più grave delitto, certo della parità della pena.

Nel saggio, il tema dell’utilità della pena è sempre evidenziato, ricordando che la stessa deve essere essenzialmente: pubblica, pronta, necessaria, minima, giusta date le circostanze, proporzionata al delitto e dettata dalle leggi. Nell’opera, Beccaria interviene anche sul tema della prescrizione dei reati e sulla brevità dei processi. Sia la durata dei processi che la possibilità che un reato cada in prescrizione, debbono essere rapportati alla gravità del reato stesso.

L’autore nel suo trattato affronta anche il tema delle leggi: “E’ compito del Legislatore (depositario della volontà popolare e nazionale) redigerle in forma chiara, mentre è compito del Magistrato solamente verificare il rispetto e l’attuazione della stessa”. L’autore distingue tra processo offensivo, dove l’indagato deve discolparsi dal reato commesso, ed il processo informativo, dove si cerca il colpevole dei misfatti attraverso una ricerca minuziosa delle prove.

Arriviamo ora alla pena di morte che per Cesare Beccaria diventa per alcuni uno spettacolo e per altri uno strumento di compassione e di sdegno, che mette chiaramente in luce l’inefficienza e l’inadeguatezza di questo tipo di pena. Altresì viene condannato anche lo strumento della tortura, in quanto si ricorre ad essa sempre prima di dimostrare la colpevolezza dell’individuo. Il motivo principale per cui tale pena è espressa come inefficace, è quello che le persone più deboli e non capaci di sopportare il dolore, spesso sono inclini a confessare anche reati non commessi per sfuggire alla pena, mentre le persone meno sensibili e più forti, potrebbero essere considerate oneste solo perché riescono a sopportare la punizione.

In sintesi, il fine delle pene non deve essere solo afflittivo o vendicativo, ma rieducativo e di tipo “politico”. Secondo l’autore, l’unico pensiero è quello d’impedire al malvagio di far nuovi danni alla società e ai suoi cittadini e vuole esprimere questo concetto di fondo: “Uno dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse e di conseguenza la vigilanza dei magistrati e quella severità di un giudice inesorabile che per essere un’utile virtù, dev’essere accompagnata da una dolce legislazione. La certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito alla speranza dell’impunità; perché i mali, anche minimi, quando son certi, spaventano sempre gli animi umani”.

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Storia della ghigliottina https://cultura.biografieonline.it/la-ghigliottina/ https://cultura.biografieonline.it/la-ghigliottina/#comments Mon, 07 May 2012 12:49:41 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1836 La ghigliottina è lo strumento di morte notoriamente legato alla pena capitale, quanto meno dal punto di vista storico, e questo probabilmente perché fu utilizzata dopo una rivoluzione popolare contro un re assolutista e sua moglie: il 21 gennaio 1793 il Re di Francia Luigi XVI fu decapitato per volontà del popolo e così toccò alla moglie Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena il 16 ottobre del 1793.

Da un punto di vista più massmediatico, invece, lo strumento di morte più conosciuto attualmente come braccio armato della giustizia è la sedia elettrica, tutt’ora vigente in alcuni stati americani.

Origini storiche della ghigliottina

Un'immagine della ghigliottina
Un’immagine della ghigliottina

La ghigliottina ha un origine storica che non la identifica con lo strumento comunemente considerato e che risale a tempi remoti in cui la decapitazione veniva utilizzata come punizione contro atti che contrastavano con il diritto vigente scritto o consuetudinario. Esistono prove in molti archivi di marchingegni simili alla ghigliottina utilizzati in Inghilterra, Scozia, Irlanda , Germania e Italia dal ’500 fino al 1870 anno in cui fu abolita nello Stato Pontificio.

La ghigliottina fu progettata e realizzata durante le prime due settimane dell’aprile del 1792 e il 17 aprile dello stesso anno era pronta per essere utilizzata. Non fu però Joseph-Ignace Guillotin a realizzarla bensì un musicista tedesco, Tobias Schmidt, che non riuscì a brevettarla perché il Ministero degli Interni francese rifiutò di riconoscergli la paternità della macchina considerandola non commerciabile e appartenente di diritto allo Stato francese. Schmidt costruì la ghigliottina secondo le indicazioni e i disegni di Antoione Louis, segretario dell’accademia di medicina, mentre Guillotin fu uno dei relatori della legge che prevedeva, in 6 articoli, le nuove norme per l’esecuzione capitale e fra queste anche la decapitazione come suo strumento di giustizia.

Il primo condannato a morte ucciso dalla ghigliottina fu Nicolas Pelletier, giustiziato il 25 aprile 1792 mentre l’ultimo fu Hamida Djandoubi, colpevole dell’omicidio di una ragazza che fu giustiziato il 10 settembre 1977. L’ultima esecuzione pubblica per mezzo della ghigliottina fu eseguita su Eugene Weidmann il 17 giugno 1939 di fronte ad una folla molto ampia.

Origine del nome

La ghigliottina fu considerata, sia dalla stampa che dall’opinione pubblica, opera di Antoine Loius e inizialmente fu battezzata Louisette o Petit-Louise con un certo sconcerto da parte del suo ideatore. In seguito  la stampa la ribattezzò Guillotine, cercando così di appioppare l’idea al deputato che aveva presentato la legge sulle esecuzioni capitali per mezzo del taglio della testa ma anche quest’ultimo se la prese a male per il nome e non partecipò mai ad alcuna esecuzione. L’unico, invece, che avrebbe voluto farsi riconoscere la paternità della macchina, Tobias Schmidt,  non fu minimamente considerato da nessuno.

Diversi furono i luoghi in cui venne posta durante gli anni del suo servizio. Dopo essere stata trasferita su alcune piazze celebri in cui venivano eseguite condanne politiche e penali come Place de la Réunion e Place de Gréve, si decise, nell’ottocento, di collocarla davanti alle carceri dove erano detenuti i condannati che dovevano essere giustiziati.

Com’era fatta la ghigliottina?

La sua struttura come è stato mostrato innumerevoli volte in film, documentari, riviste, fumetti, ecc., era composta da un basamento al quale erano fissati due montanti che distanziavano una quarantina di centimetri l’uno dall’altro ed erano alti quattro metri; quest’ultimi erano uniti da una barra sulla quale era montato un disco girevole sul quale era avvolta una fune.

La ghigliottina
La ghigliottina

La lama che inizialmente era stata progettata come una mezza luna e in seguito fu invece deciso che fosse una lama obliqua (decisione consigliata dal re Luigi XVI che ebbe poi un incontro sfortunato con la sua idea) era posta fra i due assi e caricata con un peso per aumentarne la velocità e la forza di impatto.

L’esecuzione avveniva ponendo il condannato in posizione orizzontale sopra ad un asse, il suo collo veniva immobilizzato da due lunette di legno, una inferiore e una superiore, e la lama veniva rilasciata tagliando di netto il collo. In origine la testa veniva presa per i capelli e mostrata al pubblico: da qui alcune leggende metropolitane che narravano di teste che si lamentavano o che mostravano qualche movimento, ma fu abolita perché ritenuta, in epoca più moderna, troppo cruenta.

La pena capitale fu abolita in Francia nel 1981. Attualmente viene utilizzata in 68 paesi.

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