papi Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sun, 20 Mar 2022 18:44:43 +0000 it-IT hourly 1 San Gregorio Magno: opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/san-gregorio-magno-antonello/ https://cultura.biografieonline.it/san-gregorio-magno-antonello/#comments Thu, 07 May 2020 04:58:08 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28997 Fra il 1472 e il 1473 Antonello da Messina realizza quest’opera raffigurante San Gregorio Magno. Essa si inserisce in un contesto più ampio: è solo una parte di una struttura più complessa e articolata. Di seguito andiamo ad approfondire gli aspetti storici e descrittivi. In fondo trovate anche un commento video.

San Gregorio Magno (opera di Antonello da Messina, 1472-1473) • Palazzo Abatellis, Palermo
San Gregorio Magno (Antonello da Messina, 1472-1473) • Palazzo Abatellis, Palermo

San Gregorio Magno, un’opera parte di un polittico

Alcuni documenti testimoniano l’incarico attribuito al pittore messinese per la realizzazione di una “magna icona”, probabilmente un polittico. Il polittico è un’opera d’arte sacra, costituita da singoli pannelli separati ma riuniti e raccolti da una cornice che ne dà una forma architettonica. I pannelli possono essere mobili o fissi.

Non sappiamo come fosse l’opera nella sua totalità, ma molto probabilmente ne facevano parte i dipinti dei tre padri della Chiesa:

Vi era probabilmente anche Sant’Ambrogio, che purtroppo non è arrivato fino a noi.

Chi fu Gregorio Magno

Gregorio Magno (indicato anche come Gregorio I) fu il 64° pontefice della chiesa cattolica e vescovo di Roma, città dove nacque nell’anno 540 circa. Fu papa dall’anno 590 fino alla sua morte, avvenuta nel 604.

Il suo papato si svolse nell’arco di 14 anni, in uno dei periodi più bui della storia italiana e del Medioevo europeo. Minuto e cagionevole di salute, di lui si ricorda l’incredibile forza morale e la incrollabile fiducia nella forza del Cristianesimo. Al suo nome è inoltre legato il genere del canto gregoriano.

Per ulteriori notizie sulla sua vita, vi invito a leggere la biografia di Gregorio Magno.

San Gregorio Magno, analisi dell’opera

Questa splendida opera di Antonello, come anche quelle che ritraggono altri santi, è conservata a Palermo, presso Palazzo Abatellis. Le tavole con la raffigurazione dei tre santi facevano parte di un’opera molto grande nella quale i santi erano posti in alto.

Possiamo infatti notare come in questa tavola San Gregorio Magno abbia uno sguardo rivolto verso il basso e sulla sua sinistra, quindi in diagonale.

Ciò significa che probabilmente era posto in alto e a sinistra, poiché da quella posizione avrebbe dovuto guardare gli spettatori dall’alto in basso.

La posizione in alto era dovuta anche all’autorevolezza e importanza data ai santi. Malgrado l’impostazione arcaica, evocata dallo sfondo in oro, il dipinto appare magnificamente innovativo per le volute della veste bianca che in basso gioca con le ombre e le luci. Ma non solo.

Altro elemento di innovazione introdotto da Antonello da Messina è la prospettiva del volto: essa è accentuata dalla tiara e dai capelli neri del santo.

Infine, vi è il dettaglio della barba appena accentuata sulle guance e che dà profondità e consistenza al volto di San Gregorio Magno.

Dettaglio del volto di Gregorio Magno: si può vedere l'accenno di barba
Il dettaglio del volto in cui si può vedere l’accenno di barba rada

La tecnica

La tecnica utilizzata è tempera grassa su tavola su tela. Le misure sono 46,5 x 35, 5 cm.

La realizzazione

La qualità dell’esecuzione, benché sia di altissimo livello, non è costante. Questo fa pensare al fatto che possa essere portata a termine da un’altra mano. Antonello dal 1457 aveva una bottega ben avviata e dunque è possibile che un suo allievo, oppure il figlio Jacobello, abbiano terminato il dipinto.

Analisi dell’opera con commento video

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Musei Vaticani https://cultura.biografieonline.it/musei-vaticani/ https://cultura.biografieonline.it/musei-vaticani/#comments Tue, 12 Apr 2016 20:57:24 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17719 Visitare i Musei Vaticani significa immergersi simultaneamente tra le onde di un tempo che rivive il presente nell’immagine del proprio solenne passato, e che s’innesta nel futuro come ideale eterno e universale di un concetto estetico e comunicativo immortale, nato dai padri dell’umanità per impressionare generazioni di figli, nel frangente di una continuità che non sfibra, ma che fortifica ogni antico concetto.

Musei Vaticani

La pluralità della conoscenza incontra le fasi più nobili dello spirito umano nella magnificenza della sede vaticana dove, tra le antichità di una religiosità permeante marmi e antichi segreti, vige il potere indiscusso della Chiesa di Roma. La grandezza incontra il potere nell’incalcolabile connubio tra arte e reggenza clericale, devota a Dio e agli uomini creati a sua immagine e somiglianza. Non esiste vastità più ampia di un complesso dove vige l’anima del mondo, il cuore pulsante di una storia pressoché infinita che articolò i benefici della vittoria sulle rimesse fondamenta del debole pensiero, corrotto e dunque soffocato.

La storia del Vaticano è la storia del mondo, così come ogni parte del mondo fu tassello nel glorioso disegno evangelicamente imperituro di una conquista delle anime lontane dalla Chiesa e quindi da Dio.

L’eccezionalità delle personalità pontificie legò indissolubilmente la storia dei Musei Vaticani a una collezione d’arte stupefacente, in una varietà di manufatti e opere d’arte rappresentanti le fasi più alte dell’artisticità umana, dai corpi perfetti e atletici della statuaria classica fino alla modernità sorprendente e inquieta dei mentori dell’ideale spesso sofferente dell’arte novecentesca.

Musei Vaticani: la Storia

Ripercorrere la storia dei Musei Vaticani significa ripercorrere i vicoli della Roma rinascimentale, quando il potere si decorò d’illustri ornamenti, colpendo il cuore della cristianità di una rinnovata concezione artistica, generata dalla mente dei precursori di una potenza interpretativa senza eguali, di una ricchezza compositiva distillata di passione e sottomissione, di un totale asservimento vincolato alla consapevolezza di una somma missione ordinata e intensissimamente voluta dal vicario di Cristo in terra.

L’ispirazione nacque dalle contorte spire del gruppo scultoreo del “Laocoonte” (I secolo a.C.), per giungere, infine, alla genesi del nucleo primitivo della collezione intrapresa da papa Giulio II (1443 – 1513), che non solo gettò le basi di un complesso museale di un’assoluta importanza, ma la cui prima formazione influenzò in maniera consistente il percorso artistico e la mente sensibile ed estremamente ricettiva dei grandi protagonisti del panorama rinascimentale italiano, come nel caso di Michelangelo Buonarroti (1475 – 1564), che seppe fare del “Torso del Belvedere” (I secolo a.C.) l’anima di una propria poetica, e i cui risvolti riecheggiano tra i corpi nudi e mascolinamente torniti dei personaggi che popolano la volta della Cappella Sistina.

La volta della Cappella Sistina
Musei Vaticani: la volta della Cappella Sistina

Il 1508 coincide con l’incipit di una grandiosa e maestosa volontà collezionistica, sacra al valore dell’umano apprezzamento e allo strumento dell’arte quale mezzo per raggiungere Dio, dunque l’anima del mondo.

Quando Giulio II, Giuliano della Rovere, nell’ampio respiro di un mecenatismo illustre e fortemente classicista, acquistò il mitologico gruppo scultoreo urlante di orrore e ritraente, nelle solide forme di un marmo ammirevole, l’inganno della sorte brutale toccata al sacerdote troiano, qualcosa nella storia variò, cambiando gli attesi destini dello “Status Civitatis Vaticanæ”.

“[…] Egli, com’era
D’atro sangue, di bava e di veleno
Le bende e ‘l volto asperso, i tristi nodi
Disgroppar con le man tentava indarno,
E d’orribili strida il ciel feriva;
Qual mugghia il toro allor che dagli altari
Sorge ferito, se del maglio appieno
Non cade il colpo, ed ei lo sbatte e fugge.”

(Virgilio, Eneide, Libro II, 370 – 377)

Il classicismo della virgiliana figura morente del “Laocoonte” trova in sé il motivo chiave di una collezione, quella classica, che fece della sua esistenza la giustificazione di quell’impero, un tempo romano e fecondo di conquiste, che proseguì passando dalle contuse mani di Lucius Aemilius Paullus (229 a.C. – 160 a.C.) e Flavio Valerio Aurelio Costantino (306 – 307) alle ingemmate dita di Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici, 1475 – 1521) e Paolo III (Alessandro Farnese, 1468 – 1549), verso la fatalità benedetta e gloriosamente sacra di un “Imperium sine fine”, ovvero di un impero prepotentemente consacrato alla Chiesa Cattolica, nella pagana citazione dell'”His ego nec metas rerum nec tempora pono: imperium sine fine dedi” di Publio Virgilio Marone (70 a.C. – 19 a.C.).

Un ideale sommo, celestialmente guidato nella riuscita di un’opera suprema di materializzare dell’antico binomio che lega la creazione a Dio, nell’esatta corrispondenza dell’uomo capace di creare e trasformare la materia, infondendo in essa la scintilla dell’umana vitalità, come l’assoluta potenza che colma la breve distanza che separa l’indice di Dio da quella di Adamo, negli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina.

Il potere incontrò il prestigioso volto dell’arte rinascimentale nei sublimi ambienti vaticani, portando a compimento il magniloquente incontro, in molti casi agonistico, tra Raffaello Sanzio (1423 – 1520) e Michelangelo Buonarroti.

La fervente contesa che spesso animava gli artisti, volgeva altrettanto frequentemente l’indomita indole ai danni dei giudizi estranei alla volontà personale.

Come nel caso di Michelangelo che con riluttanza accoglieva le opinioni altrui, atteggiamento che palesò nella laconica risposta data al drammaturgo e poeta Pietro Aretino quando questi dispensò alcune indicazioni attinenti la realizzazione del “Giudizio Universale“:

[…] Sommi molto rallegrato per venire da voi, che sete unico di virtù al mondo, et anche mi sono assai doluto, però che, avendo compìto gran parte de l’historia, non posso mettere in opra la vostra imaginazione, la quale è sì fatta, che se il dì del giudicio fusse stato, et voi l’aveste veduto in presenzia, le parole vostre non lo figurarebbono meglio […].

I Musei Vaticani si configurano, dunque, non solo come indiscussi custodi del sublime operato umano, ma come frangente entro cui si sviluppò la sofferenza, l’indocile passione, il sentimento artistico che mosse gli ingranaggi dell’illustre “intelligentia“, nelle afflizioni estenuanti di capolavori d’immensa portata; le illustri esternazioni del genio artistico amalgamavano il colore al sudore della fatica, l’estetica perfezione delle forme all’inguaribile indebolimento fisico, liberando e trasformando ogni mera rinuncia materiale in un supremo capolavoro artistico, in un’evidente elevazione spirituale facilmente deducibile da alcuni dei versi del Buonarroti, che ritraggono, lo stesso, ormai piegato dagli sconfinati sforzi rivolti alla realizzazione degli affreschi della volta della Cappella Sistina:

Dinanzi mi s’allunga la corteccia,
e per piegarsi adietro si ragroppa,
e tendomi com’arco soriano
Però fallace e strano
surge il iudizio che la mente porta,
ché mal si tra’ per cerboctana torta.

(M. Buonarroti, Le Rime, 12 – 17)

Le evoluzioni

L’origine delle collezioni vaticane sbocciò esuberante dal marmoreo “Cortile delle statue“, oggi “Cortile Ottagonale“, per evolversi sovente in quel patrimonio artistico che riempì di magnificenza i lussuosi saloni vaticani, portando alla nascita di nuovi spazi espositivi e dunque museali.

Nel corso del XVIII secolo fu fondato il primo nucleo del “Museo Pio – Clementino” per l’opera culturalmente e artisticamente feconda di Clemente XIV (Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli, 1705 – 1774) e Pio VI (Giannangelo Braschi, 1717 – 1799), mentre nel secolo successivo, con Pio VII (Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, 1742 – 1823) furono fortemente ampliate le raccolte di antichità classiche e la collezione epigrafica, ospitata nella “Galleria lapidaria” (XVIII secolo).

Con Gregorio XVI (Bartolomeo Alberto Cappellari, 1765 – 1846) si aprirono le porte del “Museo Gregoriano Etrusco” (1828) e del “Museo Gregoriano Egizio” (1839), con i reperti provenienti dagli scavi dell’Etruria meridionale e alcuni artefatti nativi del “Museo Capitolino e Vaticano”.

Nel 1844 fu inaugurato il “Museo Lateranense”, luogo espositivo che vanta la presenza di statue, mosaici, bassorilievi di età romana, i quali non trovarono posto nei palazzi vaticani.
Sotto il pontificato di San Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, 1835 – 1914) fu inaugurato il “Lapidario Ebraico” (1910), sezione ospitante 137 iscrizioni degli antichi cimiteri ebraici di Roma.

I Musei Vaticani si figurano come un contesto espositivo diffuso, in altre parole scandito in una moltitudine di spazi dislocati in varie edifici o ambiti museali; nel limite di una sintesi esaustiva è risulta necessario ricordare la “Galleria degli Arazzi” (1838), la “Galleria delle carte geografiche” (1580) voluta da Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1502 – 1585) e restaurata da Urbano VIII (Maffeo Vincenzo Barberini, 1568 – 1644), la “Sala Sobieski”, la “Sala dell’Immacolata Concezione” (1854), la “Loggia di Raffaello” (1517 – 1519), le “Stanze di Raffaello” (1508 – 1524), la “Cappella di Beato Angelico” (“Cappella Niccolina”, 1447) voluta da Niccolò V (Tomaso Parentucelli, 1397 – 1455), la “Cappella Sistina” (1483), gli “Appartamenti Borgia” (1492), la “Pinacoteca Vaticana” (1932) e il “Museo Missionario Etnologico” (1926).

Il 1973 fu l’anno della nascita della collezione d’arte religiosa moderna e contemporanea e quella del “Museo Storico”, ospitante una serie iconografica dei papi nonché i cimeli dei corpi militari soppressi.

La collezione

I Musei Vaticani, vigilanti di un’arte sacra e al contempo contemporanea, riempirono quell’infausta frattura che per secoli aveva emarginato la sacralità dalla modernità, in un concetto che induceva a escludere dalle collezioni vaticane i maggiori esemplari di arte moderna, in una comprensione di una religiosità nuova, sofferta e ricercata, come nella “Pietà” (1889) di Van Gogh, e fortemente discussa nel “Crocifisso” (1954) di Salvador Dalì.

Un’arte moderna che rimanda ai miti del Rinascimento, un’arte rinascimentale che richiama il forte classicismo della statuaria greco – romana, in un’avanzante e galoppante schiera dei più assoluti e universalmente riconosciuti capolavori antichi; è il caso di citare l'”Atena e Marsia” (450 a.C.) di Da Mirone, l’ “Amazzone Mattei” (V secolo a.C.) di Fidia, “Afrodite Cnidia” (360 a.C.) di Prassitele, l’ “Apollo del Belvedere” (350 a.C.) di Leocares, la “Statua colossale di Claudio” (47 d.C.), l’ “Augusto di Prima Porta”, l’ “Apoxyómenos” (330 -320 a.C.) di Lisippo, il “Gruppo del Laocoonte” (I secolo d.C.), gli “Affreschi dell’Odissea dalla casa di via Graziosa” (I secolo a.C.), la “Base dei Vicomagistri” (20 – 40 d.C.), la “Colonna Antonina” (161 – 162 d.C.), il “Sarcofago di Costantina” (340), il “Sarcofago dogmatico” (320 – 340), il “Ritratto del decennale di Traiano” (108 d.C.) e il “Ritratto di Filippo l’Arabo” (244 d.C.).

Il mondo classico sfuma lentamente le brillanti superfici pallide e pagane dei marmi ellenici nella complessità dell’arte medievale che, nel terreno fertile di una venerazione religiosa al limite della faziosità, vide l’investitura di un’arte splendida, narrata dai capolavori vaticani dell'”Evangeliario di Lorsch” (“Codex Aureus di Lorsch”, 778 – 820), dal “Polittico Stefaneschi” (1320) di Giotto, l'”Annunciazione” (1423 – 1425) di Gentile da Fabriano e dai cinque scomparti della predella del “Polittico Quaratesi” (1425).

Nati nel cuore del Rinascimento, i Musei Vaticani godettero del privilegio di artisti contemporanei celebri, che seppero fare dell’arte lo strumento di un potere religioso in progredente crescita, serbando ed esibendo la maestosità di un periodo glorioso attraverso un rinnovamento ideale e materiale che si espresse attraverso gli arazzi della Cappella Sistina di Raffaello, la predella della “Pala di Perugia” (1438) di Beato Angelico, l'”Incoronazione Marsuppini” (1460) di Filippo Lippi, il “San Girolamo” (1480) di Leonardo da Vinci e la “Pietà di Pesaro” (1471-1483) di Giovanni Bellini.

Nel complesso progresso artistico che unì gli uomini al supremo ideale che è l’arte, nell’ottica di uno strumento che cova in sé uno spirito capace di comprendere ogni epoca, si giunge all’illusoria fine di un percorso, nei vasti meandri dell’arte moderna e infine contemporanea, con la “Deposizione” (1602 – 1604) di Caravaggio, il “Martirio di sant’Erasmo” (1628) di Nicolas Poussin, il “Perseo trionfante” di Antonio Canova (1797 – 1801) e le potenti e irrequiete opere sopracitate di Salvator Dalì e Van Gogh.

Perseo trionfante - Scultura di Canova
Perseo trionfante: Perseo tiene con la mano la testa di Medusa (Scultura di Canova)

Note Bibliografiche
C. Rendina, I papi. Da San Pietro a Papa Francesco. Storia e segreti, Newton Compton Editori, Roma, 2013
M. Buonarroti, S. Fanelli (curatore), Rime, Garzanti, Milano, 2006
T. Filippo, La passione dell’error mio. Il carteggio di Michelangelo. Lettere scelte 1532-1564, Fazi, Roma, 2002

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Differenza tra Papa e Pontefice https://cultura.biografieonline.it/papa-pontefice-differenze/ https://cultura.biografieonline.it/papa-pontefice-differenze/#comments Thu, 03 Jul 2014 13:29:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11384 Molto spesso nel linguaggio comune vengono utilizzati i termini Papa e Pontefice. Pur essendo sinonimi, i due termini presentano però delle etimologie differenti e spesso vengono usati in modo inappropriato

Papa e Pontefice: Papa Benedetto XVI con Papa Francesco
Il Papa emerito Benedetto XVI (a sinistra) con Papa Francesco (a destra), in un incontro del 2013

Il Papa

Con il termine Papa, si indica la più alta autorità religiosa riconosciuta nella religione cattolica. La parola deriva dal greco “padre”. Secondo il diritto canonico, il Papa è il vescovo della diocesi di Roma, capo del Collegio dei Cardinali, primate d’Italia, vicario di Cristo e Pastore in terra della Chiesa Universale ed infine sovrano assoluto dello Stato della Città del Vaticano.

Il conclave

Il Papa è nominato grazie al conclave, ossia l’insieme di tutti i cardinali riuniti a Roma che votano il futuro Papa nella Cappella Sistina a porte rigorosamente chiuse. Se la votazione del conclave ha un esito positivo, la notizia viene comunicata a tutto il mondo bruciando le schede e gli appunti in un’apposita stufa, con un additivo che rende il fumo di colore bianco. Al contrario, in caso di stallo, si aggiunge nella stufa un additivo che rende il fumo di colore nero ed è fumata nera. A quel punto il conclave si riunisce. Il Papa assume il ruolo incontrastato di guida ed è un chiaro punto di riferimento per i cattolici di tutto il mondo.

Il Pontefice

Il nome Pontefice, invece, deriva dal termine latino Pontifex, che significa edificatore di ponti, utilizzato dai Romani per indicare una persona che ricopre un importante ruolo religioso, un sacerdote.

L’origine del nome prende spunto dal fatto che in epoca antica, in Tessaglia, le immagini degli dèi da venerare venivano poste sopra il ponte sul fiume Peneus; da qui proverrebbe il nome dei sacerdoti preposti al culto. In ambiente latino arcaico, è invece considerato il collegamento tra i pontefici ed i ponti: il primo ponte di Roma, il Sublicius, era infatti stato restaurato grazie al collegio pontificale.

Nell’antico Testamento è considerato quindi il primo sacerdote. Nell’antica Roma, invece, il Pontefice assumeva il ruolo di membro dell’alto collegio sacerdotale che aveva il compito di vigilare sul culto pubblico e privato, nonché di interpretare le tradizioni giuridiche e religiose che regolavano la vita della città. A capo di tutti i sacerdoti (ovvero pontefici), spicca in assoluto la figura del Pontefice massimo.

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Perché i papi cambiano nome? https://cultura.biografieonline.it/nomi-papi/ https://cultura.biografieonline.it/nomi-papi/#comments Mon, 17 Mar 2014 11:58:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10073 Secondo un’antica tradizione i papi sono soliti cambiare nome. Questa usanza risale ai tempi di origine del pontificato, proprio quando Gesù decise di cambiare il nome dell’apostolo Simone in Pietro, primo papa della storia. Tuttavia, all’inizio della storia dei pontificati, questa usanza nacque perché alcuni papi consideravano i loro nomi d’origine poco adatti alla suprema carica che ricoprivano. Il primo di tutti fu Mercurio, che scelse di chiamarsi Giovanni II quando fu eletto papa, nel 533, perché aveva il nome che ricordava un dio pagano.

papi e nomi dei papi
L’incontro tra due papi: Joseph Ratzinger (Papa Benedetto XVI) incontra Jorge Mario Bergoglio (Papa Francesco).

Dall’anno mille in poi diversi papi considerarono i loro nomi di origine inadatti per ricoprire la carica e dopo Pietro Buccaporca, papa nel 1009, che per rispetto verso San Pietro, fondatore della Chiesa, cambiò il suo nome in Sergio IV, l’usanza di non usare il proprio nome nativo rimase.

Il nuovo nome solitamente viene scelto in base a motivi personali, che possono essere tra i più vari, come l’ammirazione per un papa precedente, per segnare la continuità con il pontefice prima di lui, per ricordare un santo a cui è devoto o per ricordare una chiesa dove nel sacerdozio il nuovo pontefice ha spesso celebrato.

I nomi più frequenti che sono stati scelti dai pontefici sono: Giovanni (23), Gregorio (16), Benedetto (16), Clemente (14), Innocenzo (13), Leone (13) e Pio (12). Così il nuovo pontefice di oggi, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, religioso gesuita, ha deciso di optare per il nome di “Francesco”, fondatore dell’ordine dei francescani. La scelta del Pontefice di tale nome si basa essenzialmente su tre motivi: una maggiore attenzione sul tema caldo della povertà, sul tema della semplicità ed il desiderio di migliorare le relazioni in tutto il mondo per costruire una vera via di pace.

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