Ovidio Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 14 Feb 2022 18:13:48 +0000 it-IT hourly 1 Narciso e il mito di Narciso https://cultura.biografieonline.it/narciso-mitologia/ https://cultura.biografieonline.it/narciso-mitologia/#comments Sat, 07 Jan 2017 17:21:21 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20659 Il mito di Narciso è sicuramente il più conosciuto della mitologia greca. Talmente famoso da diventare una parola di uso comune per indicare una specifica caratteristica dell’uomo: l’amore smisurato per se stessi. Il mito di Narciso, infatti, narra la storia di un giovane bellissimo che perde la vita perché si innamora perdutamente del suo riflesso.

Il mito di Narciso - Caravaggio - dettaglio
Un dettaglio del Narciso di Caravaggio (1597-1599, Galleria Nazionale d’Arte Antica – Palazzo Barberini, Roma)

Esistono molte versioni del mito ed è difficile destreggiarsi tra esse. La fonte più autorevole è Ovidio con le sue Metamorfosi. L’opera è punto di riferimento per la diffusione della mitologia greca perché racchiude tutte le storie metamorfosi.

Né vasto tratto di mare, né lungo cammino, né monti, né mura di città con porte sbarrate, ci separano, bensì siamo disgiunti da poca acqua” (Le metamorfosi, Ovidio)

Per quanto riguarda il mondo greco, la prima fonte in assoluto sarebbe quella proveniente dai papiri di Ossirinco, forse opera dello scrittore Partenio. La fonte greca più autorevole sarebbe però l’opera di Pausania, Periegesi della Grecia (II secolo d.C.). Le differenze tra la versione greca e quella romana sono abbastanza evidenti.

Il mito di Narciso: la storia e le versioni

In generale, la storia ha dei punti in comune in tutte le versioni. Narciso è il figlio di Cefiso, una divinità fluviale, e di Liriope, una ninfa. La madre era però molto preoccupata perché aveva dato alla luce questo bambino bellissimo. Si recò così dall’oracolo Tiresia, che le consigliò di non fargli mai conoscere se stesso. Il bambino crebbe e divenne un adolescente bellissimo, del quale tutti si innamoravano. Narciso, però, respingeva tutti, forse per orgoglio o per forte personalità.

Secondo la versione romana, Eco, una ninfa che non poteva parlare per prima perché punita da Giunone, si innamorò follemente di lui. Ella, però, non poteva dichiararsi in quanto con la sua voce poteva soltanto fare eco a quella di Narciso, che la rifiutò bruscamente. La fanciulla così trascorse il resto della sua esistenza a vagare nelle valli, fino a diventare soltanto una voce.

La dea della vendetta, Nemesi, decise di punire il giovane Narciso per il suo rifiuto alla ninfa. Lo condannò così a specchiarsi in un laghetto per bere. Quando lui si calò per bere l’acqua, vide il suo riflesso e se ne innamorò perdutamente. Dopo poco, capì di essere lui stesso il bellissimo ragazzo e realizzò che il suo era un amore impossibile.

Ovidio afferma che Narciso morì consumato dal fuoco di quell’amore irrealizzabile. Altre fonti invece riportano che egli si gettò nel fiume, nell’estremo tentativo di raggiungere l’amore. Quando le ninfe accorsero per seppellire il suo corpo, al suo posto trovarono dei fiori bellissimi. Si trattava di fiori bianchi e gialli, quelli conosciuti oggi come fiori del narciso. Questo termine deriva proprio dalla parola greca narke, che significa stupore (lo stupore di Narciso che vide per la prima volta la propria immagine).

La versione greca

Secondo la versione greca, contenuta nei papiri di Ossirinco, Narciso venne punito e costretto a specchiarsi perché aveva spinto un giovane ragazzo di nome Aminia ad uccidersi pur di non ricambiare il suo amore. Pausania, invece, modificò  una parte importante della storia. Secondo lui, Narciso non si innamorò del suo riflesso ma della sorella gemella defunta. Specchiandosi, rivide in se stesso il volto dell’amata sorella e trovò così consolazione al suo dolore.

Narciso nella cultura

Ad ogni modo, a qualunque versione ci si riferisca, il mito di Narciso ha affascinato centinaia di generazioni di tutte le epoche storiche. Nella pittura, ha ispirato i più grandi artisti. Si ricordino in particolare:

Dalí - Metamorfosi di Narciso
Metamorfosi di Narciso (Salvador Dalí, 1936-1937 – Tate Modern Gallery, Londra)

È impossibile non ricordare l’influenza che il mito ha avuto nella letteratura di tutti i tempi, in particolare soprattutto dall’Ottocento in poi. Basti pensare che il famoso romanzo di Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, è fortemente ispirato alla figura di Narciso. I riferimenti potrebbero continuare, passando per la musica e per il cinema.

Per comprendere a pieno la celebrità del mito, si può vedere che le parole narcisismo e narcisista sono ormai entrate nel nostro vocabolario comune proprio per indicare una persona che prova troppo amore per se stesso. Questo ci aiuta a comprendere quanto i miti greci siano ormai parte del nostro patrimonio culturale e quanto abbiano influenzato la nostra civiltà fin dalle origini.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/narciso-mitologia/feed/ 5
Ratto di Proserpina (scultura del Bernini) https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/ https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/#respond Thu, 23 Apr 2015 05:17:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14115 Il “Ratto di Proserpina” (base esclusa, alto cm 255) è un gruppo scultoreo dell’architetto e scultore napoletano Gian Lorenzo Bernini (“Apollo e Dafne”, “David”), commissionato da Scipione Borghese per la sua residenza romana, Villa Borghese. Alcuni mesi dopo la conclusione dell’opera però, per motivi a noi ignoti, Scipione Borghese dona la scultura a Ludovico Ludovisi, nipote del nuovo papa Gregorio XV.

Il Ratto di Proserpina - Galleria Borghese
Il Ratto di Proserpina (1621/1622) – Galleria Borghese

Il gruppo scultoreo, trasportato pertanto a Villa Ludovisi e sistemato in una sala al pianterreno attigua al giardino, è stato acquistato dallo Stato italiano nel 1908 e riportato a Villa Borghese, residenza naturale per la quale l’opera è stata concepita.

Il “Ratto di Proserpina” eseguito tra il 1621 e il 1622 dal giovanissimo artista (al tempo il Bernini ha 23 anni), rappresenta per l’appunto il famoso mito del Ratto di Proserpina, tratto dalle Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone.

Il mito del Ratto di Proserpina nelle Metamorfosi di Ovidio

Il mito in questione è legato al ciclo delle stagioni e racconta il ratto (ovvero il rapimento) di Proserpina, figlia del dio Giove e di Cerere (dea della fertilità dei campi), ad opera del dio Plutone (fratello di Giove e sovrano dell’Ade, luogo in cui risiedono in eterno le anime dei morti). Infatuatosi della dea, mentre questa è intenta a raccogliere fiori in un campo presso il lago di Pergusa (Enna), Plutone la rapisce portandola con sé nei recessi più cupi della terra.

Cerere, cercata a lungo e inutilmente la figlia, cessa per il grande dolore ogni sua divina attività: abbandona i campi, rende sterile ogni seme, lascia che i raccolti marciscano. A sua volta Giove, preoccupato per lo stravolgimento dei cicli naturali, interviene grazie alla mediazione di Mercurio, trovando un accordo tra il dio Plutone e Cerere. Il patto concluso prevede che Proserpina trascorra sei mesi sulla terra con la madre, mentre nei mesi invernali risieda nell’Ade con il dio Plutone, suo sposo.

Analisi dell’opera il “Ratto di Proserpina”

Ancora una volta, come già in altre sue notorie sculture, Lorenzo Bernini coglie l’essenza del momento, l’immediatezza e la potenza del movimento, rendendolo eterno. Ispiratosi, per la realizzazione del gruppo scultoreo, alla pittura contemporanea di Annibale Carracci e di Rubens, il Bernini pensa e realizza il “Ratto di Proserpina” per una ricezione pittorica da parte dell’osservatore, cioè per essere percepita e ammirata da un unico punto di vista, quello frontale.

Il Ratto di Proserpina - Bernini
Il Ratto di Proserpina – Bernini

Il dramma è in pieno svolgimento, le dinamiche del concitato momento sono rese dal movimento degli arti e delle teste dei protagonisti.
La dea è prigioniera, ma continua a lottare. Avvinta tra le braccia di Plutone, rivolgendo la sua preghiera al cielo, Proserpina respinge con la mano il suo assalitore arricciando così la pelle del viso del dio.

La sua chioma, fluente e scomposta, lascia ampio spazio all’espressività del viso segnato superbamente da una lacrima; il panneggio, fluido anch’esso, lascia scoperto il corpo perfetto di Proserpina, mettendo al contempo in evidenza la torsione del corpo stesso e il pathos dell’attimo rappresentato.

Plutone è vincitore, fiero e trionfante. Il suo viso è delineato dalla resa dei capelli e della barba, esempi della maestria e dell’eccellenza del Bernini; il corpo, possente e virile, presenta una muscolatura che evidenzia la forza del dio. Il realismo di questo gruppo scultoreo tocca l’apice del virtuosismo nella rappresentazione delle mani di Plutone. Le dita del dio, infatti, che affondano letteralmente nella coscia e nel fianco di Proserpina, non solo segnano ed esaltano la morbidezza e la pienezza della carne della dea, ma fanno sì che l’osservatore dimentichi per un attimo che di fronte a sé ha una scultura in marmo e non una scena reale. Ai piedi della coppia, in parte nascosto dalle gambe della divinità femminile, il cane a tre teste (ovvero il guardiano infernale) abbaia.

Ratto di Proserpina - particolare
Ratto di Proserpina – particolare

Ancora una volta, grazie all’operato del Bernini, la potenza evocativa e rappresentativa della scultura viene fuori in tutta la sua straordinaria magnificenza lasciando che dove non arrivi la parola, giunga il potente silenzio della scultura.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/feed/ 0
Apollo e Dafne (scultura di Bernini) https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-bernini/ https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-bernini/#comments Thu, 19 Mar 2015 09:14:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13771 Apollo e Dafne” è un gruppo scultoreo a tutto tondo in marmo (alto cm 243) realizzato dall’architetto, pittore e scultore napoletano Gian Lorenzo Bernini tra il 1622 e il 1625. L’opera, commissionata per la sua villa dal cardinale Scipione Borghese – avido collezionista, nipote di Papa Paolo V – è da sempre sita presso la Galleria Borghese a Roma. Ad essere rappresentato ed immortalato nel tempo è un soggetto tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, colto nell’attimo di maggior pathos e intensità emotiva.

Apollo e Dafne - dettaglio
Apollo e Dafne: particolare

Il mito di Apollo e Dafne nelle Metamorfosi

Il mito di Apollo e Dafne ovidiano racconta che il dio Apollo, figlio di Zeus, vantandosi di saper usare come nessun altro arco e frecce, incorra nell’ira di Cupido. Quest’ultimo, per punire la superbia del giovane dio, lo colpisce con una freccia facendolo innamorare della bella ninfa Dafne (il cui nome in greco significa ”alloro”), figlia del dio fluviale Peneo e di Gea, la Terra. Dafne però, ha consacrato la sua vita alla sorella di Apollo, la dea Artemide, votata alla castità e al mantenimento della verginità, valori di cui è tale sostenitrice da costringere le ninfe del suo seguito a seguire il suo esempio, pena una esemplare punizione.

Apollo, innamorato, cerca disperatamente di raggiungere l’amata Dafne che chiede aiuto al padre per custodire la propria innocenza. Peneo, quindi, per evitare che i due giovani si possano congiungere, fa in modo che la forma umana della figlia si dissolva al tocco del dio. Apollo, infatti, insegue Dafne fino a quando, raggiungendola e toccandola, non la vede trasformarsi in un albero di alloro (la corona di alloro è uno dei simboli del dio Apollo).

Apollo e Dafne - Bernini
Apollo e Dafne: Bernini realizzò la scultura tra il 1622 e il 1625

Analisi dell’opera “Apollo e Dafne”

Il giovane Bernini rappresenta magistralmente proprio quest’attimo: Apollo, raggiunta Dafne, la tocca con la mano e nel momento stesso in cui lo fa, la ninfa inizia a trasformarsi. Leggiamo nelle Metamorfosi: “Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra, il petto morbido si fascia di fibre sottili, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici, il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva”.

Bernini gareggia con Ovidio, ed entrambi sono vincitori, perché se è vero che la poesia è padrona del tempo mentre l’arte figurativa lo è dello spazio, è anche vero che lo scultore napoletano sovverte questo stato di cose, imbrigliando in un senza tempo la potenza del movimento. In “Apollo e Dafne” il minuzioso trattamento del marmo, dalla dettagliata resa del fogliame e del panneggio sollevato dal vento alla corteccia del tronco, dalla fluente chioma dei protagonisti allo sguardo smarrito e sorpreso di Dafne, concorre a rendere perfettamente l’azione che sembra svolgersi davanti all’attento sguardo dell’osservatore.

Sia la foga dell’inseguimento sia la vanità di tale atto sono evidenziati da un distico latino, composto da Maffeo Barberini, inciso sul basamento dell’opera: “chiunque insegue il piacere di una forma che fugge, resta con un pugno di foglie in mano, o al massimo coglie delle bacche amare”. La chiave moraleggiante di questi versi nasce dall’esigenza di adeguare alla dimora di un cardinale questo gruppo scultoreo altamente sensuale.

Apollo e Dafne - Bernini
Un’altro fotografia della scultura Apollo e Dafne

Nell’insieme “Apollo e Dafne” rappresenta sicuramente, per la sua lavorazione e per la palpabile tensione psicologica, uno dei momenti più riusciti della scultura barocca. La bravura del Bernini, infatti, offre una scultura che non possiede un punto di vista privilegiato, ma dà la possibilità allo spettatore di cogliere in ogni dettaglio la bellezza classica, tipica dell’arte ellenistica, e al contempo la sensualità e la ricchezza di particolari proprie della poetica barocca.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-bernini/feed/ 7