Ordine Nuovo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 28 Mar 2018 14:23:08 +0000 it-IT hourly 1 La strage di Piazza della Loggia (Strage di Brescia) https://cultura.biografieonline.it/strage-piazza-della-loggia/ https://cultura.biografieonline.it/strage-piazza-della-loggia/#respond Sat, 04 Jul 2015 16:50:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14535 Sono le dieci e 12 minuti, quando il 28 maggio 1974 una bomba nascosta nel cestino dei rifiuti viene fatta esplodere in Piazza della Loggia a Brescia, causando la morte di otto persone e oltre cento feriti. Ancora oggi, a distanza di 41 anni, non sono stati individuati e puniti i responsabili di questo attentato, avvenuto mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista.

Piazza della Loggia - Brescia - Strage
Brescia: la strage di Piazza della Loggia (28 maggio 1974) • Una riproduzione del manifesto della manifestazione durante la quale scoppiò la bomba che determinò la strage.

Il processo d’appello bis

A Milano si è appena aperto il processo d’appello bis a carico di Carlo Maria Maggi, un ex ispettore per il Triveneto di Ordine Nuovo, e Maurizio Tramonte, un uomo reputato vicino ai servizi; è stato assolto invece Delfo Zorzi. Nel corso della prima udienza, i giudici hanno dato la parola ai periti, che adesso dovranno stabilire se effettivamente Maggi è incapace di affrontare il processo, così come sostiene l’uomo. Ma andiamo con ordine.

Piazza della Loggia, il ricordo

Anche quest’anno, alle 10.12, è stato osservato un minuto di silenzio per commemorare le vittime dell’attentato in Piazza della Loggia a Brescia. In piazza, insieme ai familiari delle vittime, c’era il sindaco Emilio Del Bono, che ha dichiarato: “È una ferita che Brescia non riesce a rimarginare“.

Il discorso del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 28 maggio 2015

E’ sconfortante che, ancora oggi, dopo 41 anni, non siano stati individuati e puniti i responsabili di tanta barbarie. Sono con voi, e con i cittadini di Brescia, che – dichiara Mattarellanon dimenticheranno mai la tremenda strage del 28 maggio 1974. Quel vile attentato stroncò otto vite umane, provocò il ferimento di un centinaio di persone e produsse una ferita profonda non solo nell’animo sconvolto dei familiari ma nell’intero corpo sociale del nostro Paese”.

E continua: “dobbiamo continuare a fare memoria per tenere alta la guardia contro ogni forma di violenza, di fanatismo, di terrorismo. Per trasmettere alle giovani generazioni quei valori di partecipazione, di pace, di confronto nella libertà che sono le fondamenta vive della Costituzione repubblicana. Per guardare alla nostra storia con spirito di verità, cercando di squarciare il velo opaco delle omissioni, delle reticenze, delle complicità“.

Strage di Piazza della Loggia
Piazza Loggia, Brescia • Il punto in cui scoppiò la bomba è ancora oggi visibile

I processi per ricostruire la verità

Il primo processo della magistratura, nel 1979, portò alla condanna di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana. Tra questi, c’era Ermanno Buzzi che, in carcere in attesa d’appello, venne strangolato il 13 aprile 1981. Nel 1982, le condanne del giudizio di primo grado furono trasformate in assoluzioni, confermate poi nel 1985 dalla Corte di Cassazione. Nel 1984 dopo le rivelazioni di alcuni pentiti, fu seguito un secondo filone di indagini. I pentiti accusarono altri rappresentanti della destra eversiva. Indagini che durarono sino alla fine degli anni Ottanta. Anche questa volta gli imputati vennero assolti in primo grado nel 1987, per insufficienza di prove, prosciolti in appello nel 1989 con formula piena. Tutto confermato in Cassazione.

Il 19 maggio 2005 si tenne la terza istruttoria con la quale la Corte di Cassazione ha confermato la richiesta di arresto per Delfo Zorzi che sarebbe coinvolto nella strage di Piazza della Loggia. Il 15 maggio 2008 sono stati rinviati a giudizio i sei imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi. Zorzi, Maggi e Tramonte erano all’epoca militanti di Movimento Politico Ordine Nuovo, un gruppo neofascista creato nel 1963 da Clemente Graziani. Francesco Delfino era invece un ex generale dei Carabinieri che, all’epoca, era responsabile del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Brescia, mentre Giovanni Maifredi era collaboratore del ministro degli Interni, Paolo Emilio Taviani.

Il 25 novembre 2008 si è tenuta la prima udienza, il 21 ottobre 2010, i giudici hanno emesso l’accusa di concorso in strage per tutti gli imputati, fatta eccezione per Pino Rauti per il quale era stata chiesta dalla stessa accusa l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”. Successivamente, il 16 novembre 2010, la Corte d’Assise ha emesso la sentenza di primo grado della terza istruttoria con la quale ha assolto tutti gli imputati per insufficienza di prove. Oltre alle assoluzioni, i giudici hanno stabilito il non luogo a procedere per Maurizio Tramonte per prescrizione del reato di calunnia e, inoltre, hanno disposto la revoca della misura cautelare per Delfo Zorzi. E ancora, il 14 aprile 2012, la Corte d’Assise ha confermato l’assoluzione per i sei imputati e condannato le parti civili al rimborso delle spese processuali, indicando la responsabilità di tre ordinovisti defunti, quali Carlo Digilio, Ermanno Buzzi e Marcello Soffiatti. Poi, il 21 febbraio 2014, la Corte di Cassazione ha annullato le assoluzioni di Maggi e Tramonte e confermato quelle di Zorzi e Delfino. Da qui il nuovo processo d’appello contro Tramonti e Maggi.

Le vittime

Tra le vittime della strage vanno ricordati: l’insegnante di francese, 34 anni, Giulietta Banzi Bazoli, l’insegnante di lettere alle medie, di 32 anni, Livia Bottardi in Milani, l’insegnante di fisica Alberto Trebeschi, 37 anni, Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante, il pensionato, ex partigiano di 69 anni Euplo Natali, Luigi Pinto, 25 anni, insegnante, l’operaio di 56 anni Bartolomeo Talenti e Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio.

L’epilogo

Nel mese di giugno 2017, dopo 43 anni e 11 processi, la Corte di Cassazione riconosce colpevoli gli ordinovisti Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte.

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La strage di Piazza Fontana https://cultura.biografieonline.it/la-strage-di-piazza-fontana/ https://cultura.biografieonline.it/la-strage-di-piazza-fontana/#comments Wed, 04 Apr 2012 10:09:41 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1318 Il 12 dicembre del 1969 una bomba scoppia presso la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Piazza Fontana a Milano. Sono le 16:37 e lo scoppio provoca la morte di diciassette persone e il ferimento di altre ottantotto. In un lasso di tempo di appena 53 minuti, oltre all’ordigno milanese, scoppiano a Roma altre due bombe: una in Via Veneto vicino alla Banca del Lavoro e una davanti all’Altare della Patria a Piazza Venezia.

Milano, 12 dicembre 1969: Strage di Piazza Fontana
Strage di Piazza Fontana: L’attentato di Piazza Fontana avvenne il 12 dicembre 1969 a Milano

Gli attentati rientrano nella cosiddetta stagione del terrore che insanguina l’Italia negli anni compresi tra il 1968 e il 1974. La motivazione con la quale i terroristi agiscono è quella di mantenere il clima di tensione instaurato dai gruppi di estrema destra con l’intento di fare pressione sugli organi di governo, e favorire così un inasprimento delle politiche di repressione. Oltre alla bomba di Piazza Fontana, viene rinvenuto anche un secondo ordigno inesploso in Piazza della Scala nei pressi della Banca Commerciale Italiana.

Il primo indagato: Giuseppe Pinelli

Le prime indagini portano all’arresto del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, che muore misteriosamente precipitando dai balconi della questura dopo tre giorni di interrogatorio. L’autopsia non viene resa pubblica, ma il sostituto procuratore responsabile del caso, Gerardo D’Ambrosio, definisce l’incidente un “malore attivo”. Secondo tale definizione, il Pinelli si sarebbe sentito male, e, sporgendosi eccessivamente dalla ringhiera, sarebbe precipitato.

In quel momento nella stanza non è presente il commissario che conduce le indagini, Luigi Calabresi, eppure l’uomo viene ritenuto responsabile, e fatto oggetto di una serie di attacchi che lo isolano e lo rendono vulnerabile. Gli attacchi provengono soprattutto dal giornale di Lotta Continua e dagli ambienti di sinistra. E saranno proprio degli esponenti di Lotta Continua a deciderne la morte.

Il commissario Calabresi viene assassinato il 17 maggio del 1972. Sono stati condannati come esecutori materiali dell’omicidio, Ovidio Bompressi e Leonardo Marino e, come mandanti, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani. Il commissario Calabresi e gli altri agenti, inizialmente processati per omicidio colposo, sono stati scagionati nel 1975 perché il fatto non sussiste.

Il secondo indagato: Pietro Valpreda

Il 16 dicembre del 1969, grazie alla testimonianza di un tassista, Cornelio Rolandi, viene arrestato anche il secondo sospettato, Pietro Valpreda. Secondo quanto affermato dal testimone, l’uomo si sarebbe diretto verso Piazza Fontana munito di una pesante valigia. Dopo l’interrogatorio, il procuratore Vittorio Occorsio contesta a Valpreda quattordici omicidi, ricevendo immediatamente le congratulazioni per il lavoro svolto dal presidente della repubblica Giuseppe Saragat.

La ricostruzione dei fatti fornita dal tassista presenta, però, delle incongruenze, prima fra tutte un improbabile percorso a bordo della vettura di soli 20 metri. Dopo ulteriori indagini comincia a prendere corpo l’ipotesi che l’uomo sul taxi non sia Valpreda, ma Antonino Sottostanti, un ex legionario di origine siciliana infiltrato nei circoli anarchici, dove è conosciuto con il soprannome di Nino il fascista.

Il Sottosanti risulta fisicamente molto simile all’imputato. Secondo una delle ricostruzioni, tale somiglianza sarebbe stata usata  da servizi deviati e gruppi di destra per pagare l’uomo affinché portasse la valigia con l’ordigno, facendo così ricadere la responsabilità della strage sugli anarchici. La ricostruzione, avvalorata anche da quotidiani come Il Corriere della Sera, risulterà falsa in quanto Sottostanti al momento dello scoppio è in compagnia del Pinelli. Quest’ultimo deve consegnarli un assegno di pagamento per la testimonianza resa in favore di un altro anarchico, il Pulsinelli, a torto accusato di un attentato alla Caserma Garibaldi. A complicare la situazione è la reticenza di Pinelli a svelare i fatti per timore che la testimonianza resa da Nino il fascista possa essere considerata falsa.

Le Brigate Rosse conducono una propria inchiesta sulla strage, di cui consegneranno solo in parte gli incartamenti alla magistratura. Secondo tale ricostruzione l’attentato è opera dei gruppi anarchici che si sono procurati esplosivo e ordigni dagli ambienti di destra. Il Pinelli, dunque, si sarebbe suicidato per il rimorso di essere incappato inavvertitamente nel traffico degli esplosivi usati per la realizzazione dell’ordigno.

L’arresto e il proscioglimento dei responsabili

Le indagini proseguono e, grazie alla scoperta della provenienza del timer da Treviso e delle borse da Padova, vengono individuati due esponenti di Ordine Nuovo: Franco Freda e Giovanni Venturi. Nel 1971 viene scoperto un arsenale di munizioni Nato presso l’abitazione di un militante veneto di Ordine Nuovo. Ci sono anche casse con un esplosivo simile a quello utilizzato per Piazza Fontana. Finiscono in manette Freda e Venturi e insieme a loro Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo.

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Giovanni Venturi confessa la responsabilità di ben 21 attentati realizzati nel 1969, ma nega quello di Piazza Fontana. In una cassetta di sicurezza intestata alla zia vengono, però, ritrovati dei documenti dai quali emerge l’esistenza di una stretta comunicazione con Guido Giannettini, agente del SID meglio conosciuto come agente Z.

La magistratura interpella il SID che, per bocca del comandante Vito Miceli, dichiara il segreto di Stato. Sarà lo stesso Giannettini a consegnarsi al consolato italiano di Buenos Aires nel 1974. Il SID interviene anche in favore di Venturi, e, per timore che possa parlare, gli fa avere le chiavi della cella del carcere di Monza in cui è detenuto e un narcotizzante per le guardie. Nel 1972, Valpreda viene scarcerato, e poi nel 1985 prosciolto per insufficienza di prove insieme a Freda e Venturi. Questi ultimi due escono definitivamente dal processo nel 1987, quando La Cassazione rende definitiva la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Bari nel 1985.

Solo Carlo Digilio, neofascita di Ordine Nuovo, confessa il ruolo avuto, e ottiene nel 2000 la prescrizione del reato proprio in virtù della collaborazione resa. Sempre Digilio riferisce di una confessione fattagli da Delfo Zorzi secondo la quale sarebbe stato lui stesso a piazzare la bomba. L’uomo, però, trasferitosi in Giappone nel 1974 è diventato un imprenditore di successo, e gode della protezione del governo giapponese che non ha concesso allo stato italiano l’estradizione.

Nel 2005 la Corte di Cassazione assolve Delfo Zorzi, Carlo Maggi e Giancarlo Rognoni, tutti militanti di Ordine Nuovo. Nella sentenza i magistrati chiariscono che la responsabilità morale e storica della bomba è da attribuirsi a Franco Freda e Giovanni Venturi, capi del gruppo anarchico ideatore dell’attentato.

Nel 2009 le vedove di Pinelli e di Calabresi si incontrano invitate da Giorgio Napolitano, e, per la prima volta, si stringono la mano.

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