Opere di Michelangelo Buonarroti Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Mon, 19 Dec 2022 11:03:41 +0000 it-IT hourly 1 Tondo Doni di Michelangelo: storia e descrizione https://cultura.biografieonline.it/tondo-doni/ https://cultura.biografieonline.it/tondo-doni/#respond Mon, 19 Dec 2022 10:57:59 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=40711 Il Tondo Doni è un’opera di Michelangelo Buonarroti databile tra il 1505 e il 1507. Si tratta di un dipinto a tempera grassa su tavola, unica opera su supporto mobile dell’artista. Oggi è conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze. È una delle opere emblematiche del Cinquecento: pone le basi al Manierismo.

Tondo Doni: foto ad alta risoluzione pdf
Tondo Doni: foto ad alta risoluzione

Tondo Doni: la commissione e l’aneddoto del pagamento

La storia dell’opera, a partire dalla commissione, è raccontata dallo storico dell’arte Giorgio Vasari. Alla base c’è un curioso aneddoto.

Agnolo Doni è un ricco banchiere che richiede a Michelangelo, suo amico, una Sacra Famiglia in tondo. Si pensa che la richiesta fosse stata avanzata in occasione delle nozze di Maddalena Strozzi o del battesimo della loro primogenita, Maria. In ogni caso non appena l’opera è pronta Michelangelo la invia alla famiglia Doni con un garzone.

Il ragazzo porta il dipinto e chiede i 70 ducati, come indicato da Michelangelo. Doni non è d’accordo e gliene dà solo 40.

Michelangelo, quindi, fa riportare indietro il dipinto. Lo cederà, in seconda battuta, al prezzo raddoppiato di 140 ducati.

Il viaggio dell’opera: da casa Doni agli Uffizi

Alcuni documenti e testimonianze raccontano che il Tondo Doni resta in casa Doni fino al 1591. Solo nel 1677 arriva la prima collocazione agli Uffizi, tra le collezioni granducali. Da qui nasce una grandissima popolarità per l’opera con decine di riproduzioni e incisioni nel tempo.

Tondo Doni: descrizione dell’opera

Il dipinto mostra una Sacra Famiglia al centro del tondo. In primo piano non c’è come più frequentemente accade il Bambino, ma la Madonna.

La madre è nell’atto di girarsi su stessa per prendere il figlio dalle braccia di San Giuseppe, che infatti glielo porge.

Accanto a lei c’è un libro chiuso e abbandonato sul manto che copre le gambe.

Il piccolo Gesù è intento a giocare con i capelli della madre.

La dinamica del dipinto, di grande matericità anche per il corpo imponente della Madonna, ha il suo culmine nella torsione di Maria. La linea della torsione si chiude nella piramide rovesciata formata dalle 3 teste.

Tondo Doni - cornice dettaglio
Il dettaglio del quadro e della cornice

Lo sfondo

In secondo piano vediamo il piccolo San Giovanni Battista. Più indietro diversi gruppi di ignudi, appoggiati alle rocce e poi, a cornice, un lago, un prato e delle montagne.

Questi personaggi richiamano la muscolatura stessa dei tre protagonisti del tondo, nelle loro linee.

Inoltre il dinamismo riverbera nel contrasto tra l’andamento orizzontale della scena in secondo piano e quello invece verticale del primo piano, della Sacra Famiglia.

Riferimenti e personaggi

Tra il gruppo di personaggi in secondo piano risalta sulla destra, appunto, il piccolo San Giovanni Battista. Gli altri corpi possono essere associati ad altri riferimenti della scultura classica, a mo’ di citazioni: il giovane in piedi ricorda ad esempio l’Apollo del Belvedere.

Apollo del Belvedere
Apollo del Belvedere

Mentre nell’uomo seduto subito a destra di Giuseppe si ravvisa un richiamo al Gruppo del Laocoonte.

Gruppo scultore del Laocoonte
Laocoonte e i suoi figli: Agesandro, Atanodoro e Polidoro, marmo, I d.C., Musei Vaticani

Accomuna tutti i corpi il “trattamento scultoreo”.

Ogni singolo personaggio ha grande possenza, è chiaroscurato, spicca dal fondo della tavola trasmettendo una senso materico molto forte.

Un paesaggio noto

Oltre ad opere classiche, viene “citato” anche il paesaggio. C’è una somiglianza, quasi inconfondibile, con il profilo della scogliera della Verna. Più studiosi hanno confermato questo parallelo.

Michelangelo rappresenta il paesaggio di Chiusi della Verna. Ci sono legami in tal senso sia di Michelangelo che di Agnolo Doni, iscritto all’Arte della Lana di Firenze, protettrice del Santuario della Verna, fra l’altro.

Scogliera della Verna (Chiusi della Verna, Arezzo, Toscana)
Scogliera della Verna (Chiusi della Verna, Arezzo, Toscana)

Prospettiva doppia

Oltre l’orizzontale dello sfondo contrapposto al verticale della scena in primo piano, le due parti si differenziano anche per il punto di vista.

  • Il fondo, dove sono gli ignudi e il paesaggio, è letto dall’artista con un punto di vista frontale e ribassato.
  • La scena in primo piano invece è come vista dall’alto.

Le linee prospettiche sono moltiplicate: dietro la prospettiva poggia sull’ombra della croce e sulla croce del San Giovannino, cosa che non avviene in primo piano. Questo a superare l’allineamento tipico del tempo di Michelangelo che già annuncia i prodromi di quello che sarà il Manierismo.

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Sagrestia Nuova e tombe medicee: il significato delle sculture di Michelangelo https://cultura.biografieonline.it/firenze-sagrestia-nuova/ https://cultura.biografieonline.it/firenze-sagrestia-nuova/#comments Fri, 18 Nov 2022 07:47:10 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9287 Alla morte di Giulio II, nel 1513, viene eletto papa, col nome di Leone X, Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico. Egli, che dal padre ha ereditato l’inclinazione per le arti e l’intuito nella scelta degli artisti, rivolge la sua attenzione al completamento di quelle opere fiorentine iniziate per volontà del padre o del bisnonno Cosimo e, per varie ragioni, rimaste interrotte.

Sagrestia nuova - scultura di Michelangelo
Dettaglio di una delle sculture di Michelangelo, presenti nella Sagrestia nuova a Firenze (Basilica di San Lorenzo, 1525 circa)

Sagrestia Nuova e basilica di San Lorenzo

Tra queste c’è la Basilica di San Lorenzo, progettata da Filippo Brunelleschi, costruita in gran parte dopo la morte dell’architetto e rimasta senza facciata. Così del problema si occupa Michelangelo Buonarroti che, nel 1518, firma il contratto per la realizzazione della facciata, dopo essere giunto, con successivi studi, all’elaborazione del progetto definitivo, purtroppo mai eseguito, forse perché troppo complesso.

Nel 1520 il contratto per la facciata di San Lorenzo veniva sciolto; subito dopo l’artista attende alla creazione di una cappella annessa alla stessa Basilica, voluta anche questa da papa Leone X.

Lo scopo è quello di accogliere le tombe del fratello Giuliano duca di Nemours, del nipote Lorenzo duca d’Urbino, del padre Lorenzo il Magnifico e dello zio Giuliano.

La cappella sorse accanto al transetto destro, di fronte e in corrispondenza esatta della Sagrestia di Brunelleschi; completa così, armonicamente, la pianta della chiesa – quindi di misure e forme identiche.

Fu detta per questo motivo Sagrestia Nuova.

Michelangelo: Sagrestia nuova. San Lorenzo (Firenze)
Firenze, Basilica di San Lorenzo: la “Sagrestia nuova”, di Michelangelo Buonarroti

La Sagrestia Nuova tra Brunelleschi e Michelangelo

La Sagrestia Nuova rispecchia, nell’interno, alcune caratteristiche brunelleschiane: strutture architettoniche in pietra contro il fondo chiaro. Ma le analogie sono solo apparenti.

  • In Brunelleschi la pietra “serena” ha la funzione di definire geometricamente la forma e lo spazio mediante la prospettiva lineare.
  • In Michelangelo il grigio della pietra determina il risalto contro il piano d’appoggio.

Lo spazio è diviso orizzontalmente da cornici in vani sovrapposti: il vano superiore ha finestre più strette in alto che alla base; in tal modo si ottiene maggiore senso verticalistico.

Anche le pareti, invece che superfici neutre di materiale volutamente povero come in Brunelleschi, sono mosse; quelle inferiori sono costruite da materiale nobile e duraturo: il marmo di Carrara, notoriamente prediletto da Michelangelo.

La scultura non è subordinata all’architettura: vive autonomamente.

Partito da un progetto con tombe parietali, dopo un nuovo progetto in cui le tombe erano poste in un’edicola centrale a quattro facciate, Michelangelo torna alla prima soluzione.

I sepolcri, infatti, sono costituiti da sarcofagi, sui cui coperchi arcuati in curva “catenaria” giacciono figure nude semisdraiate. Mentre le statue dei defunti seduti sono parzialmente contenute entro nicchie sovrastanti.

I sepolcri che hanno questa forma sono due: quelli dedicati

  • a Giuliano duca di Nemours
  • a Lorenzo duca d’Urbino.

Mentre il monumento di Lorenzo il Magnifico e di Giuliano non è stato realizzato.

Michelangelo: tomba per Giuliano duca di Nemours
Firenze: tomba di Giuliano duca di Nemours. Scultura di Michelangelo

Questi ultimi, infatti, sono dovuti agli scultori Fra’ Giovanni Angelo Montòrsoli e Raffaele da Montelupo.

Un nuovo capolavoro di Michelangelo

Ma il gruppo divino è fra le opere più belle di Michelangelo, che riprende il tema già trattato in gioventù, accentuando però il rapporto madre-figlio in un moto “a serpentina” che li unisce completamente: un essere nuovo nasce da un altro essere. Anzi, ne trae ancora nutrimento ricevendo la vita attraverso il latte.

Scultura di Michelangelo: Lorenzo duca Urbino, tomba
Firenze: tomba di Lorenzo duca Urbino. Scultura di Michelangelo

Michelangelo esprime il dolore universale.

Non c’è esasperazione drammatica, ma cognizione dell’ineluttabile condanna dell’uomo.

Sul sarcofago di Lorenzo giacciono L’Aurora e il Crepuscolo, su quello di Giuliano il Giorno e la Notte, col significato simbolico, comune all’arte cristiana, della caducità della vita umana e del suo rapido declino verso la morte.

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Pietà Rondanini, storia e analisi dell’opera di Michelangelo https://cultura.biografieonline.it/pieta-rondanini/ https://cultura.biografieonline.it/pieta-rondanini/#comments Mon, 31 Oct 2022 17:45:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26525 La Pietà Rondanini è il testamento spirituale di Michelangelo Buonarroti al mondo. È stata infatti la sua ultima opera, rimasta incompiuta allorché nel 1564 il Maestro scultore, ormai 80enne, morì nel suo studio in piazza Venezia, a Roma.

Pietà Rondanini Michelangelo
Foto: dettaglio dell’opera

Pietà Rondanini: una vicenda creativa lunga 12 anni

Si racconta che Michelangelo iniziò a lavorare alla Pietà che voleva collocare sul suo sepolcro già nel 1550. Questo primo tentativo, però, fallì miseramente per imprevisti strutturali e di materiali: l’opera poco più che abbozzata fu fatta letteralmente a pezzi dal suo creatore.

A distanza di due anni, Buonarroti torna alla sua ultima Pietà: scolpisce le gambe che vediamo in primo piano e un braccio destro. Questi arti, nell’opera primaria, appartengono alla Madonna. La Pietà viene lasciata da parte per circa tre anni.

Nel 1555 Michelangelo torna al suo progetto scultoreo e rivoluziona tutto. Cambia totalmente la posizione dei due soggetti. Il Cristo così come abbozzato (le gambe e poco altro) si tramuta nella Madonna e viceversa.

Dal corpo di Maria ottiene il nuovo Gesù; dalla spalla sinistra di questo nuovo Cristo origina la Vergine. Molti, però, sono i dettagli che non vedranno la luce. Michelangelo, infatti, muore improvvisamente il 18 febbraio 1564, lasciando l’opera incompiuta.

Il viaggio della scultura Pietà Rondanini fino ad oggi

Nel 1744, trascorsi 200 anni dall’ultimo colpo di scalpello, l’opera viene riportata al pubblico e acquistata dai Marchesi Rondanini che la collocano nel loro Palazzo di famiglia, in via del Corso, sempre a Roma.

Più di 100 anni dopo, nel 1904, il Conte Vimercati San Severino acquista la scultura per collocarla su un’ara funeraria romana di opera traianea raffigurante Marco Antonio e la moglie Giulia Filomena Asclepiade.

Nel 1952, infine, viene acquistata dal Comune di Milano. Oggi, nel suo metro e novantacinque, campeggia all’interno del Museo del Castello Sforzesco.

Pietà Rondanini Michelangelo Buonarroti
Pietà Rondanini, l’ultima scultura di Michelangelo Buonarroti

Descrizione, analisi e commento

La Pietà Rondanini è una scultura orientata verticalmente, in maniera totalmente innovativa rispetto a quanto si faceva all’epoca. È alta quasi due metri e fatta di marmo. Iconograficamente riprende l’atto dell’accoglimento della madre, nelle sue braccia, del corpo del Cristo deposto dalla Croce.

L’innovazione di questa ultima versione della Pietà è appunto la verticalità che definisce una solida unità fra i due protagonisti: madre e figlio. Questa solidità, poeticamente, si contrappone all’incompiutezza.

La granitica posizione della Madonna e del Cristo si pongono in contrasto, cioè, alla fragilità e alla instabilità della scultura tutta.

Lo scultore britannico Henry Monroe, nella sua puntuale analisi dell’opera, pone l’accento su questa dicotomia: solidità contro instabilità e, per traslato, realtà versus sentimento.

Questo ultimo Michelangelo ha cioè abbandonato la dinamicità dello spazio compiuto e pieno, per volgere alle verticalità gotiche ed espressioniste.

Contestualmente, lascia andare la magnificenza della forma per mettere davanti agli occhi del suo spettatore solo i sentimenti, liberi da i suoi celebri virtuosismi.

Questo ultimo Michelangelo è più intimo e intimista.

L’opera si staglia sull’opposizione concettuale di vuoto e pieno, di vita e morte. In questa riflessione, infine, si pone il punto di arrivo della dialettica fra l’opera e l’artista.

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Schiavo Ribelle e Schiavo Morente (i Prigioni, di Michelangelo Buonarroti) https://cultura.biografieonline.it/schiavo-ribelle-morente-michelangelo/ https://cultura.biografieonline.it/schiavo-ribelle-morente-michelangelo/#respond Tue, 09 Aug 2016 14:19:28 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19100 Sussurri attutiti e sospiri sofferenti accompagnano l’ammirazione rapita dello spettatore giunto al Louvre, le cui sale risplendono, non poco, grazie ai rilucenti marmi della statuaria rinascimentale, di cui si erigono a simbolo le due statue note nel quadro artistico come lo “Schiavo ribelle” e lo “Schiavo morente” di Michelangelo Buonarroti.

Schiavo morente - dettaglio - Dying slave detail - Michelangelo
Una foto ravvicinata che mostra i dettagli dello Schiavo Morente (Dying Slave) • Michelangelo Buonarroti, 1513 – 1515, marmo, Museo del Louvre

Non esiste giudizio abbastanza esauriente, idea abbastanza vasta da includere nel proprio etere la gloria di un’arte suprema, quale fu quella del celebre genio toscano.
Realizzati per la tomba di Papa Giulio II, i Prigioni, furono esclusi dal progetto tombale, finendo nelle ricche dimore francesi di Roberto Strozzi, per divenire, infine, rinomato omaggio concesso dal nobile fiorentino al re di Francia Francesco I.
I due capolavori michelangioleschi sono tuttora conservati nel museo parigino del Louvre.

Schiavo Ribelle - Rebellious Slave - Michelangelo
Schiavo Ribelle (Rebellious Slave) • Michelangelo Buonarroti, 1513 – 1515, marmo, Museo del Louvre

Schiavo Ribelle e Schiavo Morente: la genesi delle opere

Le sculture custodite nel rinomato museo parigino, i cosiddetti “Prigioni” di Michelangelo, furono scolpite allo scopo di adornare il basamento del mausoleo del Papa Giulio II, il Giuliano della Rovere noto come il “Papa Terribile“, il “Papa pericoloso“.

«Fatto appena papa, egli pensa ai suoi funerali. Aveva conosciuto un artista a Firenze: lo chiama a sé e gli dice con affettuosa dimestichezza: io ti conosco e per questo ti ho fatto venir qui. Io voglio che tu faccia il mio mausoleo. – Ed io me ne incarico. – risponde Michelangelo. Un mausoleo magnifico, ripiglia il papa .Costerà caro, dice sorridendo Michelangelo. – E quanto costerà ? – Centomila scudi. – Io te ne darò dugentomila. E Michelangelo cominciava la tomba di Giulio II.»

(“Storia universale della chiesa cattolica. Dal principio del mondo fino ai dì nostri”, Rohrbacher).

La critica è concorde nell’associare le due creature michelangiolesche alla seconda versione della tomba papale, quella risalente al 1515. Poiché il progetto successivo e definitivo, quello del 1524, portò inevitabilmente all’eliminazione di entrambe le sculture dal collocamento cui si pensava sarebbero state predestinate.

L’infausta sorte dei Prigioni confluì a favore e nelle forme di un prestigioso dono nel ricco patrimonio di Roberto Strozzi, garante di un’ospitalità riservata al maestro toscano, la cui salute fuggiva dall’insalubre ambiente romano.

Le statue dei Prigioni, scalpellate da Michelangelo e mandate a Roberto Strozzi, furono spedite in Francia nell’aprile del 1550.
Fra le carte di Strozzi Ugoccini, allogate presso l’archivio di Stato di Firenze, si legge:

“Signor Ruberto Strozzi in conto di sue spese dee dare a dì 29 Aprile 1550 ducati 14, 5 moneta, fatti buoni a m. Paolo Ciati per tanti spesi per condurre a Ripa et acconciare in barca le statue di Michelangelo mandate in Francia ” (VASARI) .

Stemma gentilizio della famiglia Strozzi
Stemma gentilizio della famiglia Strozzi

Una volta giunte in Francia, le statue Schiavo Ribelle e Schiavo Morente, furono collocate nel castello del connestabile di Montmorency a Écouen e in quello di Richelieu a Poitou, per divenire poi dono regale da destinare a Francesco I di Francia, il capostipite della dinastia regale dei Valois – Angoulême.

Antica illustrazione ritraente il palazzo della famiglia Strozzi
Antica illustrazione ritraente il palazzo della famiglia Strozzi

I Prigioni: analisi, note tecniche e descrittive

Michelangelo scolpì le emozioni, i corpi nudi, i visi stravolti dalla passione, edificando la propria genialità ai piedi di un’arte grandiosa, immortale e sempiternamente insuperata in quanto a slancio ed emotività ispiratrice.

Schiavo morente - Dying slave - Michelangelo
“Schiavo morente”, scultura di Michelangelo

L’anima raggiunse, come nel tocco della creazione, il corpo morto della pietra lattea, conferendo a essa lo spirito vigoroso di vita e tempra altrettanto vivi, d’apparire esistenti nella realtà dello spettatore che ammira, prossimi al cuore grazie al movimento del corpo, alla mimica dei volti.

Il Rinascimento vide in Michelangelo l’eroe bisbetico dalla vita sofferta, scandita dalle tormentate note del rifiuto amoroso, dal calvario di un’anima feroce in un corpo fin troppo debole.

L’anima soffrì, si scheggiò nell’infinità di un grande intelletto, mutato nell’esistenza in una disperazione munita di scalpello, in una foga tagliente, arguita e tremendamente brutale, nel connubio di quella vita in cui il marmo è carne, lo scalpello, parola.

Desti a me quest’anima divina e poi la imprigionasti in un corpo debole e fragile, com’è triste viverci dentro.
(Diari, Michelangelo)

Schiavo Ribelle - dettaglio - Rebellious Slave - detail - Michelangelo
Un dettaglio dello “Schiavo Ribelle”

I “Prigioni” subirono l’originale appellativo da Michelangelo stesso, quale titolo idoneo per qualsiasi anima intrappolata nel corpo, e che come tale tenta di liberarsene.
Lo “Schiavo morente ” e lo “Schiavo ribelle” costituirono insieme al “Mosè” i primi frutti ceduti in onore della tomba di Giulio II, nonché prime statue marmoree portate a compimento dopo il “David” e la “Madonna di Bruges”, all’interno di un’ampia crescita, tale da combinare una seria metamorfosi nella suo leggendario linguaggio scultoreo.

Michelangelo - Mosè
Michelangelo – Mosè

Quando nel gennaio 1506 venne riportato alla luce tra le rovine delle Terme di Tito, sull’Esquilino, il celebre Laocoonte di Agesandro, Polidoro e Atenodoro, Michelangelo tra i primi ad ammirarlo, ne rimase profondamente colpito.

L’eccezionale gruppo scultoreo del Laocoonte anticipò la gloria della propria scoperta grazie alla testimonianza di Plinio il Vecchio, giungendo ai tempi rinascimentali come l’esempio più eccelso della statuaria classica di età Ellenistica: il nudo eroico, la tragicità di un movimento disperato di spire fossilizzato nel tempo, nell’evidente sofferenza fisica, suggestionarono Michelangelo a tal punto da incidere intimamente sulle soluzioni espressive e stilistiche adottate per gli “Schiavi“.

'Laocoonte e i suoi figli'', Agesandro, Atanodoro e Polidoro, marmo, I d.C., Musei Vaticani
“Laocoonte e i suoi figli”, Agesandro, Atanodoro e Polidoro, marmo, I d.C., Musei Vaticani

« Il papa comandò a un palafreniere: va, e dì a Giuliano da San Gallo che subito le vada a vedere, e così subito s’andò: e perché Michelangelo Buonarroti si trovava continuamente in casa, che mio padre l’aveva fatto venire, e gli ave va allogata la sepoltura del papa […]»

(“Arti e lettere. Scritti raccolti”, p. 178)

Le due statue, infatti, risultano essere dinamiche: lo schiavo ribelle tirato nello sforzo della liberazione dei lacci della prigionia, lo schiavo morente nella debolezza dello sfinimento, con i muscoli che perdono la tensione dello sforzo e si abbandonano al sonno della dipartita, ovvero alla “transizione tra la vita e la morte” (GRIMM).

Ermanno Grimm
Ermanno Grimm, scrittore e storico dell’arte tedesco, 1828 – 1901

Il fantasma del Laocoonte consentì a Michelangelo di affrontare la realizzazione delle due sculture mediante una plasticità piena e libera. Lasciando da parte l’uso del trapano, si concentrò sull’esito della gradina e delle statue rilievo, create per essere viste secondo un privilegiato punto di vista frontale. Tale era la tradizione nella produzione statuaria fiorentina.

L’influenza del Laocoonte insignì di novità l’opera dell’artista toscano, legandosi, dopo tutto, alla realtà anticheggiante del mondo di Fidia e al contempo superandola. Così sostenne lo scrittore e storico tedesco Ermanno Grimm, nel segno di una profondità eroica, in un confronto tra la scultura antica e rinascimentale che si limita nel primo istante del paragone, per poi evolversi in un estremo progresso.

Per Michelangelo modellare l’argilla era quasi come dipingere, ribadendo, di fatti, che la vita emerge dal marmo liberamente, grazie a un lavoro emancipato, d’ispirazione e che si serve del modello solo come misera guida:

“Michelangelo considerava una statua in marmo, non già quale una copia, una riproduzione del modello in creta, ma bensì quale cosa già perfetta, la quale stava nascosta nel marmo, dal quale lo scalpello doveva cavarla fuori, quasi dalla scorza che la rivestiva” (GRIMM).

Copertina del volume ''Rime di Michelagnolo Buonarrote raccolte da Michelagnolo fuo Nipote'', MDCXXIII
Copertina del volume ”Rime di Michelagnolo Buonarrote raccolte da Michelagnolo fuo Nipote”, MDCXXIII

In un suo sonetto ritroviamo il medesimo concetto:

Non ha l’ottimo artista alcun concetto,
Ch’un marmo solo in sé non circoscriva
Col suo soverchio; e solo a quella arriva
La man, ch’ubbedisce all’intelletto.

Note Bibliografiche
G. Vasari, I. Bomba, “Vita di Michelangelo”, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1993
E. Grimm, “Michelangelo per Ermanno Grimm”, vol. II, Ditta editrice F. Manini, Milano, 1875
M. Buonarroti, S. Fanelli, “Rime”, Garzanti, Milano, 2006
P. Daverio, “Louvre”, Scala, Firenze, 2016
F. Gasparoni, B. Gasparoni, “Arti e lettere. Scritti raccolti”, Tipografia Menicanti, 1865

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Il Giudizio Universale di Michelangelo https://cultura.biografieonline.it/giudizio-universale-michelangelo/ https://cultura.biografieonline.it/giudizio-universale-michelangelo/#comments Sun, 23 Mar 2014 22:16:38 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10215 Nel 1534, interrompendo le opere laurenziane, Michelangelo Buonarroti lascia Firenze, dove non tornerà più, e si reca a Roma per dipingere il “Giudizio Universale” nella parete di fondo della Cappella Sistina (affresco; metri 13,70×12,20. Roma, Palazzo Vaticano, Cappella Sistina).

Il Giudizio Universale di Michelangelo (dettaglio)
Il Giudizio Universale: un dettaglio dell’imponente capolavoro di Michelangelo Buonarroti

Per dipingere questo affresco ne fu distrutto un altro del Perugino che si trovava nella parte bassa, e, in alto, le lunette dipinte dallo stesso Michelangelo insieme alla volta. Nelle lunette nuovamente dipinte sono raffigurati gli strumenti della Passione; Cristo è al centro dell’affresco, avendo alla sua destra gli eletti, alla sua sinistra i dannati; in basso a sinistra è rappresentata la resurrezione della carne, al centro una grotta (probabilmente l’ingresso all’inferno), poi, con sicuro riferimento a Dante, Caronte con alcuni peccatori e, nell’angolo di destra, Minosse.

Intorno al 1536 il pittore inizia a tradurre i cartoni sul muro e, dopo quattro o cinque anni di lavoro, nel 1541 la grande parete fu resa visibile al pubblico. Le quasi quattrocento figure campeggiano contro il cielo libero, senza riferimenti prospettici.

Ancor più che altrove, la pittura si identifica con un altorilievo, incentrato sulla figura di Cristo giudice, la cui inesorabilità è mitigata dalla presenza della Madonna, dolcemente raccolta accanto a lui.

Il Giudizio Universale presente nella Cappella Sistina, capolavoro di Michelangelo Buonarroti
Il Giudizio Universale presente nella Cappella Sistina, capolavoro di Michelangelo Buonarroti

Cristo, nell’emettere il suo giudizio inappellabile, imprime con il suo alzare e abbassare le braccia, un movimento all’intera composizione, ascendente a sinistra, discendente a destra, chiamando a sé, verso l’alto dei cieli, gli eletti, e precipitando verso il basso dell’inferno i dannati.

Al tempo stesso, avvolgendosi su se stesso, trasmette un’analoga rotazione a tutte le altre immagini, dalle più vicine alle più lontane, come Caronte che, dantescamente, traghetta le anime peccatrici.

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Le sculture di Michelangelo per la tomba di Papa Giulio II https://cultura.biografieonline.it/statue-tomba-giulio-ii/ https://cultura.biografieonline.it/statue-tomba-giulio-ii/#comments Fri, 24 Jan 2014 21:36:55 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9237 Nel 1505 papa Giulio II chiamò Michelangelo a Roma per affidargli la progettazione della propria tomba. Buonarroti concepì la tomba come un immenso complesso architettonico-scultoreo (circa 10 metri di profondità e 7 di larghezza), isolato, quindi visibile su quattro lati, contornato da oltre quaranta grandi statue, come una montagna marmorea dalla quale fossero estratte le immagini umane. In questo articolo andremo ad analizzare le sculture di Michelangelo per la tomba di Papa Giulio II.

Il Mosè di Michelangelo
Michelangelo Buonarroti: la scultura che rappresenta Mosè, realizzata per la tomba di papa Giulio II, è una delle sue opere più belle e famose.

Il progetto della tomba di Giulio II venne successivamente abbandonato e la realizzazione rinviata. Nel 1513, morto il papa, gli eredi – per volontà testamentaria del papa – firmarono un nuovo contratto con Michelangelo, che riprese il lavoro della tomba. Il progetto venne però modificato e il monumento, invece che isolato, fu immaginato addossato ad una parete.

Risalgono a questo periodo le prime statue scolpite per il monumento: lo Schiavo ribelle, lo Schiavo morente e Mosè.

Mosè, lo Schiavo ribelle e lo Schiavo morente: celebri sculture di Michelangelo per la tomba di Papa Giulio II
Le statue per la tomba di Giulio II. Da sinistra: un dettaglio del volto di Mosè, due angolature dello Schiavo ribelle, e lo Schiavo morente

Lo Schiavo ribelle

Cercando di sciogliere i lacci che lo legano, si divincola per contrapposti: la testa si volge da un lato, mentre il torace è orientato dall’altra parte e le gambe (una delle quali sollevata e appoggiato a un rialzo) sono frontali. Da questi contrasti nasce il senso di sofferenza di chi, dotato di animo forte, è suo malgrado oppresso.

Lo Schiavo morente

La stessa sofferenza descritta per l’opera di Michelangelo precedentemente descritta, si riscontra nello Schiavo morente. La bellezza alessandrina del suo corpo, allungato, levigato, proporzionato, dal volto perfetto, rende più dolorosa la coscienza della fine, mentre sostenendosi con un braccio il capo già reclinante, con una mano alza la maglia quasi cercando di liberare il petto per l’ultimo respiro.

Mosè

La statua raffigurante Mosè è invece ricca di vitalità. Nel senso del vigore interiore. La disposizione per contrapposti, analoga a quella dello Schiavo ribelle, esprime l’energia morale del personaggio che, volgendo la testa corrucciata, fissa lo sguardo imperioso soggiogando l’interlocutore.

Entrambe le sculture degli schiavi sono conservate oggi presso il Museo del Louvre a Parigi. Il Mosè è invece in Italia, presso la basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma.

Per la tomba di papa Giulio II, Michelangelo scolpì altri quattro Schiavi e il Genio della Vittoria.

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La scultura di Michelangelo e le sue opere giovanili https://cultura.biografieonline.it/opere-giovanili-michelangelo/ https://cultura.biografieonline.it/opere-giovanili-michelangelo/#comments Tue, 14 Jan 2014 12:07:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8830 Riproducendo in marmo un pezzo che tiene fisso davanti ai suoi occhi, Michelangelo si abitua a considerare che ciò che scolpisce esiste già prima; quando poi creerà liberamente, ciò che traduce nel marmo dovrà essere ben preciso nella sua mente, come se già esistesse: nel marmo dovrà ritrovare quell’idea che vive nella sua immaginazione.

Michelangelo opere giovanili
Dettaglio di opere giovanili di Michelangelo

La teoria michelangiolesca

Questa appena introdotta è la teoria michelangiolesca: se la visione di ciò che deve essere rappresentato è già nella mente dell’artista prima ancora di porre mano allo scalpello, l’esecuzione consisterà soltanto nel ricavare quella visone dal marmo, spogliando questo di ogni “soverchio” fino a lasciare libera l’immagine.

Tecnicamente questo procedimento è comune a tutta la tradizione scultorea. Ma Michelangelo va oltre la prassi tecnica. La mano è lo strumento che esegue meccanicamente la volontà dell’intelletto, il quale non può avere nessuna idea che già non preesista all’interno del marmo. È, dunque, l’idea che vive eternamente e che l’artista ha il compito di liberare dalla materia, lottando con essa, con il totale impegno di se stesso, con fatica, fino a ritrovarla intatta. È il motivo costante dell’arte di Michelangelo: la lotta dell’uomo, imprigionato, oppresso, sconfitto, per raggiungere una meta, che si sa irraggiungibile, ma verso la quale dobbiamo tendere per dovere morale, per salvaguardare la propria dignità.

Michelangelo Buonarroti
Michelangelo Buonarroti

In questo senso Michelangelo Buonarroti si pone come legittimo erede di Giotto, di Masaccio, di Donatello e della tradizione neoplatonica fiorentina. I primi saggi sicuri di sua mano sono alcuni disegni. Si tratta di alcune copie da Giotto e da Masaccio. La scelta di questi autori non è casuale: Michelangelo si rivolge a questi maestri fiorentini che più di altri hanno espresso la dignità dell’uomo e ne hanno reso le forme rilevandole volumetricamente con il chiaroscuro e cogliendone non l’apparenza esteriore ma l’essenza.

Le copie di Michelangelo sono personalissime: si noti in particolare il chiaroscuro, ottenuto mediante un tratteggio a reticolo fitto, che segue l’andamento delle sporgenze e delle rientranze e che vitalizia le superfici, come la scalpellatura spesso visibile nei marmi michelangioleschi.

Tra le opere giovanili abbiamo “La Madonna della scala”. Realizzata tra il 1490-1492; rilievo in marmo; centimetri 55,5×40; Firenze, Casa Buonarroti.

Michelangelo: Madonna della scala
La Madonna della scala (1490-1492) è un’opera giovanile di Michelangelo

Quest’opera rivela rapporti con opere antiche, ma soprattutto con Donatello nello “stiacciato”, che deforma le figure in latitudine dando loro potenza. La Madonna, posta di profilo, occupa l’altezza totale della lastra, il fondo inferiore funge da piano di appoggio per i piedi, mentre quello superiore comprime quasi la testa aureolata. Il Bambino è rappresentato mentre, succhiando il latte dal seno materno, volge la testa e il braccio in posizioni divergenti. La scala dagli alti gradini, più che creare profondità spaziale, incombe sul davanti drammaticamente.

I putti, appena accennati, reggono un telo, forse il lenzuolo funebre, allusione al sacrificio di Gesù, in un intreccio di vita e morte, tema costante, pensiero ricorrente nella lunga vita di Michelangelo.

Altra opera giovanile è la “Battaglia dei Centauri” del 1492; rilievo in marmo; centimetri 84,5×90,5; Firenze, casa Buonarroti.

Battaglia dei centauri
Battaglia dei centauri (1492), opera giovanile di Michelangelo

In quest’opera i centauri non si distinguono chiaramente, ma prevale il senso della lotta accanita tra gli uomini, in un groviglio inestricabile di membra. La scena è dominata dal giovane, in alto, al centro, che si volge da un lato sollevando il braccio destro. Con il gesto sembra imprimere movimento all’intera composizione, in verticale e in orizzontale, costituendone il perno.

Troviamo un’assenza della prospettiva geometrica. Lo spazio è creato liberamente dal diverso emergere dei volumi della lastra marmorea, cosicché possiamo enumerare almeno tre piani, ma in realtà sono molti di più perché le figure sono in gran parte ancora contenute all’interno del marmo, quando addirittura non siano appena accennate, suggerendo un più ampio spazio retrostante.

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La Battaglia di Cascina (Michelangelo) https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-cascina-michelangelo/ https://cultura.biografieonline.it/battaglia-di-cascina-michelangelo/#respond Wed, 18 Dec 2013 22:06:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9040 Nell’agosto 1504 Michelangelo Buonarroti riceve dal gonfaloniere della repubblica, Pier Sederini, l’incarico di affrescare, nella Sala del Gran Consiglio in Palazzo Vecchio, la Battaglia di Cascina. Dopo i primi saggi giovanili, è la prima volta che l’artista affronta l’impegno di una grande pittura murale.

Battaglia di Cascina

La battaglia era avvenuta nel 1364 contro i pisani. Il 29 luglio dello stesso anno, oppressi dal caldo estivo, i soldati fiorentini, spogliatesi delle armi e delle vesti, si erano tuffati nelle acque dell’Arno.

Battaglia di Cascina - Michelangelo
Michelangelo Buonarroti: la Battaglia di Cascina (1505-1506 circa)

Michelangelo si limita a disegnare l’episodio in cui i soldati fiorentini si rivestono frettolosamente, senza mai iniziarne la realizzazione pittorica sulla parete.

Il cartone andò perduto. Michelangelo aveva rappresentato l’ansia dei soldati nella fretta di rivestirsi, mentre qualcuno sta ancora arrampicandosi sulle sponde del fiume.

Curiosità

L’opera fu oggetto di ammirazione e studio fin dalla sua genesi. Il cartone venne trasferito nel 1508 nella sala in cui era destinato e poi verso il 1512 in Santa Maria Novella, infine, entro il 1515, in palazzo Medici.

Qui, verso il 1550, a causa della sua popolarità e dei numerosi trasferimenti, risultava già diviso in pezzi, finiti poi presso vari proprietari; infine tali pezzi vennero distrutti in periodi imprecisati.

Vasari ricorda l’ammirazione ossessiva che dell’opera ebbe il giovane Baccio Bandinelli; questi, desideroso di di emulare il vigore e la forza dinamica dell’originale, per studiare l’opera si procurò una chiave di palazzo Medici che visitò giorno e notte: dopo avere sottratto dei pezzi, arrivò a stracciarli per la rabbia dei suoi insuccessi.

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San Matteo, scultura di Michelangelo https://cultura.biografieonline.it/san-matteo-michelangelo/ https://cultura.biografieonline.it/san-matteo-michelangelo/#comments Tue, 17 Dec 2013 10:52:20 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9015 Non ancora trentenne Michelangelo Buonarroti era già considerato uno dei massimi artisti di tutti i tempi. Quel periodo della sua vita è per l’artista un momento di lavoro intenso. Mentre scolpisce due rilievi marmorei tondi, ambedue rappresentanti la Madonna col Bambino e San Giovannino e quattro statue di santi per il Duomo di Siena, inizia per il duomo di Firenze il primo di dodici apostoli, San Matteo (1505, marmo, altezza metri 2,16, Firenze, Galleria dell’Accademia). Il complesso non è mai stato compiuto.

San Matteo - Michelangelo - dettaglio
San Matteo: dettaglio del volto della scultura

San Matteo stesso è incompiuto. Si tratta di un abbozzo, che reca in sé però tutti i caratteri michelangioleschi. È una statua, infatti, che ci permette di studiare la concezione originale del grande scultore. Il non finito michelangiolesco ha un significato preciso: il blocco sbozzato lascia solo intravedere l’immagine che l’artista viene liberando dalla materia, l’idea compiuta è irraggiungibile perché eterna. Il non finito toglie alla statua la perfezione del modello, il significato di ciò che, essendo compiuto, è immutabile.

San Matteo - Michelangelo
Michelangelo Buonarroti: San Matteo. Scultura e studio su carta

Tutto questo nel San Matteo è visibile con chiarezza: l’apostolo tenta di uscire dalla materia con fatica, con sofferenza, tenta di realizzare se stesso, di dar corpo alla propria vita di uomo, senza potervi arrivare. Questa statua ci aiuta anche a capire il processo creativo di Michelangelo e, come conseguenza, l’unicità del punto di vista frontale.

Michelangelo cavando la forma dal blocco di marmo, fa arretrare sempre più il piano anteriore della materia e rende visibili via via le parti più sporgenti, che sono anche le più compiute. Il piano dell’acqua corrisponde alla faccia anteriore del blocco: ambedue arretrano via via che se ne estrae l’immagine.

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Il Bacco (opera di Michelangelo) https://cultura.biografieonline.it/bacco-scultura-michelangelo/ https://cultura.biografieonline.it/bacco-scultura-michelangelo/#comments Sun, 15 Dec 2013 16:08:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8904 Durante il suo soggiorno a Roma, avvenuto nell’estate del 1496 – che corrisponde alla prima visita a Roma per l’artista – Michelangelo realizza due celebri opere: Il Bacco e La Pietà. Qui di seguito possiamo vedere la prima, Il Bacco, frutto delle sue prime esperienze romane.

Bacco, scultura di Michelangelo
Michelangelo Buonarroti: Il Bacco (1496-1497). Tre foto con il dettaglio del giovane mentre degusta l’uva

Realizzata nel periodo 1496-1497, è una scultura in marmo, alta 1,84 metri (con la base misura 2,03 metri). Si trova a Firenze, presso il museo Nazionale del Bargello. L’opera fu ordinata dal cardinale Riario, e venne acquistata dal banchiere e antiquario Jacopo Galli che la conservò nella sua collezione romana. Nel  periodo 1571-1572 divenne di proprietà di Francesco de’ Medici.

Nel Bacco di Michelangelo Buonarroti, il giovane dio, è rappresentato appoggiato sulla gamba sinistra, mentre solleva con il braccio destro la tazza, lasciando cadere sul fianco l’altro braccio e l’altra gamba è appoggiata.

Ai piedi di Bacco è scolpito un giovane rappresentato mentre degusta degli acini d’uva, offerti a lui dalla mano del dio del vino: tale gesto, raffigurato con maestria, suscitò molta
ammirazione nei confronti di Michelangelo da parte degli scultori del tempo, proprio per il realismo.

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