Omero Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 23 Jul 2022 10:11:45 +0000 it-IT hourly 1 Il cane Argo: riassunto, testo, parafrasi e analisi https://cultura.biografieonline.it/cane-argo-riassunto-testo-parafrasi-analisi/ https://cultura.biografieonline.it/cane-argo-riassunto-testo-parafrasi-analisi/#respond Thu, 14 Apr 2022 09:20:38 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39717 L’episodio del cane Argo, qui in esame, è uno dei più toccanti dell’intera Odissea di Omero. Il protagonista Ulisse giunge finalmente a casa, dopo aver terminato il racconto di tutte le sue avventure al re Alcinoo, che lo aiuta a ritornare ad Itaca.

Per volere della dea Atena, Ulisse viene trasformato in un vecchio mendicante affinché nessuno lo possa riconoscere.

Egli rivela il suo arrivo soltanto a suo figlio Telemaco, insieme al quale organizza un piano per vendicarsi dei Proci che hanno usurpato il suo trono.

Quando arriva nella reggia nessuno lo riconosce ad eccezione del suo fidato cane Argo, ormai anziano: per la forte emozione dovuto all’incontro con il suo padrone, Argo muore.

Il cane Argo e Ulisse (Argos and Ulysses)
Il cane Argo e Ulisse

Il contesto nell’Odissea: riassunto

Il canto fa parte dell’ultima parte dell’Odissea (Canti XIII-XXIV): qui si narra come finalmente Ulisse (Odisseo) riesca a tornare ad Itaca. Per prima cosa l’eroe si reca da Eumeo, il porcaro della reggia, per ottenere informazioni.

Insieme a suo figlio Telemaco, preparano un piano per vendicarsi dei Proci: Ulisse rientra al palazzo sotto le spoglie di un mendicante. Viene deriso dai Proci, mentre viene accolto benevolmente da Penelope, che però non lo riconosce ancora.

Sulla figura di Penelope, leggi anche => Le donne di Ulisse: analisi delle figure femminili dell’Odissea

Intanto la donna, sotto consiglio della dea Atena, propone ai Proci una gara: chi riuscirà a tendere l’arco di Ulisse e a far passare la freccia attraverso degli ostacoli, sarà il suo sposo.

Penelope con l'arco di Ulisse e il cane Argo
Penelope con l’arco di Ulisse e il cane Argo: scultura di Richard James Wyatt (1799-1850) • The Royal Collection Trust, Inghilterra

Tutti i pretendenti si mettono alla prova, ma solo Ulisse – nei panni di mendicante – riesce a superarla: è qui che viene finalmente riconosciuto. L’eroe riprende così il suo aspetto.

Inizia a questo punto una sanguinosa ribellione, che viene da lui repressa. Ulisse può finalmente riconciliarsi con la sua famiglia, la sua Itaca e i suoi sudditi.

Ulisse uccide i proci con il suo arco
Ulisse uccide i proci con il suo arco

Testo e parafrasi: versi 290-327 del canto XVII dell’Odissea

Testo tradotto da Rosa Calzecchi Onesti nel 1963

Così essi tali parole fra loro dicevano:
e un cane, sdraiato là, rizzò muso e orecchie,
Argo, il cane del costante Odisseo, che un giorno
lo nutrì di suo mano (ma non doveva goderne), prima che per Ilio sacra partisse; e in passato lo conducevano i giovani

a caccia di capre selvatiche, di cervi, di lepri;
ma ora giaceva là, trascurato, partito il padrone,
sul molto letame di muli e buoi, che davanti alle porte ammucchiavano, perché poi lo portassero
i servi a concimare il grande terreno d’Odisseo;

là giaceva il cane Argo, pieno di zecche.
E allora, come sentì vicino Odisseo,
mosse la coda, abbassò le due orecchie, ma non poté correre incontro al padrone.
E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima,

facilmente sfuggendo a Eumeo; e subito con parole chiedeva:
“Eumeo, che meraviglia quel cane là sul letame!
Bello di corpo, ma non posso capire
se fu anche rapido a correre con questa bellezza, oppure se fu soltanto come i cani da mensa dei principi,

per splendidezza i padroni li allevano”.
E tu rispondendogli, Eumeo porcaio, dicevi:
“Purtroppo è il cane d’un uomo morto lontano. Se per bellezza e vigore fosse rimasto
come partendo per Troia lo lasciava Odisseo,

t’incanteresti a vederne la snellezza e la forza.
Non gli sfuggiva, anche nel cupo di folta boscaglia,
qualunque animale vedesse, era bravissimo all’usta.
Ora è malconcio, sfinito: il suo padrone è morto lontano dalla patria e le ancelle, infingarde, non se ne curano.

Perché i servi, quando i padroni non li governano,
non hanno voglia di far le cose a dovere;
metà del valore d’un uomo distrugge il tonante Zeus, allorché schiavo giorno lo afferra”.
Così detto, entrò nella comoda casa,

diritto andò per la sala fra i nobili pretendenti.
E Argo la Moira di nera morte afferrò
appena rivisto Odisseo, dopo vent’anni.

Parafrasi

Mentre parlavano tra di loro, un cane che si trovava lì disteso alzo la testa e tese le orecchie. Era Argo, il cane di Odisseo, che fu allevato proprio da lui ma non portò mai a caccia perché Ulisse partì per la conquista di Troia.

I giovani lo portavano con loro a caccia di cervi, lepri e cani selvatici, ma ora, lontano dal suo padrone, era solo e abbandonato sul letame di buoi e muli raccolto vicino le porte della reggia affinché venisse portato dai servi per essere sparso sui campi vasti di Odisseo. E Argo si trovava lì pieno di zecche.

E quando Odisseo si avvicinò, agitò la coda e lasciò cadere le orecchie ma non era in grado di avvicinarsi di più al suo padrone perché era vecchio e malato.

Così Odisseo spostò altrove lo sguardo e si asciugò una lacrima senza farsi vedere da Eumeo (fedele guardiano dei porci) e disse:

«Eumeo, è curioso vedere un cane così bello sul letame. Ha un corpo splendido, non so se una volta oltre che ad essere bello era anche veloce nella corsa o era un cane da banchetto, di quelli che i padroni allevano solo per bellezza».

E così gli rispose Eumeo, guardiano dei porci:

«Purtroppo è il cane di un uomo che è morto lontano dalla patria. Se questo cane fosse rimasto, per forme e bellezza, come lo lasciò Odisseo, rimarresti incantato a guardarlo per la sua forza e la sua velocità. Mai una bestia selvatica è riuscita a scappare quando egli la cacciava, seguendone le orme.  Ora è malridotto e soffre. Il suo padrone Odisseo è morto lontano dalla patria e le ancelle pigre non si interessano a lui. I servi che non sono comandati da un padrone non lavorano bene, poiché Zeus toglie ad un uomo metà delle sue virtù quando questi diventa schiavo».

Disse ciò ed entrò nella reggia nella sala tra i Proci.

E Argo, che aveva visto il suo padrone Odisseo dopo venti anni, fu afferrato dal destino della morte (morì).

Il cane Argo: analisi, spiegazione e commento del brano

Per la prima volta da quando ritorna a casa, l’eroe si commuove. Cerca di nascondere la sua lacrima quando rivede il cane Argo dopo vent’anni.

Inoltre il cane diventa un vero simbolo di fedeltà: non corre incontro ad Ulisse scodinzolando e rischiando di farlo riconoscere, ma lo osserva da lontano. E’ contento di ciò (Giuseppe Aurelio Privitera).

Ulisse e Argo si comprendono a vicenda: questa scena diventa l’emblema della fedeltà e del rapporto tra il padrone e il cane, un vero sentimento d’amore e rispetto reciproco. Ulisse infatti nota come il povero animale è stato trattato dai servi, che non si sono più curati di lui dopo la sua partenza.

Questo episodio, classico e storico, è il primo di tanti altri presenti nella Letteratura che riguardano il rapporto tra gli uomini e gli animali: è una testimonianza di quanto questo legame sia sempre stato profondo, sin dall’antichità.

Leggi anche => Odissea: trama dell’opera e parafrasi del proemio

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Il duello tra Ettore e Achille: spiegazione e parafrasi https://cultura.biografieonline.it/duello-ettore-achille-parafrasi/ https://cultura.biografieonline.it/duello-ettore-achille-parafrasi/#comments Fri, 11 Mar 2022 05:28:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=37233 Il momento del duello tra Ettore e Achille è uno dei più importanti e rappresentativi dell’intera Iliade. Esso è incluso nel capitolo XXII in cui viene descritta la battaglia finale tra greci e troiani, che si trasforma in una sconfitta per questi ultimi.

L’eroe greco Achille fa strage di nemici e si avvicina sempre di più alle mura della città. Priamo, il re di Troia, si accorge che per il suo popolo non c’è più scampo e per questo apre le porte per far entrare gli ultimi soldati tra le mura.

Solo il coraggioso Ettore rimane fuori e decide di affrontare Achille in un pericoloso testa a testa.

Inizia così il sanguinoso duello.

Duello tra Ettore e Achille - Hector Achilles Duel
Ettore e Achille si affrontano in uno scontro corpo a corpo

E’ l’evento finale dell’Iliade.

Riassunto e trama

Il duello è strutturato in maniera corposa.

Inizia con l’avanzare dei due eroi uno contro l’altro.

Ettore dice ad Achille che, se dovesse vincere, restituirebbe il suo corpo agli Achei, così gli chiede di fare lo stesso. Achille controbatte dicendo che tra di loro non è possibile scendere a patti.

E’ quest’ultimo a scagliare per primo la lancia, ma manca il bersaglio. Prontamente la dea Atena recupera la lancia e la restituisce ad Achille, suo prediletto.

Ettore se ne accorge e scaglia la lancia: colpisce lo scudo e l’asta rimbalza lontano. Egli chiama Deifobo, suo fratello, per raccoglierla ma lui non c’è più. Ettore si rende conto così che non ha più il favore degli dei, e che Atena lo ha ingannato. Impugna allora la sua spada e si avventa contro Achille.

E’ il momento del duro combattimento corpo a corpo.

Achille colpisce Ettore sulla clavicola e lo fa cadere al suolo.

Duello tra Ettore e Achille: il testo

Qui Achille glorioso lo colse con l’asta mentre infuriava,
dritta corse la punta traverso al morbido collo;
però il faggio greve non gli tagliò la strozza,
così che poteva parlare, scambiando parole.

Stramazzò nella polvere: si vantò Achille glorioso:
“Ettore, credesti forse, mentre spogliavi Patroclo,
di restare impunito: di me lontano non ti curavi,
bestia! Ma difensore di lui, e molto più forte,
io rimanevo sopra le concave navi,
io che ti ho sciolto i ginocchi. Te ora cani e uccelli
sconceranno sbranandoti: ma lui seppelliranno gli Achei”.

Gli rispose senza più forza, Ettore elmo lucente:
“Ti prego per la tua vita, per i ginocchi, per i tuoi genitori,
non lasciare che presso le navi mi sbranino i cani
degli Achei, ma accetta oro e bronzo infinito,
i doni che ti daranno il padre e la nobile madre:
rendi il mio corpo alla patria, perché del fuoco
diano parte a me morto i Teucri e le spose dei Teucri…”

Ma bieco guardandolo, Achille piede rapido disse:
“No, cane, non mi pregare, né pei ginocchi né pei genitori;
ah! Che la rabbia e il furore dovrebbero spingere me
a tagliuzzar le tue carni e a divorarle così, per quel che m’hai fatto:

nessuno potrà dal tuo corpo tener lontane le cagne,
nemmeno se dieci volte, venti volte infinito riscatto
mi pesassero qui, altro promettessero ancora;
nemmeno se a peso d’oro vorrà riscattarti

Priamo Dardanide, neanche così la nobile madre
piangerà steso sul letto il figlio che ha partorito,
ma cani e uccelli tutto ti sbraneranno”.

Rispose morendo Ettore elmo lucente:

“Va’, ti conosco guardandoti! Io non potevo
persuaderti, no certo, ché in petto hai un cuore di ferro.
Bada però, ch’io non ti sia causa dell’ira dei numi,
quel giorno che Paride e Febo Apollo con lui
t’uccideranno, quantunque gagliardo, sopra le Scee”.

Mentre diceva così, l’avvolse la morte:
la vita volò via dalle membra e scese nell’Ade,
piangendo il suo destino, lasciando la giovinezza e il vigore.

[Iliade, canto XXII, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 1993, vv-325-363]

Parafrasi

Qui il glorioso Achille lo colpì mentre armeggiava con la spada; la punta attraversò il morbido collo però l’asta pesante non gli tagliò la gola; infatti Ettore poteva parlare, scambiando parole. Cadde al suolo tra la polvere, Achille glorioso si vantò:

«Ettore, mentre spogliavi Patroclo delle sue armi, credevi di restare impunito: pensavi di potermi sfuggire, visto che ero lontano, animale! Ma io rimanevo sulle navi, pronto a difenderlo e molto più forte, io che ti ho fatto cadere a terra. Ora i cani e gli uccelli ti guasteranno il corpo sbranandoti, ma lui seppelliranno gli Achei».

Ettore, dall’elmo lucente, gli rispose senza più forza: «Ti prego per la tua vita, per le tue ginocchia, per i tuoi genitori, non lasciare che mi sbranino i cani degli Achei vicino le navi, accetta oro e bronzo e tutti i doni che ti daranno mio padre e mia madre: restituisci il mio corpo alla patria affinché i Troiani mi diano gli onori funebri con il rogo e la sepoltura…».

Ma Achille veloce, guardandolo di sbieco, disse: «No, cane, non mi pregare né per le tue ginocchia né per i tuoi genitori; ah! Perché la mia rabbia e il furore mi dovrebbero spingere a tagliuzzare la tua carne e a divorarla per quello che mi hai fatto, nessuno terrà il tuo corpo lontano dai cani, nemmeno se mi pesassero un riscatto dieci, venti volte infinito, e promettessero ancora altre cose: nemmeno se vorrà riscattarti a peso d’oro il capostipite dei Troiani, neanche in questo modo la tua nobile madre ti piangerà steso su un letto, ma ti sbraneranno cani e uccelli».

Ettore dall’elmo lucente rispose morendo: «Va’, ti conosco guardandoti! Non potevo convincerti, no certo, perché hai nel petto un cuore di ferro. Stai attento però, che io non sia la causa della rabbia degli dei, quel giorno in cui Paride guidato da Apollo ti ucciderà, tu ancora coraggioso, sopra le porte Scee».

Mentre diceva queste parole, la morte lo colse; la vita volò via dal corpo e scese nel mondo dei morti, addolorata per il suo destino, lasciando la giovinezza e la forza.

La conclusione dell’Iliade

Achille lega il corpo di Ettore e lo fa trascinare dal suo cocchio, riducendolo a brandelli.

Questa era secondo gli antichi greci una grandissima offesa, poiché nei combattimenti era usanza restituire il corpo ai familiari per rendere almeno onore alla sepoltura.

Questa scena cruenta e l’intero scontro sono molto ben rappresentati nell’opera cinematografica del 2004 Troy, di Wolfgang Petersen.

Brad Pitt nei panni di Achille (2004)
L’attore Brad Pitt nei panni di Achille (2004)
Eric Bana interpreta Ettore
Eric Bana interpreta Ettore

Nel vedere quella terribile scena la popolazione urla di dolore, come se tutta la città venisse distrutta dalle fiamme.

Re Priamo decide quindi di recarsi al campo acheo per riscattare il corpo del figlio: Achille si intenerisce davanti a questo povero padre che lo supplica e gli restituisce il corpo di Ettore lavato e profumato.

L’Iliade si conclude con la celebrazione dei funerali di Ettore.

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Ulisse e Polifemo: riassunto e parafrasi https://cultura.biografieonline.it/ulisse-polifemo/ https://cultura.biografieonline.it/ulisse-polifemo/#respond Tue, 25 Jan 2022 16:27:41 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=38488 Lo scontro tra Ulisse e Polifemo è uno tra gli episodi più famosi ed emblematici di tutta l’Odissea. Riassumiamo di seguito la vicenda approfondendo la spiegazione dal punto di vista letterario e la parafrasi del testo omerico.

Ulisse e Polifemo
Ulisse e Polifemo

Riassunto

Ulisse, in seguito all’incontro con Nausicaa, viene accolto con grande ospitalità nella splendida reggia del padre Alcinoo. Qui racconta le sue avventure, dalla partenza da Troia, dopo la guerra fino all’arrivo sull’isola di Ogigia, presso la ninfa Calipso.

Dopo essere approdati alle terre dei Ciconi e dei Lotofagi, Ulisse e i suoi compagni sbarcano su un’isola disabitata: l’isola delle capre. Dopo un giorno di permanenza, Ulisse decide di esplorare la terra vicina, quella dei Ciclopi: i giganti che avevano un solo occhio (Ciclope significa infatti occhio rotondo) posto al centro della fronte.

Qui avviene l’incontro di Ulisse con il Ciclope Polifemo, figlio di Poseidone, dio del mare.

Questo incontro è divenuto celebre proprio perché Ulisse viene consacrato come eroe astuto e intelligente: è proprio grazie a queste sue doti, infatti, che riesce a sfuggire e salvarsi la vita.

I ciclopi secondo Omero e nella mitologia

Secondo Omero i Ciclopi erano esseri mostruosi, simili a giganti che vivevano nelle caverne. Erano pastori che si cibavano anche di esseri umani.

Secondo altre fonti della mitologia greca, erano alleati degli dei dell’Olimpo ed abilissimi artigiani, tanto da essere coloro che forgiavano i fulmini di Zeus.

Ulisse e Polifemo: l’incontro

L’episodio dell’incontro con Polifemo è presente nel canto IX dell’Odissea. Il capitolo è tutto volto a dimostrare le caratteristiche dell’animo dell’eroe: egli riesce ancora una volta a trovare un modo per scappare da una situazione spiacevole; Ulisse salva la sua vita e quella dei suoi compagni.

Insieme a dodici dei suoi compagni, Ulisse si avventura ad esplorare l’isola e incontra il più terribile dei Ciclopi: Polifemo. Il gigante divora immediatamente sei dei suoi uomini. L’eroe e gli altri vengono tenuti prigionieri da Polifemo nella sua grotta, chiusa da un grosso masso.

Ulisse allora pensa ad uno stratagemma per poter scappare da lì: ordina ai compagni di levigare un grosso ramo d’ulivo, trovato nella grotta. Ne rende aguzza l’estremità in modo che possa servire per accecare il ciclope.

Arriva la sera e Ulisse offre a Polifemo un vino molto forte per farlo cadere nel sonno: Polifemo ne beve molto, poi chiede all’eroe di rivelargli il suo nome.

Ulisse risponde che il suo nome è Nessuno.

A questo punto Ulisse e i compagni attaccano il gigante: fanno diventare rovente il palo grazie al fuoco, poi lo conficcano nell’occhio di Polifemo, accecandolo.

Ulisse acceca Polifemo
Ulisse acceca Polifemo

Parafrasi

Di seguito la parafrasi dei versi 390-412.

Poi si tolse dall’occhio il palo imbevuto di sangue e lo scagliò lontano,
folle agitando le mani e con urla chiamava a gran voce i Ciclopi che si trovavano nelle grotte sulle montagne ventose.

Tutti accorsero al richiamo e appena arrivati chiedevano fuori dalla grotta:
«Di che ti lamenti? Da quale male sei stato colpito, o Polifemo, che urli così tanto e ci togli il sonno? Forse qualche nemico ti sta rubando il suo gregge con l’inganno o con la forza, forse qualcuno ti uccide?»

E così rispondeva il forte Polifemo dalla sua grotta:
«O amici, mi ha ucciso Nessuno con l’inganno e non con la forza».

E i Ciclopi risposero ad alta voce:
«Se dunque nessuno ti ha usato violenza e sei solo, questo male ti arriva da Zeus e non puoi sfuggirlo; e allora puoi solo pregare tuo padre, il dio Poseidone».

Così dissero e si allontanarono, e il mio cuore rise di ciò.

Quel nome li aveva ingannati con un’astuzia sottile!

E, minaccioso, lamentandosi per il dolore, il Ciclope, a tentoni,  tolse dalla porta il masso e si sedette sulla soglia con le mani distese, pronto a catturare qualcuno se fuggiva con le sue pecore: mi credeva tanto ingenuo, certo, nel suo cuore!

A questo punto, Ulisse adotta una nuova astuzia per fuggire: assieme ai suoi compagni si lega posizionandosi sotto il petto dei montoni. In questo modo il Ciclope non può scoprirli.

Ulisse legato sotto la pancia di un montone
Ulisse legato sotto la pancia di un montone

All’esterno, poco lontano dalla grotta, si slegano.

In questo modo riescono ad arrivare sani e salvi alla loro nave, piangendo i loro compagni scomparsi.

Curiosità

Nell’antichità i greci pensavano che il paese dei Ciclopi fosse in Sicilia, esattamente ai piedi dell’Etna. Di fronte ad Aci Trezza vi è il piccolo arcipelago detto Isole dei Ciclopi, oggi area marina protetta.

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Le donne di Ulisse: analisi delle figure femminili dell’Odissea https://cultura.biografieonline.it/donne-di-ulisse-penelope-calipso-circe-nausicaa/ https://cultura.biografieonline.it/donne-di-ulisse-penelope-calipso-circe-nausicaa/#comments Wed, 22 Dec 2021 08:09:28 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=37531 Ulisse è il coraggioso viaggiatore protagonista dell’Odissea di Omero, poema della favolosa avventura del suo rientro in patria, Itaca. Ma è anche un uomo molto amato, che ha intrecciato legami con diverse donne incontrate nel corso del suo lungo viaggio attraverso il Mediterraneo. Il suo carattere astuto, tenace, coraggioso lo spinge ad avere un continuo bisogno di avventura e desiderio di conoscenza, lo rende anche più attraente agli occhi delle donne che lo incontrano. Egli, però, nonostante le numerose avventure, alla fine decide di ritornare ad Itaca, da sua moglie Penelope. In questo articolo ci focalizziamo e riassumiamo la storia delle donne di Ulisse.

Le donne di Ulisse: le protagoniste dell’Odissea

Le protagoniste dell’Odissea sono tutte donne forti ed indipendenti. Nonostante la cultura greca ai tempi di Omero fosse piuttosto misogina.

  • Penelope resiste valorosamente ai Proci per molti anni;
  • Circe e Calipso sono figure divine che vivono da sole, in maniera libera ed indipendente;
  • Nausicaa è una ragazza dolce e allo stesso tempo anche tenace.

Analizziamo nel dettaglio la storia di ognuna di loro.

Penelope

E’ la moglie dell’eroe, Ulisse. E’ regina di Itaca ed è madre di Telemaco. Secondo la leggenda, il suo nome deriverebbe proprio dall’astuzia usata dalla donna per attendere il marito. Ella aspettò il ritorno di Ulisse per venti lunghi anni, rimanendogli sempre fedele e sopportando con coraggio le insidie dei Proci, i rivali del marito che volevano usurpare il trono.

Per temporeggiare, Penelope aveva promesso ai Proci che avrebbe sposato uno di loro, solo al termine del lavoro che stava compiendo: stava tessendo il sudario per Laerte, il padre di Ulisse. Lo tesseva furbamente di giorno e lo disfaceva di notte.

L’inganno riuscì per quattro anni, al termine dei quali fu scoperta da una serva che riferì tutto ai Proci. Per fortuna Ulisse tornò in tempo, li uccise e finalmente si ricongiunse con la moglie.

Penelope, per la sua attesa e la sua tenacia è diventata il simbolo della fedeltà coniugale.

Calipso

Calipso è la bellissima ninfa abitante dell’isola di Ogigia (localizzata intorno a Gibilterra). Qui tiene prigioniero Ulisse. La ninfa, figlia di Atlante, era stata punita dagli dei e costretta a vivere su quest’isola, dove approdavano solo eroi o guerrieri costretti a ripartire.

Ulisse arrivò sull’isola dopo essere sopravvissuto al vortice di Cariddi. La ninfa lo accolse nella sua casa, che era composta da una grotta molto profonda con tante sale; in questo luogo dove lei e le sue ancelle trascorrevano le giornate tessendo e cantando. Calipso si innamorò dell’eroe e, secondo la tradizione, lo tenne prigioniero per sette lunghi anni.

Per costringerlo a restare lì con lei, gli offrì addirittura l’immortalità, ma Ulisse rifiutò ogni volta; il desiderio di tornare ad Itaca era più forte.

Atena, la dea che proteggeva l’eroe, ascoltò i lamenti di quest’ultimo e ne parlò con Zeus, che costrinse la ninfa a lasciarlo partire.

Ulisse sulla nave fa ritorno a Itaca
Ulisse sulla nave fa ritorno a Itaca

Circe

La storia di Circe è molto simile a quella di Calipso. Anche la maga era infatti tenuta prigioniera sull’isola di Eea, dove approdò l’eroe. I due vissero una bella storia d’amore che durò circa un anno; ma anche qui Ulisse non volle fermarsi perché sentiva di voler tornare nella sua terra natia.

Secondo la leggenda tra i due sarebbe nato anche un figlio, Telegono.

Circe, maga e dea
Circe, maga e dea

Nausicaa

E’ la figlia di Alcinoo, re dei Feaci. Ella accolse Ulisse, naufrago sulle sponde della sua terra, in seguito ad una tempesta scatenata dal dio Poseidone. La fanciulla si recò con le sue ancelle a giocare a palla sulla spiaggia, quando ad un tratto vide l’eroe completamente nudo uscire da un cespuglio.

Nausicaa ascoltò Ulisse con cortesia e lo invitò a recarsi presso il palazzo di suo padre per poter ricevere assistenza. Ulisse venne accolto dai Feaci e iniziò a raccontare al re e alla sua corte, la storia del suo viaggio e tutte le sue straordinarie avventure in un lungo flashback.

Nausicaa quasi si innamorò dell’eroe; egli la elogiava paragonandola ad Artemide. Il re Alcinoo gli propose la mano della figlia, ma Ulisse era desideroso di tornare nella sua terra.

Ulisse e Nausicaa
L’incontro tra Ulisse e Nausicaa (Illustrazione: Tommaso Chiarolini)

L’importanza delle figure femminili

Le donne conosciute da Ulisse nel suo viaggio di ritorno a casa, non rimasero un segreto. Ulisse raccontò alla moglie Penelope di tutti i suoi incontri.

Alla fine ogni donna incontrata lo aiutò a percorrere una parte del suo cammino, e a ritrovare la strada per il ritorno definitivo a casa.

L’Odissea, pur essendo un poema interamente dedicato ad un uomo, fa emergere una serie importante di figure femminili: sono donne forti ed indipendenti, protagoniste parimenti anch’esse di questa storia che resterà per sempre impressa nell’immaginario di tutti i lettori.

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Ettore e Andromaca: parafrasi e riassunto https://cultura.biografieonline.it/ettore-andromaca-parafrasi-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/ettore-andromaca-parafrasi-riassunto/#comments Fri, 26 Nov 2021 16:46:21 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=37070 Uno degli episodi più belli dell’Iliade

L’episodio dell’incontro tra Ettore e Andromaca è uno dei più belli e commoventi di tutta l’Iliade. In esso non emerge il fervore della guerra, ma Omero racconta con grande emozione il saluto di due sposi pronti ad affrontare la battaglia finale tra Greci e Troiani. In questo episodio emerge l’amore, l’ansia e la preoccupazione di un marito e di una moglie, che devono salutarsi prima dello scontro finale. Sono consapevoli che potrebbe cambiare per sempre la sorte della loro vita.

Ettore e Andromaca - illustrazione e disegno

La famiglia di Ettore

Ettore e Andromaca sono due sposi che si amano: egli è il figlio di Priamo e di Ecuba. E’ l’eroe più importante di tutto lo schieramento troiano.

Ettore non ama la guerra e combatte solo per necessità. Il suo scopo è difendere la sua città, assediata dai Greci, difendere i suoi genitori e, soprattutto, la sua famiglia.

Andromaca è la moglie di Ettore e madre del piccolo Astianatte. E’ una donna che mette la sua famiglia al primo posto; viene raccontata e descritta come una persona che non ha paura di esprimere i suoi sentimenti in un momento di difficoltà.

Riassunto e trama

L’episodio fa parte del canto VI dell’Iliade.

La scena dell’incontro tra i due sposi avviene proprio mentre lo scontro tra Greci e Troiani imperversa sotto le mura della città di Troia.

Ettore cerca di infondere coraggio ai suoi soldati; rientra in città per chiedere alla madre Ecuba di andare con lui al tempio di Atena per placare le ire degli dei con la preghiera. Poi si incontra con il fratello Paride e lo rimprovera perché non partecipa alla battaglia, restando invece a casa, tranquillo. L’eroe troiano decide quindi di dirigersi verso la propria casa e di rivolgere un saluto alla moglie Andromaca e al neonato figlio Astianatte, prima di recarsi sul campo di battaglia.

La battaglia prosegue duramente.

In questo episodio dell’Iliade predominano sentimenti come la tenerezza, la preoccupazione e, soprattutto, l’amore. Per il lettore è un vero e proprio momento di pausa rispetto alle lunghe scene di descrizione delle varie battaglie.

Qui i sentimenti diventano protagonisti: l’amore coniugale e l’affetto paterno sono vissuti con la consapevolezza che questi sono gli ultimi minuti da vivere insieme.

Il destino tragico sta per compiersi.

Le figure di Ettore e Andromaca

Andromaca è una donna distrutta dal dolore; è una madre angosciata che trasmette al lettore il suo stato d’animo.

Ettore è al tempo stesso una figura umana e un eroe: ama la sua famiglia e soffre al pensiero che essi possano cadere nelle mani dei nemici. Tuttavia è consapevole che non può sottrarsi al suo destino e, grazie al suo senso del dovere, torna a difendere la sua patria. E’ disposto a farlo a qualunque costo.

Ettore morirà in un terribile duello contro l’eroe greco Achille. Lo scontro tra Ettore e Achille costituisce un altro episodio fondamentale dell’Iliade.

Dettaglio centrale del quadro Ettore e Andromaca (1863) del pittore russo Sergey Petrovich Postnikov
Dettaglio centrale del quadro Ettore e Andromaca (1863) del pittore russo Sergey Petrovich Postnikov

La scena commovente

Andromaca, dopo aver visto suo marito, gli corre incontro, tenendo tra le braccia il piccolo Astianatte. Supplica Ettore di abbandonare la battaglia perché presto potrebbe essere ucciso dagli Achei. Vorrebbe che lui rimanesse con lei sulla torre ma Ettore replica così:

Donna, anch’io, sì, penso a tutto questo; ma ho troppo

rossore dei Teucri, delle Troiane dal lungo peplo,

se resto come un vile lontano dalla guerra.

Né lo vuole il mio cuore, perché ho appreso ad esser forte

sempre, a combattere in mezzo ai primi Troiani,

al padre procurando grande gloria e a me stesso.

Io lo so bene questo dentro l’anima e il cuore:

giorno verrà che Ilio sacra perisca,

e Priamo, e la gente di Priamo-buona lancia:

ma non tanto dolore io ne avrò per i Teucri,

non per la stessa Ecuba, non per il sire Priamo,

e non per i fratelli, che molti e gagliardi

cadranno nella polvere per mano dei nemici,

quanto per te, che qualche Acheo dal chitone di bronzo

trascinerà via piangente, libero giorno togliendoti:

allora, vivendo in Argo, dovrai per altra tessere tela,

e portar acqua di Messeide o Iperea,

costretta a tutto: grave destino sarà su di te.

E dirà qualcuno che ti vedrà lacrimosa:

‘Ecco la sposa di Ettore, che era il più forte a combattere

fra i Troiani domatori di cavalli, quando lottavan per Ilio!’

Così dirà allora qualcuno; sarà strazio nuovo per te,

priva dell’uomo che schiavo giorno avrebbe potuto tenerti lontano.

Morto però m’imprigioni la terra su me riversata,

prima ch’io le tue grida, il tuo rapimento conosca!»

E dicendo così, tese al figlio le braccia Ettore illustre:

ma indietro il bambino, sul petto della bàlia dalla bella cintura

si piegò con un grido, atterrito all’aspetto del padre,

spaventato dal bronzo e dal cimiero chiomato,

che vedeva ondeggiare terribile in cima all’elmo.

Sorrise il caro padre e la nobile madre,

e subito Ettore illustre si tolse l’elmo di testa, e lo posò scintillante per terra;

e poi baciò il caro figlio, lo sollevò fra le braccia e disse, supplicando a Zeus e agli altri numi:

“Zeus, e voi numi tutti, fate che cresca questo

mio figlio, così com’io sono, distinto fra i Teucri,

così gagliardo di forze, e regni su Ilio sovrano;

e un giorno dirà qualcuno: È molto più forte del padre!

quando verrà dalla lotta. Porti egli le spoglie cruente

del nemico abbattuto, goda in cuore la madre!”

[ versi 440-481 del Canto VI Iliade, traduzione di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 1993 ]

Parafrasi

Donna, anche io penso a tutto questo ma ho vergogna degli uomini e delle donne troiane se resto lontano dalla battaglia come un codardo.

Anche il mio cuore non consente di fare ciò perché ho imparato ad essere sempre forte, a combattere con i Troiani più valorosi, procurando grande gloria sia a mio padre che a me stesso.

Verrà un giorno, lo so bene questo sia nell’anima che nel cuore, che le mura sacre di Troia, Priamo e tutta la sua gente moriranno: ma io non avrò molto dolore per i Troiani, per Ecuba mia madre, per re Priamo, per i fratelli che in molti moriranno a causa dei nemici, piuttosto soffrirò per te che qualche guerriero acheo armato di corazza di bronzo trascinerà via piangente, privandoti della libertà e rendendoti schiava.

Allora andrai a vivere ad Argo, dovrai tessere la tela per un’altra padrona e portare l’acqua della fonte di Messeide o di Iperea, costretta ad ogni genere di cose: graverà su di te un triste destino. E allora qualcuno, vedendoti piangere, dirà: «Ecco la sposa di Ettore, che era il più forte dei Troiani – domatori di cavalli – a combattere per Troia!».

Allora qualcuno dirà queste parole e per te sarà un grande dolore, privata di quell’uomo che avrebbe potuto tenerti lontano i giorni della schiavitù. Ma, una volta morto, mi ricopra la terra gettata sopra il mio sepolcro prima che io possa ascoltare le tue grida e il tuo rapimento.

E così dicendo, tese le braccia al figlio ma il bambino indietreggiò verso il petto della balia e gridò, spaventato dall’aspetto del padre, dalla spada e dal pennacchio posto sull’elmo, che vedeva ondeggiare. Il padre sorrise, sorrise anche la madre e subito Ettore si tolse l’elmo scintillante dalla testa e lo posò a terra, poi baciò il caro figlio e lo sollevò tra le braccia e disse, supplicando Zeus e le altre divinità:

«Zeus, e tutte voi divinità, fate che mio figlio cresca così come sono io, famoso fra i Troiani, pieno di forze e regni su Troia; e un giorno qualcuno possa dire: “E’ molto più forte del padre” nel momento della lotta. Possa egli portare armature insanguinate del nemico ucciso e possa godere la madre nel suo cuore!».

Commento e curiosità

La scena è una delle più commoventi di tutto il poema: per la prima volta, infatti, il lettore entra in contatto con un eroe umano, che non teme la battaglia ma saluta con angoscia la sua famiglia.

L’episodio intenso e ricco di carica emotiva era molto amato anche da Giorgio De Chirico, famoso pittore italiano. Egli realizzò alcune opere – tra sculture e dipinti – dedicate a questa scena. Di seguito il dipinto più celebre del 1917 “Ettore e Andromaca”, tra i più iconici della pittura metafisica.

Ettore e Andromaca - De Chirico - 1917
Ettore e Andromaca (De Chirico, 1917)
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Odissea: trama dell’opera e parafrasi del proemio https://cultura.biografieonline.it/odissea-riassunto-parafrasi-proemio/ https://cultura.biografieonline.it/odissea-riassunto-parafrasi-proemio/#comments Tue, 16 Nov 2021 12:11:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=36771 L’Odissea, insieme a l’Iliade, è una delle opere più importanti dell’antichità e di tutta la cultura occidentale. I due poemi, secondo la tradizione entrambi scritti da Omero, hanno però alcune sostanziali differenze: mentre l’Iliade è il poema delle battaglie e della ferocia, l’Odissea ha tutt’altra atmosfera. È divisa in 24 canti e costituita da 12.000 versi; ha come protagonista Odisseo (Ulisse, re di Itaca) e il suo avventuroso viaggio di ritorno in patria dopo la caduta della città di Troia.

Ulisse sulla nave salpa dalla città di Troia per fare ritorno a Itaca
Il viaggio di Ulisse: dalla città di Troia parte per fare ritorno a Itaca. (Illustrazione: Tommaso Chiarolini)

La trama dell’Odissea

Il poema si può suddividere in tre grandi nuclei fondamentali:

  1. Telemachia;
  2. le avventure di Ulisse;
  3. Il ritorno di Ulisse e la vendetta.

Telemachia

Dal canto I al canto IV, Omero racconta dei viaggi compiuti da Telemaco, figlio di Ulisse, alla ricerca del padre.

Sono ormai trascorsi 10 anni dalla fine della guerra di Troia ma l’eroe non è ancora tornato a casa. Ad Itaca i Proci vogliono impossessarsi del trono e sposare Penelope, la moglie di Ulisse, che lo sta aspettando. Telemaco viene però a sapere che il padre è ancora vivo e si trova prigioniero dalla ninfa Calipso.

Odissea: Ulisse dà l'addio a Calipso
La partenza di Ulisse dall’isola di Calipso (o Addio a Calipso) – opera di Samuel Palmer (1848-1849)

Le avventure di Ulisse

Questa parte è narrata nei canti dal V al XII. E’ il centro dell’opera. E’ il racconto che Ulisse fa di tutte le sue peregrinazioni in mare in questi lunghi anni; è una sorta di lungo flashback. Ulisse si trova presso Alcinoo, re dei Feaci: con lui si confida e inizia a narrare le sue avventure.

Tra gli episodi più noti e famosi ci sono:

Polifemo e Ulisse
Illustrazione: Polifemo accecato scaglia una roccia contro la nave di Ulisse, che fugge

Il ritorno di Ulisse e la vendetta

L’ultima parte dell’Odissea comprende i canti dal XIII al XXIV.

Il protagonista, Ulisse, riesce a tornare ad Itaca. Lo fa però in incognito, nelle vesti di mendicante. Il primo a riconoscerlo è il cane Argo.

Ulisse riesce a riprendersi il trono usurpato dai Proci e si riconcilia finalmente con i sudditi.

Il proemio dell’Odissea

Così come nel proemio dell’Iliade, anche in quello dell’Odissea è contenuta sia l’invocazione alla Musa della poesia epica, Calliope ispiratrice del canto, sia la protasi, cioè la spiegazione dell’argomento ed esposizione rapida di ciò che sarà trattato all’interno del poema.

Ecco il testo:

Narrami, o Musa, l’uomo dall’agile mente
che a lungo andò vagando, poi che cadde Troia,
la forte città, e di molte genti vide le terre
e conobbe la natura dell’anima, e molti dolori
patì nel suo cuore lungo le vie del mare,
lottando per tornare in patria coi compagni.
Ma per loro follia (come simili a fanciulli!),
non li poté sottrarre alla morte,
poi che mangiarono i buoi del Sole, figlio del cielo,
che tolse loro il tempo del ritorno.
Questo narrami, o dea, figlia di Zeus,
e comincia di dove tu vuoi.

Odissea, libro I, versi 1-12, traduzione di Salvatore Quasimodo, Mondadori, Milano, 1951

Parafrasi

O Musa (Calliope), raccontami dell’uomo dalla mente vivace (Ulisse)
che a lungo vagò dopo che Troia,
la forte città, cadde, e vide le terre di molti popoli
e conobbe le caratteristiche dell’animo umano, sopportò molti dolori
nel cuore attraverso il mare,
lottando per tornare in salvo nella sua patria insieme ai suoi compagni.
Ma per il loro comportamento irresponsabile, simile a quella dei bambini,
non riuscirono a sottrarsi alla morte
poiché mangiarono i buoi sacri al dio Sole (Elios – figlio del titano Iperione),
il quale impedì loro di tornare facendoli morire.
O dea figlia di Zeus (Calliope), raccontami questo
e inizia pure da dove vuoi.

Curiosità sull’Odissea

L’Odissea è ricca di perifrasi: una figura retorica detta anche “giri di parole“. Grazie a tali figure retoriche si può indicare una persona o una cosa, con una serie di espressioni anziché un solo termine: nel proemio infatti Ulisse viene chiamato:

l’uomo dall’agile mente.

Questa caratteristica sottolinea uno dei suoi tratti più importanti.

Inoltre l’Odissea è ricca di riferimenti al viaggio: a differenza dell’Iliade che si svolge interamente a Troia, qui si può tracciare una vera e propria mappa dei luoghi visitati dal protagonista.

Nel Mar Mediterraneo Odisseo si sposta tra la Spagna (isola di Ogigia), la Sardegna (i Lestrigoni), la Sicilia (i Ciclopi), lo stretto di Messina (Scilla e Cariddi), il promontorio del Circeo (maga Circe), l’Asia Minore e l’Africa settentrionale.

La figura di Ulisse è stata ripresa molteplici volte nella storia della letteratura mondiale. Citiamo solo due esempi:

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Iliade: parafrasi e spiegazione del proemio https://cultura.biografieonline.it/iliade-proemio-parafrasi-spiegazione/ https://cultura.biografieonline.it/iliade-proemio-parafrasi-spiegazione/#comments Fri, 05 Nov 2021 16:38:37 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=36589 L’Iliade, insieme all’Odissea, è uno dei più antichi oltre che più famosi poemi dell’epica classica, di altissimo valore letterario e morale.

Iliade è un poema in 24 canti, costituito da 15.696 versi. Ha come oggetto gli avvenimenti degli ultimi cinquantuno giorni dell’assedio della città di Troia.

Iliade Proemio Parafrasi Spiegazione

La guerra di Troia tra storia e leggenda

La guerra di Troia è stata realmente combattuta: greci e troiani erano rivali da un punto di vista sia commerciale che della conquista dell’egemonia sul Mar Egeo.

Secondo la leggenda, invece, la guerra di Troia fu causata da Paride, figlio di Priamo re di Troia. Tutto iniziò sull’Olimpo quando, durante le nozze di Peleo e Teti, la dea della Discordia lanciò sul tavolo una mela d’oro. La mela recava una scritta: “alla più bella”.

Era, Atena e Afrodite si contesero la mela ma, non riuscendo a venirne a capo, decisero di far scegliere al bellissimo Paride. Il giovane scelse Afrodite, perché gli promise l’amore della donna più bella del mondo.

Dopo qualche tempo Paride si recò a Sparta dove incontrò Elena, la bellissima moglie di Menelao: i due si innamorarono e lui la portò con sé a Troia. Per vendicare l’offesa, i greci organizzarono quindi un assedio alla città. Esso durò per dieci anni e terminò con la distruzione della stessa.

Cavallo di Troia
Il cavallo di legno è il simbolo della guerra di Troia

La struttura dei poemi epici

Col termine “poema epico” si indica una narrazione poetica in versi delle imprese straordinarie di un popolo, un eroe o una divinità.

I poemi epici tradizionali sono:

  • l’Iliade;
  • l’Odissea;
  • l’Eneide.

Essi sono caratterizzati da 3 parti fondamentali:

  1. Il proemio dell’opera. Esso è la parte iniziale, una premessa al racconto vero e proprio in cui è contenuta l’esposizione sintetica dell’argomento trattato e l’invocazione alla Musa.
  2. Lo svolgimento, ossia la narrazione dei fatti – solitamente viaggi e avventure degli eroi protagonisti, la guerra e le relazioni amorose.
  3. La conclusione, o catarsi.

Il proemio dell’Iliade

È costituito da 9 versi ed è formato dall’invocazione e dalla protasi.

Nell’invocazione il poeta Omero si rivolge a Calliope, la Musa della poesia epica, per chiederle l’ispirazione necessaria a scrivere il suo canto.

La seconda parte, la protasi o enunciazione, contiene la breve esposizione dell’argomento che verrà trattato all’interno del poema: l’ira di Achille (uno dei protagonisti) e le conseguenze scatenate da essa, sia per i greci che per i troiani.

La sua rabbia trascinerà verso la morte valorosi guerrieri; altri non avranno neppure una degna sepoltura e tutto ciò si compirà sempre per volere di Zeus.

Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco
generose travolse alme d’eroi,
e di cani e d’augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l’alto consiglio s’adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de’ prodi Atride e il divo Achille.

traduzione di Vincenzo Monti

Parafrasi

Ispirami a cantare, o Dea (Calliope musa della poesia),
la rabbia piena di dolore di Achille figlio di Peleo,
che provocò infinite morti agli Achei (greci), trascinò nell’Oltretomba
molte anime nobili di eroi morti prematuramente
e abbandonò i loro corpi perché diventassero pasto orribile di cani e di uccelli – così si compiva la suprema volontà di Giove –
da quando all’inizio una lite accanita divise Agamennone, figlio di Atreo,
il re dei valorosi guerrieri achei, e il divino Achille.

Epiteti e patronimici

Molto spesso nei poemi omerici i nomi dei personaggi sono accompagnati da nomi o aggettivi, detti epiteti. Essi descrivono una caratteristica particolare del personaggio stesso. Un esempio è Achille che viene definito divo perché figlio della ninfa Teti.

Tallone di Achille: Achille morente, scultura di Filippo Albacini
Achille morente, scultura del 1823 realizzata da Filippo Albacini (Chatsworth House Sculpture Gallery, Inghilterra). Secondo la mitologia Achille era invulnerabile tranne che per il suo tallone.

Questi epiteti servivano proprio a rendere riconoscibile nell’ascoltatore il personaggio grazie ad una determinata qualità o caratteristica fisica.

I nomi dei personaggi, inoltre, molto spesso erano anche accompagnati dai patronimici cioè il nome del padre con l’aggiunta del suffisso –ide:

  • Achille diventa così Pelide perché figlio di Peleo;
  • Agamennone diventa Atride perché figlio di Atreo.

Il proemio dell’Iliade racchiude il senso stesso dell’intera opera.

Insieme al proemio dell’Odissea e a quello dell’Eneide, costituisce un modello per tutta la tradizione epica successiva.

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Chimera e Bellerofonte https://cultura.biografieonline.it/chimera-bellerofonte/ https://cultura.biografieonline.it/chimera-bellerofonte/#comments Tue, 02 Nov 2021 07:11:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14609 Il personaggio mitologico di Bellerofonte, originario di Corinto, è stato descritto anche nelle pagine del famoso poema di Omero. Il poeta dice che gli dei attribuirono a Bellerofonte, nipote di Sisifo, “forza, grazia e bellezza”. Purtroppo la sua giovane vita venne funestata da un incidente, poiché uccise un uomo accidentalmente. E per questo motivo fu costretto a lasciare la sua città.

Chimera e Bellerofonte
Chimera e Bellerofonte

Bellerofonte alla corte del re Preto

Per essere purificato dal delitto commesso pur senza intenzione, Bellerofonte si recò alla corte del re Preto, a Tirinto, e qui rimase per un po’ di tempo. La regina, consorte del sovrano, si innamorò di lui e cercò di sedurlo, ma Bellerofonte fu forte e rifiutò la donna che, infuriata, riferì al marito delle calunnie sul suo conto: “Bellerofonte mi ha maltrattata, e quindi devi ucciderlo!”, disse al re.

Preto non dubitò neppure un attimo del racconto della moglie e si adirò tantissimo: Bellerofonte aveva abusato della sua generosa ospitalità e doveva essere punito. Solo che, piuttosto che ucciderlo, il re Preto escogitò una soluzione alternativa.

Chiamò il giovane e gli disse che aveva un incarico per lui da portare a termine, e che sarebbe partito l’indomani per un viaggio.

Il sogno ispirato da Atena

Bellerofonte andò a dormire e fece un sogno in cui gli apparve la dea Atena che dopo avergli consegnato un paio di briglie lo indirizzò alla fonte Pirene, dove avrebbe trovato un cavallo alato, chiamato Pegaso, nato dalla testa di Medusa (si veda anche: il mito di Perseo). Questo animale, che era selvaggio ma che Atena stessa aveva provveduto a domare, abitava sull’Olimpo ed era incaricato di portare i fulmini a Zeus.

Pegaso era il favorito dalle Muse, poiché con il suo zoccolo lunato era riuscito a far sgorgare una fonte di acqua limpida sul monte Elicona, dove loro stesse vivevano.

Atena in sogno consigliò a Bellerofonte di prendere con sé il cavallo perché gli sarebbe servito durante il viaggio. Dopodiché scomparve.

Il viaggio in Licia

Re Preto, che non volle uccidere con le sue mani quello che era stato un suo ospite, aveva pensato di spedirlo al padre di sua moglie, Iobate re di Licia, affinché provvedesse a farlo lui.

Tiepolo: Bellerofonte su Pegaso
Tiepolo: Bellerofonte e il cavallo Pegaso (1723 circa) • affresco presente presso Palazzo Sandi, Venezia.

Nella lettera che consegnò a Bellerofonte e che incaricò appunto di consegnare al re c’era scritto che poiché questi aveva mancato di rispetto alla regina, sua figlia, egli meritava di essere “allontanato dal mondo dei vivi”. Il re Preto disse quindi a Bellerofonte di recarsi in Licia e di consegnare nelle mani del re la lettera che aveva ben sigillato.

Una volta arrivato presso il re Iobate, il giovane ricevette una benevola accoglienza, ma non appena il sovrano aprì la lettera e apprese il contenuto rimase sconvolto. Anche lui non avrebbe voluto uccidere una persona che aveva accolto come ospite, ma doveva accontentare il desiderio del genero; in fondo quell’uomo aveva osato maltrattare l’amata figlia.

La missione

Tuttavia anche Iobate pensò di sbarazzarsi di Bellerofonte senza macchiarsi le mani di un delitto. Quindi lo convocò e gli chiese un favore, quello di uccidere Chimera, figlia di Echidna, un mostro a tre teste che seminava il terrore nel suo regno.

Re Iobate era certo che Bellerofonte non sarebbe riuscito nell’impresa e anzi sarebbe morto ucciso dalla Chimera (che in greco significa: “Capra”). Si trattava di una bestia feroce e indomita che nessuno fino ad allora era riuscito a fermare.

Ma Bellerofonte aveva un valido aiuto: il cavallo alato che Atena gli aveva consigliato di portare con sé.

Fu proprio grazie a Pegaso che riuscì ad alzarsi in volo e, dopo aver puntato la Chimera, la trafisse con un pezzo di piombo tra le mascelle. Il fuoco che la Chimera aveva in bocca fece sciogliere il piombo che le bruciò la gola e gli organi interni, uccidendola.

Il re Iobate restò sorpreso appena vide Bellerofonte ritornare vittorioso; si inventò altre imprese affinché trovasse la morte, ma Bellerofonte ogni volta ne uscì da vero eroe.

Fu così che il sovrano decise di mostrargli la lettera del genero e di farlo restare presso la sua corte.

Qui Bellerofonte conobbe la figlia di Iobate, se ne innamorò e la sposò. Quando il vecchio sovrano morì fu lui a prendere il suo posto sul trono.

Curiosità

Chimera e Bellerofonte sono citati in modo ricorrente e metaforico nel celebre film di azione Mission: Impossible 2 (del 2000).

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La guerra di Troia (riassunto) https://cultura.biografieonline.it/guerra-di-troia/ https://cultura.biografieonline.it/guerra-di-troia/#comments Mon, 02 Mar 2015 16:03:45 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=13483 Secondo la tradizione gli antichi greci entrarono a Troia servendosi di un finto cavallo e la conquistarono definitivamente dopo ben 9 anni di guerra. Non si può parlare di una data precisa per queste notizie che appartengono ad un’epoca così lontana dalla nostra, ma quella che sembrerebbe essere più attendibile è la data del 24 aprile 1184 a.C.

Cavallo di Troia
Il cavallo di Troia è il simbolo della Guerra di Troia, ed è uno tra i più conosciuti dell’intera mitologia. Anche ai giorni nostri viene usato il termine “trojan horse” (o più semplicemente trojan) per identificare i virus informatici che appaiono come programmi innocui, ma che in realtà contengono un codice nascosto malevolo.

La guerra di Troia nella tradizione

Secondo la tradizione infatti, la guerra di Troia fu combattuta tra gli Achei (Greci) e la città di Troia, collocabile nell’odierna Turchia. Il conflitto si svolse probabilmente o dal 1250 o dal 1194. La guerra di Troia è la più conosciuta del mondo occidentale perché narrata da Omero nelle sue due opere più importanti: l’Iliade, che racconta i fatti avvenuti durante l’ultimo anno di guerra, e l’Odissea, che narra la conquista della città e le avventure di Ulisse per tornare a casa, l’isola di Itaca.

Omero

Tutta la letteratura greca e latina vede Omero come modello a cui ispirarsi ma nulla si sa di certo circa la sua vita. A partire dalla seconda metà del Seicento si iniziò a dubitare della sua esistenza e nacque la cosiddetta “questione omerica“. Erodoto e Plutarco scrissero la sua biografia ma secondo la tradizione esisterebbero almeno 7 versioni di essa, quasi tutte diverse.

Omero
Omero e la cecità: nell’immagine un dettaglio del quadro “Omero e la Sua Guida“, del pittore francese William-Adolphe Bouguereau (1825–1905).

L’etimologia del nome risalirebbe al greco ὁ μὴ ὁρῶν (o mè oròn) “colui che non vede“; la cecità era infatti una delle caratteristiche delle divinità e simbolo di profonda saggezza. Altre possibilità sono offerte dall’etimologia ὀμηρεῖν (“omerèin”) “incontrarsi“, che starebbe ad indicare dei circoli di cultura detti omerici che nelle loro riunioni leggevano i canti delle opere.

Anche letterati e filosofi italiani come Giambattista Vico si occuparono della questione della paternità delle opere omeriche. Egli infatti affermava che Omero non fu un poeta vero e proprio, ma rappresentò la personificazione della facoltà poetica del popolo greco. Qualunque sia la verità, Omero resta la figura più importante della letteratura occidentale.

La guerra di Troia: le cause del conflitto

Secondo l’Iliade la guerra di Troia cominciò a causa del rapimento di Elena, donna bellissima e moglie di Menelao, (re di Lacedemone, futura Sparta) da parte di Paride, figlio di Priamo il re di Troia.

Non erano rari nell’antichità i casi di rapimenti di donne, basti pensare a Medea, Ifigenia e tante altre che soccombevano senza potersi ribellare. Elena era ritenuta a quel tempo la donna più bella del mondo e Paride se ne invaghì perdutamente rischiando tutto pur di averla con sé. Menelao però radunò un esercito insieme al fratello Agamennone per andare a Troia a riprendersi la sua sposa e saccheggiare le terre nemiche.

Secondo la mitologia però la storia del conflitto comincia molto prima, precisamente al matrimonio tra Peleo e Teti. Tutte le dee furono invitate eccetto Eris, la dea della discordia che per vendicarsi gettò al centro del banchetto una mela d’oro con su scritto “alla più bella”.

Così Afrodite, Era e Atena cominciarono a litigare per stabilire a chi dovesse spettare questo premio. Zeus per evitare di scegliere e alimentare la polemica decise che sarebbe toccato al giovane Paride, principe troiano ignaro della sua discendenza reale, prendere l’incresciosa decisione. Egli però non seppe dare un giudizio quindi le dee gli offrirono un dono ciascuno per convincerlo: Era il potere politico, Atena la saggezza e Afrodite l’amore della donna più bella del mondo, Elena di Sparta. Egli allora scelse Afrodite, scatenando le ire delle altre due.

Elena era figlia di Tindaro e Leda, originaria di Lacedemone, la futura Sparta. Famosa da sempre per la sua bellezza, quando fu in età da marito il padre si trovò difronte a così tanti pretendenti da non sapere quale scegliere per non offendere gli altri. Forse fu lei stessa a scegliere il marito o forse lo fece per lei suo padre, tant’è che si decise di farle sposare Menelao, che ereditò anche il trono di Sparta.

Durante un periodo di assenza del marito, giunse a Sparta Paride in missione e, sotto l’influsso di Afrodite, riuscì a sedurre Elena e a portarla a Troia. Menelao, scoperto il rapimento, decise di radunare una flotta di navi greche per partire alla conquista della città e riprendersi la moglie. Cominciò così ufficialmente il conflitto che perdurò per circa 9 anni.

Troy (film)
Tra i film di epoca moderna più riusciti sulle vicende della Guerra di Troia, ricordiamo “Troy” (2004, di Wolfgang Petersen). Nel film Brad Pitt è Achille, Eric Bana è Ettore e Orlando Bloom è Paride.

Gli eroi e i protagonisti

Molti furono gli eroi che si contraddistinsero nel conflitto, che si svolse con esiti alterni per 9 lunghi anni. Ulisse e Achille da parte greca, Paride, Ettore, Enea da parte troiana furono solo alcuni dei più importanti e valorosi guerrieri.

Achille fece strage di troiani e gli dei si infuriarono per questo decisero che dovesse arrivare anche il suo turno. Fu ucciso da una freccia scagliata da Paride ma guidata da Apollo che lo andò a colpire proprio nel suo unico punto debole, il tallone. Dopo la sua morte ci fu una contesa per stabilire chi dovesse ereditare le sue armi tra Aiace ed Ulisse.

Si decise per quest’ultimo ed il giovane Aiace impazzì per la sconfitta, decidendo poi di suicidarsi. Ettore, uno dei più valorosi combattenti troiani e figlio di Priamo re di Troia, venne ucciso in un conflitto a tu per tu con Achille, che dopo la morte ne profanò il corpo. Paride, altro figlio di Priamo, affrontò Menelao in un duello e uccise Achille scoccando la freccia. Enea, figlio di Anchise e di Afrodite, si distinse per il valore in battaglia e riuscì a scappare dalle rovine di Troia, diventando così il protagonista dell’Eneide di Virgilio che narra le vicende del suo peregrinare nel Mediterraneo e della fondazione di Roma.

Ulisse fu l’eroe più astuto della guerra troiana, a lui infatti si deve l’invenzione dell’espediente del cavallo di Troia per riuscire a penetrare nelle mura della città ed espugnarla definitivamente. I Greci infatti, nel corso dell’ultimo periodo del conflitto, fecero credere ai Troiani che erano salpati verso casa.

Avevano però lasciato sulla spiaggia un cavallo di legno nel quale avevano nascosto 40 tra gli uomini più valorosi dell’esercito. I Troiani, credendo si trattasse di un segno degli dei, fecero entrare il cavallo in città e si diedero ai banchetti per festeggiare la fine della guerra. Durante la notte dal ventre del cavallo uscirono così gli uomini che misero a ferro e fuoco la città e sfondarono le mura.

Troia venne distrutta e l’esercito acheo si diede a rapine e ai saccheggi. La fine della guerra quindi venne decretata dall’ astuzia di Ulisse, che seppe sfruttare la semplicità d’animo dei Troiani a proprio vantaggio.

La conclusione

I Greci tentarono di tornare a casa ma incontrarono l’opposizione degli dei. Questi ultimi infatti si erano molto adirati per le violenze commesse dai guerrieri in città e soprattutto per la profanazione dei templi. Nessuno quindi riuscì facilmente a tornare nella terra d’origine. Basti pensare alla storia di Ulisse, narrata nell’Odissea, che vagabondò per dieci anni nel mare prima di toccare di nuovo le sponde della sua Itaca.

Menelao giunse prima a Creta e poi in Egitto, dal quale non riuscì a ripartire a causa dell’assenza di vento favorevole. Nestore fu l’unico che ebbe un ritorno rapido ed indolore perché premiato dagli dei per la sua buona condotta sul campo di battaglia, nel rispetto dei valori tradizionali.

La verità storica su Troia

Quanto ci sia di vero in questa storia certo probabilmente non lo sapremo mai. Nel 1870 l’archeologo Heinrich Schliemann scoprì proprio la città di Troia in Asia minore e quella di Micene in Grecia. Egli nei suoi scavi trovò ben 9 strati sepolti, e il settimo probabilmente corrispondeva proprio al periodo della guerra di Troia (1220 a.C.).

Foto di Heinrich Schliemann
Una foto dell’archeologo tedesco Heinrich Schliemann (1822-1890)

La città era  un importante polo commerciale del tempo, cinta da mura  e venne poi distrutta da un terremoto che la rase al suolo. Da qui nasce forse la leggenda del cavallo, che era il simbolo di Poseidone, dio dei terremoti. Gli storici che indagano sulla questione si dividono: secondo alcuni ci fu sicuramente un conflitto tra la Grecia e Troia.

Secondo altri si tratta solo di leggende miste alla poesia omerica. Gli storici greci antichi come Tucidide affermarono che sicuramente ci fu un conflitto ma i Greci stessi gli diedero un’importanza troppo grande a causa del loro forte nazionalismo. Il mistero è sempre più oscuro ma chissà che un giorno la verità non verrà finalmente a galla o forse il bello della storia è proprio quello di credere a queste leggende, nonostante tutto.

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