novelle Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 22 Sep 2023 11:33:23 +0000 it-IT hourly 1 Marcovaldo: riassunto e analisi del libro di Calvino https://cultura.biografieonline.it/riassunto-marcovaldo/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-marcovaldo/#comments Sat, 16 Sep 2023 13:12:34 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9364 Tra le pubblicazioni di maggiore spicco dello scrittore Italo Calvino, troviamo “Marcovaldo, ovvero Le stagioni in città”, una raccolta di 20 novelle, pubblicata per la prima volta nel novembre del 1963, in una collana di libri per ragazzi dell’editore Einaudi.

Le 20 novelle e il legame con Torino

Le venti novelle che compongono l’opera di Italo Calvino si presentano come delle vere e proprie favole contemporanee, con uno stile ed un tono che richiamano le narrazioni orali tradizionali.

Marcovaldo, di Italo Calvino riassunto
Marcovaldo: un’immagine relativa a una copertina del libro e una foto dell’autore, Italo Calvino

Le novelle sono ambientate in una grande città imprecisata. Probabilmente Italo Calvino fa riferimento a Torino, una delle città protagoniste del boom economico degli anni Sessanta, dove Calvino ha lavorato e vissuto per molti anni.

“Le montagne ed i grandi corsi, il fiume, le colline prossime alla città”, sono tutti elementi caratteristici del capoluogo piemontese che compaiono nei racconti.

Torino diventa lo specchio di mescolanza di quotidianità mediocre mista ad invenzione creativa che per l’autore è il modello di città.

Marcovaldo: il protagonista

Attraverso le vicende del protagonista Marcovaldo, Italo Calvino si sofferma sulla minuziosa descrizione della città industrializzata italiana moderna, tutta fumo e ciminiere, figlia del miracolo cosiddetto economico, mentre il protagonista vuole evadere dalla routine asfissiante, alla continua ricerca di aria pulita e del mondo della natura. Nell’arco di venti novelle, si susseguono situazioni descritte in modo semplice e piacevole, il tempo è scandito dal passaggio delle varie stagioni dell’anno.

Il sottotitolo “Le stagioni in città”, difatti, si riferisce alla struttura dei racconti, associati ognuno ad una delle quattro stagioni dell’anno.

Il protagonista principale delle novelle è un manovale con problemi economici che lavora in una grande città industriale, presso la ditta Sbav che è il prototipo dell’azienda che sfrutta i suoi lavoratori e al tempo stesso il simbolo di una società dei consumi che non appartiene al protagonista.

Marcovaldo è un uomo sensibile, ingenuo, creativo, un po’ buffo e malinconico interessato all’ambiente.

La prospettiva della narrazione oscilla così tra picchi di realismo e di comicità.

Le avventure del protagonista ci mostrano come la società delle città moderne possa arrivare ad influenzare le persone ed il loro rapporto con la natura.

Italo Calvino nelle sue opere mette in evidenza la vita caotica della città, l’industrializzazione crescente e la povertà delle fasce più basse della popolazione, la difficoltà dei rapporti umani ed interpersonali in un’urbanizzazione senza razionalità ed ordine.

Marcovaldo in televisione

Il capolavoro di Italo Calvino, “Marcovaldo”, è stato adattato per il piccolo schermo, nel 1970, dalla Rai per la regia di Giuseppe Bennati. Nelle puntate che sono andate successivamente in onda sul secondo canale, il protagonista principale delle novelle, Marcovaldo, è stato interpretato da Nanni Loy.

Nel cast vi sono figure di spicco come: Arnoldo Foà, Didi Perego, Daniela Goggi.

La colonna sonora era a cura di Sergio Liberovici.

La sigla del teleromanzo è stata intonata da Nino Ferrer e Silvana Aliotta.

Riassunto del libro

Il libro si apre con le avventure/disavventure del protagonista Marcovaldo, un manovale che vive in un mondo spesso ostile ed indifferente, tanto che molto spesso lui si perde e si smarrisce nella città stessa, alla continua ricerca dell’illusione di trovare un piccolo paradiso terrestre in un contesto urbano che lo porta molto spesso a conseguenze perlopiù tragicomiche.

Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s’accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d’altre terre. (INCIPIT)

Le prime 5 novelle

Nella prima novella “Funghi in città”, ambientata in primavera, il protagonista trova in una piccola aiuola della città dei funghi e decide di farli assaggiare ai suoi famigliari, senza farsi notare dallo spazzino Amadigi, che potrebbe sottrargli quel “tesoro”. Il protagonista rimane con un palmo di naso quando scopre che altri hanno avuto la medesima idea di raccogliere quei funghi e che la raccolta dei funghi non commestibili porta ad un ricovero collettivo in ospedale per intossicazione.

Nella seconda novella “La villeggiatura in panchina“, ambientata in estate, vediamo il protagonista stufo di vivere nella sua invivibile dimora cittadina che decide di trascorrere la notte su una panchina, pensando di trovare pace, riposo e frescura ma non mette in conto i rumori della notte, la scomodità della panchina ed una coppia che litiga a poca distanza da lui e la sua pseudo villeggiatura risulta solo stressante.

Le vicende si spostano poi in autunno e, nella terza novella, “Il piccione comunale”, Marcovaldo è alle prese nella cattura di una beccaccia, con vani risultati. Intrappola alla fine solo un piccione comunale e i panni della sua povera coinquilina.

Nella quarta novella “La città smarrita nella neve”, il protagonista è sotterrato da un carico di neve e, arrabbiato dell’accaduto, cercherà di far sparire tutta la neve dal cortile del palazzo.

Nella quinta novella “La cura delle vespe”, Marcovaldo scopre che per curare i suoi reumatismi può utilizzare il veleno delle api. I suoi figli improvvisano quindi una caccia alle api ma quando il figlio Michelino commette un’imprudenza, tutti finiscono all’ospedale per le punture degli insetti.

Altre novelle

In “Un sabato di sole, sabbia e sonno”, il dottore della mutua gli consiglia di combattere i reumatismi con la pratica delle sabbiature. Marcovaldo quindi si fa ricoprire di sabbia su una barca, che però precipita di lì a poco, dopo una rapida, su un gruppo di bagnanti.

Nella novella successiva “La pietanziera”, Marcovaldo scambia la sua pietanziera del pranzo con un bambino. Cambia le sue salsicce con il fritto di cervello ma viene denunciato dalla governante e successivamente obbligato a rinunciare al suo pranzo.

Le avventure continuano e Marcovaldo con i suoi figli, nella novella successiva “Il bosco sull’autostrada”, cercano legna per ripararsi dal freddo ma una volta arrivati in autostrada, i figli confondono i cartelli pubblicitari con un vero e proprio bosco.

Nella novella “L’aria buona”, Marcovaldo e i suoi figli si recano su una collina per respirare un po’ d’aria pulita ma finiscono ahimè per rimediare solo un ricovero in sanatorio.

Poi in “Un viaggio con le mucche”, Marcovaldo durante una notte insonne si getta all’inseguimento di una mandria di mucche ma perde le tracce del figlio Michelino. Inizialmente lo invidia ma poi quando lo ritrova, il figlio gli racconta della vita campagnola dura e faticosa.

Tra le altre avventure troviamo quella del “Coniglio Velenoso”, nella quale il protagonista ruba un coniglio che era oggetto di una sperimentazione scientifica; questo incauto furto gli provocherà non pochi problemi.

Ne “La fermata sbagliata”, invece di scendere alla fermata del cinema, Marcovaldo sbaglia e scende ad una fermata che lo porta prima a bere in un pub e poi a salire su un volo diretto a Bombay.

In “Dov’è più azzurro il fiume”, il protagonista, nelle vicinanze della fabbrica dove lavora, si cimenta nella pesca ma viene subito bloccato da una guardia comunale che di lì a poco gli fa notare il colore anomalo delle acque, dovuto al forte inquinamento di una ditta di coloranti.

In “Luna e Gnac”, Marcovaldo non riesce godere della visione del cielo notturno estivo a causa della luce intermittente di un cartello pubblicitario del Cognac Spaak, così il figlio Michelino rompe il meccanismo dell’insegna e la ditta concorrente della Spaak, la Tomawak, assolda la famiglia di Marcovaldo per continuare i sabotaggi ma il risultato ottenuto non avrà gli effetti sperati.

Troviamo ancora il protagonista alle prese con una pianta che si trovava all’ingresso della Sbav, ne “La pioggia e le foglie”. Cerca di prendersi cura della pianta che però cresce a dismisura e perde le sue foglie.

Poi in “Marcovaldo al Supermarket”, dove riempie il suo carrello della spesa a più non posso ma, non avendo i soldi per pagare, dovrà lasciare il tutto.

In “Fumo, vento e bolle di sapone”, Marcovaldo e i figli tentano di arricchirsi vendendo detersivi di varie marche ma con scarsissimi risultati. Quando i finanzieri vengono a conoscenza di ciò, Marcovaldo deve liberarsi della merce, decidendo di gettarla nel fiume, con un conseguente grosso danno per l’ambiente circostante.

L’idillio sembra arrivare in estate nel racconto “La città tutta per lui” ma quando viene intervistato da una troupe televisiva e successivamente coinvolto nei lavori di allestimento per un set di riprese, finisce subito il suo sogno.

Ne “Il giardino dei gatti ostinati”, Marcovaldo viene a conoscenza di una palazzina semi abbandonata, abitata solo da una vecchietta e da mille felini, nutriti dai vicini. La donna confessa a Marcovaldo di vivere assediata dai gatti e di non potersene liberare. A primavera partono i lavori per la costruzione di un nuovo, grande condominio ma i gatti ed altri animali impediscono i lavori degli operai.

In ultimo nei “I figli di Babbo Natale”, Marcovaldo veste i panni di Babbo Natale per la ditta Sbav. Scambia il figlio di un grande industriale per un “bambino povero”, regalandogli un martello, una fionda e dei fiammiferi. Il bambino devasta quindi tutti i regali e la ditta Sbav, prendendone spunto, lancia sul mercato il “Regalo Distruttivo”.

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Ciàula scopre la luna, novella di Pirandello: riassunto e analisi https://cultura.biografieonline.it/ciaula-scopre-la-luna-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/ciaula-scopre-la-luna-riassunto/#respond Wed, 15 Jun 2022 06:34:53 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25365 Ciàula scopre la luna” è il titolo di una della “Novelle per un anno” di Luigi Pirandello. Una collezione di oltre duecentocinquanta storie scritte dal premio Nobel siciliano fra il 1884 e il 1936. Della collezione fa parte anche la novella La giara, trattata in un precedente articolo. Il tema della novella che andiamo ad analizzare qui, si potrebbe sintetizzare con le parole: la grandezza della natura rivelata.

Ciàula scopre la luna
Ciàula scopre la luna

Trama: la miniera, la “cornacchia” e l’estatica scoperta

Lo sfondo di questa novella è un miniera di zolfo in Sicilia. Nella miniera si muovono indefessi decine di lavoratori sotto l’occhio severo del sorvegliante Cacciagallina. Fra i lavoratori ci sono anche Zi’ Scarda e Ciàula.

Ciàula è soprannominato così perché emette un verso simile a quello delle cornacchia (ciàula nel dialetto siciliano) si riferisce in tutto e per tutto a Zi’ Scarda. Questi fa e disfa a suo piacimento del […] suo caruso (bambino in siciliano), che aveva più di 30 anni (e poteva averne anche 7 o 70, scemo com’era), approfittando della sua ingenuità ai limiti della menomazione mentale.

Accade che il lavoro alla miniera non è compiuto al solito orario di uscita e, così, Cacciagallina intima i lavoratori ad un turno di notte. La maggior parte degli operai disattende questa incitazione fatta eccezione proprio per Zi’ Scarda con annesso Ciàula che non oppone alcuna resistenza. Il caruso si prepara a lavorare come un mulo, ma in cuor suo sa che qualche cosa è differente dal lavoro giornaliero: adesso ad attenderlo alla risalita dalla miniera non sarà il solito sole accecante.

Cosa strana; della tenebra fangosa delle profonde caverne […] Ciaula non aveva paura; né paura delle ombre mostruose, che qualche lanterna suscitava a sbalzi lungo le gallerie […] toccava con la mano in cerca di sostegno le viscere della montagna: e ci stava cieco e sicuro come dentro il suo alvo materno. Aveva paura, invece, del bujo vano della notte.

Ciàula carico come un mulo, col suo sacco di zolfo sulle spalle, intraprende la risalita e quello sforzo gli allontana il pensiero dall’incombente incontro con la vacuità della notte. Quando però il buio si avvicina, tutto cambia.

La paura lo aveva assalito […] Si era messo a tremare […] Il bujo, ove doveva esser lume, la solitudine delle cose che restavan lì con un loro aspetto cangiato e quasi irriconoscibile, quando più nessuno le vedeva, gli avevano messo in tale subbuglio l’anima smarrita, che Ciaula s’era all’improvviso lanciato in una corsa pazza […].

Ciàula scopre la luna

In un climax ascendente di narrazione e sensazioni, arriviamo al confronto con il buio e alla scoperta della Luna in cielo. Avviene, grazie alla penna di Pirandello, in un passaggio della letteratura perfetto, in fatto di parole ed emozioni mescolate mirabilmente.

Grande, placida, come in un fresco, luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna.
Si, egli sapeva cos’era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. E che poteva importare a Ciaula, che in cielo ci fosse la Luna?
[…]

Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola là, eccola là, la Luna… […] E Ciaula si mise a piangere senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore.

Commento all’opera

Ciàula, l’assenza di consapevolezza per restituire la bellezza della natura

La trama è semplice e il commento è tutto direzionato, certamente, alla critica relativa alle condizioni lavorative nel Meridione alla fine dell’Ottocento. Una macchina mangia uomini che poco tempo perdeva a discernere per età o per caratteristiche mentali. Tutte le braccia erano braccia buone, persino quelle di Ciàula.

Eppure la scelta di Pirandello di questo particolare protagonista si fa sostegno primario alla narrazione. Proprio l’assenza di consapevolezza di Ciaula sarà il giusto campo dove seminare lo stupore per la natura tutta. Un’operazione che riesce alla perfezione in doppio rimbalzo. In primis, nel piccolo discorso, cioè, del lavoratore che sempre fatica a testa bassa e nell’oscurità del suo antro per poi sconvolgersi completamente alla vista della Luna, al punto da rispondere subitaneamente con una riflessione indiretta di grande portata filosofica.

La scoperta della Luna, cioè, eleva Ciaula da bestia lavoratrice ad essere umano capace di stupirsi e piangere. Ciàula si sente piccolo in confronto alla Luna ignara delle umane vicende. E così la scelta pirandelliana compie un passo in più parlando all’intera umanità come solo la letteratura eterna sa fare.

In poche pagine tutti siamo Ciàula, nelle nostre limitazioni mentali e sensoriali, nelle gabbie della nostra vita quotidiana. E come Ciàula piangiamo alla scoperta di appartenere a qualcosa di più grande e più magico. Con Ciàula andiamo in estasi nel perdere la nostra dimensione di semplici bestie lavoratrici per spingerci, in quanto e infine, parte di essa stessa, al cospetto della grandezza della natura tutta che si rivela a noi, violenta e totalizzante da lasciar senza parole.

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La giara, di Luigi Pirandello: riassunto e commento alla novella brillante sul tema del possesso https://cultura.biografieonline.it/la-giara-pirandello/ https://cultura.biografieonline.it/la-giara-pirandello/#comments Mon, 22 Oct 2018 08:45:12 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25377 La giara è una delle numerose novelle scritte da Luigi Pirandello. In particolare, questa fu scritta nel 1906 per divenire poi una commedia nel 1916 ed essere inclusa, infine, nelle “Novelle per un anno” del 1917. In modo brillante, “La giara” di Pirandello racconta la disavventura di Don Lolò Zirafa. Zirafa è un proprietario terriero, ancorato saldamente ai propri possedimenti e pronto sempre ad andare allo scontro con chiunque per difenderli.

La Giara - Pirandello - riassunto

La giara, trama e riassunto

La storiella si svolge nel periodo della raccolta delle olive e quindi della produzione dell’olio. Proprio per la conservazione dell’olio, Zirafa si procura, al prezzo di quattr’onze, una grande e panciuta giara. In attesa di essere utilizzata, una volta arrivata nella proprietà, la giara viene riposta nel palmento. Fra stupore e timore, tre lavoranti di Don Lolò scoprono la mattina seguente che il contenitore si è spaccato.

Superato il primo momento di smarrimento per l’acquisto andato in malora, sotto il consiglio dei suoi collaboratori, Don Lolò chiama in aiuto l’artigiano Zi’ Dima. Questi, infatti, non solo si occupa di riparazione di otri e contenitori di terracotta ma, in più, sostiene di aver creato e brevettato un mastice miracoloso. Un prodotto che, da solo avrebbe senz’altro risolto il problema della nuova giara. Se non che Don Lolò, incredulo e malfidato, inizia ad insistere con l’artigiano a ché comunque dia alla giara dei punti con il fil di ferro.

Dopo una breve discussione, Zirafa ha la meglio e Zi’ Dima si mette a lavoro. Prima il silicone, poi i punti. Per farlo entra nella giara e inizia a cucire con l’aiuto di un contadino. A lavoro finito, la tragicomica rivelazione: Zi’ Dima non riesce più a venire fuori dalla giara.

Imprigionato, imprigionato lì, nella giara da lui stesso sanata, e che ora – non c’era via di mezzo – per farlo uscire, doveva esser rotta daccapo e per sempre.

Come Don Lolò perse la sua giara

Viene quindi chiamato Don Lolò che, pur su tutte le furie, come sua abitudine in caso di contrasto con altrui ragioni, prende la mula e si reca dall’avvocato. Questi non trattiene le risate, per il racconto della triste vicenda quanto per la richiesta, alquanto bislacca, di Don Lolò.

E lui, don Lollò, che pretendeva? Te… tene… tenerlo là dentro… ah ah ah… ohi ohi ohi … tenerlo là dentro per non perderci la giara?

Don Lolò torna a casa sconsolato e va dritto da Zi’Dima per stipulare un accordo: lui gli pagherà il lavoro, ma in cambio sarà risarcito di un terzo del valore della giara giacché a causa dell’incuria dell’artigiano dovrà distruggerla per liberarlo. Zi’ Dima è irremovile.

<<Io, pagare?>>, sghignò Zi’ Dima. <<Vossignoria scherza! Qua dentro ci faccio i vermi>>.

Don Lolò aveva già gettato la paga dentro la giara, come anche si era assicurato che l’artigiano avesse da bere e da mangiare, altro non fosse per non mettersi nel torto. Ma Zi’Dima investe la paga in osteria e se la spassa con tutti i contadini, fumando e bevendo, alla faccia del padrone.
La notte trascorre così, in festa per i contadini e Zi’Dima.
Al risveglio la conclusione tanto attesa. Zirafa pone fine alla ridicola situazione.

[…] si precipitò come un toro infuriato e, prima che quelli avessero tempo di pararlo, con uno spintone mandò a rotolare la giara giù per la costa. Rotolando, accompagnata dalle risa degli ubriachi, la giara andò a spaccarsi contro un ulivo.
E vinse Zi’ Dima.

Da Verga a Pirandello: il ritorno della “roba”

Affonda nel Verismo verghiano, ma appartiene al racconto della Sicilia di fine Ottocento. La “roba” è il possedimento esterno che genera il valore interiore. Avere terra per la cultura del tempo era il biglietto verso il rispetto e la dignità. Questo spiega l’attaccamento morboso dei personaggi di Giovanni Verga, vinti e non.

Pirandello, a distanza di cinquant’anni o poco più, rispolvera il tema per farne commedia e oggetto di scherno. Don Lolò, infatti, è spogliato dai valori del sacrificio e dell’onore di memoria verghiana, ma è rappresentato con un taccagno, burbero, capace di ricorrere all’avvocato per pochissimi denari. A lui, infatti, in questa svolta pirandelliana del tema si oppone Zi’ Dima, certo vecchio, ma dotato di ingegno e legittimato nella sua azione – che pur vedrà risvolti comici – dall’essere lavoratore.
E se Verga volge tutto in pessimismo, Pirandello, in teatro e fuori, manda tutto in commedia; e per la felicità dei non possidenti manda la giara in frantumi.

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Cavalleria rusticana, novella di Verga (riassunto) https://cultura.biografieonline.it/cavalleria-rusticana-verga/ https://cultura.biografieonline.it/cavalleria-rusticana-verga/#comments Sun, 05 Jun 2016 13:45:36 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18709 Uno dei testi più significativi scritto da Giovanni Verga è “Cavalleria rusticana“, appartenente alla prima raccolta di novelle intitolata “Vita dei campi” e pubblicata dall’editore Treves a Milano, nel 1880. La storia è ambientata a Vizzini, un paese siciliano, nel secondo Ottocento. I protagonisti del racconto ci fanno rivivere le loro storie e vicende umane provando sentimenti diversi come l’amore, la gelosia, l’invidia, il desiderio di vendetta e il dolore, adottando come metodo comunicativo un linguaggio definito “popolare”.

Cavalleria rusticana - Novella - Giovanni Verga - libro - riassunto
Cavalleria rusticana: la novella di Giovanni Verga è inclusa nell’opera “Vita dei campi“.

La prima parte del testo ha i connotati tipici della commedia, grazie ai dialoghi vivaci che seguono tra i vari protagonisti come quelli, ad esempio, tra Turiddu e la sua amata Lola, e quelli tra Turiddu e Santa.

La seconda parte della novella “Cavalleria rusticana“, invece, ha risvolti simili a quelli della tragedia. L’addio di Alfio alla sua amata Lola e il commovente addio di Turiddu che saluta per l’ultima volta la madre, fanno capire che, da lì a poco, accadrà quello che deve accadere, mettendo in evidenza il cosiddetto sentimento dell’onore e della vendetta, onte che, in quel periodo storico, venivano regolate con il coltello e con il sangue.

Turiddu Macca, il figlio della gnà Nunzia, come tornò da fare il soldato, ogni domenica si pavoneggiava in piazza coll’uniforme da bersagliere e il berretto rosso, che sembrava quella della buona ventura, quando mette su banco colla gabbia dei canarini. Le ragazze se lo rubavano cogli occhi, mentre andavano a messa col naso dentro la mantellina, e i monelli gli ronzavano attorno come le mosche.

Incipit di “Cavalleria Rusticana”

Cavalleria rusticana: riassunto della novella di Verga

Il romanzo è incentrato sulla vita di un contadino siciliano, figlio di Nunzia, che si chiama Turiddu Macca, tornato nel suo paese di Vizzini, che si sta preparando ad intraprendere il servizio militare.

Il giovane appartiene ad una famiglia poco agiata: la madre, infatti, è costretta a vendere la mula per garantire la sopravvivenza della stessa, ma attira su di sé l’attenzione di tutti per il suo modo di porsi e di atteggiarsi, sfoggiando la sua divisa da bersagliere ed in particolare il bellissimo cappello, icona unica e riconoscibile del corpo militare.

Turiddu, anche se viene lusingato da parecchie donne, ha occhi solo per la bella Lola, figlia del massaio Angelo. Tra loro, inizia un corteggiamento e poi l’amore e i due si fidanzano prima che lui parta per il servizio militare.

Durante la sua assenza, Lola però viene a conoscenza di un ricco carrettiere che si chiama Alfio, che riesce a rapire sentimentalmente la giovane donna. Dopo un lungo periodo di frequentazione con Alfio, Lola decide di cancellare definitivamente dalla sua vita il giovane Turiddu e di fidanzarsi con Alfio. Quando Turiddu, al suo ritorno, viene a sapere della notizia del fidanzamento di Lola cerca tutti i modi per riuscire a dimenticare la ragazza, ma senza riuscire ad ottenere il risultato sperato. Il colpo di grazia arriva quando Lola decide di convolare a nozze con Alfio, per poter anche godere di un tenore di vita migliore, visto il livello sociale più alto del suo prossimo sposo. A questo punto del racconto si evidenzia la svolta di vita che il giovane Turiddu deve affrontare. Ormai, apparentemente rassegnato ad aver perso definitivamente la sua Lola, è costretto a lavorare come guardiano delle terre, presso il vicino di casa di Alfio, ovvero Massaio Cola. Turiddu, roso dalla gelosia, studia un piano per vendicarsi di Lola.

L’uomo decide così di corteggiare la figlia del Massaio Cola, che si chiama Santa, dirimpettaia proprio di Alfio e Lola. Il giovane riesce così nel suo intento di far ingelosire Lola, senza preoccuparsi della povera Santa che si invaghisce di lui credendo nella sincerità dei suoi sentimenti. Lola, gelosa di Turiddu, studia un piano e decide di invitarlo a casa sua approfittando dell’assenza del marito Alfio. Tra i due, quasi inevitabilmente, scoppia la passione e Turiddu riesce a ottenere il suo scopo diventando ben presto l’amante di Lola. Si avvicina il periodo delle festività di Pasqua e Lola decide di confessarsi per non destare sospetti nella gente e per placare la preoccupazione nata in lei, dopo aver sognato una notte dell’uva nera che, secondo la tradizione popolare siciliana, significa guai in arrivo per la persona amata. Infatti, da lì a poco, Santa si accorge della tresca tra Turiddu e Lola e, sentendosi presa in giro, racconta tutta la vicenda dei due amanti al fratello Alfio, di ritorno da un viaggio di lavoro.

Finale di Cavalleria rusticana

Avuta la notizia, Alfio, accecato dagli istinti di rabbia, dapprima se la prende con la moglie Lola, poi va a cercare Turiddu, per sfidarlo a duello con lo scontro della resa dei conti, che naturalmente accetta, obbediente alle leggi della cavalleria del mondo contadino. Il giorno dopo, Turiddu si reca da sua madre per darle l’ultimo saluto, mentre Alfio fa capire a Lola quello che da lì a poco sta per accadere, il duello. Alfio e Turiddu si incontrano. I due si scambiano il “bacio della sfida” e iniziano a duellare, armati come insegna il codice, di solo coltello. Alfio, all’inizio del duello, sembra avere la peggio, ma poi riesce a riprendersi in extremis e infliggere la sua vendetta mortale a compare Turiddu, finendolo con una coltellata alla gola, riuscendo a dire sole le sue ultime parole prima di morire: “Ah, mamma mia!“. La vicenda si conclude, così, in modo tragico, con la morte di Turiddu tra i solitari fichi d’India della Canziria e, con quella coltellata, Alfio vendica non solo il suo amore ma anche il suo l’onore.

Giovanni Verga
Giovanni Verga

Commento all’opera

Cavalleria rusticana” ha riscosso un notevole successo sia di pubblico che di critica, grazie alle tematiche affrontate dallo scrittore, ovvero il dramma d’amore e di gelosia, che da sempre scatena e mette in luce i pensieri più profondi della mentalità popolare. Ma una altrettanto importante ed indelebile notorietà al romanzo venne portata dal compositore Pietro Mascagni, che scelse la trama del racconto come focus della sua opera e melodramma omonima che andò in scena, per la prima volta, a Roma al teatro Costanzi, nel 1890, risultando essere poi la più nota fra le sedici opere composte dal compositore livornese.

Verga decise però di far causa al musicista e all’editore per far valere i propri diritti d’autore. Il processo terminò con la vittoria di Verga, che ottenne a titolo di rimborso la considerevole somma di 143.000 lire.

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Rosso Malpelo (di Giovanni Verga): riassunto e analisi https://cultura.biografieonline.it/rosso-malpelo/ https://cultura.biografieonline.it/rosso-malpelo/#comments Wed, 11 Dec 2013 20:25:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8927 Il racconto di Giovanni Verga dal titolo Rosso Malpelo viene pubblicato per la prima volta nel 1878 e riunito in “Vita dei Campi” nel 1880. Fa parte di una raccolta di novelle che accorpa testi scritti dal 1878 al 1880 aventi come protagonisti personaggi delle realtà più umili della società siciliana dove domina il latifondo.

Rosso Malpelo
Rosso Malpelo è una delle novelle più celebri di Giovanni Verga

I protagonisti sono persone di bassa estrazione sociale, costretti ogni giorno a lottare per conquistare il proprio posto nel mondo. La grande novità lanciata da Verga con questi racconti è che i personaggi parlano in prima persona, egli utilizza infatti il discorso indiretto libero, lasciando inespresso il suo giudizio di narratore. Inizia con questi racconti infatti la grande rivoluzione del Verismo italiano che continuerà per tutta la fine dell’Ottocento.

Un tema preponderante della raccolta è l’esclusione dalla società, la diversità dei protagonisti. Emblematico è infatti il caso di Rosso Malpelo, la prima novella della raccolta. È un ragazzo la cui caratteristica è quella di avere i capelli rossi e per questo diventa la vittima della società che ha da sempre creduto alla triste superstizione che vede in queste persone portatori di sfortuna. Egli è quindi perseguito socialmente.

La voce narrante è quella della popolazione che lo vede come persona cattiva solo per il suo aspetto fisico. Il punto di vista dell’autore però alla fine emerge lo stesso per far capire che Rosso non è veramente cattivo come si pensa. C’è però un contrasto tra la voce narrante popolare e il punto di vista dell’autore che produce un effetto di straniamento.

La storia è quella di un ragazzo che lavora in una cava di rena in Sicilia. All’inizio viene protetto dal padre contro le dicerie della gente ma alla sua morte è costretto a cavarsela da solo anche perché la madre si risposa così come la sorella. Rosso però assimila tutto quello che ha imparato e lo insegna al suo unico amico chiamato Ranocchio. Anche lui muore e Rosso distrutto dal dolore accetta di andare ad esplorare una nuova galleria per la cava. Da questo viaggio non farà più ritorno.

Il racconto inizia con queste parole:

Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riuscire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano Malpelo; e persino sua madre col sentirgli dir sempre a quel modo aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo.

Rosso Malpelo è un racconto crudo e terribile ma che vale la pena leggere in quanto mostra una realtà rovesciata in cui è strano ciò che invece dovrebbe essere normale, come per esempio l’amore. Domina la violenza dei forti sui deboli e che si abbatte sul protagonista attraverso la persecuzione della comunità. Rosso però a differenza dei molti ha il coraggio di guardare in faccia la realtà violenta in cui vive e si batte contro le sue leggi spietate. Odia gli ipocriti e rimane sempre coerente con se stesso e il suo modo di vivere, fino in fondo.

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