nazismo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 01 Jul 2022 12:30:24 +0000 it-IT hourly 1 La conferenza di Wannsee e la “soluzione finale” https://cultura.biografieonline.it/conferenza-di-wannsee/ https://cultura.biografieonline.it/conferenza-di-wannsee/#comments Fri, 01 Jul 2022 11:35:38 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=2798 La “soluzione finale” fu una formula linguistica terribile, inventata dai nazisti per elaborare un piano che prevedesse l’emigrazione, la resa in schiavitù e lo sterminio di una parte del popolo ebraico che viveva nei territori conquistati dall’esercito tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale.

La villa nei pressi del lago Wannsee dove si svolse la conferenza
La villa nei pressi del lago Wannsee dove si svolse la conferenza

Al fine di realizzare questo piano Adolf Hitler chiese al Maresciallo Hermann Göring di dare avvio all’organizzazione logistica e militare per deportare tutte le persone di origine ebraica in un luogo preposto.

Hermann Göring
Il gerarca nazista Hermann Göring

Goring ordinò a Reinhard Heydrich, alto ufficiale delle SS, capo del Reichssicherheitshauptamt  (nome per esteso della “RSHA” l’ufficio centrale per la sicurezza del Reich che svolgeva funzioni di spionaggio, di controspionaggio e di polizia nei territori del Reich) e governatore del protettorato di Boemia e Moravia di organizzare una conferenza nella quale si discutesse come avviare la soluzione finale e a questo proposito di convocare le personalità che avrebbero dovuto coinvolgere ministeri e istituzioni del Reich per realizzare il più grande esodo e genocidio della storia.

La conferenza si tenne il 20 gennaio 1942 in una villa nei pressi del lago Wannsee non molto lontano da Berlino. Vi parteciparono 15 gerarchi del governo nazista. Di seguito l’elenco.

I gerarchi nazisti

  1. Reinhard Heydrich, Capo della Polizia del Reich, Capo dei servizi di Sicurezza e dei Servizi Segreti e Governatore del Protettorato di Boemia e Moravia.
  2. Alfred Meyer, Segretario di Stato del Ministero dei Territori orientali sotto dominio del governo tedesco.
  3. George Leibbrandt, Capo del dipartimento politico del Ministero dei Territori orientali sotto dominio del governo tedesco.
  4. Wilhelm Stuckart, Segretario di Stato del Ministero degli Interni.
  5. Erich Neumann, Direttore del dipartimento per il piano quadriennale.
  6. Roland Freisler, Segretario di Stato del Ministero della Giustizia.
  7. Josef Bülher, Segretario di Stato del governatorato generale.
  8. Martin Luther, Sottosegretario Ministero degli Esteri.
  9. Gerhard Klopfer, Segretario della Cancelleria del Reich.
  10. Friedrich Wilhelm Kritzinger, Direttore generale della Cancelleria del Reich.
  11. Otto Hofmann, Capo dell’ufficio centrale per la razza e la colonizzazione.
  12. Heinrich Müller, Capo della Gestapo.
  13. Adolf Eichmann, segretario della conferenza e capo del Dipartimento B4 della Gestapo.
  14. Karl Eberhard, Comandante della Polizia e Capo dei Servizi di Sicurezza del Governatorato generale.
  15. Rudolf Lange, Comandante della Polizia e Capo dei Servizi di Sicurezza in Lettonia.
Conferenza di Wannsee - Lettera di invito da Reinhard Heydrich a Martin Luther
Conferenza di Wannsee – Lettera di invito da Reinhard Heydrich a Martin Luther

La conferenza di Wannsee

Heydrich  aprì la riunione. Fece un’ampia premessa sulle politiche e strategie organizzative adottate, fino a quel momento, dal governo tedesco per trasferire gli ebrei residenti nel continente europeo in una zona specifica. Inizialmente era stato previsto come luogo di confino il Madagascar. In seguito si cambiò  decisione. Soprattutto a causa degli sviluppi che stava prendendo la guerra. Si decise di spostare gli ebrei nei campi di concentramento e nei paesi dell’Est Europa.

Il fine era di utilizzarli come manodopera in tutte le strutture operative e industriali che servivano al mantenimento della macchina bellica. Si pensò all’impiego per la costruzione di strade soprattutto in quei paesi nell’Est Europeo dove mancavano. Si pensò alla manodopera specializzata e non specializzata nelle fabbriche e industrie dei territori occupati e del Reich.

Quest’ultimi non sarebbero stati evacuati fino a quando non fossero stati sostituiti da altra manodopera dello steso livello. Non si parla, infatti, nel verbale della conferenza (l’unico esemplare pervenutoci apparteneva a Martin Luther, Sottosegretario al Ministero degli Esteri, ma ne furono redatte 30 copie) di sterminio. Nemmeno si citano armi o metodi di soppressione delle persone. Si identifica tuttavia nella deportazione e nel lavoro forzato il metodo più efficace per operare una selezione naturale dei prigionieri.

Gli ebrei residenti in Europa erano circa 11 milioni: questa sarebbe stata la cifra della deportazione.

La “soluzione finale”

Durante i lavori della conferenza di Wannsee si discusse in quale modo, nei vari territori europei alleati e occupati dall’esercito tedesco, sarebbe stato necessario intervenire per operare nel modo più veloce l’emigrazione forzata di persone di origine ebraica: fu ripartita la presenza degli ebrei in tutti i paesi europei e fu rilevata la maggiore difficoltà nell’organizzare efficacemente l’emigrazione forzata in Romania, dove era più facile procurarsi illegalmente documenti falsi e in Ungheria, dove non era ancora stato nominato un responsabile della questione ebraica.

In Francia fu sottolineato che non c’erano grossi problemi grazie anche al collaborazionismo del governo di Vichy. Mentre la Boemia e la Moravia, governate da Heydrich, avrebbero dovuto essere i primi territori in cui applicare la soluzione finale. Anche l’Italia e la Spagna avrebbero collaborato senza difficoltà grazie al forte legame con i nazisti.

La conferenza si concluse con la richiesta, da parte di Heydrich a tutti i partecipanti, di aiutarlo fin da subito con il loro zelo e le loro conoscenze a realizzare tale progetto nel modo più rapido ed efficace.

E’ interessante notare che il lavoro forzato di persone di origine ebraica fu utilizzato anche da industrie tedesche che dopo la guerra raggiunsero uno sviluppo notevole e che cercarono di nascondere il fatto di aver utilizzato schiavi per la realizzazione dei loro prodotti.

Ci sono molti libri che raccontano quali aziende furono coinvolte e che varrebbe la pena leggere per comprendere il grado di compromissione che il popolo tedesco ebbe con il trattamento riservato dai nazisti al popolo ebraico.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/conferenza-di-wannsee/feed/ 4
Notte dei lunghi coltelli: riassunto https://cultura.biografieonline.it/notte-dei-lunghi-coltelli/ https://cultura.biografieonline.it/notte-dei-lunghi-coltelli/#respond Tue, 04 Jan 2022 12:12:16 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=37818 La Notte dei lunghi coltelli è un fatto storico occorso nella notte tra il 30 giugno 1934 e il 1° luglio. Si tratta di un evento violento, che vide lo sterminio di circa 200 persone e più di 1.000 arresti. E’ stato un omicidio di massa, un’epurazione avvenuta per ordine di Adolf Hitler, che volle eliminare esponenti di spicco del partito nazista i quali si opponevano al regime.

Le vittime furono perlopiù membri delle SA, (Squadre d’Assalto) fondate nel 1921 e comandate da Ernst Röhm; questi dopo aver aiutato il futuro Führer a conquistare il potere, se ne allontanò opponendosi al suo progetto politico.

L’evento è ricordato in lingua tedesca come Röhm-Putsch (“il colpo di Stato di Röhm”, così si intitola anche un film del 1967) oppure come operazione colibrì.

Notte dei lunghi coltelli
La notte dei lunghi coltelli: immagine tratta dalla copertina del libro di Max Gallo

Il contesto

Siamo nel 1934. Hitler, non approva l’idea di far diventare le SA la base del nuovo esercito e soprattutto non vuole che Ernst Röhm divenga capo del Ministero della Difesa. Idea, approvata e condivisa anche dagli alti gradi dell’esercito che appoggiano Adolf Hitler.

L’allontanamento di Hitler da Röhm si spiega anche con la presa di potere maggiore da parte delle SS e con un loro ruolo sempre più determinante.

Uomini notoriamente odiati dalle SA, fanno progressi nelle rispettive carriere: Hermann Göring è nominato ministro degli interni e Joseph Goebbels, ministro della propaganda.

Heinrich Himmler invia a Berlino un contingente di 120 uomini delle SS, al comando dello Standartenführer Josef “Sepp” Dietrich, con il compito di guardia personale del Cancelliere.

Si riconferma così l’assoluta fedeltà delle SS nei confronti di Hitler, contrariamente alle SA che, mostrano di essere ingestibili e che, con la presa del potere, stanno diventando sempre più violente e incontrollabili.

Il futuro Führer non agisce di impulso, medita per intere giornate, esita molto prima di prendere una decisione, ma viene spinto all’azione dai fidati Himmler, Goebbels e Göring.

La decisione di Hitler

A convincerlo all’azione è la certezza degli amici che Rohm non tarderà a tentare un Colpo di Stato.

A questo punto, ormai il dado è tratto e la Gestapo e le SS, su ordine di Hitler nelle ultime ore del 30 giugno, fanno irruzione in un hotel della Baviera, a Bad Wiessee, sede di un Raduno delle Squadre d’Assalto.

Questo è il momento, non si può arretrare neanche davanti alle estreme conseguenze; se necessario dovrà scorrere il sangue.

Adolf Hitler, 29 giugno 1934

Il massacro

I partecipanti vengono sorpresi nel sonno, e uccisi.

Inizia così un massacro che dura fino alle prime ore del 2 luglio 1934.

L’epurazione è cruenta: i vertici delle SA vengono decapitati, e uccisi anche anziani ufficiali da sempre oppositori del regime nazista. Le vittime non sono solo militari, ma anche un gran numero di civili, di cui purtroppo, è impossibile stabilire il numero esatto.

Contemporaneamente tra il 30 giugno e il 1 luglio 1934, i massacri continuano a Berlino e nelle altre città tedesche.

Le SS scatenano non solo repressioni e violenze contro i membri delle SA, ma colgono anche l’occasione per una feroce repressione per vendette personali.

Hitler concede al suo vecchio ex amico Rohm il privilegio del suicidio, ma il comandante rifiuta e viene fucilato in prigione.

Nell’epurazione di quelle notti, trovano la morte anche

  • Gregor Strasser, l’ex cancelliere generale;
  • Kurt von Schleicher: viene ucciso a letto insieme alla moglie;
  • Gustav von Kahr: aveva partecipato alla repressione di Monaco di Baviera del 1923.

Unico superstite è Franz von Papin, che miracolosamente si salva.

La notte dei lunghi coltelli: le origini del nome

Per due giorni scorre sangue a fiumi in Germania: una strage passata alla storia e ricordata come La notte dei lunghi coltelli, riferito a un inno cantato dalle Squadre d’Assalto, in cui il primo agghiacciante verso recita:

“Finché dai nostri lunghi coltelli non sprizzerà il sangue ebraico”.

Il progetto politico

Alla fine del massacro, il presidente della Repubblica Paul Von Hindenburg si congratula pubblicamente con Hitler per l’azione decisa e anche l’esercito si compiace dei risultati, ormai necessari per la difesa dello Stato tedesco.

Dopo la notte dei lunghi coltelli le SA hanno un ruolo meno che secondario.

Sempre nello stesso anno, Hitler vorrebbe unificare la carica di cancelliere e quella di presidente.

Per la Germania è un momento delicato, ma gli fa gioco il fatto che il il presidente von Hinderburg è morente; soprattutto non ha problemi a violare la Costituzione di Weimar, visto l’incondizionato appoggio dell’esercito.

Probabilmente l’epurazione del massacro delle SA trova anche una motivazione in questo progetto politico.

Appena un anno prima, nel 1933, il Partito nazionalsocialista era considerato l’unico partito tedesco: è così che si diede inizio alla dittatura nazista.

Adolf Hitler stringe la mano a Paul von Hindenburg
Nominato Cancelliere del Reich: il 21 marzo 1933 Hitler stringe la mano a Paul von Hindenburg

Paul Von Hindenburg muore il 2 agosto 1934. Hitler realizza così il suo ambizioso disegno: fonde la carica di Cancelliere con quella di Presidente del Reich. Proclama così la fine della Repubblica di Weimar e la nascita del Terzo Reich.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/notte-dei-lunghi-coltelli/feed/ 0
I becchini, recensione del libro https://cultura.biografieonline.it/becchini-recensione-libro/ https://cultura.biografieonline.it/becchini-recensione-libro/#respond Thu, 18 Jul 2019 10:35:04 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26636 Il libro I becchini. L’ultimo inverno della repubblica di Weimar è un saggio uscito in Italia per Bompiani il 10 luglio 2019. Gli autori sono Rudiger Barth e Hauke Friederichs. Il libro racconta i fatti storici e gli errori politici che permisero l’ascesa di Hitler al potere. In questo articolo ve lo presentiamo insieme a una breve critica e recensione.

I becchini. L’ultimo inverno della repubblica di Weimar
La copertina del libro “I becchini. L’ultimo inverno della repubblica di Weimar”

La Germania di Weimar prima del suo collasso

Negli anni ’30, prima dell’avvento del nazismo, la Germania è in uno stato di caos. Il presidente della repubblica è un vecchio generale con una concezione negativa della democrazia e dei suoi riti. Il primo ministro, Franz von Papen, è un monarchico e vorrebbe come il presidente della repubblica restaurare la monarchia.

Nulla di più folle in una Germania attraversata da una profonda crisi economica ed incapace di uscire un confronto politico sempre più caotico. I partiti politici cercano di trovare un accordo per sostituire von Papen con un primo ministro che sia capace di mettere tutti d’accordo. Nelle piazze avvengono gli scontri più cruenti con morti e feriti.

Il nazionalsocialismo di Hitler sta acquisendo sempre più consensi e benché la sua figura sia invisa ai più, le forze politiche non riescono a trovare un accordo per impedirgli di accedere al potere. Il presidente Paul von Hindenburg, ha già sciolto due volte il parlamento per impedire che si vada a nuove elezioni e quindi si elegga un primo ministro a lui non gradito. Ma ormai la situazione è incontrollabile.

Von Papen è costretto a dimettersi. Le sue dimissioni aprono la strada all’avvento al potere di Hitler. Da questo passaggio cruciale per la storia del XIX secolo inizia il libro “I becchini. L’ultimo inverno della repubblica di Weimar” degli autori Rudiger Barth e Hauke Friederichs, editore Bompiani.

I becchini. L’ultimo inverno della repubblica di Weimar: il libro

In questo saggio vengono raccontati gli eventi in presa diretta come se assistessimo attraverso la lettura dei giornali dell’avvento drammatico del nazionalsocialismo. Ogni fatto, incontro, riunione, passaggio politico viene descritto nei minimi dettagli.

Gli autori grazie ad una mole notevole di documenti, interviste, giornali, immagini, registrazioni, video, dichiarazioni, memorie, verbali delle riunioni sono riusciti a costruire in modo molto dettagliato gli eventi, il contesto i fatti e il ruolo dei protagonisti del 1932 e 1933.

I personaggi che popolano la commedia tragica che porta ad uno degli errori politici più drammatici del ‘900, sono reali. Magari in alcuni casi sono poco conosciuti ma hanno tutti svolto un ruolo fondamentale nei passaggi politici che hanno portato la Germania alla dittatura.

I meccanismi sono descritti non dimenticando il contesto storico in cui le formazioni politiche hanno agito e le circostanze che hanno influenzato i protagonisti. Tutti i personaggi hanno un ruolo ben definito e servono  agli autori per raccontare i gruppi che rappresentano. Anche per dare un volto a tutte le testimonianze.

Ad esempio raccontano le impressioni dell’ambasciatore Usa a Berlino che aveva sottovalutato Hitler, ma non aveva invece sottovalutato la forza del suo consenso e il pericolo che rappresentava. Vi sono anche i sindacalisti che assistono agli scontri con i partiti avversari e alla crescita di un odio politico irrefrenabile e pericolosissimo.

La strada verso il nazionalsocialismo

Mentre i fatti si svolgono, il contesto della Germania degli anni ’30 cambia, e diventa il preludio ad una rivoluzione di cui tutti sono convinti. E proprio mentre si sviluppa tutta la forza di un imminente colpo di stato, entrano in gioco personaggi ambigui, deboli, avventurieri, egoisti che riescono a cambiare gli equilibri e ad aprire la strada al nazionalsocialismo.

Infine c’è anche l’avvento di Hitler: già studiato in tutti i modi possibili, diventa in questo saggio un racconto in presa diretta.

I becchini libro copertina recensione commento

Commento e recensione al libro

I pregi del libro sono la quantità di informazioni e l’analisi storica dettagliatissima degli eventi. Possiamo immergerci in una lettura completa che ci trasporta negli uffici della cancelleria per poi catapultarci nelle piazze in cui si consumano gli scontri più cruenti.

Possiamo osservare gli errori di Hindenburg e vedere come la repubblica si sfasci sotto i colpi dell’angoscia e dell’odio.

La storia come telecronaca documentata degli eventi, grazie alla ricchezza dei documenti, diventa un’esperienza diretta e completa.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/becchini-recensione-libro/feed/ 0
Rosa Bianca: la resistenza non violenta e il martirio dei fratelli Scholl https://cultura.biografieonline.it/rosa-bianca-movimento-antinazista/ https://cultura.biografieonline.it/rosa-bianca-movimento-antinazista/#respond Sun, 23 Dec 2018 17:07:24 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25817 La Rosa Bianca è un movimento non violento di matrice cristiana che fece resistenza al Regime nazifascista di Adolf Hitler. A fondarlo, nel giugno del 1942, a Monaco di Baviera, furono i fratelli Hans Scholl e Sophie Scholl. Insieme a loro ci sono Christoph Probst, Alexander Schmorell, Will Graf e il professor Kurt Huber. I cinque giovani, poco più che ventenni, infatti, erano al tempo studenti dell’Università tedesca intitolata a Ludwig Maximilian.

rosa bianca movimento antinazista

Il movimento: matrice politica e riferimenti culturali

Il movimento della Rosa Bianca trae il suo simbolo da quello dei nobili perseguitati durante la Rivoluzione francese, di matrice aristocratica e antipopolare per una Francia democratica e federalista.

Il background intellettuale fa riferimento alle indicazioni etiche della Bibbia e di Sant’Agostino; fa riferimento inoltre agli orizzonti culturali degli scritti di Rilke, Aristotele e Goethe, Novalis e Schiller.

Quanto all’assetto ideologico, invece, la Rosa bianca si rifa alla tesi di “Quick born” o “Sorgente di vita” del sacerdote italiano Romano Guardini. Stesso filone a cui si legarono anche altri parroci cattolici come l’antifascista Franz Weiss.

Guardini, in particolare, fornì anche ai componenti della Rosa Bianca la spinta morale di coniugare spiritualità con azione sociale e politica secondo quella che il presbitero e teologo nato a Verona definì “visione cristiana del mondo” o, in lingua tedesca, Christliche Weltanschauung. 

[…] l’incontro continuo, per così dire metodico, tra la fede e il mondo. E non solo il mondo in generale, così come fa anche la teologia quando si pone diversi problemi, ma in concreto, come nel caso della cultura e delle sue manifestazioni, della storia, della vita sociale.

La vicenda della Rosa Bianca: azione politica e tragico epilogo

Il movimento della Rosa Bianca ha profuso i temi di tolleranza e giustizia dal giugno del 1942 al febbraio del 1943. Lo ha fatto attraverso opuscoli distribuiti inizialmente fra gli studenti, poi fra i cittadini e poi, ancora, dalla Baviera fino a tutta la Germania. I volantini, che inneggiavano al risveglio delle coscienze e alla resistenza passiva al Regime hitleriano, in particolare, fanno il giro di Monaco e non solo fino al 18 febbraio del 1943.

«Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie…»

Dal primo volantino

Quel giorno Sophie e il fratello Hans entrano all’università che frequentano e, pur non avendo ottenuto il permesso, lanciano dalle scale sull’atrio le 1500 copie del sesto opuscolo divulgativo. Questa azione suscita la reazione di un impiegato dell’ateneo che denuncia i ragazzi al Rettore. Questi, a sua volta, procede con la denuncia alla Polizia del Regime. Sophie e Hans vengono fermati e arrestati dalla Gestapo.

L’interrogatorio con annessa tortura dura per quattro giorni: mai i due fratelli Scholl negano le proprie ragioni, né vengono meno alle resistenza non violenta. Il 22 febbraio il Volksgerichshof, Tribunale del popolo del Regime, presieduto da Roland Freisler, li dichiara colpevoli e li condanna alla ghigliottina.

Di lì a breve tutti i membri della Rosa Bianca vengono processati, condannati e decapitati. A seguire, in particolare, amici e colleghi dei componenti del movimento subiscono, in totale, 15 condanne a morte e 38 carcerazioni.

Quel che resta della Rosa Bianca

Oggi la Rosa Bianca resta un simbolo della lotta contro la tirannia. A celebrare il martirio dei suoi giovani fondatori c’è la piazza antistante all’Università Ludwig Maximilian intitolata appunto ai fratelli Scholl, a Monaco di Baviera.

Monumento dedicato al gruppo della Rosa Bianca situato presso l'Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera
Monumento dedicato al gruppo della Rosa Bianca situato presso l’Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera

Nel 1986, inoltre, viene fondata l’associazione Rosa Bianca per celebrare la memoria e promuovere la conoscenza del movimento. 

Negli anni, infine, due film hanno raccontato sul grande schermo la vicenda della Rosa Bianca. Il primo è “La Rosa Bianca” (titolo originale Die Weiße Rose) di Michael Verhoeven che, nel 1982, viene distribuito nella Germania Ovest e con molta difficoltà altrove. Il secondo, invece, è “La Rosa bianca – Sophie Scholl” per la regia di Marc Rothemund del 2005.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/rosa-bianca-movimento-antinazista/feed/ 0
Foto famose: August Landmesser che rifiuta di fare il saluto al Führer https://cultura.biografieonline.it/foto-famosa-august-landmesser/ https://cultura.biografieonline.it/foto-famosa-august-landmesser/#respond Fri, 04 Aug 2017 15:34:50 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=23058 Per la serie di articoli dedicati ad alcune foto famose ne abbiamo scelta una molto simbolica. Si tratta di August Landmesser che rifiuta di fare il saluto al Führer, Adolf Hitler. Nella foto si vede l’operaio impassibile e a braccia conserte che nel 1936 non fece il saluto al reich durante il corteo nazista, il partito a cui lui stesso aveva aderito solo per ottenere un lavoro, ma dal quale fu cacciato dopo aver sposato la moglie ebrea.

Foto famosa August Landmesser - photo famous picture
13 giugno 1936nella foto August Landmesser appare evidenziato nel cerchio

Landmesser lavorava come operaio presso l’arsenale navale Blom + Voss di Amburgo e fu l’unico tra centinaia di operai e autorità a non fare il saluto nazista nel corso del corteo per l’inaugurazione del varo della nave scuola, la Horst Wessel, della marina militare tedesca.

Era il 13 giugno 1936. Questa foto è stata ritrovata solo in tempi recenti, nel 1991, pubblicata dal quotidiano Die Zeit. La foto si trova esposta al centro di documentazione “Topografia del terrore” a Berlino, proprio presso i luoghi della vecchia sede della Gestapo. È stato allora che le figlie hanno riconosciuto il padre, in quel gesto di protesta nei confronti del partito nazista.

Vi rimandiamo al sito principale Biografieonline.it, per approfondire la biografia di August Landmesser e nel contempo la storia di questa foto famosa.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/foto-famosa-august-landmesser/feed/ 0
I figli dei nazisti, libro di Tania Crasnianski https://cultura.biografieonline.it/figli-dei-nazisti-libro/ https://cultura.biografieonline.it/figli-dei-nazisti-libro/#respond Fri, 21 Apr 2017 16:58:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22330 Può il passato dei genitori influire sulla vita dei figli? E come reagiranno i figli di persone che hanno commesso, svolgendo il loro lavoro, i crimini più efferati quando conosceranno la verità sui loro padri? Padri che la sera mettevano a letto i figli, magari raccontandogli una favola. Dopo che avevano passato la giornata ad ordinare l’uccisione di bambini innocenti. Ma che ai loro occhi e per ordine del loro capo, il Führer – come dichiareranno al processo di Norimberga – erano solo colpevoli di essere ebrei. Come hanno reagito i loro figli una volta che sono cresciuti e hanno scoperto i crimini dei loro padri? E come hanno vissuto quando erano piccoli mentre i genitori affrontavano uno dei momenti più bui della storia del ‘900? A questi interrogativi risponde il libro di Tania CrasnianskiI figli dei nazisti”, pubblicato da Bompiani nel 2017 nella collana Overlook.

I figli dei nazisti - libro - Tania Crasnianski
Copertina del libro: I figli dei nazisti

Figli dei nazisti

L’autrice ha raccolto molti documenti d’archivio, stralci di interviste, biografie, documentari nei quali sono raccolte le testimonianze di molti figli dei gerarchi nazisti. Ragazzi che portano nomi entrati nella storia dell’orrore come Himmler, Göring, Mengele, Speer, Bormann, Hess, Frank e che quando i loro padri dirigevano il partito nazista e il Terzo Reich, erano ancora piccoli.

Sono tutti infatti nati fra il 1937 e il 1944 e hanno vissuto quel periodo in una protezione dorata, lontani dalla guerra e dalle atrocità che il Führer ha imposto all’Europa. Ma dopo che i loro genitori sono stati arrestati o sono morti, il peso del passato e delle colpe dei loro padri gli sono cadute addosso. Alcuni di loro hanno ripudiato i genitori, altri li hanno difesi, altri hanno cambiato la loro vita convertendosi all’ebraismo oppure hanno deciso di essere dimenticati. Quasi nessuno però ha deciso di cambiare nome. Hanno quasi tutti quindi conservato dei cognomi pesanti che si sono portati dietro per tutta la vita.

Il libro

Tania Crasnianski racconta con il piglio di un avvocato – questa è la sua professione – quali sono stati i comportamenti dei figli dei nazisti di fronte al peso della storia. Loro non sono entrati nella Storia, come i loro padri, perché troppo piccoli e quindi non hanno potuto condividere le loro scelte. Eppure in alcuni casi li hanno difesi. Come ad esempio il nipote di Göring, che in più di un’occasione ha dichiarato di essere fiero del cognome che porta. Oppure la figlia di Von Ribbentrop, ministro degli Esteri di Hitler, che ritiene il padre non solo un consigliere e diplomatico scaltro e intelligente, ma anche uno dei pochi ad essersi accorto quanto fosse pericoloso il comunismo.

Tania Crasnianski
Tania Crasnianski: franco-tedesca di origini russe, è nata a Grenoble, in Francia. E’ avvocato penalista presso la Corte d’appello di Parigi. Oggi vive tra Londra, la Germania, e New York. Questo è il suo primo libro.

La difesa dei padri

Gudrun Himmler, ad esempio, è arrivata a dichiarare che il padre era innocente, anche se quest’ultimo non ha potuto partecipare al processo di Norimberga. Si tolse la vita prima di entrare in aula. Sono quindi di più quelli che hanno difeso, in qualche modo, i genitori rispetto a quelli che li hanno rinnegati. Questo, forse, dipende dal fatto che nessuno di loro li ha visti come dei mostri, ma semplicemente come delle persone che svolgevano il loro dovere. Ma anche in questo caso è incredibile notare, leggendo il libro I figli dei nazisti, come la banalità del male, sia vista nella normalità del comportamento di chi si macchia di un tale crimine.

I figli dei nazisti - riassunto

Una riflessione

Primo Levi affermava che i mostri sono troppo pochi per poter creare dei problemi all’umanità, mentre le persone normali, che compiono nell’indifferenza efferatezze e crudeltà insopportabili, sono molte di più e sono davvero pericolose. In effetti ricordando il processo ad Adolf Eichmann, che si svolse in Israele e al quale partecipò Hannah Arendt – che poi scrisse il famoso libro La banalità del male –  non possiamo dimenticare la normalità scialba e la mediocrità triste dell’imputato che sembrava aver assolto al suo compito di pianificatore dello sterminio, senza aver mai riflettuto sul peso morale delle sue azioni e scaricando la colpa di quelle decisioni sui superiori.

Perché chi ha commesso atrocità talmente grandi, spesso si nasconde dietro alla sua incapacità di immaginare come le sue azioni possano incidere sulla vita delle persone. Perché non riesce e non vuole immaginare come le hanno vissute. Così i figli dei nazisti, anche quando hanno ripudiato i genitori, hanno dovuto cercare una scusa per separare il mostro dal padre, per poter accettare il proprio genitore, giustificandolo al di là di ciò che ha fatto.

I figli dei nazisti è un libro interessante perché ci permette di riflettere su come sia quasi inevitabile la rimozione, anche collettiva, del dolore e della colpa per cercare giustificazioni che portano quasi sempre all’oblio della memoria.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/figli-dei-nazisti-libro/feed/ 0
La scomparsa di Ettore Majorana https://cultura.biografieonline.it/scomparsa-majorana/ https://cultura.biografieonline.it/scomparsa-majorana/#respond Sat, 13 Feb 2016 13:26:28 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16642 Ettore Majorana scomparve il 27 marzo del 1938. All’epoca la sua fuga e il suo probabile suicidio attirarono l’attenzione dei massimi vertici del Fascismo, ma non si arrivò a nessuna conclusione oggettiva. Lo scienziato, paragonato da Enrico Fermi a Galileo e Newton, era riuscito a far perdere le sue tracce e a portare tutti a considerare il suo suicidio un fatto conseguente a follia e depressione. Solo la sua famiglia, che lo conosceva bene, fin da subito aveva rifiutato questa ipotesi. Tuttavia, le indagini private avevano portato alla medesima conclusione di quelle ufficiali e alla fine la versione della polizia fu considerata l’unica possibile.

La scomparsa di Ettore Majorana
La scomparsa di Ettore Majorana: un giornale del febbraio 1959

Chi era Ettore Majorana

Ettore Majorana era uno scienziato di primo livello e la sua giovane età non era stata un ostacolo alla formulazione di ipotesi e teorie da premio Nobel. Dopo aver conseguito la laurea in Fisica teoretica aveva iniziato a lavorare con Fermi a teorie che già all’epoca avrebbero potuto portare alla fusione nucleare, ma la sua capacità intuitiva andava anche oltre.

Lo scienziato siciliano frequentava da qualche anno l’Istituto di Fisica di Roma dove aveva entusiasmato i ricercatori che collaboravano con Fermi grazie alle sue brillanti intuizioni.

Perché Majorana, di fronte alla prospettiva di una brillante carriera e alla possibilità concreta di cambiare la storia della Fisica moderna, decise di scomparire?

La scomparsa di Majorana, il libro di Sciascia

Le ultime ricerche, che hanno riaperto qualche anno fa il caso, hanno dimostrato come la letteratura e una mente geniale come quella di Leonardo Sciascia avessero già intuito il destino di Majorana nel 1975, quando lo scrittore siciliano pubblicò per la prima volta il suo libro “La scomparsa di Majorana”. Il libro è attualissimo perché svela un mistero durato molti anni, non solo fa intuire un fatto, accertato anche dalla magistratura qualche anno fa e cioè che Majorana non si suicidò ma si ritirò dal mondo, ma individua soprattutto le cause e i motivi di un tale repentino ritiro.

Leonardo Sciascia
Leonardo Sciascia

Majorana aveva elaborato, prima di Werner Heisenberg, la teoria del nucleo fatto di neutroni e protoni, ma si era rifiutato di pubblicarla, malgrado le insistenze di Fermi e dei suoi collaboratori. Inoltre, le sue successive ricerche e gli incontri con altri fisici lo avevano probabilmente convinto che molti studiosi si stavano avvicinando allo sviluppo della progettazione della fusione nucleare, la quale avrebbe in seguito portato alla realizzazione della bomba atomica.

E Majorana, nella ricostruzione mirabile di Sciascia, era terrorizzato da questo esito e cioè che la scienza lo avrebbe portato a scoprire o a collaborare alla scoperta di qualcosa che riteneva terribile. Quindi scomparve per non essere più coinvolto. Nella sua mente, che aveva calcolato tutto nei minimi dettagli, la fuga e l’idea di essere dimenticato erano necessari per non parlarne più. Per non parlare più di scienza e di doveri, e per non essere più coinvolto in nulla che avesse a che fare con la scienza.

Cara Eccellenza, Vi prego di ricevere e ascoltare il dott. Salvatore Majorana, che ha bisogno di conferire con Voi pel caso disgraziato del fratello, il professore scomparso.

Incipit del libro di Sciascia

Il suo nome stava già diventando importante, tanto che dopo la sua scomparsa i vertici del governo e pare lo stesso Mussolini, si interessarono alla sua vicenda. Sciascia riesce in questo libro ad immedesimarsi nella mente di Majorana, perché pochi sono i documenti che gli permettono di ricostruire oggettivamente i fatti. E proprio grazie all’immedesimazione che uno scrittore geniale riesce a svolgere nella mente di uno scienziato geniale, possiamo leggere pagine in cui l’umanità di Majorana e la sua esperienza diventano vive e non verosimili, come accade con un romanzo che ricostruisce un fatto storico, ma vive al pari di un’inchiesta in cui tutti i punti oscuri vengono chiariti e il movente vero di una decisione difficile, assume aspetti molto più profondi di quello che in apparenza poteva sembrare.

Dove si nascose Majorana?

Questo quesito ha impegnato diversi personaggi e nel 2011 la procura di Roma è arrivata ad una conclusione non tanto lontana da quella che aveva intuito Leonardo Sciascia. Majorana infatti fu identificato in una foto che venne scattata nel 1955 e che lo ritraeva sorridente in Venezuela. Molte tracce avevano portato gli investigatori a supporre che fosse scappato in America Latina dopo essersi nascosto, così pensava anche Sciascia in un convento del sud Italia.

Ettore Majorana
Foto di Ettore Majorana

La foto secondo gli inquirenti è senza dubbio del fisico catanese che secondo un testimone aveva cambiato il nome e svolgeva una vita ritirata.

Perché ha affascinato così tanto la scomparsa di un uomo che a 32 anni non aveva ancora realizzato nulla di importante?

Le carte lasciate da Majorana fanno intuire il suo genio e, cosa più importante, fanno capire quanto il suo genio si sia avvicinato a realizzare ciò che altri avrebbero dovuto aspettare alcuni anni per comprendere. La scomparsa di un genio che aveva in mano conoscenze così importanti e che possedeva la scienza in un modo talmente naturale da paragonarlo a Galileo, e il paragone è di uno scienziato del calibro di Fermi, non possono che attirare l’attenzione sia del mondo scientifico che del governo.

Proprio il coinvolgimento di questa istituzione ha fatto pensare che Majorana sia scomparso per motivi militari o per contribuire al piano militare nucleare tedesco. Molte sono state, infatti, le congetture riguardo al suo appoggio al nazismo. Ma non ci sono prove in tal senso e credo che l’analisi più corretta sia dal punto di vista storico che umano, sia quella di Leonardo Sciascia che ne il libro “La scomparsa di Majorana” ci regala un ritratto lucido e affascinante.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/scomparsa-majorana/feed/ 0
La luna e i falò (di Cesare Pavese): riassunto https://cultura.biografieonline.it/la-luna-e-i-falo/ https://cultura.biografieonline.it/la-luna-e-i-falo/#respond Fri, 11 Dec 2015 09:48:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=15890 La luna e i falò è l’ultimo romanzo dello scrittore Cesare Pavese, attivo nella prima metà del Novecento italiano. Pavese nacque a Santo Stefano Belbo, nelle Langhe, nel 1908. Grazie all’incontro con un importante intellettuale, Augusto Conti, si avvicinò alla letteratura e si laureò in Lettere a Torino. All’inizio della sua carriera si dedicò alle traduzioni di narratori americani e collaborò con la casa editrice Einaudi. Nel 1935 venne incarcerato per opposizione al regime fascista, ma dopo qualche tempo ottenne la grazia. Tra le opere più importanti si ricordano: Lavorare stanca (1936), Paesi tuoi (primo romanzo del 1941), La bella estate (1949), La luna e i falò (1950), la prosa filosofica dei Dialoghi con Leucò (1950). Postumo venne pubblicato Il mestiere di vivere, il diario dello scrittore dal 1936 al 1950. Nel 1950 ottenne l’assegnazione del Premio Strega ma, nonostante questo, a causa di delusioni e inquietudini personali, scelse di suicidarsi il 26 agosto 1950.

La luna e i falò - Cesare Pavese - 1950
La luna e i falò – scritto tra il 18 settembre e il 9 novembre 1949 fu pubblicato nell’aprile del 1950.

La luna e i falò: riassunto

La luna e i falò rappresenta il lascito di Pavese, il romanzo che incarna il suo sentimento poco prima di morire. Il romanzo è ambientato al termine del secondo conflitto mondiale e narra la storia di Anguilla, un ragazzo adottato che torna dall’America al suo paese d’origine per ritrovare i luoghi della sua infanzia e sconfiggere la solitudine interiore, elementi comuni all’autore.

C’è una ragione perché sono tornato in questo paese, qui e non invece a Canelli, a Barbaresco o in Alba. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove son nato non lo so; non c’è da queste parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch’io possa dire «Ecco cos’ero prima di nascere». [La luna e i falò, Incipit]

L’opera è divisa in 32 capitoli, nei quali il protagonista dialoga con alcuni personaggi del paese, Santo Stefano Belbo, che gli raccontano alcuni avvenimenti accaduti durante il Fascismo e la Resistenza. Oltre al suo miglior amico Nuto, Anguilla incontra anche Cinto, un ragazzo menomato, con quale rivive tutta la sua infanzia: da piccolo è stato adottato ma il Padrino viene costretto a vendere tutti i suoi beni e Anguilla deve lavorare nella fattoria della Mora per guadagnarsi da vivere.

Qui ha trascorso dei giorni felici ma preferisce non tornare in quei luoghi proprio per non vedere come siano diventati oggi. Cinto gli racconta anche la storia delle figlie del proprietario della fattoria, Irene, Silvia e Santa. Purtroppo sono tutte morte durante la guerra e Santa, la più bella, è stata giustiziata perché operava come spia sia per i tedeschi che per i partigiani.

Finale

La parte finale del romanzo si conclude con due incendi, dai quali deriva parte del titolo: il padre di Cinto che decide di bruciare la casa e sterminare la famiglia, e il falò del cadavere di Santa. Anguilla si rende conto che ormai questi falò non hanno nulla a che vedere con quelli mitici dell’infanzia, dove bruciava la legna secca e che venivano accesi per propiziare il raccolto.

Questi falò rappresentano l’orrore della storia, degli eventi della Seconda Guerra Mondiale e l’impossibilità di tornare indietro all’età mitica dell’infanzia. Di fronte a questa triste realtà, Anguilla decide di ripartire perché ormai è diventato straniero e nulla più lo lega a quei luoghi. Egli ha perso la sua identità e non si riconosce più in quei posti.

Cesare Pavese
Una foto dell’autore Cesare Pavese

Breve analisi

La conclusione del romanzo di Cesare Pavese è amara e disillusa: secondo l’autore, quindi, non c’è possibilità di riscatto o cambiamento positivo, il senso della solitudine e del fallimento pervade gli eventi.

Termina quindi con il crollo degli ideali mitici, atmosfera che coincide poi con l’imminente suicidio dell’autore. Il romanzo è però un importante spaccato dell’Italia del dopoguerra ed è testimonianza dei sentimenti degli intellettuali, che si sentivano impotenti difronte alla barbarie a cui avevano assistito.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/la-luna-e-i-falo/feed/ 0
Eccidio di Sant’Anna di Stazzema https://cultura.biografieonline.it/santanna-stazzema-strage/ https://cultura.biografieonline.it/santanna-stazzema-strage/#respond Mon, 22 Jun 2015 12:02:40 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14584 Nell’estate del 1944 un piccolo paese in provincia di Lucca, Sant’Anna di Stazzema, diventò il teatro di un eccidio insensato, uno degli ultimi massacri voluto e realizzato dall’esercito tedesco che oramai era prossimo alla sconfitta. Sant’Anna di Stazzema era un villaggio di montagna, all’epoca raggiungibile solo attraverso strade impervie e poco battute, e abitato da pochissime persone. Tuttavia, a causa degli sfollamenti di quell’estate, la sua popolazione aumentò fino a raggiungere il numero di 1.500 abitanti.

Eccidio di Sant'Anna di Stazzema - 12 agosto 1944
Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: una targa in memoria della neonata Anna Pardini, la più piccola vittima della strage perpetrata il giorno 12 agosto 1944.

In quelle zone la guerra imperversava soprattutto attraverso gli scontri fra milizie, tedeschi e partigiani. Alla fine di luglio si moltiplicarono gli scontri fra partigiani e truppe tedesche. La X brigata Garibaldi fu fra le protagoniste di questi scontri, che si svolsero sul monte Ornato e che furono probabilmente le cause dell’atto terroristico che i tedeschi organizzarono contro la popolazione inerme di Sant’Anna di Stazzema.

L’Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: i fatti

Il massacro si compì inizialmente sulla piazza centrale del paese, dove vennero raccolte decine di persone. Un plotone di esecuzione ne uccise la maggior parte, mentre i pochi sopravvissuti vennero bruciati insieme ai corpi dei loro concittadini.

L’orrore annichilì tutti: i tedeschi, senza avere alcuna pietà per donne, bambini e anziani, compirono le loro uccisioni utilizzando fucili, mitragliatori e bombe a mano. Furono rastrellate le case per trovare chi si nascose e lì ucciderli, anche con il calcio dei fucili.

Il numero delle vittime fu di circa 560, di cui 130 bambini. L’assassinio di innocenti fu una delle caratteristiche più atroci di questo massacro, ricordato come “Eccidio di Sant’Anna di Stazzema“. I bambini furono deliberatamente cercati e assassinati affinché il massacro vendicativo rimanesse ancora più inciso nella memoria dei partigiani e delle popolazioni del luogo.

Non si trattò di una rappresaglia ma della decisione del comando tedesco di distruggere qualsiasi forma di resistenza da parte della popolazione civile, non solo per togliere la protezione e l’aiuto ai partigiani, ma anche per annichilire e terrorizzare altri paesi e villaggi della stessa zona.

Sant'Anna di Stazzema (Lucca) - libro sulla strage
Sant’Anna di Stazzema (Lucca): la copertina di un libro sulla strage

La condanna dei responsabili: 60 anni dopo

Immediata, benché inutile, fu l’indagine sul massacro che aveva lo scopo di individuare i criminali responsabili di tanta efferatezza. Infatti, le indagini e i successivi processi non portarono a nessuna condanna fino al 2005, cioè sessant’anni dopo i fatti.

Il Tribunale militare della Spezia condannò alla pena dell’ergastolo dieci ufficiali e sottufficiali delle SS, accusati di aver partecipato al massacro del 12 agosto del 1944. I condannati vennero individuati grazie alle indagine che il procuratore militare di Roma Antonino Intelisano ordinò, dopo aver rinvenuto molti fascicoli depositati in un armadio collocato in uno scantinato della procura militare di Roma, mentre stava svolgendo alcune indagini riguardanti il processo di Erich Priebke e Karl Hass.

Fra questi fascicoli era presente anche la documentazione sull’eccidio di Sant’Anna. Grazie a questi documenti e alle testimonianze dei sopravissuti fu possibile ricostruire gli accadimenti che segnarono quel giorno dell’estate 1944, individuare una parte dei responsabili, ancora vivi, e arrivare ad una condanna.

YouTube Video

Il processo del 2005 vide impegnato il pubblico ministero Marco de Paolis che presentò, non solo la documentazione, ma anche le testimonianze, oltre che di testimoni oculari, anche di due soldati delle SS che erano appartenuti ai reparti che eseguirono l’eccidio. Il processo vide imputati solo gli ufficiali e i sottufficiali, ma non i soldati. Visto il numero de soldati coinvolti, infatti, si preferì processare solo chi aveva organizzato ed ordinato il massacro.

La Corte di Cassazione confermò le condanne nel 2007.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/santanna-stazzema-strage/feed/ 0
Le Quattro Giornate di Napoli https://cultura.biografieonline.it/le-quattro-giornate-di-napoli/ https://cultura.biografieonline.it/le-quattro-giornate-di-napoli/#comments Mon, 27 Aug 2012 23:56:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=3509 Siamo nel 1943, durante lo svolgimento del secondo conflitto mondiale. Le Quattro Giornate di Napoli, così come vengono definite dagli storici, non rappresentano un episodio isolato, slegato dal contesto socio-politico di questo periodo. Anzi, tali insurrezioni sono precedute e seguite da altre stragi ed eccidi vari, che si concentrano nel territorio di Napoli e provincia.

Le Quattro Giornate di Napoli (dal 27 settembre al 30 settembre 1943)
Le Quattro Giornate di Napoli (dal 27 settembre al 30 settembre 1943)

Dal punto di vista storico le Quattro Giornate di Napoli sono state valutate in maniera diversa, ora come semplice rivolta popolare, ora come esperienza politica del centro-sinistra in opposizione al nazismo. Secondo R. Battaglia, autore dal trattato di storia intitolato “Storia della Resistenza”, tale episodio scaturisce dall’odio del popolo contro i Tedeschi e dal malcontento dei meridionali verso i soprusi e le ingiustizie subiti.

La peculiarità di tale rivolta, piuttosto trascurata dai libri di storia e dalla tradizione partenopea in generale, è rappresentata invece con grande maestria nella pellicola del regista Nanni Loy del 1962, dal titolo “Le Quattro Giornate”, in cui viene sottolineata la matrice antinazista dell’insurrezione. Il regista punta molto sulla caratterizzazione di alcuni personaggi, come lo scugnizzo, suscitando l’interesse e la curiosità del pubblico.

Ma come mai la rivolta si concentra soprattutto a Napoli e nel territorio circostante? Quali sono le situazioni che favoriscono l’insorgere del popolo partenopeo?

Secondo lo storico Francesco Paolo Casavola, alla base della sollevazione popolare avvenuta a Napoli nel 1943 vi è la paura, da parte del popolo, di subire ulteriori violenze da parte dei soldati tedeschi guidati dal colonnello Scholl, che si aggirano in città deportando gli uomini e lasciando le famiglie senza casa, nella più completa disperazione.

Il popolo è ormai stremato dopo tanti mesi di conflitto, che ha provocato ovunque morte e distruzione: tanto basta a scatenare una collera collettiva che esplode poi in maniera violenta e incontrollabile. Possiamo attribuire a questo episodio storico un doppio significato: politico e militare.

Dal punto di vista politico, la rivolta porta alla creazione di gruppi auto organizzati ed autonomi, che però non riescono a strutturarsi in un comando unico. Dal punto di vista militare è davvero lodevole l’azione del popolo che, aiutandosi con ogni mezzo a disposizione, riesce a piegare le forze tedesche, costringendole alla resa. Napoli è la città meridionale che più di ogni altra subisce gli attacchi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il 1° novembre 1940 vi è un pesante bombardamento aereo da parte degli inglesi. Seguono altri attacchi aerei che provocano almeno trentamila vittime. Le date più nefaste nella storia della città sono il 4 dicembre 1942 (quando avviene la distruzione di Santa Chiara) e il 28 marzo 1943 (con lo scoppio della nave “Caterina Costa”).

Basta questo per capire come sia stato facile per i Tedeschi entrare in una città ormai vuota e sventrata, abitata solo da poveri e disperati. Nelle Quattro Giornate di resistenza (dal 27 settembre al 30 settembre 1943) il popolo napoletano si oppone strenuamente all’occupazione tedesca. Durante la rivolta viene incendiata anche la sede dell’Università, in cui si concentrano le forze antifasciste, e migliaia di libri vengono distrutti per sempre. I saccheggi da parte dei Tedeschi non risparmiano le caserme e le fabbriche.

Le vittime della rivolta sono numerose, sia tra i militari che tra i civili. La scintilla che scatena la rabbia del popolo viene dalla notizia che un marinaio è stato ucciso da alcuni tedeschi mentre beve ad una fontana, nella zona del Vomero. Alcuni giovani che osservano la scena fermano gli autori del folle gesto e incendiano la loro auto. La notizia dell’omicidio fa il giro della città e contribuisce ad esasperare gli animi della gente.

Da allora in poi è un continuo susseguirsi di agguati, bombe, scontri aperti. Grazie all’azione congiunta di tutte la categorie (militari, studenti, operai) del popolo, dopo quattro giorni i Tedeschi decidono di abbandonare al città. Il 30 settembre 1943 si concludono le quattro giornate di Napoli, episodio di insurrezione popolare che porta a liberare la città dall’occupazione delle forze armate naziste e fasciste, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Alquanto pesante il bilancio di tale rivolta popolare: 168 i patrioti morti durante i combattimenti, 162 i feriti, 75 gli invalidi permanenti, 140 le vittime tra i civili, 19 le vittime non identificate, su un totale di circa duemila combattenti. All’arrivo delle forze alleate, il 1° ottobre 1943, Napoli è già libera e non deve ringraziare nessuno per questo, solo se stessa.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/le-quattro-giornate-di-napoli/feed/ 4