natale Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Thu, 07 Dec 2023 12:15:32 +0000 it-IT hourly 1 Natale: come si festeggiano pranzi e cene nel mondo? https://cultura.biografieonline.it/cene-pranzi-di-natale-nel-mondo/ https://cultura.biografieonline.it/cene-pranzi-di-natale-nel-mondo/#respond Thu, 07 Dec 2023 10:19:44 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=25532 Le tradizioni natalizie nel mondo sono assai diverse tra loro, e anche a tavola, per i piatti di Natale, ci sono differenze notevoli da un Paese all’altro. In Italia, specialmente nelle regioni del Meridione, si prepara un menù per la vigilia di Natale, che si consuma in famiglia o con gli amici durante la cena del 24 dicembre. Alla cena, quando scocca la mezzanotte, segue il rito dello scambio dei regali sotto l’albero di Natale allestito in casa e addobbato con luci e decorazioni. In alcune regioni d’Italia, soprattutto al Nord, si preferisce invece il pranzo di Natale, il 25 dicembre.

pranzo e cena di natale

Mentre la cena del 24 dicembre è per lo più leggera e verte sul consumo di pesce, il pranzo del 25 dicembre nelle famiglie italiane è sicuramente più ricco: dopo una sfilza di antipasti di mare e di terra, si passa al primo piatto (che varia in base alla provenienze e ai gusti, ma che di solito consiste in agnolotti, ravioli al sugo o lasagne al forno); poi si passa al secondo (via libera alla carne nelle sue varie declinazioni, ad esempio l’arrosto è una ricetta molto seguita in varie zone d’Italia). A conclusione del pranzo vengono servite frutta fresca e secca, oltre che ovviamente i dolci tipici della tradizione natalizia come panettone e pandoro.

Pranzi natalizi in Francia

Come si comportano a tavola i nostri cugini d’Oltralpe a Natale? Anche in Francia, come in Italia alla vigilia di Natale, si opta per piatti a base di pesce. Una delle specialità francesi che di solito viene servita durante il pranzo di Natale è il Coquilles- Saint-Jacques, un mollusco cotto nel forno  e servito nella conchiglia.

Il pranzo natalizio, ricco di portate, si chiama “reveillon”, e prevede piatti diversi a seconda della regione di appartenenza. Il menù tipico natalizio in Francia comprende pollo arrosto, ostriche e salsicce, oltre all’immancabile fegato d’oca grigliato.

Spostandosi in Provenza, invece, si incontra la tradizione natalizia di servire a tavola ben tredici dolci e dessert diversi l’uno dall’altro: uno dei più gustosi è il tipico Bouche de Noel, il tronchetto al cioccolato.

Pasti natalizi a Londra

Nel paese di Charles Dickens – autore del celebre Canto di Natale – la tradizione britannica vuole che a Natale non manchi il tacchino o l’oca serviti come arrosto e ripieni di nocciole tritate; oppure bacon e carne di vitello con contorno di patate al forno. Come succede anche in Italia, quando arriva Natale, a Londra non si rinuncia a portare sulla tavola un dolce tipico delle feste, che in questo caso è il Christmas Pudding. Una curiosità: nell’impasto viene nascosta una monetina e chi la trova sarà fortunato; va fatta attenzione quindi a non ingoiarla!

La cena natalizia in Spagna

Nella vicina Spagna il menù tipico natalizio si basa invece prevalentemente sulla carne: a cena viene servito l’arrosto di maiale o il tacchino. Mentre i protagonisti della tavola sono i dolci. In particolare, a Natale spopola il torrone (particolarmente noto quello di Alicante e di Jijona), ma è abbastanza rinomato anche il marzapane (con zucchero e mandorle), il dolce dei Paesi Baschi, il croccante dell’Aragona.

La tradizione natalizia negli Stati Uniti

Il menù tipico natalizio negli USA è una commistione (ben riuscita) tra varie tradizioni: Francia, Gran Bretagna, Messico, Italia (forse a causa della presenza di immigrati provenienti da ogni parte del mondo). La cena della vigilia di Natale è prevalentemente a base di carne, in genere si opta per il tacchino contornato da verdure e salsine varie.

tavola natalizia

Il dessert tipico di Natale è il pudding, ma altrettanto gustoso e amato dagli americani è il Mince pies, una torta di pasta frolla con all’interno la frutta secca. Secondo la tradizione americana questo è il dolce di cui è ghiotto Babbo Natale: infatti si usa lasciarlo nei pressi del camino affinché il vecchietto barbuto possa assaggiarlo.

Il menù natalizio in Argentina

Mentre in Europa festeggiamo il Natale al freddo e in casa, in Argentina le festività natalizie si svolgono all’aperto, sotto il sole. Per tradizione a Natale si prepara l’asado, la classica carne alla griglia, e si brinda con il tradizionale spumante.

Pasti natalizi in Messico

Il Messico vanta un’interessante tradizione culinaria natalizia. Il Chiles en nogada è il piatto natalizio per eccellenza, ed è preparato con carne stufata di vario tipo e peperoni. Il tutto è arricchito da chicchi di melograno e crema di noci. Questa ricetta è originaria di Puebla, ma è diffusa e apprezzata in tutto il Paese, come simbolo dell’indipendenza acquisita.

Il pranzo e la cena di Natale in Danimarca

Nell’Europa del Nord il Natale si festeggia in modo suggestivo, anche a tavola. Per l’occasione infatti si preparano piatti assai gustosi e particolari, come il tipico Risalamande (un tortino cremoso a base di frutti di bosco e amarene).

La cena della vigilia di Natale in Danimarca rappresenta l’occasione giusta per gustare vere e proprie prelibatezze come l’anatra farcita, l’arrosto di maiale e le patate caramellate. Nel giorno di Natale in Danimarca si preparano anche le tipiche tartine a base di salmone, carne e verdure.

Il Natale in Finlandia

Nella fredda Finlandia a Natale si mangia solitamente il Porkkanalaatiko, uno sformato realizzato a base di carote e spezie. Per la sua fragranza e morbidezza questa ricetta ricorda parecchio una brioche che piace tanto ai bambini

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Lenticchie: perché si mangiano a Capodanno? https://cultura.biografieonline.it/perche-a-capodanno-si-mangiano-lenticchie/ https://cultura.biografieonline.it/perche-a-capodanno-si-mangiano-lenticchie/#comments Thu, 29 Dec 2022 10:33:23 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5646 Nella notte di San Silvestro (31 dicembre), durante la cena dell’ultimo dell’anno, è considerato di buon auspicio mangiare le lenticchie insieme al cotechino o allo zampone, come augurio di fortuna e prosperità per l’anno nuovo.

cotechino e lenticchie
Cotechino e lenticchie

Da dove viene la tradizione?

Questa tradizione ha origine dall’antica usanza romana di regalare una scarsella, ovvero una borsa di cuoio, legata alla cintura e contenente lenticchie, con l’augurio che si trasformassero in monete sonanti. Il nome lenticchia, infatti, deriva dalla particolare forma a lente di questi legumi, che ricorda quella di una moneta.

Lenticchie con cotechino
Lenticchie con cotechino: è tradizione mangiarli a Capodanno

Anche nella Bibbia sono presenti alcuni passi che testimoniano l’utilizzo di questo legume: nella Genesi 25:34 è scritto

“Allora Giacobbe diede a Esaù del pane e della minestra di lenticchie. Egli mangiò e bevve; poi si alzò, e se ne andò. Fu in questo modo che Esaù disprezzò la primogenitura”.

Nel secondo libro di Samuele 17:28

“…portarono dei letti, dei catini, dei vasi di terra, del grano, dell’orzo, della farina, del grano arrostito, delle fave, delle lenticchie, dei legumi arrostiti…” Al versetto 23:11 “…dopo di lui veniva Samma, figlio di Aghè, l’Ararita. I Filistei si erano radunati in massa. In quel luogo c’era un campo pieno di lenticchie e, mentre il popolo fuggiva davanti ai Filistei…”

Origini storiche della lenticchia

Le lenti (si possono chiamare anche così) sono il legume più antico coltivato dall’uomo: dalle testimonianze storiche si deduce che fossero coltivate già nel 7.000 a.C. in Asia, per diffondersi successivamente in tutto il bacino del Mediterraneo.

Presente nella cucina di antichi greci e romani, questo legume era apprezzato per la sua gustosità e per le proprietà terapeutiche, essendo un legume dall’alto valore nutriente, ricco di:

  • proteine,
  • vitamine,
  • fibre,
  • fosforo,
  • potassio.

La farina di lenticchie era utilizzata per produrre pane e non mancava il loro utilizzo anche in pasticceria per la preparazione di pasticcini a base di lenticchie.

Divenne un cibo tanto popolare che il nome di una delle più importanti famiglie romane, quella dei Lentuli, deriverebbe da questo legume.

4 ricette con le lenticchie

Per concludere l’articolo suggeriamo quattro ricette, una classicissima e altre più creative.

  1. Cotechino con le lenticchie
  2. Zuppa di lenticchie e stinco
  3. Lenticchie nere e calamari in letto di salsa di agrumi
  4. Polpette di lenticchie

lenticchie in pentola

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Le origini del panettone https://cultura.biografieonline.it/origini-del-panettone/ https://cultura.biografieonline.it/origini-del-panettone/#comments Tue, 20 Dec 2022 15:04:14 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5205 Il panettone è un dolce milanese tipico delle festività natalizie, ma diffuso in tutta Italia. Tradizionalmente di forma cilindrica, con la parte superiore a forma di cupola, è un dolce da forno a pasta morbida.

Panettone fatto in casa
Panettone fatto in casa

Gli ingredienti del panettone

L’impasto per la preparazione del panettone è composto da acqua, farina, sale, latte, zucchero, lievito, burro, uova, frutta candita, scorze di arancio o cedro e uvetta sultanina. Negli ultimi decenni le varietà di panettone sono aumentate per soddisfare ogni tipo di palato: panettoni senza canditi o senza uvetta, glassati, ripieni di crema, cioccolato o gelato, e con elaborate decorazioni. È inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Panettone
Una fetta di panettone fumante

Le origini storiche del panettone

Le versioni più accreditate sull’origine del panettone sono due: la prima narra che un giovane falconiere di nome Ughetto degli Atellani abitava nella Contrada delle Grazie a Milano. Innamorato di Algisa, figlia di un fornaio i cui affari non andavano molto bene, si fece assumere dal padre di lei. Creò un dolce infornando un impasto composto da uova, burro, miele e uva sultanina, per risollevare le sorti del forno. E ci riuscì, perché il suo dolce riscosse il successo sperato.

La seconda versione racconta che il cuoco al servizio del duca Ludovico il Moro, durante uno sfarzoso pranzo di Natale tra nobili, dimenticò nel forno il dolce, bruciandolo. L’aiutante del cuoco, Toni, gli propose l’idea di prepararne uno come lui aveva già fatto, cioè con gli avanzi della dispensa: farina, burro, uova, scorza di cedro e uvetta. Il dolce fu gustato dai commensali con caloroso apprezzamento. Il cuoco, interpellato dal duca per sapere il nome di quel dolce prelibato, rispose: “L’è ‘l pan del Toni”, ovvero “il pane di Toni”, il Panettone.

E il pandoro?

Abbiamo anche un articolo sulle origini del pandoro.

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Perché a Natale ci si bacia sotto il vischio? https://cultura.biografieonline.it/baciarsi-sotto-il-vischio/ https://cultura.biografieonline.it/baciarsi-sotto-il-vischio/#comments Wed, 01 Dec 2021 17:11:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5473 La consuetudine di baciarsi sotto i rametti del vischio e di appenderne un ramo all’uscio di casa trova gli albori nel Nord Europa, nella mitologia scandinava.

La pianta

Il vischio è una pianta sempreverde che vive tra i rami di altri alberi o sulla loro corteccia, facendo penetrare le proprie radici nel legno dell’albero “ospite” per trarne il nutrimento; i suoi frutti sono bacche che possono assumere colori dal bianco perlaceo al giallo dorato, le sue foglie sono carnose e poste a due a due all’estremità di ogni rametto ed i suoi fiori di color giallo.

Vischio natalizio
Vischio natalizio

Definita “pianta della Luna” dai Celti, veniva raccolto in prossimità del giorno del solstizio d’inverno, con particolari cerimonie:

  • i rametti venivano tagliati con un falcetto d’oro;
  • venivano poi raccolti in un panno candido;
  • si indossavano esclusivamente vesti bianche.

La sua sacralità derivava dal fatto che è una pianta “aerea”. Nel corso della sua vita non tocca mai il terreno, ma cresce e germoglia sugli alberi.

Per questo motivo i Celti attribuivano a questa pianta una evidente manifestazione della benedizione degli dei.

Il succo di vischio era considerato la bevanda della conoscenza, poiché assorbito attraverso la pianta “ospite”, traeva in sé il beneficio ed il sapere.

vischio
La foglia verde indica la presenza di clorofilla: il vischio è in grado di compiere la fotosintesi. Nonostante ciò, sottrae acqua, sali minerali e azoto dalla pianta ospite. Le sue bacche, trasportate e disperse dagli uccelli (che se ne cibano in inverno), si insediano tra i rami delle piante ospiti: i semi iniziano così a germinare.

Il vischio nella mitologia nordica

Nella mitologia nordica, il vischio è la pianta sacra di Freyja, o Frigg, dea dell’amore e della seduzione, sposa di Odino, dio della guerra e della sapienza.

Il loro figlio Balder fu ucciso da una freccia di vischio per ordine del fratello Loki e per mano del dio cieco dell’inverno Hoder; le lacrime della madre Freyja, trasformate in bacche perlacee, ricaddero sul corpo del figlio, riportandolo in vita.

Perché a Natale ci si bacia sotto il vischio?

E ora è arrivato il momento di rispondere alla domanda iniziale.

Dal momento in cui il figlio tornò alla vita, Freyja, colma di felicità cominciò a ringraziare con un bacio chiunque passasse sotto l’albero su cui cresceva un vischio.

Ecco da dove viene l’usanza e la tradizione di scambiarsi un bacio sotto una piantina di vischio come gesto propiziatorio e benaugurante, portatore di benefici, fortuna e amore.

Altre curiosità

Le stelle appartenenti alla Cintura di Orione, erano conosciute come il “Filatoio di Frigg”, poiché si credeva fossero mosse dal filatoio della dea.

Tutte le parti del vischio possiedono una considerevole tossicità se ingerite; ciò a causa della presenza di viscumina, una sostanza che provoca l’agglutinazione dei globuli rossi, e di polipeptidi (vischiotossine). Merli e tordi se ne nutrono e sono immuni alla sua tossicità.

E’ una delle sostanze di medicina alternativa più studiate per la lotta al cancro.

Sebbene non esistano prove a sostegno dell’idea che la stimolazione del sistema immunitario da parte del vischio porti a una migliore capacità di combattere il cancro, la ricerca di base con estratti di vischio fornisce molte tracce per ulteriori indagini sui possibili meccanismi come prodotto di supporto nell’intero trattamento oncologico del singolo paziente. (Fonte: Wikipedia)

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Con le pive nel sacco: significato e origini del modo di dire https://cultura.biografieonline.it/pive-nel-sacco/ https://cultura.biografieonline.it/pive-nel-sacco/#respond Thu, 30 Sep 2021 14:49:16 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=35860 Significa subire una disfatta, restare delusi da qualcosa che non si è ottenuto, ritirarsi umiliati per non aver raggiunto il proprio obiettivo. È l’espressione con le pive nel sacco: essa si lega sempre a verbi di movimento. In italiano diciamo “andarsene con le pive nel sacco” oppure “ritirarsi con le pive nel sacco”.

Origine del modo di dire: partiamo dalle “pive”

Prima di giungere a spiegare l’origine di questo modo di dire, è corretto fare un passaggio sul termine pive. E’ una parola che poco avremmo sentito. O per lo meno è un termine che raramente abbiamo avuto modo di pronunciare, fatta eccezione per la formula che stiamo analizzando.

La parola “pive” indica in senso ampio qualunque tipo di cornamusa.

In senso più stretto, poi, con pive si indica il piffero o il gruppo di pifferi.

In ogni caso, in linea generica, quando diciamo “pive” ci riferiamo a un gruppo di vari strumenti musicali a fiato.

Militari suonatori di cornamuse durante una manifestazione di paese
Militari suonatori di cornamuse durante una manifestazione di paese

Quando le pive restano nel sacco: 1ª versione

La prima e probabilmente più accreditata spiegazione del modo di dire “con le pive nel sacco” deriverebbe da una usanza militare.

In caso di vittoria militare, infatti, accadeva che un componente deputato del battaglione suonasse la tromba o la cornamusa. Lo faceva, in particolare, durante la marcia di trionfo.

Quando allora le pive restavano nel sacco?

Per la sconfitta.

In quel caso, infatti, l’esercito battuto si ritirava in pieno silenzio senza suonare gli strumenti musicali. Le pive, a quel punto, restavano nelle apposite custodie, nei sacchi.

Oltre lo scenario militare: 2ª versione

Esiste anche una seconda versione in merito alla spiegazione del modo di dire “con le pive nel sacco” : è una lettura di questo modo di dire che non ha a che fare con i soldati, vincenti o perdenti che siano.

Lo scenario è quello – molto più accogliente e pacifico – del Natale; i protagonisti sono gli zampognari.

Durante le festività natalizia, come uso ancora in alcune zone del Paese, gli zampognari girano per le strade suonando cornamuse per raccogliere denaro, casa per casa.

Zampognari durante il periodo natalizio
Zampognari durante il periodo natalizio

Anticamente questa usanza prevedeva che i cittadini ricambiassero non solo con denaro, ma anche con cibo o vestiti, che venivano ceduti ai suonatori dentro sacchi di iuta.

Succedeva che solo quando il sacco era semivuoto lo zampognaro avesse lo spazio per riporre lo strumento.

Anche lui, deluso di quanto poco avesse ottenuto col suo giro, se ne tornava a casa … con la piva nel sacco.

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Il pandoro e le sue origini https://cultura.biografieonline.it/origini-del-pandoro/ https://cultura.biografieonline.it/origini-del-pandoro/#comments Fri, 11 Dec 2020 18:19:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5458 Il pandoro è un dolce veronese e, insieme al panettone, è uno dei dolci che possiamo gustare sulle tavole durante le festività natalizie. Questo dolce soffice e dorato ha forma di tronco di cono ed i suoi contorni sono a forma di stella originariamente a otto punte, il cui design è opera del pittore Angelo Dall’Oca Bianca (Verona, 31 marzo 1858 – Verona, 18 maggio 1942).

Il Pandoro
Il Pandoro

Gli ingredienti

Fra gli ingredienti per la preparazione del pandoro troviamo: farina, zucchero, uova, burro, burro di cacao e lievito. La ricetta tradizionale non prevede la guarnizione con creme o canditi, ma è comunque possibile apprezzarlo nelle varianti proposte: farcito con crema pasticcera o crema di cacao e nocciole, ricoperto di cioccolato o zucchero a velo, quest’ultimo inserito nelle confezioni, da cospargere sul pandoro al momento dell’apertura della confezione. È inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Origini storiche del pandoro di Verona

Pandoro decorato

Vi sono alcune versioni sulla sua origine: una di queste narra che derivi dal cosiddetto “pan de oro”, servito sulle tavole dei nobili veneziani, ricoperto di sottili foglie d’oro zecchino. Intorno al 1800 il pandoro nasce dall’evoluzione dell’antenato “Nadalin”, un dolce creato nel 1200 e tipico dei natali veronesi. Un’altra versione indica che l’impasto morbido fu importato da Vienna, derivato dall’impasto delle brioches prodotte per la Casa d’Asburgo, una delle più antiche famiglie reali in Europa. La nascita ufficiale del pandoro risale al 14 ottobre 1894 quando Domenico Melegatti, fondatore dell’omonima industria dolciaria, ne deposita il brevetto.

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Chi ha inventato le luci di Natale? https://cultura.biografieonline.it/luci-di-natale/ https://cultura.biografieonline.it/luci-di-natale/#comments Wed, 09 Dec 2020 10:47:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20565 Le luci di Natale

Il periodo natalizio porta con sé svariate tradizioni. Una di queste è quella di illuminare il nostro Natale. In questo periodo dell’anno è piacevole rimanere incantati nell’osservare le luci di Natale e i giochi che producono. Esse rendono scintillanti le nostre case, i nostri giardini, le nostre strade. Un Natale di luce e calore.

Luci di Natale
Luci di Natale

L’invenzione delle luci di Natale

Un tempo, però, gli addobbi che si utilizzavano erano costituiti da nastri, ghirlande, fiocchi, candeline e piccoli frutti. Utilizzato come pianta decorativa già molto prima dell’avvento del Natale cristiano, era anche l’agrifoglio. A questi ornamenti se ne aggiunse un altro, più… lucente.

Nel 1882, Edward Hibberd Johnson, inventore e socio in affari di Thomas Edison, ebbe l’idea di attorcigliare un filo di lampadine colorate intorno al suo albero di Natale. Erano 80 lampadine rosse, bianche e blu delle dimensioni di una noce. Era il 22 dicembre 1882 e l’albero era quello nella sua casa a New York. La storia è stata riportata nel giornale Detroit Post and Tribune da un reporter di nome William Augustus Croffut.

Edward Hibberd Johnson
Edward Hibberd Johnson, il padre delle luci di Natale

Scriveva Croffut: “Ieri sera mi avvicinai al di là della Fifth Avenue, chiamato presso la residenza di Edward H. Johnson, vice presidente della Edison’s Electric Company. C’era, nella parte posteriore dei bellissimi saloni, un grande albero di Natale, che presentava un aspetto più pittoresco e sconcertante. Era brillantemente illuminato con molte sfere colorate grandi come una noce inglese. (…) C’erano ottanta luci in tutto, racchiuse in queste uova di vetro delicate, quasi equamente divise tra i colori bianco, rosso e blu. (…) Non ho bisogno di dirvi che il sempreverde scintillante è stato un bello spettacolo, difficilmente si può immaginare qualcosa di più bello”.

Le prime luci di Natale
Foto scattata il 25 dicembre 1882 che mostra l’albero di Natale di Edward Hibberd Johnson

Le prime luci di Natale

Da quel momento in poi, le luminarie sono entrate a far parte delle tradizioni natalizie. Non solo l’albero di Natale, ma anche le strade, gli esterni e gli interni delle case, sono resi scintillanti da ghirlande di luci di ogni colore, che rendono l’atmosfera più calda e festosa. Nel 1895, il presidente degli Stati Uniti Grover Cleveland sfoggiò il primo albero illuminato elettricamente alla Casa Bianca, con più di cento luci multicolori.

Le prime luci di Natale destinate ad essere commercializzate, furono fabbricate dalla Edison General Electric Company di Harrison, in New Jersey. Apparvero sulle riviste americane per la prima volta nel numero di dicembre del 1901 della rivista Ladies’ Home Journal.

Casa con luci di Natale

Grazie a Edward Hibberd Johnson, quindi, il Natale, oltre che ad essere bianco, magico, gioioso (ma per alcuni anche malinconico), è diventato anche luminoso, luccicante, scintillante!

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Canto di Natale, di Charles Dickens: storia, riassunto e commento https://cultura.biografieonline.it/canto-di-natale-di-charles-dickens/ https://cultura.biografieonline.it/canto-di-natale-di-charles-dickens/#comments Sun, 06 Dec 2020 08:26:22 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1605 A Christmas Carol

Il suo titolo originale inglese è “A Christmas Carol”. Conosciuto in italiano come “Il Canto di Natale”, uscì per la prima volta nel 1843. Fa parte della raccolta di racconti “The Christmas Book” (“Libri di Natale”), opera di Charles Dickens (1812-1870).

Fu pubblicato da Chapman and Hall, in edizione di lusso, con rilegatura rigida di velluto rosso a bordi dorati, e le illustrazioni di John Leech, vignettista della rivista satirica Punch, dichiaratamente rivoluzionario.

Il 24 dicembre 1843, nonostante fosse in libreria da pochi giorni e avesse un costo elevato, il racconto aveva venduto 6.000 copie, un vero record per l’epoca.

Canto di Natale: riassunto

A Christmas Carol” è la storia fantastica, suddivisa in cinque parti, di Ebenezer Scrooge, un ricco e avaro uomo d’affari, che disdegna tutto ciò che non sia legato al guadagno e al denaro.

La vigilia di Natale, irritato dalle festività, perché secondo lui portano ozio e un inutile dispendio di soldi, rifiuta in malo modo di fare un’offerta per i poveri, fa lavorare fino a tardi il suo impiegato, al quale concede una paga misera, caccia il figlio di sua sorella, che era venuto per invitarlo al pranzo di Natale, e per la strada risponde sgarbatamente agli auguri che gli vengono rivolti.

Quando arriva davanti alla porta della sua casa deserta, sul battente della porta gli appare lo spettro del suo defunto socio, Jacob Marley. Questi lo ammonisce sulla sua condotta di vita, e lo invita a ravvedersi per non essere costretto a vagare come lui per l’eternità, portandosi appresso il peso delle catene che si era guadagnato con la sua aridità e brama di denaro.

Per questo a Scrooge faranno visita tre Spiriti, nell’ordine, lo Spirito del Passato, lo Spirito del Presente e lo Spirito del Futuro.

Spirito del Passato

Lo Spirito del Passato lo riporta indietro, quando Scrooge, da bambino, era stato mandato dal padre in collegio. E poi la premura di sua sorella, il lavoro presso il bonario Fezziwig e l’amore per Bella. Scrooge aveva rinunciato a tutti gli affetti per dedicarsi solo a farsi una posizione guadagnando denaro.

Spirito del Presente

Lo Spirito del Presente gli mostra come la gente intorno a lui si stia preparando al Natale, l’atmosfera di festa, di gioia, di amore. Quella che era stata la sua fidanzata è sposata e felice; il suo impiegato è povero ma ha una famiglia unita; suo nipote pranza insieme a parenti e amici, e lo sta prendendo in giro per la sua avidità. Tutti ridono di lui.

Spirito del Futuro

Lo Spirito del Futuro gli fa vedere cosa succede alla morte di un signore ricco, di cui non si sa il nome. Nessuno lo visita, nessuno vuole andare al funerale, i servi si dividono le sue poche cose, l’azienda e la casa sono vendute. Alla fine lo Spirito gli mostra la lapide al cimitero con il nome “Ebenezer Scrooge”.

A questo punto Scrooge capisce che ha sbagliato tutto nella vita, e si ravvede. Il giorno di Natale è finalmente Natale anche per lui, così che dispensa regali e sorrisi e auguri ai passanti, al suo impiegato, a suo nipote e al mondo intero.

(Canto di Natale), A Christmas Carol di Charles Dickens
A Christmas Carol (Canto di Natale), la prima edizione del 1843

Commento

In genere, il racconto viene considerato una morality in pieno stile medievale, per il simbolismo religioso e l’atmosfera da melodramma. In realtà, Dickens affronta tematiche sociali, attaccando le classi alte, il lavoro minorile in fabbrica (che lui stesso aveva dovuto sopportare, perché costretto dal padre), la povertà. Per fare ciò, si serve di una struttura da dramma teatrale, suddivisa in cinque parti, che è da considerarsi lo sviluppo dei famosi Pickwick Papers, scenette condite da personaggi che assumeranno forme definite nei romanzi successivi. Hanno inoltre influito il gusto picaresco dell’autore, lettore appassionato di Henry Fielding, la struttura del dramma, e l’atmosfera gotica.

Curiosità

Numerosi sono stati gli adattamenti, da quelli fumettistici, come il celebre “Canto di Natale” di Topolino, a quelli cinematografici, a partire dalla versione muta del 1911, e a quella del 1951, resa celebre da Alistair Sim. L’ultimo film risale al 2009, ed è stato realizzato in animazione digitalizzata in 3D, con il supporto di veri attori: Ebenezer Scrooge è stato interpretato dall’attore Jim Carrey.

Da menzionare anche una versione radiofonica sull’emittente CBS Campbell Playhouse, che risale al 24 dicembre 1939. Ad interpretarlo Lionel Barrymore, che aveva recitato “A Christmas Carol” alla radio la prima volta nel 1934. La voce narrante e la produzione erano di Orson Welles, insieme con il Mercury Theatre Group. Le musiche furono composte e dirette da Bernard Herrmann.

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L’agrifoglio di Natale https://cultura.biografieonline.it/agrifoglio-di-natale/ https://cultura.biografieonline.it/agrifoglio-di-natale/#comments Thu, 28 Nov 2013 15:43:43 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8802 L’Agrifoglio, il cui nome latino è Ilex aquifolium, noto anche come Aquifoglio, Alloro spinoso o Pungitopo maggiore, è una pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Aquifoliaceae, originario dell’Asia occidentale e dell’Europa. Il suo nome deriva dal latino acrifolium, da acer, acuminato, e folium, foglia, ovvero “specie d’albero dalle foglie spinose”.

Agrifoglio
Agrifoglio di Natale

Caratteristiche

L’agrifoglio può raggiungere, in condizioni favorevoli, l’altezza di 10-20 metri; vi sono anche agrifogli di dimensioni più contenute che sono strutturati come arbusti. La sua chioma è a forma di piramide, la corteccia liscia e grigia ed i rami sono di colore verdastro; le sue foglie sono di un verde scuro lucente, con i bordi a volte di color bianco, crema o giallo, che creano un gradevole contrasto. Il loro margine spinoso è una delle caratteristiche che lo distinguono.

Foglie di agrifoglio
Cinque diverse foglie di agrifoglio provenienti dalla stessa pianta: da ovali a spinose

Le foglie giovani che si trovano nella parte bassa della pianta sono munite di spine acuminate ed hanno un margine ondulato, mentre le foglie nella parte alta dell’arbusto si presentano di forma ovale senza spine.

Alcuni studi effettuati hanno evidenziato che rendere più pungenti alcune foglie è un modo per la pianta di difendersi dagli animali. Una ricerca pubblicata sulla rivista Botanical Journal of the Linnean Society ritiene che le variazioni di forma delle foglie sullo stesso albero sarebbero il risultato della risposta molecolare alla pressione ambientale data dagli animali che si avvicinano alla pianta.

Fiori di agrifoglio
Fiori di agrifoglio

 

I suoi frutti sono delle bacche polpose di colore rosso vivo, velenose per l’uomo, ma particolarmente gustose per gli uccelli, mentre i fiori sono piccoli, bianchi o rosati e si presentano a grappoli all’ascella delle foglie.

Anime gemelle

L’agrifoglio è una pianta dioica: gli organi riproduttivi maschili e femminili non si trovano sulla stessa pianta; i gameti maschili e femminili vengono prodotti su due piante diverse. Per far in modo che una pianta dioica femminile produca dei frutti è quindi indispensabile la presenza di una pianta che possiede fiori maschili in grado di produrre polline, che verrà poi trasportato ad una pianta femminile, per esempio tramite il vento o gli insetti. L’agrifoglio ha quindi bisogno dell’anima gemella per far nascere i suoi vermigli frutti. Solo i fiori femminili produrranno bacche tonde di colore rosso, le drupe. Un agrifoglio pieno di bacche sarà quindi un esemplare femminile, nei cui pressi si trovava anche un esemplare maschile.

Bacche di agrifoglio
Bacche di agrifoglio

Leggende e tradizioni

L’agrifoglio racchiude in sé i tipici colori del Natale; in inverno con il vivace colore verde scuro del suo fogliame ed il rosso acceso delle sue bacche, spicca nel grigiore delle piante che lo circondano, infondendo vitalità ed allegria. Utilizzato come pianta decorativa già molto prima dell’avvento del Natale cristiano, leggende e tradizioni identificano l’agrifoglio come un prezioso portafortuna.

L’essere sempreverde lo rende una pianta simbolo di eternità, mentre le sue foglie acuminate richiamano il significato di aggressività, caratteristica essenziale per poter allontanare gli spiriti maligni, secondo le tradizioni di Romani e Druidi (sacerdoti degli antichi popoli celtici), ma anche di Greci ed Etruschi. Le pungenti foglie simboleggiano la difesa da tutto ciò che è pericoloso ed ostile.

Ritenuta una pianta dalle proprietà magiche, l’agrifoglio veniva indossato tra i capelli durante i riti sacrificali come portatore di buon auspicio ed era utilizzato durante ogni festività, appeso fuori dalla porta delle abitazioni, come decorazione interna per onorare gli spiriti della foresta e regalato in rametti alle persone amate.

Agrifoglio innevato
Agrifoglio innevato

Durante la festa celtica di Yule, al solstizio d’inverno, veniva celebrata la rinascita del Sole, che era simbolicamente rappresentata come una lotta tra la quercia estiva e l’agrifoglio invernale. Come anche nei Saturnali romani (festività della religione romana), le bacche scarlatte rappresentavano la prosperità durante il cupo inverno, il ritorno della luce dopo le tenebre, il calore dopo il gelo ed un vero portafortuna per l’anno che doveva venire. Dalla festa di Yule, deriverebbe l’uso decorativo dell’agrifoglio e del vischio nel Natale cristiano, come simbolo del perdurare della vita durante l’oscurità ed il freddo invernale. Secondo la tradizione cristiana però, le foglie pungenti di agrifoglio ricondurrebbero alla corona di spine di Cristo, i frutti rossi al suo sangue, i fiori bianchi alla purezza della Madonna.

Tossicità

Alcuni componenti dell’agrifoglio, come i glucosidi, sono tossici per l’organismo umano: sia le bacche che le foglie, se ingerite, possono causare gravi intossicazioni, con conseguenti danni al sistema nervoso, al cuore, all’apparato gastro-intestinale ed ai reni.

Pungi… topi

In assenza di elettrodomestici per la conservazione dei cibi, i rametti di agrifoglio, come quelli di pungitopo (Ruscus aculeatus), venivano anticamente posti attorno alle provviste nelle dispense, per salvaguardarle dai topi che, se punti, avrebbero rinunciato al bottino. L’agrifoglio viene infatti chiamato anche “Pungitopo maggiore”.

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San Nicola https://cultura.biografieonline.it/san-nicola/ https://cultura.biografieonline.it/san-nicola/#respond Sun, 24 Feb 2013 14:26:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=6227 La fama di San Nicola è universale, a lui sono dedicate in tutto il mondo opere d’arte, monumenti e chiese. Le informazioni certe sulla sua vita non sono tante. Appartenente ad una ricca famiglia, Nicola nasce a Patara di Licia, una regione che corrisponde all’attuale Turchia, il 15 marzo dell’anno 270.

San Nicola
San Nicola

Fin da piccolo Nicola mostra spirito caritatevole e generosità verso gli altri. Tali doti lo favoriscono nella nomina a Vescovo di Myra.

Una volta eletto, la tradizione racconta che Nicola comincia a fare miracoli. Naturalmente questi episodi prodigiosi non sono stati documentati, quindi può trattarsi di fatti realmente accaduti ma “conditi” da elementi di fantasia.

Si narra che San Nicola abbia resuscitato tre giovani morti e placato una terribile tempesta di mare. Perseguitato per la fede, imprigionato ed esiliato sotto l’imperatore Diocleziano, riprende l’attività apostolica nel 313, quando viene liberato da Costantino.

Secondo le fonti del periodo nel 325 Nicola partecipa al Concilio di Nicea. Durante l’assemblea, Nicola pronuncia dure parole contro l’Arianesimo a difesa della religione cattolica. La data ed il luogo della morte di San Nicola non sono sicure: forse a Myra il 6 dicembre 343, nel Monastero di Sion.

Il culto di San Nicola è presente nella religione cattolica, nella Chiesa ortodossa e in altre confessioni facenti capo al Cristianesimo. La sua figura è legata al mito di Santa Claus (o Klaus) che in Italia è Babbo Natale, l’uomo barbuto che porta i doni ai bimbi sotto l’albero di Natale. Dopo la morte di San Nicola, le  reliquie rimangono fino al 1087 nella Cattedrale di Myra.

Poi, quando Myra viene assediata dai musulmani, le città di Venezia e Bari entrano in competizione per impossessarsi delle reliquie del Santo e portarle in Occidente. Sessantadue marinai di Bari organizzano una spedizione marittima, riescono a trafugare una parte dello scheletro di San Nicola e la portano nella loro città, l’8 Maggio del 1087.

Le reliquie vengono poste provvisoriamente in una chiesa, in seguito viene costruita la Basilica in onore del Santo. Il Papa Urbano II depone i resti del Santo sotto l’altare. Ben presto la Basilica diventa un punto di incontro tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente. Nella cripta della Basilica, ancora oggi, si celebrano riti orientali ed ortodossi.

Da allora il 6 dicembre (data della morte di San Nicola) e il 9 maggio (data dell’arrivo delle reliquie in città) diventano giorni festivi per la città di Bari. Nicola di Myra diventa quindi “Nicola di Bari”.

Anche Venezia custodisce alcuni frammenti appartenenti a San Nicola che i baresi non sono riusciti a portarsi via. Nel 1099-1100 i Veneziani arrivano a Myra con l’intento di portar via le reliquie del Santo contese con Bari. I pochi resti rinvenuti vengono custoditi all’interno della Abbazia di San Nicolò del Lido.

San Nicolò viene proclamato protettore dei marinai e della flotta navale della Serenissima.

San Nicola è considerato il Protettore di pescatori, marinai, farmacisti, bottai, profumieri, ragazze in età da marito, scolari, vittime di errori giudiziari, avvocati, commercianti e mercanti.

In alcuni Paesi europei il culto di San Nicola è assai diffuso: Svizzera, Austria, Belgio, Francia, Repubblica, Germania.

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