Miti Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sun, 10 Nov 2024 09:51:35 +0000 it-IT hourly 1 Il mito della caverna di Platone https://cultura.biografieonline.it/mito-della-caverna-platone/ https://cultura.biografieonline.it/mito-della-caverna-platone/#respond Sun, 10 Nov 2024 09:51:33 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=36047 Il mito della caverna è uno dei miti di Platone più famosi in assoluto. Esso fa parte del libro VII de La Repubblica, un’opera filosofica in forma dialogica che ha come tema centrale la giustizia e come protagonista Socrate. Il mito è sicuramente uno dei testi fondamentali della cultura occidentale. Da esso sono partite tante correnti di pensiero e interpretazioni che arrivano fino ai giorni nostri.

Illustrazione che spiega l'allegoria del mito della caverna di Platone
Illustrazione che spiega l’allegoria del mito della caverna di Platone

Come è fatta la caverna

Socrate racconta a Glaucone il mito della caverna proprio all’inizio del VII libro. Egli gli chiede di immaginare che alcune persone vivano, dalla nascita, in una caverna, incatenate mani e piedi senza neanche muovere il collo. Esse non vedono l’apertura perché non possono girarsi e sono rivolte verso la parete di fondo.

Alle loro spalle c’è un fuoco che fa luce. A separarli c’è un piccolo muretto. Lungo il muro altri uomini portano oggetti, persone e piante la cui ombra viene proiettata nella parete difronte. Qualunque persona si trovi a passare per la caverna si potrebbe accorgere che si tratta di semplici ombre. I prigionieri invece non lo sanno e pensano che le ombre che vedono, siano in realtà oggetti reali.

La scoperta del mondo esterno

Se uno di questi uomini venisse liberato, innanzitutto sarebbe accecato dalla luce proveniente dall’apertura, che lui però non ha mai visto. Una volta passata questa sensazione, inizierebbe a guardare le ombre delle cose, i riflessi e poi tutto il resto: i paesaggi, il cielo, la natura. Così capirebbe che il mondo non è quello che lui e i suoi compagni erano abituati a vedere.

Dopo essersi reso conto della situazione in cui si trovava precedentemente, sarebbe tornato nella caverna per raccontare ai compagni la sua verità, con lo scopo di liberarli.

Gli altri prima si mostrerebbero increduli poi, addirittura, lo prenderebbero in giro, fino a volerlo uccidere, deridendolo per il suo assurdo racconto.

Mito della caverna: spiegazione

Dopo aver terminato il racconto, Socrate spiega a Glaucone il significato del mito.

Esso è un’allegoria della situazione che, secondo Platone, vivono gli uomini e della scoperta della realtà delle cose.

La caverna rappresenta la prigione, cioè il mondo conoscibile, tutto ciò che si trova intorno agli uomini.

Nella caverna è difficile vedere il sole, che rappresenta il bene; esso però brilla all’esterno della caverna. Gli uomini secondo Platone, sono quindi tenuti prigionieri e costretti ad osservare solo le ombre delle cose, che invece si trovano all’esterno.

Il prigioniero liberato è il filosofo che, attraverso un percorso lungo e complesso, riesce a vedere la realtà delle cose ma non viene accettato dagli altri al suo ritorno nella caverna. Il filosofo, infatti, è l’unico in grado di governare sugli altri con giustizia.

La teoria filosofica dietro il mito

Platone si riferisce al processo che Socrate subì. Il mito della caverna infatti è la metafora della vita del filosofo che conobbe la verità, ma venne ucciso per averla raccontata a tutti gli uomini.

Inoltre, secondo Platone, il mondo che noi percepiamo è soltanto una copia, una rappresentazione mentale di quello perfetto, il mondo delle idee – che sono immutabili e possono essere conosciute solo dai filosofi.

Il filosofo quindi ha un ruolo fondamentale all’interno della società.

Interpretazioni

Il mito della caverna è uno dei più famosi della cultura occidentale e l’idea della liberazione dalle catene, così come della conseguente conoscenza della realtà, ha sempre fatto parte delle tematiche più importanti di tutte le arti.

Ci sono state molteplici rappresentazioni in chiave moderna del mito, soprattutto in campo cinematografico

Basti pensare a due film cult:

Nel primo, il protagonista  sembra vivere una vita apparentemente normale. In realtà poi scopre che si trattava di uno show televisivo di cui lui era l’inconsapevole protagonista.

Ascoltami Truman, là fuori non troverai più verità di quanta non ne esista nel mondo che ho creato per te… le stesse ipocrisie, gli stessi inganni; ma nel mio mondo tu non hai niente da temere.

Christof, dal film “The Truman Show”

Nella saga di Matrix, gli uomini vengono sfruttati dalle macchine, credendo di vivere liberamente, quando in realtà il mondo non esiste più da un centinaio di anni ed essi si trovano in una condizione di prigionia.

Il mito della caverna, quindi, non è soltanto un racconto di liberazione di un prigioniero ma il fondamento della cultura europea, che ha spinto letterati e filosofi ad interrogarsi sempre di più sulla vita umana.

caverna

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Giasone e il vello d’oro spiegato bene https://cultura.biografieonline.it/giasone-vello-oro/ https://cultura.biografieonline.it/giasone-vello-oro/#comments Tue, 23 Apr 2024 05:44:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14795 Figlio di Esone, ma dalla madre incerta, Giasone è di Iolco e appartiene alla discendenza di Eolo. A Iolco c’è Pelia, zio di Giasone, che ha usurpato il regno ad Esone e governa al posto suo. Un’altra versione del racconto mitologico “Giasone e il vello d’oro” ritiene invece che questi sia stato investito della “reggenza” fino a quando Giasone non fosse in grado di regnare a tutti gli effetti.

Giasone e il vello d'oro
Giasone e il vello d’oro

La storia di Giasone

Intanto il giovane Giasone cresce sotto la guida del Centauro Chirone, dal quale apprende con passione ed entusiasmo la disciplina medica. Una volta diventato adulto, Giasone torna nel suo paese natio indossando abiti piuttosto bizzarri, con una lancia in mano ed un piede sprovvisto di calzare. Mentre lo zio Pelia è intento ad offrire sacrifici agli Dei nella piazza del paese, Giasone irrompe e lo fa spaventare.

L’uomo era stato avvisato da un oracolo che sarebbero arrivate sventure per conto di un uomo con un piede privo di calzare. Giasone reclama il trono che spetta a suo padre Esone ma Pelia gli dice che sarà disposto a cederglielo soltanto a patto che il nipote gli riporti il magico vello d’oro, la pelle di ariete dorato che re Eeta custodisce nella Colchide.

Il sovrano a sua volta aveva ricevuto il vello d’oro in dono da Frisso. Per riuscire nell’impresa, che si prospetta alquanto ardua, Giasone si avvale dell’aiuto di un gruppo di eroi, gli Argonauti, con i quali parte a bordo della nave Argo. Il gruppo di eroi è formato da: Ila, Eracle, Zete e Calaide, Filottete, Meleagro, Telamone, Polluce e Castore, Orfeo, Peleo, Mopso, Idmone, Eufemo ed Issione. Il re Eeta dice a Giasone di cedergli il vello d’oro a condizione che superi tre difficili prove.

Argonauti
La spedizione degli argonauti (1484 – 1490) • Museo degli Eremitani, Padova • Quadro di Lorenzo Costa (Ferrara, 1460 – Mantova 1535)

Appena apprende l’entità delle prove Giasone si scoraggia parecchio, ma ecco che intervengono le divinità ad aiutarlo. In particolare, Afrodite chiede a suo figlio Eros di fare innamorare di Giasone la figlia del re Eeta, di nome Medea, in modo che questa lo aiuti a portare a termine la sua impresa.

Le tre prove

Ecco quali sono le prove che Giasone deve superare per conquistare il vello d’oro.

Prova I

La prima prova cui Giasone viene sottoposto consiste nell’arare un campo di grano con l’ausilio di due tori che emanano fiamme dalle narici con le unghia di bronzo e nell’aggiogare lo strumento. Medea, innamoratasi di lui per intercessione del dio dell’amore Eros, dà a Giasone una pomata che lo rende impermeabile alle fiamme ardenti lanciate dai terribili animali.

Prova II

La seconda prova consiste nel seminare i denti di un drago all’interno di un campo appena arato. I denti dell’animale avrebbero generato, con i germogli, una vera e propria armata di guerrieri. Ancora una volta l’aiuto di Medea è provvidenziale per il superamento della prova: la donna lancia un sasso in mezzo ai guerrieri che, non sapendo da dove arriva, si scontrano l’uno con l’altro, uccidendosi reciprocamente.

Prova III

La terza prova vede Giasone impegnato ad uccidere il drago messo a custodia del vello d’oro. Medea fornisce all’amato una pozione ricavata da alcune erbe che fa addormentare il drago e dà la possibilità a Giasone di appropriarsi dell’ambito vello.

Giasone - Il drago e il vello d oro
Giasone e la terza prova: uccidere il drago che protegge il vello d oro

Una volta recuperato il vello, Giasone fugge a bordo della nave Argo insieme a Medea, che intanto ha rapito il fratello minore Apsirto. Poiché Eeta si è messo sulle loro tracce, Medea uccide il fratellino e ne getta i resti in mare. Il re si ferma per raccoglierli perdendo così di vista l’imbarcazione che intanto procede nel suo viaggio.

La fine di Giasone

A punire il comportamento di Medea e Giasone interviene però Zeus, che per vendicare l’uccisione del piccolo Apsirto invia violente tempeste sulla rotta della Argo per farle perdere l’orientamento.

La restante vita di Giasone è raccontata come triste e solitaria, poiché innamorandosi di un’altra donna, attira su di sé l’ira e la vendetta di Medea.

L’uomo muore mentre si trova all’interno dell’Argo ormai obsoleta e fatiscente.

L’opera principale che racconta le imprese di Giasone è il poema epico “Le Argonautiche” dello scrittore Apollonio Rodio (risalente al III secolo a. C.).

Il personaggio di Giasone lo si trova anche nell’ottavo cerchio dell’Inferno della “Divina Commedia” di Dante Alighieri, quello in cui si trovano i fraudolenti (Canto VIII).

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Il mito di Amore e Psiche: spiegazione, riassunto e commento https://cultura.biografieonline.it/amore-psiche-mitologia/ https://cultura.biografieonline.it/amore-psiche-mitologia/#comments Tue, 26 Mar 2024 06:09:44 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20532 Il mito di Amore e Psiche è nato molti secoli fa ed ha avuto una grande diffusione soprattutto nell’epoca greco-romana. La prima testimonianza scritta, però, è quella presente nelle Metamorfosi di Apuleio.

Apuleio fu uno scrittore latino di origini africane che visse nel secondo secolo dopo Cristo.

La favola ebbe l’apice del successo soprattutto nell’età ellenistica.

La sua fama è durata nel tempo, attraverso i secoli. Basti pensare che sono numerosissime e vaste le rappresentazioni musicali, letterarie e artistiche ad essa dedicate.

Il mito di Amore e Psiche - mitologia - Cupido - Eros

Riassunto della storia: Amore e Psiche, il mito

Amore e Psiche è una storia d’amore tra Psiche, una fanciulla bellissima che però non riesce a trovare marito, e Amore, il figlio della dea della bellezza Venere.

La dea, infatti, gelosa della bellezza della ragazza che stava oscurando la propria, invia il figlio Amore (detto anche Eros o Cupido) a scoccare una freccia per far innamorare di lei l’uomo più brutto della terra. Cupido, però, sbaglia la mira e si punge, innamorandosi perdutamente della fanciulla.

Nel frattempo i genitori di lei, per risolvere il problema della ricerca del marito, la portano da un oracolo che gli consiglia di lasciare Psiche ai bordi di una rupe e aspettare che venga presa dal vento Zefiro, che avrà cura di consegnarla al futuro marito.

Psiche viene trascinata così in un palazzo e, piena di paura, attende la notte e l’arrivo del suo sposo. Non sa che, invece dell’uomo più brutto della terra, è andata in sposa al dio Amore.

I due vivono una grande passione che si consuma però solo di notte, in quanto Cupido non vuole far sapere nulla alla madre Venere per non scatenare la sua ira.

Psiche, istigata dalle sorelle, ha la curiosità di vedere in volto il suo sposo. Ella non l’ha mai visto perché questi arriva soltanto di notte. Munita di una lampada ad olio, una notte decide di illuminare il viso di Cupido. Con una goccia di olio bollente, lo ustiona e lo fa svegliare. Egli, deluso per la troppa curiosità di Psiche, scappa via.

Le prove di Psiche

La ragazza tenta il suicidio, ma le viene impedito di morire dagli dei. Inizia così a vagare di città in città, alla ricerca del suo Amore perduto. Ad un certo punto, si imbatte in un tempio di Venere, dove decide di fermarsi per placare le ire della dea.

Venere decide di sottoporla a numerose prove, che hanno come premio finale il ritorno del suo amato Cupido.

  1. La prima prova consiste nel suddividere un grande mucchio di grano in tante parti diverse. Essa non tenta di superare la prova ma, mentre piange sconfortata, viene aiutata da alcune formiche nel lavoro.
  2. La seconda prova è forse ancora più complicata della prima. Psiche deve recuperare la lana di alcune pecore dal vello d’oro. Ingenuamente, essa si avvicina a loro ma viene avvertita da un cane parlante che è meglio non provare a toccarle di giorno, perché sono delle belve terrificanti. Grazie al consiglio del cane, Psiche si reca di notte a recuperare la lana che è rimasta incastrata tra gli arbusti.
  3. L’ultima prova è la più difficile. Psiche viene costretta a scendere agli inferi per recarsi dalla dea Proserpina, che le darà una boccetta della sua bellezza. Al ritorno, però, in preda alla curiosità, apre l’ampolla e cade in un sonno profondo.

A questo punto Amore arriva in suo aiuto.

Egli chiede a Zeus, il padre degli dei, di poterli riunire per sempre.

Dopo tutte queste prove, i due innamorati sono finalmente liberi di amarsi, questa volta per l’eternità.

Commento

Il mito di Amore e Psiche è stato molto amato e studiato nel corso di tutte le epoche storiche.

Diverse sono state le interpretazioni.

Su tutte bisogna ricordare la seguente

Amore sarebbe la rappresentazione del desiderio del piacere e Psiche (che in greco significa “anima” e anche “farfalla“) quella dell’anima.

Altre interpretazioni, anche religiose, si sono susseguite nel corso dei secoli.

Il mito è stato di ispirazione ai più grandi letterati, poeti e artisti.

Si pensi alla favola (Les Amours de Psyché et Cupidon) che ne trasse Jean de La Fontaine, poeta e scrittore francese che visse alla corte del Re Sole (Luigi XIV) nel 1600.

Diverse sono poi le versioni romanzate, impossibili da nominare tutte perché numerosissime.

Tra queste, anche molte scritte da autori italiani, come Raffaele La Capria (1973).

amore e psiche antonio canova
Il mito di Amore e Psiche: la scultura di Antonio Canova è una delle più celebri sculture al mondo e una delle più rappresentative dell’intera storia dell’Arte.

La celebre scultura

Artisticamente non si può non ricordare l’opera omonima, la scultura Amore e Psiche, di Antonio Canova, attivo tra il XVIII e il XIX secolo. Oggi conservata al Louvre, è una delle sculture tra le più ammirate e fotografate, non solo del museo parigino ma forse dell’Europa intera.

Quadri, libri, opere liriche e persino fumetti sono stati dedicati alla grande storia d’amore tra Amore e Psiche, che è in grado di affascinare il lettore oggi, come allora.

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Le 12 fatiche di Ercole https://cultura.biografieonline.it/ercole-12-fatiche/ https://cultura.biografieonline.it/ercole-12-fatiche/#comments Fri, 24 Nov 2023 11:52:47 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=22264 Le 12 fatiche di Ercole, detto Eracle in greco, sono delle storie che fanno parte della mitologia greca. Si ipotizza che siano state unite in un unico racconto chiamato L’Eracleia dall’autore Pisandro di Rodi, intorno al 600 a.C. Purtroppo però nulla si sa di certo perché questo testo è andato perduto. Certamente sappiamo che le storie sono state tramandate oralmente e sicuramente in un primo momento in maniera distinta. Esse raccolgono tutte quelle imprese che l’eroe Ercole ha dovuto compiere per espiare il peccato di aver ucciso sua moglie e i suoi figli durante un attacco d’ira. Tale condizione fu scatenata dalla dea Era per gelosia nei suoi confronti.

Ercole - Eracle - Dodici fatiche - Leone di Nemea - 12 fatiche di Ercole
Illustrazione: Ercole sconfigge il Leone di Nemea nella prima delle sue dodici fatiche. Esiste anche un riferimento astrologico con la Costellazione del Leone.

La nascita di Ercole

Ercole nacque da una relazione tra sua madre Alcmena, moglie di Anfitrione re di Tirinto, e Zeus, re degli dei. Quest’ultimo si innamorò della fanciulla e, per possederla, decise di assumere le sembianze del marito per una notte, così da potersi introdurre nel suo letto senza destare sospetti. Da questa relazione nacque Eracle, chiamato poi Ercole nella mitologia romana. Era, la moglie di Zeus, era molto gelosa del bambino che suo marito aveva avuto da un’altra donna e per questo rese la vita impossibile al fanciullo sin da quando aveva una tenera età. Mise due serpenti velenosi nella culla del bambino, che però fu così forte – la forza è la caratteristica principale dell’eroe Eracle – che riuscì ad ucciderli.

L’Oracolo di Delfi

L’ira di Era non si placò nel corso degli anni, anzi restò sempre vivida: fu a causa sua che l’eroe ebbe un attacco di rabbia e, in preda a questo sentimento, uccise la moglie Megara e i loro otto figli. Dopo questo evento, egli volle suicidarsi ma il suo amico Teseo e il re Tespio lo convinsero a recarsi presso l’oracolo di Delfi per purificarsi.

L’Oracolo consigliò all’eroe di mettersi al servizio del re di Argo, Micene e Tirinto, Euristeo. Egli fu colui che gli ordinò di eseguire le dodici fatiche, nell’arco dei dodici anni in cui sarebbe rimasto al suo servizio. Euristeo era però la persona che aveva usurpato il trono, posto che sarebbe invece spettato di diritto ad Ercole. L’eroe quindi provava un forte risentimento nei confronti di Euristeo. Se avesse superato queste prove, Eracle-Ercole avrebbe ottenuto l’immortalità.

Le 12 fatiche di Ercole: l’elenco

Le dodici imprese che Ercole dovette compiere sono nell’ordine:

  1. L’uccisione del leone di Nemea

    Eracle doveva cercare questo leone che terrorizzava la gente e che viveva nella zona compresa tra Micene e Nemea. Riuscì nell’intento strangolandolo con la forza delle sue mani. Con la pelle dell’animale (che aveva il dono dell’invulnerabilità) si cucì poi un mantello.

  2. L’uccisione dell’immortale Idra di Lerna

    Questo mostro, l’Idra di Lerna, era un serpente enorme che viveva in una palude. Aveva sette teste e non appena venivano recise, ricrescevano. Ercole riuscì a sconfiggerlo bruciando i tronconi da cui spuntavano le teste e schiacciandolo con un masso.

  3. La cattura della cerva di Cerinea

    La cerva era l’animale sacro ad Artemide, dea della caccia, e aveva il potere di incantare chiunque la inseguisse, conducendolo in luoghi dai quali non avrebbe più fatto ritorno. Ercole riuscì a condurre la cerva di Cerinea al re, ferendola leggermente. Euristeo rimase stupito della riuscita dell’impresa. Rimise poi la cerva in libertà per non far infuriare la dea Artemide.

  4. La cattura del cinghiale di Erimanto

    Ercole riuscì a catturare il feroce cinghiale di Erimanto che stava devastando la regione dell’Attica.

  5. Ripulire in un giorno le stalle di Augia

    Le stalle di Augia non venivano pulite da circa trent’anni. Ercole riuscì a portare a termine l’impresa in un solo giorno, deviando il corso di un fiume.

  6. La dispersione degli uccelli del lago Stinfalo

    Gli uccelli stavano devastando la regione del lago di Stinfalo cibandosi di carne umana. Erano uccelli mostruosi, con penne, becco ed artigli di bronzo. Con le loro penne che fungevano da dardi erano capaci di trafiggere mortalmente le loro vittime. Avevano inoltre un finissimo senso dell’udito. Ercole per sconfiggerli sfruttò proprio questa caratteristica. La dea Atena donò all’eroe delle potenti nacchere (o sonagli) di bronzo, il cui suono rese i mostruosi uccelli vulnerabili. Uccise così buona parte dello stormo utilizzando frecce avvelenate con il sangue dell’Idra di Lerna. Gli uccelli sopravvissuti invece volarono via per sempre.

  7. La cattura del toro di Creta

    L’eroe riuscì a catturare la terribile bestia, il toro di Creta, che stava creando molti problemi nell’isola. Vi riuscì grazie all’utilizzo di una particolare rete da lui costruita.

  8. Il rapimento delle cavalle di Diomede

    Le terribili cavalle di Diomede venivano nutrite con carne umana. Ercole riuscì a catturarle dopo aver ucciso il proprietario. Questi venne divorato dai suoi stessi animali.

  9. La presa della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni

    La richiesta relativa alla nona fatica di Ercole venne da Admeta, figlia di Euristeo. Ella desiderava la bellissima cintura d’oro della regina delle Amazzoni, Ippolita. L’oggetto, che le era stato donato dal padre Ares, la rendeva fortissima. Ercole partì con alcuni eroi, tra cui Teseo (anch’egli protagonista di 6 mitologiche fatiche), e riuscì ad ottenere la preziosa cintura dopo una battaglia con le terribili donne guerriere. Queste erano inoltre state spinte da Era ad odiarlo.

  10. Il rapimento dei buoi di Gerione

    Gerione fu un mostro con tre teste e sei braccia. I suoi buoi erano ben custoditi ai confini del mondo allora conosciuto. Ercole separò due monti e vi piantò due colonne (le colonne d’Ercole, oggi identificate con lo stretto di Gibilterra) pur di raggiungere gli animali. Nonostante una dura lotta con Gerione, riuscì nell’intento.

  11. La presa delle mele d’oro nel giardino delle Esperidi

    Ercole riuscì ad ottenere le preziose tre mele d’oro, scoprendo dove si trovava il giardino delle Esperidi. Lo fece mettendo in atto un tranello di cui fu vittima Atlante, l’unico a sapere l’esatta ubicazione del luogo.

  12. Portare vivo Cerbero a Micene

    Ercole riuscì con la forza delle sue mani a domare Cerbero, il terribile cane a tre teste che era posto a guardia degli inferi. Una volta giunto a Micene con Cerbero, il re Euristeo però ebbe così tanta paura dell’animale che ordinò ad Ercole di riportarlo indietro. Colpito dal suo coraggio, il re decise che era arrivato il momento di far terminare le fatiche di Ercole, liberando l’eroe dalla sua prigionia.

Le dodici fatiche di Ercole - Ercole e le tre mele d'oro - Eracle e Atlante
A sinistra Ercole con i tre pomi d’oro. A destra Atlante, che sorregge il mondo sulle sue spalle.

La metafora delle dodici fatiche di Ercole

Le 12 fatiche di Ercole possono essere interpretate come metafora di un cammino spirituale e di purificazione. Esse sono 12 perché nella più famosa rappresentazione scultorea nel tempio greco dedicato a Zeus ad Olimpia, sono appunto rappresentate in 12 metope (elementi architettonici del fregio dell’ordine dorico dell’architettura greca e romana).

Le leggende che circolavano intorno all’eroe e alle sue dodici fatiche, divennero poi famose nel corso dei secoli. Esse sono state narrate in particolare nella Teogonia di Esiodo e in numerose tragedie, sia di Sofocle che di Euripide. La fama dell’eroe Eracle-Ercole è rimasta intatta fino ai giorni nostri, grazie al suo coraggio e alla sua forza ma soprattutto al suo voler sfidare la morte.

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Caos e ordine: il mito greco https://cultura.biografieonline.it/caos-ordine-mitologia/ https://cultura.biografieonline.it/caos-ordine-mitologia/#comments Thu, 29 Dec 2022 15:54:25 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=40774 In principio era il Chaos

Tutti i popoli antichi si sono interrogati sulla creazione del mondo e dell’uomo. Molti di essi hanno elaborato una serie di miti che spiegano a loro modo questi eventi. Essi sono i miti cosmogonici (dal greco kosmos: mondo, gonia: nascita) di solito tutti molto simili tra loro, pur appartenendo a popoli completamente diversi. Quasi tutti infatti partono dall’idea che il mondo prima della creazione fosse un ammasso di cose confuse ed indistinte: il chaos (o caos), il disordine. Solo grazie all’intervento di un dio-essere superiore, esso diventa ordine in cui poi gli esseri viventi, uomo compreso, trovano la loro collocazione.

Caos e ordine - scritta (Chaos and Order)
Nell’immagine: la scritta in inglese Order, Chaos (Ordine e Caos)

Il mito del Chaos

Il mito del Chaos è appartenente alla cultura greca: secondo gli antichi greci, infatti, la creazione del mondo avviene per opera di un dio che dal Chaos, cioè dal disordine degli elementi della materia, riesce a creare un Kosmos cioè l’ordine e la compostezza.

Tale mito inizia con la descrizione del Chaos: tutta la materia si trovava immersa in un’immensa voragine ed era tutto mescolato senza ordine.

Da questo disordine si formarono:

  • Gea, cioè la terra;
  • il Tartaro, cioè la sede degli inferi al di sotto della terra;
  • il dio Amore.

Infine si formarono:

  • il regno dei morti (Erebo);
  • la Notte.

Insieme generarono l’Aria e il Giorno. La Terra diede poi vita al Cielo e ai Titani. Tutto era però mischiato: non c’era la luce, la luna cambiava forma, la terra era instabile, il mare non bagnava la terra stessa, tutti gli elementi si scontravano tra di loro creando instabilità.

C’era bisogno di una divinità che mettesse finalmente ordine a tutto questo: questo dio finalmente separò:

  • la terra dal cielo;
  • l’acqua dalla terra;
  • il cielo dall’aria.

Poi iniziò a distinguere tutte le parti, dividendo le acque dal mare da quelle dei fiumi, dei laghi, degli stagni; poi innalzò le montagne e ricoprì di verde le pianure.

Divise il mondo in cinque parti, alcune molto calde altre molto fredde; quelle intermedie invece perfette per essere abitate.

Poi formò le nubi e i venti, e le stelle iniziarono a brillare. Formò anche ogni tipo di animale sulla terra, che poi si diffuse in ogni angolo.

A questi animali però ne mancava uno: l’uomo. Egli fu creato a immagine degli dei e, a differenza degli animali, egli non guardava in basso ma verso il cielo.

Così dal Caos e dal disordine, secondo i greci nacque il Kosmos, cioè l’ordine.

Bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi – Celebre frase di Nietzsche
Una celebre frase di Nietzsche recita: “Bisogna avere in sé il caos per partorire una stella che danzi“.

Che cos’è il mito

Il mito è una forma di narrazione che, attraverso un racconto fantasioso, cerca di dare risposte all’origine della terra oppure a diversi aspetti della realtà.

Tutte le comunità primitive hanno iniziato a cercare di scoprire il segreto del mondo e dell’origine dell’universo. Ognuna di loro ha poi creato la propria spiegazione.

Inizialmente i miti venivano tramandati solo oralmente, in particolare quelli greci e romani, poi piano piano sono stati trascritti dai poeti e dai cantori e sono arrivati fino ai giorni nostri.

Le tematiche sono più o meno sempre le stesse: da cosa nasce il mondo, chi lo ha creato e perché, chi ha creato l’uomo.

Il mito ci dà inoltre anche informazioni riguardo il popolo che lo ha elaborato: che tipo di civiltà era, che tipo di ambiente e di società c’era, qual era la loro religione. È quindi in grado di fornire informazioni sul popolo stesso.

Ci sono poi diversi tipi di mito; quello di cui abbiamo trattato fa parte di quelli che spiegano l’origine del mondo e degli uomini; poi ci sono quelli che descrivono la nascita di fenomeni naturali; quelli che descrivono imprese degli eroi (un esempio su tutti: Ulisse e l’Odissea).

La mitologia è una raccolta di storie molto importante: essa fornisce non solo molto dati sulle civiltà, ma anche molte interpretazioni e visioni del mondo.

Una curiosità letteraria

Il libro Panta Rei di Luciano De Crescenzo inizia con questa frase:

Non a caso Caos è l’anagramma di Cosa o Caso.

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Morfeo nella mitologia e nella cultura https://cultura.biografieonline.it/morfeo-mito/ https://cultura.biografieonline.it/morfeo-mito/#respond Tue, 14 Jun 2022 06:42:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=38573 Morfeo è una figura della mitologia greca a cui è legata la tradizione e la cultura occidentale che riguarda il mondo dell’onirico e della notte.

Chi è Morfeo?

Egli era considerato il dio dei sogni: era figlio di Ipno e Nyx (la Notte).

La parola Morfeo deriva del greco morphe, che significa forma.

Morfeo dipinto da William Ernest Reynolds-Stephens
Nelle braccia di Morfeo (In The Arms of Morpheus, 1894) • Dipinto di William Reynolds-Stephens

La tradizione

Secondo il poeta Esiodo i sogni erano figli della notte. Ma l’idea di una divinità specifica dedicata ai sogni è arrivata più tardi. Fu Ovidio a scrivere di Morfeo nella sua opera Metamorfosi. Ovidio parla di Hypnos (il sonno), fratello gemello di Thanatos, che aveva il potere di addormentare sia le divinità che gli uomini.

Ovidio attribuì questi nomi ai tre figli di Hypnos

  • Morfeo,
  • Fobetore,
  • Fantaso.

Nell’Iliade, Omero indica un’unica divinità: Oniro. Essa include tutte le caratteristiche sopra citate.

Il mito di Morfeo

Come accennato, il mito di Morfeo viene esplicitato per la prima volta in forma scritta nelle Metamorfosi. Egli è il dio del sonno ed è rappresentato con le ali.

Morfeo si avvicina piano piano a chi sta dormendo, senza fare rumore, senza farsi sentire; e assume la forma delle persone o delle cose sognate.

Inoltre egli porta sempre con sé un mazzo di papaveri. Con questi fiori, sfiora gli occhi di chi è addormentato per indurre l’incantesimo.

Dona quindi agli uomini delle realistiche illusioni, assumendo sembianze e forme umane.

Grazie al potere dei papaveri crea queste scene, che a volte possono essere anche negative.

I suoi fratelli hanno invece altri poteri:

  • Fobetore fa apparire nei sogni gli animali; è considerato il dio degli incubi, poiché genera spesso bestie feroci.
  • Fantaso è il creatore di paesaggi e di oggetti inanimati.

La cultura

Questo mito è entrato a far parte della cultura di massa. Moltissimi sono infatti i riferimenti al mito di Morfeo o al suo personaggio. Alcuni esempi di seguito:

  • Nella lingua italiana esiste il modo di dire essere tra le braccia di Morfeo, oppure cadere nelle braccia di Morfeo: viene utilizzato per indicare un momento di riposo profondo.
  • E’ presente nella saga letteraria Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo (nata nella seconda metà degli anni 2000).
  • Nel film Matrix (e nella saga) è il nome di uno dei personaggi più importanti, Morpheus, capitano della Nabucodonosor (interpretato da Laurence Fishburne).
  • E’ uno dei personaggi principali della serie di fumetti Sandman, di Neil Gaiman.
  • In pittura è rappresentato spesso abbracciato al padre Hypnos.
illustrazione di Morpheus dal film Matrix
Illustrazione: il personaggio di Morpheus nel film Matrix (1999) offre la scelta tra pillola rossa e pillola blu
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I personaggi principali dell’Eneide: struttura, riassunto e commento https://cultura.biografieonline.it/eneide-personaggi-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/eneide-personaggi-riassunto/#comments Sun, 20 Mar 2022 18:41:16 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39559 L’Eneide è il poema dell’età latina più conosciuto e importante. L’autore è Virgilio, uno dei più grandi autori latini. Fu attivo nel periodo di Ottaviano Augusto a cui dedicò questa opera. Il componimento di Virgilio aveva come scopo proprio quello di esaltare le origini mitiche della città di Roma e la famiglia dell’imperatore.

Egli è autore anche di altre due opere:

  • le Bucoliche, composizioni pastorali;
  • le Georgiche, poemetto dedicato alla coltivazione del campi.

In questo articolo elenchiamo e descriviamo brevemente i personaggi principali dell’Eneide.

Personaggi dell'Eneide

L’Eneide

L’Eneide è un poema in 12 canti che prende il nome dal suo protagonista Enea. Egli è un eroe troiano, figlio di Anchise e della dea Venere.

Fuggito da Troia dopo la distruzione della città da parte dei Greci (vedi il riassunto della Guerra di Troia), Enea viaggia attraverso il Mediterraneo e arriva infine sulle coste del Lazio. Il suo destino lo porta qui per diventare il fondatore della città di Roma.

All’inizio combatte contro i popoli locali. Poi, dopo averli sconfitti, sposa Lavinia figlia del re Latino.

Dalla loro unione nascerà la stirpe della mitica città di Roma.

Certamente Virgilio si è ispirato sia all’Iliade che all’Odissea, celebri opere classiche di Omero.

  • I primi sei canti sono dedicati al viaggio di Enea da Troia al Lazio – ricalcando le avventure di Ulisse nell’Odissea.
  • Gli ultimi sei canti sono dedicati alle battaglie che Enea sostiene nel territorio del Lazio contro le popolazioni locali – ricalcando l’Iliade.

I personaggi protagonisti dell’Eneide

I protagonisti dell’Eneide non sono solo eroi, guerrieri o sovrani. Sono uomini, con tutte le loro caratteristiche: essi provano amore, dolore, amicizia.

Non sono descritti come se fossero degli esseri mitologici, bensì nel loro essere umani con le loro contraddizioni e passioni.

Enea

E’ il figlio di Venere e Anchise. E’ il protagonista destinato dal Fato a portare in salvo la stirpe dei Troiani e fondare nel Lazio una nuova città. Viene spesso definito Pio: la pietas è un valore e un sentimento della cultura romana. Esso rappresenta il senso del dovere e il rispetto degli dei.

Enea è un uomo coraggioso e leale ma anche capace di anteporre il benessere della comunità alle sue volontà personali. Egli è diverso quindi sia da Ulisse che da Achille: viaggia perché è necessario farlo ma non ha curiosità, combatte non per la gloria ma per necessità.

In sintesi, Enea è un eroe maturo e responsabile, molto diverso da quelli incontrati nelle opere omeriche.

Anchise

Anchise è il vecchio e saggio padre di Enea. Muore durante il viaggio.

Ascanio

Ascanio o Iulo è figlio di Enea e Creusa. Arriva con il padre in Italia e fonda la stirpe da cui nasceranno Romolo e Remo.

Enea, Anchise e Ascanio - Bernini - scultura - personaggi principali dell'Eneide
Tre dei personaggi principali dell’Eneide: Enea, Anchise e Ascanio, celebri statue realizzate dal Bernini

Didone

E’ la regina di Cartagine. Didone ospita Enea e se ne innamora perdutamente, illudendosi che l’eroe possa restare lì con lei per sempre. Quando Enea invece decide di ripartire per andare nel Lazio e seguire ciò a cui è destinato, ella decide di suicidarsi, maledicendo i Troiani. L’episodio della maledizione di Didone è uno dei più importanti dell’intera opera.

Lavinia

Figlia del re Latino, Lavinia diviene sposa di Enea dopo che egli sconfigge Turno, suo storico pretendente.

Turno

E’ il re dei Rutuli, popolazione del Lazio. Turno si scontra con Enea: il protagonista lo sconfigge e lo uccide.

Latino

E’ il re del Lazio. Latino decide di concedere ad Enea sua figlia Lavinia in sposa – già precedentemente promessa a Turno. E’ da questa decisione che si scatena la guerra tra Troiani e Latini.

Le divinità

Tra i personaggi principali dell’Eneide si annoverano anche molte divinità. Esse intervengono nell’azione: gli dei non sono vendicativi come quelli rappresentati da Omero; interferiscono raramente nelle vicende umane.

Più che altro è il Fato ad avere la meglio in ogni azione umana.

Sono presenti:

  • Venere, dea della bellezza e dell’amore, madre di Enea che lo protegge sempre;
  • Giunone, moglie di Giove, che invece ostacola l’eroe;
  • Giove che è divinità imparziale.

Commento sintetico

Pur essendo simile nelle tematiche alle opere omeriche, l’Eneide è la rappresentazione della mitologia latina con le sue proprie caratteristiche distintive e destinata anch’essa a diventare una delle opere più famose di sempre.

Virgilio (Publio Virgilio Marone)
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Il duello tra Ettore e Achille: spiegazione e parafrasi https://cultura.biografieonline.it/duello-ettore-achille-parafrasi/ https://cultura.biografieonline.it/duello-ettore-achille-parafrasi/#comments Fri, 11 Mar 2022 05:28:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=37233 Il momento del duello tra Ettore e Achille è uno dei più importanti e rappresentativi dell’intera Iliade. Esso è incluso nel capitolo XXII in cui viene descritta la battaglia finale tra greci e troiani, che si trasforma in una sconfitta per questi ultimi.

L’eroe greco Achille fa strage di nemici e si avvicina sempre di più alle mura della città. Priamo, il re di Troia, si accorge che per il suo popolo non c’è più scampo e per questo apre le porte per far entrare gli ultimi soldati tra le mura.

Solo il coraggioso Ettore rimane fuori e decide di affrontare Achille in un pericoloso testa a testa.

Inizia così il sanguinoso duello.

Duello tra Ettore e Achille - Hector Achilles Duel
Ettore e Achille si affrontano in uno scontro corpo a corpo

E’ l’evento finale dell’Iliade.

Riassunto e trama

Il duello è strutturato in maniera corposa.

Inizia con l’avanzare dei due eroi uno contro l’altro.

Ettore dice ad Achille che, se dovesse vincere, restituirebbe il suo corpo agli Achei, così gli chiede di fare lo stesso. Achille controbatte dicendo che tra di loro non è possibile scendere a patti.

E’ quest’ultimo a scagliare per primo la lancia, ma manca il bersaglio. Prontamente la dea Atena recupera la lancia e la restituisce ad Achille, suo prediletto.

Ettore se ne accorge e scaglia la lancia: colpisce lo scudo e l’asta rimbalza lontano. Egli chiama Deifobo, suo fratello, per raccoglierla ma lui non c’è più. Ettore si rende conto così che non ha più il favore degli dei, e che Atena lo ha ingannato. Impugna allora la sua spada e si avventa contro Achille.

E’ il momento del duro combattimento corpo a corpo.

Achille colpisce Ettore sulla clavicola e lo fa cadere al suolo.

Duello tra Ettore e Achille: il testo

Qui Achille glorioso lo colse con l’asta mentre infuriava,
dritta corse la punta traverso al morbido collo;
però il faggio greve non gli tagliò la strozza,
così che poteva parlare, scambiando parole.

Stramazzò nella polvere: si vantò Achille glorioso:
“Ettore, credesti forse, mentre spogliavi Patroclo,
di restare impunito: di me lontano non ti curavi,
bestia! Ma difensore di lui, e molto più forte,
io rimanevo sopra le concave navi,
io che ti ho sciolto i ginocchi. Te ora cani e uccelli
sconceranno sbranandoti: ma lui seppelliranno gli Achei”.

Gli rispose senza più forza, Ettore elmo lucente:
“Ti prego per la tua vita, per i ginocchi, per i tuoi genitori,
non lasciare che presso le navi mi sbranino i cani
degli Achei, ma accetta oro e bronzo infinito,
i doni che ti daranno il padre e la nobile madre:
rendi il mio corpo alla patria, perché del fuoco
diano parte a me morto i Teucri e le spose dei Teucri…”

Ma bieco guardandolo, Achille piede rapido disse:
“No, cane, non mi pregare, né pei ginocchi né pei genitori;
ah! Che la rabbia e il furore dovrebbero spingere me
a tagliuzzar le tue carni e a divorarle così, per quel che m’hai fatto:

nessuno potrà dal tuo corpo tener lontane le cagne,
nemmeno se dieci volte, venti volte infinito riscatto
mi pesassero qui, altro promettessero ancora;
nemmeno se a peso d’oro vorrà riscattarti

Priamo Dardanide, neanche così la nobile madre
piangerà steso sul letto il figlio che ha partorito,
ma cani e uccelli tutto ti sbraneranno”.

Rispose morendo Ettore elmo lucente:

“Va’, ti conosco guardandoti! Io non potevo
persuaderti, no certo, ché in petto hai un cuore di ferro.
Bada però, ch’io non ti sia causa dell’ira dei numi,
quel giorno che Paride e Febo Apollo con lui
t’uccideranno, quantunque gagliardo, sopra le Scee”.

Mentre diceva così, l’avvolse la morte:
la vita volò via dalle membra e scese nell’Ade,
piangendo il suo destino, lasciando la giovinezza e il vigore.

[Iliade, canto XXII, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 1993, vv-325-363]

Parafrasi

Qui il glorioso Achille lo colpì mentre armeggiava con la spada; la punta attraversò il morbido collo però l’asta pesante non gli tagliò la gola; infatti Ettore poteva parlare, scambiando parole. Cadde al suolo tra la polvere, Achille glorioso si vantò:

«Ettore, mentre spogliavi Patroclo delle sue armi, credevi di restare impunito: pensavi di potermi sfuggire, visto che ero lontano, animale! Ma io rimanevo sulle navi, pronto a difenderlo e molto più forte, io che ti ho fatto cadere a terra. Ora i cani e gli uccelli ti guasteranno il corpo sbranandoti, ma lui seppelliranno gli Achei».

Ettore, dall’elmo lucente, gli rispose senza più forza: «Ti prego per la tua vita, per le tue ginocchia, per i tuoi genitori, non lasciare che mi sbranino i cani degli Achei vicino le navi, accetta oro e bronzo e tutti i doni che ti daranno mio padre e mia madre: restituisci il mio corpo alla patria affinché i Troiani mi diano gli onori funebri con il rogo e la sepoltura…».

Ma Achille veloce, guardandolo di sbieco, disse: «No, cane, non mi pregare né per le tue ginocchia né per i tuoi genitori; ah! Perché la mia rabbia e il furore mi dovrebbero spingere a tagliuzzare la tua carne e a divorarla per quello che mi hai fatto, nessuno terrà il tuo corpo lontano dai cani, nemmeno se mi pesassero un riscatto dieci, venti volte infinito, e promettessero ancora altre cose: nemmeno se vorrà riscattarti a peso d’oro il capostipite dei Troiani, neanche in questo modo la tua nobile madre ti piangerà steso su un letto, ma ti sbraneranno cani e uccelli».

Ettore dall’elmo lucente rispose morendo: «Va’, ti conosco guardandoti! Non potevo convincerti, no certo, perché hai nel petto un cuore di ferro. Stai attento però, che io non sia la causa della rabbia degli dei, quel giorno in cui Paride guidato da Apollo ti ucciderà, tu ancora coraggioso, sopra le porte Scee».

Mentre diceva queste parole, la morte lo colse; la vita volò via dal corpo e scese nel mondo dei morti, addolorata per il suo destino, lasciando la giovinezza e la forza.

La conclusione dell’Iliade

Achille lega il corpo di Ettore e lo fa trascinare dal suo cocchio, riducendolo a brandelli.

Questa era secondo gli antichi greci una grandissima offesa, poiché nei combattimenti era usanza restituire il corpo ai familiari per rendere almeno onore alla sepoltura.

Questa scena cruenta e l’intero scontro sono molto ben rappresentati nell’opera cinematografica del 2004 Troy, di Wolfgang Petersen.

Brad Pitt nei panni di Achille (2004)
L’attore Brad Pitt nei panni di Achille (2004)
Eric Bana interpreta Ettore
Eric Bana interpreta Ettore

Nel vedere quella terribile scena la popolazione urla di dolore, come se tutta la città venisse distrutta dalle fiamme.

Re Priamo decide quindi di recarsi al campo acheo per riscattare il corpo del figlio: Achille si intenerisce davanti a questo povero padre che lo supplica e gli restituisce il corpo di Ettore lavato e profumato.

L’Iliade si conclude con la celebrazione dei funerali di Ettore.

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Il mito di Apollo e Dafne, riassunto https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-mitologia/ https://cultura.biografieonline.it/apollo-dafne-mitologia/#comments Sun, 07 Nov 2021 06:11:30 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=20574 Il mito di Apollo e Dafne è uno dei più conosciuti. Esso è stato tramandato prima oralmente, come è accaduto per tutti i miti greci, e poi in forma scritta da parte dei più grandi autori dell’antichità. Una delle prime fonti autorevoli è rappresentata da Le metamorfosi di  Publio Ovidio Nasone, poeta latino vissuto intorno al primo secolo d.C.. Qui il poeta descrive le trasformazioni dei personaggi, tra cui quella del mito in esame: la tormentata storia d’amore tra Apollo e Dafne, che per fuggire dal dio diventa una pianta di alloro.

Apollo e Dafne - quadro Tiepolo
Il mito di Apollo e Dafne, rappresentato da Giambattista Tiepolo. Il quadro realizzato nel 1743-1744 è conservato presso il Museo del Louvre di Parigi.

Le versioni del mito

Esistono diverse versioni del mito, con diverse conclusioni, ma gli elementi di base restano più o meno  gli stessi. Dafne, parola greca che significa lauro, è una bellissima Ninfa che fa parte del gruppo delle Naiadi, protettrici dei corsi d’acqua. Di lei si innamora il dio Apollo. Egli era uno degli dei più amati e temuti, secondo la mitologia greca. Mentre le origini di Dafne restano incerte, Apollo era figlio di Zeus (il re degli dei) e di Leto, che ebbe una relazione clandestina col dio dalla quale partorì Artemide, dea della caccia, e Apollo, dio del sole e di tutte le arti.

La storia

La storia parte con una diatriba tra Apollo e Cupido, il dio dell’Amore. Apollo era riuscito ad uccidere un temibile serpente, Pitone, e Cupido era invidioso di lui. Per vendicarsi, decise di pungere con la freccia dell’amore il dio Apollo e con la freccia dell’odio Dafne, la bellissima ninfa. Ella, però, era contesa tra il dio e un uomo mortale di nome Leucippo, figlio del re dell’Elide.

Leucippo, per guardarla mentre faceva il bagno nel fiume con le altre ninfe, decise di travestirsi da donna. Quel giorno, però, le ninfe decisero di fare il bagno nude e invitarono anche Leucippo a scoprirsi. Così facendo, smascherarono il suo travestimento e lo uccisero.

Apollo si liberò così definitivamente del rivale in amore e decise di dichiararsi a Dafne. Lei, essendo una ninfa amante della sua libertà, non voleva sottostare al volere del dio. Così, dopo il momento della dichiarazione, iniziò a scappare velocemente per non essere raggiunta. Durante la fuga, chiese aiuto alla madre terra Gea per non cadere nelle mani di Apollo.

Gea accolse il suo appello e la trasformò in un bellissimo albero di alloro, separando per sempre i due.  Da quel giorno, l’alloro divenne la pianta sacra al dio Apollo, che ne portò una corona sempre intorno al suo capo.

Questa narrata è la versione più comune del mito, ma ne esistono altre , anche se non altrettanto importanti. Da ricordare quella citata da Pausania, scrittore greco vissuto intorno al II secolo d.C.. La storia resta uguale, soltanto Dafne viene presentata come una cacciatrice vergine e non come una ninfa.

L’interpretazione del mito di Apollo e Dafne

Dal punto di vista interpretativo, il mito può essere visto come una lotta eterna tra castità (Dafne) e pulsione sessuale (Apollo). La metamorfosi è l’unica soluzione  possibile per la fanciulla per restare vergine per sempre.

Apollo e Dafne: particolare della celebre scultura del Bernini

Molti sono stati gli artisti che hanno rappresentato il mito di Apollo e Dafne. Tra questi sono da annoverare Gian Lorenzo Bernini, autore di una splendida rappresentazione scultorea dei due protagonisti, oggi conservata alla Galleria Borghese a Roma. Anche pittori come Giorgione, il Pollaiolo e Tiepolo hanno creato quadri ad essa ispirati. Qualche critico d’arte ha anche visto ne Il bacio di Klimt l’attimo prima della trasformazione di Dafne in albero, ovvero il momento in cui il dio bacia la fanciulla per la prima ed unica volta.

Il bacio di Klimt
Il bacio di Klimt: secondo alcuni anche questa celebre opera è una interpretazione del mito di Apollo e Dafne.

Quella di Dafne ed Apollo è una storia d’amore senza lieto fine ma che ha sempre affascinato il grande pubblico, dall’antica Grecia fino ai giorni nostri.

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Il mito di Perseo https://cultura.biografieonline.it/perseo/ https://cultura.biografieonline.it/perseo/#comments Mon, 01 Nov 2021 13:27:21 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14953 Nella tradizione mitologica greca uno dei personaggi più celebri è Perseo. Si racconta che, nella città di Argo, abitava il re Acriso insieme alla sposa Euridice e alla figlia Danae. Quando il sovrano si reca presso l’oracolo di Delfi per chiedere se un giorno sarebbe riuscito a concepire figli maschi, gli viene predetto che oltre a non avere discendenti, un giorno sarebbe stato ucciso per mano del nipote, il figlio di Danae.

Perseo di Cellini
Il mito di Perseo è perlopiù legato all’uccisione di Medusa – Nella foto: scultura di Benvenuto Cellini (1545-1554)

Acriso rimane sbigottito dalla profezia dell’oracolo e, spaventato per quello che gli viene detto, decide di rinchiudere l’amata figlia in una torre protetta da pesanti porte di bronzo, in modo che nessuno spasimante potesse raggiungerla. Ma il triste destino di Danae non sfugge a Zeus, che è solito seguire le sorti dei miseri mortali.

La nascita

Invaghitosi di lei, Zeus riesce ad entrare nella torre in cui si trovava assumendo le sembianze di una pioggia dalle gocce d’oro. Con Danae il dio concepisce Perseo, il cui destino sarebbe stato quello di diventare uno degli uomini più grandi e valorosi dell’antichità.

Il re Acriso, dopo poco tempo, scopre che la figlia è incinta e lei gli rivela che il figlio che porta in grembo ha origini divine. Nonostante lo sbigottimento e la rabbia per l’accaduto, Acriso non trova il coraggio di uccidere Danae. Ma, appena nasce il piccolo, rinchiude lei e il figlio in una cassa che poi abbandona in mezzo al mare.

L’intervento di Zeus è provvidenziale: spingendo la cassa verso l’isola di Serifo, nelle Cicladi, fa sì che un pescatore di nome Ditti si accorga della presenza di Danae e del piccolo all’interno della cassa. Per fortuna entrambi sono ancora vivi. Il pescatore conduce Danae e il piccolo Perseo presso la corte del re Polidette, e da  quel giorno vivono nella reggia reale.

Con il tempo il re comincia a mostrare interesse nei confronti di Danae, ma questa non ricambia le sue attenzioni. Intanto Perseo cresce con grande forza e coraggio. Polidette, che ha perso la testa per Danae, decide di averla con un raggiro. Finge di voler convolare a nozze con Ippodamia, figlia di Pelope, e chiede agli amici di avere come dono nuziale un cavallo; il nostro eroe, Perseo, non ha la possibilità di comprare un cavallo per regalarlo al re, così gli comunica che avrebbe optato per un dono diverso.

Perseo trionfante - Scultura di Antonio Canova – Musei Vaticani
Perseo trionfante – Scultura di Antonio CanovaMusei Vaticani

Perseo e Medusa

Polidette approfitta della situazione e chiede a Perseo di portargli in dono la testa della Gorgone Medusa, sperando che il giovane muoia senza portare a termine la difficile impresa e che la madre Danae, restando sola, ceda alle sue avances.

Grazie all’intervento di Ermes e Atena e ai loro preziosi consigli, Perseo riesce ad affrontare la terribile avventura e taglia la testa del mostro in due.

Il personaggio di Medusa viene descritto da Ovidio nelle “Metamorfosi” ed anche il poeta Dante Alighieri ne parla nel canto IX dell’Inferno.

Una volta presa la testa della Medusa, l’eroe la ripone in una bisaccia; dal sangue che sgorga nasce Pegaso, il cavallo alato che accompagnerà sempre Perseo durante le sue avventure (Pegaso è anche protagonista della vicenda di Chimera e Bellerofonte).

Perseo e Atlante

In sella a Pegaso il nostro protagonista raggiunge la regione dell’Esperia, governata dal titano Atlante. Questi è piuttosto sospettoso verso gli estranei a causa di una profezia che prediceva la distruzione del suo regno da parte di un figlio di Zeus. Perseo, ignaro di questa profezia, rivela ad Atlante di avere origini divine, e il titano, spaventato, cerca di eliminarlo. I due cominciano a lottare e Perseo sta per soccombere, ma ad un certo punto apre la bisaccia in cui è riposta la testa della Medusa ed Atlante si pietrifica, trasformandosi in una grossa montagna.

La leggenda racconta che da Atlante prende il nome una catena montuosa, perché proprio lui reggeva sulle spalle il cielo. Perseo, durante il cammino, non si accorge che dalla bisaccia contenente la testa di Medusa, cadono gocce di sangue che si trasformano in serpenti velenosi: essi in seguito avrebbero popolato il deserto.

Una curiosità: sai perché il libro delle carte geografiche si chiama Atlante?

Perseo libera Andromeda - Rubens - 1620
Perseo libera Andromeda (dipinto di Rubens – 1620 circa)

Perseo e Andromeda

Volando sulla terra degli Etiopi, il nostro scorge una bellissima ragazza nuda incatenata su uno scoglio. Lei è Andromeda, figlia di Cefeo (re d’Etiopia) e di sua moglie Cassiopea. La fanciulla sta scontando una colpa commessa da sua madre, che si era dichiarata la più bella tra le Nereidi. Le ninfe del mare, offese dalla presunzione di Cassiopea, avevano chiesto al loro protettore Poseidone (dio del Mare) di intervenire mandando un mostro marino che distruggesse qualsiasi cosa fosse sul suo cammino.

L’oracolo di Ammone predisse al riguardo che, per placare l’ira delle Nereidi, Cassiopea sacrificasse la figlia Andromeda al mostro marino inviato da Poseidone. Perseo, però, dispiaciuto per la sorte della donna e invaghitosi di lei, pone fine alla maledizione che incombe su Andromeda e uccide il terribile mostro, pietrificandolo alla vista della testa di Medusa.

In cambio dell’uccisione del mostro, l’eroe ottiene dal re Cefeo la mano della figlia Andromeda.

Perseo e Andromeda - Tiziano - 1553-1559
Perseo e Andromeda (dipinto di Tiziano , 1553-1559) – Perseo uccide il mostro marino.

 

Mentre Perseo libera la bella Andromeda dalla schiavitù, alcune Ninfe rubano alcune gocce di sangue fuoriuscite dalla testa di Medusa, e queste si trasformano in coralli che vanno a riempire i fondali marini.

Perseo e Andromeda convolano a nozze, ma durante i festeggiamenti fa il suo ingresso il fratello del re Cefeo, Fineo, che era stato inizialmente promesso come sposo ad Andromeda. Nella sala adibita alle nozze si scatena una lotta tra Fineo e Perseo che, ancora una volta, grazie all’intervento della testa di Medusa, riesce a pietrificare il rivale e i numerosi alleati.

Il ritorno di Perseo

I due sposi decidono poi di tornare a Serifo, dove la madre di Perseo, Danae, stava rischiando la vita per mano del re Polidette che continuava ad esigere di essere ricambiato. Perseo allora, per proteggere la madre, pietrifica il re con la testa di Medusa, istantaneamente. Dopo la morte di Polidette, Perseo e sua madre possono fare ritorno ad Argo, la loro terra natia.

Re Acriso, però, appena saputo dell’arrivo della figlia e del nipote, fugge verso la Tessaglia, memore dell’oracolo che gli aveva predetto la morte per mano di un nipote di origini divine.

Per una sfortunata coincidenza, in Tessaglia, durante una gara sportiva di lancio del disco, è proprio Perseo ad uccidere il nonno, il re Acriso, che è presente tra il pubblico. Triste e desolato, Perseo fa ritorno ad Argo ma cambia il suo trono con quello di Tirinto, nel quale regna con saggezza fino alla sua morte.

Perseo è ricordato anche come il fondatore del regno di Micene.

La dea Atena, alla morte di Perseo, gli dedica una costellazione e al suo fianco pone Andromeda e la madre Cassiopea. Ancora oggi, nel cielo, è possibile ammirare queste tre costellazioni, come ricordo del grande amore che legò in vita Perseo e Andromeda.

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