misteri Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 01 Oct 2024 12:38:42 +0000 it-IT hourly 1 Tutankhamon e la sua maledizione https://cultura.biografieonline.it/tutankhamon-maledizione/ https://cultura.biografieonline.it/tutankhamon-maledizione/#comments Sat, 07 Jan 2023 06:42:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8168 Tutankhamon, il re giovane, fu il 12° faraone della 18ª dinastia. Ottenne il trono a soli nove anni di età ma morì prematuramente prima dei venti. Morì forse a causa di un complotto organizzato a sua insaputa da alcuni suoi consiglieri di fiducia.

La maschera d'oro del faraone Tutankhamon
La maschera d’oro del faraone Tutankhamon

La fama di Tutankhamon

La sua fama non è legata al periodo e alle cronache del suo regno ma al suo corredo funebre. Esso venne trovato intatto. La sua fama è per lo più correlata alla credenza che la sua tomba fosse protetta da una maledizione.

Tale maledizione era alimentata da una scritta che appariva sull’ingresso della tomba di Tutankhamon. Essa riportava:

La morte verrà su agili ali per colui che profanerà la tomba del Faraone“.

Per gli studiosi, il ritrovamento della sua tomba è stata senza dubbio una delle scoperte archeologiche più importanti del secolo passato. L’archeologo inglese Howard Carter e Lord Carnarvon, il 26 novembre del 1922, scoprirono insieme, l’ingresso della tomba, situata nella Valle dei Re, portando alla luce il tesoro rimasto praticamente intatto, non preoccupandosi più di tanto della scritta posta all’entrata della tomba.

La maledizione

Si narra che negli anni a venire, tutti coloro che parteciparono alla spedizione ed alle ricerche della tomba del faraone morirono. Sembrava quasi un castigo rivolto a chiunque violasse il luogo di sepoltura del Sovrano.

Subito, tra la gente si ipotizzò che la tomba del faraone fosse protetta da forze ignote e che la maledizione di Tutankhamon fosse stata formulata dai sacerdoti egizi, per proteggere la sua tomba dai profanatori.

Altre ipotesi

Secondo altre ipotesi sarebbe stata, invece, una trovata per scongiurare l’assalto alla tomba del faraone da parte dei saccheggiatori o addirittura un escamotage per screditare la campagna dell’archeologo inglese Carter.

Sono stati fatti vari tentativi per cercare di dare una spiegazione logica ed alternative alle incredibili fatalità che ruotano attorno alla maledizione di Tutankhamon ma ancora oggi, tale mistero non è stato svelato, lasciando ancora aperti interrogativi sulle misteriose morti e sulla morte del Sovrano.

Fatali coincidenze o tomba maledetta?

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La macchina di Anticitera: cos’è e cosa fa? https://cultura.biografieonline.it/macchina-di-anticitera/ https://cultura.biografieonline.it/macchina-di-anticitera/#respond Tue, 14 Dec 2021 16:12:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=33455 La macchina di Anticitera è un congegno meccanico che risale ad un periodo storico individuabile fra il 250 e il 100 a.C. Prende il nome dal luogo del suo ritrovamento in Grecia. In inglese è indicata come Antikythera mechanism.

Frammento principale della Macchina di Anticitera
Frammento principale della Macchina di Anticitera

Anticitera, il luogo del rinvenimento

La macchina di Anticitera è stata rinvenuta in un relitto di Anticitera. Anticitera o Cerigotto è una piccola isola situata a sud del Peloponneso, a nord-ovest di Creta, tra Creta e l’isola di Cerigo, in Grecia. La macchina è fra quel che rimane di un naufragio risalente al primo secolo a.C. Il ritrovamento è avvenuto nel 1900. Ecco cosa avvenne.

Un gruppo di pescatori di spugne, persa la rotta a causa di una forte tempesta, si rifugiano nell’isoletta rocciosa di Cerigotto. A largo dell’isola, in un punto profondo circa 43 metri, scoprono il relitto. La nave, da studi successivi, risulta essere affondata intorno al primo secolo a.C.

Trasportava, come ci dicono i ritrovamenti, oggetti di prestigio, tra cui statue di bronzo e marmo. Tra questi preziosi, anche la macchina di Anticitera che in quella occasione viene finalmente, dopo secoli, riportata sulla terra ferma. Successivamente diventa oggetto di lunghi studi archeologici. Oggi è conservata nel Museo archeologico nazionale di Atene, insieme ad una sua ricostruzione riprodotta in tempi moderni.

Che cos’è la macchina di Anticitera

Potrebbe essere definito come il più antico calcolatore meccanico conosciuto. La sua struttura è costituita da due ruote dentate che si muovono e che ne fanno un sofisticato planetario. Attraverso la macchina di Anticitera, infatti, si scopre, veniva calcolato:

  • il sorgere del Sole;
  • le fasi lunari;
  • i movimenti dei cinque pianeti noti – secondo quanto si conosceva dello spazio nel periodo storico di riferimento;
  • gli equinozi;
  • i mesi;
  • i giorni della settimana.

Attraverso l’utilizzo della macchina di Anticitera, infine, gli antichi greci calcolavano anche le date dei Giochi olimpici.

Come è fatta la macchina di Anticitera

La macchina di Anticitera trova luce fra gli oggetti salvati da un relitto a largo dell’isola che le dà il nome. Quando viene portata al cospetto dell’archeologo Valerios Stais, però, a causa delle centinaia di anni in mare, non è che un blocco di pietra. Stais si mette al lavoro sui reperti il 17 maggio del 1902 e in quella pietra nota un ingranaggio.

La pietra scopre presto un meccanismo fortemente incrostato e corroso, con tre parti principali e decine di frammenti. Alla fine del lavoro Stais si ritrova con un’intera serie di ruote dentate, ricoperte di iscrizioni, collegate in un elaborato meccanismo a orologeria.

Schema del meccanismo della Macchina di Anticitera
Lo schema del meccanismo della Macchina di Anticitera

La macchina è di circa 30 centimetri per 15, spessa come un libro. È costruita in rame e montata su una cornice di legno. Sulla sua superficie ci sono oltre 2.000 caratteri di scrittura, decifrati al 95 per cento.

Il parere degli studiosi

Molti studiosi sin da subito si sono detti dubbiosi rispetto soprattutto alla collocazione storica della macchina di Anticitera. Il meccanismo, a loro parere, è troppo complesso per essere stato collocato nel relitto, fra statue e gioielli. Sicuramente risale invece ad un planetario e un astrolabio.

Nel 1951 il professor Derek John De Solla Price, fisico, storico e informatico inglese, inizia i suoi studi sulla macchina, facendo un’attenta esamina di ogni singola parte. Price scopre un apparecchio di altissima complessità, stila una descrizione completa del funzionamento originario. Conclude che, contrariamente a quanto si era creduto, nella Grecia del II secolo a.C. esisteva una tradizione di altissima tecnologia.

Derek John De Solla Price con un modello della macchina di Anticitera
Derek John De Solla Price con un modello della Macchina di Anticitera da lui studiato e ricostruito

Dà quindi parere più che positivo sulla collocazione storica della macchina. Solo nel 2016, scansioni ad alta risoluzione con raggi X hanno permesso di leggere le iscrizioni che, si scopre, riportano il calendario di eventi astronomici, eclissi e anche le date dei giochi olimpici.

Il vero prodigio della macchina è che sia giunta a noi

Da Price in poi, superata una prima incertezza, non è difficile datare al II secolo a.C. un congegno di così alta tecnologia. L’ellenismo, infatti, vide operare molti studiosi che si dedicarono ampiamente anche alla tecnologia, realizzando macchine molto sofisticate. Parliamo di automi come la macchina a vapore di Erone, per esempio.

Pensiamo alla figura di Archimede. Cicerone descrive una sua macchina, presente a Siracusa, che era capace di rappresentare i movimenti del Sole, dei pianeti e della Luna, le sue fasi e le eclissi. Sempre in Cicerone troviamo la descrizione di un’altra macchina riferita a Posidonio di Rodi. Questa macchina, descrive Cicerone, è capace di riprodurre in maniera esatta il moto diurno e notturno del Sole, della Luna e dei cinque pianeti.

Macchina di Anticitera - Antikythera mechanism - una ricostruzione del 2007
Una ricostruzione del 2007 della Macchina di Anticitera (Antikythera mechanism)

Un velo di mistero: i manufatti fuori dal tempo

In qualche caso anche la macchina di Anticitera viene annessa alla lista degli “Out od place artifacts” (OOPart) ovvero “manufatti fuori dal tempo”. Alcuni archeologi, e appassionati della materia, ancora faticano a riconoscere in questa macchina un artefatto scientifico ellenistico. Come tutti gli OOPart anche la macchina di Anticitera resta un marchingegno che con difficoltà, da una parte della comunità scientifica, viene collocato nel tempo.

In particolare, come ha definito il padre di questa categoria di studi, il naturalista statunitense Ivan T. Sanderson, resta “anacronistico”, fuori dal tempo, impossibile da riferire all’età storica a cui è stato riferito. Questo il nesso principale dell’archeologia misteriosa o pseudoarcheologia.

Fra i casi celebri di OOPart troviamo l’antica capitale del Perù, Cusco; la “Porta del Puma” in Bolivia; le rovine di Nan Madol e altri siti in Micronesia. Alcuni restano dei misteri aperti, altri con il tempo sono stati dichiarati dei falsi OOPart.

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Tesori sotterranei nel mondo https://cultura.biografieonline.it/tesori-nascosti/ https://cultura.biografieonline.it/tesori-nascosti/#respond Fri, 04 Mar 2016 10:45:21 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17232 Tutti conosciamo, più o meno direttamente, le bellezze che offre il mondo, almeno quelle superficiali. In realtà ci sono tantissimi tesori nascosti sia sott’acqua che sottoterra tutti ancora da scoprire. Esiste un grande patrimonio storico ed architettonico che si cela alla vista dell’uomo, visitabile solo in particolari occasioni, scopriamolo insieme.

Qanat - Palermo
Palermo: tra i tesori nascosti ci sono i Qanat

I Qanat di Palermo

La Palermo sotterranea è piena di avventurosi siti archeologici da scoprire: caverne, catacombe e ipogei che si trovano in pieno centro. Di questo patrimonio fanno parte i Qanat, cunicoli sotterranei risalenti alla dominazione araba che avevano il compito di intercettare e trasportare l’acqua delle sorgenti e condurla, tramite un abile gioco di pendenze, fino alle zone abitate e coltivate.

Questa rete gallerie si trova sotto la zona di  Corso Calatafimi, che a quei tempi costituiva un vasto complesso di giardini reali, ricchi di fontane e piante esotiche. Visitare i Qanat oggi rappresenta un’esperienza unica perché si tratta di un vero sogno per chi ama i luoghi suggestivi. Il percorso si snoda per 1 km circa lungo via Nave e Corso Calatafimi ed è caratterizzato da tratti percorribili all’asciutto ed altri un po’ più bagnati, anche se in realtà l’acqua non è molto profonda. La roccia nuda, l’atmosfera umida, l’acqua che sgorga dalla parete e che scorre tra i piedi, la luce del casco che illumina la via, rendono questa esperienza a dir poco surreale.

L’Hypogeum di Malta

Malta è un’isola del mediterraneo molto conosciuta per il mare e le sue numerose città. Molti la conoscono anche grazie alla sua movimentata vita notturna ma sicuramente quello che maggiormente sorprende di Malta è la grande importanza e presenza di siti archeologici unici. Fra i vari siti da visitare l’Hypogeum di Hal Saflieni è il più straordinario di tutti, un’emozionante avventura sotterranea, alla ricerca delle nostre origini, sicuramente unica nel suo genere.

Hypogeum - Malta - Hal Saflieni
Malta. Hypogeum di Hal Saflieni

E’ una necropoli sotterranea scoperta nel 1902 e dichiarata nel 1980 Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, ed è l’unico tempio preistorico sotterraneo al mondo. E’ una struttura sotterranea scavata tra il 3600 a.C. e il 2500 a.C. formato da tre livelli sotterranei, costituiti da grotte naturali e da ambienti scavati dall’uomo che si estendono fino a 10 metri di profondità. Al suo interno furono ritrovati migliaia di scheletri e sembra che ne siano stati rinvenuti 7.000 quasi integri mentre altri nei secoli si sono polverizzati. L’ipogeo si trova nel centro della cittadina di Paola, sotto un gruppo di case private, bisogna prenotare in anticipo, l’ingresso è consentito solo per piccoli gruppi una moltitudine poiché lo spazio è poco e una moltitudine di turisti potrebbe anche danneggiare col tempo i dipinti e le strutture. Esso si sviluppa in tre livelli. Il primo ospita delle tombe sotterranee, il secondo e’ il piu’ grande di tutti ed ospita ben cinque stanze ( la stanza principale, la stanza dell’oracolo, la stanza decorata, il buco del serpente e la santa sanctorum) con affreschi e sculture, il terzo livello contiene solo acqua e probabilmente fungeva da deposito.

Molto particolare la sala dell’oracolo dove gli uomini potevano modificare la loro voce emettendo dei suoni in un incavo.
Oltre all’ Hypogeum altri templi da visitare sono Ħaġar Qim, Mnajdra Temples e molti atri ancora sparsi in tutta Malta e Gozo.

Mary King’s Close di Edimburgo

Parte del fascino e del mistero di Edimburgo è dovuto ai fantasmi e alla sue città. Quando si parla di mistero non si può non menzionare il Mary King’s Close un complesso di strade e di case del XVII secolo relegate ai sotterranei del moderno municipio. Il nome di questo luogo si deve a Mary King, figlia dell’avvocato Alexander King che nel XVII secolo era proprietario di molti degli edifici presenti, ed era nato come un grande centro commerciale per unire tutti i negozi di High street.

L’idea però non fu mai portata a termine e nel 1811 l’edificio fu dapprima adibito a municipio e poi abbandonato. Di recente esso è stato riaperto al pubblico per i turisti ma con il tempo ha accumulato una serie di storie di avvistamenti di fantasmi che l’hanno reso noto per questo piuttosto che per la sua importanza storica.

Numerose le testimonianze che si sono succedute negli anni e che raccontano di apparizioni misteriose e luci inquietanti che venivano interpretate come manifestazioni di esseri paranormali. Tuttavia, anche se non ci sono prove concrete, oggi si pensa che tali fenomeni fossero dovuti ai bio-gas provenienti dalla decomposizione dei corpi gettati nell’antico Nor Loch, molto vicino al Mary King’s Close.

Annie - fantasma - Mary King's Close - Edimburgo
Le storie di fantasmi popolano la città di Edimburgo: Annie è tra i fantasmi più celebri del Mary King’s Close.

Tra i fantasmi più famosi di questa città sotterranea di Edimburgo c’è Annie, la cui fama si deve alla serie televisiva realizzata da Aiko Gibo, medium e parapsicologo tra i più importanti del Giappone. Gibo racconta di aver visto il fantasma della bambina che piangeva, la piccola nel 1644 a soli 5 anni fu abbandonata nei sotterranei dalla sua famiglia perché aveva la peste. La bimba piangeva perché non aveva con sé la sua bambola di pezza e da allora ogni visitatore porta in regalo ad Annie una bambola per darle conforto e farla riposare in pace.

Insieme ad Annie per i sotterranei si aggira anche il signor Chesney, falegname e ultimo abitante del luogo. Molti tra coloro che frequentano la città sotterranea, sia lavoratori che turisti, dichiarano di averlo visto. A parte queste interessanti storie di fantasmi il Real Mary King’s Close è un complesso di strade e case sotterranee che si snodano lungo la Città Vecchia di Edimburgo e permette di scoprire abitudini e costumi delle persone che 400 anni fa vivevano lavoravano e morivano in questo affascinante luogo sotterraneo.

La città sotterranea di Leavenworth

Ci spostiamo negli Stati Uniti, più precisamente nello stato del Kansas, dove recentemente è stata scoperta questa città sotterranea che, secondo alcune fonti, sembra essere stata creata nel 1800 come rifugio per coloro che erano fuggiti dalla schiavitù. Tuttavia, a parte queste supposizioni non si conosce il vero motivo per il quale questa città sotterranea sia stata costruita.

Si conosce molto poco sudi essa, tutto quello che si conosce è solo frutto di speculazioni e supposizioni di alcuni studiosi che sono riusciti in ogni caso a ripercorrere tutto il perimetro che si estende per diversi isolati della città e forse anche oltre. Alcuni pensano che sia stata una prigione, ma questo però va in contraddizione col fatto che nessuno, autorità competenti comprese, ne conoscesse l’esistenza, altri suppongono che fosse una fabbrica di birra clandestina ai tempi del proibizionismo.

Leavenworth - Kansas
La città sotterranea di Leavenworth, in Kansas, potrebbe aver nascosto clandestinamente una fabbrica di birra in passato.

Si pensa anche che la città potrebbe essere stata una parte sotterranea della base militare di Fort Leavenworth fondata intorno al 1827, che è stata sigillata e poi dimenticata. Ma anche qui non c’è alcun documento che possa attestarne la veridicità. La versione più attendibile per il momento rimane quella che i sotterranei venivano utilizzati come nascondiglio per gli schiavi o per i latitanti.

Coober Pedy – Australia

Non esistono solo le cosiddette “cattedrali nel deserto” ma ci sono anche le città sotto il deserto. Coober Pedy è infatti una cittadina australiana situata nello Stato dell’Australia Meridionale in un’area desertica che conta circa 3500 abitanti costruita per metà in superficie e per metà sottoterra. I cittadini si sono rifugiati in abitazioni sotterranee per fuggire alle roventi temperature costruendo una vera e propria città dotata di tutti i comfort: appartamenti, negozi, chiese e scuole.

Coober Pedy - città sotterranea
Metà della citta di Coober Pedy (Southern Australia) è costruita sottoterra

La città è anche nota come “la capitale del mondo dell’opale” infatti il minerale è stato trovato a Coober Pedy nel febbraio del 1915 e da allora continua a fornire, con 70 campi di estrazione, la maggior produzione di opale al mondo. I lavoratori della miniera vivono e lavorano sotto terra in questa particolare città in cui è disponibile persino un campo da golf senza erba. Il nome deriva da kupa-piti, che nella lingua degli indigeni significa “pozzo dei ragazzi”.

Le abitazioni, chiamate dug-outs sono dotate di un sistema di sfiatatoi per regolare l’umidità e rimangono ad una temperatura costante tutto l’anno. Alcune attrazioni di questa città sono i musei sotterranei, i negozi dove si vende l’opale, la galleria d’arte, le chiese sotterranee e, naturalmente, le miniere.

Di notevole importanza simbolica per gli abitanti di Coober Pedy è quello che viene considerato il primo albero della città, costruito dalla popolazione stessa utilizzando rottami di ferro. Nonostante la cittadina si trovi ubicata sotto il rovente manto desertico le abitazioni sono regolarmente fornite di acqua: infatti il rifornimento idrico arriva da una fonte sotterranea posta 24 chilometri a nord della città.

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La scomparsa di Ettore Majorana https://cultura.biografieonline.it/scomparsa-majorana/ https://cultura.biografieonline.it/scomparsa-majorana/#respond Sat, 13 Feb 2016 13:26:28 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16642 Ettore Majorana scomparve il 27 marzo del 1938. All’epoca la sua fuga e il suo probabile suicidio attirarono l’attenzione dei massimi vertici del Fascismo, ma non si arrivò a nessuna conclusione oggettiva. Lo scienziato, paragonato da Enrico Fermi a Galileo e Newton, era riuscito a far perdere le sue tracce e a portare tutti a considerare il suo suicidio un fatto conseguente a follia e depressione. Solo la sua famiglia, che lo conosceva bene, fin da subito aveva rifiutato questa ipotesi. Tuttavia, le indagini private avevano portato alla medesima conclusione di quelle ufficiali e alla fine la versione della polizia fu considerata l’unica possibile.

La scomparsa di Ettore Majorana
La scomparsa di Ettore Majorana: un giornale del febbraio 1959

Chi era Ettore Majorana

Ettore Majorana era uno scienziato di primo livello e la sua giovane età non era stata un ostacolo alla formulazione di ipotesi e teorie da premio Nobel. Dopo aver conseguito la laurea in Fisica teoretica aveva iniziato a lavorare con Fermi a teorie che già all’epoca avrebbero potuto portare alla fusione nucleare, ma la sua capacità intuitiva andava anche oltre.

Lo scienziato siciliano frequentava da qualche anno l’Istituto di Fisica di Roma dove aveva entusiasmato i ricercatori che collaboravano con Fermi grazie alle sue brillanti intuizioni.

Perché Majorana, di fronte alla prospettiva di una brillante carriera e alla possibilità concreta di cambiare la storia della Fisica moderna, decise di scomparire?

La scomparsa di Majorana, il libro di Sciascia

Le ultime ricerche, che hanno riaperto qualche anno fa il caso, hanno dimostrato come la letteratura e una mente geniale come quella di Leonardo Sciascia avessero già intuito il destino di Majorana nel 1975, quando lo scrittore siciliano pubblicò per la prima volta il suo libro “La scomparsa di Majorana”. Il libro è attualissimo perché svela un mistero durato molti anni, non solo fa intuire un fatto, accertato anche dalla magistratura qualche anno fa e cioè che Majorana non si suicidò ma si ritirò dal mondo, ma individua soprattutto le cause e i motivi di un tale repentino ritiro.

Leonardo Sciascia
Leonardo Sciascia

Majorana aveva elaborato, prima di Werner Heisenberg, la teoria del nucleo fatto di neutroni e protoni, ma si era rifiutato di pubblicarla, malgrado le insistenze di Fermi e dei suoi collaboratori. Inoltre, le sue successive ricerche e gli incontri con altri fisici lo avevano probabilmente convinto che molti studiosi si stavano avvicinando allo sviluppo della progettazione della fusione nucleare, la quale avrebbe in seguito portato alla realizzazione della bomba atomica.

E Majorana, nella ricostruzione mirabile di Sciascia, era terrorizzato da questo esito e cioè che la scienza lo avrebbe portato a scoprire o a collaborare alla scoperta di qualcosa che riteneva terribile. Quindi scomparve per non essere più coinvolto. Nella sua mente, che aveva calcolato tutto nei minimi dettagli, la fuga e l’idea di essere dimenticato erano necessari per non parlarne più. Per non parlare più di scienza e di doveri, e per non essere più coinvolto in nulla che avesse a che fare con la scienza.

Cara Eccellenza, Vi prego di ricevere e ascoltare il dott. Salvatore Majorana, che ha bisogno di conferire con Voi pel caso disgraziato del fratello, il professore scomparso.

Incipit del libro di Sciascia

Il suo nome stava già diventando importante, tanto che dopo la sua scomparsa i vertici del governo e pare lo stesso Mussolini, si interessarono alla sua vicenda. Sciascia riesce in questo libro ad immedesimarsi nella mente di Majorana, perché pochi sono i documenti che gli permettono di ricostruire oggettivamente i fatti. E proprio grazie all’immedesimazione che uno scrittore geniale riesce a svolgere nella mente di uno scienziato geniale, possiamo leggere pagine in cui l’umanità di Majorana e la sua esperienza diventano vive e non verosimili, come accade con un romanzo che ricostruisce un fatto storico, ma vive al pari di un’inchiesta in cui tutti i punti oscuri vengono chiariti e il movente vero di una decisione difficile, assume aspetti molto più profondi di quello che in apparenza poteva sembrare.

Dove si nascose Majorana?

Questo quesito ha impegnato diversi personaggi e nel 2011 la procura di Roma è arrivata ad una conclusione non tanto lontana da quella che aveva intuito Leonardo Sciascia. Majorana infatti fu identificato in una foto che venne scattata nel 1955 e che lo ritraeva sorridente in Venezuela. Molte tracce avevano portato gli investigatori a supporre che fosse scappato in America Latina dopo essersi nascosto, così pensava anche Sciascia in un convento del sud Italia.

Ettore Majorana
Foto di Ettore Majorana

La foto secondo gli inquirenti è senza dubbio del fisico catanese che secondo un testimone aveva cambiato il nome e svolgeva una vita ritirata.

Perché ha affascinato così tanto la scomparsa di un uomo che a 32 anni non aveva ancora realizzato nulla di importante?

Le carte lasciate da Majorana fanno intuire il suo genio e, cosa più importante, fanno capire quanto il suo genio si sia avvicinato a realizzare ciò che altri avrebbero dovuto aspettare alcuni anni per comprendere. La scomparsa di un genio che aveva in mano conoscenze così importanti e che possedeva la scienza in un modo talmente naturale da paragonarlo a Galileo, e il paragone è di uno scienziato del calibro di Fermi, non possono che attirare l’attenzione sia del mondo scientifico che del governo.

Proprio il coinvolgimento di questa istituzione ha fatto pensare che Majorana sia scomparso per motivi militari o per contribuire al piano militare nucleare tedesco. Molte sono state, infatti, le congetture riguardo al suo appoggio al nazismo. Ma non ci sono prove in tal senso e credo che l’analisi più corretta sia dal punto di vista storico che umano, sia quella di Leonardo Sciascia che ne il libro “La scomparsa di Majorana” ci regala un ritratto lucido e affascinante.

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Identità di Shakespeare https://cultura.biografieonline.it/identita-di-shakespeare/ https://cultura.biografieonline.it/identita-di-shakespeare/#comments Fri, 12 Feb 2016 18:00:57 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16609 William Shakespeare (1564-1616) rientra nella schiera dei personaggi noti al mondo non solo per l’incontestabile bravura, ma anche per quella dose di incertezza che mal definisce la loro esistenza mortale e che inevitabilmente li inscrive nel mito. Quando nel 1592 raggiunse Londra, il successo in ambito teatrale e la fama del noto drammaturgo inglese erano ormai al culmine: opere come l’Enrico V riempivano i teatri di tutta Londra, compreso lo storico Globe Theatre, il teatro elisabettiano costruito nel 1599. In questo articolo faremo una riflessione sull’identità di Shakespeare, sulle illazioni che vedrebbero le sue opere attribuite ad altri.

Identità di Shakespeare
L’identità di Shakespeare è un mistero la cui verità è nascosta da secoli

È possibile consultare tutti i dettagli della vita di William Shakespeare e tracciare il trascorso dei suoi successi grazie a una delle tante pubblicazioni biografiche intitolate al poeta inglese, ma quante di queste tengono conto delle illazioni e delle contraddizioni legate alla sua vita?

I baconiani

William Shakespeare morì a Stratford-upon-Avon il 23 aprile del 1616, un epitaffio sulla sua tomba ne conserva il ricordo e ammonisce il visitatore a non recare disturbo alle spoglie terrene del bardo, arrecando addirittura il principio di una maledizione per chi osasse farlo:

Good friend, for Jesus’ sake forbear,
To dig the dust enclosed here.
Blest be the man that spares these stones,
And cursed be he that moves my bones.

Caro amico, per l’amor di Gesù astieniti,
dallo smuovere la polvere qui contenuta.
Benedetto colui che custodisce queste pietre,
E maledetto colui che disturba le mie ossa.

Non sapremo mai se quella maledizione si sarebbe potuta considerare estendibile anche a tutti coloro che avrebbero messo in discussione l’esistenza di William Shakespeare nei secoli successivi, creando di fatti quell’intricata connessione di teorie e congetture conosciute come “bardolatria“.

Nel 1623, sette anni dopo la sua morte, il ricordo di William Shakespeare venne nuovamente rinnovato attraverso un cippo commemorativo nella chiesa parrocchiale di Stratford-upon-Avon, stele nella quale veniva rappresentato nei panni di un comune commerciante.

Un secolo dopo, la memoria di Shakespeare tornò in auge nella contea del Warwickshire con l’arrivo del prelato James Wilmot, grande appassionato di Shakespeare e di Francesco Bacone. Il prelato, dopo aver sollevato dei dubbi sulla paternità delle opere di Shakespeare, giunse alla conclusione che gli valse l’appellativo di “baconiano” in un articolo sul ‘’Times” del 25 Febbraio 1932: l’autore delle opere comunemente attribuite a William Shakespeare era sicuramente un uomo dalle spiccata intelligenza e di vasta cultura, condizioni che naturalmente farebbero pensare alla presenza di una grande biblioteca ricca di documenti, libri e manoscritti autografi, testimonianze di fatto mai ritrovate; l’autore dei capolavori shakespeariani sarebbe stato in realtà, secondo le supposizioni del prelato, Francis Bacon (italianizzato: Francesco Bacone), il filosofo, politico, giurista e saggista inglese.

Francis Bacon (Francesco Bacone)
Francis Bacon (Francesco Bacone)

Questa teoria ebbe un lungo seguito di oppositori: secondo i ricercatori canonici, basare una convinzione così considerevole sull’assenza della biblioteca shakespeariana risultava essere un’ipotesi troppo azzardata, dal momento che il nucleo della suddetta biblioteca si era potuto disgregare nel giro di un cinquantennio, non lasciando traccia e finendo nelle mani di inconsapevoli acquirenti; inoltre la psicologia che emerge dalle opere shakespeariane, ovvero la sensibilità quasi infantile di uomo romantico, contrasta nettamente con quella del freddo e calcolatore Francesco Bacone, capace di incolpare e causare la morte all’amico e rivale conte Essex, accusandolo ingiustamente di tradimento e assicurandosi l’incarico come capo dell’avvocatura dello stato della corte inglese, sotto il regno di Elisabetta I.

Nel 1867 la teoria baconiana acquisì dei risvolti affascinanti con il ritrovamento del manoscritto di Northumberland: “Era evidente che il libro fosse appartenuto a Francesco Bacone, per lo meno conteneva una copia delle sue opere. […] sulla copertina stava scritto “Signor ffrauncis Bacon” e la parola “Nevil”, ripetuta due volte in lato. Subito sotto stavano le parole “Ne vele velis”, il motto di famiglia di sir Henry Nevil, nipote di Bacone“, aspetto interessante se si pensa che il nome dello stesso Bacone è accostato al nome di Shakespeare e addirittura in un ambigua vicinanza con i titoli delle opere teatrali shakespeariane, definendo in modo decisivo il legame tra Bacone e il bardo.

Ritengo fondamentale ricordare che uno degli incarichi affidati a Francesco Bacone, presso la corte della regina Elisabetta, era quello di vagliare, approvare e censurare i testi teatrali e quindi non deve sorprendere la vicinanza dei due nomi su un documento che testimonia che, colui che svolgeva le mansioni di consigliere privato della regina, avesse letto il Riccardo II e il Riccardo III di William Shakespeare.

William Shakespeare
William Shakespeare

L’identità di Shakespeare secondo Orville Ward Owen

Il dottor Orville W. Owen di Detroit fu un altro baconiano dalle idee bizzarre, singolarità che lo condusse ad affermare di essere riuscito ad estrapolare dal famoso manoscritto Northumberland un lungo messaggio segreto in versi liberi che lo invitavano a “smembrare in pagine sciolte i libri delle opere di Bacone e Shakespeare per applicarle sulla circonferenza di una ruota”.

Dopo un procedimento spaventosamente complicato Orville giunse a delle conclusioni allarmanti quanto scomode: Bacone sarebbe stato figlio della regina Elisabetta e del suo amante, il conte di Leicester.

Orville spinse la passione ben oltre i limiti del raziocinio, arrivando a supporre l’esistenza di manoscritti segreti seppelliti nel terreno, nei pressi del fiume Severn.

Per circa quindici anni il dottor Orville, sostenuto da una lunga schiera di seguaci, scavò centinaia di fori nel terreno alla ricerca di tracce misteriose e manoscritti, ovviamente senza successo.

L’identità di Shakespeare si scontrò con i volti di molti personaggi celebri: una quantità sempre maggiore di teorie attribuivano la paternità delle opere shakespeariane a William Stanley, Christopher Marlowe, Edoardo de Vere e molti altri ancora.

Mark Twain definì e ridicolizzò l’ondata di opinioni inverosimili che si affastellarono nel suo secolo e in quello precedente, con il suo noto e malcelato umorismo in “Is Shakespeare dead?“:

I biografi ipotizzano che Shakespeare abbia maturato la sua vasta conoscenza della legge e la sua accurata familiarità con i modi, il gergo e i costumi degli avvocati dopo essere stato lui stesso per poco tempo il cancelliere del tribunale di Stratford; proprio come se un giovanotto sveglio come me, cresciuto in un paesino sulle rive del Mississippi, potesse sviluppare una conoscenza perfetta della caccia alla balena nello stretto di Behring e del gergo dei veterani passando qualche domenica a pescare pescegatti.

Nonostante la quantità ingente di teorie, la verità rimane ancora troppo lontana e molto probabilmente, come in una visione a “cannocchiale rovesciato”, lo sarà per sempre.

Note Bibliografiche
Wilson, D. Wilson, Il grande libro dei misteri irrisolti, Newton & Compton Editori, Roma, 2005

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Rennes le Château tra storia e leggenda https://cultura.biografieonline.it/rennes-le-chateau/ https://cultura.biografieonline.it/rennes-le-chateau/#respond Mon, 08 Feb 2016 14:00:23 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16492 Il comune di Rennes le Château era un tempo conosciuto con il nome di Rhedae, termine derivante dalla lettera runica “Raida” e indicante il “carro”. Secondo le teorie più affascinanti la parola Rhedae deriverebbe da “Aer Red“, la divinità celtica rappresentata dal “serpente corridore” (Sède).

Rennes le Château
Una foto recente di Rennes-le-Château

I Celti

I Celti furono la prima popolazione ad occupare stabilmente il territorio di Rennes le Château quando nel 700 a.C. abbandonarono la Gallia per spostarsi tra Monze e Pepiex. Nelle molte emigrazioni sul territorio francese giunsero anche a Rhedae, città scelta per la posizione strategica verso la Spagna e per la conformazione geologica che la rendeva inattaccabile.

I Romani

Il predominio dei Galli, diretti discendenti dei Celti, sul territorio francese terminò con l’arrivo dei Romani a Narbonne nel 120 a.C. .
Le testimonianze lasciate dai romani nel Razès sono copiose: parte della strada pavimenta che congiungeva Carcassonne alla Spagna, percorso che comprendeva Rennes le Château e Bezù e che divenne ben presto parte integrante del cammino per Santiago di Compostela; tra i manufatti archeologici non mancano resti di statue e monete con effige oltre alle notissime terme di Rennes les Bains, la località che, situata nelle vicinanze di Rennes le Château, deve il suo nome al termine celtico “Regnes”, ovvero acque rosse, ferruginose.

I Visigoti

I Visigoti si stanziarono stabilmente in Francia dopo il sacco di Roma del 410. Con Tolosa capitale Rhedae, l’antica Rennes le Château, divenne molto importante “grazie alla posizione che permetteva di controllare la penisola iberica” (Bordes).

Con il sacco di Roma i Visigoti trafugarono dalla “città eterna” il presunto “Tesoro del tempio”, ovvero quell’immensa ricchezza accumulata da Tito dopo la guerra palestinese del 70 d.C. .
L’incalcolabile capitale che, secondo alcuni storici venne utilizzato per la costruzione del tempio di re Salomone, giunse in Occidente, a Tolosa.
Quando la minaccia dei Franchi sulla capitale divenne più pressante, i regnanti spostarono il bottino proprio nelle vicinanze di Rennes le Château, sulla montagna di Blanchefort.

I Merovingi

I Merovingi capeggiati da Clodoveo sconfissero i Visigoti a Vouillè nel 507, sconfitta che indusse i vinti a superare i Pirenei e a fondare il nuovo regno in Spagna.
Dopo aver incendiato Tolosa ed aver riportato alla luce una piccola parte del tesoro di Narbonne, conquistarono Rhedae. Con la salita al potere del saggio Dagoberto II, Rhedae crebbe esponenzialmente, da paese fortificato divenne una cittadina popolosa di tremila abitanti.
Dagoberto II convogliò a nozze con la nobile Giselle del Razès proprio a Rhedae, rafforzando il “legame con la zona e con i Visigoti dai quali discendeva la contessa” (Bordes).

L’epoca carolingia

Con la vittoria dei Franchi sui Visigoti e gli arabi, Carlo Magno conferì a Rhedae il rango di “città reale“, avvenimento suggellato dal matrimonio tra Almarico, figlio di un re visigoto, con la principessa Clothilde. Sono questi i decenni dei fasti della corte di Rhedae che, grazie al piccolo ruolo riconosciuto nel Sacro Romano impero, divenne il punto di incontro tra provenzali e catalani.

Il declino di Rhedae

Il lento declino della supremazia di Rhedae prese avvio con la presa di potere di Limoux nell’undicesimo secolo. La situazione si aggravò ulteriormente con l’annessione di Rhedae alla contea di Carcassonne e alla donazione del castello nel 1002.
Nel 1170 il re d’Aragona Alfonso II, rivendicando il possesso di parte del territorio, attaccò Rhedae distruggendola, assalto che risparmiò solo la cittadella posta in cima alla collina, l’odierna Rennes le Chateau.

La crociata contro i Catari e la presenza dei Templari

Dopo aver nuovamente riacquistato parte del potere originario, Rhedae divenne, secondo quanto narrano le cronache del tempo, nuovamente vittima indiretta della follia sortita da Innocenzo II ai danni dei Catari di Montsegur.

La crociata contro il popolo eretico vide il coinvolgimento non di comuni guerrieri, bensì di cavalieri straordinari e abili uomini di Chiesa: i Templari.
I Templari giunsero nel Razès nel 1118 e negli anni compresi tra il 1132 e il 1137 stanziarono sul posto grazie al supporto delle due famiglie più importanti della regione: i Blanchefort e gli A Niort.

L’attacco di Henri de Trastamare

L’aura di mistero aleggiava intorno a Rennes le Château già nel XIV secolo, quando flotte di soldati, guidati da Henri de Trastamare, giunsero sul luogo attratti dalla ricchezza.
Henri de Trastamare, pretendente al tono di Castiglia, attaccò Rhedae nel 1369. La città venne rese rasa al suolo e pochi anni dopo il paese venne nuovamente messo in ginocchio da un’epidemia di peste che completò la lunga strada verso il declino.

L’abate Saunière e i misteri di Rennes le Chateau

La figura di François Bérenger Saunière è visceralmente legata alla storia di Rennes le Chateau. Con l’arrivo del parroco una serie di fatti inspiegabili furono accolti dalla comunità del tempo con stupore, meraviglia che tuttora colpisce le menti più brillanti.

Abate Sauniere – Bérenger Saunière
L’abate Bérenger Saunière

In relazione alla storia privata dell’abate, la carriera di seminarista appariva raggiante e destinata a culminare in una carriera ecclesiastica di primissimo ordine. Nonostante le premesse, Saunière giunse nel piccolo comune contadino di Razès nel 1885 e su ordine del vescovo di Carcassonne Fèlix Arsène Billard condusse, almeno apparentemente, una vita del tutto umile con uno stipendio di 75 franchi. L’esistenza dimessa del curato di campagna non durò a lungo, i registri contabili riportano un incremento eccezionale di denaro, molto del quale speso per la ristrutturazione della chiesa e del castello della vecchia Rhedae.

Il curato di campagna si impegnò inoltre nella costruzione di una torre, la famosa Torre Magdala, permeando il tutto con misteriosi simbolismi e forti influenze esoteriche.
Secondo le teorie più accreditate la fonte di tali ricchezze fu il ritrovamento di un enorme tesoro nato dall’accumulo di tesori diversi nei secoli, dall’antico tesoro del Tempio di Salomone fino al Tesoro dei Templari.

Altri studiosi supportano un’idea differente: il “tesoro” consisterebbe in una serie di documenti in grado di testimoniare l’arrivo in Francia di Maria Maddalena dopo la crocifissione di Cristo. Temi, questi ultimi ripresi in epoca recente da Dan Brown per il suo best seller “Il codice da Vinci” (2003), da cui poi è stato tratto l’altrettanto celebre film (2006) di Ron Howard con Tom Hanks.

YouTube Video

Note Bibliografiche
G. Baietti, L’enigma di Rennes le Chateau, I Rosacroce e il tesoro perduto del Graal, Edizioni Mediterranee, Roma, 2003
I.Bellini, D. Grossi, Atlante dei misteri, Giunti Editore, Milano, 2006

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La strage di Piazza della Loggia (Strage di Brescia) https://cultura.biografieonline.it/strage-piazza-della-loggia/ https://cultura.biografieonline.it/strage-piazza-della-loggia/#respond Sat, 04 Jul 2015 16:50:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14535 Sono le dieci e 12 minuti, quando il 28 maggio 1974 una bomba nascosta nel cestino dei rifiuti viene fatta esplodere in Piazza della Loggia a Brescia, causando la morte di otto persone e oltre cento feriti. Ancora oggi, a distanza di 41 anni, non sono stati individuati e puniti i responsabili di questo attentato, avvenuto mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista.

Piazza della Loggia - Brescia - Strage
Brescia: la strage di Piazza della Loggia (28 maggio 1974) • Una riproduzione del manifesto della manifestazione durante la quale scoppiò la bomba che determinò la strage.

Il processo d’appello bis

A Milano si è appena aperto il processo d’appello bis a carico di Carlo Maria Maggi, un ex ispettore per il Triveneto di Ordine Nuovo, e Maurizio Tramonte, un uomo reputato vicino ai servizi; è stato assolto invece Delfo Zorzi. Nel corso della prima udienza, i giudici hanno dato la parola ai periti, che adesso dovranno stabilire se effettivamente Maggi è incapace di affrontare il processo, così come sostiene l’uomo. Ma andiamo con ordine.

Piazza della Loggia, il ricordo

Anche quest’anno, alle 10.12, è stato osservato un minuto di silenzio per commemorare le vittime dell’attentato in Piazza della Loggia a Brescia. In piazza, insieme ai familiari delle vittime, c’era il sindaco Emilio Del Bono, che ha dichiarato: “È una ferita che Brescia non riesce a rimarginare“.

Il discorso del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 28 maggio 2015

E’ sconfortante che, ancora oggi, dopo 41 anni, non siano stati individuati e puniti i responsabili di tanta barbarie. Sono con voi, e con i cittadini di Brescia, che – dichiara Mattarellanon dimenticheranno mai la tremenda strage del 28 maggio 1974. Quel vile attentato stroncò otto vite umane, provocò il ferimento di un centinaio di persone e produsse una ferita profonda non solo nell’animo sconvolto dei familiari ma nell’intero corpo sociale del nostro Paese”.

E continua: “dobbiamo continuare a fare memoria per tenere alta la guardia contro ogni forma di violenza, di fanatismo, di terrorismo. Per trasmettere alle giovani generazioni quei valori di partecipazione, di pace, di confronto nella libertà che sono le fondamenta vive della Costituzione repubblicana. Per guardare alla nostra storia con spirito di verità, cercando di squarciare il velo opaco delle omissioni, delle reticenze, delle complicità“.

Strage di Piazza della Loggia
Piazza Loggia, Brescia • Il punto in cui scoppiò la bomba è ancora oggi visibile

I processi per ricostruire la verità

Il primo processo della magistratura, nel 1979, portò alla condanna di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana. Tra questi, c’era Ermanno Buzzi che, in carcere in attesa d’appello, venne strangolato il 13 aprile 1981. Nel 1982, le condanne del giudizio di primo grado furono trasformate in assoluzioni, confermate poi nel 1985 dalla Corte di Cassazione. Nel 1984 dopo le rivelazioni di alcuni pentiti, fu seguito un secondo filone di indagini. I pentiti accusarono altri rappresentanti della destra eversiva. Indagini che durarono sino alla fine degli anni Ottanta. Anche questa volta gli imputati vennero assolti in primo grado nel 1987, per insufficienza di prove, prosciolti in appello nel 1989 con formula piena. Tutto confermato in Cassazione.

Il 19 maggio 2005 si tenne la terza istruttoria con la quale la Corte di Cassazione ha confermato la richiesta di arresto per Delfo Zorzi che sarebbe coinvolto nella strage di Piazza della Loggia. Il 15 maggio 2008 sono stati rinviati a giudizio i sei imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Pino Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi. Zorzi, Maggi e Tramonte erano all’epoca militanti di Movimento Politico Ordine Nuovo, un gruppo neofascista creato nel 1963 da Clemente Graziani. Francesco Delfino era invece un ex generale dei Carabinieri che, all’epoca, era responsabile del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Brescia, mentre Giovanni Maifredi era collaboratore del ministro degli Interni, Paolo Emilio Taviani.

Il 25 novembre 2008 si è tenuta la prima udienza, il 21 ottobre 2010, i giudici hanno emesso l’accusa di concorso in strage per tutti gli imputati, fatta eccezione per Pino Rauti per il quale era stata chiesta dalla stessa accusa l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”. Successivamente, il 16 novembre 2010, la Corte d’Assise ha emesso la sentenza di primo grado della terza istruttoria con la quale ha assolto tutti gli imputati per insufficienza di prove. Oltre alle assoluzioni, i giudici hanno stabilito il non luogo a procedere per Maurizio Tramonte per prescrizione del reato di calunnia e, inoltre, hanno disposto la revoca della misura cautelare per Delfo Zorzi. E ancora, il 14 aprile 2012, la Corte d’Assise ha confermato l’assoluzione per i sei imputati e condannato le parti civili al rimborso delle spese processuali, indicando la responsabilità di tre ordinovisti defunti, quali Carlo Digilio, Ermanno Buzzi e Marcello Soffiatti. Poi, il 21 febbraio 2014, la Corte di Cassazione ha annullato le assoluzioni di Maggi e Tramonte e confermato quelle di Zorzi e Delfino. Da qui il nuovo processo d’appello contro Tramonti e Maggi.

Le vittime

Tra le vittime della strage vanno ricordati: l’insegnante di francese, 34 anni, Giulietta Banzi Bazoli, l’insegnante di lettere alle medie, di 32 anni, Livia Bottardi in Milani, l’insegnante di fisica Alberto Trebeschi, 37 anni, Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante, il pensionato, ex partigiano di 69 anni Euplo Natali, Luigi Pinto, 25 anni, insegnante, l’operaio di 56 anni Bartolomeo Talenti e Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio.

L’epilogo

Nel mese di giugno 2017, dopo 43 anni e 11 processi, la Corte di Cassazione riconosce colpevoli gli ordinovisti Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte.

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La strage di Ustica https://cultura.biografieonline.it/strage-di-ustica/ https://cultura.biografieonline.it/strage-di-ustica/#respond Mon, 11 May 2015 17:03:02 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14240 Era il 27 giugno 1980 quando il volo Itavia 870 partito da Bologna con rotta Palermo si inabissò con 81 persone a bordo tra Ponza e Ustica. Da allora ci sono voluti anni affinché si arrivasse alla verità su quella terribile strage: “Il Dc-9 fu abbattuto da un missile”. Lo hanno affermato i giudici della prima sezione civile della Corte d’Appello di Palermo, che hanno rigettato i ricorsi dell’Avvocatura dello Stato contro le quattro sentenze del Tribunale siciliano.

Strage di Ustica - Prima pagina giornale
Strage di Ustica – La prima pagina de “La Repubblica”

Prima di questa sentenza del 2015, sono state formulate nel corso delle indagini quattro ipotesi: la prima, cedimento strutturale, la seconda, collisione con un altro aereo in volo, terza, bomba a bordo, quarta, un missile sparato da un altro aereo. Ma andiamo con ordine.

Rigettato il ricorso dei ministeri, 15 aprile 2015: Lo Stato dovrà pagare

La Corte di Appello civile di Palermo ha rigettato il ricorso dei ministeri della Difesa e dei Trasporti contro la sentenza del settembre 2011, sentenza del giudice Paola Protopisani, con la quale condannò lo Stato a risarcire con oltre 100 milioni di euro i 42 familiari di 17 vittime. La sentenza di Protopisani stabilì che la causa dell’abbattimento dell’aereo fu «un missile o collisione in una scena militare».

Strage di Ustica - foto aereo
Una foto del DC-9 Itavia I-TIGI, prima della strage di Ustica • Questa foto (tratta da Wikipedia) fu scattata nel 1972 durante un transito dell’aereo a Basilea (Svizzera).

La corte ha confermato la responsabilità dei ministeri per la morte dei passeggeri a bordo del volo Itavia 870. In più i giudici hanno rinviato alla sentenza definitiva, per la quale dovrà pronunciarsi la Cassazione a sezioni unite, l’esame delle singole voci del danno, rinviando la causa al 7 ottobre 2015.

La sera del 27 giugno 1980 e le prime indagini

L’aereo parte dall’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna: sono le 20.08, con due ore di ritardo rispetto all’orario previsto. L’arrivo a Palermo è previsto per le 21.15. Il Dc 9 viaggia con regolarità, con a bordo 81 persone: 64 passeggeri adulti, 11 ragazzini tra i due e i dodici anni, due bambini di 24 mesi e 4 uomini dell’equipaggio.

Il volo prosegue la sua rotta, sino a quando, poco prima delle 21 del Dc 9 si perdono le tracce radar, l’aereo scompare in mare. Da allora sino al 1986 della strage di Ustica non si parlerà più. Le indagini procedono molto lentamente. Viene fondata l’associazione dei familiari delle vittime perché, come dice Daria Bonfietti  “appariva sempre più chiaro che coloro che lottavano contro la verità esistevano, erano esistiti fin dagli istanti successivi il disastro e operavano a vari livelli, nelle nostre istituzioni democratiche, per tenere lontana, consapevolmente la verità”.

A novembre del 1984 viene nominato il primo collegio peritale e il 16 marzo 1989 il collegio consegna al giudice istruttore Bucarelli la relazione. Quindi i sei periti che fanno parte del collegio rilasciano alla stampa una dichiarazione: “Tutti gli elementi a disposizione fanno concordemente ritenere che l’incidente occorso al DC9 sia stato causato da un missile esploso in prossimità della zona anteriore dell’aereo. Allo stato odierno mancano elementi sufficienti per precisarne il tipo, la provenienza e l’identità”.

Dunque il giudice gli assegna il compito di proseguire nelle indagini per identificare il tipo di missile, ma le pressioni fanno sì che vacillino le iniziali certezze: due periti su sei non saranno più certi del missile. Nel frattempo, a seguito di uno scontro tra l’onorevole Giuliano Amato, ai tempi Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, e il giudice Bucarelli, il giudice abbandonerà l’indagine, che di conseguenza passerà al giudice Rosario Priore.

La Commissione Stragi

Il Parlamento si interessa direttamente della vicenda, a seguito di una vasta mobilitazione dell’opinione pubblica, con la Commissione Stragi, presieduta da Libero Gualtieri, che nell’aprile 1992 approva una relazione: “per la Commissione è possibile indicare al Parlamento le responsabilità delle istituzioni militari per avere trasformato una ‘normale’ inchiesta sulla perdita di un aereo civile, con tutti i suoi 81 passeggeri, in un insieme di menzogne, di reticenze, di deviazioni, al termine del quale, alle 81 vittime, se ne è aggiunta un’altra: quell’Aeronautica militare che, per quello che ha rappresentato e che rappresenta, non meritava certo di essere trascinata nella sua interezza in questa avventura”.

Il 15 maggio 1992 i generali all’epoca dei fatti  ai vertici dell’aeronautica vengono incriminati per alto tradimento, “perché, dopo aver omesso di riferire alle Autorità politiche e a quella giudiziaria le informazioni concernenti la possibile presenza di traffico militare statunitense, la ricerca di mezzi aeronavali statunitensi a partire dal 27 giugno 1980, l’ipotesi di un’esplosione coinvolgente il velivolo e i risultati dell’analisi dei tracciati radar, abusando del proprio ufficio, fornivano alle Autorità politiche informazioni errate.”

Le indagini del giudice Priore

Sono i primi mesi del 1994 quando vengono resi noti i risultati delle perizie commissionate dal giudice Priore. Dalle perizie emerge che è escluso che sul Dc 9 sia esplosa una bomba. Non ci sono infatti tracce di esplosione sulle vittime, né segni di strappi da esplosione sui metalli, le analisi chimiche escludono l’ipotesi di una bomba e persino gli esperimenti e le simulazioni danno esito negativo.

Passano pochi mesi e a luglio gli stessi periti avanzano l’ipotesi di una bomba, ma non sapranno dire come era fatta e né dove fosse collocata. Per i pm Coiro, Salvi e Rosselli e anche per il giudice Priore, “il lavoro dei periti d’ufficio é affetto da tali e tanti vizi di carattere logico, da molteplici contraddizioni e distorsioni del materiale probatorio da renderlo inutilizzabile”. Rimangano i dubbi sull’attività svolta dai periti, alcuni dei quali verranno estromessi dal giudice istruttore che li aveva nominati.

Le indagini si spostano sui radar: viene chiesta la collaborazione della Nato

Il cielo si vuole fare credere vuoto da ogni presenza di voli militari, ma a questo punto si chiede la collaborazione della Nato. A fine agosto del 1999 il giudice Priore sentenzia: “l’incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento”. Quindi quella notte sul cielo di Ustica c’era la guerra. Nel 2000 inizia il processo contro i vertici dell’Aeronautica che nell’aprile del 2004 vengono assolti per prescrizione. Tuttavia si riconoscerà che hanno omesso di riferire alle autorità politiche i risultati dell’esame dei tracciati radar di Fiumicino/Ciampino.

Strage di Ustica: una mappa illustrata che aiuta a capire dove sia caduto l'aereo
Strage di Ustica: una mappa illustrata che aiuta a capire dove sia caduto l’aereo

Proprio quei tracciati vedono la presenza di una manovra d’attacco al Dc9. Inoltre, viene riconosciuto che hanno fornito informazioni errate alle autorità escludendo la presenza di altri aerei militari nella tragedia dell’aereo civile.  La vicenda della strage di Ustica sembrava conclusa il 10 gennaio 2007, quando la Prima sezione penale della Corte di Cassazione conferma la sentenza di assoluzione, con formula piena, per i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri dall’accusa di alto tradimento: non è stato individuato nessun colpevole.

I due generali nell’informare il ministero della Difesa sulla situazione nei cieli italiani della sera dell’abbattimento del Dc 9 avevano escluso il coinvolgimento di altri aerei italiani o della Nato, militari o civili. Così, con questa sentenza, a distanza di 27 anni, il processo penale si chiude senza la possibilità di ottenere giustizia. Ma nel febbraio 2008, la dichiarazione dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che sostiene ai microfoni della Rai che il Dc9 è stato abbattuto da un missile lanciato da un jet militare francese, la procura della repubblica di Roma apre il 21 giugno 2008 una nuova inchiesta.

Le morti sospette

L’elenco di morti sospette dei cosiddetti “suicidi in ginocchio” è lungo. L’elenco si apre il 3 agosto 1980 con l’incidente stradale in cui muore il colonnello dell’Aeronautica militare Pierangelo Tedoldi, 41 anni, comandante dell’aeroporto di Grosseto.

È il 23 gennaio 1983 quando in un altro incidente stradale muore il sindaco di Grosseto, Giovanni Battista Finetti. Il sindaco aveva raccolto le testimonianze di alcuni ufficiali dell’Aeronautica. Secondo tali confidenze, due caccia italiani si erano sollevati in volo dalla base toscana per abbattere un Mig libico.

Il 28 agosto 1988, in Germania, a Ramstein, nel corso di un’esibizione aerea delle Frecce Tricolori, muoiono i due piloti, Mario Naldini, 41 anni, e Ivo Nutarelli, 38 anni, gli stessi che la sera del 27 giugno 1980 avevano lanciato segnali di emergenza, decollati da Grosseto.

Il 1° febbraio del 1991 il maresciallo dell’Aeronautica, Antonio Muzio, viene ucciso con tre colpi di pistola a Vibo Valentia; nell’anno della strage di Ustica prestava servizio alla torre di controllo di Lamezia terme. Segue, il 2 febraio 1992, l’incidente stradale in cui rimane vittima il maresciallo Antonio Pagliara: negli anni Ottanta era in servizio a Otranto con funzioni di controllo per la Difesa Aerea.

Il 12 gennaio 1993 viene ammazzato a Bruxelles l’ex generale Roberto Boemio, testimone – chiave. L’alto ufficiale aveva collaborato su Ustica con la magistratura e le modalità dell’omicidio secondo la magistratura belga coinvolgono “i servizi segreti internazionali”.

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Il mistero del triangolo delle Bermude https://cultura.biografieonline.it/triangolo-delle-bermude/ https://cultura.biografieonline.it/triangolo-delle-bermude/#respond Wed, 01 Jan 2014 18:52:18 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9084 Il triangolo delle Bermuda, o delle Bermude, è una zona di mare localizzata nell’Oceano Atlantico e comprende, al suo vertice nord, la parte meridionale delle isole delle Bermuda, al vertice sud est la zona occidentale dell’isola di Porto Rico e, ad ovest, il punto più a sud della Florida; è una vasta zona di mare di circa 1.100.000 km². Fin dal passato si era diffusa la convinzione che numerosi episodi di sparizioni di navi ed aerei fossero accadute proprio in quella zona. Motivo per cui detta zona di mare viene denominata anche “Triangolo maledetto” o “Triangolo del diavolo“.

Il Triangolo delle Bermude
Mappa del Triangolo delle Bermude

Nel tempo si possono annoverare numerosi casi di aerei e navi scomparsi, nei quali sarebbero morte più di un migliaio di persone. Tante sono state le teorie espresse dagli storici per giustificare il fenomeno: da quella fantasiosa di vite extraterrestri che proprio in quella zona avrebbero le loro basi acquatiche, a quella che accredita proprio quella zona come il punto in cui sorgeva la mitica Atlantide.

Nel 1950, in un articolo redatto da Edward Van Winkle Jones per Associated Press, vengono evidenziate le prime sparizioni che poi con ricerche accurate vennero pre datate di più di un secolo. Poi fu la volta di George Sand che, anni dopo, dalle pagine della rivista Fate denunciò la misteriosa sparizione del Volo 19 e di un gruppo di cinque navi della United States Navy. Nel libro del 1974 di Charles Berlitz, “Bermuda il triangolo maledetto”, viene evidenziata con cronologia storica la sequenza di eventi misteriosi che hanno fatto decollare il mito del “mistero”.

Triangolo delle Bermuda
Triangolo delle Bermuda

Secondo l’autore, la zona sarebbe stata caratterizzata da misteriosi fenomeni accostabili ad attività paranormali ed anche agli Ufo. Negli anni a venire Richard Winer con “The Devil’s Triangle”, John Wallace Spencer in “Limbo of the lost” ed i seguenti trattati di ricerca di Charles Berlitz, evidenziarono i misteri avvenuti in quell’area. Lawrence David Kusche, autore del libro “The Bermuda Triangle Mystery: Solved”, pubblicato nel 1975, confutò le teorie definite dallo stesso Berlitz. Bisogna però ricordare che quella specifica zona di mare è molto spesso colpita da tempeste, tifoni ed uragani di elevata potenza, possibili cause naturali degli affondamenti delle navi o delle precipitazioni dei velivoli.

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Perché gli egizi costruirono le piramidi? https://cultura.biografieonline.it/piramidi-perche-furono-costruite/ https://cultura.biografieonline.it/piramidi-perche-furono-costruite/#comments Wed, 13 Nov 2013 20:55:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8577 Secondo numerose ricerche effettuate da studiosi ed archeologi, gli abitanti dell’Antico Egitto usavano costruire durante L’Antico e Medio Regno, piramidi erette come veri e propri monumenti funerari al di sopra della tomba del sovrano.

Le piramidi nella piana di Giza
Egitto: le piramidi della piana di Giza, presso Il Cairo

In questo senso le piramidi erano considerate dei monumenti funebri destinati ad ospitare faraoni e nobili, tumulati insieme a tutte le loro ricchezze. Secondo altre fonti, antiche, invece le piramidi venivano erette per custodire e tramandare, impresse nella pietra, tutto il bagaglio di conoscenze astronomiche, matematiche e geografiche che erano in possesso dell’antico popolo egizio. Alla costruzione di tali strutture partecipavano architetti, ingegneri, matematici ma soprattutto operai e gli schiavi che eseguivano la costruzione materiale, seguendo le dritte impartite.

Le piramidi egizie avevano base quadrata e quattro facce lisce che congiungevano gli spigoli della base al vertice, costituito dal pyramidion. Per la costruzione di tale struttura, gli egizi impiegavano circa vent’anni di lavoro e venivano erette sulla sponda sinistra del fiume Nilo meno soggetta ad esondazioni.

La piramide di Cheope
La piramide di Cheope

La più importante piramide è senza dubbio quella del Faraone Cheope, unica delle sette meraviglie del mondo antico pervenuta intatta fino ai giorni nostri. Alta ben 147 metri, è situata a Giza, vicino al Cairo. Per la costruzione di tale piramide sono stati adoperati ben 2.500.000 blocchi di pietra e all’incirca 400.000 uomini, in particolare ben 4000 artigiani specializzati nel taglio della pietra.

Tra le altre piramidi erette a Giza, ricordiamo anche quella di Chefren e di Micerino costruite in onore della scomparsa di questi due potenti faraoni e l’imponente piramide dedicata a Djoser, faraone della terza dinastia egizia che la volle fermamente e che venne progettata dall’architetto Imhotep.

Piramide di Chefren - sommità
La piramide di Chefren

Gli egiziani avrebbero scelto tale forma per la costruzione delle tombe funerarie dei faraoni, perché a detta loro, una costruzione così si innalzava al cielo e quindi dava la possibilità allo spirito di comunicare con gli dei.

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