madrigale Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Wed, 24 May 2023 13:09:36 +0000 it-IT hourly 1 Lavandare, analisi, parafrasi e commento alla poesia di Pascoli https://cultura.biografieonline.it/lavandare-pascoli/ https://cultura.biografieonline.it/lavandare-pascoli/#comments Wed, 24 May 2023 07:14:21 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18565 Il componimento “Lavandare” viene inserito da Giovanni Pascoli solo nella terza edizione di Myricae (1894) e fa parte della sezione L’ultima passeggiataMyricae è stata la prima raccolta del poeta ed ha avuto una vicenda editoriale piuttosto complessa. Una prima edizione, composta da sole 22 liriche, venne pubblicata nel 1891 in occasione del matrimonio di un amico. Negli anni successivi il poeta ampliò il corpus delle liriche fino ad un totale di 156 e l’edizione definitiva fu quella del 1900.

Lavandare - testo della poesia di Giovanni Pascoli

Il titolo è in latino ed indica la pianta delle tamerici (piccoli arbusti della macchia mediterranea): il poeta lo ha ricavato da un verso delle Bucoliche di Virgilio che recita:

non omnes iuvant arbusta humilesque myricae
(non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici).

Pascoli rovescia però questa negazione e dedica la sua raccolta di poesie proprio ad una pianta umile e semplice perché vuole dare spazio alla descrizione delle piccole cose di campagna. La raccolta comprende 15 sezioni e prevalgono i testi brevi, come Lavandare. Per quanto riguarda i temi, Myricae può considerarsi una sorta di diario ricco delle impressioni del poeta e quindi un romanzo autobiografico: predominano quindi il tema della morte del padre, del paesaggio che diventa il simbolo della condizione interiore.

Lavandare: il testo

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.

Parafrasi

Nel campo che è per metà arato per metà no
c’è un aratro senza buoi che sembra
dimenticato, in mezzo alla nebbia.

E scandito dalla riva del fiume si sente
il rumore delle lavandaie che lavano i panni,
sbattendoli, e lunghe cantilene:

Il vento soffia e ai rami cadono le foglie,
e tu non sei ancora tornato!
da quando sei partito sono rimasta
come un aratro abbandonato in mezzo al campo.

Analisi della poesia

Lavandare è un madrigale, composto da due terzine e una quartina di endecasillabi con rime ABA CBC DEDE.

La lirica descrive le sensazioni del poeta che, mentre i campi sono avvolti dalla nebbia, sente in lontananza i suoni provenienti dal lavatoio e i lunghi canti delle lavandaie. Nella prima strofa viene descritto un campo immerso nella nebbia su cui spicca un aratro abbandonato. Dominano i colori spenti: il campo viene descritto infatti come mezzo grigio e mezzo nero.

Nella seconda strofa viene descritto il rumore dei panni che vengono lavati nell’acqua e il canto delle lavandaie. Qui prevalgono le sensazioni uditive (suono dei panni, il canto triste, il tonfo).

Nella terza strofa viene riportata la canzone cantata dalle lavandaie che parla di una giovane donna abbandonata dall’innamorato e che è rimasta sola come l’aratro in mezzo al campo. La lirica è quindi circolare: si apre e si chiude con l’immagine- simbolo dell’aratro abbandonato che rappresenta la solitudine. Questa scena descritta nella poesia serve proprio a trasmettere la sensazione di abbandono e malinconia che rinvia proprio al poeta stesso: egli si sente abbandonato dai suoi cari perché è rimasto orfano del padre e la sua vita è stata funestata da una serie di lutti. Il paesaggio diventa quindi un simbolo per raccontare il proprio stato d’animo.

La poesia Lavandare si caratterizza per il ritmo lento, quasi da cantilena, l’utilizzo di molte allitterazioni (v. 8 tu non torni, v. 10 in mezzo alla maggese) di rime interne (v. 5 sciabordare-lavandare).  Importante l’utilizzo transitivo del verbo nevicare al verso 7: il ramo fa cadere le foglie come fossero fiocchi di neve.

Giovanni Pascoli
Una foto di Giovanni Pascoli

È presente anche una similitudine al verso 10 come paragone tra la ragazza abbandonata e l’aratro in mezzo al campo.  Questa rappresentazione della natura in una delle liriche più lette del Pascoli aiuta il lettore a percepire la sensazione di vuoto e abbandono, sempre presente nell’animo del poeta, come una ferita mai sanata.

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Musica rinascimentale: breve storia e riassunto https://cultura.biografieonline.it/musica-rinascimentale/ https://cultura.biografieonline.it/musica-rinascimentale/#comments Wed, 20 Jan 2016 04:12:12 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16198 L’arte musicale attraversò un periodo felice nell’epoca del Rinascimento (che si colloca tra la fine del XIV e la prima metà del XV secolo). Nel Cinquecento, le arti e le scienze ebbero un periodo di rifioritura e di rinnovamento. Con questo articolo andremo a fare un breve approfondimento sulla musica rinascimentale.

Musica rinascimentale - Liuto
Musica rinascimentale: uno degli strumenti più diffusi era il liuto. Nella foto: “Giovane suonatore di liuto girato a destra” (1625, Frans Hals – Museo del Louvre, Parigi)

La musica profana, che con l’ars nova aveva raggiunto una dignità propria liberandosi da uno stato di lunga soggezione, diventò importante grazie allo sviluppo della polifonia vocale. Nel Rinascimento, l’Italia fu al centro di grandi rinnovamenti, stimolati da una libera fantasia e dai frequenti scambi di musicisti che passavano con disinvoltura da una corte all’altra, da una chiesa o da una cappella all’altra. In diverse città sorsero centri di attività musicale. In questo periodo si svilupparono due forme musicali: il madrigale e la frottola, che venivano rappresentate nelle corti.

Il madrigale

Il madrigale vedeva insieme dalle quattro alle sei voci, il tema principale era l’amore e i testi che venivano adottati dai madrigalisti erano quelli dei grandi poeti del passato, tra i quali Dante, Petrarca e Boccaccio o quelli contemporanei: Ludovico Ariosto e Torquato Tasso. Famosi madrigali furono Luca Marenzio e Carlo Gesualdo.

La frottola

Altra forma musicale tipicamente italiana fu la frottola, che nacque presso la corte di Mantova, di contenuto popolare e di forma poetico-musicale. Questa ebbe grande diffusione tra la fine del Quattrocento ed il 1520 e di solito era a quattro voci.

Musica rinascimentale: le scuole musicali in Italia e all’estero

Intanto all’estero si andavano affermando grandi scuole musicali, quella spagnola, francese, fiamminga e austriaca, mentre in Italia i centri musicali del Cinquecento erano principalmente due: Venezia e Roma. La scuola veneziana attinse gli insegnamenti da quella dei compositori fiamminghi; quella romana invece si sviluppò successivamente nella seconda parte del Cinquecento e vide come maestro Giovanni Pierluigi da Palestrina. La scuola veneziana nacque in una Venezia spensierata, libera e mondana, che diede vita a polifonie che furono arricchite di sonorità nuove. Insieme alla musica sacra, fiorì l’elegante madrigale cinquecentesco, si diffusero frottole, villanelle, scherzi, mascherate, in un intreccio di voci.

La scuola veneziana

La scuola veneziana ebbe inizio con Adrian Willaert, che proveniva dalla scuola fiamminga e che operò nella Basilica di San Marco, centro della musica religiosa. A lui si attribuisce l’uso del doppio coro in San Marco con due organi collocati uno davanti all’altro. La scuola di Venezia si affermò con Andrea Gabrieli e si impose con Giovanni Gabrieli: questi unì al suono dell’organo quello dei flauti, delle viole, dei tromboni, dei cornetti, oltre alle voci. Capolavori del genere profano furono creati da Luca Marenzio e da Carlo Gesualdo di Venosa. In particolare, può essere considerato il grande maestro della scuola veneziana Claudio Monteverdi.

La scuola romana

La scuola romana trattò esclusivamente musica sacra nello stile polifonico per sole voci. Elemento che caratterizzò queste forme di musica sacra fu lo stile a cappella, chiamato così perché le esecuzioni avvenivano nella Cappella Sistina, che non possedeva l’organo.

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