incidenti militari Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Thu, 19 Nov 2020 08:59:14 +0000 it-IT hourly 1 La strage di Ustica https://cultura.biografieonline.it/strage-di-ustica/ https://cultura.biografieonline.it/strage-di-ustica/#respond Mon, 11 May 2015 17:03:02 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14240 Era il 27 giugno 1980 quando il volo Itavia 870 partito da Bologna con rotta Palermo si inabissò con 81 persone a bordo tra Ponza e Ustica. Da allora ci sono voluti anni affinché si arrivasse alla verità su quella terribile strage: “Il Dc-9 fu abbattuto da un missile”. Lo hanno affermato i giudici della prima sezione civile della Corte d’Appello di Palermo, che hanno rigettato i ricorsi dell’Avvocatura dello Stato contro le quattro sentenze del Tribunale siciliano.

Strage di Ustica - Prima pagina giornale
Strage di Ustica – La prima pagina de “La Repubblica”

Prima di questa sentenza del 2015, sono state formulate nel corso delle indagini quattro ipotesi: la prima, cedimento strutturale, la seconda, collisione con un altro aereo in volo, terza, bomba a bordo, quarta, un missile sparato da un altro aereo. Ma andiamo con ordine.

Rigettato il ricorso dei ministeri, 15 aprile 2015: Lo Stato dovrà pagare

La Corte di Appello civile di Palermo ha rigettato il ricorso dei ministeri della Difesa e dei Trasporti contro la sentenza del settembre 2011, sentenza del giudice Paola Protopisani, con la quale condannò lo Stato a risarcire con oltre 100 milioni di euro i 42 familiari di 17 vittime. La sentenza di Protopisani stabilì che la causa dell’abbattimento dell’aereo fu «un missile o collisione in una scena militare».

Strage di Ustica - foto aereo
Una foto del DC-9 Itavia I-TIGI, prima della strage di Ustica • Questa foto (tratta da Wikipedia) fu scattata nel 1972 durante un transito dell’aereo a Basilea (Svizzera).

La corte ha confermato la responsabilità dei ministeri per la morte dei passeggeri a bordo del volo Itavia 870. In più i giudici hanno rinviato alla sentenza definitiva, per la quale dovrà pronunciarsi la Cassazione a sezioni unite, l’esame delle singole voci del danno, rinviando la causa al 7 ottobre 2015.

La sera del 27 giugno 1980 e le prime indagini

L’aereo parte dall’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna: sono le 20.08, con due ore di ritardo rispetto all’orario previsto. L’arrivo a Palermo è previsto per le 21.15. Il Dc 9 viaggia con regolarità, con a bordo 81 persone: 64 passeggeri adulti, 11 ragazzini tra i due e i dodici anni, due bambini di 24 mesi e 4 uomini dell’equipaggio.

Il volo prosegue la sua rotta, sino a quando, poco prima delle 21 del Dc 9 si perdono le tracce radar, l’aereo scompare in mare. Da allora sino al 1986 della strage di Ustica non si parlerà più. Le indagini procedono molto lentamente. Viene fondata l’associazione dei familiari delle vittime perché, come dice Daria Bonfietti  “appariva sempre più chiaro che coloro che lottavano contro la verità esistevano, erano esistiti fin dagli istanti successivi il disastro e operavano a vari livelli, nelle nostre istituzioni democratiche, per tenere lontana, consapevolmente la verità”.

A novembre del 1984 viene nominato il primo collegio peritale e il 16 marzo 1989 il collegio consegna al giudice istruttore Bucarelli la relazione. Quindi i sei periti che fanno parte del collegio rilasciano alla stampa una dichiarazione: “Tutti gli elementi a disposizione fanno concordemente ritenere che l’incidente occorso al DC9 sia stato causato da un missile esploso in prossimità della zona anteriore dell’aereo. Allo stato odierno mancano elementi sufficienti per precisarne il tipo, la provenienza e l’identità”.

Dunque il giudice gli assegna il compito di proseguire nelle indagini per identificare il tipo di missile, ma le pressioni fanno sì che vacillino le iniziali certezze: due periti su sei non saranno più certi del missile. Nel frattempo, a seguito di uno scontro tra l’onorevole Giuliano Amato, ai tempi Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, e il giudice Bucarelli, il giudice abbandonerà l’indagine, che di conseguenza passerà al giudice Rosario Priore.

La Commissione Stragi

Il Parlamento si interessa direttamente della vicenda, a seguito di una vasta mobilitazione dell’opinione pubblica, con la Commissione Stragi, presieduta da Libero Gualtieri, che nell’aprile 1992 approva una relazione: “per la Commissione è possibile indicare al Parlamento le responsabilità delle istituzioni militari per avere trasformato una ‘normale’ inchiesta sulla perdita di un aereo civile, con tutti i suoi 81 passeggeri, in un insieme di menzogne, di reticenze, di deviazioni, al termine del quale, alle 81 vittime, se ne è aggiunta un’altra: quell’Aeronautica militare che, per quello che ha rappresentato e che rappresenta, non meritava certo di essere trascinata nella sua interezza in questa avventura”.

Il 15 maggio 1992 i generali all’epoca dei fatti  ai vertici dell’aeronautica vengono incriminati per alto tradimento, “perché, dopo aver omesso di riferire alle Autorità politiche e a quella giudiziaria le informazioni concernenti la possibile presenza di traffico militare statunitense, la ricerca di mezzi aeronavali statunitensi a partire dal 27 giugno 1980, l’ipotesi di un’esplosione coinvolgente il velivolo e i risultati dell’analisi dei tracciati radar, abusando del proprio ufficio, fornivano alle Autorità politiche informazioni errate.”

Le indagini del giudice Priore

Sono i primi mesi del 1994 quando vengono resi noti i risultati delle perizie commissionate dal giudice Priore. Dalle perizie emerge che è escluso che sul Dc 9 sia esplosa una bomba. Non ci sono infatti tracce di esplosione sulle vittime, né segni di strappi da esplosione sui metalli, le analisi chimiche escludono l’ipotesi di una bomba e persino gli esperimenti e le simulazioni danno esito negativo.

Passano pochi mesi e a luglio gli stessi periti avanzano l’ipotesi di una bomba, ma non sapranno dire come era fatta e né dove fosse collocata. Per i pm Coiro, Salvi e Rosselli e anche per il giudice Priore, “il lavoro dei periti d’ufficio é affetto da tali e tanti vizi di carattere logico, da molteplici contraddizioni e distorsioni del materiale probatorio da renderlo inutilizzabile”. Rimangano i dubbi sull’attività svolta dai periti, alcuni dei quali verranno estromessi dal giudice istruttore che li aveva nominati.

Le indagini si spostano sui radar: viene chiesta la collaborazione della Nato

Il cielo si vuole fare credere vuoto da ogni presenza di voli militari, ma a questo punto si chiede la collaborazione della Nato. A fine agosto del 1999 il giudice Priore sentenzia: “l’incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento”. Quindi quella notte sul cielo di Ustica c’era la guerra. Nel 2000 inizia il processo contro i vertici dell’Aeronautica che nell’aprile del 2004 vengono assolti per prescrizione. Tuttavia si riconoscerà che hanno omesso di riferire alle autorità politiche i risultati dell’esame dei tracciati radar di Fiumicino/Ciampino.

Strage di Ustica: una mappa illustrata che aiuta a capire dove sia caduto l'aereo
Strage di Ustica: una mappa illustrata che aiuta a capire dove sia caduto l’aereo

Proprio quei tracciati vedono la presenza di una manovra d’attacco al Dc9. Inoltre, viene riconosciuto che hanno fornito informazioni errate alle autorità escludendo la presenza di altri aerei militari nella tragedia dell’aereo civile.  La vicenda della strage di Ustica sembrava conclusa il 10 gennaio 2007, quando la Prima sezione penale della Corte di Cassazione conferma la sentenza di assoluzione, con formula piena, per i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri dall’accusa di alto tradimento: non è stato individuato nessun colpevole.

I due generali nell’informare il ministero della Difesa sulla situazione nei cieli italiani della sera dell’abbattimento del Dc 9 avevano escluso il coinvolgimento di altri aerei italiani o della Nato, militari o civili. Così, con questa sentenza, a distanza di 27 anni, il processo penale si chiude senza la possibilità di ottenere giustizia. Ma nel febbraio 2008, la dichiarazione dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che sostiene ai microfoni della Rai che il Dc9 è stato abbattuto da un missile lanciato da un jet militare francese, la procura della repubblica di Roma apre il 21 giugno 2008 una nuova inchiesta.

Le morti sospette

L’elenco di morti sospette dei cosiddetti “suicidi in ginocchio” è lungo. L’elenco si apre il 3 agosto 1980 con l’incidente stradale in cui muore il colonnello dell’Aeronautica militare Pierangelo Tedoldi, 41 anni, comandante dell’aeroporto di Grosseto.

È il 23 gennaio 1983 quando in un altro incidente stradale muore il sindaco di Grosseto, Giovanni Battista Finetti. Il sindaco aveva raccolto le testimonianze di alcuni ufficiali dell’Aeronautica. Secondo tali confidenze, due caccia italiani si erano sollevati in volo dalla base toscana per abbattere un Mig libico.

Il 28 agosto 1988, in Germania, a Ramstein, nel corso di un’esibizione aerea delle Frecce Tricolori, muoiono i due piloti, Mario Naldini, 41 anni, e Ivo Nutarelli, 38 anni, gli stessi che la sera del 27 giugno 1980 avevano lanciato segnali di emergenza, decollati da Grosseto.

Il 1° febbraio del 1991 il maresciallo dell’Aeronautica, Antonio Muzio, viene ucciso con tre colpi di pistola a Vibo Valentia; nell’anno della strage di Ustica prestava servizio alla torre di controllo di Lamezia terme. Segue, il 2 febraio 1992, l’incidente stradale in cui rimane vittima il maresciallo Antonio Pagliara: negli anni Ottanta era in servizio a Otranto con funzioni di controllo per la Difesa Aerea.

Il 12 gennaio 1993 viene ammazzato a Bruxelles l’ex generale Roberto Boemio, testimone – chiave. L’alto ufficiale aveva collaborato su Ustica con la magistratura e le modalità dell’omicidio secondo la magistratura belga coinvolgono “i servizi segreti internazionali”.

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L’incidente del sottomarino nucleare K-141 Kursk https://cultura.biografieonline.it/lincidente-del-sottomarino-nucleare-k-141-kursk/ https://cultura.biografieonline.it/lincidente-del-sottomarino-nucleare-k-141-kursk/#respond Tue, 17 Apr 2012 23:53:24 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=1537 Il K-141 Kursk era uno dei migliori sottomarini della marina russa. Fu varato nel 1995 e apparteneva alla Classe Oscar II, nome in codice dato dalla Nato ai sottomarini russi dotati di missili antinave e di testate nucleari. Era lungo154 metri, largo 18,2 metri e alto 9,2 metri. Poteva raggiungere una velocità di 32 nodi. L’equipaggio era formato da 118 uomini di cui 52 ufficiali. Il suo utilizzo abituale era il pattugliamento dei mari direttamente controllati dalla Russia e lo svolgimento di alcune esercitazioni che potevano riguardare manovre di attacco e difesa e il lancio di siluri a salve.

Il sottomarino nucleare russo Kursk K-141
Il sottomarino nucleare russo Kursk K-141

Nell’agosto del 2000 il sottomarino Kursk si trovava nel mare di Barens e la sua missione consisteva in una esercitazione durante la quale avrebbe dovuto sparare alcuni siluri a salve contro l’incrociatore “Pietro il Grande” appartenente classe Kirov.

Il 12 agosto durante le operazioni balistiche ci fu un’esplosione nella zona di lancio dei siluri, il sommergibile fu gravemente danneggiato ed iniziò ad imbarcare acqua, il sistema di controllo andò in tilt e una parte consistente dell’equipaggio morì. Una seconda esplosione, più deflagrante della prima, seppellì il Kursk, che si era già adagiato sul fondo marino, di detriti che intralciarono in seguito le operazioni di recupero.

Il sottomarino Kursk
Una foto del Kursk

Quando il sottomarino fu coperto dai detriti quasi tutti i membri dell’equipaggio erano morti. Solo 23 persone si spostarono in una zona non ancora invasa dall’acqua che tuttavia aveva delle forti infiltrazioni. Le comunicazioni con i superstiti erano impossibili ma in seguito, quando i soccorritori riuscirono a riportare in superficie il Kursk, trovarono alcuni lettere lasciate da alcuni di loro. Le ultime ore furono terribili perché, mentre l’ossigeno veniva consumato e l’acqua saliva di livello, poche erano le luci accese che si affievolirono nel giro di alcune ore e i  marinai sopravvissuti morirono la buio.

La commozione fu intensissima in tutta la Russia e in gran parte del mondo anche perché l’allarme, a livello internazionale, fu dato dopo 48 ore poiché il governo russo voleva tenere nascosta la notizia; questo affievolì ulteriormente le speranze dei superstiti che, infatti, furono recuperati già morti da una nave norvegese chiamata troppo tardi per effettuare un intervento di salvataggio.

La questione del salvataggio fu controversa, i tentativi russi fallirono tutti: prima si cercò di raggiungere il sottomarino con due capsule ma le condizioni del mare impedirono il successo dell’operazione che comunque si effettuò con una strumentazione inadeguata. Dopo questi fallimenti il Ministro degli Esteri Motsak ammise ufficialmente le difficoltà del suo governo e chiese aiuto a livello internazionale per un recupero veloce e urgente del relitto. La Norvegia inviò due navi predisposte per le operazioni di salvataggio la “Normand Pioneer” e la “Seaway Eagle”. Un mini sommergibile guidato da norvegesi e inglesi riuscì, il 19 agosto, ad introdursi nel relitto e a constatare che tutti gli uomini dell’equipaggio erano morti.

Nei giorni in cui si tentò di arrivare al sottomarino le polemiche, soprattutto all’interno della Russia, raggiunsero livelli molto acuti in particolare quando sembrò che il governo volesse nascondere le verità sull’incidente. In seguito, infatti, si parlò di una ipotesi completamente diversa da quella ufficiale sulle cause del disastro.

La versione ufficiale fu che il Kursk aveva subito l’esplosione di uno dei suoi siluri che causò una reazione a catena dirompente all’interno della struttura del sottomarino comportando una seconda esplosione fortissima e micidiale. La causa dell’esplosione fu la perdita di perossido d’idrogeno che veniva utilizzato come propellente per i siluri.

Il governo russo, tuttavia, aveva dichiarato, prima di dare questa versione ufficiale, che il sommergibile era stato colpito da un altro battello non di nazionalità russa. I primi sospetti, legati a questa ipotesi, caddero sulle due navi americane che seguivano a distanza l’esercitazione della marina russa: la “USS Memphis” e la “USS Toledo”. Il governo americano smentì immediatamente la notizia che peraltro alcuni giornali sia europei che americani avevano rilanciato senza alcuna prova, a parte le foto del sottomarino in cui appariva un foro circolare che poteva essere stata causata da un siluro.

Per insabbiare rapidamente tali sospetti e non consentire una libera analisi dei fatti, alcuni giornali ipotizzarono che il governo russo e il governo americano si fossero accordati economicamente: alla Russia sarebbe stato annullato un debito di diversi miliardi di dollari.

Questa teoria in seguito fu abbandonata sia per mancanza di prove sia perché il governo russo, dopo un’inchiesta ufficiale, decretò la tragedia del Kursk conseguenza di un incidente interno al sottomarino.

Il governo promise di trasformare la torre centrale del Kursk in un monumento nazionale ma nel 2009 il canale 21 di nazionalità russa scoprì il relitto in condizioni pietose e abbandonato in una discarica sulla penisola di Kala; tale notizia suscitò un moto di sdegno nell’opinione pubblica e l’intervento del comandante della flotta del Nord che promise di prendersi cura della torretta.

Non si ebbero notizie, in seguito, sulla fine ultima della torretta; tuttavia, con dolorosa ironia, si venne a sapere che il motivo principale del fallimento di questo progetto era stata la mancanza di fondi.

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