illuminismo Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 26 Mar 2024 07:05:40 +0000 it-IT hourly 1 Illuminismo, i personaggi principali: riassunto per la scuola https://cultura.biografieonline.it/illuminismo-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/illuminismo-riassunto/#comments Tue, 26 Mar 2024 05:42:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19649 L’Illuminismo è un movimento intellettuale, politico e ideologico che nacque nell’Europa del Settecento. Esso ha caratterizzato tutto l’orientamento culturale del secolo stesso ed è stato fondamentale perché ha stravolto il pensiero intellettuale e non solo. Nacque in Francia ma si diffuse molto presto in Inghilterra e poi in tutta l’Europa, arrivando perfino al Nord America.

Illuminismo - Enciclopedia
Il frontespizio della “Enciclopedia”, l’opera simbolo dell’Illuminismo

La parola Illuminismo (in francese Lumieres, in inglese Enlightenment) deriva da lume: esso infatti ha lo scopo di illuminare le menti e il mondo, attraverso la ragione, per allontanare le tenebre della superstizione e dell’ignoranza .

Questo movimento, fondamentale per la nascita della cultura moderna, parte da un’idea di fondo. Gli uomini possono salvarsi non attraverso il ruolo di Dio (e quindi attraverso la religione) ma mediante l’uso del libero pensiero.

La rivoluzione dell’Illuminismo

Questo concetto era profondamente rivoluzionario per un periodo, quello del Settecento, da cui si era appena usciti dall’epoca degli assolutismi. I sovrani sfruttavano, quindi, la religione per imporre il proprio potere. Il re in persona veniva considerato diretto discendente divino.

Il Seicento, per molti aspetti, fu quindi un secolo ricco di superstizioni e credenze che non avevano alcun fondamento scientifico. A tutto ciò gli intellettuali reagirono con l’Illuminismo, con lo scopo di creare un nuovo modo di vedere le cose solo attraverso la ragione.

Da un punto di vista politico, l’Illuminismo comportò evidenti cambiamenti. Per la prima volta un movimento mise al centro l’individuo, il suo bisogno di libertà e la creazione di migliori condizioni di vita per tutti. Si affermò, inoltre, il concetto di uguaglianza sociale e di sovranità popolare, temi che avrebbero cambiato per sempre le sorti politiche europee.

Gli illuministi

Il padre dell’Illuminismo può essere considerato John Locke (1632-1704). Egli fu un importantissimo filosofo inglese, creatore dell’empirismo ovvero la teoria secondo la quale la conoscenza dipende completamente dall’esperienza.

Secondo il suo pensiero, quando si deve conoscere qualcosa è importante partire dalla pratica. Perché è solo attraverso l’esperienza che si può capire la realtà. Insieme a Locke, altri grandi intellettuali inglesi  che ispirarono gli illuministi furono Isaac Newton e David Hume.

John Locke
John Locke

In Francia

Le loro lezioni furono quindi recepite in Francia da alcune delle figure che sono diventate i pilastri di questo movimento: Voltaire, Rousseau, Montesquieu, Diderot, Fontenelle, D’Alembert ed altri intellettuali borghesi che si erano formati nei salotti letterari del tempo.

Con questi grandi esponenti nacque la figura dell’intellettuale al servizio dell’umanità. Essi, con le loro opere, intesero diffondere le credenze dell’Illuminismo in tutti i campi del sapere. Dalla politica, alle scienze diffusero i valori e i costumi in modo tale da liberare la cultura dalla superstizione e dall’ignoranza.

Lo scopo primario degli illuministi era infatti quello di creare una cultura aperta a tutti, in nome dell’autonomia della ragione. Soprattutto in nome della fiducia nel progresso legato alle scoperte scientifiche.

L’Enciclopedia

Fondamentale divenne così la stesura di un’enciclopedia che toccasse tutti i saperi e che fosse riscritta secondo i canoni dell’Illuminismo stesso. Nacque così l’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri. Sotto la direzione di Denis Diderot per la parte umanistica e di Jean D’Alembert per quella scientifica, l’opera cercò di valicare le differenze tra le diverse discipline per creare un sapere che fosse sempre aperto alla tecnica. A formare la monumentale opera che fu l’Enciclopedia, c’erano 17 volumi. Venne pubblicata tra il 1751 e il 1772.

Denis Diderot
Denis Diderot

Chiaramente, dando molta importanza alla ragione e criticando la religione e le sue credenze, l’Illuminismo entrò in collisione con la Chiesa. Questa inserì le opere degli intellettuali all’indice dei libri proibiti.

L’Illuminismo e la Chiesa

Anche l’Enciclopedia venne aspramente criticata perché la Chiesa era spaventata dalla diffusione di queste nuove teorie. In realtà Voltaire affermò spesso che l’uomo era naturalmente predisposto alla religione, dando vita ad una nuova dottrina chiamata deismo. Il deismo affermava l’esistenza di Dio ma rifiutava tutte le altre forme di religiosità.

In Italia

L’Illuminismo fu un movimento cosmopolita: si diffuse presto in tutto il Nord del mondo. In Italia si ricordano Pietro Verri (fondatore della rivista «Il Caffè») e Cesare Beccaria, che scrisse un trattato sulla pena di morte e la tortura (Dei delitti e delle pene). Questi furono temi davvero innovativi per l’epoca.

Dei delitti e delle pene
Dei delitti e delle pene, un’immagine dell’autore Cesare Beccaria e una delle prime pagine

Verso le rivoluzioni

Le nuove idee di libertà, uguaglianza e fratellanza si diffusero con grande successo tra gli intellettuali. Queste nuove idee aprirono talmente tanto le menti, da portare all’insorgere della Guerra d’Indipendenza Americana (1785-1783) e della Rivoluzione Francese (1789- 1799). Per la prima volta il popolo agì per contrastare l’assolutismo e ribadire i propri diritti di libertà e uguaglianza.

Liberté, Égalité, Fraternité (in italiano Libertà, Uguaglianza, Fratellanza) sono le parole che compongono un celebre motto francese del periodo dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese. Esso è poi divenuto il motto nazionale della Repubblica Francese.

L’Illuminismo può pertanto essere considerato come un movimento che ha rivoluzionato il mondo, che ha portato grandi conquiste per l’umanità (come affermarono i grandi filosofi tedeschi Marx ed Hegel). Certamente però ha avuto i suoi limiti.

In particolare il fatto che queste idee siano rimaste ferme agli intellettuali borghesi senza il coinvolgimento dell’intera popolazione.

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La famiglia di Carlo IV, opera di Goya https://cultura.biografieonline.it/famiglia-di-carlo-iv-goya/ https://cultura.biografieonline.it/famiglia-di-carlo-iv-goya/#comments Thu, 23 Mar 2017 20:04:11 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21878 Nell’opera La famiglia di Carlo IV di Francisco Goya si vede protagonista la famiglia reale di Carlo IV di Spagna (1748-1819). Il quadro è stato realizzato nel periodo che va dal 1800 al 1801. Le sue dimensioni sono 280 x 336 centimetri. L’opera è custodita presso il museo del Prado, a Madrid.

Carlo IV e famiglia - Goya - dettaglio
La famiglia di Carlo IV: un dettaglio del quadro

In questa pittura sono ritratti tutti i membri più importanti della famiglia. E’ riduttivo pensare che si tratti di un semplice ritratto. Quest’opera infatti è stata oggetto di varie letture da parte degli studiosi. Tra le varie tesi, c’è quella (non ritenuta veritiera dopo diverse verifiche) secondo cui Goya avrebbe tentato di mettere in risalto i difetti della famiglia reale spagnola.

Tuttavia è una teoria che non regge, in quanto il quadro è stato commissionato all’artista dalla stessa famiglia. Dunque perché avrebbe dovuto realizzare una caricatura?

La famiglia di Carlo IV - quadro di Goya
Il quadro completo

La famiglia di Carlo IV, descrizione del quadro

L’ambiente in cui l’artista inserisce i protagonisti è spoglio. Manca di dettagli, si vedono solo due quadri in lontananza. La luce penetra dall’esterno ed evidenzia i personaggi, ad eccezione dell’uomo in penombra con la parrucca in secondo piano. Si tratta di un autoritratto di Goya, mentre sta dipingendo una tela.

Famiglia Carlo IV - Goya nel suo ritratto
Il dettaglio in cui appare Francisco Goya stesso

In primo piano è rappresentato Carlo IV con una giacca decorata da tantissime medaglie. Il volto è normale, tanto che se non fosse per le medaglie, non si capirebbe che si tratta di un re. Al centro si trova la moglie del sovrano, Maria Luisa di Borbone–Parma. Ella è posta al centro proprio perché l’artista vuole evidenziare che il potere è rappresentato dalla donna e non dal marito. E’ attorno a lei che ruota tutto. La donna è rappresentata con i due figli piccoli accanto.

Guardando il quadro da sinistra, sotto l’autoritratto di Goya, ci sono Fernando con la giacca blu, il principe ereditario del regno, e il fratello Carlo vestito di rosso. Accanto al principe si trova una signora anziana: si tratta di Josefa, sorella del re. A destra del quadro, ci sono invece gli sposi con un bambino in braccio. Sono il duca e la duchessa di Parma. Il neonato è l’erede del regno.

Alle spalle del re c’è un altro uomo: il fratello minore di Carlo IV, Don Antonio Pasquale. Chi sia la donna accanto a lui è ancora oggi un mistero: non si conosce infatti la sua identità. Anche della donna accanto a Fernando, che volge lo sguardo verso la regina, non si conosce l’identità. Potrebbe trattarsi di una donna immaginaria, come a voler rappresentare la futura sposa dell’ereditiere che allora aveva solo sedici anni.

Commento all’opera

In questa pittura Goya utilizza una caratteristica propria dell’Illuminismo, la corrente di pensiero a cui l’artista è molto legato. Utilizza la luce che evidenzia i bellissimi vestiti, ma contemporaneamente mette in risalto i difetti dei protagonisti. La luce della ragione, secondo la corrente illuminista, è fondamentale per carpire la verità ed eliminare l’oscurità dell’ignoranza.

Osservando con attenzione il dipinto si nota che solo i soggetti più giovani non sono completamente pervasi dalla luce. Solo loro non mostrano difetti. Si tratta di una scelta che Goya fa in modo critico. Probabilmente li reputa innocenti riguardo alla pessima amministrazione che la Spagna ha, sotto la guida di Carlo IV.

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Neoclassicismo: dall’Illuminismo all’arte neoclassica https://cultura.biografieonline.it/neoclassicismo/ https://cultura.biografieonline.it/neoclassicismo/#comments Fri, 16 Sep 2016 08:07:48 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=19803 A partire dalla seconda metà del Settecento, in tutti i paesi europei iniziò la diffusione di un nuovo movimento artistico-letterario: l’Illuminismo. L’idea di base era quella che la ragione potesse illuminare, da qui infatti deriva la parola Illuminismo, le tenebre dell’ignoranza e della superstizione che all’epoca dell’Assolutismo dilagavano in Europa. Le idee illuministiche erano piuttosto rivoluzionarie. Per la prima volta si parlò di libertà, uguaglianza, progresso e libera ricerca. Queste idee  sconvolsero ogni campo del sapere: la scienza, la letteratura, l’arte, la pittura e l’architettura. In questo articolo approfondiremo il tema dell’Illuminismo nell’Arte che portò alla nascita del Neoclassicismo.

L’Illuminismo nell’Arte

Lo spirito critico dell’Illuminismo investì soprattutto la storia e le arti figurative. In questo periodo storico nacque la storia dell’arte come disciplina. Vennero infatti assunti come modello le forme classiche dell’arte greca, semplici e chiare in contrapposizione a quelle pompose e ricercate del Barocco. Il barocco fino a quel momento aveva dominato la scena.

Fondamentali furono le pubblicazioni del tedesco Johann Winckelmann, come Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura (1755). Con Winckelmann si diede avvio allo studio della storia dell’arte come materia e soprattutto all’interesse per l’arte classica.

Johann Winckelmann
Johann Winckelmann

Il Neoclassicismo

Proprio a partire da queste premesse, prese avvio il Neoclassicismo, ossia la corrente artistica che si diffuse a seguito dell’Illuminismo. Il termine venne adottato per la prima volta solo in età Romantica, nel 1880, per indicare in modo dispregiativo una corrente che era stata elaborata prima su carta e poi messa in pratica.

Per la prima volta, con il Neoclassicismo, non furono gli artisti italiani ad essere in prima fila ma i colleghi europei, in particolare francesi ed inglesi. Tutto partì dalla Francia.

Nacquero le Accademie pittoriche: i pittori non si formavano più dai maestri di bottega ma direttamente in esse. In generale, la pittura del Settecento si concentrò principalmente sulle vedute di città (nacque infatti il Vedutismo, che vide il Canaletto, pittore italiano, tra i suoi principali esponenti), ritratti, nature morte o scene cittadine che rispecchiavano la realtà così come gli artisti la vedevano, seguendo l’esigenza illuminista di indagare dal vero la società.

Le arti figurative risentirono profondamente di questi cambiamenti. Di conseguenza cambiarono i gusti del pubblico e soprattutto si modificò il rapporto tra classi sociali. Venne data importanza al gusto della borghesia, diventata la classe dominante. Importante ruolo sociale veniva affidato all’arte, riprendendo lo stesso concetto valido per gli antichi greci: l’Arte tornò ad essere considerata fondamentale per la formazione dell’individuo.

Il Neoclassicismo è una corrente del gusto che ha subito una lunga elaborazione teorica prima di nascere completamente nella breve e intensa fioritura dello stile Impero, dopodiché è piano piano scomparso sotto l’azione dei fermenti romantici che recava in sé fin dalle origini. (MARIO PRAZ)

Gli artisti neoclassici

Impossibile non citare il più importante artista francese attivo in quel periodo: Jacques-Louis David, studioso dell’antico ed autore di alcuni dipinti importantissimi quali “Il giuramento degli Orazi” (1784), “Marat assassinato” (1793), “Saffo e Faone” (1809). Con lui lo stile classico divenne lo Stile Impero per eccellenza, perché egli lavorò per Napoleone Bonaparte.

Neoclassicismo e Arte Neoclassica: Saffo e Faone - dettaglio del quadro
Saffo e Faone – dettaglio del quadro di Jacques-Louis David, esempio di Arte Neoclassica

Attorno al David si formò una generazione di artisti che contribuirono a diffondere il suo stile in tutta Europa.

In Italia lo stile Neoclassico si affermò con maggiore lentezza rispetto agli altri paesi europei. Tuttavia non mancarono artisti eccezionali in questo campo. Tra i pittori neoclassici ricordiamo Andrea Appiani e tra gli scultori Antonio Canova.

Il primo, milanese, si uniformò al nuovo stile pittorico e si occupò in particolare di natura e di figure mitologiche. Il secondo fu invece in grado di assorbire tutte le novità delle teorie del Winckelmann e di diventare colui che avrebbe cambiato per sempre la scultura italiana.

Canova scelse quasi sempre soggetti mitologici per le sue sculture. Tra le sue opere più importanti ricordiamo: Dedalo e Icaro (1778-1779, ispirata alla storia di Icaro), Amore e Psiche (1786-93), ispirata all’omonimo mitoApollo che si incorona (1781-82).

La forza delle sculture di Canova risiede nella semplicità, nella grazia che si rispecchiava a pieno nel motto di Winckelmann: nobile semplicità e quieta grandezza.

amore e psiche antonio canova
La scultura “Amore e Psiche“, di Antonio Canova, è conservata presso il Louvre

I cambiamenti nel gusto, però, furono certamente lenti perché il passaggio dall’eccesso Barocco alla quiete Neoclassica richiese molto tempo. Questa nuova corrente artistica influenzò profondamente l’arte successiva, imprimendo un segno e un gusto che tutt’oggi si possono distinguere.

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Il simbolismo massonico nel dollaro americano https://cultura.biografieonline.it/simboli-massoni-dollaro/ https://cultura.biografieonline.it/simboli-massoni-dollaro/#comments Sat, 27 Jun 2015 10:29:52 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14578 Guardando con attenzione una banconota americana da un dollaro, il cosiddetto The one dollar, è possibile notare alcuni simboli che celano in sé significati legati alla Massoneria. È noto che quest’ultima, definita anche come “arte reale”, è un’associazione iniziatica che si propone come patto etico-morale tra liberi individui, come perfezionamento delle più nobili condizioni umane.

Al suo interno, l’uso dei simboli, rappresenta l’essenza stessa della Massoneria, il mezzo tramite il quale dialogare a distanza con tutti i fratelli massoni. Infatti, stando alle stesse parole di Pierre Mariel, massone e martinista, “il simbolo dunque, non è destinato a nascondere la verità. Il suo scopo è invece quello di selezionare coloro che, integrandosi a esso, si mostrano degni di accedere alla Realtà ultima”.

Dollaro americano
Dollaro americano

Simbolismo massonico: realtà o coincidenza?

Esaminando il dollaro, l’attenzione si focalizza subito sull’effige del primo Presidente degli Stati Uniti d’America, George Washington. Eletto alla presidenza nel 1789, supervisore dei lavori di costruzione della Casa Bianca (sede ufficiale del Presidente in carica), Washington, in occasione della cerimonia ufficiale di insediamento, fece il suo solenne giuramento sulla sacra Bibbia di proprietà della loggia massonica St. John N°1 di New York.

Il primo Presidente degli Stati Uniti era già stato “iniziato” ai segreti esoterici in giovane età, come membro della Massoneria e dell’Ordine degli Illuminati Bavaresi, ben prima della sua candidatura al potere. È opportuno sottolineare che molti altri presidenti americani furono iscritti alla Libera Muratoria, come ad esempio Franklin Delano Roosevelt, 33° Grado del Rito Scozzese della Libera Muratoria (a lui si deve la decisione di stampare nel 1933 sul dollaro il “Delta Luminoso”); Harry Truman, raggiunto il 33° Grado si fece aggiungere il secondo nome di Solomon, in onore del re Salomone, eroe della Massoneria; William Jefferson Clinton, 33° Grado e George H. W. Bush, anch’egli 33° Grado.

Dipartimento del Tesoro - particolare
Dipartimento del Tesoro – particolare

Accanto a George Washington compare sulla sinistra il logo della Riserva Federale (Federal Riserve Bank, nella banconota presa in esame di New York, ma questa lettera cambia in base alla banca federale di emissione); mentre sulla destra vi sono il simbolo del Dipartimento del Tesoro (Department of the Treasury) e la sua data di fondazione, il 1789. Quest’ultima coincide, oltre che con la fondazione della Riserva Federale, anche con l’anno di inizio della Rivoluzione francese (Presa della Bastiglia), ovvero con un periodo di radicale sconvolgimento sociale e politico, il cui fervore fu alimentato dalle idee proprie dell’Illuminismo e della Massoneria, che prometteva di cambiare il mondo, di creare una società libera dalle ingiustizie, di realizzare una vera eguaglianza tra gli uomini, portandoli tutti ad un elevato grado di conoscenza.

Osservando attentamente il logo, è possibile rintracciare diversi simboli massonici: lo scudo, la bilancia, la chiave (tutti e tre facilmente identificabili) e la squadra (meno visibile, è la linea spessa con il vertice sotto la bilancia che divide in due lo scudo).

Quest’ultima, sulla quale sono disegnati tredici punti (Il numero tredici ricorre più volte nella banconota), è certamente uno dei simboli massonici più noti perché rappresenta lo strumento principe del lavoro massonico. Racchiudendo in sé il rigore morale e la perfezione, con il suo angolo sempre fisso, simboleggia infatti il mondo del concreto, o ancora la misura della realtà oggettiva. La chiave rappresenta il sapere esoterico tramandato nel tempo dai confratelli massoni, mentre la bilancia simboleggia chiaramente il delicato equilibrio tra le forze opposte.

Simbolismo massonico: Dollaro americano - particolare
Dollaro americano – particolare

Curiosità: la scritta “In God We Trust” è presente su tutte le monete: il Congresso degli Stati Uniti lo stabilì il 22 aprile 1864 con il Coinage Act.

Girando la banconota da un dollaro, sulla sinistra è possibile notare, all’interno di un cerchio, una piramide tronca sormontata al vertice da un Delta, al centro del quale vi è un occhio (“Delta Luminoso” o “L’occhio che tutto vede”). La piramide, uno dei simboli più famosi della Massoneria, è formata da tredici gradini e settantadue mattoni (7+2=9, numero della perfezione massonica). Alla base vi è incisa la data “MDCCLXXVI”, ovvero 1776, anno sia della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America sia della nascita dell’Ordine degli Illuminati. Sotto la piramide la scritta Novus Ordo Seclorum (e non Secolorum come ci si aspetterebbe) è formata da diciassette lettere, numero che indica la mancanza della perfezione divina, rappresentata invece dal numero diciotto.

Come accennato il numero tredici ricorre numerose volte sulla banconota da un dollaro: tredici, infatti, sono gli stati che formarono la prima confederazione americana; tredici i “passi” da compiere durante il percorso di iniziazione degli Illuminati; tredici le lettere che compongono la scritta che sovrasta la piramide, Annuit Coeptis (“Approva le cose iniziate”).

A destra della banconota, è presente un altro simbolo massonico, l’Aquila.  Anche qui il numero tredici ritorna costantemente. Tredici sono le stelle nell’aureola sopra l’Aquila così come lo sono le strisce presenti sullo scudo; tredici i rami con altrettante olive che compongono il ramo d’ulivo sorretto dall’Aquila nell’artiglio destro, mentre nel sinistro vi sono tredici frecce; tredici infine le lettere che compongono le parole E Pluribus Unum (“Da molti uno”), presenti nel cartiglio che l’Aquila regge con il becco. Quest’ultime rivelano che l’insegnamento degli Illuminati si diffonderà per dare inizio ad un nuovo governo universale.

Che si tratti di realtà o di pure coincidenze, che si creda o meno all’esistenza della Massoneria, al suo insito simbolismo, il misterioso fascino della banconota da un dollaro statunitense resta del tutto intatto.

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Dei delitti e delle pene, di Cesare Beccaria: riassunto https://cultura.biografieonline.it/riassunto-dei-delitti-e-delle-pene/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-dei-delitti-e-delle-pene/#comments Fri, 31 Jan 2014 06:16:51 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9326 Dei delitti e delle pene” è un saggio scritto da Cesare Beccaria e pubblicato nel 1764. L’opera è considerata il testo più letto e più noto dell’Illuminismo italiano. Ebbe un ottimo riscontro di lettori nel nostro paese ed in Europa, influenzando tutti i “pensatori” che nel tempo di susseguirono.

Dei delitti e delle pene (1764)
Dei delitti e delle pene, un’immagine dell’autore Cesare Beccaria e una delle prime pagine di un’antica edizione (1764)

In Francia, l’opera di Cesare Beccaria incontrò l’apprezzamento entusiastico di filosofi del calibro di Voltaire e dei “philosophes” più conosciuti di quel periodo. Inoltre riscosse anche molto successo alla corte di Caterina II di Russia. “Dei delitti e delle pene” inizialmente fu redatta in lingua francese a sottolineare la forte egemonia della Francia in quel periodo, in Europa.

Il libro tratta della riforma della legislazione penale dell’epoca e ancora oggi è considerato un documento assolutamente attuale, da rileggere per ricordarci come la legislatura, da quel tempo in poi, si sia purtroppo persa nei meandri della burocrazia e dell’incertezza della pena. Nella sua opera, l’autore afferma come bisogna prevenire i delitti prima di punirli e propone, come primo testo della letteratura filosofica-giurisprudenziale, l’abolizione della tortura e della pena di morte.

Si tratta di un’opera scritta con grande vigore e con spirito umanitario che contribuì efficacemente alla riforma della procedura penale. Ma non mancarono, naturalmente, le polemiche e le frizioni da parte dei sommi dotti del periodo; difatti nel 1766, il saggio venne inserito nell’indice dei libri proibiti a causa della netta distinzione evidenziata tra il reato ed il peccato.

Per Beccaria, il reato è considerato un danno fatto nei riguardi della società e quindi contro l’utilità pubblica e comune. A differenza del primo, invece, il peccato è considerato come un reato che l’uomo compie nei confronti di Dio, che quindi può essere giudicabile e condannabile solo ed esclusivamente dallo stesso. Secondo l’autore, la gravità del peccato dipende dall’imperscrutabile malizia del cuore.

Come precedentemente citato, Cesare Beccaria nella sua opera si batte contro la pratica della tortura e per l’abolizione della pena di morte basando la sua tesi sulla “regola generale” che le passioni violente sorprendono gli uomini, ma fortunatamente non per lungo tempo; introduce così il concetto di giusta proporzione fra reato e pena e di giusta e pronta applicazione di quest’ultima, concetto che si dovrebbe seguire anche oggi ma che non sempre viene applicato nel nostro sistema giudiziario.

Un altro tema trattato dall’autore nell’opera è sicuramente quello della proporzione della pena, dove ogni pena deve essere proporzionale e rapportata al delitto commesso, non si possono punire l’omicidio ed un reato minore con pene simili. Questo comporterebbe solo la perdita del raziocinio della coscienza che non riuscirebbe più ad individuare quale fra i due reati sia il peggiore e soprattutto, esorterebbe il malvagio a macchiarsi del più grave delitto, certo della parità della pena.

Nel saggio, il tema dell’utilità della pena è sempre evidenziato, ricordando che la stessa deve essere essenzialmente: pubblica, pronta, necessaria, minima, giusta date le circostanze, proporzionata al delitto e dettata dalle leggi. Nell’opera, Beccaria interviene anche sul tema della prescrizione dei reati e sulla brevità dei processi. Sia la durata dei processi che la possibilità che un reato cada in prescrizione, debbono essere rapportati alla gravità del reato stesso.

L’autore nel suo trattato affronta anche il tema delle leggi: “E’ compito del Legislatore (depositario della volontà popolare e nazionale) redigerle in forma chiara, mentre è compito del Magistrato solamente verificare il rispetto e l’attuazione della stessa”. L’autore distingue tra processo offensivo, dove l’indagato deve discolparsi dal reato commesso, ed il processo informativo, dove si cerca il colpevole dei misfatti attraverso una ricerca minuziosa delle prove.

Arriviamo ora alla pena di morte che per Cesare Beccaria diventa per alcuni uno spettacolo e per altri uno strumento di compassione e di sdegno, che mette chiaramente in luce l’inefficienza e l’inadeguatezza di questo tipo di pena. Altresì viene condannato anche lo strumento della tortura, in quanto si ricorre ad essa sempre prima di dimostrare la colpevolezza dell’individuo. Il motivo principale per cui tale pena è espressa come inefficace, è quello che le persone più deboli e non capaci di sopportare il dolore, spesso sono inclini a confessare anche reati non commessi per sfuggire alla pena, mentre le persone meno sensibili e più forti, potrebbero essere considerate oneste solo perché riescono a sopportare la punizione.

In sintesi, il fine delle pene non deve essere solo afflittivo o vendicativo, ma rieducativo e di tipo “politico”. Secondo l’autore, l’unico pensiero è quello d’impedire al malvagio di far nuovi danni alla società e ai suoi cittadini e vuole esprimere questo concetto di fondo: “Uno dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse e di conseguenza la vigilanza dei magistrati e quella severità di un giudice inesorabile che per essere un’utile virtù, dev’essere accompagnata da una dolce legislazione. La certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito alla speranza dell’impunità; perché i mali, anche minimi, quando son certi, spaventano sempre gli animi umani”.

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