Abigail è un film del 2024 diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett. Si ispira al film La figlia di Dracula, un film horror del 1936 diretto da Lambert Hillyer. Il film è segna l’ultima apparizione sullo schermo di Angus Cloud, attore 25enne morto durante le riprese (a causa di un’overdose di un mix di farmaci).
Abigail ama ballare e si allena di notte in un teatro dedicato a lei. Ma proprio dopo uno dei suoi balletti solitari una banda di criminali la rapisce e la rinchiude in una casa fatiscente. Non potevano commettere un errore più grave. Abigail non è proprio una dolce ballerina indifesa e il loro ruolo di criminali babysitter in attesa del riscatto diventerà un inferno.
Fin da subito infatti chi dovrebbe essere il carceriere diventa il carcerato e chi voleva vincere facile si trova a sprofondare in un gioco molto pericoloso dove tutto è congegnato per ucciderlo.
Ma la morte dei vari personaggi come nei Dieci piccoli indiani di Agatha Christie è congeniato per far divertire lo spettatore e soprattutto il maniaco assassino o assassina che li vuole torturare fino alla morte.
Abigail è un film apparentemente scontato, su un tema quale il vampirismo ampiamente trattata da film, trilogie ecc… ma in realtà si rivela un film dal ritmo serrato con personaggi credibili e un’attrice prodigio che si dimostra fin da subito all’altezza del suo ruolo ma soprattutto si dimostra capace di stupire con una personalità ben definita.
Abigail ha una sceneggiatura che non pretende troppo ma una regia dei migliori film horror, con un ritmo incalzante, colpi di scena insospettabili e una forza narrativa che fino alla conclusione del storia lascia con il fiato sospeso. Lo consiglierei a tutti coloro che amano il genere e vogliono stupirsi su un tema iconico.
La scrittura del film porta la firma di altri due parenti: il figlio Tommaso Avati ed il fratello Antonio Avati. Con quest’opera Pupi torna ad un genere che aveva già affrontato in passato in più di un’occasione: l’horror.
Nella cultura contadina il diverso, il deforme, viene associata al demonio.
Padre Amedeo (interpretato da Alessandro Haber)
1952. Roma. Piena estate. Furio Momenté è un funzionario che lavora in un ministero non identificato: viene chiamato dal suo superiore per una missione importante. Nel Veneto super cattolico, una famiglia molto facoltosa ha deciso di girare le spalle alla Dc (Democrazia Cristiana) e sta convincendo molte persone a non votarla più.
Il motivo è un processo nel quale un ragazzino di nome Carlo deve difendersi dall’accusa di aver ucciso l’erede di questa famiglia. Il piccolo assassino pare sia stato istigato da alcune suore; la madre del defunto vuole vendicarsi sia contro la chiesa cattolica sia contro la Dc.
La missione del funzionario è quella di indagare e scagionare la Chiesa da ogni tipo di accusa. Il ragazzo, persona dagli abiti ordinari, ben educato, obbediente, accetta l’incarico. E’ stupito che il suo superiore abbia scelto proprio lui.
Durante il viaggio il funzionario legge gli atti del processo e nella sua mente, attraverso flashback, ricostruisce tutta la vicenda.
Il ragazzino che ha commesso l’omicidio lo ha fatto per difendersi dal ricco bambino che aveva avuto in passato comportamenti strani. Soprattutto egli era conosciuto per il suo aspetto orribile. Il ragazzo aveva alcuni denti molto prominenti, tanto che sembravano delle zanne di maiale.
La sorella, adottata dalla famiglia facoltosa, era stata trovata sbranata nella culla e i sospetti erano ricaduti su di lui. I genitori, in particolare la madre, lo avevano difeso con tutte le forze. Ma il ragazzo dalle fauci improprie era anche un adepto di satana: almeno così affermavano alcune persone che lo avevano conosciuto.
Carlo, quasi coetaneo del mostro e che aveva perso un amico in un incidente, era stato indotto dal ragazzo con le zanne a fare un rito per ritrovare l’anima dell’amico prematuramente scomparso; quando si era reso conto della pericolosità di quel rito e delle conseguenze sempre più sataniche e sempre più concrete, si era ribellato, uccidendo il mostro.
Da questo momento la storia diventa ancora più terribile e spaventosa. E’ qui che Pupi Avati dimostra di essere un regista sapiente, attento ai dettagli e alle sfumature. Il sacro, la Chiesa, la superstizione, la religione, diventano aspetti univoci di una trama ben scritta e con un ritmo mai inappropriato. Tutto si tiene.
La tensione cresce in un contesto bucolico, dove la superstizione e la paura atavica prendono il sopravvento. La paura, il dolore, la vergogna non si stemperano mai nella banalità e fino alla fine rimane tutto avvolto da un mistero di terrore che quasi certamente non finirà mai.
E’ questa una delle caratteristiche più interessanti del film “Il signor diavolo” di Pupi Avati: l’originale approccio al mondo horror. Esso avviene utilizzando sempre gli stessi ingredienti, ma con un impasto nuovo e originale. Esempi di altri suoi film horror sono: La casa dalle finestre che ridono (1976), Zeder (1983) e L’arcano incantatore (1996).
Candyboy, perché non hai mai postato o non sono presenti le foto con il tuo vero volto?
Posto soltanto foto di quando sono bambino a volte, ma non amo mostrare la mia vera faccia.
Abbiamo visto delle foto in cui suoni on the road, perché questa scelta?
Sì, suono come busker, ce ne sono diverse postate nei miei social. Uno scatto che amo particolarmente è quello in bianco e nero nella downtown di Chicago con un padre e due bambini che mi guardano.
Visualizza questo post su InstagramI love this shot! Look at my audience. Kids and rocker dad. @mattiibeatrice
La scelta di suonare on the road o nei teatri è dettata dal fatto che non amo i locali.Dentro si servono alcolici a fiumi e c’è un tipo di clientela diversa. Non mi sento a mio agio in quel contesto.
Tutto ciò che è mainstream è un detersivo mentale per la massa addormentata.
Chi dice che i live devono essere fatti solo nei locali? Io vado al rovescio. Sono l’antagonista dello status quo. E questo richiede una continua disciplina.
Quante chitarre hai?
Ho sei chitarre, la mia resofonica, una classica di liuteria, una telecaster, una semiacustica, la mitica doubleneck diavoletto rossa e una chitarra acustica. Ho una malattia per le chitarre costose.
Parliamo di maschere: quante ne hai?
Le maschere sono un mio problema, non ti saprei dire con esattezza il numero esatto, ma posso dirti che è una sana compulsione (meno per il portafogli). Il mio sogno è quello di crearmi una vera e propria collezione di maschere horror da tenere in vetrina.
Candyboy è sostanzialmente un clown?
No, tutt’altro. Il clown è solo uno dei personaggi che ho mostrato al pubblico per ora.
Cosa fa Candyboy nel tempo libero?
Guardo film horror o documentari sugli alieni e leggo libri.
Di cosa hai paura?
Di tornare ad agire secondo gli standard imposti dalla società e ho paura dell’alcol.
Dove abiti attualmente?
In un piccolo quartiere a West Hollywood ma torno spesso in Italia. Amo Chicago.
Nel tuo disco “Virtuoso” dimostri una spiccata abilità tecnica e una velocità formidabile; qual è il tuo segreto?
E’ chiaro! ho fatto un patto con il diavolo. (Ride)
]]>Due giovani sposi, Paul e Bea, decidono di trascorrere la loro luna di miele in un cottage a bordo lago. Il luogo è tranquillo, perché non è ancora iniziata la stagione turistica. Bea è affezionata al lago dove ha passato le estati della sua infanzia.
Paul è meno convinto della scelta, ma per amore della ragazza accetta di passare alcune settimane in mezzo alla natura e alla desolazione.
I primi giorni amoreggiano e si comportano come una coppia un po’ infantile che trae divertimento da ogni cosa. Una notte però Paul si sveglia e non trova Bea. La cerca senza successo. E’ preoccupato e spaventato. Ad un tratto la vede accucciata nel bosco. Lei non si ricorda nulla e non sa perché sia uscita di casa.
Nei giorni seguenti, malgrado Bea neghi tutto, il suo comportamento sembra essere sempre più strano. Non si ricorda alcune cose; ha delle ferite inspiegabili; cerca di comportarsi normalmente anche se molte abitudini e atteggiamenti che la contraddistinguevano, sembrano svaniti.
Da quel momento e con un precipitare vertiginoso di fatti e avvenimenti, Bea cambia. Anche Paul cambia: all’inizio cerca di soprassedere sui suoi comportamenti, comincia a preoccuparsi sempre di più per sua moglie. Si arriva ad un epilogo devastante che cambierà per sempre le loro vite.
Honeymoon non cambia le regole dell’horror ma mette insieme generi differenti. Cucina una trama apparentemente semplice ma piena di sfumature.
I due personaggi, ridicoli nel loro modo di amarsi, diventano in realtà due avversari sui generis, che attraverso l’amore cercano di affrontare una forza esterna soverchiante. Il loro isolamento, inizialmente accettato e voluto per passare del tempo insieme, si trasforma in una trappola, dove quello che consideravano assoluto e sicuro, perde ogni certezza.
Bea si trasforma, e come nel film Invasione degli ultracorpi, sembra assumere un’altra personalità mantenendo la sua solita identità fisica. E Paul, inascoltato da Bea, intuisce che qualcosa è cambiato ma fa fatica ad accettarlo, fino a quando non può più negare che Bea non è più la stessa.
Entrambi i personaggi diventano più definiti a causa di ciò che vivono. E cambiano perché sono costretti ad adattarsi alle nuove terribili circostanze.
Nel film dunque ci sono diversi generi che si intrecciano: horror, romanzo d’amore, fantascienza. Soprattutto c’è un rapporto che cambia mentre le persone non si riconoscono e non riescono più a comunicare.
Anche il loro amore, certezza incontestabile, si trasforma appena la memoria abbandona Bea, la quale non ricorda più il passato condiviso.
Il film Honeymoon è apparentemente semplice ma in realtà complesso: ciò che accade sembra, come in un destino preordinato, incontrastabile.
Buona la regia, scarsi i dialoghi. Ottimo ritmo che incalza e trascina verso il compimento della tragedia.
]]>Siamo nel 1952. Durante una notte nebbiosa e particolarmente spettrale due suore scendono nei sotterranei dell’Abbazia di St. Carta, in Romania. Una delle due sorelle viene aggredita da una forza oscura mentre l’altra fugge nella sua stanza, dalla quale dopo poco si impiccherà gettandosi fuori dalla finestra. Prima di farlo osserva terrorizzata una suora – che ha le sembianze di Marilyn Manson – con abito religioso avvicinarsi alla porta della sua stanza.
Nella scena successiva un giovane francese, che non si sa per quale motivo si trovi nei pressi di un’abbazia rumena, trova il cadavere della suora.
In Vaticano, dopo solo un giorno, alcuni alti prelati convocano un prete specializzato in esorcismi. La sua missione è recarsi all’abbazia e scoprire quello che è accaduto. Con lui c’è una novizia di nome Irene. La novizia è necessaria perché nell’abbazia si trova un convento di suore di clausura al quale non può accedere il prete.
I due personaggi sono caratterizzati bene. Lui, Padre Anthony Burke, è un prete dal passato tormentato: durante un esorcismo infatti un ragazzino è morto. Il suo ricordo lo tormenta e sarà un facile appiglio per il malefico che dovranno affrontare nell’abbazia. Lei, Suor Irene, invece è una novizia determinata e dalla fede incrollabile; ma le umiliazioni che ha subito dalle consorelle l’hanno resa meno consapevole della sua forza.
Il primo incontro una volta giunti in Romania è con l’improbabile giovanotto francese, che ha deciso di trasferirsi in un villaggio di contadini per aiutarli. In realtà i suoi paesani non sembrano amarlo particolarmente e non vogliono parlare per nessuna ragione al mondo del monastero. Una volta giunti davanti al portone d’ingresso, i tre personaggi, trovano ancora del sangue fresco dove prima c’era il cadavere della suora. E da questo momento inizia la lotta contro il maligno.
Suor Irene: Quando ero piccola avevo delle visioni e ogni volta che finivano qualcosa mi rimaneva impressa nella mente.
Padre Anthony Burke: Cosa vedevi?
Suor Irene: Vedevo una suora.
Il film è apparentemente debole nella regia, soprattutto per quanto riguarda quelle sfumature di tensione e di colpi di scena che dovrebbero preparare lo spettatore all’evento più pauroso. In realtà la narrazione ha un buon ritmo e anche nel finale la lotta non risparmia nemmeno la tensione.
Personaggi, narrazione e ritmo vanno bene e divertono mentre alcune ingenuità come la nebbia nel monastero e la scenografia da Frankenstein Junior rendono meno intrigante il film. Tutto sommato – e ironie a parte – anche se alcune scene sembrano non volutamente grottesche, è un film horror che vale la pena di essere visto.
]]>Durante una sorta di seduta spiritica tecnologica cinque ragazzine guardano i video dello Slender man, un’invenzione di un professore americano che ha modificato con Photoshop l’immagine di un uomo alto e senza volto. Nei video lo si vede comparire accanto a ragazzini sparsi in varie cittadine dell’America, i quali appena lo vedono scappano terrorizzati.
Le ragazzine protagoniste della storia, tutte adolescenti, vivono una sorta di possessione cibernetica e da quel momento in poi le loro giornate si trasformano in un inferno. Ognuna di loro viene perseguitata da questo Slender man, il quale si muove vicino ai boschi e non ha un volto.
Prima viene rapita una di loro, forse la più fragile e suggestionabile. Poi anche le altre vivono in solitudine un’esperienza di puro terrore. Fino a quando si rendono conto che il meccanismo che hanno messo in moto non si può più fermare.
E’ un film minore dove gli ingredienti classici dell’horror vengono utilizzati male. Ad esempio di fronte ai momenti in cui si intuisce che lo Slender man sta per apparire, tutta la tensione viene rovinata da un’ingenuità del regista, oppure nella recitazione troppo carica delle ragazze.
La trama invece segue l’impostazione classica del topo in trappola. Ogni sforzo che le ragazze fanno per salvarsi le fa sprofondare sempre di più nel terrore. Il finale vorrebbe raccontare il parallelo con la vera storia di questa assurda invenzione, che nella realtà sembra abbia influenzato due ragazze americane a tal punto da spingerle ad uccidere una loro amica. Ma anche il tentativo di rendere le cose tragiche e inevitabili, rende comunque il finale banale.
Le ragazze cercano di recitare al meglio, interpretando l’orrore secondo le loro diverse personalità, tuttavia sembrano più spaventate dalla bruttezza del film che dal mostro che le sta per ghermire nei loro letti. Lo stesso ritmo appare piatto anche nei momenti di più alta tensione.
]]>In una casa sperduta in mezzo alle colline vive una famiglia felice. Il padre Samuel Mullins è un artigiano e la sua specialità è costruire bambole. Innamorato di sua moglie Esther Mullins e della loro bambina Bee, sprofonda nella disperazione quando quest’ultima muore travolta da un’auto. Dopo dodici anni arriva nella loro casa un gruppo di ragazzine orfane governate dalla giovane Suor Charlotte.
I Mullins sono provati dal lutto e la signora Esther rimane sempre confinata nella sua stanza, mentre il marito, un uomo taciturno e severo, aiuta la piccola comunità di orfanelle ad abituarsi alla loro nuova casa. La villa dei Mullins è molto grande e piena di stanze. Le ragazze vengono alloggiate al secondo piano.
In una stanza vi sono quattro ragazze mentre nell’altra sono solo in due. Una delle due bimbe della seconda stanza si chiama Janice, una ragazzina sensibile a cui la polio ha rovinato una gamba costringendola a camminare con difficoltà. La sua amica Linda l’aiuta a muoversi. Una sera Janice esce da sola dalla stanza perché sente alcuni rumori provenire dal corridoio. Una delle stanze del secondo piano è inaccessibile, così ha deciso il signor Mullins. Ma Janice è curiosa, anche perché dalla stanza sente provenire qualcosa.
Quando prova ad entrare, trova la porta stranamente aperta. Nella stanza non c’è nessuno a parte una bambola dentro ad una stanza tappezzata di pagine della Bibbia. La bambola l’attira a sé. Lei scappa ma il giorno dopo ritorna e vede una bambina: è Bee la figlia dei Mullins. Questa però è solo la proiezione del male.
Da quel momento a Janice e alle altre ragazze che abitano la casa accadono, con una velocità impressionante, tutta una serie di fatti che portano verso un’unica origine. Quella del male rappresentato dalla bambola, che si chiama Annabelle. E’ un male insidioso, potente e terribile che si manifesta in modo autonomo e cerca l’anima delle bambine al fine di manifestarsi nei loro corpi.
Annabelle 2: Creation è un film dell’orrore di tutto rispetto. Ottimo ritmo, situazioni al limite dell’urlo e un contesto costruito in modo convincente. Nel panorama dei film dell’orrore a buon mercato, questo ha una posizione di primo piano e malgrado sia un prequel con un personaggio abusato come quello della bambola canale del maligno, le scene sono convincenti.
Gli attori sono bravi e il film nel complesso fa paura, anche a chi è un veterano dei film horror. Da vedere non solo per gli appassionati del genere ma anche per coloro che non conoscono gli altri film. Come pura esperienza. Un film avvincente.
]]>Una famiglia governata da un padre eccessivamente devoto alla sua fede e da una madre austera, viene bandita dalla colonia in cui risiedono. Siamo nel 1630 e ci troviamo in un’America ancora in gran parte da colonizzare.
La comunità è formata da inglesi che credono nella loro rinascita in un nuovo mondo per volere di Dio. Ma William, il padre della famiglia scacciata, è troppo ligio alle regole della Bibbia e incorre nell’incomprensione della sua comunità. Fiero e sprezzante accetta di essere bandito e cerca un altro posto in cui vivere.
Una terra ai limiti di un bosco sembra perfetta per iniziare una nuova vita con la moglie Katherine e i loro cinque figli. Ma dopo qualche tempo un fatto sconvolge le loro vite.
Il figlio più piccolo, Samuel, viene rapito sotto gli occhi della sorella Thomasin. Una donna con un mantello rosso lo sottrae in un secondo, mentre la ragazza ha gli occhi chiusi per divertire il fratellino.
Si pensa che possa essere stato un lupo oppure, il peggio che la mente possa concepire, e cioè che sia stata Thomasin a liberarsene, magari perché gelosa dell’ultimo arrivato. La famiglia è sconvolta dall’accaduto e i sospetti cominciano ad annebbiare le menti in un crescendo di tensione.
Caleb, il secondogenito, cerca il fratellino ai bordi del bosco, perché gli è vietato entrarci, ma non lo trova. Da quel momento succedono cose che turbano tutti.
Thomasin, accusata dalla sorellina di essere una strega, per gioco ammette di aver sacrificato il fratello.
Il raccolto marcisce, togliendo alla famiglia qualsiasi forma di sostentamento. Caleb scompare nel bosco mentre cerca di trovare del cibo. Il padre devoto ma impaurito, perde la testa e tutto precipita in un incubo terribile.
The Witch regge la prova di una trama che poteva scadere nella banalità. L’ambientazione e la scandalosa indagine sul male che si espande come un veleno, facendo leva sulle debolezze umane, costruiscono una trama credibile. Essa, fino all’ultimo, tiene alta la tensione e il senso di smarrimento.
Il regista Robert Eggers è in una condizione creativa felice, in cui l’orrore è sempre sussurrato e mai mostrato, se non verso la fine. Ciò che fa paura è il non detto. Ciò che si cela dietro al terrore è l’angoscia della fragilità umana. Questa si scontra contro il proprio male, la radice che tutti ci portiamo dentro.
Buona prova per gli attori ma soprattutto per lo sceneggiatore e per il regista che cercano le sfumature, tenendo alta la tensione fino ad un finale non scontato.
Il male è un tema abusato, per non parlare del diavolo. Tuttavia in questo film le sfumature del racconto salvano dalle banalità. Sicuramente grazie alla determinazione del regista che non vuole mai allentare la tensione né cercare scorciatoie. Ma anche alla trama che nella sua semplicità mostra lo scandalo del male.
La violenza, il male, l’oltraggio, l’assassinio, sono nomi e significati abusati quanto le parole pace e amore. Tuttavia il mondo e la storia dell’umanità – potremmo dire anche del pianeta – si sorreggono sulla violenza e la sopraffazione, quanto sull’amore e la pace.
Allora perché si parla soprattutto del male, e per quale motivo questo termine non sembra mai saziare? Un film come questo, lungi dal dare una risposta tanto profonda, mostra però i motivi per i quali il fascino del diabolico attrae ancora, e si può raccontare con originalità.
]]>Alla fine della giornata di lavoro, in una fabbrica di abiti, una segretaria e il suo capo, Paul, rimangono soli negli uffici oramai bui. E proprio nel buio la segretaria vede una strana figura che sparisce quando accende la luce. Terrorizzata e confusa lascia l’azienda.
Il suo capo, rimasto solo, viene aggredito da questa creatura. Essa sfrutta solo il buio per muoversi e colpire le sue vittime. La moglie di Paul, Sophie, rimasta vedova cerca di crescere nel modo migliore il figlio. Egli però dorme con la luce accesa, perché è spaventato da una strana creatura che vede muoversi nel buio della casa.
Questa creatura si chiama Diana e ha uno strano rapporto con Sophie. Il figlio di Sophie, Martin, un giorno, esausto perché non riesce a dormire di notte, si sente male a scuola. Viene chiamata la sorella Rebecca, la quale si rende conto che il fratello è in preda al panico.
Da quel momento inizia una lotta fra Rebecca e Diana che non vuole nessuno vicino a Sophie e quindi ha intenzione di sterminare tutta la sua famiglia.
Lights Out a dispetto di come è stato accolto dalla critica è un buon film horror. Una buona regia, diretta da David F. Sandeberg, che nasconde Diana dietro ad ogni ombra costruisce un ritmo incalzante che non finisci mai di impaurire per tutto il film.
Diana non può uccidere o ferire quando compare la luce. Per cui la sua presenza deve essere giustificata solo dal buio, il quale però non può essere l’unico tramite con cui si muove e contemporaneamente la luce non può essere l’unica arma con cui difendersi.
Con accorgimenti di vario tipo, lo sceneggiatore riesce a rendere la vita di chi sta nella luce terribile quanto quella di Diana che può muoversi grazie al buio che la protegge, perché in passato la sua pelle bruciava al sole.
L’incrocio fra questi due stati rende il film godibile anche se la trama scorre senza particolari colpi di scena.
]]>Lo scrittore, nella stesura del romanzo “Le avventure di Gordon Pym“, si ispira a fatti realmente accaduti come quello della tragica notizia del naufragio della goletta Ariel, in cui solo due uomini riuscirono a salvarsi ed evitare il peggio, e dell’entusiasmo generale provato, in seguito alle spedizioni del navigatore, cartografo ed esploratore britannico, James Cook. Infatti Cook, nelle sue ardite spedizioni, raggiunse zone inesplorate e pericolose e fu anche il primo a tracciare le mappe di diversi territori allora ancora sconosciuti.
Mi chiamo Arthur Gordon Pym. Mio padre era un rispettabile commerciante in articoli marittimi a Nantucket, dove io sono nato. Il mio nonno materno faceva l’avvocato e vantava una buona clientela. Era fortunato in tutto e aveva investito con notevole successo…
Il romanzo “Le avventure di Gordon Pym” si apre con il protagonista, il giovane Arthur Gordon Pym, che decide di partire sfidando il mare, nascosto nella stiva di una nave, portando con sé anche il suo fido amico Tiger, un bellissimo cane terranova. Questo scappare di Arthur è dovuto al fatto che la sua famiglia non è d’accordo con il suo pensiero e le sue ambizioni. Il giovane si imbarca da clandestino, senza farsi notare, sulla baleniera Grampus, grazie al prezioso aiuto del suo amico Augustus che lo accudirà nel viaggio. Egli, inizialmente, nonostante conduca le sue giornate nella stiva buia, è preso da un irrefrenabile entusiasmo legato al suo amore verso il mare che da sempre adora: adesso è lì nel suo immenso mezzo.
Le sue giornate trascorrono serenamente all’interno del suo anfratto, in compagnia del suo amico a quattro zampe e ricevendo le visite dell’amico Augustus che lo rifornisce di viveri e, di tanto in tanto, riesce a fermarsi un poco a parlare con lui. La situazione muta quando, a causa di un ammutinamento a bordo, Arthur Gordon Pym non riceve più le visite dell’amico, né tantomeno il cibo, iniziando così a sentire i morsi della fame e preoccupandosi della sua sorte a venire. Il giovane viene avvertito in extremis del pericolo imminente, dell’ammutinamento, grazie a un messaggio scrittogli con il sangue dall’amico fidato Augustus su di un foglio di carta lasciatogli nella buia stiva. Lo scrittore descrive l’ammutinamento in modo grottesco: un grosso cuoco nero dalle orribili fattezze fa ammazzare a colpi di sprangate alla testa decine di marinai che poi, naturalmente, vengono gettati nelle profonde acque del mare.
La situazione sulla nave diventa elettrica e tesa; i marinai si dividono in due fazioni: una concorde a riprendere la rotta stabilita in origine, l’altra che invece vuole usare la grossa baleniera per assaltare le navi che eventualmente incontrerà. I protagonisti a questo punto decidono di intervenire. Il giovane Gordon Pym ritrova l’amico Augustus ed insieme a Parker, un ammutinatore pentito, e a Peters, un grosso meticcio dalla forza inimmaginabile, tentano di entrare nuovamente in possesso della nave. Dopo varie peripezie riescono nell’intento, anche se con crudeltà e violenza, dato che dovranno uccidere tutti i marinai della fazione contraria. Durante la lotta, August rimane gravemente ferito a un braccio. I quattro proseguono senza sosta nelle loro perigliose avventure ma, quando tutto sembra tendere al meglio, si imbattono in una terribile bufera che non solo danneggerà in parte la grossa baleniera ma li farà rimanere senza viveri per un lungo periodo.
Parker, vista la situazione, si sacrifica per il gruppo e propone addirittura un gesto estremo: tirare a sorte per vedere chi deve essere mangiato dagli altri per permettere al gruppo di sopravvivere. Decidono così di seguire l’intento e il nome che viene estratto è proprio quello di Richard Parker, che viene ucciso, in maniera più rapida possibile per evitargli sofferenze, dal povero Peters. Poco dopo morirà anche Augustus, per via della ferita al braccio che con il tempo, ormai infettata, si trasforma in evidente stato di cancrena. La permanenza del gruppo sulla baleniera continua e i sopravvissuti ormai sembrano essere stremati e arresi al fato avverso. Ogni tanto avvistano navi che li potrebbero salvare, ma nessuna di queste si preoccupa di loro oppure non riesce a capirne la richiesta d’aiuto.
Epico è l’avvistamento di una nave fantasma piena di carogne dei componenti dell’equipaggio. In extremis, finalmente, vengono salvati dalla Jane Guy, una goletta, proprio quando ormai erano convinti della loro capitolazione e resa finale al Supremo. I sopravvissuti approdano con la nave che li ha salvati sull’isola di Tsalal e qui si imbattono in una misteriosa popolazione di indigeni tutti neri, dai denti neri, terrorizzati da qualsiasi oggetto che abbia i connotati di colore bianco. All’inizio, gli indigeni sembrano essere pacifici, ma ben presto Arthur scopre, anche a proprie spese, che sono in realtà capaci di terribili crudeltà e violenze.
Arthur e il suo amico Peters riescono a sfuggire al pericolo di essere uccisi dalla tribù, rubando una canoa e iniziando a navigare proseguendo verso Sud, l’unica direzione possibile per fronteggiare il rigido clima invernale. Lo scrittore parte dall’ipotesi che il Polo Sud possa presentare un’apertura che permette l’ingresso all’interno del globo terrestre. Il romanzo si conclude con l’apparizione di una misteriosa e gigantesca figura bianca, avvolta in un sudario, quasi ricordante una figura celestiale.
Come nello stile di Poe, egli, anche nel romanzo “Le avventure di Gordon Pym“, vuole creare un velo di suspense, ricoprendo i suoi scritti da un alone di mistero. Il libro ottenne un notevole successo e numerose furono le traduzioni in lingue straniere. Questo romanzo di E. A. Poe stimolò la nascita di un genere nuovo e particolare, definito horror psicologico, che ebbe anche una notevole influenza nella pittura surrealista di quel periodo.
Solo dopo un secolo, lo scrittore Edgar Allan Poe ottenne il successo planetario del pubblico e della critica, poiché fu considerato, in maniera indiscussa, l’ideatore di una letteratura del mistero e del terrore in grado di scavare negli animi dei vari individui, facendo riaffiorare le paure più recondite di tutti noi.
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