Giappone Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Thu, 22 Aug 2024 09:09:13 +0000 it-IT hourly 1 Le ballate di Narayama: recensione del romanzo. Un racconto ancestrale in un Giappone arcaico https://cultura.biografieonline.it/ballate-narayama-recensione-libro/ https://cultura.biografieonline.it/ballate-narayama-recensione-libro/#respond Thu, 22 Aug 2024 09:09:12 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42325 Il giapponese Fukazawa Shichirō (29 gennaio 1914 – 18 agosto 1987) è l’autore del romanzo Le ballate di Narayama (titolo originale: Narayama bushikō). Scritto nel 1956, il suo primo romanzo vinse il prestigioso premio Chūō Kōron.

Fukazawa Shichiro
Fukazawa Shichirō

Trama del libro

Orin vive in un villaggio circondato da montagne. Sono cinquant’anni che vive nel suo villaggio, il cui nome è “Il villaggio di fronte” e adesso che ha compiuto settant’anni deve compiere come da tradizione centenaria un pellegrinaggio presso il monte Narayama.

Ma prima di partire, Orin vuole essere sicura che la sua famiglia riuscirà a passare l’inverno e per questo è alla ricerca di una moglie per il suo unico figlio, Tatsuhei.

Lui è rimasto vedovo a causa di un incidente, sua moglie è caduta in un burrone e, adesso, Orin deve occuparsi anche dei quattro nipoti. Ma il tempo del pellegrinaggio si avvicina e quando sarà sul monte incontrerà il dio che lo abita e non tornerà mai più indietro.

Le ballate scandiscono il tempo e le due feste del villaggio determinano la conclusione dell’anno, fra queste la festa del Narayama è quella più importante, dura un solo giorno, ma il villaggio la attende per settimane.

Prima della festa Orin avrà preparato tutto, affinché la sua assenza non pesi sulla famiglia. E quando arriverà il giorno della festa lei sarà pronta a partire e noi la accompagneremo fra monti antichi, valli profonde e stagni ancestrali, verso un destino che non ha ritorno.

Le ballate di Narayama - Libro Adelphi
Le ballate di Narayama – copertina del libro

L’edizione Adelphi è del 2024: il libro su Amazon

Commento

Questo romanzo, Le ballate di Narayama, edito da Adelphi, è un vero gioiello della letteratura giapponese. Contiene una gamma impressionante di sentimenti e incastona in una favola ancestrale tradizioni millenarie.

L’autore del romanzo, Fukazawa Shichirō, quando pubblicò su una rivista Le ballate era un autore sconosciuto in un ambiente letterario chiuso. Subito ebbe un notevole riconoscimento dal pubblico e dalla critica.

Alcuni scrittori lo definirono un capolavoro. E d’altra parte il libro arrivò come un evento inaspettato a scuotere lo stagno della letteratura dell’epoca.

La figura di Orin, la protagonista, una donna anziana che dedicata tutta la sua vita alla famiglia per poi accettare in pace il suo destino, commosse molti lettori, in un contesto in cui la povertà rendeva ancora più debole la vecchiaia.

Oggi il Giappone, uno dei paesi con più persone anziane al mondo, sta cambiando ma in passato questa considerazione verso le persone anziane era diffusa. Ma non è sufficiente, a decretare il successo del libro, un’opinione sociale.

Credo, invece, che il romanzo, intriso di favole e leggende, abbia risvegliato un inconscio collettivo verso ciò che il Giappone può essere stato e soprattutto verso un senso ancestrale del vivere in comunità.

Qualsiasi sia il motivo, questo romanzo breve è un capolavoro da leggere, a mio parere, con l’interesse riservato ai classici.

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Il passo di Amagi, recensione del libro di Seichō Matsumoto https://cultura.biografieonline.it/il-passo-di-amagi-recensione-libro/ https://cultura.biografieonline.it/il-passo-di-amagi-recensione-libro/#respond Wed, 29 May 2024 12:30:52 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42141 Seichō Matsumoto (1909-1992) è stato un giornalista e scrittore giapponese prolifico di romanzi e racconti. Definito il Simenon giapponese ha scritto dei piccoli gioielli che si incastonano nella fantasia del lettore; per poi tormentarlo fino a quando la memoria non li lascia andare. Fra questi c’è probabilmente “Il passo di Amagi” (Amagi Goe, 1959).

Il passo di Amagi
Il passo di Amagi: copertina del libro

Il passo di Amagi: la trama

Un ragazzo decide di lasciare il suo villaggio per cercare fortuna altrove. Ha sedici anni e la vita famigliare lo soffoca. Uno dei suoi fratelli potrebbe aiutarlo, perché vive in un’altra località, la quale però è lontana da raggiungere a piedi. Il tragitto è poco frequentato e quando fa buio si è proprio soli, ma lui è convinto del suo proposito. Così, di mattina presto, mentre gli altri dormono, se ne va.

Durante il viaggio incontra quattro persone, ma solo due saranno fondamentali per il suo destino.

Gli ingredienti ci sono tutti: un mistero, un delitto, tre persone che non si conoscono ma che legano la propria vita ad un fatto criminoso.

Un racconto lieve ma con un meccanismo che ne aumenta l’ambiguità man mano che il lettore si fa imbrigliare dalla trama.

Seichō Matsumoto
Seichō Matsumoto

Recensione e commento

Pubblicato da Adelphi con la bella traduzione di Gala Maria Follaco, “Il passo di Amagi” si mostra, fin da subito, molto diverso da come lo immaginiamo. Ogni singola frase rimane sospesa, come se ciò che leggiamo nascondesse qualcos’altro.

E mentre il contesto, in cui il personaggio principale avanza, si fa più tetro e spaventoso, la tensione sale occludendo ogni bagliore di speranza.

Seichō Matsumoto scrive come se dovesse svelare, con molta lentezza, un mistero avvolto in un altro mistero.

In questo gioco di aperture, il suo stile narrativo scorre come un fiume lento fino a quando non viene svelata la verità.

La risoluzione del mistero è quasi scontata, ma fino all’ultimo rimaniamo in tensione e in attesa che un altro mistero si possa palesare per contenerne un altro, e un altro ancora.

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Pescatrice di Awabi e piovra, opera di Hokusai https://cultura.biografieonline.it/pescatrice-awabi-piovra-hokusai/ https://cultura.biografieonline.it/pescatrice-awabi-piovra-hokusai/#comments Sat, 21 Nov 2020 16:47:26 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=31002 Pescatrice di Awabi e piovra (Dream of the Fisherman’s Wife)
Pescatrice di Awabi e piovra (Dream of the Fisherman's Wife)
Pescatrice di Awabi e piovra (Dream of the Fisherman’s Wife) – Awabi è il nome giapponese dell’abalone, frutto di mare orientale

In lingua inglese l’opera è indicata come Dream of the Fisherman’s Wife, in italiano: Pescatrice di Awabi e piovra. E’ un’opera erotica. E’ l’opera erotica più famosa dell’artista giapponese Katsushika Hokusai.

Realizzata nel 1814 è un assoluto capolavoro del racconto figurato. Questo celebre esempio di arte giapponese fa parte dell’album Spasimi d’amore pubblicato in tre volumi, ognuno dei quali conteneva cinque doppie pagine a colori.

Dati sull’opera

Tecnica

Xilografia policroma

Misure

22,1 x 15,6 cm

Datazione

1814

Ubicazione

Londra, British Museum

Analisi dell’opera e commento

In Pescatrice di Awabi e piovra, di Hokusai, vediamo una donna nuda distesa fra rocce ed alghe, mentre una piovra o un polpo gigante le succhia la vagina e la avvolge con i suoi tentacoli.

Un altro polpo, di più contenute dimensioni, la penetra con il suo becco nella bocca e le avvinghia un seno.

La piovra più piccola nel dettaglio
La piovra più piccola nel dettaglio

Una scena forte

Ci troviamo difronte ad una scena erotica fortissima, realizzata con una capacità descrittiva meravigliosa; è soprattutto una scena ambigua. Molti critici, infatti, hanno interpretato il comportamento della donna in modi differenti.

Un dettaglio della piovra più grande
Un dettaglio della piovra più grande

Le interpretazioni

Per alcuni critici la donna è sottomessa ad una violenza alla quale soggiace; ma a me non pare ci siano tratti evidenti di costrizione.

Per altri invece la donna si abbandona ad una forma di piacere quasi nevrotico; e in questo si può osservare lo spasmo della fronte.

A mio avviso, invece, si tratta di una narrazione in cui la donna, colta all’improvviso dall’attacco del polipo, si abbandona al piacere di una strana forma di accoppiamento in un contesto in cui le alghe, il mare e il mostro marino la confondono e la trascinano verso un piacere inaspettato.

Gli shunga

Quale che sia l’interpretazione, e lascio ad ognuno il proprio percorso narrativo, è evidente che possiamo osservare un meraviglioso shunga, la cui originalità lo ha reso famoso anche in Occidente.

Gli shunga sono disegni e dipinti erotici la cui origine risale alla Cina dell’epoca Muromachi (1336 – 1573). Inizialmente vietati, gli shunga erano molto diffusi fra i membri della corte nel periodo Edo (1600 – 1853).

Una delle caratteristiche di queste stampe era la riproduzione di genitali più grandi allo scopo di accentuare la visione dell’amplesso. Anche in questo caso i genitali della donna sono molto evidenti.

Ma la bellezza dell’opera, a mio parere, non consiste tanto in un’alta celebrazione degli shunga ma nella poesia dei suoi movimenti e nell’audacia delle forme che si fondono con i tentacoli del mostro marino.

Commento video

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Cortigiana e kamuro al nuovo anno, analisi dell’opera di Hiroshige https://cultura.biografieonline.it/cortigiana-kamuro-nuovo-anno-hiroshige/ https://cultura.biografieonline.it/cortigiana-kamuro-nuovo-anno-hiroshige/#respond Mon, 09 Nov 2020 10:22:29 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30801 Nel 1820 Hiroshige realizza quest’opera dal titolo Cortigiana e kamuro al nuovo anno, mentre lavora per la bottega di Toyohiro. Da due anni ormai l’artista giapponese disegna e dipinge stampe con soggetti mondani, dove si muovono attori del teatro kabuki e cortigiane.

Cortigiana e kamuro al nuovo anno, Hiroshige - Courtesan and Kamuro at New Year
Cortigiana e kamuro al nuovo anno (Courtesan and Kamuro at New Year) • Opera di Hiroshige del 1820

Descrizione della scena

Le due figure che vediamo ritratte sfoggiano due bellissimi abiti tradizionali mentre si stanno recando ad una cena di gala per festeggiare il Capodanno giapponese, calcolato sul calendario cinese. Al centro vediamo una oiran molto elegante con il fiocco obi annodato davanti, che contraddistingue la sua posizione sociale; ciò la differenzia dalla geisha, la quale invece lo porta annodato sulla schiena.

Differenze tra geisha e oiran

Ma non è l’unica differenza fra la geisha e l’oiran, quest’ultima infatti appartiene più al mondo delle cortigiane che furono donne di piacere con il compito di soddisfare da ogni punto di vista i loro clienti.

Le oiran lavoravano nei quartieri a luci rosse ma potevano aspirare a migliorare notevolmente la loro posizione sociale se venivano scelte da uomini di potere.

Il periodo del loro massimo splendore fu soprattutto durante il regno della famiglia Tokugawa, la quale concentrò su di sé sia il potere politico che quello militare. Edo era il nome che all’epoca si diede a Tokio e fu durante questo periodo, 1600 – 1868 che le oiran riuscirono ad imporre la loro posizione sociale.

Le oiran e Hiroshige

Questa stampa, quindi, ricostruisce un periodo storico ma non è anacronistica perché anche al tempo di Hiroshige le oiran esercitavano la loro professione ma non svolgevano più atti sessuali; la loro influenza era dettata dall’abilità, artistica, nel canto e nella calligrafia.

Kamuro

La bambina accanto alla oiran è una kamuro.

Le kamuro erano al servizio delle oiran al solo scopo di prenderne il posto quando il tempo fosse stato maturo. Dunque svolgevano accanto alle loro maestre una funzione di assistenti e collaboratrici: le seguivano alle feste, le aiutavano nei preparativi, le accompagnavano dai clienti, insomma le assistevano in tutte le fasi del loro lavoro.

Le kamuro avevano dai cinque ai nove anni: malgrado la loro giovanissima età vivevano immerse nel mondo delle oiran e della prostituzione di alto livello, condividendo anche le menzogne e gli intrighi a cui le loro maestre partecipavano.

Dati dell’opera

Tecnica

Stampa xilografica (surimono); inchiostro e colore su carta

Dimensioni

Shikishiban: 20,3 x 18 cm

L’opera è conservata a Boston (USA), presso il Museum of Fine Arts

Analisi dell’opera e commento

L’opera di Hiroshige Cortigiana e kamuro al nuovo anno, è indubbiamente una stampa di alto livello cromatico e dai disegni meravigliosamente realistici e coinvolgenti.

Si potrebbe osservare quest’opera ascoltando una musica giapponese dell’epoca ed essere così trascinati nel mondo antico e misterioso delle oiran.

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Seki (Hiroshige): storia e analisi dell’opera https://cultura.biografieonline.it/seki-hiroshige/ https://cultura.biografieonline.it/seki-hiroshige/#respond Mon, 02 Nov 2020 09:52:14 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30711 La scena che vediamo realizzata da Hiroshige rappresenta il villaggio di Seki, posto sulla via per il santuario di Ise. L’opera, esempio di arte giapponese, è una xilografia realizzata nel periodo 1848-1849.

Seki (Hiroshige)
Seki (Hiroshige)

Seki: descrizione della scena

A destra vediamo l’arco torii dipinto di rosso. Quest’arco o cancello è un accesso sacro all’area del monastero: è una sorta di porta sacra che è obbligatorio attraversare per accedere al santuario. Essa appartiene alla tradizione shintoista.

Una vota passato l’arco si entra nell’area del monastero il cui edificio si chiama jinja ed è costruito in legno: lo vediamo sulla destra dell’opera.

Il jinja è costruito unicamente in legno perché è temporaneo, vale a dire che se si rovina, crepa o si usura a causa del tempo; viene poi distrutto e ricostruito da zero.

Il bianco della neve avvolge tutto il paesaggio ed entra in contrasto con il cromatismo del cielo trapuntato di stelle: è un luogo di pace e spiritualità.

Hiroshige rende perfetto l’incanto di un momento in un luogo in cui ci sembra di sentire solo il rumore dei piedi che affondano nella neve, mentre alcune persone si recano al santuario.

Vediamo infatti alcuni uomini con il loro carico sulle spalle che attraversano arrancando nella neve la porta torii per dirigersi al santuario a svolgere i riti di purificazione.

Seki Hiroshige dettaglio detail
Seki (Hiroshige) – il dettaglio con le persone e il torii rosso

Il nome “Seki”

Seki significa “entrata”. Il villaggio era chiamato così perché anticamente i funzionari controllavano vicino ad un cancello il passaggio dei forestieri.

I colori

Tutto è candore e bellezza mentre il cielo stellato sovrasta il manto di neve.

Pochi, dunque, sono i colori utilizzati da Utagawa Hiroshige in quest’opera:

  • il rosso;
  • il bianco;
  • il marrone;
  • il grigio;
  • l’azzurro.

Sono sì pochi colori, ma con una forza espressiva che ipnotizza. Se si osservano le opere di Hiroshige si riacquisisce la forza del tempo, l’ammirazione calma per la bellezza, l’osservazione e la cura dei dettagli fin quasi ad entrare nell’opera stessa. Un altro esempio con queste caratteristiche è Neve di sera a Hira, analizzato in un articolo precedente.

Neve di sera a Hira- Evening Snow on Mount Hira (Utagawa Hiroshige)
Neve di sera a Hira (Evening Snow on Mount Hira)

Seki: dati tecnici

  • Tecnica: xilografia, inchiostro e colore su carta.
  • Periodo di realizzazione: 1848-1849
  • Misure: 25,2 x 27,3 cm
  • Ubicazione: Chazen Museum of Art, Madison (Wisconsin, USA)

Seki (Hiroshige): analisi dell’opera e commento video

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Barche che ritornano a Gyotoku, opera di Hiroshige https://cultura.biografieonline.it/barche-gyotoku-hiroshige/ https://cultura.biografieonline.it/barche-gyotoku-hiroshige/#respond Thu, 29 Oct 2020 08:24:29 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30683 Le barche ritornano a Gyotoku

Utagawa Hiroshige realizza questa xilografia dal titolo Le barche ritornano a Gyotoku (Boats Returning to Gyotoku) nel 1837 circa. Gyotoku in quegli anni è un porto molto importante dove si svolgono commerci di pesca, sale e alghe.

Barche ritornano a Gyotoku (Hiroshige, 1837)
Barche ritornano a Gyotoku (Hiroshige, 1837 circa)

Descrizione della scena

In questa stampa vediamo gli abitanti del sobborgo di Edo mentre rientrano a casa dopo una giornata di lavoro.

In primo piano osserviamo una barca con alcuni pescatori che si riposano e altri che la governano senza vele, dirigendola al villaggio in cui si ristoreranno per la cena. Subito dopo compaiono due barche dalle quali sorgono due vele in una bellissima verticalità; quasi sembrano due case, che si stagliano nel mezzo della xilografia.

Più in là vediamo altre barche che solcano il fiume, i cui marinai cercano di contrastare la corrente spingendo le barche nella direzione desiderata.

Nel centro della stampa vediamo la linea dell’orizzonte in cui compaiono le capanne dei pescatori e gli alberi affollati a ridosso del corso d’acqua.

I colori

I colori del fiume sono bellissimi.

In primo piano vediamo il blu profondo, nel mezzo un azzurro più chiaro; in fondo, vicino al villaggio, l’acqua assume un colore più verdastro.

Sopra al villaggio possiamo perderci nei colori del tramonto che esplode nel rosso, nel giallo e nel bianco.

Utagawa Hiroshige e il senso di pace

Hiroshige sceglie di rappresentare la pace, la tranquillità, l’arcaica bellezza del Giappone in contrasto con la fatica e il dolore della vita politica, sociale ed economica del suo paese. Il Giappone proprio in quegli anni vive mote turbolenze. Il sistema feudale è al collasso e da molte parti si chiede una modernizzazione del paese.

Ma per l’artista ciò che conta è la bellezza di una giornata che volge a conclusione, mentre i pescatori ritornano a casa dopo una giornata di lavoro e di fatica; viaggiano coprendosi con i loro copricapo di paglia, riposandosi seduti dentro le barche o mentre raccolgono le reti che gli sono servite per pescare il pesce, in un mare ancora ricco e generoso.

Il senso di pace è una caratteristica ricorrente nelle opere di Hiroshige: l’abbiamo sottolineata in altri articoli, come ad esempio Neve di sera a Hira o Fugu e Inada.

Il componimento

Nella parte in alto a destra del quadro possiamo leggere un componimento in lingua giapponese che accompagna il rientro dei pescatori nel porto di Edo.

“Le barche dirette verso casa
sono guidate da irresistibili venti
verso le correnti divise del fiume
infestato dal gatto di Gyotoku.”

Dati sull’opera

  • La xilografia policroma è realizzata su carta con inchiostro e colore
  • Il titolo in giapponese è: Gyotoku no kihan
  • Misura 22,5×33,3 cm
  • E’ esposta al Metropolitan Museum of Art di New York.
  • Fa parte della serie “Otto vedute dei sobborghi di Edo” (Eight Views in the Environs of Edo; in giapponese: Edo kinko hakkei no uchi)

Analisi dell’opera e commento video

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Fugu e Inada, opera della serie dei pesci, di Hiroshige https://cultura.biografieonline.it/fugu-inada-pesci-hiroshige/ https://cultura.biografieonline.it/fugu-inada-pesci-hiroshige/#comments Tue, 27 Oct 2020 07:28:41 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30661 I due pesci fugu e inada

Fugu e Inada è un’opera di Utagawa Hiroshige; realizzata nel 1840 appartiene alla serie Ogni varietà di pesce. L’inada e il fugu sono due pesci molto diversi sia per forma che per colore. Hiroshige li incornicia con un ramo di susino in fiore.

Fugu e Inada (Hiroshige, 1840)
Fugu e Inada (Hiroshige, 1840)

I colori

Hiroshige divide la carta su cui sono disegnati e dipinti i due pesci con due colori principali:

  • un colore azzurrino, per simboleggiare il mare;
  • un colore più chiaro e pallido, per contrastare il colore caldo del mare.

Lo schema geometrico

I due pesci Fugu e Inada riprendono lo schema dell’opera intitolata Shimadai e Ainame, realizzata nello stesso anno (1840) e che vede i due pesci disposti in una posizione a V. E’ un incrocio in cui sembrano nuotare vicini per un tratto del loro percorso.

Inada

L’inada è il pesce più grande, in parte dipinto di azzurro ed è diffuso nel Pacifico, nell’Atlantico e nel Mediterraneo; può raggiungere i 360 metri di profondità ed è un pesce abbastanza imponente perché può raggiungere anche i due metri di lunghezza.

Osservando l’opera non si riesce a cogliere le vere dimensioni dell’inada anche se la differenza rispetto al fugu è notevole.

Hiroshige dipinge il pesce usando i suoi colori naturali, quindi l’azzurro e il giallo della coda. Sono perfette le righe realizzate ad inchiostro che solcano le pinne e la coda.

Fugu

Il fugu, invece, è il classico pesce palla. E’ un animale terribile e velenoso, dotato di spine molto piccole che aumentano in dimensione quando si gonfia difronte ad un nemico, oppure ad un pericolo.

Il veleno del fugu è mortale perché blocca l’apparato respiratorio; tuttavia, è anche un pesce molto prelibato. In Giappone ogni anno muoiono centinaia di persone proprio perché la sua preparazione è molto difficile e delicata: solo gli chef più esperti possono affrontare il taglio del fugu.

Il pesce palla (in giapponese, fugu) fa parte della tradizione culinaria del Giappone. Il suo veleno mortale lo rende però un piatto difficilissimo da preparare.

Piatto tipico dunque della cucina giapponese, il fugu presenta un colore biancastro sulla pancia e più scuro sulla parte superiore; è un pesce che vive prevalentemente in acque marine e poco profonde.

Descrizione e analisi dell’opera

Quest’opera, come le altre della serie Ogni varietà di pesce (Every Variety of Fish) rappresenta a parer mio, un perfetto equilibrio fra la tranquillità del mondo marino e il desiderio di contemplare un’opera d’arte che esprima un mondo altro; vale a dire un contesto in cui le difficoltà del mondo terrestre siano rimosse e dimenticate.

Proprio la bellezza del disegno e la delicatezza dei colori permettono una contemplazione pacifica dell’opera in cui i colori caldi contrastano i colori freddi in un equilibrio cromatico delicato e pieno di bellezza.

Altri dati sull’opera

  • L’opera Fugu e Inada è attualmente esposta al Metropolitan Museum of Art di New York.
  • Misura 25,5×38 cm.
  • E’ realizzata con una xilografia policroma, inchiostro e colore su carta.
  • Appartiene alla serie Ogni varietà di pesce (Uozukushi)
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Neve di sera a Hira, opera di Utagawa Hiroshige del 1832 https://cultura.biografieonline.it/neve-di-sera-a-hira-hiroshige/ https://cultura.biografieonline.it/neve-di-sera-a-hira-hiroshige/#comments Wed, 21 Oct 2020 13:55:55 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=30630 Nel 1832 l’artista giapponese Utagawa Hiroshige realizza Neve di sera a Hira (o Neve di sera sulle montagne di Hira). E’ un’opera composta con inchiostro e colore su carta, la quale racconta la pace di un luogo innevato poco prime che scenda la sera.

Neve di sera a Hira, quadro famoso di Hiroshige
Neve di sera a Hira (Evening Snow on Mount Hira) • Utagawa Hiroshige, 1832

Neve di sera a Hira: il luogo

Hira è un complesso montuoso che si trova presso il lago Biwa, a nord-est di Kyoto, in Giappone.

Il lago è alimentato dalla neve e dai ghiacci che d’inverno si formano sui monti.

Hiroshige rappresenta il lago con il colore blu, dipingendone una parte sulla destra: è l’unico passaggio di colore di tutta l’opera.

Il resto dell’opera è rappresentato con i bianchi e neri; un chiaroscuro che ci trasmette perfettamente l’immagine di un gelido inverno.

Descrizione dell’opera

La neve copre tutto il paesaggio, dai monti al villaggio, lasciando pochi elementi liberi.

Vediamo gli uomini vicino alle capanne arrancare nella neve mentre il pescatore riesce ancora a scivolare sulle acque gelide del lago.

Tre piani

L’opera è divisa in 3 piani prospettici:

  • il lago, gli uomini, le capanne e gli animali
  • le montagne innevate
  • le montagne all’orizzonte

Primo piano

Nel primo piano vediamo le capanne del villaggio e gli uomini insieme agli animali che camminano nella neve; dietro al villaggio possiamo scorgere gli alberi scarni, realizzati con pochi tratti di inchiostro nero che rendono ancora di più l’idea dell’inverno gelido e definitivo.

Secondo piano

In secondo piano l’artista rappresenta il complesso montuoso di Hira. Le montagne sono disegnate con linee spezzate che rappresentano i crepacci e le zone non coperte dalla neve; questa tecnica rende le cime ancora più aspre; non sono declivi dolci quelli che vediamo, ma linee con un chiaroscuro forte, contrastato, non omogeneo.

Terzo piano

Nel terzo piano vediamo apparire in forma fantasmagorica un ammasso montuoso chiaro, più chiaro del cielo. Esso si affaccia sulla visione, quasi fosse un riflesso dei monti: in realtà è un altro complesso montuoso posto all’orizzonte.

Tecnica, misure e ubicazione

Neve di sera a Hira, 1832. (Evening Snow on Mount Hira)

Xilografia policroma. Inchiostro e colore su carta. 22,5×40,5 cm.

New York, The Metropolitan Museum of Art.

La scritta giapponese

Nella parte in alto a sinistra del quadro è riportata una scritta in giapponese. Essa recita così:

“Quando la neve ha smesso di cadere, verso sera le cime innevate sorpassano in bellezza il ciliegio, sbocciato in tutta la sua perfezione”.

Analisi dell’opera con commento video

Pissarro ebbe modo di affermare:

Hiroshige è uno straordinario impressionista.

Camille Pissarro

Neve di sera a Hira comunica un senso di pace e dolcezza, una bellezza sfumata che potrà rimanere solo pochi istanti prima che la notte elimini la luce.

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Campagna di Guadalcanal: riassunto, fatti storici e protagonisti https://cultura.biografieonline.it/campagna-di-guadalcanal/ https://cultura.biografieonline.it/campagna-di-guadalcanal/#comments Sun, 03 May 2020 10:01:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28550 La Campagna di Guadalcanal ebbe inizio con lo sbarco dei marines nelle isole Salomone Meridionali, il 7 agosto 1942 e terminò il 9 febbraio del 1943, quando gli Americani constatarono che il nemico aveva evacuato l’intero settore. Secondo molti storici, rappresentò il turning point, il punto di svolta, della intera guerra nel Pacifico. Prima di questa campagna il Giappone aveva dettato tempi e modi della guerra, da Guadalcanal in poi l’offensiva fu sempre nelle mani degli Alleati.

Sbarco dei marines americani sulla spiaggia di Guadalcanal
7 agosto 1942: lo sbarco dei marines americani sulla spiaggia di Guadalcanal

Giappone e USA: la situazione alla vigilia

Dopo la disastrosa sconfitta a Midway, l’alto comando giapponese era come un pugile alle corde, incapace di reagire ai pugni subiti. Per diverse settimane, lo staff dell’ammiraglio Isoroku Yamamoto – comandante in capo della Flotta Combinata – non fu in grado di elaborare piani.

Si trattava di un momento delicato: l’irreparabile perdita di 4 delle 6 portaerei della squadra di attacco esigeva un ridimensionamento degli obiettivi, se non proprio il passaggio a una fase difensiva.

Midway: portaerei in fiamme
Midway: una portaerei in fiamme

Di contro, gli americani non erano nella situazione ideale per sfruttare il successo: le loro forze erano ancora troppo deboli, in gran parte a causa della scelta politica sintetizzata nella locuzione Germany first, che privilegiava il teatro bellico europeo nell’assegnazione di risorse per la guerra.

Per ripetere una efficace metafora di dello storico H. P. Willmott, l’iniziativa era come una pistola abbandonata in strada: quale dei due contendenti l’avrebbe raccolta e avrebbe sparato per primo?

Guadalcanal: l’isola e la geografia

Nella parte meridionale delle Salomone giace l’isola che, fino allora sconosciuta, sarebbe diventata teatro di una delle campagne militari più famose e sofferte dell’intera seconda guerra mondiale.

Cartina geografica del teatro del Pacifico - 1942 - con la posizione di Guadalcanal
La cartina mostra l’area geografica del teatro del Pacifico. La grafica mostra i punti delle principali battaglie: Midway, Pearl Harbor, e Mar dei Coralli. Guadalcanal si trova vicino a quest’ultimo punto.

Nell’estate del 1942 Guadalcanal era un appezzamento di terra, per lo più disabitato, lungo circa 150 km e largo al massimo 53. Non era certo un luogo ospitale: le piogge erano frequenti e a carattere torrenziale, la zanzara della malaria molto diffusa e la giungla estremamente fitta. Eppure era stata scelta dal comando giapponese per allestire un aeroporto.

Gli Alleati temevano, con ragione, che questa posizione avrebbe consentito al nemico di minacciare la vitale rotta che collegava Stati Uniti e Australia; lungo tale via venivano indirizzati i mercantili che portavano uomini, armi e munizioni destinati alla difesa della Nuova Guinea e del continente australiano stesso.

Fu principalmente questo timore che indusse l’ammiraglio Chester W. Nimitz, comandante in capo della Flotta del Pacifico, a scegliere l’isola di Guadalcanal come teatro della prima offensiva americana nel Pacifico.

Lo sbarco e la reazione giapponese

L’operazione Watchtower ebbe inizio il 7 agosto, con gli sbarchi preliminari sugli isolotti di Gavutu-Tamambogo, seguiti dall’invasione di Tulagi, dove i giapponesi avevano approntato una base per idrovolanti nel maggio precedente, in occasione della battaglia del Mar dei Coralli.

L'incrociatore della Royal Australian Navy HMAS Canberra e 3 navi da carico al largo di Tulagi (Guadalcanal)
L’incrociatore della Royal Australian Navy HMAS Canberra (D33) al largo di Tulagi, durante gli sbarchi del 7 e 8 agosto 1942. Le navi visibili in lontananza sono tre mezzi da carico che sbarcano uomini e materiale. Sullo sfondo: Tulagi e le isole della Florida, parte delle Salomone.

Entrambe le operazioni incontrarono una resistenza maggiore del previsto, basata soprattutto su efficaci infiltrazioni notturne, tattiche nelle quali il fante nipponico eccelleva. Tutti gli obiettivi vennero comunque conquistati il 9 agosto, non senza la necessità di rinforzi.

Sull’isola di Guadalcanal erano acquartierati 2.230 giapponesi, circa 1.700 dei quali erano operai militarizzati. Alle 9.19 del 7 agosto cominciarono a sbarcare i marines del 1° e 5° reggimento, incorporati nella 1a divisione marines del generale Alexander A. Vandegrift, per un totale di 8.500 uomini.

La resistenza iniziale fu pressoché inesistente e gli americani, già nel primo pomeriggio, si impadronirono dell’aeroporto appena ultimato, che ribattezzarono Henderson Field, trovandovi anche una discreta quantità di materiale abbandonato dal nemico.

Attorno a questo obiettivo venne costituito un perimetro difensivo che sarà poi il teatro delle principali controffensive terrestri giapponesi. I soldati giapponesi, nonché opporsi allo sbarco dei marines, scelsero invece di rifugiarsi nella giungla all’interno dell’isola.

La battaglia di Savo

La reazione del Sol Levante fu affidata all’Ottava Flotta del viceammiraglio Gunichi Mikawa, composta da 5 incrociatori pesanti, 2 leggeri e un solo cacciatorpediniere.

Nella notte tra l’8 e il 9 agosto, questa squadra ottenne una delle vittorie numericamente più clamorose dell’intera guerra. Nel corso della battaglia di Savo riuscì infatti ad affondare 4 incrociatori pesanti alleati, senza perdere alcuna unità.

Fallì invece nell’obiettivo di localizzare e attaccare i mercantili nemici, ancora alla fonda e impegnati nello sbarco di materiali, e, in ultima analisi, nel conseguire un completo successo strategico.

La distruzione, o anche solo l’allontanamento dei mercantili, avrebbe certamente messo in crisi i marines, riducendo la loro capacità di opporsi alle imminenti controffensive terrestri.

Sviluppo della campagna di Guadalcanal

La campagna si sviluppò da allora secondo un canone ben preciso. Il possesso di Henderson Field garantiva agli americani il predominio dei cieli e, conseguentemente, la possibilità di operare, facendo giungere rinforzi e rifornimenti, alla luce del giorno.

Viceversa, l’oscurità, costringendo a terra gli aerei, andava a vantaggio dei giapponesi, addestrati a combattere di notte e in grado di far giungere, a loro volta, convogli ribattezzati Tokyo Express dagli americani; essi erano composti prevalentemente da cacciatorpediniere che, quasi ogni notte, trasportavano soldati e armi leggere dalle basi nelle Salomone settentrionali a Guadalcanal.

Le principali battaglie

È difficile isolare le singole battaglie perché la storia di Guadalcanal si compone di piccole azioni aeree, navali e terrestri quasi quotidiane.

Entrambe le parti si risolsero a inviare via mare flussi di rifornimenti di dimensioni ridotte per eludere l’opposizione nemica. Inoltre, la morfologia dell’isola si prestava ad incursioni di piccoli reparti.

È forse possibile identificare 6 azioni principali.

  • La battaglia terrestre del Tenaru, 21 agosto, quando il distaccamento Ichiki provò a forzare il perimetro di Henderson Field e venne annientato.
  • La battaglia aeronavale delle Salomone Orientali, 24-25 agosto, originata dal tentativo di eseguire azioni di rifornimento in grande stile; si trattò di uno scontro inconcludente che vide l’affondamento della portaerei leggera nipponica Ryujo e il danneggiamento della USS Enterprise.
  • Il 12 settembre venne combattuta la battaglia terrestre di Edson’s Ridge, nota anche come cresta insanguinata. Fu uno scontro durissimo che sfociò spesso in terribili corpo a corpo. L’offensiva giapponese, che mirava a Henderson Field, venne respinta con gravissime perdite.
  • L’11 ottobre ebbe luogo la battaglia aeronavale di capo Speranza, con bombardamenti navali dell’aeroporto americano che si protrassero fino al 15 ottobre.
  • Al 24 ottobre risale la battaglia di Henderson Field, ultimo serio tentativo nipponico di occupare l’aeroporto nemico. Questa offensiva terrestre coincise con lo scontro aeronavale del 26 ottobre, nota come battaglia delle Isole Santa Cruz.
  • La battaglia navale di Guadalcanal, combattuta nella notte tra il 12 e il 13 novembre. Determinata da un’operazione nipponica di rifornimento e al contempo bombardamento, incontrò l’opposizione di una flotta americana inferiore che venne annientata ma seppe precludere all’ammiraglio giapponese l’esecuzione della sua missione. Ripetuta il 14 novembre, l’operazione fallì nuovamente e questa volta gli americani si aggiudicarono anche il successo tattico.

La fine della campagna

Dopo l’ultimo scontro, il quartier generale giapponese non fu più in grado di organizzare un’offensiva. Di fatto, le perdite subite convinsero soprattutto la Marina che era giunto il momento di accettare la sconfitta.

L’evacuazione di Guadalcanal venne ordinata nell’ultima settimana di dicembre e portata a termine il 7 febbraio del 1943 con perdite modestissime. Due giorni più tardi, il generale Alexander Patch, recentemente nominato comandante delle forze alleate sull’isola, dichiarò conclusa la campagna.

Con la vittoria, gli americani poterono fare di Guadalcanal il punto di partenza delle loro successive offensive, sviluppando l’aeroporto già esistente e costruendone altri. Ma, soprattutto, poterono far tesoro della crescente debolezza del nemico, che non era in grado di compensare le perdite subite.

Gli Americani avevano raccolto la pistola abbandonata per strada, l’iniziativa, e non l’avrebbero più mollata fino alla resa senza condizioni del Giappone.

Bilancio e motivi della sconfitta giapponese

Se le perdite di uomini furono molto superiori per il Giappone, il computo delle navi affondate fu sostanzialmente pari. Nonostante questo, il quartier generale imperiale uscì dalla campagna di Guadalcanal in condizioni di grande inferiorità.

Perché?

Il motivo è presto detto: gli americani erano in grado di far fronte alle perdite subite grazie alle loro capacità industriali, in rapido e imponente aumento, i giapponesi no. Ma non si può tacere che il 7 agosto 1942 era il Giappone a detenere una certa superiorità di uomini e mezzi nel settore.

Quale fu allora il motivo della disfatta?

In primo luogo, è necessario far riferimento a una cattiva pianificazione dello Stato Maggiore nipponico. Per diverse settimane, a Tokyo ritennero che gli americani si fossero insediati a Guadalcanal con forze esigue, sufficienti tutt’al più a una ricognizione su vasta scala.

Da questa erronea convinzione derivarono sconfitte e perdite di uomini e materiali, con offensive lanciate in condizioni di netta inferiorità numerica, confidando anche nella (presunta) superiorità combattiva del soldato nipponico.

Contribuirono alla disfatta anche l’inferiorità qualitativa e quantitativa dei rifornimenti e la mancanza di adeguate strutture sanitarie all’interno dell’esercito che invece sarebbero state necessarie in un ambiente malsano come la giungla di Guadalcanal.

Basti dire che i soldati giapponesi evacuati nel febbraio 1942 erano così emaciati da scioccare i marinai dei vascelli su cui si imbarcarono.

I motivi della vittoria americana

Per parte loro, gli americani incominciarono la campagna con alcuni seri handicap, in primis l’inferiorità nel combattimento navale notturno al quale non erano addestrati, mentre la Marina Imperiale ne aveva fatto uno dei suoi punti di forza.

Seppero però recuperare, grazie a un rapido e intenso ciclo addestrativo e all’imponente produzione che consentì a esercito, marina e corpo dei marines di disporre di abbondanti riserve di materiale; questo nonostante periodi di crisi per la difficoltà di trasferire tanta abbondanza alla prima linea.

Considerazioni finali

Se c’è un aspetto sul quale i due nemici si trovano assolutamente d’accordo, è la durezza della campagna. Guadalcanal fu una tragedia per chi vi combatté perché le condizioni psicologiche e fisiche dei protagonisti furono messe a durissima prova.

Il termine che ricorre più spesso nei resoconti è “inferno”, valga per tutti l’epigrafe che accompagna la tomba di un marine e che recita:

«Quando questo marine si presenterà a Pietro gli dirà: Signore, io ho già servito all’inferno, sono stato a Guadalcanal».

And When He Gets To Heaven, To Saint Peter He Will Tell; One More Marine Reporting Sir, I’ve Served My Time In Hell – (Marine Grave inscription on Guadalcanal, 1942)

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Kintsugi, arte giapponese che ripara ferite con l’oro: una metafora di vita. https://cultura.biografieonline.it/kintsugi-arte-giapponese-metafore/ https://cultura.biografieonline.it/kintsugi-arte-giapponese-metafore/#comments Thu, 21 Nov 2019 22:50:57 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=27597 L’antica arte Kintsugi viene dal Giappone e si ispira ai vasi riparati

Abbiamo tanto da imparare dai popoli dell’Oriente. L’antica arte giapponese del Kintsugi trasmette una preziosa lezione di vita rivolta a tutti, prendendo spunto dalla sapiente e antica tecnica di mettere in evidenza le fratture dei vasi rotti.

Kintsugi: i cocci di una ciotola riparati con l'oro
Kintsugi: i cocci di una ciotola riparati con l’oro

Kintsugi: in cosa consiste?

Noi occidentali siamo soliti buttare un vaso quando questo cade e si rompe, seppure a malincuore perché trattasi di un oggetto prezioso. In Giappone, invece, la rottura di una ciotola, di un vaso o di una teiera diventa un’occasione per renderli ancora più pregiati.

Proprio grazie alle fratture provocate dalla rottura, la pratica giapponese del Kintsugi aggiunge valore all’oggetto, evidenziando le linee e restituendogli una nuova opportunità.

Il termine giapponese “kintsugi” deriva da “kin” (che significa letteralmente “oro”) e “tsugi” (che sta per “ricongiunzione, riunione, riparazione”).

Kintsugi: due vasi riparati con polvere d'oro
Kintsugi: due vasi riparati con polvere d’oro. (Foto dal sito: francinesplaceblog.com)

Per rimettere insieme i pezzi di un oggetto rotto i giapponesi utilizzano un metallo prezioso (di solito oro o argento liquido oppure una lacca di polvere dorata). Quando i cocci si riuniscono vengono fuori alcune nervature che rendono più originale il pezzo.

Le cicatrici, anziché privare l’oggetto del suo valore, gli conferiscono un aspetto unico ed irripetibile. Le ramificazioni che si formano per la rottura vengono esaltate con l’applicazione del metallo. La tecnica del Kintsugi permette di realizzare vere e proprie opere d’arte partendo da un oggetto rotto, che per definizione è imperfetto.

Le origini del Kintsugi

Alcuni oggetti laccati sono stati rinvenuti circa 5.000 anni fa. Ciò significa che la tecnica Kintsugi affonda le sue radici nell’antichità. Da millenni i giapponesi utilizzano come sostanza collante la lacca urushi, che si può ricavare dalla pianta “Rhus verniciflua” (Albero della lacca, chiamata anche Lacca cinese).

Alcuni documenti accreditati fanno risalire l’origine di tale tecnica artistica al XV secolo. Si racconta che l’ottavo shogun Ashikaga Yoshimasa ruppe la propria tazza da tè e decise di farla riparare da alcuni esperti artigiani.

Questi applicarono alla tazza dello shogun la tecnica del kintsugi, riempiendone le fessure con resina e polvere d’oro.

Per riparare gli oggetti con questo metodo sono necessarie diverse fasi e inoltre il tempo di essiccazione può consistere in un mese o più.

Kintsugi: dettaglio di una saldatura con l'oro
Kintsugi: dettaglio di una saldatura con l’oro

Il Kintsugi e le sue Metafore per la Vita

Quante lezioni di vita possiamo apprendere dall’antica e sempre attuale arte del kintsugi! La prima, più importante di tutte, è che non si deve buttare un oggetto perché si rompe.

Recuperare un rapporto

Come il kintsugi restituisce nuova vita ad un oggetto rotto impreziosendo le fratture con il metallo prezioso, così nella vita dobbiamo cercare di recuperare le relazioni o i rapporti prima che si logorino del tutto.

Resilienza

Altra lezione fondamentale del kintsugi consiste nell’applicare la Resilienza. Questa è la capacità di reagire alle avversità della vita con coraggio, considerando le esperienze dolorose come occasioni di crescita.

Come il kintsugi mette in evidenza le crepe di un vaso rotto, così noi dobbiamo imparare ad esibire e valorizzare le cicatrici della nostra vita, senza vergognarci di esse. Anzi, secondo la metafora del kintsugi sono proprio le cicatrici a rendere un’esistenza unica e preziosa.

Applicazioni moderne delle metafore del kintsugi

Mentre noi occidentali stentiamo ad accettare le crepe (sia fisiche che spirituali) e piuttosto siamo portati a considerarle come segni di fragilità ed imperfezione, la cultura orientale da millenni accetta e valorizza la compresenza degli opposti, che fluiscono insieme in maniera armoniosa – come lo Yin e lo Yang.

Simbolo Yin e Yang
Simbolo dello Yin e Yang

I giapponesi, millenni fa, avevano già compreso che le imperfezioni estetiche possono assumere forme nuove rendendo gli oggetti ancora più preziosi. Proprio come succede a noi: chi ha sofferto ed esibisce con orgoglio le ferite dell’anima è una persona consapevole e di certo preziosa per gli altri.

Secondo la moderna psicoterapia, il kintsugi giapponese è un ottimo spunto di riflessione per imparare la resilienza. Una dote che non è innata e che serve a tutti per vivere meglio anche le peggiori avversità che la vita riserva.

Un libro e 3 frasi sul Kintsugi

Ci sono autori che hanno scritto dell’antica arte giapponese ricollegandola a significati metafisici e filosofici. Tra questi la restauratrice e artista Chiara Lorenzetti ha pubblicato il volume intitolato Kintsugi, l’arte di riparare con l’oro, un manuale sull’uso del kintsugi e le metafore applicabili nella vita di tutti i giorni.

Non permettere alle tue ferite di trasformarti in qualcuno che non sei.

Paulo Coelho

Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.

Kahlil Gibran

Non c’è niente di più bello di una persona che rinasce. Quando si rialza dopo una caduta, dopo una tempesta e ritorna più forte e bella di prima. Con qualche cicatrice nel cuore sotto la pelle, ma con la voglia di stravolgere il mondo anche solo con un sorriso.

Anna Magnani
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