Gesù Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Fri, 19 Apr 2024 08:49:35 +0000 it-IT hourly 1 Ultima cena: perché è celebre questa opera di Leonardo? https://cultura.biografieonline.it/leonardo-ultima-cena/ https://cultura.biografieonline.it/leonardo-ultima-cena/#comments Fri, 19 Apr 2024 08:29:01 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=5427 L’Ultima cena è uno dei dipinti più famosi e citati di Leonardo. È stato realizzato fra il 1495 e il 1498. La tecnica utilizzata è tempera grossa su intonaco. L’opera misura 460 x 880 cm e si trova nel refettorio di santa Maria delle Grazie a Milano. La tecnica pittorica di Leonardo da Vinci, assolutamente innovativa per l’epoca, consistette nella stesura di colori a tempera posti sopra a due strati di calcina fresca.

Il secondo strato aveva una notevole quantità di gesso, che nel tempo causò diversi problemi all’opera, soprattutto a causa dell’umidità, richiedendo la realizzazione di numerosi progetti di restauro.

Ultima cena, Leonardo da Vinci (1495 - 1498)
L’Ultima cena, uno dei dipinti più noti al mondo. Opera di Leonardo da Vinci

L’immortalità di un momento drammatico

Dopo cinquant’anni dalla realizzazione dell’opera, Giorgio Vasari notava come fosse diventata una macchia indistinta di colori proprio a causa dell’umidità.

I restauri hanno mantenuto l’opera più o meno nel suo stato originario ma hanno anche permesso la scoperta di dettagli dimenticati, come ad esempio gli alimenti presenti sul tavolo, dettagli ritrovati con l’ultimo importante restauro del 1999.

Il dipinto rappresenta l’ultima cena a cui Gesù partecipò con i dodici apostoli. La ricostruzione storica si basa sul Vangelo di Giovanni.

Durante la cena Gesù annuncia che verrà tradito da uno dei suoi apostoli. Leonardo ritrae questo momento, rappresentando l’esatto istante in cui gli apostoli reagiscono con sconcerto all’annuncio. È un momento drammatico che si ripete all’infinito nella liturgia cristiana e che in questo capolavoro assume una rappresentazione immaginifica immortale.

Le ragioni di un’opera celeberrima

L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci è celebre per molteplici ragioni, che la rendono un capolavoro assoluto e una delle opere d’arte più iconiche al mondo. Tra i suoi aspetti più salienti troviamo i seguenti.

Innovazione tecnica e artistica

  • Tecnica: Leonardo sperimentò una nuova tecnica pittorica, la tempera ad olio, che gli permise di ottenere effetti di sfumature e morbidezza senza precedenti, rendendo l’opera incredibilmente realistica.
  • Prospettiva: La scena è costruita con una prospettiva impeccabile, che crea un’illusione di profondità tridimensionale e coinvolge lo spettatore nella scena.
  • Psicologia dei personaggi: Leonardo diede vita ai personaggi rappresentando le loro emozioni e i loro stati d’animo con straordinaria maestria, facendo di quest’opera non solo un dipinto religioso, ma anche un profondo ritratto dell’umanità.

Composizione e iconografia

  • Composizione: I dodici apostoli sono disposti in gruppi di quattro, creando un ritmo armonico e sottolineando le diverse reazioni all’annuncio di Gesù del tradimento di uno di loro.
  • Figura di Cristo: Gesù è posto al centro della scena, in una posizione di calma e serenità, contrapposta all’agitazione degli apostoli. La sua figura irradia luce e dona un senso di pace all’intera composizione.
  • Iconografia: Leonardo reinterpretò la tradizionale iconografia dell’Ultima Cena, scegliendo di rappresentare il momento in cui Gesù rivela il tradimento di Giuda, creando una scena ricca di tensione drammatica.

Significato e influenza

  • Significato religioso: L’opera rappresenta un momento cruciale della storia di Cristo e del cristianesimo, e invita a riflettere sul tema del tradimento, del sacrificio e dell’amore.
  • Influenza artistica: L’Ultima Cena ha avuto un’influenza profonda sulla storia dell’arte, ispirando generazioni di artisti e diventando un modello per la rappresentazione di scene bibliche e non.
  • Valore culturale: L’opera è considerata un capolavoro del Rinascimento italiano e un patrimonio artistico di inestimabile valore, non solo per l’Italia ma per l’intero mondo.

Oltre a questi aspetti principali, l’Ultima Cena è celebre anche per la sua bellezza mozzafiato, la sua complessità simbolica e la sua capacità di suscitare emozioni profonde in chi la osserva. Si può parlare a buon titolo di un’opera capace di suscitare la Sindrome di Stendhal.

Per queste ragioni, l’opera continua ad affascinare e ispirare persone di tutto il mondo, a distanza di secoli dalla sua creazione.

Fattori che hanno contribuito alla sua fama

  • Ubicazione: L’opera si trova nel Cenacolo Vinciano, un convento domenicano a Milano, che è un luogo suggestivo e ricco di storia.
  • Storia: L’opera ha subito una storia travagliata, con restauri e vicissitudini che ne hanno aumentato il fascino e la mistero.
  • Popolarità: L’Ultima Cena è stata oggetto di numerosi studi, pubblicazioni e riproduzioni, diventando un’immagine iconica riconosciuta a livello globale.
  • Riferimenti nella cultura di massa: L’opera è stata citata e omaggiata innumerevoli volte in film, libri, musica e altri media, contribuendo a renderla ancora più famosa e conosciuta.

In definitiva, la fama dell’Ultima Cena è il risultato di una combinazione unica di fattori artistici, storici, culturali e popolari che l’hanno resa un’opera d’arte senza eguali.

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Madonna dei Fusi: storia e significato del quadro di Leonardo https://cultura.biografieonline.it/leonardo-madonna-dei-fusi/ https://cultura.biografieonline.it/leonardo-madonna-dei-fusi/#respond Tue, 16 Apr 2024 19:35:23 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=12228 La Madonna dei Fusi è un’opera di Leonardo da Vinci delle dimensioni di 50,2 x 36,4 cm realizzata a Firenze nel 1501, dopo un’assenza di quasi vent’anni, passati alla corte di Ludovico il Moro a Milano. Il quadro è conservato in una collezione privata a New York. Si tratta in assoluto di una delle immagini sacre più contemplate e autorevoli del pieno Rinascimento.

Leonardo da Vinci: Madonna dei Fusi (1501)
Madonna dei Fusi (Leonardo da Vinci, 1501) • Il quadro fu trafugato da un castello scozzese nel 2003 e ritrovato nel 2007. L’opera rappresenta una delle testimonianze artistiche sacre più affascinanti della produzione artistica di Leonardo e dell’intero Rinascimento.

Questo “quadretto” si attribuisce appunto a Leonardo, grazie ad una lettera scritta da un frate ed inviata a Isabella d’Este. In essa si comunicava che lo stesso Leonardo stava realizzando un “quadrettino” per il segretario del re di Francia Florimond Robertret. Nel dipinto veniva raffigurata la Vergine e il Bambino mentre afferra l’aspo come se fosse una croce, a simboleggiare il suo martirio.

Madonna dei Fusi: analisi del quadro

Nell’opera possiamo notare, in primo piano, la Madonna seduta su una roccia in posizione con le gambe rivolte verso sinistra. Mentre il busto e la testa sono girati verso destra. Ed il Bambino, semi-sdraiato lungo la diagonale, si diverte giocoso e sorridente, tenendo fra le sue manine un aspo (un bastone con due assicelle perpendicolari alle estremità per avvolgervi le matasse di lana filata).

Il gesto fatto dalla Vergine nei confronti del Bambino è a metà tra la sorpresa e la iperprotettività. E’ raffigurato dalla mano della donna che è proiettata in avanti, quasi a voler uscire dall’opera. Il Bambino è intento a guardare e fissare l’aspo con forte intensità quasi come se fosse una croce.

Sullo sfondo, possiamo ammirare l’amplissimo paesaggio, in cui si intravedono un fiume ed una serie di picchi rocciosi in sequenza. Essi coinciderebbero con i Calanchi del Basso Valdarno, vicino alla zona di origine dello stesso artista.

Anche nella Madonna dei Fusi Leonardo da Vinci utilizza come sempre la tecnica dello sfumato per i trapassi di luci e ombre, tipici del suo stile. Esprime così gli stati d’animo e le espressioni spirituali dei soggetti del dipinto.

Anni recenti

Nel 2003 l’opera fu trafugata da un castello scozzese.

Per quattro anni non se ne ebbe più notizia.

Solo nel 2007 venne fortunatamente ritrovata per rendere al panorama artistico rinascimentale una delle testimonianze artistiche sacre più affascinanti dell’opera leonardesca.

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Corpo di Cristo morto nella tomba: quadro famoso di Hans Holbein il Giovane https://cultura.biografieonline.it/corpo-di-cristo-morto-nella-tomba-quadro/ https://cultura.biografieonline.it/corpo-di-cristo-morto-nella-tomba-quadro/#respond Tue, 29 Aug 2023 09:03:25 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=41406 Il Corpo di Cristo morto nella tomba è un dipinto di Hans Holbein il Giovane, realizzato nel 1521 e attualmente esposto presso il Kunstmuseum di Basilea, in Svizzera. L’opera rappresenta il corpo di Gesù prima della resurrezione. Il quadro si sviluppa in orizzontale: le dimensioni sono 30,5 x 200 cm.

Corpo di Cristo morto nella tomba - Holbein
Corpo di Cristo morto nella tomba (1521, Hans Holbein il Giovane)

Descrizione dell’opera

Il corpo di Cristo appare sofferente, ferito sulle mani e ai piedi per i chiodi che hanno penetrato la carne quando è stato crocefisso.

Vediamo anche una ferita sul costato per via della punta della lancia con cui il soldato lo ha colpito.

Corpo di Cristo morto nella tomba - dettaglio delle ferite
Il dettaglio delle ferite

La morte carnale di Gesù appare in tutta la sua orribile verità.

La bocca aperta, il corpo in un’iniziale stato di putrefazione, gli occhi semi aperti: tutto è sofferenza, distruzione, morte.

Corpo di Cristo morto nella tomba - dettaglio del volto
Il dettaglio del volto

È il cadavere di un uomo, è il corpo di un essere umano che ha sofferto e che ai nostri occhi, visto così, non ha nulla di divino; non c’è alcuna differenza fra noi e il corpo del Gesù di Holbein.

Perché?

Il senso di colpa

Per quale motivo il pittore ha voluto realizzare questo dipinto mostrandoci Gesù in tutta la sua mortalità, o meglio, in tutta la sua fragilità?

È ipotizzabile che il pittore volesse suscitare un senso di colpa sullo spettatore, il quale si trova difronte al sacrifico di Gesù, alla sua morte violenta e sofferta.

Una morte affrontata per noi esseri umani, per la cristianità tutta che non è preparata ad assistere ad un tale sacrificio e a vedere un dio fattosi uomo anche nella morte.

Ed è proprio questo verismo che suscita tutto lo sgomento di chi lo osserva e vede il corpo del figlio di Dio preservato e mostrato in tutta la sua carnalità.

Il Corpo di Cristo morto nella tomba e l’Idiota di Dostoevskij

Dostoevskij, rimase sconvolto alla vista del dipinto – racconta nella sua biografia la moglie del grande scrittore russo. Così nel suo romanzo L’idiota il personaggio del principe Myškin, esclama:

«Quel quadro! Osservando quel quadro c’è da perdere ogni fede».

L’esperienza visiva e le domande scomode

L’umanità del Cristo di Holbein diventa un esperienza visiva attraverso la quale ci si pone una serie di domande molto scomode.

  • Quanto ha sofferto Cristo prima di morire?
  • Il suo corpo, oggetto di immagini e ricerche, era un corpo fragile, terribilmente umano quanto il nostro?

E, quindi, quella sua fragilità l’abbiamo distrutto, senza alcuna pietà.

Nel contesto storico in cui ha lavorato il pittore, il senso di colpa e la ricerca di una verità cristiana erano forse più forti di adesso, dove la secolarizzazione mette in discussione ogni passaggio della storia di Cristo.

Tuttavia, nel dipinto Corpo di Cristo morto nella tomba, oltre al significato teologico, non possiamo non osservare, con sgomento, la verità, carnale, oggettiva, eterna, della sofferenza dell’uomo Gesù.

Un altro celebre quadro dello stesso artista è il ritratto di Enrico VIII.

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Ecce homo (1475), analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-antonello-1475/ https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-antonello-1475/#respond Tue, 05 May 2020 19:03:24 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28983 Questo splendido “Ecce homo” datato 1475 e attualmente esposto a Piacenza, al Collegio Alberoni, riprende il tema degli “Ecce homo” di Antonello da Messina, ispirato autore del capolavoro.

Ecce homo (1475), opera di Antonello da Messina - Piacenza
Ecce homo (1475), opera di Antonello da Messina – Collegio Alberoni, (Via Emilia Parmense, 77 – Piacenza)

Ognuno di questi dipinti fu realizzato per stimolare la preghiera e la meditazione sulla Passione di Cristo. Elenchiamo di seguito i quadri della serie già trattati in precedenti articoli:

Ecce homo (1475): descrizione

La colonna

In quest’opera possiamo ammirare una colonna: la colonna della flagellazione, posta dietro al capo di Cristo e alla quale è legato.

La colonna è un’innovazione importante, perché crea ancor più pathos e drammaticità alla scena. Inoltre permette ad Antonello di utilizzare la luce e l’ombra per rendere il volto del Cristo ancora più vero.

La devozione per il Cristo

Probabilmente questo dipinto è stato commissionato da qualche collezionista che voleva utilizzarlo come opera di devozione; queste ultime erano molto considerate nel Quattrocento e Antonello fu sicuramente uno dei pittori più richiesti in tal senso, nonché uno dei più innovativi.

Era un’epoca in cui il dialogo con la Passione di Cristo assumeva un profilo individuale: i credenti cercavano un modo più raccolto per pregare; Antonello da Messina contribuì a rendere questa esperienza ancora più intima e intensa.

I dettagli

Indubbiamente in questo magistrale dipinto l’influenza fiamminga viene resa in tutta la sua forza stilistica con un lavoro di dettaglio incredibile; basti solo osservare con attenzione le gocce di sangue che sgorgano dalla fronte del Cristo o le lacrime che solcano il suo viso.

Ma tutto il dipinto è un capolavoro di dettagli: la corona di spine, la corda al collo, i capelli riccioluti bagnati dal sudore, conseguenza della sofferenza patita e il volto che implica sofferenza e drammaticità; il quadro pone anche molti interrogativi sulla sofferenza del Cristo e la sua reazione di fronte alla crudeltà umana.

La testa di Gesù è posta di tre quarti: è un’altra innovazione del maestro di Messina. Il suo volto sviluppa tratti psicologici, umani, personali molto intensi, che rendono il dialogo con il divino ancora più sentito.

La prospettiva

La prospettiva è un’altra qualità essenziale di questo dipinto Ecce homo: il gioco di luci e ombre che si proiettano sul volto del Cristo, provenendo dalla colonna, dona plasticità alla sua figura.

La luce intensifica ancora di più la sofferenza del volto e rende la scena profondamene vera.

In quest’opera possiamo dunque ammirare una sintesi meravigliosa fra dettagli fiamminghi e plasticità rinascimentale.

Ecce homo: analisi dell’opera e commento video

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Ecce homo e San Girolamo penitente, di Antonello da Messina: analisi dell’opera https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-san-girolamo-antonello/ https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-san-girolamo-antonello/#comments Wed, 29 Apr 2020 20:10:04 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28554 Questa tavoletta di dimensioni contenute, 19.5 x 14.3 cm, aveva lo scopo di indurre meditazione e preghiera nel fedele che l’ammirava e ne constatava le implicazioni religiose delle immagini. Il titolo è “Ecce homo e San Girolamo penitente”. E’ stata realizzata da Antonello da Messina fra il 1463 e il 1465. L’opera fa parte di una collezione privata newyorkese.

Tavoletta di Antonello da Messina: Ecce homo (fronte) e San Girolamo penitente (retro) - Analisi dell'opera
Ecce homo (fronte) e San Girolamo penitente (retro), sono le due immagini che compongono la tavoletta di Antonello da Messina

Un’opera votiva

Meraviglioso esemplare di opera votiva, la tavoletta aveva lo scopo di stimolare la preghiera, di contemplare la sofferenza di Cristo e di ammirare la dedizione del Santo.

Fronte e retro

Sulla parte frontale (recto) della tavoletta appare il Cristo dolente mentre si sporge da un parapetto. Dietro di lui il buio, espediente necessario per permettere allo spettatore di concentrarsi unicamente sul personaggio ritratto.

Ecce homo (recto), opera di Antonello da Messina
Ecce homo, il volto sofferente di Gesù Cristo. Nella parte bassa la scritta I.N.R.I. (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum «Gesù Nazareno Re dei Giudei»)

Cristo è mostrato nel suo dolore fisico, contorto dalla sofferenza per le ferite inflitte, umiliato perché deve apparire di fronte alla folla, trascinato sul luogo dove appare forse con la corda che gli vediamo al collo.

San Girolamo penitente (verso), opera di Antonello da Messina
San Girolamo penitente (verso)

Sull’altro lato, il retro (verso), appare la figura di San Girolamo penitente. In un altro dipinto con lo stesso titolo, sempre opera di Antonello dello stesso periodo, il santo appare in ginocchio di fronte ad un crocefisso.

San Girolamo penitente, Antonello da Messina, quadro picture
L’altro dipinto dal titolo San Girolamo penitente (1460-1465)

Nella pittura oggetto di questo articolo, il Santo è sempre inginocchiato ma rivolto verso il cielo. Girolamo si trova in un luogo solitario, circondato solo dalla natura e dalle rocce.

La sua missione è l’ascesi, la preghiera solitaria. San Girolamo ha abbandonato l’abito talare e ha deciso di passare gli ultimi anni della sua vita solo, nella meditazione sul mistero di Cristo.

Ecce homo e San Girolamo penitente: le emozioni

Entrambe le immagini sono profondamente commoventi. La prima serve per meditare sulla sofferenza senza speranza del Cristo, che certo poi risorgerà, ma in quel momento è nel pieno del suo dolore e del suo sacrificio; nella seconda invece c’è la tensione del santo verso la perfezione della preghiera e della sua ricerca del dialogo con Dio.

La tavoletta Ecce homo e San Girolamo penitente serviva a questo scopo: ad indurre la meditazione e la preghiera nel fedele, che poteva portarla con sé o tenerla in un luogo dove raccogliersi, in silenzio, nella meditazione.

I dettagli

I dettagli del volto del Cristo richiamano l’arte fiamminga innalzata dal talento di Antonello da Messina.

Anche il contesto in cui San Girolamo prega è ricco di dettagli perfetti: la genealogia delle rocce, l’armonia della natura morta, il sentiero che si apre verso un panorama ampio, ricordano la ricchezza dei dettagli di pittori nordici tanto amati da Antonello: prima della sua partenza per Venezia li studiò con intensa ammirazione.

Eppure i cambiamenti che il maestro di Messina porta in quest’opera sono decisivi per trasformare l’arte del ritratto e concentrare l’attenzione dello spettatore sulla narrativa delle immagini.

Ecce homo e San Girolamo penitente: analisi dell’opera e commento video

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Madonna con il Bambino (Madonna Benson), analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/madonna-col-bambino-benson/ https://cultura.biografieonline.it/madonna-col-bambino-benson/#respond Tue, 28 Apr 2020 19:24:52 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28545 L’opera meravigliosamente luminosa che analizziamo in questo articolo si intitola “Madonna con il Bambino (Madonna Benson)”. Realizzata da Antonello da Messina, attualmente si trova esposta a Washington presso la National Gallery of Art.

Madonna col Bambino (Madonna Benson), di Antonello da Messina
Madonna con il Bambino (Madonna Benson), dipinto di Antonello da Messina: analisi dell’opera

Madonna con il Bambino (Madonna Benson): la datazione del quadro

Il dipinto viene datato 1475, sebbene alcuni la ritengano un’opera più giovanile di Antonello. Il contesto all’aperto, il dialogo tenero e affettuoso fra Maria e suo figlio sono indubbiamente dovuti all’influenza di Giovanni Bellini e dunque successivi o coevi al periodo in cui Antonello soggiorna a Venezia (1474 – 1476).

La proprietà Benson

In precedenza la tavola, che già faceva parte della Collezione Graham di Londra, fu di proprietà di Robert Henry Benson, banchiere e collezionista d’arte inglese.

Il proprietario del quadro divenne poi, nel 1927, un collezionista privato di Long Island, negli USA; nel 1936 passò al banchiere Andrew W. Mellon; infine l’anno successivo, nel 1937, Mellon donò l’opera al nascente museo di Washington, dove ancora oggi risiede.

L’attribuzione

Prima che venisse unanimemente attribuita ad Antonello, l’opera conobbe plurime attribuzioni. Solo nel 1913, grazie allo studioso Bernard Berenson, si poté stabilire la paternità dell’artista messinese. La critica fu poi concorde.

Madonna col Bambino: analisi dell’opera

Tecnica e misure

E’ un olio su tela che misura 58,9×43,7 cm.

Lo sfondo

Le Madonne realizzate da Antonello come “Annunciata” esposta alla Pinakothek di Monaco di Baviera (1476 – 1477) e “Annunciata” esposta a Palazzo Abatellis a Palermo (1475-1476) hanno uno sfondo nero, a differenza di quest’opera. Qui lo sfondo è aperto e spazia in una natura incontaminata benché immobile e povera.

Lo sfondo era mutuato dalle opere fiamminghe mentre questa sembra appunto seguire i suggerimenti del veneziano Giovanni Bellini.

Il manto della Madonna

Osservate il manto blu della Madonna: è un elemento che sporge dal parapetto e sembra entrare nel nostro spazio visivo. Questo particolare costituisce un altro aspetto che serve a datare l’opera; la realizzazione del manto è infatti un dettaglio che non troviamo nei precedenti dipinti di Antonello da Messina, ma che invece può essere stato suggerito all’autore dalla visione di altre opere del Rinascimento italiano.

La luce

La luce è stupendamente distribuita sul volto della Madonna e di Gesù bambino: ciò dimostra una cura per i dettagli tipica dell’indagine fisiognomica di Antonello da Messina. Vi è inoltre l’aggiunta di un incredibile talento per la bellezza dei volti e la plasticità delle espressioni.

Altri dettagli (postumi?)

Altri dettagli possono evidenziare e significare un’interruzione dell’opera, di conseguenza una datazione ancora più tarda. Antonello morì nel 1479 probabilmente per tubercolosi, e dunque forse non fece in tempo a concludere il dipinto.

Ad esempio:

  • le dita della mano destra della Madonna sembrano incomplete;
  • il cuscino, posto in basso a sinistra, sembra un elemento alieno alla pittura del maestro;
  • il paesaggio non sembra appartenere al suo modo di dipingere.

Possiamo, dunque, immaginare che ci sia stato un intervento successivo, magari di un suo allievo oppure del figlio Iacobello De Antonio, che però non raggiunse mai i livelli olimpici del padre.

Analisi dell’opera con commento video

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Salvator Mundi: analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/salvator-mundi-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/salvator-mundi-antonello-da-messina/#comments Mon, 20 Apr 2020 12:48:08 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=28399 Nel periodo 1465-1475 Antonello da Messina realizza un’opera dal titolo Salvator Mundi (Cristo benedicente). Come per gli altri suoi dipinti con protagonista la figura di Cristo – Ecce Homo, Cristo alla colonna – anche in quest’opera Antonello coniuga la perfezione del dettaglio, ispirata dai fiamminghi, con l’introspezione psicologica.

Salvator Mundi - Gesù dipinto da Antonello da Messina (Salvatore del mondo)
Salvator Mundi: dipinto di Antonello da Messina (1465-1475 circa). Olio su tavola [38,7 x 29,8 cm]. Londra, National Gallery.

Salvator Mundi: analisi dell’opera e descrizione del dipinto

Ci troviamo di fronte ad un’opera di devozione creata per indurre i fedeli alla contemplazione e alla preghiera.

Di solito i dipinti di questo tipo non hanno uno scopo narrativo, ma servono a meditare e a commuoversi di fronte al mistero di Cristo.

In questo caso Antonello da Messina utilizza l’impianto delle icone bizantine dandogli una monumentalità classica.

Gesù compare di fronte allo spettatore: lo sfondo è nero per dare forza al soggetto che sembra predicare dalla balaustra posizionata in basso.

Salvator Mundi: salvatore del mondo

Il nome “Salvator Mundi” proveniente dalla lingua latina, significa Salvatore del mondo. Con tale nome latino si è soliti indicare l’iconografia di Gesù Cristo, raffigurato con due elementi ricorrenti:

  • la mano destra alzata, in segno di benedizione;
  • la mano sinistra che tiene un globo

In quest’opera di Antonello il secondo elemento iconografico è assente.

I dettagli e le modifiche successive

Lo sguardo è fisso e diretto verso lo spettatore. La mano destra è levata in segno benedicente. Entrambe le mani sono investite da una luce che le rende protagoniste: la mano benedicente è stata modificata in un secondo momento.

In un primo disegno la mano era stata realizzata con le due dita, indice e anulare, ripiegate all’interno. In seguito Antonello cambia idea e decide di dipingere le due dita in posizione diversa, dando così alla mano una posizione più evidente e importante, che permette allo spettatore un’osservazione diversa.

Dapprima ci si concentra sullo sguardo fisso di Gesù, che suscita un’emozione compita, poi lo spettatore è indotto ad osservare le dita, poi la mano, il braccio e infine l’abito. Anche quest’ultimo ha subìto una modifica.

Inizialmente era più accollato, mentre in un secondo intervento è stato aperto sul collo.

Le ombre sulla veste svolgono un importante gioco di contrasti di luci e ombre.

In questo dipinto il maestro messinese raggiunge una padronanza indubbia nell’utilizzo degli spazi e della prospettiva, così come nell’utilizzo della luce che ha lo scopo di indurre maggiore attenzione sul senso religioso del dipinto.

Salvator Mundi: dettaglio delle dita di Gesù con la scritta di Antonello da Messina
Il dettaglio delle dita della mano sinistra di Gesù, con la scritta e la firma di Antonello da Messina

Dove è possibile ammirare l’opera

Il dipinto Salvator Mundi di Antonello da Messina è conservato presso la National Gallery di Londra dal 1861, anno in cui lo acquistò.

Commento all’opera (video)

Salvator Mundi (Antonello da Messina): commento video all’opera
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Cristo alla colonna, quadro di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/cristo-alla-colonna-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/cristo-alla-colonna-antonello-da-messina/#comments Sat, 03 Aug 2019 16:40:24 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26846 Nel periodo 1476-1478 circa Antonello da Messina dipinge il Cristo alla colonna, un’opera potentissima che supera l’iconografia fiamminga e apre la strada ad un nuovo modo di realizzare i ritratti.

Cristo alla colonna Antonello da Messina Christ at the column
Cristo alla colonna (1476-1478): olio su tavola, 25.8 cm × 21 cm • Il dipinto è conservato presso il Museo del Louvre, a Parigi.

Cristo alla colonna: descrizione dell’opera

Prima di tutto la testa del Cristo non è rivolta verso lo spettatore ma è appoggiata alla colonna della flagellazione. Gli occhi di Gesù guardano verso il cielo in un momento altissimo di sofferenza fisica e morale.

Cristo non cerca la pietà dell’uomo ma quella di Dio che invoca in un momento di disperazione e dolore. L’emozione è fortissima perché in questo momento Antonello da Messina racchiude la disperazione della passione quando Gesù si domanda perché suo padre, Dio, lo ha abbandonato.

Eloi, Eloi, lema sabactàni? [In aramaico]

Secondo i Vangeli di Marco e Matteo sono le ultime parole di Gesù prima di morire.

La perfezione dei dettagli

A questo punto lo sguardo dello spettatore si concentra sulla realizzazione di dettagli perfetti. I capelli sciolti sono sudati a causa della sofferenza patita; la corona di spine, la barba rada, le lacrime si differenziano per un miracolo di luce e colore dalle gocce di sangue; il collo, la corda intorno al collo tirato per il dolore e alla bocca da cui sembra udire la voce di Gesù.

Il dipinto, perfetto nella sua realizzazione, suscita compassione, pietà e ammirazione per il gioco della luce che ci permette di osservare senza soluzione di continuità i particolari del volto di Cristo.

Un altro elemento di originalità si trova nella prospettiva che la particolare collocazione del viso crea nel perimetro del dipinto. L’osservazione parte da sotto e sale fino agli occhi: in questo modo il volto del Cristo prende tutto lo spazio e occupa completamente lo sguardo dello spettatore.

Commento e breve analisi dell’opera

Non si sfugge dalla tragedia che Gesù sta vivendo, bisogna guardarla, subirla e riflettere poi sul peso che ha dovuto affrontare. Questo è lo scopo di Antonello da Messina: fotografare la perfezione di un attimo.

Per nostra fortuna il dipinto Cristo alla colonna a differenza di altri quadri dell’artista messinese, è conservato molto bene; dunque la forza della luce si realizza appieno.

Il dipinto si colloca nella serie tematica di opere che comprende anche Ecce Homo e Crocifissione. “Cristo alla colonna” ebbe successo per la sua efficacia prospettica ma soprattutto per il capolavoro dei dettagli. Tuttavia ciò che colpisce, a mio modo di vedere, oltre alla luce, alla bellezza dei dettagli, alla perfezione dei particolari è la forza di attrazione verso la bellezza di Gesù; Cristo soffre, cerca Dio padre e vede forse in quell’attimo il Paradiso che lo attende.

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Crocifissione, opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/crocifissione-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/crocifissione-antonello-da-messina/#comments Wed, 31 Jul 2019 18:48:34 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26844 Nel 1475 Antonello da Messina dipinge un capolavoro sulla crocifissione. Mancano pochi anni alla sua morte e il maestro messinese possiede perfettamente la tecnica prospettica. Esistono due versioni della crocifissione di Cristo, dipinte da Antonello nello stesso anno, più una terza antecedente. Le opere vengono indicate con il nome della città in cui risiedono attualmente. Quella che andiamo ad analizzare qui è un olio su tavola, 52,5 x 42,5 cm, esposta in Belgio, presso il Koninklijk Museum di Anversa.

Crocifissione Antonello da Messina Crucifixion Calvary
Crocifissione (Calvary) • Antonello da Messina, 1475

Crocifissione: descrizione del quadro

Si può osservare la padronanza della tecnica prospettica nella realizzazione della balza rocciosa del Golgota, nella contorsione dei due ladroni e nella posizione opposta e complementare di Maria e Giovanni.

La balza rocciosa è cosparsa di teschi, erbe, pietre e alcuni animali si muovono fra le rocce e i crani. Il riferimento è ai fiamminghi e alla loro superba arte dei dettagli che Antonello da Messina conosceva molto bene.

I simboli

Gli animali e i teschi hanno però anche altri riferimenti simbolici. I teschi rappresentano la transitorietà della vita. I serpenti che escono dai bulbi oculari simboleggiano la tentazione e il male che spreca l’esistenza.

La civetta, invece, rappresenta coloro che sono persi nel buio più totale e sono incapaci di vedere la luce.

Alcuni riferimenti sono scontati altri sono più dotti e si riferiscono anche a simboli biblici.

I personaggi

Particolari invece sono le posizioni dei ladroni che si contorcono sui pali legnosi. La descrizione anatomica, la posizione dei corpi, la prospettiva delle posizioni sono un tratto caratteristico di Antonello da Messina; ma in questa tela raggiungono un vertice notevole.

La terza parte, il rapporto contrapposto fra Maria e Giovanni chiude il lavoro di Antonello. Lo sfondo infatti è più piatto rispetto alla parte del Golgota e forse non è di Antonello, ma di uno dei suoi discepoli. Oppure è opera del figlio Jacobello, il quale dopo la morte del padre prende in mano la bottega e conclude alcune commissioni che il genitore aveva firmato prima di morire.

La parte invece in cui si vedono i cavalieri mentre rientrano a Gerusalemme è ricca di dettagli e di rimandi all’arte fiamminga.

Un altro riferimento è il cartellino (o cartiglio) con il nome dell’opera che Antonello dipinge in basso a destra; esso forse è un saluto al suo amico Giovanni Bellini che utilizzava lo stesso espediente.

Lo stretto di Messina

Studi orografici – che riguardano la distribuzione dei rilievi montuosi – effettuati nel 2010, hanno messo a confronto il paesaggio reale dello stretto di Messina con le colline del quadro di Anversa. La tecnica della sovrapposizione mostra come lo sfondo sia stato forse ispirato dalla visione reale dello stretto di Messina. Il punto di vista sarebbe quello dalle colline della valle del torrente Camaro.

Sovrapposizione Crocifissione Antonello da Messina Stretto di Messina
La sovrapposizione della Crocifissione con il paesaggio dello Stretto di Messina

Le altre crocifissioni di Antonello da Messina

Le altre due versioni a cui abbiamo accennato all’inizio sono esposte:

  • alla National Gallery di Londra: dipinto olio su tavola di tiglio (41,9×25,4 cm), datato al 1475. L’opera è successiva a quella di Anversa.
  • al Muzeul Naţional de Artă al României, a Bucarest (Romania). L’opera è datata 1463-1465 circa: è un dipinto realizzato con tempera e olio su tavola, 39×22,5 cm. E’ indicato come Crocifissione di Sibiu.
Crocifissione Antonello da Messina Londra London
La Crocifissione di Antonello da Messina esposta a Londra
Crocifissione di Sibiu Antonello da Messina Romania
Crocifissione di Sibiu

Analisi dell’opera con commento video

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Ecce Homo, analisi dell’opera di Antonello da Messina https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-antonello-da-messina/ https://cultura.biografieonline.it/ecce-homo-antonello-da-messina/#comments Sat, 29 Jun 2019 17:15:28 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26585 Cristo incoronato con le spine

Realizzato nel 1470 Ecce Homo – o Cristo incoronato con le spine – è un celebre quadro dell’artista italiano Antonello da Messina. Si tratta di una tempera e olio su tavola che misura 42,5 x 30,5 cm. Attualmente è esposto al Metropolitan Museum of Art di New York.

Ecce Homo, Antonello da Messina, 1470
Ecce Homo – Cristo incoronato con le spine, Antonello da Messina, 1470

La serie Ecce Homo

Il quadro qui analizzato fa parte di una serie di quattro dipinti raffiguranti lo stesso soggetto; la serie viene indicata come Ecce Homo. Questo quadro viene indicato anche come Cristo incoronato con le spine. Le altre tre opere rappresentano la variazione della stessa base pittorica, mentre quella del quadro qui preso in esame è totalmente differente.

Ecce Homo di Antonello da Messina, descrizione del quadro

In quest’opera straordinaria di Antonello da Messina e che l’artista realizzò nel 1470, il Cristo appare con uno sguardo di sofferenza. Il capo è cinto da una corona di spine, la bocca è piegata e un po’ aperta in una smorfia di dolore. Gli occhi sono stupiti e addolorati per la sofferenza patita e per l’odio cieco della folla. Le ciocche dei capelli sono incollate sulla fronte.

Tutto rievoca la sofferenza che Gesù patì durante il processo imbastito da Ponzio Pilato – governatore romano della Giudea – contro il “re dei giudei”. L’espressione latina “Ecce homo” è proprio la frase che nel Vangelo secondo Giovanni (18:38), Pilato pronunciò allora mostrando alla folla Gesù flagellato.

Il vuoto nero alle spalle del soggetto serve a concentrare lo sguardo sulla sua figura. Gli spettatori del quadro sono, idealmente, la folla che lo ha ingiuriato dopo il processo, mentre da un balcone appariva provato dalle accuse, dai maltrattamenti e dal processo imbastito in poco tempo per determinare chi avrebbe dovuto giudicarlo. Ma noi non siamo una folla ingiuriosa, siamo invece spettatori attoniti di fronte a tale violenza e al suo assurdo dolore.

Il dipinto Ecce Homo serve a questo: a suscitare in noi pietà e compassione; l’obiettivo dell’artista è di metterci in contatto con il dolore del Cristo, attraverso la preghiera, la meditazione e la riflessione.

Immagini di devozione

L’opera apparteneva al genere delle “immagini di devozione”, le quali furono introdotte in Italia dai pittori fiamminghi e vennero di fatto rinnovate e migliorate da Antonello da Messina e da Giovanni Bellini.

Le immagini di devozione hanno lo scopo di istituire un contatto diretto fra il credente e il soggetto ritratto, il quale generalmente è un personaggio importante della storia Cristiana.

Osservando il dipinto il credente si deve emozionare ma deve anche riflettere sul messaggio narrativo riportato sulla tela che rappresenta una storia narrata dalla Bibbia o dai Vangeli.

Di fatto il dipinto nasce a supporto della preghiera e aiuta il fedele a raggiungere un più elevato livello di concentrazione e di ricerca spirituale.

Ecce Homo, analisi dell’opera

Tornando a Ecce Homo, titolo di questo capolavoro, possiamo osservare che il nero dello sfondo ci spinge a concentrare lo sguardo sul volto, il torso, la postura e la posizione di Gesù. Egli sembra affacciarsi da una balaustra dipinta ai piedi del quadro: ciò serve a dare prospettiva.

Non fermiamoci a registrare la storia dell’evento ma domandiamoci perché Antonello da Messina ha voluto rappresentare in questo modo Gesù.

Il volto del Cristo ha assunto diverse forme e tratti nella storia dell’arte, in questo caso la sofferenza lo deforma, lo rende più impattante, più forte nella sua richiesta di pentimento e nel suo dolore, smarrito ma anche accusatorio.

Nel suo sguardo non ci sono odio, rancore o distacco; Gesù non subisce ma crea uno stato d’animo che il fedele e lo spettatore devono sentire propri per poter provare una qualsiasi forma di emozione.

Al centro della balaustra possiamo osservare un cartellino dipinto con la firma dell’autore e la data quasi cancellata.

Recensione video

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