gesti Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 13 Jan 2024 09:56:42 +0000 it-IT hourly 1 Perché per scaramanzia si usa incrociare le dita? https://cultura.biografieonline.it/incrociare-le-dita/ https://cultura.biografieonline.it/incrociare-le-dita/#comments Sat, 13 Jan 2024 08:47:04 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=8676 Tra i gesti più diffusi e usati almeno una volta nella vita da ognuno di noi, come rituale scaramantico, troviamo quello di incrociare le dita. Ai giorni nostri, questo gesto viene usato, per augurarsi o augurare buona fortuna e per difendersi dalla mala sorte quando raccontiamo un fatto “non vero” o una “bugia”.

Il gesto di incrociare le dita
Incrociare le dita è un gesto scaramantico che ha origini religiose

Un gesto diffuso

Il classico “croiser les doigts”, incrociare le dita, è uno dei gesti maggiormente usati in tutto il mondo occidentale per allontanare la negatività e portare energia “buona” prima di compiere un qualsiasi gesto o azione propizia.

Si tratta di un gesto scaramantico che porta fortuna.

Le origini religiose

Il gesto di incrociare le dita ha in realtà origini religiose: già nel Medioevo tale gesto era in voga, per tenere lontano il diavolo, il malocchio e la sfortuna.

In quel periodo, si riteneva che il diavolo potesse raggiungere le anime passando attraverso le dita e da lì in poi, l’usanza di incrociare le dita per richiedere una protezione divina, è sempre stata messa in atto da tutti.

In realtà, si tratterebbe di un altro modo per fare il segno della croce.

La posizione pantea

Infatti nella iconografia cristiana, troviamo spesso l’immagine di Cristo che tiene la mano destra in posizione pantea, dove il dito indice, medio e pollice sono tesi, a raffigurare la Trinità, mentre il mignolo e l’anulare li vediamo ripiegati.

Si tratta di un tipico segno usato nella tradizione cristiana ortodossa.

mano pantea gesu cristo
La mano pantea di Gesù raffigurata in un mosaico (Ravenna, Basilica di Sant’Apollinare Nuovo)

Gesti analoghi all’estero

Il rito scaramantico dell’incrocio delle dita è usato anche in altri paesi stranieri.

  • In Gran Bretagna, l’espressione “to keep the fingers crossed”, viene utilizzata per scongiurare il malocchio.
  • In Germania i tedeschi abitualmente premono i pollici di un amico per augurargli un auspicio di buona fortuna: il gesto, proviene dalle antiche tribù germaniche, per le quali il pollice era considerato il dito più importante.

I gesti rituali con le dita propiziano sempre una difesa contro le avversità del fato.

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Dare il 5: perché si fa e dove nasce https://cultura.biografieonline.it/dare-il-5/ https://cultura.biografieonline.it/dare-il-5/#respond Mon, 23 May 2022 17:23:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=39099 Bravissimo: dammi il cinque!” Quante volte ci è capitato di condividere con questo semplice gesto la riuscita in qualcosa di un figlio o di un amico? Sicuramente tantissime. Il gesto del dare il 5 è molto naturale e diffuso oggi, ma ha una storia curiosa alle spalle. Possiamo affermare che abbia anche una sua origine.

Sì, il primo “batti il cinque” in assoluto è stato dato molti anni fa.

Dare il 5 - dare il cinque

Dare il 5 e la sua meccanica: come si dà il cinque

Le istruzioni sono poche e facili. L’occorrente:

  1. una delle due persone deve aver fatto qualcosa di buono
  2. l’altra deve essere disponibile a congratularsi con lei.

Come si fa è molto semplice:

  • si alza il braccio, entrambi destro o entrambi sinistro… e via!
  • si battono in aria i palmi, producendo una specie di schiaffo a due.

Palmo a palmo, cinque dita contro cinque dita.

High five: il primo batticinque

Non è facile pensare ad una data precisa in cui sia nato il gesto del dare il 5. Appare un po’ bizzarro, vista l’ampia diffusione di questo gesto oggi, pensare che c’è stato un tempo in cui non esisteva, e poi un giorno da cui invece ha iniziato a prendere piede. Ma è così.

La data identificata è il 2 ottobre del 1977. Ad eseguire il gesto per primo fu il il giocatore di baseball dei Los Angeles Dodgers Glenn Burke, durante una partita contro gli Huston Astros. Quando il compagno di squadra Dustin Baker tornò in banchina dopo un’azione vincente, alzò il braccio. Baker rispose colpendolo: palmo a palmo.

High five - Dare il cinque - baseball
Glenn Burke (1952-1995) dei Los Angeles Dodgers, è ricordato anche come il primo giocatore di baseball ad aver fatto coming out come omosessuale.

Da quel momento divenne una mossa identificativa dei Dodgers. Divenne un must della squadra che lo ribattezzò, nella lingua nativa, high five (cinque alto):

  • high (alto), per il braccio teso;
  • five (cinque), per via della cinque dita in azione.

Dagli USA all’Italia: i favolosi anni ’80

Nella lunga lista dei prodotti importati dagli USA negli anni Ottanta c’è anche l’high five.

Con lo stile, il cibo, le primissime serie tv, la musica e il cinema… anche i ragazzi italiani del tempo iniziarono a salutarsi con il palmo alzato.

A dare un forte contributo alla diffusione popolare fu l’hit di Jovanotti Gimme Five. Fu un brano di grandissimo successo: fu il primo estratto dal primo album in studio di Lorenzo Cherubini pubblicato nel 1988, dal titolo “Jovanotti for President”.

Variazioni sul tema

L’immaginario statunitense attraverso le serie tv degli anni Ottanta e Novanta ci ha abituato a ben più che il semplice high five.

Per chi all’epoca faceva già uso del tubo catodico non sarà difficile ricordare il saluto nei corridoi della Beverly High fra Steve, Dylan e Brandon paladini della serie tv Beverly Hills 90210.

Dare il cinque - High five - due ragazze battono il 5
Due ragazze battono il cinque

Allo stesso modo resta memorabile la variazione di Willy e Jazz nella fortunatissima serie Willy, il principe di Bel-Air che ha lanciato la star holliwoodiana Will Smith.

Una delle varianti più famose è chiamata windmill (mulino a vento): inizia come il gesto normale del dare il cinque, ma una volta che le mani si sono incontrate in cima, le due persone continuano a far girare il braccio fino a fare battere le mani una seconda volta, in basso (“cinque basso”). Lo si vede più volte nel film Top Gun, quando ad esempio i piloti si sfidano a beach volley.

Top Gun (1986): Maverick (Tom Cruise) e Goose battono il cinque in modalità “windmill” durante una partita di Beach Volley

Se vuoi proseguire la lettura, sul tema dei gesti e delle curiosità collegate, abbiamo parlato anche di => Ok: acronimo, significato, come si scrive e perché si dice

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Ok: acronimo, significato, come si scrive e perché si dice https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-ok/ https://cultura.biografieonline.it/perche-si-dice-ok/#comments Mon, 08 Nov 2021 05:15:27 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=7420 La parola “Ok” è sicuramente un delle più diffuse e conosciute nel nostro vocabolario e nel linguaggio comune. Anche se non è un termine coniato dagli italiani, OK viene utilizzato più spesso della locuzione affermativa “Sì”; essa significa appunto “Va bene, sono d’accordo”.

Il simbolo OK con le dita
Il simbolo OK con le dita

OK: da dove deriva il significato

Da dove deriva l’abitudine di rispondere “Ok” ad una domanda o per indicare un’affermazione?

 

Secondo alcuni la consuetudine deriva dalla Guerra di Secessione americana. I soldati americani perlustravano i campi di battaglia per individuare e raccogliere i caduti, e quando li identificavano tutti, scrivevano il numero dei combattenti morti su una bandiera, seguito dalla lettera “K” , iniziale di Killed (morti). Quando non c’era alcun caduto in battaglia, la bandiera sventolava con la scritta “OK”, che significava “nessun soldato è morto”.

Una foto di Martin Van Buren
Martin Van Buren: 8° Presidente degli Stati Uniti d’America

L’acronimo O.K.

Secondo altri l’origine della parola “Ok” (Okay) deriva dalle elezioni presidenziali americane del 1840, quando i candidati in carica per il ruolo di Presidente Usa erano il democratico Martin Van Buren (Presidente uscente) e il repubblicano Henry William Harrison. Per vincere e mantenere la nomina, van Buren coinvolse nella campagna elettorale alcune associazioni, come la Old Kinderhook Club (O.K. Club). Nelle riunioni associative, i partecipanti usavano dire “Ok” per indicare che se Van Buren avesse vinto le elezioni per loro sarebbe andato tutto bene.

La sigla, facilmente pronunciabile, diventò il grido di battaglia del comitato elettorale per augurare la vittoria del candidato. Ben presto dal linguaggio politico il termine si diffuse come forma di consenso e approvazione nella vita di tutti i giorni. Possiamo ben dire che dall’America la parola “Ok” è arrivata anche in Europa con il significato che tutti conosciamo.

La sigla, interpretata come iniziali di oll korrect per all correct «tutto esatto», ebbe rapidissima fortuna, passando dal gergo politico alla lingua d’uso. (Treccani)

Altri OK

  • In Russia gli scaricatori di porto di Odessa urlavano la parola “ochenʹ korosho” per avvisare l’equipaggio delle navi che le merci erano state caricate senza alcun problema. “Ok” è la parola che deriva dall’unione di “o” e “k”, e molti ritengono che si tratti dell’acronimo di Otis Kendall, una persona incaricata di controllare che non mancasse nulla nelle scatole depositate nel porto. Quando era tutto a posto, l’uomo scriveva firmava con le sue iniziali le scatole che erano state passate in rassegna.
  • Per altri “Ok” deriva da “Oke”, un termine utilizzato dagli Indiani d’America per indicare “d’accordo”.

La prima apparizione certa, nella forma “o.k.”, risale al 23 marzo 1839, comparso nelle pagine del Boston Morning Post come acronimo di “oll korrect” (all correct, tutto corretto).

ok - oll correct
o.k. – All correct

Nel 1932 la Conferenza delle Telecomunicazioni di Madrid adottò la sigla “Ok” nell’accezione di “sta bene” come un segnale internazionale.

Ok è una paroletta utilizzata soprattutto dagli adolescenti, soprattutto quando scrivono sms o sui social network. L’influenza dei mezzi di comunicazione di massa ha contribuito a diffondere sempre più questa locuzione affermativa.

Per indicare invece che le cose non vanno affatto bene, si utilizza spesso il termine “KO”, che deriva dal linguaggio sportivo del pugilato. KO è l’abbreviazione della parola inglese “Knock out”, e significa “Fuori”. Il pugile che va KO è fuori gioco, viene eliminato dalla gara.

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