Gabriele D'Annunzio Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Sat, 11 May 2024 10:12:20 +0000 it-IT hourly 1 8 parole italiane inventate da D’Annunzio: 2 non te le aspetti https://cultura.biografieonline.it/8-parole-inventate-da-dannunzio/ https://cultura.biografieonline.it/8-parole-inventate-da-dannunzio/#respond Sat, 11 May 2024 08:38:15 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=42113 La fama di Gabriele D’annunzio spazia dall’arte letteraria a quella poetica. La sua figura storica è ricca. Oltre a scrittore, poeta e drammaturgo, è stato militare, politico, giornalista. La storia lo ricordo come patriota e figura simbolo del decadentismo italiano. Pochi sanno che esistono parole e nomi della lingua italiana inventati proprio da lui. Di seguito vediamo proprio, una per una, 8 parole italiane inventate da D’Annunzio.

Gabriele D'Annunzio
Gabriele D’Annunzio

Automobile

La parola automobile di per sé non è stata inventata da D’Annunzio. Tuttavia a lui si deve la declinazione al femminile.

Dopo la sua realizzazione, in Francia, in Spagna e anche in Italia (fino al 1926) si era infatti soliti parlare dell’automobile solo al
maschile – in Spagna ancora oggi è el coche, maschile.

D’Annunzio in una lettera del 18 febbraio 1926 indirizzata al Senatore Giovanni Agnelli (capostipite della famiglia di imprenditori torinesi, nonno di Gianni Agnelli) esprime così il suo parere:

Mio caro Senatore, in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza. Inclinata progreditur.

La lettera di Gabriele D'Annunzio del 18 febbraio 1926 indirizzata al Senatore Giovanni Agnelli
La lettera di Gabriele D’Annunzio del 18 febbraio 1926 indirizzata al Senatore Giovanni Agnelli

Piave

Oggi ci sembra naturale declinare al maschile il fiume Piave. Di fatto però esso per lungo tempo è stato conosciuto come La Piave, e si deve proprio a D’Annunzio la nuova declinazione al maschile.

A questo punto va ricordato quanto D’Annunzio, all’epoca della Prima Guerra Mondiale fosse considerato una vera di autorità in campo linguistico. Ebbene, dopo la vittoria italiana che coinvolse la zona del Piave, cambiò il genere cui si faceva riferimento al fiume, al fine di celebrarne la potenza.

Lo fece assurgere al ruolo di «fiume sacro della Patria».

È da quel momento che ci si rivolse al fiume Piave al maschile.

Si leggano anche gli articoli:

  1. Prima battaglia del Piave
  2. La canzone del Piave

Rinascente

È il nome di una celebre catena di grandi magazzini.

Il nome esatto oggi è La Rinascente.

La fondazione risale al 1895, a Milano, con il nome: i grandi magazzini dei Fratelli Bocconi.

Avvenne un incendio devastante.

Dopo la ricostruzione, nel 1917, D’Annunzio scelse il nome Rinascente per indicare la rinascita dei magazzini, che come la figura mitologica dell’araba fenice, risorgevano dalle ceneri.

SAIWA

Il nome SAIWA è l’acronimo di: Società Accomandita Industria Wafer e Affini.

Nel 1900 Pietro Marchese apre in via Galata a Genova una pasticceria dove vendere dei sugar wafer, dolci conosciuti durante un suo viaggio in Inghilterra. La piccola impresa cresce tanto da diventare una della prime industrie dolciarie italiane.

Così nel 1922 D’Annunzio suggerisce di dare all’azienda il nome SAIWA. D’Annunzio contribuì anche ad alcune campagne pubblicitarie.

Nel 1965 l’azienda passa sotto il controllo statunitense di Nabisco; nel 1989 passa al gruppo Danone e nel 2007 a Kraft.

Scudetto

Tra le parole italiane inventate da D’Annunzio c’è anche questa, riferita direttamente al mondo del calcio: scudetto.

Correva il 7 febbraio 1920 (era un sabato). In occasione di una partita amichevole di calcio organizzata durante l’occupazione di Fiume, il poeta fa cucire un triangolino tricolore sulla divisa indossata dalla selezione italiana militare. E lo chiama scudetto.

In seguito la FIGC decide che la squadra prima classificata, nella stagione successiva apponga sulla maglia uno scudetto tricolore (i colori della bandiera italiana), rappresentativo dell’unità nazionale a livello calcistico.

La prima squadra a cucire lo scudetto sulle divise è il Genoa, nella stagione 1924-25.

Tramezzino

Nel 1925, assaggiando un particolare tipo di panino farcito con burro e acciughe al Caffè Mulassano di Torino, D’Annunzio avrebbe esclamato:

Ci vorrebbe un altro di quei golosi tramezzini!

Da allora il particolare spuntino venne chiamato così.

Il termine affonda le sue origini nel linguaggio architettonico: tramezzo significa infatti elemento posto in mezzo ad altri elementi.

L’invenzione del “panino” va attribuita ad Angela Demichelis Nebiolo, proprietaria dell’elegante locale torinese di Piazza Castello citato pocanzi. Tornata in Italia col marito, dopo anni trascorsi negli Stati Uniti, ripropose una sua versione di quelli che gli americani chiamavano sandwich.

L’intuizione fu quella di non tostare le fette di pane, privarle della crosta e soprattutto realizzare differenti farciture.

In poco tempo i tramezzini divennero i protagonisti dell’aperitivo del Caffè Mulassano.

Foto da: Vivere Meglio

Velivolo

Siamo nel 1910: l’entusiasmo per il mondo del volo porta il poeta a tenere una serie di conferenze intitolate “Il dominio del cielo“.
In una di queste conferenze, alla Scala di Milano, pronuncia queste parole:

Siamo alla vigilia di una profonda mutazione sociale, si istituisce già il Codice dell’Aria, la frontiera invade le nuvole.

Il termine “velivolo” – tra le parole italiane inventate da D’Annunzio – viene introdotto dal letterato in questo periodo per definire la “macchina volante“.

Ecco le parole tratte dal suo romanzo “Forse che sì forse che no” (sempre del 1910) , che ne spiegano l’adozione:

Ora v’è un vocabolo di aurea latinità – velivolus, velivolo – consacrato da Ovidio, da Vergilio, registrato anche nel nostro dizionario; il quale ne spiega così la significazione: “che va e par volare con le vele”. La parola è leggera, fluida, rapida; non imbroglia la lingua e non allega i denti; di facile pronunzia, avendo una certa somiglianza fonica col comune veicolo, può essere adottata dai colti e dagli incolti. Pur essendo classica, esprime con mirabile proprietà l’essenza e il movimento del congegno novissimo.

Vigili del fuoco

In origine, il nome era esclusivamente pompieri, parola derivante dal francese «sapeur-pompier».

Durante il regime fascista, nel 1938, D’Annunzio propose di chiamare i pompieri con il termine Vigili del Fuoco, ispirandosi ai vigiles dell’antica Roma.

I vigiles furono un corpo istituito nell’anno 6 d.C. dall’Imperatore Augusto con il compito di vigilare sia le strade durante le ore notturne che per proteggere la città dagli incendi. Va ricordato come gli incendi erano eventi abbastanza frequenti considerato l’uso diffuso di fiamme libere e di infrastrutture in legno.

Gabriele D’annunzio è autore di Alcyone e Il piacere. Tra le poesie che abbiamo analizzato nel nostro sito vi sono: I pastori, Il vento scrive, La sera fiesolana e altre opere.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/8-parole-inventate-da-dannunzio/feed/ 0
Francesca da Rimini: riassunto dell’opera e analisi musicale https://cultura.biografieonline.it/francesca-da-rimini/ https://cultura.biografieonline.it/francesca-da-rimini/#comments Fri, 31 Mar 2023 08:31:38 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=14784 Francesca da Rimini è un’opera drammatica, una tragedia in quattro atti, composta da Riccardo Zandonai (Rovereto, 28 maggio 1883 – Trebbiantico, 5 giugno 1944), su libretto di Gabriele D’Annunzio. La prima rappresentazione dell’opera Francesca da Rimini risale al 19 febbraio 1914, a Torino, presso il Teatro Regio. L’opera ebbe un successo indiscusso e occupa oggi con merito un posto di primo piano nel repertorio del teatro lirico moderno.

La storia ricorda il personaggio di Francesca da Polenta (Ravenna, 1259/1260 – Gradara, 1285) – detta anche da Rimini – figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna, soprattutto per la sua presenza nel poema dantesco della Divina Commedia.

Siede sulla terra dove nata fui
su la marina dove ‘l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui.

Dante Alighieri, Inferno, Canto V, 97-99

La storia si svolge a Ravenna, nelle Case dei Polentani, e a Rimini, nelle Case dei Malatesta. La sintesi e l’analisi musicale che seguono sono state redatte dal Maestro Direttore d’orchestra Pietro Busolini, di Trieste.

Francesca da Rimini - quadro
Francesca da Rimini, particolare del quadro di William Dyce (1837)

Francesca da Rimini: personaggi dell’opera

I Figli di Guido Minore Da Polenta:

  • Francesca: Soprano
  • Samaritana: Soprano
  • Ostasio: Baritono

I Figli di Malatesta da Verucchio:

  • Giovanni lo Sciancato: Baritono
  • Paolo il Bello: Tenore
  • Malatestino dall’Occhio: Tenore

Le Donne di Francesca:

  • Biancofiore: Soprano
  • Garsenda: Soprano
  • Altichiara: Mezzo-Soprano
  • Donello: Mezzo-Soprano
  • La Schiava: Contralto
  • Ser Toldo Berardengo: Tenore
  • Il Giullare: Basso
  • Il Balestriere: Tenore
  • Il Torrigiano: Baritono
  • I Musici

Riccardo Zandonai e la composizione della “Francesca da Rimini”

Nato a Sacco (Trentino) nel 1883 e italianissimo di sentimenti quando ancora quella regione non era stata ricongiunta alla madre patria per effetto della guerra vittoriosa, Riccardo Zandonai fece i suoi primi studi a Rovereto con Gianferrari; passò quindi al Liceo di Pesaro, dove ricevette l’insegnamento di Mascagni.

La musica di Zandonai si fece notar subito per la nobiltà e la felicità dell’ispirazione, accoppiata ad una tecnica sorprendente e a una tavolozza orchestrale ricca di colori vivaci e di trovate originali.

Riccardo Zandonai
Riccardo Zandonai

Come compositore di teatro, nessuno, dopo Puccini, è stato più di Zandonai perspicace nello scegliere libretti ricchi di situazioni drammatiche e comiche, di sicuro effetto, e di ravvivarle con una musica che va sempre dritta all’animo dell’ascoltatore.

Comprendiamo quindi come Francesca da Rimini, sia l’opera, che, specie per la sua calda passionalità, ha raccolto i maggiori suffragi.

Attratto dal teatro dannunziano, Zandonai aveva dovuto rinunziare a musicare ”La figlia di Jorio”, per la quale il Poeta si era già impegnato con Alberto Franchetti.
La “Francesca da Rimini” lo attraeva, ma la sua lunghezza lo disanimava, e daltronde non osava sperare che D’Annunzio avrebbe consentito a lasciarla mutilare.
Fu Tito Ricordi che lo persuase a tentare, ed egli stesso liberò il fusto magnifico dall’abbondante vegetazione che l’avvolgeva, come ebbe a dire lo Ziliotto nella sua “Guida attraverso il poema e la musica della Francesca da Rimini“.

Accordatisi riduttore e compositore, Tito Ricordi si recò ad Arcachon per avere l’approvazione di D’Annunzio, ma questi oppose che aveva già consentito di musicare Francesca ad una nobildonna. Indurla a rinunziarvi non fu difficile: Zandonai, preso dalla febbre del lavoro compì l’opera di getto, in soli dodici mesi.
La Francesca fu elaborata secondo il canone wagneriano del leitmotiv.
Un senso squisito di equilibrio però avvertiva Zandonai di non applicare troppo rigidamente il sistema del motivo egemonico.

Si inganna però  – osserva lo Ziliotto - chi crede che lo Zandonai abbia fatto precedere alla creazione un lungo studio delle canzoni antiche. Egli si è affidato unicamente alla intuizione artistica che gli ha permesso di interpretare profondamente l’ambiente del dramma e l’animo dei personaggi dannunziani.

Atto I

Appare una corte, nelle case dei Polentani, contigua ad un giardino che brilla di là da una chiusura di marmi traforato in guisa di transenne. Ricorre per l’alto una loggia che a destra corrisponde con le camere gentilesche e di fronte, areata su le sue colonnette, mostra avere una duplice veduta. Ne discende, a manca, una scalla leggera. Una grande porta è a destra, e una bassa finestra ferrata; pè cui vani si scopre una fuga di arcate che circondano unaltra corte più vasta. Presso la scala è unarca bizantina, senza coperchio, riempita di terra come un testo, dove fiorisce un rosaio vermiglio.” (Scena dal libretto originale del 1914)

Riassunto
A Ravenna, in casa dei da Polenta. Francesca da Polenta, figlia del signore della città, Guido, sta per sposare Gianciotto Malatesta, giovane sciancato: lei crede, ingannata, che lo sposo sia in realtà il fratello di Gianciotto, il bel Paolo, che vede palpitando. La sorella di Francesca, Samaritana, è colta da un fosco presagio e le chiede di rinunciare al matrimonio; ma Francesca è salda nel suo convincimento.

Atto II

Appare una piazza duna torre rotonda, nelle case dei Malatesti. Due scale laterali di dieci gradini salgono dalla piazza al battuto della torre; una terza scala fra le due, scende ai sottoposti solai, passando per una botola. Si scorgono i merli quadri di parte guelfa muniti di bertesche e di piombatoie . Un màngano poderoso leva la testa della sua stango e allargo il suo telaio di canapi attorti.
Balestre grosse a bolzoni e verrettoni a quadrelli, baliste, arcubaliste a altre artiglierie di corda sono postate in giro con lor martinetti girelle torni arganelli lieve. La cima della torre malatestiana irta di macchine e darmi campeggia nellaria torbida dominando la città la città di Rimino donde spuntano soli in lontananza i merli a coda di rondine che coronano la più alta torre ghibellina. Alla parete destra è una è una porta; alla sinistra, una stretta finestra imbertescata che guarda l’Adriatico.

Riassunto
Durante la guerra che oppone a Rimini i Malatesta e i Parcitadi. Paolo si fa onore, con accanto, sulla torre, Francesca, che lo rimprovera per linganno subito col matrimonio. Ella lo crede ferito e lo accarezza, gli prende la testa fra le mani. Arriva Gianciotto, non parco di lodi per il valore del fratello Paolo, e brindano alla sua vittoria. Paolo e Francesca si guardano con intensi sensi. Arriva il terzo fratello, Malatestino, ferito, mentre fuori, la furiosa, continua.

Atto III

Appare una camera adorna , vagamente scompartita da formelle che portano istoriette del romanzo di Tristano, tra uccelli fiori frutti imprese. Ricorre sotto il palco, intorno alle pareti, un fregio a guisa di festone dove sono scritte alcune parole duna canzonetta amorosa.

Meglio mè dormire gaudendo
Cavere pensieri vegliando.

A destra, nellangolo, è un letto nascosto da cortine ricchissime; a sinistra, un uscio coverto da una portiera grave; in fondo, una finestra che guarda il Mare Adriatico. Dalla parte delluscio è, sollevato da terra due braccia, un coretto per i musici con compartimenti ornati di gentili trafori.
Presso la finestra è un leggio con suvviaperto il libro della Historia di Lancillotto del Lago, composto di grandi membrane alluminate che costringe la legatura forte di due assicelle vestite di velluto vermiglio. Accanto vè un lettuccio, una sorta di ciscranna senza spalliera e bracciuoli, con molti cuscini di sciamito, posto quasi a paro del davanzale, onde chi vi sadagi scopre tutta la marina di Rimino. Su un deschetto è uno specchio dargento a mano, tra ori canne coppette borse cinture e altri arreddi. Grandi candelieri di ferro salzano presso il coretto. Scannelli e predelle sono sparsi allintorno; e dal mezzo del pavimento sporge il maniglio di una cateratta, per la quale di questa camera si puo scendere in un’altra.”

Riassunto
Francesca legge storie damore e ascolta musica. Entra Paolo, reduce da un lungo viaggio. Le mostra amore, ella quasi gli cede, soli e senza alcun sospetto leggendo dal Lancillotto, di come amor lo strinse. Il disiato riso di Ginevra esser baciato da cotanto amante, Paolo, tutto tremante, bacia Francesca, ed in questo caso il libro fu galeotto.

Paolo e Francesca
Paolo e Francesca

Atto IV – Parte I

Appare una sala ottagona, di pietra bigia, cinque de suoi lati in prospetto. In alto, su la nudita della pietra, ricorre un fregio di licorni in campo doro. Nella parete di fondo e un finestrone invetriato che guarda le montagne, fornito di sedili nello strombo. Nella parete che con quella fa angolo obliquo a destra, è un usciolo ferrato per ove si discende alle prigioni sotterranee. Contro la corrispondente parete, a sinistra, è una panca con alta spalliera, dinanzi a cui sta una tavola lunga e stretta, apparecchiata di cibi e di vini. In ciascuna delle altre due pareti a rimpetto è un uscio: il sinistro, prossimo alla mensa, conduce alle camere di Francesca; il destro, ai corridoi e alle scale. Tutto in , torno sono distribuiti torceri di ferro; ai beccatelli sono appesi budrieri, corregge, turcassi, pezzi darmatura diverse, e poggiate armi in asta : picche, bagordi, spuntoni, verruti mannaie, mazzafrusti.

Atto IV – Parte II

Riappare la camera adorna , con il letto incortinato con la tribuna dei musici , col leggio che regge il libro chiuso. Quattro torchi di cera ardono su uno dei candelieri di ferro; due doppieri ardono sul deschetto. Le vetrate della finestra sono aperte alla notte serena . Sul davanzale è il testo del basilico; e accanto è un piatto dorato, pieno di grappoli duva novella.

Riassunto del Quarto atto
Il terzo fratello, Malatestino, è innamorato pure lui di Francesca. Ella si rifiuta. Si ode il grido di un carcerato, e Malatestino, crudele, a spada sguainata va a far cessare quel lamento, mentre Francesca si lamenta con il marito Gianciotto delle profferte di Malatestino. Credendo forse Francesca Salome, Malatestino rientra con la testa mozza del carcerato che gridava. Francesca, che non è Salome, fugge in preda allorrore. Quando Gianciotto lo rimprovera, Malatestino non ce la fa più e rivela quel che sa di Paolo e Francesca. Gianciotto, con un inganno, scopre tutto .
Paolo e Francesca abbracciati consci della loro fine, sentono lultimo fremito damore attraversare le loro vene, e cadono trafitti dalla lancia di Guanciotto e dal pugnale di Malatestino.

Francesca da Rimini - opera - una scena
Francesca da Rimini, una scena dell’opera

Analisi musicale

Giudicare un’opera in musica può esser facile o di difficile impresa. Dipende dagli elementi assunti come base di giudizio; elementi che sono come i reagenti adoperati per una analisi chimica.
Se prendiamo la Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai presentata al Theatre De Versailles, se vogliamo indagare i valori tecnici della composizione occorrerà il possesso di una cultura musicale storica e specifica non indifferente, ai lumi della quale si può stabilire il posto che spetta all’opera nel campo delle produzioni similari: le derivazioni wagneriane in rapporto all’uso del tematismo; i procedimenti armonici impiegati ed più ancora, gli accorgimenti strumentali che fanno
dello Zandonai un vero maestro fra color che sanno.

Effettivamente l’esame particolareggiato della partitura della Francesca svelerebbe una trama di bellezze raramente raggiunta dai moderni operisti, in diretto rapporto non solo alle doti istintive ma altresì alle esperienze timbriche che lo Zandonai condusse fino da quando, ancor giovanetto e studente, il suo primo maestro lo incaricava di trascrivere composizioni per la banda della natìa Rovereto.

Altri invece – e sarebbero i più – potrebbero assumere a base della indagine gli elementi umani ed affettivi, misurando l’intensità delle vibrazioni provocate nel proprio spirito dalla audizione dell’opera.

YouTube video

Si può concludere che, la Francesca da Rimini, così come soddisfa i tecnici riesce a commuovere gli ignari, trovando molte ragioni di simpatia e di consonanza con le anime semplici. Basterebbero a tanto l’episodio dell’arrivo di Paolo, nella fine del Primo Atto, e, quasi per intero, nel secondo, dove il musicista è riuscito, col linguaggio che gli è proprio, ad aggiungere poesia alla poesia, oltrepassando di gran lunga i confini espressivi assegnati alla parola.

Anche a prescindere, dai molti pregi di carattere armonico orchestrale, dall’intensa drammaticità raggiunta nel primo quadro dell’ultimo atto - altro esempio della essenzialità dell’apporto musicale – le due ampie oasi liriche citate, sono cose di tale bellezza da non consentire dubbi circa il valore umano ed affettivo della Francesca, che deve ritenersi la migliore tra le molte produzioni di Riccardo Zandonai, e una delle più alte manifestazioni lirico-teatrali del Novecento.

Sia dunque cura di tutti i Teatri ed Enti Lirici tenere nella dovuta considerazione uno spartito tanto importante quanto ricco di così grandi qualità: ridarlo in pieno al repertorio operistico mondiale, significa rendere un servizio alla musica ed al pubblico. Chiunque ami e creda ancora nel teatro lirico non potrà allora che esserne soddisfatto.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/francesca-da-rimini/feed/ 2
Il vento scrive, poesia di D’Annunzio: parafrasi e figure retoriche https://cultura.biografieonline.it/il-vento-scrive-parafrasi-analisi/ https://cultura.biografieonline.it/il-vento-scrive-parafrasi-analisi/#comments Thu, 27 Oct 2022 16:20:57 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=40420 La poesia Il vento scrive non è una delle più celebri del poeta Gabriele D’Annunzio. Essa fa parte della sezione Madrigali dell’estate della raccolta Alcyone. Non si conosce una data ufficiale circa la composizione dell’opera.

Il vento scrive, poesia di D'Annunzio
Il vento scrive, poesia di D’Annunzio

Il poeta

Gabriele D’Annunzio è uno dei poeti decadenti italiani più famosi in Italia e in Europa. Egli, infatti, non è noto soltanto per essere un celebre scrittore (è autore di romanzi, raccolte di poesie, testi teatrali e giornalistici) ma anche un famoso dandy attivo in tutto il primo Novecento italiano.

Il suo motto era quello di rendere la vita un’opera d’arte: visse intensamente proprio per essere sempre fedele a tale principio.

Egli nacque a Pescara nel 1863 ma fu solo dopo il suo trasferimento a Roma (avvenuto ad appena diciotto anni) che iniziò a frequentare i migliori salotti della capitale e le redazioni giornalistiche. Negli anni Novanta dell’Ottocento si avvicinò alle posizioni dell’Estetismo e maturò in lui l’idea di rendere la sua vita un’opera d’arte: condusse una vita principesca, circondato da oggetti d’arte, ville sfarzose e tantissime amanti (la più famosa fu l’attrice Eleonora Duse).

Nell’immediato primo dopoguerra, D’Annunzio si distinse per le sue posizioni nazionalistiche e portò avanti la marcia su Fiume.

Morì all’età di 75 anni nella sua villa a Gardone, che lui chiamò il «Vittoriale degli Italiani».

La raccolta Alcyione

Per quanto riguarda le sue opere poetiche, Alcyone fa parte del più complesso progetto delle Laudi, che include la maggior parte della sue liriche. Le Laudi restano però incompiute: infatti sono solo cinque i libri completati (Maia, Elettra, Alcyone, Merope e Asterope).

Alcyone ha come tema principale la fusione con la natura e l’evasione: si tratta infatti del diario di una vacanza estiva lungo le coste della Versilia, in cui il poeta finisce con l’identificarsi e fondersi con la natura stessa. Dal punto di vista stilistico, il poeta tocca il suo punto più alto per lo stile suggestivo che ispirerà poi tutti gli altri poeti del Novecento.

Della stessa raccolta fanno parte altre due poesie che abbiamo precedentemente analizzato:

Il vento scrive: testo

Su la docile sabbia il vento scrive
con le penne dell’ala; e in sua favella
parlano i segni per le bianche rive.

Ma, quando il sol declina, d’ogni nota
ombra lene si crea, d’ogni ondicella,
quasi di ciglia su soave gota.

E par che nell’immenso arido viso
della pioggia s’immilli il tuo sorriso.

Parafrasi

Il vento scrive sulla sabbia che si muove dolcemente con le penne dell’ala (è personificato come un dio con le ali); e i segni lasciati sulle spiagge bianche parlano la sua lingua.

Ma, quando il sole tramonta, da ognuno dei segni, da ogni piccola ondulazione lasciata dal vento sulla sabbia, si crea un’ombra lieve come quella di una ciglia sul viso di una donna.

E sembra che nell’immensa aridità della spiaggia il tuo sorriso si moltiplichi infinite volte.

Spiegazione, analisi e commento

La poesia Il vento scrive è un madrigale di endecasillabi, formato da due terzine a rime intrecciate e da un distico a rime baciate con il seguente schema metrico:

ABA CBC DD

Questa poesia è ricca di allusioni e di mistero.

Si parte con la prima strofa in cui l’autore apre con l’immagine di questo dio alato che traccia segni sulla sabbia nella sua lingua misteriosa.

La divinità rappresenta infatti il vento che fa muovere la sabbia stessa, ma regala un senso di mistero.

Nella seconda strofa la sabbia, al tramonto, si muove creando delle ombre che assomigliano a quelle delle ciglia sul volto di una bella fanciulla.

La natura quindi si personifica e diventa umana, come si vede poi nel distico finale: queste increspature ricordano il sorriso di una donna.

Il poeta D’Annunzio utilizza molti termini danteschi: “in sua favella” v.2 termine dell’Inferno dantesco e il neologismo coniato appunto da Dante “s’immilli” che viene utilizzato nel Paradiso.

Sono inoltre presenti numerosi enjambements (v. 1, v.2, v.4 e v.7).

La lirica è breve ma molto suggestiva e delicata. Essa esprime le doti dell’autore di suggerire infinite sensazioni e mostrare la realtà nelle sue forme più segrete.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/il-vento-scrive-parafrasi-analisi/feed/ 1
La sera fiesolana: testo e parafrasi della poesia di D’Annunzio https://cultura.biografieonline.it/sera-fiesolana-testo-parafrasi/ https://cultura.biografieonline.it/sera-fiesolana-testo-parafrasi/#comments Mon, 17 Oct 2022 16:47:00 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=40334 La lirica La sera fiesolana fu scritta nel giugno del 1899 da Gabriele D’Annunzio: appartiene alla raccolta Alcyone. Si tratta di una delle sue liriche più famose; insieme a La pioggia nel pineto, fa parte di un’unica raccolta che racchiude le sensazioni e le descrizioni di un’ideale vacanza estiva, vissuta tra Marina di Pisa e la Versilia.

L’autore 

Gabriele D’Annunzio è stato uno dei più grandi autori del primo Novecento italiano. La sua stessa vita può considerarsi una vera e propria opera d’arte, vissuta seguendo le passioni e i principi dell’Estetismo e del Decadentismo, movimenti a cui l’autore si avvicina.

Egli nacque a Pescara nel 1863; sin da ragazzo scrisse poesie e a 18 anni si trasferì a Roma dove iniziò a frequentare tutti i salotti mondani.

In quegli anni aderì all’Estetismo e al concetto dì superuomo: mirava a creare un’immagine di uomo eccezionale anche nella vita reale oltre che nelle sue opere.

Scrisse molti romanzi, tra cui Il piacere (1889), opere teatrali come La figlia di Iorio (1904), sette libri di liriche intitolate Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi (rimasti incompiuti) e Notturno, appartenente all’ultima fase della sua vita.

Gabriele D'Annunzio
Gabriele D’Annunzio

La sera fiesolana: la lirica 

La poesia appartiene alla raccolta Alcyone; venne pubblicata del novembre del 1899 sulla rivista Nuova Antologia e poi inserita nel terzo libro delle Laudi.

Il tema dominante della raccolta è la fusione con la natura e una sensazione di evasione: il poeta descrive infatti le sensazioni e i panorami dell’estate trascorsa nella sua amata Versilia.

I versi sono stati scritti nella residenza dannunziana chiamata La capponcina, una villa situata nel comune di Settignano, vicinissimo a Fiesole. Fiesole oggi è un comune toscano, parte della città metropolitana di Firenze.

Le poesie seguono l’ordine della stagione estiva, da giugno fino al declino di settembre.

Da un punto di vista formale le poesie sono ricche di musicalità e di analogie; il tema centrale è il rapporto con la natura e l’immedesimazione in essa (panismo). 

La poesia in esame, La sera fiesolana, è composta da tre lunghe strofe di 14 versi ciascuna, intervallate da riprese di tre versi ciascuna.

Non c’è uno schema fisso delle rime e del tipo di versi utilizzati. 

Alcyone
Alcyone – Una copertina dell’opera di Gabriele D’Annunzio

Il testo completo

Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscìo che fan le foglie
del gelso ne la man di chi le coglie
silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta
su l’alta scala che s’annera
contro il fusto che s’inargenta
con le sue rame spoglie
mentre la Luna è prossima a le soglie
cerule e par che innanzi a sé distenda un velo
ove il nostro sogno si giace
e par che la campagna già si senta
da lei sommersa nel notturno gelo
e da lei beva la sperata pace
senza vederla.

Laudata sii pel tuo viso di perla,
o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace
l’acqua del cielo!

Dolci le mie parole ne la sera
ti sien come la pioggia che bruiva
tepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso de la primavera,

su i gelsi e su gli olmi e su le viti
e su i pini dai novelli rosei diti
che giocano con l’aura che si perde,
e su ’l grano che non è biondo ancóra
e non è verde,
e su ’l fieno che già patì la falce
e trascolora,
e su gli olivi, su i fratelli olivi
che fan di santità pallidi i clivi
e sorridenti.

Laudata sii per le tue vesti aulenti,
o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora!

Io ti dirò verso quali reami
d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti
eterne a l’ombra de gli antichi rami
parlano nel mistero sacro dei monti;
e ti dirò per qual segreto
le colline su i limpidi orizzonti
s’incùrvino come labbra che un divieto
chiuda, e perché la volontà di dire
le faccia belle
oltre ogni uman desire

e nel silenzio lor sempre novelle
consolatrici, sì che pare
che ogni sera l’anima le possa amare
d’amor più forte.

Laudata sii per la tua pura morte,
o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare
le prime stelle!

La sera fiesolana: rami di un albero di gelso, pianta evocata nel testo
La sera fiesolana: rami di un albero di gelso, pianta evocata nel testo

Parafrasi

Le mie parole siano per te come il fruscio delle foglie del gelso, che un contadino coglie silenzioso a sera, e ancora si rallenta sulla scala che si staglia contro il fusto dell’albero con i rami spogli, mentre la luna sta per emergere dalle soglie azzurre del cielo, il cui chiarore si distende come un velo nella compagna dove giace anche il nostro sogno e sembra che la campagna si senta già sommersa dal gelo notturno e assorba come una bevanda la pace senza però vederla. 

O sera, tu sia lodata per il tuo viso del colore della perla, e per i tuoi occhi dove si nasconde l’acqua del cielo. 

In questa serata le mie parole ti siano dolci come il ticchettio della pioggia, calda e rapida, pianto della primavera che si accomiata, sui gelsi, sugli olmi, sulle viti, sulle pigne novelle che sembrano dita che giocano con vento, e sul grano che non è ancora maturo ma non è più verde, e sul fieno già tagliato che sta scolorendo, e sugli ulivi, fratelli, che rendono le colline pallide come santi e sorridenti. O sera, sia lodata per le tue vesti profumate, e per la cintura che ti cinge come il ramo del salice cinge il fieno che profuma. 

Io ti racconterò verso quali regni d’amore ci invita il fiume, le cui fonti perenni si stagliano all’ombra dei rami e raccontano il mistero dei monti sacri e ti racconterò per quale segreto le colline si curvano verso gli orizzonti come delle labbra chiuse da un divieto, e perché la volontà di rivelare il loro segreto le renda belle oltre ogni desiderio umano e nel loro silenzio saranno comunque consolatrici così che sembri che ogni sera l’anima le possa amare di un amore più forte. 

O sera, sia lodata per la tua morte pura e per l’attesa che in te fa luccicare le prime stelle. 

Spiegazione e commento

Questa poesia descrive una sera di giugno, quando la primavera ha ormai lasciato il posto all’estate.

Le tre strofe rappresentano tre momenti diversi della sera:

  1. il tardo pomeriggio;
  2. la sera vera e propria;
  3. l’arrivo della notte.

Il poeta si rivolge ad un tu indefinito, probabilmente la donna amata.

Ogni strofa è indipendente dalle altre.

  • Nella prima il poeta evoca il sorgere della luna, si inizia a diffondere il gelo notturno come un liquido fresco;
  • nella seconda le parole si trasformano in un suono grazie agli accenti e alle rime; si chiude con la figura religiosa dell’ulivo;
  • nella terza il tema centrale è la sensualità, perfino le colline diventano una figura femminile.

Ricorre l’anafora “laudata sii” ripresa dal Cantico delle creature di San Francesco d’Asssisi, qui rivisto in chiave laica (come l’appellativo attribuito agli ulivi che vengono definiti fratelli).

Molte sono le metafore e le similitudini (v.18, v. 15) i francesismi (bruiva v. 19), le personificazioni (la sera, le colline).

La sera fiesolana è una poesia complessa e molto suggestiva che rappresenta pienamente l’estetismo dannunziano e l’immedesimazione nella natura.

Essa termina proprio con un’immagine di sensualità che mette al centro della poesia proprio l’amore, nella sua forma di bellezza sublime.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/sera-fiesolana-testo-parafrasi/feed/ 2
Il piacere: riassunto del romanzo di D’Annunzio https://cultura.biografieonline.it/riassunto-il-piacere-d-annunzio/ https://cultura.biografieonline.it/riassunto-il-piacere-d-annunzio/#comments Wed, 19 May 2021 15:23:13 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=9457 Scritto nel 1888 e pubblicato nel 1889 presso l’editore Treves, Il Piacere è uno dei più celebri romanzi scritti da Gabriele D’Annunzio. Questo romanzo sconvolse la letteratura dell’Ottocento italiano perché inaugurò un nuovo tipo di prosa: quella decadente-esteta di derivazione francese. D’Annunzio si pose in un panorama verista e realista rompendo tutti gli schemi e proponendo una nuova letteratura basata sulla sensualità e la decadenza.

Egli fu una grande figura umana, ultimo discendente di una grande razza di intellettuali. Coltivava la passione, la cura per il bello e per le cose belle, l’arte in tutte le sue forme, le belle donne, seguendo la moda francese dell’estetismo. Sicuramente si contraddistinse tra gli intellettuali italiani per la sua condotta scandalosa, e creò intorno a sé molti proseliti.

Il Piacere, Gabriele D'Annunzio
Il Piacere. Una copertina del romanzo (pubblicato per la prima volta nel 1889) e una foto del suo autore, Gabriele D’Annunzio

Riassunto e analisi

Il romanzo Il Piacere fa parte di una trilogia che include anche L’innocente e Il trionfo della morte, i cosiddetti Romanzi della rosa. L’opera narra la storia della vita di Andrea Sperelli, intellettuale creato sul riflesso della fisionomia dannunziana di uomo, che ritornerà spesso nei suoi romanzi. Andrea è un giovane aristocratico, annoiato della vita, amante dell’arte, che vive in una sorta di casa museo. Così come ama l’arte, adora anche le donne.

Il romanzo inizia quando Andrea aspetta a casa sua la ex amante Elena Muti e ripercorre con la mente tutta la loro storia ed anche la sua vita. Viene ferito in un duello mentre tenta di corteggiare un’altra nobildonna e nel corso della convalescenza, nella villa di Schifanoja sul mare, conosce un’altra donna che gli ruba il cuore: Maria Ferres, moglie di un diplomatico sudamericano. Si divide così tra due donne e due amori, ma nel corso di una notte di passione con Maria pronuncia il nome di Elena. Maria così lo lascia, abbandonando anche la sua casa dove era andata a vivere. Finisce così il romanzo, con una piena tonalità decadente.

Il protagonista è un esteta, come Dorian Gray di Oscar Wilde, che vive la sua vita come se fosse un’opera d’arte. Si propone come classico dandy anche se dentro di sé ha vissuto con molta sofferenza il periodo dell’infanzia. Conquistare le donne è per lui un’arte più che un piacere. Alla fine però incarna un personaggio fallimentare perché vuoto e disinteressato, in piena linea con la crisi dei valori del periodo. Non si tratta di un personaggio autentico come quelli veristi, ma finto e costruito ad hoc. Il piacere è in realtà l’arte stessa, vista come momento di elevazione sociale e modo per affinare i sensi.

Rappresenta il mondo vacuo dell’aristocrazia ed Andrea una persona che ricerca il piacere fisico e psicologico senza però trovarlo mai.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/riassunto-il-piacere-d-annunzio/feed/ 1
Sergio Castellitto, al cinema dal 20 Maggio con “Il cattivo poeta” https://cultura.biografieonline.it/castellitto-d-annunzio-cattivo-poeta/ https://cultura.biografieonline.it/castellitto-d-annunzio-cattivo-poeta/#respond Wed, 19 May 2021 15:14:23 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=34271 Il poeta e drammaturgo Gabriele D’Annunzio ha suscitato profonda ammirazione in vita per le sue opere e la sua creatività. Ma nel contempo non vi è un genio letterario altrettanto odiato e contestato quanto lui. Tanto è vero che alcuni grandi esponenti della letteratura come Elsa Morante e Pier Paolo Pasolini hanno dichiarato apertamente di detestarlo, la prima dandogli addirittura dell’imbecille.

Non è stato sicuramente facile, per Matteo Rovere e Andrea Paris che hanno diretto la pellicola tra l’Italia e la Francia, ripercorrere fedelmente la vita del Vate. La maggior parte delle scene del film è stata girata al Vittoriale, la splendida dimora di D’Annunzio ubicata sul Lago di Garda, dove il poeta morì il 1 Marzo 1938.

Il Vate tra velleità politiche e ambizione letteraria

Il Cattivo Poeta” (questo il titolo del film) si sofferma però sul periodo in cui D’Annunziò preferì ritirarsi a vita privata, sugli ultimi anni di vita del poeta-esteta, quando-pur pensando di rinunciare alla politica- continuava ad esserne affascinato.

Ad interpretare Gabriele D’Annunzio è l’attore Sergio Castellitto che in una recente intervista ha rivelato di essersi tagliato completamente i capelli per “entrare meglio nel personaggio”.

Ecco invece cosa ha dichiarato il regista Gianluca Jodice circa il lungometraggio:

Mi piaceva rappresentare questo poeta recluso in questo castello di Dracula tra donne e cocaina. Una specie di Nosferatu, ma comunque un personaggio scomodo mai inspiegabilmente raccontato dal cinema”.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/castellitto-d-annunzio-cattivo-poeta/feed/ 0
Il Piacere di Gabriele D’Annunzio, analisi e commento https://cultura.biografieonline.it/piacere-dannunzio-analisi/ https://cultura.biografieonline.it/piacere-dannunzio-analisi/#comments Sat, 20 Jul 2019 11:54:09 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26684 L’opera “Il Piacere” di Gabriele D’Annunzio è suddivisa in quattro parti, ciascuna strutturata in capitoli. Queste quattro sezioni sono collocate cronologicamente, in quattro momenti precisi della vita del protagonista: Andrea Sperelli. La scelta del titolo è il fondamento della vita del protagonista, fatta di piacere sensuale e di lussuria, di avventure amorose, di opere d’arte, della bellezza a tutti i costi.  

Il Piacere D'Annunzio
Il Piacere. Una copertina del romanzo (pubblicato per la prima volta nel 1889) e una foto del suo autore, Gabriele D’Annunzio

Il Piacere: descrizione del personaggio di Andrea Sperelli

Sperelli è un personaggio a cui lo scrittore dedica molta attenzione, illustrando in modo preciso e minuzioso i pensieri del protagonista. Forse è il più famoso dei personaggi dannunziani. Andrea rappresenta la personificazione dell’autore.

Andrea Sperelli incarna la figura dell’eroe decadente. E’ un esteta, dotato di grande sensibilità e ciò lo rende incline alla bellezza ed al piacere, ai piaceri.

D’Annunzio ne descrive le ambizioni, le idee, i gusti artistici e le contraddizioni. È un personaggio che disprezza la mediocrità, lo spirito antidemocratico, la carenza di umanità, inoltre si distingue per la sapiente ricerca del piacere.

L’esistenza di Andrea Sperelli, così come lo ha educato il padre, è concepita come un’opera d’arte. Lui vive in un edificio del Cinquecento, palazzo Zuccari, a Trinità dei Monti a Roma. E’ totalmente arredato e pieno di opere d’arte e oggetti molto raffinati. Insomma conduce una vita piena di fascino, uno stile di vita aristocratico ed elegante. L’autore di lui descrive anche le debolezze morali.

Le debolezze di Sperelli

Andrea è un uomo privo di genuinità e di spontaneità, è incoerente e si arrende agli istinti. Andrea incentra la sua vita sull’artificio e la finzione, di conseguenza questo lo porta a costruire un rapporto ambiguo e distaccato da tutto ciò che lo circonda.

E’ un uomo dalla volontà molto debole, che non ha uno slancio morale, il suo agire è puramente cerebrale. È incapace di provare dei veri sentimenti. Ciò lo conduce alla solitudine e all’isolamento e ne esce anche sconfitto nel rapporto con le donne. Questo aspetto è ben delineato alla fine del romanzo.

Il Piacere: i personaggi femminili

Tra le donne protagoniste c’è Elena Muti, duchessa di Scerni: lei è la donna fatale, sensuale e aggressiva, che incarna l’erotismo lussurioso. La donna è il grande amore di Andrea, o meglio: il grande piacere. Infatti tra i due il sentimento vero è assente: è conquista e corteggiamento, è sensualità.

Poi c’è la donna pura, dolce, piena di curiosità intellettuali: Maria Ferres. Ella rappresenta una femminilità opposta a quella di Elena. Maria è per Sperelli un’alternativa, un’opportunità di riabilitazione. Ella però – in seguito – diventa solo una parte di un gioco erotico in sostituzione di Elena, che Andrea desidera ancora ma che lo respinge.

La scelta dei nomi femminili è simbolica: Elena evoca infatti Elena di Troia, che portò a causa della sua bellezza a sciagure terribili. Mentre Maria (donna angelo) evoca la madre di Gesù e la purezza della Vergine.

Incipit del romanzo

Il romanzo si apre subito con il dato cronologico. Si tratta dell’ultimo giorno dell’anno; poi, dalle pagine successive, si saprà che l’anno è il 1886.

L’anno moriva, assai dolcemente. Il sole di San Silvestro spandeva non so che tepor velato, mollissimo, aureo, quasi primaverile, nel ciel di Roma. Tutte le vie erano popolose come nelle domeniche di maggio. Su la Piazza Barberini, su la Piazza di Spagna una moltitudine di vetture passava in corsa traversando; e dalle due piazze il romorìo confuso e continuo, salendo alla Trinità de’ Monti, alla via Sistina, giungeva fin nelle stanze del palazzo Zuccari, attenuato.

È il momento in cui, dopo due anni, Andrea attende di rivedere Elena, l’antica amante, che aveva interrotto bruscamente la loro relazione amorosa. Adesso la donna è sposata con il ricco e vizioso inglese, Lord Heathfield.

Segue nel racconto una prima descrizione dell’ambiente, poi l’autore passa a delineare i pensieri del protagonista: attraverso un flashback rievoca l’ultimo incontro con la ex amante e la brusca interruzione della relazione che è stata voluta da Elena.

Da qui il racconto ritorna a parlare del presente, sull’attesa di Andrea che sente rinascere la passione e il desiderio di riallacciare il rapporto con la donna.

La narrazione poi fa un passo indietro: si torna alle vicende della relazione passata, al ricordo di come i due amanti si siano conosciuti ad una festa e all’appuntamento per il giorno seguente ad una corsa di cavalli: è qui che Andrea riesce a sedurre la donna, strappandole un invito nel suo appartamento.

Il riassunto dei quattro libri

Libro I

Nel primo libro c’è la descrizione dell’ambiente sofisticato in cui vive Andrea. Lui vive a Roma. È un uomo dai gusti raffinati, predilige studi insoliti, ma è anche un uomo senza alcun freno morale.

Dopo la relazione con Elena, abbandonato dalla donna che si è stancata di lui ed è andata via da Roma, lui cerca senza successo di sostituire la passione per Elena con numerose avventure, passando da una donna all’altra.

Questo accade sino a quando l’amante geloso di una donna che corteggia, Ippolita Albònico, lo sfida a duello. Il protagonista del romanzo riesce a colpire l’avversario, ma a sua volta resta ferito. Così decide di abbandonare Roma e di trascorrere la convalescenza in campagna da sua cugina marchesa d’Ateleta: è qui che spera di ritrovare la pace e la purezza morale che è andata perduta.

Libro II

Nel secondo libro Andrea, mentre si trova nella villa della cugina, incontra e conosce Maria Ferres. La donna è la moglie di un ministro guatemalteco. Lei è un ritratto di dolcezza e purezza aristocratica.

Tra i due nasce un amore, inizialmente platonico. Il tema di tutta la seconda parte del romanzo è incentrato sull’amore per Maria. Andrea sfida se stesso, vuole la donna anche carnalmente e riesce infine a sedurla, cede alla passione la donna dall’alta moralità. Lei stessa lo scrive sul suo diario.

Libro III

Nel terzo libro si passa al ritorno a Roma. È finita per Andrea la convalescenza in autunno, quindi rientra a Roma convinto di essere cambiato.

Nel frattempo anche Elena è tornata in città. I due si incontrano al teatro, ma lei si è sposata. Così Sperelli, ricevuto l’invito ad andarli a trovare a casa il giorno successivo, entra in crisi. Si insinua in lui il ricordo della passione vissuta con la donna.

Nei confronti di  Elena, Andrea prova un amore morboso e rivive con la nuova amante Maria l’amore per la prima, in un gioco di trasposizioni di persona: mentre ha una relazione con Maria – la donna angelo, continua a desiderare Elena – la donna lussuriosa.

Un giorno commette l’errore, accecato dalla gelosia per aver scoperto che Elena ha un nuovo amante, di salutare Maria pronunciando erroneamente il nome di Elena. La donna scoperto l’inganno di quel legame, lo respinge e fugge via. Andrea tenta, ma senza troppa convinzione, di fermarla, quindi rimane da solo ed in preda alla disperazione.

Libro IV

Infine, il quarto libro, racconta della sconfitta dell’esteta. L’azione si conclude nella casa di Maria, che è stata abbandonata dal marito, fuggito via e che l’ha lasciata piena di debiti a causa del vizio del gioco.

Andrea gironzola dentro il palazzo di Maria, dove si sta svolgendo un’asta per ripagare i creditori. La scena è incentrata sul confronto tra la bellezza e il pregio del palazzo e la volgarità degli acquirenti, che sono rozzi furfanti e che hanno invaso quel luogo in cerca dell’affare.

Sul finire del racconto si assiste al fallimento dello stile di vita del protagonista. Infatti nelle ultime righe si legge di Andrea costretto a salire le scale lentamente, proprio come se stesse recandosi ad un funerale, dietro ad un armadio trasportato dai facchini che era appartenuto alla donna angelo.

I temi e l’ambientazione del romanzo “Il Piacere”

Il periodo storico scelto è quello della fine dell’Ottocento. La storia inizia nel 1887, due anni dopo la separazione da Elena, avvenuta il 25 marzo 1885. Il romanzo Il Piacere di D’annunzio è ambientato a Roma: lo sfondo è quello aristocratico della Roma tardo-rinascimentale e barocca.

Sulle tematiche emergono la critica alla società alto borghese di fine Ottocento che è vuota di contenuti e sentimenti. La decadenza di questa società che ha trascurato il senso del bello, e ancora: l’affermazione della figura dell’esteta intellettuale inquieto, che si è ritagliato un mondo tutto suo, che è dominato dal culto per la bellezza.

Infine, sempre al personaggio principale, è affidato il compito di trattare una riflessione sui diversi tipi di amore: quello fatto di solo piacere e quello invece puro e spirituale.

Gabriele D'Annunzio
Gabriele D’Annunzio

Analisi sull’importanza del romanzo

L’elemento di grande importanza in questo romanzo capolavoro di D’Annunzio e della Letteratura Italiana, è che introduce in Italia la figura dell’eroe decadente. Si tratta di una figura all’epoca già presente nella letteratura straniera, in autori quali: Jean des Esseintes, personaggio ideato da Huysmans, in Francia, e Dorian Gray di Oscar Wilde, in Inghilterra.

Il personaggio introdotto da Gabriele D’Annunzio rappresenta l’incarnazione di questo stereotipo: cultore solo del bello, raffinato, aristocratico, freddo.

Ne “Il Piacere” si ritrovano mescolate tracce della tradizione naturalistica del romanzo d’ambiente con la nuova tendenza decadente della narrativa lirico-evocativa.

E ancora: il racconto non segue una narrazione cronologica degli accadimenti ma quella per blocchi discontinui, utilizzando spesso dei flashback legati ai ricordi del protagonista Andrea, e degli avvenimenti passati, che mescolano passato e presente.

Lo stile utilizzato da D’Annunzio è molto ricercato e dotto; la prosa è levigata, l’italiano che utilizza è ricco e raffinato. C’è una selezione da parte dello scrittore nell’utilizzo di parole rare e preziose, nomi esotici o sonori, latinismi, termini aulici. Tutti i termini scelti sono intenzionalmente non alla portata di tutti, e le parole sono ordinate seguendo uno schema metrico.

Seppure vi sia la componente autobiografica, il romanzo è scritto in terza persona.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/piacere-dannunzio-analisi/feed/ 1
I pastori (poesia di D’Annunzio) https://cultura.biografieonline.it/i-pastori-poesia-dannunzio/ https://cultura.biografieonline.it/i-pastori-poesia-dannunzio/#comments Fri, 10 Jun 2016 07:32:40 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=18747 La poesia I pastori (a volte indicata come I pastori d’Abruzzo) fa parte dell’ultima sezione di Alcyone, intitolata Sogni di terre lontane. Alcyone è il terzo libro delle Laudi di Gabriele D’Annunzio: venne pubblicato per la prima volta nel 1903, racchiudendo le liriche composte tra 1899 e il 1903, per un totale di 88 poesie. Secondo i critici, si tratta del momento più alto della lirica dannunziana: il poeta tralascia il tema del superuomo per dedicarsi alla celebrazione della natura.

Pastori - Shepherd - Pastore

Alcyone, infatti, è il racconto di diversi momenti di una vacanza estiva, trascorsa in Versilia con l’amata attrice Eleonora Duse, che viene qui chiamata Ermione. La raccolta si divide in cinque sezioni, che descrivono la primavera fino all’arrivo dell’autunno. Le liriche sono piene di elementi musicali, suggestioni e sensazioni dello stato d’animo del poeta, ottenuti con una sapiente disposizione di rime e assonanze.

I pastori: la poesia

La lirica I pastori d’Abruzzo appartiene proprio alla parte conclusiva dell’opera e descrive quindi l’arrivo dell’autunno. L’estate è ormai giunta al termine: settembre porta con sé tanta malinconia, che spinge l’autore a desiderare di ritornare nei luoghi della sua infanzia e nel mondo arcaico della regione Abruzzo, che viene descritto in questa poesia.

I pastori, nel mese di settembre, ricominciano l’antica usanza della transumanza e portano i greggi a pascolare verso la Puglia. L’autore celebra questi gesti antichi come se fossero sacri e li riconduce ad un’unione con la natura che si ripete ogni anno.

I Pastori - foto antica
La transumanza dalle colline d’Abruzzo verso il mare: un gesto antico che si ripete nel tempo

Testo della poesia

Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natía
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.

Ah perché non son io co’ miei pastori?

Analisi del testo

Il testo è formato da quattro strofe di cinque endecasillabi ciascuno, più un endecasillabo finale. L’ultimo verso di ogni strofa rima con il primo della successiva.

La struttura della lirica è circolare: all’inizio e alla fine di ogni strofa, il poeta esprime direttamente le sue emozioni. Nel primo verso, infatti, dà voce al suo desiderio di migrare ma, nella domanda finale, si rammarica perché è ormai troppo distante dalla sua terra.

Nelle prime due strofe il poeta rievoca i preparativi dei pastori per organizzare la transumanza: le greggi hanno bevuto alle fonti d’acqua dei luoghi natali per non avere sete durante il viaggio, i pastori hanno costruito un nuovo bastone fatto di verga di nocciolo (v. 10: d’avellano) e hanno aperto i recinti.

Nelle due strofe successive si racconta l’arrivo al mare: i pastori procedono attraverso il sentiero, come se fosse un fiume d’erba, seguendo le orme dei padri (il cammino è ormai una tradizione, un rituale antico e immutabile).

La quarta strofa descrive l’arrivo del gregge al mare, il sole che tocca il vello, il rumore delle onde.

L’ultimo verso è una domanda retorica che esprime la nostalgia del poeta verso la sua terra.

Commento

Dal punto di vista formale, la lirica è diversa dalle altre di Alcyone: qui Gabriele D’Annunzio rinuncia all’enfasi, agli eccessi e adotta uno stile piano e pacato, quasi severo a confronto delle altre della stessa raccolta. Recupera come metro l’endecasillabo, che conferisce un tono molto solenne alla poesia.

Non mancano però i simboli e le analogie tra i pascoli e il mare (v. 12: erbal fiume silente). La parola isciaquio al v. 20 è onomatopeica. La sintassi cambia tra la prima parte, dedicata al paesaggio montano, dove è più pacata, e la seconda parte dove diventa più frammentaria.

Il tema dominante è sempre quello della comunione tra uomo e natura, ma forse, con questa lirica, il poeta vuole lasciare un commiato al suo sogno di fusione totale con essa. Egli si sente come i pastori: esuli e costretti a migrare dalle loro amate montagne alla fine dell’estate.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/i-pastori-poesia-dannunzio/feed/ 2
Alcyone (opera di Gabriele D’Annunzio) https://cultura.biografieonline.it/alcyone-riassunto/ https://cultura.biografieonline.it/alcyone-riassunto/#comments Tue, 01 Mar 2016 20:05:16 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=17016 Considerata dai critici letterari uno dei capolavori di Gabriele D’Annunzio, “Alcyone” è l’opera in cui il poeta dimostra la sua massima capacità artistica. In questo libro l’autore celebra la stagione estiva, che simbolicamente rappresenta la fase più rigogliosa nella vita di un uomo. Alcyone nella mitologia greca classica è la figlia di Eolo, il re dei venti. Il libro, che in sostanza è una raccolta di liriche, si compone di 88 testi ed è suddiviso in cinque sezioni.

Alcyone (Gabriele D'Annunzio)
Alcyone – Una copertina dell’opera di Gabriele D’Annunzio. Fu composta tra il 1899 e il 1903.

Ogni sezione affronta una tematica specifica facendo riferimento ad una stagione, ad un ambiente naturale e allo stato d’animo ad esse associato. Nell’Alcyone il tema fondamentale è l’identificazione dell’uomo con gli elementi della Natura (il c.d. Panismo). In particolare, D’Annunzio abbandona le vesti del “Superuomo” e si abbandona a godere della natura che lo circonda.

Prima sezione

In questa prima parte, ambientata nel mese di Giugno, quando la primavera lascia il posto all’estate, il poeta descrive il paesaggio tra Fiesole e Firenze attraverso lodi (laudi pagane), che esaltano gli elementi naturali e paesaggistici del luogo.

Seconda sezione

L’ambientazione si sposta in Versilia, durante il mese estivo di Luglio. L’uomo si abbandona alla bellezza della natura fino a fondersi con essa (vedi liriche “Le Stirpi canore” e “La pioggia nel pineto”).

Terza sezione

Anche in questa parte dell’opera si celebra la stagione estiva nella sua pienezza, e qui il panismo si armonizza perfettamente con la teoria del “Superuomo”, di cui il poeta si fa portavoce.

Quarta sezione

Compaiono i primi assaggi autunnali, l’estate sta per finire. Dal punto di vista simbolico, il poeta intende affermare che, così come si assiste al tramonto della stagione estiva, così tramontano i miti improntati sulla ricchezza e i beni strettamente materiali. Ciò che rimane per sempre sono invece l’Arte e la Poesia.

Quinta sezione

Questa parte del libro, intitolata Sogni di terre lontane, è dedicata interamente al mese di Settembre, quando l’estate volge al termine lasciando il posto all’autunno. Nel testo si trova anche una dedica al poeta Pascoli ed un saluto a Carducci. Qui è presente la poesia “I pastori“.

Gli argomenti trattati nell’opera Alcyone

Composta tra il 1899 e il 1903, l’Alcyone rappresenta senz’altro il momento più alto e significativo della produzione dannunziana. Pur presentando una struttura ordinata e semplice, l’opera affronta diversi temi. Gabriele D’Annunzio con l’Alcyone dimostra di fare una scelta precisa: ricalcare le orme del classicismo ridando attualità alla tradizione classica più arcaica.

Gabriele D'Annunzio
Gabriele D’Annunzio

Nella raccolta di liriche dell’Alcyone vi è una rappresentazione animistica della natura: la natura è manifestazione di Dio e riflette le vicende sia esteriori che interiori dell’uomo.

La vicenda narrativa è alquanto semplice e scorrevole, D’Annunzio ci tiene più che altro a descrivere i diversi stati d’animo che si alternano durante la stagione estiva. I luoghi descritti dal “Vate” si trovano in Toscana, ma si ispirano a quelli della Grecia arcaica e classica. Le donne di cui si parla all’interno dell’opera sono piuttosto sfuggevoli, quasi creature eteree e mitologiche, tutte rappresentate dalla figura dell’attrice Eleonora Duse.

Gli argomenti principali che ritroviamo nell’Alcyone sono tre:

  1. il Recupero del mito (D’Annunzio restituisce alla Natura la verginità e la vitalità che il mondo moderno ha distrutto);
  2. lo scambio tra Uomo e Natura (l’uomo riesce ad identificarsi con gli elementi naturali giungendo fino alla sua “vegetalizzazione”. In alcuni casi l’identificazione avviene con creature animali);
  3. esaltazione della parola: attraverso questa gli uomini possono creare altri miti e indagare i misteri più profondi della natura.

Per quanto concerne la struttura dell’opera, questa si caratterizza per l’oratoria retorica (il ricorso cioè a figure retoriche e metriche fisse) e la musicalità del verso (che si esprime in modi tra loro assai diversi).

I modelli cui Gabriele D’Annunzio si ispira componendo le poesie dell’Alcyone sono i poeti latini Ovidio, Virgilio e i lirici classici greci come Omero. Lo stile dell’opera è classicheggiante, sia nel linguaggio che nella scelta dei temi.

L’Alcyone fa parte del più ambizioso progetto letterario di D’Annunzio, intitolato “Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi”: più precisamente, l’Alcyone è il terzo dei quattro libri.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/alcyone-riassunto/feed/ 5
La pioggia nel pineto, analisi e parafrasi della poesia https://cultura.biografieonline.it/pioggia-nel-pineto/ https://cultura.biografieonline.it/pioggia-nel-pineto/#comments Mon, 29 Feb 2016 10:38:15 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=16914 Composta presumibilmente tra la metà di luglio del 1902 e la metà di agosto dell’anno successivo, la lirica di Gabriele D’Annunzio intitolata “La pioggia nel pineto” è dedicata ad una donna amata dal poeta, che viene identificata con lo pseudonimo “Ermione”.  Nella realtà si tratta dell’attrice Eleonora Duse, che ha portato in scena alcuni dei più famosi drammi scritti da Gabriele D’Annunzio.

Pioggia nel pineto
La celebre poesia “Pioggia nel pineto” fu composta da Gabriele D’Annunzio tra il 1902 e il 1903.

Testo della poesia

Puoi leggere il testo completo della poesia al seguente indirizzo:
La pioggia nel pineto, testo completo della poesia

Pioggia in pineta

Questa composizione poetica, che è una delle più note di D’Annunzio, si caratterizza per la spiccata sonorità, poiché sembra tradurre in parole il suono della pioggia che scroscia, il canto delle cicale, il verso di una rana che fa capolino dopo l’acquazzone. Inoltre, in questa bellissima poesia l’autore è molto abile nel descrivere la vegetazione (ad esempio lo fa riportando spesso l’uso della parola “colore verde” all’interno dei versi).

La pioggia nel pineto, per la ritmicità dei suoi versi, può essere paragonata ad una vera e propria composizione sinfonica.  La lirica presenta la scena del poeta intento a passeggiare in compagnia della sua donna, Ermione appunto, in un bosco sul litorale toscano.

Lui la invita a mettersi in ascolto del meraviglioso suono della pioggia estiva che batte sul fogliame degli alberi. La coppia si lascia andare alle sensazioni inebriandosi del suono della pioggia e di quelli della natura circostante, e finiscono con l’identificarsi a tal punto con essa da sentirsi simili a creature vegetali.

E’ come se avvenisse una metamorfosi fiabesca di cui i due sono i protagonisti. “La pioggia nel pineto”, composta dal poeta nella Villa la Versiliana dove abitava, è compresa all’interno della raccolta di liriche intitolata “Alcyone” (che nella mitologia greca è la figlia di Eolo, il re dei venti, che si suicida perché non riesce a sopportare il dolore per la perdita del marito).

La pioggia nel pineto: analisi e parafrasi

I versi della lirica sono liberi: i 128 versi di cui si compone si dividono in quattro strofe (ciascuna strofa è di 32 versi circa).  Dal punto di vista tecnico, la poesia presenta alcune figure retoriche: similitudini, anafore, onomatopee, allitterazioni. I temi principali di questa lirica dannunziana sono: l’amore, la metamorfosi e la pioggia. Nella “Pioggia del pineto” ritroviamo, molto più che in altri componimenti del “Vate”, l’ideale tipico del decadentismo, il “Panismo” (che esprime la fusione completa tra l’uomo e gli elementi della natura).

La pioggia nel pineto

Ogni strofa di questa poesia finisce con il nome dell’amata, Ermione (nome tratto dalla mitologia greca e che identifica la figlia di Menelao, Elena, che fu causa della guerra di Troia). Si tratta di un tipico riferimento classico utilizzato dai poeti per rendere immortali le donne amate. In questa famosa poesia si fonde l’amore umano e passionale (quello che lega D’Annunzio alla Duse) e quello per la natura con la sua bellezza e la pace che arriva dritto al cuore delle persone più sensibili e predisposte. In questo D’Annunzio si ispira al Simbolismo francese insieme agli elementi derivanti dal pensiero del filosofo Nietzsche.

Eleonora Duse
Eleonora Duse

Per D’Annunzio, in questa poesia, non esiste confine tra l’uomo e la natura, che finiscono per fondersi con meravigliosa armonia ed equilibrio: la stessa Ermione diventa, man mano che le strofe si susseguono, parte della natura bagnata dall’improvvisa pioggia estiva.

Il verbo “piove” viene ripetuto come un mantra, acquistando un valore quasi sacrale.

Altro verbo che si ripete è “ascolta”: il poeta invita la sua donna ad ascoltare appunto i suoni della pioggia e della natura per mettersi in comunicazione con essa. In momenti come questo il silenzio aiuta a cogliere i particolari, anche quelli apparentemente più insignificanti.

Il dialogo con la natura arricchisce l’animo umano e lo predispone ad una pace che lo ritempra e lo riempie di forza. La coppia protagonista della lirica dannunziana si inoltra nel bosco noncurante della pioggia proprio per mettersi in ascolto della natura.

Quando questo miracolo succede l’amore e la passione che unisce le singole persone si espande fino a ricomprendere l’intero Universo. In tale lirica dannunziana si alternano i suoni alle pause di silenzio, mentre il ritmo dei versi riproduce quello di una musica dolce e soave. In un’atmosfera così rarefatta la realtà lascia il posto alla fantasia e alla metamorfosi: tutto si trasforma e si identifica con la natura.

]]>
https://cultura.biografieonline.it/pioggia-nel-pineto/feed/ 3