fuoco Archivi - Cultura Canale del sito Biografieonline.it Tue, 28 Feb 2023 14:15:19 +0000 it-IT hourly 1 La teoria dei 4 elementi: fuoco, aria, acqua, terra https://cultura.biografieonline.it/quattro-elementi-naturali/ https://cultura.biografieonline.it/quattro-elementi-naturali/#comments Tue, 28 Feb 2023 12:11:09 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=11228 Fuoco, aria, acqua, terra: elementi naturali da cui trae origine ogni sostanza di cui è composta la materia. Su questa base è formulata la teoria dei quattro elementi naturali, introdotta a partire dal VI secolo a.C dal filosofo greco antico Anassimene di Mileto e successivamente dal filosofo siceliota Empedocle, assimilata anche dai filosofi greci Socrate ed Aristotele.

4 elementi
Fuoco, aria, acqua, terra: gli elementi alla base della teoria dei quattro elementi

I quattro elementi

Secondo questa teoria, ogni sostanza esistente, nel microcosmo e macrocosmo, è costituita da una composizione di quattro elementi naturali:

  1. fuoco;
  2. aria;
  3. acqua;
  4. terra.

Il fuoco, elemento purificatore e vivificatore, racchiude in sé il principio della vita, che scaturisce dalla sua energia.

L’aria, intangibile, è l’energia vitale che respiriamo, senza la quale non sarebbe possibile vivere; non può essere afferrata e rappresenta il respiro cosmico.

L’acqua, fonte della vita, dalla sorgente diventa torrente, poi fiume fino a giungere nel mare, oltrepassando gli ostacoli che incontra nel suo cammino, arrivando fino ad addentrarsi nelle profondità della terra.

La terra, solida e rigogliosa, simboleggia la materia primordiale, accoglie la vita e la nutre.

I quattro elementi
Secondo la teoria dei 4 elementi, ogni sostanza esistente, nel microcosmo e macrocosmo, è costituita da una composizione di quattro elementi, fuoco, aria, acqua, terra

I quattro elementi naturali sono intesi come stati di aggregazione della materia: fuoco, stato ardente; aria, stato gassoso; acqua, stato liquido; terra, stato solido. Essi hanno la caratteristica di essere in accordo oppure in opposizione tra di loro. Filistione, medico greco antico, suggerì che ad ogni elemento fosse attribuita una qualità: al fuoco è attribuito il caldo, all’aria il freddo, all’acqua l’umido e alla terra il secco, cosicché l’acqua risulta opposta al fuoco ma affine alla terra e l’umido opposto al secco ma affine al freddo. Dall’interazione di questi elementi, composti da particelle mescolate in proporzioni variabili, hanno origine tutti i fenomeni del cosmo: la nascita, la morte, la trasformazione. Le forze che permettono l’interazione degli elementi sono due: l’amore, forza attrattiva, e la discordia (o odio), forza repulsiva.

4 elementi
Filistione, medico greco antico, suggerì che ad ogni elemento fosse attribuita una qualità: al fuoco è attribuito il caldo, all’aria il freddo, all’acqua l’umido e alla terra il secco

Empedocle e i quattro elementi naturali

Secondo Empedocle, i 4 elementi naturali, ovvero le quattro radici (rhizai) che formano tutte le cose, sono governati dalla tensione fra l’amore e la discordia, i quali dominano a tempi alterni. Quando domina l’amore, tutti gli elementi sono fusi insieme in una sfera omogenea e priva di conflitti, lo Sfero. All’origine, nello Sfero, inizia una separazione degli elementi per azione della discordia, che porta alla distruzione della materia, al Caos. A questo punto, il ciclo delle due forze cosmiche, amore e discordia, continua grazie ad un nuovo intervento dell’amore, che riporta equilibrio e vita alla materia, per arrivare poi ad imporsi sulla discordia e ritornare nella condizione iniziale di Sfero. Da qui il ciclo ricomincia.

Aristotele e i 4 elementi

Ai quattro elementi, Aristotele ne aggiungerà un quinto: la quintessenza, chiamata etere, che costituisce la materia delle sfere celesti, l’essenza del mondo celeste, eterno, immutabile, trasparente.

La tetraktys pitagorica

Secondo Pitagora, matematico e filosofo greco, disponendo i primi quattro numeri naturali nella forma di un triangolo equilatero, in modo da formare una piramide con dieci punti, si identifica il simbolismo dei 4 elementi nella cosiddetta tetraktys.

Partendo dall’alto, nella tetraktys troviamo:

  • il punto, che rappresenta l’unità e viene fatto coincidere con il fuoco;
  • i 2 punti, che rappresentano la dualità e corrispondono all’aria;
  • i 3 punti, che rappresentano la superficie piana, la creazione, e corrispondono all’acqua;
  • i 4 punti, che rappresentano la materialità e corrispondono alla terra.

La tetraktys racchiude quindi l’intera natura dell’universo.

tetraktys
Nella “tetraktys” si identifica il simbolismo dei 4 elementi
tetraktys
Nella tetraktys, il punto, che rappresenta l’unità e viene fatto coincidere con il fuoco; i due punti, che rappresentano la dualità e corrispondono all’aria; i tre punti, che rappresentano la superficie piana, la creazione, e corrispondono all’acqua; i 4 punti, che rappresentano la materialità e corrispondono alla terra

Ippocrate e la teoria umorale

Ippocrate, medico greco antico, cercò di applicare la teoria dei 4 elementi alla natura umana, descrivendo l’esistenza di quattro umori base, associati agli elementi:

  • bile gialla (fegato) associata al fuoco;
  • sangue (cuore) all’aria;
  • flegma (testa) all’acqua;
  • bile nera (milza) alla terra.

L’equilibrio di questi elementi conferirebbe il buon funzionamento dell’organismo, mentre la dominanza dell’uno o dell’altro, determinerebbe la malattia.

A questi elementi corrispondono anche quattro temperamenti, associati a quattro personalità:

  1. il malinconico, nel quale predomina la bile nera, è magro, debole, pallido, avaro e triste;
  2. il collerico, con eccesso di bile gialla, è magro, irascibile, permaloso, furbo, generoso e superbo;
  3. il flemmatico, con eccesso di flegma, è robusto, pigro, lento e sciocco;
  4. il sanguigno, nel quale predomina il sangue, è robusto, allegro, goloso, socievole, dedito ad una sessualità giocosa.

Gli umori e le stagioni

Gli umori, innescati dai temperamenti, definiscono la costituzione fisica, il carattere, la salute.

A seconda dei momenti della giornata, delle stagioni e dell’età, gli umori prevalgono o diminuiscono.

Ai quattro elementi e temperamenti si associano, infatti, anche le quattro stagioni:

  1. alla primavera si associa il sanguigno;
  2. all’estate il collerico;
  3. all’autunno il flemmatico;
  4. all’inverno il malinconico.

Anche le quattro stagioni della vita si possono ricondurre ai 4 elementi:

  1. l’infanzia (flemma);
  2. la giovinezza (sangue);
  3. la maturità (collera);
  4. la vecchiaia (malinconia).

Durante la giornata, inoltre, vi è il prevalere di uno o dell’altro elemento:

  • nelle prime tre ore del mattino e nelle ultime della sera prevale il sangue;
  • la collera domina nelle sei ore in mezzo al giorno;
  • la malinconia nelle prime tre ore della sera e nelle ultime tre del giorno;
  • mentre nelle sei ore a mezzo della notte prevale la flemma.
Teoria umorale
Schema della teoria umorale

I 4 elementi naturali e l’astrologia

Nell’astrologia occidentale, i segni zodiacali vengono suddivisi nei quattro elementi:

L’appartenenza di un segno zodiacale ad un gruppo gli conferisce determinate caratteristiche poiché diverse sono le energie che vengono attribuite ad ogni elemento.

4 elementi segni zodiacali
Segni zodiacali associati ad ognuno dei 4 elementi
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Muzio Scevola e il modo di dire: mettere la mano sul fuoco https://cultura.biografieonline.it/muzio-scevola-mettere-mano-sul-fuoco-modo-di-dire/ https://cultura.biografieonline.it/muzio-scevola-mettere-mano-sul-fuoco-modo-di-dire/#respond Sat, 30 Oct 2021 16:24:42 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=36445 C’è una leggenda così famosa nell’antichità che ha poi dato origine al modo di dire mettere la mano sul fuoco, tutt’oggi utilizzato nella lingua parlata. Il protagonista della storia è Gaio Muzio Scevola. La celebre frase si usa per indicare la circostanza in cui qualcuno è davvero sicuro di qualcosa. Vediamo in questo articolo i fatti storici e le curiosità relative a quanto accadde.

Muzio Scevola mette la mano sul fuoco
Muzio Scevola mette la mano sul fuoco

L’avvenimento ci è stato tramandato dallo storico latino Tito Livio nel suo Ab Urbe condita ed è diventato un esempio di valore, coraggio e onestà. In origine il nome del giovane protagonista era Gaio Muzio Cordo, nato da una nobile famiglia romana negli anni in cui c’era stato il passaggio dalla monarchia alla repubblica (509 a.C.); si trattava di anni cruciali, in cui i romani lottavano contro gli Etruschi per la supremazia del territorio e della città.

Il contesto storico

Dopo la cacciata dell’ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo, la città scelse come forma di governo la repubblica, creando molto scontento tra la popolazione etrusca, da sempre eterna rivale. Gli Etruschi, guidati da Lars Porsenna, tentarono di riconquistare il potere perduto, sotto la supervisione di Tarquinio il Superbo, che nel frattempo si era messo alla guida delle due città di Veio e Tarquinia.

Scoppiarono così una serie di battaglie tra gli etruschi e i romani: lo scontro fu lungo e sanguinoso e durò per quasi un anno (508 a.C.).

Secondo la tradizione l’ultimo giorno del mese di febbraio ci fu la battaglia finale: essa non terminò effettivamente con dei vinti e degli sconfitti, perché secondo la leggenda ci fu una tempesta. La tradizione attribuisce la vittoria ai romani perché gli etruschi avevano perso un uomo in più.

L’impresa

Gaio Muzio era un giovane aristocratico che mal digeriva l’assalto degli Etruschi, ma soprattutto il ritorno alla monarchia. Escogitò così un piano per poter porre fine al lungo assedio della città, che stava mettendo in difficoltà la popolazione per la mancanza di grano; si presentò in Senato ad esporlo.

Secondo lo storico Tito Livio, che ne descrive il momento nella sua opera Ab urbe condita, utilizzò queste parole:

«Senatori, vorrei attraversare il Tevere e penetrare, qualora sia possibile, nell’accampamento nemico, non per compiere atti di razzia e ripagare il nemico con identica moneta. No, con l’aiuto degli déi vorrei fare qualcosa di più grande.»

Tito Livio, Ab Urbe Condita

Il suo scopo era quindi quello di uccidere per sua mano Porsenna.

Il Senato espresse il consenso. Così Muzio organizzò l’impresa: nascose un pugnale sotto la veste, giunse all’accampamento del re etrusco e si confuse con la folla di soldati senza farsi scoprire. In quel momento i soldati si erano messi in fila per ricevere la paga, al cospetto dello scrivano e del re; i due erano vestiti in maniera molto simile.

Egli, arrivato al cospetto del re e dello scrivano, non chiese quale dei due fosse il re ma sgozzò con il pugnale erroneamente lo scrivano.

Muzio Scevola davanti a Porsenna
Muzio Scevola davanti a Porsenna

A questo punto cercò di fuggire ma venne facilmente catturato dalle guardie del re, che lo portarono al suo cospetto.

Il coraggio di Muzio Scevola

Il giovane, anziché negare l’accaduto, si dimostrò molto coraggioso, nonostante il re avesse minacciato di bruciarlo sul rogo: mise la mano destra sul braciere acceso e la lasciò bruciare fino a consumarsi, pronunciando queste parole:

«Volevo uccidere te. La mia mano ha errato e ora la punisco per questo imperdonabile errore».

Il re rimase stupito dal coraggio del giovane. Decise così di risparmiargli la vita e lasciarlo libero.

Muzio gli rispose che altri trecento giovani avevano giurato di ucciderlo in nome della Repubblica romana e non si sarebbero lasciati intimidire, proprio come lui, terminando l’impresa al suo posto.

Secondo la tradizione, il re, spaventato da queste affermazioni, decise quindi di chiedere la pace ai romani.

I romani, per dimostrare la loro gratitudine a Muzio, gli donarono un terreno oltre il Tevere chiamato parte Mucia.

Dopo la perdita della mano destra, il suo cognome divenne quindi Scaevola, cioè mancino.

Curiosità

  • Per quanto riguarda l’etimologia, la parola Scevola sembrerebbe derivare da scaevula che indicava un amuleto contro il malocchio; esso si portava appeso al collo ed ha assunto solo successivamente il significato di mancino.
  • La leggenda, oltre che tramandata oralmente con diverse versioni, venne rappresentata anche nelle arti figurative, soprattutto in pittura: la scena cruciale è stata rappresentata da pittori del XVI-XVII secolo (Giovanni Antonio Pellegrini, Charles Le Brun, Michele Primon, per citarne alcuni); è stata dipinta anche nella Sala dei Capitani dei Musei Capitolini. Non ultimo, in Via Sallustiana a Roma c’è un frammento di bassorilievo che rappresenta una mano proprio all’altezza di un edificio, oggi utilizzato dall’ambasciata americana: secondo la tradizione corrisponderebbe al luogo dell’accaduto, proprio dove Muzio Scevola mise la mano sul fuoco.
  • La vera fortuna di questa leggenda sta proprio nel fatto che “mettere la mano sul fuoco” è diventato un motto d’uso comune; molto spesso chi pronuncia queste parole non è consapevole del fatto storico-leggendario che c’è alle spalle. Esso si collega pienamente con le origini latine della tradizione culturale italiana.
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Zippo: storia e curiosità del celebre accendino e del suo inventore https://cultura.biografieonline.it/zippo-curiosita-inventore/ https://cultura.biografieonline.it/zippo-curiosita-inventore/#respond Tue, 28 Jul 2020 14:15:29 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=29933 Era il 1933 quando l’accendino Zippo prendeva vita nella mente e nei progetti di George Grant Blaisdell (5 giugno 1895 – 4 ottobre 1978) suo inventore e progettista. Blaisdell però non lo ha inventato di sana pianta ma si è basato sul progetto di un accendino a benzina creato in Austria.

Zippo: un accendino "classico americano"
Zippo: un accendino “classico americano”

Zippo: la nascita del famoso accendino

Blaisdell era un inventore americano. Quando vide l’accendino austriaco, che un amico gli aveva portato dall’Europa, rimase così interessato dalla sua meccanica che ne acquistò i diritti per il mercato americano.

Le vendite del suo accendino però non andarono bene. Quindi decise di fabbricarne uno adatto al mercato statunitense ma che utilizzasse la geniale meccanica dell’accendino austriaco.

Da questo progetto nacque lo Zippo, un accendino solido, pratico, maneggevole e iconico.

Lo Zippo come icona e simbolo di design

In breve lo Zippo divenne un oggetto riconoscibile, divertente ed utile. Il suo design e la sua diffusione decretò il successo del suo creatore, reso celebre proprio da questo oggetto.

Nel progetto originale George Blaisdell decise di creare un involucro in ottone cromato con una forma squadrata ma dagli angoli smussati. Ciò rendeva interessante il design e utile e maneggevole l’oggetto.

Lo Zippo doveva essere comodo da impugnare, non scivolare via dalle mani e doveva avere anche una copertura robusta che gli permettesse di attutire le cadute.

Elementi di celebrità: dalla chiusura a molla alla dotazione militare

Uno degli aspetti più interessanti dell’oggetto fu la chiusura a molla. Immaginando una molla di richiamo che chiudesse con un semplice gesto del pollice il coperchio, Blaisdell diede vita all’idea di un accendino maneggevole, solido e giocoso proprio grazie al suo coperchio. Tale elemento negli anni ha permesso a diverse generazioni di persone di giocare con una manualità semplice, sulle operazioni di chiusura e apertura a scatto dell’accendino.

Zippo molla scatto invenzione e inventore
Zippo aperto: il piedino è un elemento meccanico che permette la chiusura e l’apertura a scatto

Inoltre, Blaisdell, rispetto all’accendino austriaco, ampliò il serbatoio della benzina, ci infilò del materiale assorbente per contenere il rischio di fuoriuscita del liquido e dotò l’accendino di un piccolo schermo perforato che avesse lo scopo di proteggere il fornello senza soffocare la fiamma.

Lo Zippo divenne così un oggetto iconico ma ebbe il suo successo più clamoroso nella dotazione dell’esercito americano. L’esercito acquistò moltissimi Zippo per l’equipaggiamento dei soldati e questo non solo ne aumentò la produzione ma ne consacrò definitivamente l’immagine di un accendino maschile, virile e per uomini dall’atteggiamento sprezzante e sicuro di sé.

Una curiosità sul nome

Il nome dell’accendino venne scelto sulla scia di un’altra invenzione di successo di quegli anni: la cerniera lampo, in lingua originale zipper, inventata da Gideon Sundback.

I modelli in commercio

Sono numerosissimi i modelli in commercio oggi, grazie all’ampia possibilità di personalizzazione.

Commento video

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Grande incendio di Londra: settembre 1666 https://cultura.biografieonline.it/grande-incendio-di-londra/ https://cultura.biografieonline.it/grande-incendio-di-londra/#comments Thu, 30 May 2019 10:28:55 +0000 https://cultura.biografieonline.it/?p=26353 Fino all’estate del 1666 per gli inglesi il “Grande incendio” era un episodio risalente al lontano 1212. Purtroppo, quel ricordo funesto fu rinnovato, nel 1666 con l’evento ricordato come Grande incendio di Londra. L’evento distruttivo colpì Londra fra il 2 e il 5 settembre.

Grande incendio di Londra 1666
Il Grande incendio di Londra del 1666 in un quadro di un artista sconosciuto

Questo appuntamento con la Storia in cui la capitale inglese vide distrutti:

  • 13.200 abitazioni;
  • 87 chiese parrocchiali e 6 cappelle;
  • 44 Company hall;
  • la Royal Exchange;
  • la dogana;
  • la cattedrale di Saint Paul;
  • la Guildhall;
  • il Bridewell palace e altre prigioni cittadine;
  • la Session House;
  • quattro ponti sul Tamigi e sul Fleet;
  • tre porte della città.

La tragedia si abbatté su una città già fortemente in crisi a causa di una forte epidemia di peste.

L’origine del grande incendio di Londra

Quel forno in Pudding Lane e i primi (mancati) interventi

La ricostruzione dell’evento colloca l’origine dell’incendio nella casa di Thomas Farrinor, fornaio di Re Carlo II, a Pudding Lane. Probabilmente, la sera del 1° settembre 1666 il fornaio non spense il forno prima di andare a letto. Si ricostruì che dopo qualche ora alcuni tizzoni ardenti diedero fuoco alla legna posta vicino al forno.

La casa prese fuoco: il fornaio e la famiglia si salvarono fuggendo da una finestra del piano superiore, la domestica, invece, perse la vita divenendo la prima vittima del Grande incendio di Londra del 1666.

A differenza della primaria valutazione del Lord sindaco Sir Thomas Bloodworth, l’incendio divenne subito importante: il forte vento, i materiali altamente infiammabili delle costruzioni del tempo (paglia inclusa) e l’architettura della città – che vedeva le case una attaccata all’altra – fecero la loro parte.

Ulteriore elemento a vantaggio delle fiamme fu la modalità di intervento delle autorità. 

London Great Fire Grande incendio di Londra 1666

La mancata circoscrizione dell’incendio

Va premesso che molte abitazioni erano disabitate, a causa della peste che aveva decimato i londinesi. Per questo motivo in moltissime case non vi fu quell’intervento di spegnimento delle fiamme tempestivo da parte degli abitanti stessi.

Si aggiunga che il Lord sindaco, preoccupato per i costi della ricostruzione, non diede subito via libera alla procedura di circoscrizione delle fiamme attraverso l’abbattimento delle case. Non diede ordine cioè di procedere con quella tecnica standard che, seppur abbia dei limiti di riuscita, crea le cosiddette “fasce tagliafuoco”. Queste sarebbero state in grado di interrompere l’avanzamento delle fiamme attraverso la creazione di un vuoto strutturale.

Infine, dove non agì l’incuria dell’amministrazione si mossero gli interessi dei nobili. Si racconta che molti Sir, Lord e londinesi titolati lasciarono alle fiamme alcune proprietà purché il fuoco avanzasse verso possedimenti di nobili concorrenti.

Cause e concause, insomma, condussero a tre giorni di fuoco incontrollato. Solo il 4° giorno, il 5 settembre 1666, il sistema di circoscrizione bloccò le fiamme: l’area distrutta dal Grande incendio di Londra andava da Whitehall fino alla Torre di Londra.

Grande incendio di Londra: i numeri del rogo

Tre giorni di fuoco

Sono circa 430 gli ettari stimati che andarono distrutti, pari a oltre l’ottanta per cento della City. Oltre 13mila le case e più di 80 le chiese divorate dal rogo.

Fra 10 e 15, invece, le persone rimaste uccise. La letteratura relativa a questo evento storico, tuttavia, spiega come nella conta furono esclusi moltissimi cittadini poveri di cui mai furono cercati né trovati i resti. La stima in denaro fu di dieci milioni di sterline.

La ricostruzione: la nuova Londra

Ciò che avvenne a seguito del Grande incendio di Londra fu una vera e propria rinascita della città.

Londra, come detto, veniva da una gravissima epidemia di peste che aveva decimato la popolazione e non dava segnali di arresto. I tre giorni di fuoco le diedero l’occasione di essere ricostruita con nuovi moduli e tenendo conto della necessità di benessere e igiene: case di mattoni, soffitti alti, pavimenti ampi e grandi finestre.

La città divenne più pulita e più luminosa, grazie alle lampade globulari che sostituirono le lanterne a candela dai primi del Settecento.

La ricostruzione fu operata a quattro mani dagli architetti Christopher Wren, nominato dal Re, e Robert Hooke, scelto dalle autorità cittadine. I due, e le loro squadre, in un primo momento, progettarono di ricostruire la città a partire dalla pianta che sarebbe stata a griglia. Le fondazioni però avevano superato bene l’incendio per cui, anche per limitare i costi, l’idea della griglia fu accantonata.

Con la tassa sul carbone, introdotta dal 1667, il Parlamento ebbe i fondi per riedificare la città sul piano stradale esistente, rinnovando il sistema viario e fognario. È per questo che oggi Londra ha un disegno di tipo medievale su cui è poi stata insediata la città moderna che conosciamo.

La tesi complottista: incendio doloso?

Le conclamate osservazioni di una città rinata e “salvata” a seguito del Grande incendio di Londra, combaciano con quelli che potrebbero essere stati gli obiettivi di chi, secondo alcuni, ha appiccato l’incendio volontariamente. Ovvero: esiste un filone di scrittori e storici che ritiene che l’incendio fu doloso.

Il colpo inferto dalla peste sulla città pare fosse stato troppo forte e, ad un certo punto, incontrollato. Ingestibile al punto che i governati scelsero di dare la città alle fiamme a partire proprio da quelle vecchie case fatte anche di paglia, assiepate l’una vicinissima all’altra. Queste teorie ad oggi non sono state confutate.

In fatto di letture alternative dell’episodio, infine, va anche citata la tesi di un presunto “complotto cattolico”. A diffonderla fu l’orologiaio francese Robert ‘Lucky’ Hubert, personaggio al quanto sopra le righe, che si smascherò come agente del Papa e attore in prima linea dell’incendio.

Hubert venne condannato e impiccato nonostante le prove contrarie alla sua tesi si fossero poi rivelate schiaccianti.

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Il mito di Efesto: riassunto https://cultura.biografieonline.it/efesto-mitologia/ https://cultura.biografieonline.it/efesto-mitologia/#comments Fri, 10 Mar 2017 17:37:46 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=21630 Efesto, nella mitologia greca, è il dio del fuoco e della metallurgia. Nell’Iliade, principale fonte di mitologia greca insieme all’Odissea, si narra che Efesto fosse uno degli dei più brutti dell’Olimpo e che avesse anche un pessimo carattere. Aveva però il pregio di essere bravissimo a lavorare i metalli. Egli, infatti, viveva in un’officina sotto il vulcano Etna, dove lavorava tutto il giorno ai suoi progetti di ingegneria, aiutato dai terribili Ciclopi. Per questo, Efesto era considerato il protettore di tutte le attività artigianali ed era venerato in tutta la Grecia. Anche nella mitologia romana esisteva un dio dalle caratteristiche simili, chiamato Vulcano.

Venere nella fucina di Vulcano - Antoon van Dyck
Venere nella fucina di Vulcano (quadro di Antoon van Dyck). Afrodite (Venere) era moglie di Efesto (Vulcano).

Efesto nella mitologia

La storia del dio Efesto non è delle più rosee. Egli venne concepito da Era, moglie di Zeus, in uno dei suoi frequenti attacchi di gelosia nei confronti del marito. Quando lo partorì, si accorse che era brutto e deforme. Per questo motivo lo lanciò giù dall’Olimpo.

Il bambino riuscì a sopravvivere perché cadde nel mare, dove fu raccolto da due ninfe, Eurinome e Teti, che lo accolsero nella loro grotta sottomarina e lo crebbero come un figlio. Egli rimase lì per nove anni e imparò il mestiere di fabbro. Lì installò anche una piccola officina.

Dopo un po’ di tempo, riuscì a ricucire il rapporto con la madre e venne invitato in uno dei tanti banchetti che si tenevano sul Monte Olimpo. Qui però litigò con Zeus, che lo scagliò di nuovo giù dal monte. A seguito di questa seconda caduta, Efesto si fratturò entrambe le gambe. Da quel momento poté camminare soltanto mediante l’ausilio di un bastone.

La vendetta e il matrimonio con Venere

Dopo queste brutte esperienze, Efesto decise di vendicarsi di Era. Le costruì un trono d’oro, dove non appena si sedette, la dea fu imprigionata e non riuscì più ad alzarsi. Iniziò ad urlare infastidendo tutti gli dei, che implorarono Efesto di liberarla.

Egli acconsentì, a patto che gli fosse concessa una sposa. Il matrimonio venne combinato con Afrodite, dea della bellezza, la più bella tra tutte. La donna, però, non fu affatto contenta di sposare un uomo così brutto. Per questo cominciò una relazione extraconiugale con Ares, il dio della guerra.

Efesto, che era venuto a conoscenza di questo tradimento grazie al dio del sole, decise di cogliere in una trappola i due amanti. Costruì una rete che venne posta sul letto, in modo da imprigionarli. Il meccanismo funzionò e i due amanti vennero catturati e costretti a rimanere nudi su quel letto per essere visti ed umiliati da tutti gli altri dei. Afrodite implorò tutti gli dei maschi che andarono a vederla, affinché la liberassero. Essi cedettero alle sue lusinghe.

Marte e Venere sorpresi da vulcano (Efesto) - Alexandre Charles Guillemot - 1827
Marte e Venere sorpresi da vulcano (quadro di Alexandre Charles Guillemot, 1827)

Le altre passioni

Efesto quindi archiviò definitivamente il matrimonio con la dea Afrodite e si dedicò ad altre passioni. Alcuni studiosi di mitologia affermano che egli ebbe come amante la più giovane delle Grazie e che venne anche respinto dalla dea Atena. Secondo la tradizione Efesto ebbe alcuni figli: Palemone, uno degli Argonauti; Ardalo, un celebre scultore; Caco, un pastore a tre teste nato dalla relazione con Medusa (la celeberrima gorgone uccisa da Perseo).

Efesto, come detto, era però famoso per avere grandi abilità manuali. Sin da giovane, aveva iniziato a costruire dei monili stupendi, che aveva regalato a Teti ed Eurinome in segno della sua gratitudine. Forgiò perfino una collana d’oro che regalava un fascino irresistibile a chiunque l’avesse indossata. Afrodite regalò tale collana a sua figlia in occasione delle nozze.

Il dio del fuoco non costruì solo monili ma anche dei robot. Veniva utilizzati nella sua officina come inservienti, ed avevano aspetto umano. Costruì anche dei tavolini automatici che venivano utilizzati durante i banchetti che si tenevano sull’Olimpo. La sua creazione più famosa fu Talo, un grande robot che regalò a Minosse, re di Creta (e padre di Arianna), che messo a guardia della sua isola, venne utilizzato per spaventare e uccidere i pirati sardi, che compivano continue incursioni sull’isola.

I magnifici oggetti di Efesto

E’ un lungo elenco quello che comprende le splendide armi che il dio della metallurgia forgiò per gli dei e per gli eroi. Spesso queste armi erano anche dotate di poteri magici. Oltre agli oggetti già citati fin qui, ricordiamo le sue creazioni più importanti:

  • Un bastone a forma di martello dal manico allungato
  • Gli edifici di tutti gli abitanti dell’Olimpo
  • L’arco e le frecce d’oro di Apollo e l’arco e le frecce d’argento di Artemide, sua gemella
  • Le opere artistiche a Lemno
  • L’elmo e i sandali alati di Ermes
  • Lo scettro e l’Egida, il fenomenale scudo di Zeus
  • La cintura di Afrodite
  • Il bastone di Agamennone
  • L’armatura, le armi e lo scudo di Achille
  • I batacchi di bronzo di Eracle
  • Il carro di Helios
  • La corazza e l’elmo di Enea
  • La spalla di Pelope
  • L’arco e le frecce di Eros
  • L’intera armatura di Memnone
  • Pandora, la prima donna creata (su ordine di Zeus), e il suo vaso

Il mito di Efesto nell’arte

Il mito di Efesto si è tramandato nel corso dei secoli grazie soprattutto alle citazioni ad esso inerente e che si trovano nell’Iliade, ma esistono anche numerose rappresentazioni grafiche e pittoriche su affreschi o antichi vasi che mostrano il dio in diverse posizioni, quasi sempre accompagnato da un bastone.

Anche a Pompei, su un affresco oggi conservato al Museo Archeologico di Napoli, si trova una rappresentazione della sua officina. Quello di Efesto è un mito che, come spesso accade, è riuscito ad affascinare la popolazione sin dai tempi antichi e che è rimasto uno dei più importanti e conosciuti nel corso del tempo.

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Dalla scoperta del fuoco all’invenzione dell’estintore https://cultura.biografieonline.it/scoperta-del-fuoco-invenzione-estintore/ https://cultura.biografieonline.it/scoperta-del-fuoco-invenzione-estintore/#comments Fri, 21 Mar 2014 13:36:37 +0000 http://cultura.biografieonline.it/?p=10135 La scoperta del fuoco ha permesso agli esseri umani di compiere uno dei grandi passi verso la consapevolezza delle leggi della natura. Costituito da luce e calore sprigionati durante la reazione chimica chiamata combustione, il fuoco ha favorito l’evoluzione degli uomini primitivi, dal momento in cui impararono ad accenderlo e controllarlo, alimentandolo e proteggendolo per non farlo spegnere. Il termine fuoco deriva dal latino focus, ovvero il focolare, inteso originariamente come il focolare della casa, posto nell’atrio o nella sala e considerato un luogo sacro, il centro, il fuoco della famiglia.

Fuoco
Il termine fuoco deriva dal latino focus, ovvero il focolare

La scoperta del fuoco

Troviamo le più antiche testimonianze che provano l’utilizzo umano del fuoco a partire da circa un milione e mezzo di anni fa, collocate in vari siti archeologici. Nell’Africa orientale, consistono in cocci di argilla che, per essere induriti, dovevano essere stati scaldati a 400°C e in arrossamenti del sedimento dovuto ad un riscaldamento a 200-400°C. In Africa meridionale, furono rinvenute pietre bruciate in mezzo a utensili d’osso con segni di ferite da taglio, depositi bruciati all’interno di caverne, piante e tronchi carbonizzati e attrezzi di legno probabilmente induriti dal fuoco. L’accensione del fuoco da parte degli uomini primitivi fu possibile sfregando fra di loro due pezzi di legno che, scaldandosi per attrito, si incendiavano; oppure sfregando l’una contro l’altra le pietre dette selci, creando così le scintille che furono, per così dire, il primo accendino naturale.

Il controllo del fuoco e la luce che creava portarono fondamentali cambiamenti nel comportamento degli uomini primitivi: permise loro di prolungare le attività quotidiane oltre la durata delle ore di luce solare, di difendersi da alcuni mammiferi ed insetti che temevano il fuoco, di migliorare la loro alimentazione, nutrendosi di cibi cotti, più digeribili di quelli crudi, ed ampliando anche la varietà degli alimenti. Il calore prodotto dal fuoco ha permesso ai nostri antenati di scaldarsi, consentendogli di vivere anche in zone dal clima freddo, potendo così colonizzare luoghi nei quali non sarebbero potuti sopravvivere senza una fonte di calore. Il fuoco inoltre permise loro di migliorare gli utensili e le armi per la caccia, poiché le lance di legno poste sopra la fiamma si indurivano e quindi diventavano più efficaci. In seguito il fuoco permise la lavorazione dell’oro e dell’argento, e rese possibile la comparsa della metallurgia, la lavorazione del rame, dello stagno e del ferro.

Scoperta del fuoco
Il controllo del fuoco e la luce che creava portarono fondamentali cambiamenti nel comportamento degli uomini primitivi

Il fuoco è un elemento il cui simbolo è entrato nei miti e in numerose religioni o tradizioni culturali. Associato alla vitalità, alla potenza e alla passione, il fuoco, secondo la mitologia greca, fu donato da Prometeo agli uomini dopo averlo sottratto agli dei. Divenne anche uno dei simboli dei Giochi olimpici: ancora oggi, la fiamma olimpica, contenuta nella fiaccola olimpica, attraverso una staffetta viene portata al braciere olimpico della città che ospita i Giochi, dove la fiamma brucia per tutto il periodo delle competizioni olimpiche.

Prometeo
Prometeo

Il fuoco è dunque molto utile, ma è anche pericoloso per la sua potenza devastatrice: gli esseri umani, fin dall’antichità cercarono di trovare i mezzi per contrastare gli effetti distruttivi di un incendio. Presso Ebrei, Greci e Romani erano presenti le figure dei “guardiani del fuoco”, che di notte davano l’allarme e il primo soccorso nel caso di scoppio di un incendio.

L’invenzione dell’estintore

A partire dal 1700, furono messi a punto delle apparecchiature che consistevano in pompe a mano in grado di emettere getti d’acqua. Il chimico Ambrose Godfrey brevettò, nel 1723, il primo estintore portatile, che consisteva in una botte riempita di acqua a cui aggiunse un contenitore riempito di polvere da sparo. Con un sistema di accensione, la polvere esplodeva spargendo l’acqua. Nel 1813, il capitano britannico George William Manby inventò il primo estintore a getto automatico: si trattava di un contenitore di rame contenente circa 12 litri d’acqua, carbonato di potassio, pressurizzati con aria compressa; aprendo la valvola, l’aria compressa faceva fuoriuscire l’acqua.

George William Manby
George William Manby inventò il primo estintore a getto automatico nel 1813

Il triangolo del fuoco

Per rappresentare visivamente la reazione chimica della combustione si utilizza il termine “triangolo del fuoco”. I tre elementi necessari perché avvenga la combustione, e quindi l’incendio, sono raffigurati sui lati del triangolo: il combustibile, cioè il materiale infiammabile, il comburente, ovvero l’ossigeno, e la fonte d’innesco, ovvero il calore. Qualora uno dei tre elementi venisse a mancare, la combustione non avverrebbe o, se già in atto, si estinguerebbe.

Il triangolo del fuoco
Il triangolo del fuoco

L’estintore moderno

L’estintore moderno è normalmente di colore rosso ed è costituito dai seguenti elementi: un serbatoio, che contiene l’agente estinguente; un agente estinguente, che a contatto con il fuoco permette il suo spegnimento; una manichetta (tubo flessibile), che permette di indirizzare l’agente estinguente; una valvola, che regola il flusso dell’agente estinguente; un propellente (gas), che permette di espellere l’agente estinguente; l’impugnatura, per maneggiare agevolmente l’estintore.

Gli agenti estinguenti

L’agente estinguente di un estintore è la sostanza che si utilizza per l’estinzione dell’incendio, che si può ottenere attraverso il raffreddamento della temperatura, la sottrazione del combustibile o il soffocamento dell’ossigeno. I principali agenti estinguenti sono: acqua, polvere (principalmente fosfato d’ammonio), schiuma (un composto di acqua e additivi) e anidride carbonica.

Foto di un estintore
L’estintore è normalmente di colore rosso

Classificazione degli incendi

L’agente estinguente contenuto in un estintore sarà efficace su diversi tipi di fuochi. Si distinguono infatti i fuochi di classe A, originati da combustibili solidi, come legno, carta, tessuti; fuochi di classe B, originati da combustibili liquidi, come alcol, solventi, benzina; fuochi di classe C, causati da combustibili gassosi, come idrogeno, metano, propilene; fuochi di classe D, generati da metalli come potassio, sodio, magnesio, zinco; fuochi di classe E, generati da apparecchiature elettriche sotto tensione; fuochi di classe F, generati da oli e grassi.

Incendio
Esistono diversi tipi di incendi, a seconda del tipo di combustibile da cui sono originati

Secondo le tradizioni dell’Antica Grecia, il fuoco rappresenta uno dei quattro elementi, insieme all’aria, all’acqua e alla terra, di cui sono costituite tutte le cose e gli esseri esistenti nell’Universo, nel microcosmo e macrocosmo.

“Il fuoco è sempre stato e, ragionevolmente, rimarrà sempre, il più terribile degli elementi”. (Harry Houdini)

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